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Notiziario a cura degli Ambasciatori di Pace della Interreligious and International Federation for World Peace Italia Autorizzazione n. 3193 - 2005 - Segreteria di Stato per gli Affari Interni - San Marino II TRIMESTRE 2008

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Notiziario a cura degli Ambasciatori di Pace della Interreligious and International Federation for World Peace ItaliaAutorizzazione n. 3193 - 2005 - Segreteria di Stato per gli Affari Interni - San Marino

II TRIMESTRE 2008

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RELIGIONI E CULTURE PER LA PACE

Quando il Vangelo incontra il Dharma

La comunicazione attraverso il silenzio

IN-FORMAZIONE

Perché il Tibet viva

I Cinquant’anni del Tibet sotto la Cina, 1959-2008

Era post-ideologica della globalizzazione

ETICA E SOCIETÀ

Safari cinese in Africa

La politica cinese in Sudan

Quale futuro per la produzione di cibo nel mondo?

L’insicurezza sul cibo crescerà

Scenari futuri per lo Zimbabwe

Il trauma dello Zimbabwe

Le Nazioni Unite per salvare i bambini soldato

Un giorno di pace in Kenya

INIZIATIVE

Conferenze internazionali sulla leadership

Ambasciatori di pace. Chi sono?

Parlando di poesia

NEWS

Studio: combattere l’HIV con la circoncisionemaschile

Una grave omissione a danno di tutti i disabili

Il Trofeo della Pace a Monza

VVooiicceess ooff PPeeaacceeRedazione:Via F. della Balda 10/547893 Borgo Maggiore - RSMTel. 0549 907513 - Fax 0549 876063Email: [email protected]

Editore:Giuseppe Calì

Direttore Responsabile:Giorgio Gasperoni

Autorizzazione n. 3193 - 2005Segreteria di Stato pergli Affari Interni - San Marino

Hanno collaborato:Giuseppe CalìGeshe Gedun TharchinMark T. KingPiero VerniAntonio SaccàSerena MenozziShaun WatermanRiusi HaiderFrederick WalhisiRenato PiccioniFranco PreviteAlessandro BerettiGiorgio GasperoniCarlo Alberto Tabacchi

Grafica, impaginazione e stampa:IKONOS Treviolo, BergamoLuglio 2007

VVooccii ddii PPaaccee –– OOrrggaannoo UUPPFF

Voci di Pace è l’organo editoriale dellaUniversal Peace Federation Italiana, fon-data dal Rev. Dr. Moon e Signora.La UPF vede la pace come uno statoarmonioso ed interdipendente fra gli indi-vidui, famiglie, nazioni e popoli. L’UPF sipropone pratiche costruttive ed originaliche contribuiscano a realizzare un mondounificato di pace, la speranza di tutte leepoche. Il giornale vuole creare un forumper gli Ambasciatori di Pace: promuoven-do lo sviluppo umano, il buon governo, ilservizio per la collettività e sforzi di pace dicollaborazione che coinvolgano religioni,nazioni ed organizzazioni non governative.Questo notiziario contiene materiale tute-lato dai diritti d’autore il cui uso deve esse-re autorizzato sempre specificatamentedal proprietario. Se si desidera usare que-sto materiale si deve ottenere l’autorizza-zione scritta dalla nostra redazione.L’UPF è un ONG in uno Stato ConsultivoSpeciale presso l’ECOSOC-ONU

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3EDITORIALE

“Le forze della democraziasono immense. Dio, la Sualegge educatrice, le aspira-

zioni dei pensatori, gli istinti ed i biso-gni delle moltitudini, le colpe e gli erroridei suoi nemici, combattono a gara peressa. …La vita dell’umanità appartiened’ora innanzi alla fede che dice: libertà,associazione, progresso di tutti per operadi tutti. …crediamo in un ordinamentosociale che avrà Dio e la sua legge al ver-tice, il popolo e l’universalità dei cittadi-ni liberi ed eguali, alla base, il progres-so a norma, l’associazione a mezzo, ilsacrificio a battesimo, il genio e la virtùa consiglieri nella via da corrersi”

Giuseppe Mazzini (Manifesto del comitato centrale 1850)

In occasione delle recenti elezioni, siè parlato molto di questioni econo-miche, di sicurezza e della eventualenuova organizzazione dello Stato. Inattesa di vedere quali saranno le con-seguenze concrete di questo voto,rimane comunque aperta una que-stione di principio. Credo sia utile enecessaria una riflessione sulle forzeche animano la nostra storia e sulladirezione che tali forze le hannoimpresso. Bisogna anzitutto trovare dei puntidi riferimento più elevati dai qualiriuscire a guardare con maggioreobiettività sia al passato che al futu-ro, al fine di orientarsi e riuscire adinterpretare correttamente i fenome-ni che la società manifesta in conti-nuazione. Un pensiero alla nostrastoria, in questo caso, ci aiuta adinquadrare meglio la situazione. Gli ideali della democrazia, che han-no ispirato i nostri padri, hanno por-tato in tutto il mondo il vento po-tente della nuova era e forgiato ilmodello dell’uomo nuovo, libero econsapevole. Ma la storia è sempreuna cosa molto complicata, mai ve-ramente lineare ed ogni progresso

costa sempre sacri-fici e sofferenze pe-santi. Tra un picco el’altro, l’uomo at-traversa spesso val-late di penombrache di volta in voltaassumono nomi di-versi: guerra, ingiu-stizia, oppressione,miseria, malattia. Fucosì che l’Italia, mos-sa dai grandi ideali dilibertà del risorgi-mento, mentre stavanascendo come nazio-ne unita e le promessedi uno stato razionale,moderno ed efficientesembravano concretiz-zarsi, dovette affrontareil secolo più drammati-co della storia, quellocon il numero di vittimedi guerra più elevato.Grazie a Dio, anche leguerre finiscono ed è im-portante comprendere ilcarattere del tempo sus-seguente e le possibilità ele sfide che esso porta con sé. Si èdetto da più parti, dopo le ultimeelezioni, che siamo finalmente uscitidal dopoguerra. Un commento feliceche condivido appieno perché abbia-mo bisogno di evolverci cultural-mente ed approdare a concezioninuove e più libere. Riflettiamo però un momento su co-sa sia stato per noi italiani, questoultimo dopo guerra.Nel 1946 in Italia avevamo duepopoli, due fazioni che uscivano daldisastro della guerra, nemiche traloro, costrette a vivere da separate incasa; ognuna cercando di conquistarela propria parte di dominio, in atte-sa di tempi migliori in cui appro-priarsi del tutto.

Il clima era di tregua più che dipace. Attraversavamo così il periododella guerra fredda che stava condi-zionando il mondo intero. I grandistatisti nostrani di allora, De Gasperie Togliatti, si destreggiavano conabilità tra delicati equilibri, riuscen-do a non far sfociare il confronto inconflitto. Avevamo già rischiatoparecchio con il contestato referen-dum tra monarchia e repubblica esolo grazie alla rinuncia ad ulterioriinsistenze di Re Umberto II, chepure aveva il sostegno delle forzearmate, l’Italia era uscita indenne daquesto drammatico e contestato pas-saggio. Esisteva tra l’altro, anche un’altraspaccatura in Italia: quella tra nord esud. L’Italia era stata riunificata

POLITICA E SPIRITO DEL TEMPOQuando un popolo trova unità di intenti e condivisione di responsabilità ha sempre prosperato, ma quando si perde in conflittualità sterili, si avvia sulla strada della rovinaddii GGiiuusseeppppee CCaallìì

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4 EDITORIALE

sotto la monarchia Sabauda da appe-na 85 anni, iniziando un processo diunificazione che aveva la meta disuperare la divisione politica e cultu-rale che aveva ereditato da tempi benpiù lontani. La linea gotica avevaperò diviso nuovamente l’Italia indue, con la conseguenza che a diffe-renza del Nord, tra le altre cose, ilSud non aveva quasi conosciuto laresistenza. L’approccio al dopo guer-ra è quindi sostanzialmente diverso.Tra Bologna, Modena e Reggio, iltristemente noto “triangolo dellamorte”, per esempio, nei mesi suc-cessivi alla liberazione vengono ucci-se migliaia di persone, tra agricolto-ri, piccoli industriali, benestanti,sacerdoti e partigiani dissidenti. Ilnumero è ancora imprecisato masecondo le stime di Ferruccio Parri levittime di questa “pulizia politica”sono state ben trentamila. Molte le ferite e le spaccature quin-di, ideologiche, territoriali, cultura-li. Il paese è devastato, lo Stato inpezzi e la ricostruzione è condiziona-ta pesantemente dalla situazioneinternazionale, soprattutto da Stati

Uniti e Gran Bretagna, che dettanole loro condizioni. In questa situa-zione De Gasperi è l’uomo dellafiducia, colui che è chiamato a ricol-legare ogni cosa: interno ed estero,nord e sud, destra e sinistra.Miracolosamente, questo grande sta-

tista, che oggi rimpiangiamo, riescea far quadrare il cerchio e dareall’Italia una base solida su cuiimpostare un futuro prospero nelrispetto dei valori fondanti dellanostra cultura, quelli cristiani.Riesce, inoltre, senza colpo ferire, atenere l’Italia nell’orbita atlantica.Restituisce così al nostro popolodignità e immagine, anche nei con-fronti delle potenze straniere cheriacquistano fiducia ed iniziano adinvestire nel nostro Paese, anche seprincipalmente soltanto in una partedel nostro Paese.La valutazione degli esperti di alloraera che sarebbero occorsi almenodieci anni per ricostruire l’Italia eriportarla a condizioni di vita accet-tabili. In realtà, i tempi della ripresafurono molto più rapidi e si raggiun-se questo traguardo in soli cinqueanni. Merito soprattutto degli italia-ni che vissero quel periodo di rina-scita con lo spirito giusto, una granvoglia di lavorare ed una capacità diiniziativa che sorprese il mondointero.In questi pochi decenni, da allora, la

LLaa ssttoorriiaa ddeell ddooppoogguueerrrraa ppuuòòeesssseerree vviissttaa ccoommee uunn eesseemmppiioo

ddii iimmppeeggnnoo ppeerr rriissaannaarree lleeddiivviissiioonnii eedd uusscciirree ddaallllaa

ccoonnfflliittttuuaalliittàà dduuaalliissttiiccaa cchhee hhaaccoonnttrraaddddiissttiinnttoo ttuuttttoo iill sseeccoonnddoo mmiilllleennnniioo..

UUnnaa lloottttaa cchhee ccooiinnvvoollggee gglliiuuoommiinnii ddaa sseemmpprree ccoommee

iinnddiivviidduuii ee ccoommee ppooppoollii,, ssiiaavveerrttiiccaallmmeennttee,,

cchhee oorriizzzzoonnttaallmmeennttee ee iinnmmooddoo aanncchhee ttrraassvveerrssaallee

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5EDITORIALE

società italiana è cresciuta in un rela-tivo benessere, come una delle mag-giori potenze economiche mondiali,ha imparato ad essere libera e si èmaggiormente unita nello stile divita. È un processo che ha avuto fasialterne, ma siamo divenuti unademocrazia compiuta. Il rovesciodella medaglia, l’ostacolo maggiore,è stato la corruzione e la proliferazio-ne di poteri criminali ed occulti, chespesso intrecciandosi con la politica,ha portato al degrado delle istituzio-ni. Il problema è ancora attuale e sevorremo costruire un sistema chepossa funzionare adeguatamente nonpotremo prescindere da un risana-mento morale ed istituzionale.La storia del dopoguerra può esserevista dunque come un esempio diimpegno per risanare le divisioni eduscire dalla conflittualità dualisticache ha contraddistinto tutto ilsecondo millennio. Una lotta checoinvolge gli uomini da semprecome individui e come popoli, siaverticalmente, che orizzontalmente edirei in modo anche trasversale.Esiste un conflitto atavico radicatonel cuore dell’uomo e che condizionale sue capacità sociali: quello che laBibbia riconduce a Caino ed Abele eche la storia ha visto ripetere senzafine. Il nostro dopoguerra non sfug-ge a questo modello, ma ne è anziuna rappresentazione emblematica.Così come non sfugge ad esso lasituazione attuale. Caino ed Abele,alias governo ed opposizione, sonosempre due fratelli che devonoabbracciarsi e fare insieme l’offerta.È l’unico modo in cui Dio può accet-tarla da entrambi. L’ingiustiziaapparente, per cui c’è sempre unvinto ed un vincitore, deriva dalladisunità. In realtà potremmo edovremmo vincere tutti, evitandocosì che si arrivi inevitabilmente alfallimento del progetto complessivoa cui tutti aspiriamo: la costruzionedi una società di pace in cui sianopossibili prosperità condivisa e giu-stizia sociale ed in definitiva un po’più di felicità, quella che Kantauspicava fosse la meta della politica. Nella Bibbia è scritta una frase cheDio rivolge a Caino, prima che glieventi diventino irreparabili e lalogica del “mors tua vita mea”, anco-

ra anima della nostra vecchia politi-ca machiavellica, prenda il soprav-vento:

“Perché sei tu irritato? E perché hai ilvolto abbattuto? Se fai bene non rialze-rai tu il volto? Ma se fai male, il pecca-to sta spiandoti alla porta e i suoi desi-deri sono volti a te; ma tu lo devi domi-nare!” Gen. 4: 6-7

Come trasporre questo avvertimentoantico nella storia moderna? Diquale peccato si tratta? Caino avreb-be dovuto accettare suo fratello ericonoscere la benedizione che Dioaveva dato a lui ed Abele avrebbedovuto abbracciare e confortare suofratello, chiamandolo a parteciparedella Grazia che Dio gli aveva con-cesso.

“Quando cerco nei diversi tempi, presso idiversi popoli qual è stata la causa cheha portato alla rovina le classi di gover-no, vedo sì il tal evento, il tal uomo, latale causa accidentale o superficiale, ma,credetemi, la causa reale, la causa verache fa perdere agli uomini il potere è chesono divenuti indegni di esercitarlo”.Alexis De Toqueville (1805-1859)

Ciò che in realtà non ci rende degni,è l’eccessiva conflittualità che ciporta ad usare la gente per vincere lenostre battaglie, a non valutareattentamente le esigenze e le richie-ste legittime della controparte che cifa dimenticare infine del motivo percui abbiamo il potere, che non è finea sé stesso, ma funzione di un servi-zio che abbiamo il dovere di compie-re. Per cui infine ci troviamo contanti Caino, che sacrificano gli altri enessun Abele, cioé qualcuno capacedi sacrificare se stesso per il benecomune. Quando un popolo ha tro-vato unità di intenti e condivisionedi responsabilità ha sempre prospe-rato, ma quando si è perso in conflit-tualità sterili, si è avviato sulla stra-da della rovina. È importante, ora che le elezionisono finite, che si trovi un po’ dipace politica e spirito di popolo,simili a quelle che noi italiani siamostati capaci di trovare nel primodopoguerra, permettendoci così diricostruire la nazione. Perché di que-sto si tratta, di una nazione da rico-struire e di una identità da ritrovare.

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6RELIGIONI E

CULTURE PER LA PACE

Gli anni della mia giovinezzasono stati marcati daiprofondi dubbi esistenziali

derivanti da una mia profonda crisidi fede nei confronti della religionenella quale ero nato. Ho lottato conle immagini ed i presupposti, chedefinirei premoderni, sui quali erastata incentrata la mia formazionereligiosa e che erano sempre menocompatibili con le mie esperienzemoderne e postmoderne. Ad un certo punto della mia vita holetto “The World of Zen: An East-West Anthology”, a cura di NancyW. Ross; quel libro mi ha mostratoun percorso verso l’illuminazione e lacomprensione di sé. Per me fu unavera rivelazione. Le voci di quegliantichi e scomparsi maestri Zen sem-bravano vive in quel preciso momen-to. Ognuno sembrava parlare un lin-guaggio nuovo e fresco, che generavain me sia meraviglia che nuovedomande relative alla mia fede cri-

stiana, domande alle quali sto ancoracercando di rispondere. Parlavanodella non dualità dell’esistenza, del-l’interrelazione tra tutte le cose, e deilimiti che hanno le parole, i concettie la mente razionale nel raggiungerela più profonda saggezza.A quel tempo non potevo immagina-re che queste idee, ad un tempofamiliari ed estranee, avrebbero spia-nato la via alla rivitalizzazione dellamia identità cristiana e cattolica inun senso più autenticamente univer-sale. Nello Zen, una forma dibuddhismo, ho scoperto insegna-menti e presupposti che riecheggia-no l’antica tradizione mistica cristia-na, anzi, sono ad essa paralleli.Riportando le mie scoperte personalinel più ampio contesto cristiano,sono convinto che la riscoperta ed ilrimodellamento della saggezzamistica cristiana, che in gran parte èandata persa, possa fornire dei validiindizi sul modo in cui i cristiani pos-sano più efficacemente risponderealle sfide poste dal pluralismo reli-gioso e dalla post-modernità. Questedue sfide al cristianesimo contempo-raneo si incentrano da una parte sullanecessità di rimanere radicati nellafede cristiana senza diventare settaridogmatici, e dall’altra sul bisogno diessere aperti a visioni religiose alter-native senza però divenire vittimedel caso e della relatività.Gli insegnamenti paralleli delbuddhismo possono costituire ungrande aiuto nel rimodellare unacoscienza mistica cristiana chesostenga gli sforzi che i fedeli fannoper essere cristiani ancora più veri,meglio in grado di dialogare con inon cristiani, e meglio preparati perlavorare per l’armonia e la pace con levarie religioni ed i vari popoli.

QUANDO IL VANGELO INCONTRA IL DHARMA Gli insegnamenti del Buddhismo possono costituire un grande aiutoagli sforzi che i fedeli fanno per essere cristiani ancora più veri,meglio in grado di rispondere alle sfide poste dal pluralismo religiosoe dalla post-modernità

ddii MMaarrkk TT.. KKiinngg

I concettie le pratiche

di meditazionedel buddhismo

possono dare un grande contributo

alla fede cristianachiarendo alcuniconcetti chiave,

quali l’incarnazionee la Trinità,

ed insegnandoun nuovo modo

di interagireprofondamentecon le Scritture

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7RELIGIONI E CULTURE PER LA PACE

LL’’oossmmoossii ttrraa ccrriissttiiaanneessiimmoo ee bbuuddddhhiissmmooIn tempi di aggravamento del setta-rismo religioso, dell’estremismo edella violenza, gran parte delle perso-ne di coscienza è d’accordo sul fattoche abbiamo bisogno con urgenza dinuove strade che ci conducano versola pace. Sebbene le fedi e le pratichereligiose abbiano dato un forte con-tributo alla violenza ed alla divisionesettarie, queste stesse tradizioni con-tengono in sé la potenzialità di esse-re forze di pace e di unità.Una delle sfide del dialogo interreli-gioso consiste nel mantenere l’inte-grità e l’autenticità di ciascuna delletradizioni religiose lavorando nelcontempo per rafforzare i rapportiinterreligiosi e coordinare gli sforzidi realizzazione della pace. La sem-plice tolleranza reciproca non è piùsufficiente. Se i cristiani devono rac-cogliere la sfida del rimanere radica-ti nella loro tradizione, e dell’esserenel contempo aperti alle verità affer-mate dai non cristiani, devono pren-dere in seria considerazione i benefi-ci dati dallo sviluppo di una coscien-za mistica e di una spiritualità cri-stiana che sia più autenticamenteradicata nel mondo di tutti i giorni.Il buddhismo può costituire ungrande aiuto in questa ricerca.In “Letters to Friends: Meditationsin Daily Life” (2003), WilliamJohnston descrive l’incontro tra cri-stianesimo e buddhismo, e la conse-guente osmosi tra i pensieri, le fedi ele pratiche di entrambi quale nuovaforma di preghiera meditativa e dicontemplazione che cerca una mag-giore accettazione all’interno del cri-stianesimo. Questo movimento con-templativo emergente promuove lavalorizzazione di concetti quali adesempio l’immagine non dualisticadi Dio e di Cristo, la realtà dell’in-carnazione e dello Spirito Santo nelmomento presente, ed il misterodivino, sia interiore che esteriore.

IIll dduuaalliissmmoo oocccciiddeennttaallee ee ll’’aabbbbaannddoonnoo ddeellllaa ttrraaddiizziioonnee mmiissttiiccaaIl misticismo cristiano si occupa fon-damentalmente della preparazione

interiore e della realizzazione di unincontro diretto e trasformatore conDio. Questa dimensione può esseredescritta come un rapporto non dua-listico, nel quale Dio non è conosciu-to come nel più familiare rapporto“io-tu”, ma come una “fusione”,nella quale la propria coscienza non èdistinta da quella di Dio. I misticicristiani ricercano un’unione con Dioche è paradossale, in quanto mirano,tramite essa, ad essere uno con Dio econtemporaneamente separati da Luinella loro identità.Quest’obiettivo della mistica cristia-na è diverso da quello del buddhismoZen, il satori, nel quale colui che lopratica raggiunge alla fine la naturadel Buddha, sperimenta l’inerentevuoto del proprio sé e l’inerenteunità con tutto ciò che è, la base del-l’esistenza che è condivisa dal Tutto.Vi è una differenza significativa tra ilmeditare finché esiste solo Dio ed ilmeditare fino a quando esiste solo ilsé, o, più precisamente, il non-sé;questa differenza non deve perònegare la potenzialità di una piùprofonda comprensione della propriafede tramite un mutuo scambio sullediverse esperienze mistiche.

L’antica tradizione mistica cristianatuttavia, resta confinata in una formamonastica, che rinnega il mondo,poco compresa dalla massa dei cri-stiani. Gran parte del suo linguaggiorimane premoderno e quindi estra-neo ad orecchie moderne. Il percorsomistico di purificazione di base adesempio (purificazione, illuminazio-ne ed unione contemplativa), e l’ac-curata distinzione tra grazia acquisi-ta ed infusa, possono indurre alla dif-fidenza e possono sembrare confusi.Gran parte di questa complessità èsuperata nel buddhismo Zen grazieall’importanza che quest’ultimo dàalla posizione ed al respiro corretti,ed al profondo rapporto tra mente ecorpo.Anche se nei vari aspetti del cristia-nesimo sono stati presenti vari ele-menti di misticismo, questi nonhanno mai avuto un’importanza cen-trale, poiché si è sempre pensato chei cristiani non avessero bisogno diuna esperienza di trasformazionemistica per vivere la vita cristiana.

Purtroppo questa convinzione èlimitativa, proprio perché è nel silen-zio contemplativo dell’esperienzamistica che si può realizzare l’incon-tro più proficuo tra buddhismo e cri-stianesimo. Questa omissione èanche non in linea con un numeronon trascurabile di riferimenti nellescritture cristiane e negli scritti deiPadri della Chiesa ad immagini nondualistiche di Dio, ed al chiaro rico-noscimento dei limiti delle parole edei concetti nell’esprimere la veritàdi Dio.Gli scritti di Paolo ed il Vangelo diGiovanni testimoniano entrambidella dimora dell’immanenza delCristo tra i credenti. Forse il passopiù conosciuto è quello in Galati2:20, nella quale San Paolo osservache nel più profondo di sé non c’è luima il Cristo (“Sono stato crocifissocon Cristo, e non son più io che vivo,ma è Cristo che vive in me…”).Giovanni 10:30 impiega un linguag-gio non dualistico dello stesso tipo,quando Gesù proclama che il Padre èin Lui e Lui nel Padre. Gesù piùavanti prega che, proprio come ilPadre è in Lui, spera che possa esserein loro, i credenti.Una delle ragioni più importantidella generale riluttanza adapprofondire questa antica tradizionecristiana è profondamente radicatanel dualismo occidentale, che derivasia dalla filosofia greca che dalla tra-dizione giudeo-cristiana, e che è stataulteriormente rinvigorita dalla scien-za moderna. Combinate insieme,queste forti influenze hanno genera-to un modo di pensare che portaautomaticamente a cercare ed a tro-vare dei modi per dividere il mondoe l’esperienza in categorie dualisticheseparate e presumibilmente opposte.Questo modo limitato di percepire edi pensare è stato a volte applicato inmodo indiscriminato a coppie qualiDio e la creazione, spirito e materia,bene e male, vita e morte, uno emolti, ragione e sentimento, uomo edonna. Un’ulteriore comune “corru-zione” di questo modo di pensaredualistico contempla l’elevare uno diquesti opposti ad una posizionesuperiore, ed il relegare l’altro in unaposizione inferiore. In termini direligione e di spiritualità, una delle

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8RELIGIONI E

CULTURE PER LA PACE

applicazioni più devastanti di questavisione è stata la dicotomia tra mondofisico naturale “di per sé caduto” ed ilRegno dei Cieli spirituale, il regnodivino, situato in un diverso e trascen-dente mondo spirituale.La comparsa del modernismo, e lacrescente accettazione della scienza edella filosofia quali legittimi stru-menti per spiegare il mondo natura-le, ha inevitabilmente messo albando il pensiero e la pratica religio-si dal mondo naturale per relegarlinel mondo sovrannaturale.Influenzati anche dalla crescentepopolarità della scienza e della filoso-fia, sia i protestanti che i cattolicimettono sempre più enfasi sullaaccettazione razionale e cognitivadella chiesa e della dottrina biblicaquali strumenti essenziali per la sal-vezza. In questo clima culturale, lapassione “oscura”, intuitiva, ed imisteri delle antiche tradizioni con-templative, sono stati liquidati qualisuperstizioni primitive.

IIll VVaannggeelloo eedd iill ddhhaarrmmaaLa corretta comprensione delle dot-trine cristiane dell’incarnazione edella Trinità riflettono una compren-sione fondamentalmente non duali-stica della natura sia di Dio che degliesseri umani. Purtroppo troppi cri-stiani oggi, impastoiati nel loroamore per le parole ed i concetti, enella forte tendenza a dividere le cosein opposti, sono inconsapevoli dellaprofonda e meravigliosa saggezzadella loro propria tradizione.Lo sviluppo di una spiritualità incen-trata sull’incarnazione e sulla Trinitàattraverso la preghiera contemplativae la meditazione fatte con regolarità,dovrebbe permettere a molti cristia-ni disincantati di radicarsi nella pro-pria identità cristiana ed allo stessotempo di essere realmente aperti allavoce ed alla musica delle altre reli-gioni. Il problema è che il messaggiocristiano, ed i suoi vari credi e dottri-ne, sono ancora veicolati tramiteimmagini e concetti premoderni, chesi oppongono a questo tipo di inter-pretazioni non dualistiche del pro-prio rapporto con Dio.Una visuale buddhista delle dottrinecristiane fondamentali della Trinità e

dell’incarnazione può aiutare i cri-stiani a riscoprire questa saggezzapressoché perduta. I pensieri e le pra-tiche buddhiste possono essere deglistrumenti utili, che possono fornirenuove prospettive della Scrittura,degli insegnamenti tradizionali dellachiesa, e della loro applicazione allavita quotidiana del cristiano.A prima vista, gran parte del pensie-ro buddhista appare incompatibilecon quello cristiano. Ma una piùapprofondita lettura delle due tradi-zioni, tuttavia, rivela aspetti sorpren-dentemente simili, che possono aiu-tare i cristiani a comprendere ilmodo in cui la loro fede può esserepiù importante e significativa allaloro esperienza contemporanea e piùaperta alle altre religioni.

LLaa ccoo--oorriiggiinnaazziioonnee iinntteerrddiippeennddeennttee ee ll’’IInnccaarrnnaazziioonnee Il concetto buddhista della co-origi-nazione interdipendente, che in prati-ca diventa “consapevolezza”, implicaper analogia la possibilità per i cri-stiani di essere in grado di compren-dere l’Incarnazione come qualcosa chenon è avvenuta solo una volta, tantotempo fa, ma che continua nel presen-te, in particolare quando stabiliamo emanteniamo rapporti corretti edamorevoli e quando lavoriamo per lapace.Il cristiano può continuare a conside-rare Gesù come l’espressione piùpiena e perfetta del Divino in formaumana, contemporaneamente ricono-scendo delle manifestazioni della pre-senza divina nel proprio tempo. Inquesto modo seguirebbe l’esempiodell’apostolo Paolo o dei numerosimistici cristiani che hanno visto laParola vivente che si manifestava inmodo continuo, in modo particolarenei poveri e negli appartenenti allealtre religioni. L’insegnamento fondamentale delBuddha, della co-originazione inter-dipendente, che afferma che tutte lecose devono la loro esistenza a qualco-s’altro, porta a comprendere meglioquesta universalizzazione dell’incar-nazione. Attraverso la meditazione,Buddha divenne profondamente con-sapevole della propria co-originazione

interdipendente. Egli sentì che la suastessa esistenza era una combinazionedi sensazioni in continuo mutamentoche provenivano sia dall’interno chedall’esterno di sé. Per Buddha, cosìcome per chiunque, la chiave per rag-giungere questa illuminazione, o nir-vana, consisteva nel praticare la “pie-nezza della mente” o “consapevolez-za” in tutto ciò che si fa.Secondo il maestro buddhista con-temporaneo Thich Nhat Hanh, ilconcetto della co-originazione inter-dipendente rende più facile per ibuddhisti accettare l'eucarestia catto-lica quale vero e reale corpo di Cristo.Se viene consumata consapevolmente,questo fondamentale sacramento cat-tolico diviene un richiamo della pre-senza di Dio sia nell’individuo chenella comunità dei credenti.Richiama anche l’attenzione dei cat-tolici nei confronti dei milioni dipoveri e di affamati che non hannoabbastanza da mangiare. In qualità difedele cattolico e cristiano, devo rego-larmente riconoscere che il Cristovivente risiede non solo nel pane e nelvino, e nemmeno solo nei fedeli dellamia chiesa o della mia comunità, maspecialmente tra i poveri e gli emargi-nati. Gesù ha alluso a questa realtàcon la sua solita semplicità poetica:“Ero affamato e mi avete dato damangiare; ero assetato e mi avete datoda bere” (Matt. 25:35). Come mostra questo ben conosciutopasso delle scritture, i cristiani devo-no riconoscere la presenza del Cristonei non cristiani. Ciò si riflette nellatradizione cattolica nella quale è asso-lutamente ortodosso affermare chenoi, la famiglia umana come insieme,siamo il corpo di Cristo. Uno dei tra-gici fallimenti dei missionari cristianiche per primi si recarono nel NuovoMondo fu il negare la natura di Cristotra i popoli nativi. È necessario ricor-dare ai cristiani che la parola di Dionon è semplicemente diventata carnee poi si è allontanata: è diventatacarne e resta con noi oggi.Dall’Incarnazione di possono ricavaredegli spunti di riflessione simili. Alcuore della storia cristiana vi è la per-sona di Gesù di Nazaret ed il suoruolo unico di redentore universaledell’umanità.Questo è un punto di fede sul quale i

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cristiani non possono scendere a com-promessi, ed ha costituito una barrie-ra difficile da superare per molti diloro che hanno cercato di stabilire unsincero dialogo con i non cristiani.Anche se vi sono delle sottili differen-ze tra gli stessi cristiani, il concettodell’Incarnazione in genere implicache il Figlio di Dio, al quale il vange-lo di Giovanni fa riferimento comealla “parola di Dio”, si è incarnato. Ilcatechismo cattolico descrive taleevento storico come “l’unico e singo-lare evento dell’incarnazione delFiglio di Dio” (N° 464 della ChiesaCattolica). La realtà è che molti cri-stiani non sembrano apprezzare pie-namente il profondo significato chel’Incarnazione ha per le loro vite, peri loro rapporti interpersonali e per leloro responsabilità nei confronti deglialtri. Ronald Rolheiser, sacerdote cat-tolico ed autore, afferma che questacomprensione limitata dell’Incarna-zione, benché non sia falsa, non è suf-ficiente di per sé. Se questa dottrinacentrale deve costituire una guidasignificativa, vibrante, morale, nellavita di tutti i giorni, è necessario chei cristiani coltivino una visione eduna spiritualità dell’incarnazione benradicata nel mondo quotidiano. Ilsignificato più ampio degli sforzi direalizzazione della pace che questa spi-ritualità implica sono evidenti. Questafondamentale dottrina cristiana deveessere compresa come una continuarinascita della presenza viva di Dio,che continua a manifestarsi ovunque sistabiliscano rapporti basati sull’amoree sulla correttezza con gli altri e con ilproprio ambiente.La sfida consiste nello sviluppare unacomunità vibrante, ripiena di spirito,che sia inclusiva ed interreligiosa, eche sia rilevante nella vita quotidianadi ciascuno. Alla fine, sia l’Incarnazione che la co-originazione interdipendente possonorisvegliare tutti alla più profondarealtà che condividiamo un profondorapporto (con gli altri e con il Divino)che diviene reale quando i nostri pen-sieri ed azioni quotidiani sono consa-pevolmente focalizzati sulla pace esull’armonia con tutto ciò che ci cir-conda.

RELIGIONI E CULTURE PER LA PACE

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…Il silenzio è una forma di meditazione, ma che non èstata insegnata da nessuno. È un dono proprio dellanatura umana, che serve per il benessere del genere

umano, per una riflessione profonda, accompagnata da un ritmo direspiro lento e dal rilassamento del sistema nervoso. È una medici-na innata e naturale per lo spirito umano ed un mezzo per arricchi-re le qualità umane. La sola cosa che dovremmo fare è realizzarne ilgrande valore ed esserne coscienti, preservandolo con comprensione.Il silenzio è un mezzo per dare benessere al cuore umano ed è fontedi conoscenza e di profonda riflessione. È una meditazione umana,che dovrebbe essere eseguita durante tutta la vita, in quanto valorespirituale fondamentale per tutti gli stati di crescita spirituale, dallivello ordinario di valori morali fino alla piena illuminazione. Ho affrontato il tema basandomi sulla mia cultura, ma questo nonsignifica che altre culture non includano questo messaggio. Hoimparato che tutte le culture del mondo sono portatrici degli stessimessaggi, insegnati dalle loro genti. Oggi, secolo di scambi cultu-rali e di società multietnica, dobbiamo rispettare e comprendere lealtre culture e il loro valori per il beneficio dell’umanità.Dovremmo guardare la cultura mondiale come prodotto di tuttal’umanità, come un intangibile patrimonio umano, che deve esserepreservato e trasmesso anche alle generazioni del futuro.

Geshe Gedun Tharchin

LA COMUNICAZIONEATTRAVERSO IL SILENZIO

Vorrei dire qualcosa sul tema della comunicazione attraverso il silenzio

basandomi sul pensiero buddhista, che costituisce il mio retroterra culturale

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10 IN-FORMAZIONE

In queste ore nelle strade di Lhasa,pattugliata da oltre 20.000 solda-ti cinesi e da una cinquantina di

blindati dell’Armata Rossa, decine edecine di prigionieri politici tibetanisfilano sui carri dell’esercito diPechino ammanettati e a testa bassamentre dagli altoparlanti una vocemetallica intima a quanti non sonostati ancora arrestati di consegnarsiprima che sia troppo tardi. E semprein queste ore sono stati affissi sui muridella cosiddetta Regione Autonomadel Tibet e delle contee e aree tibetaneincorporate nelle province del Sichuane del Gansu, manifesti in cui si avver-te la popolazione che ogni assembra-mento verrà immediatamente sciolto

con la forza dalla Polizia Armata cheha l’ordine di sparare sulla folla.Questo è la situazione del Tibet odier-no, governato da quella Cina che si stagioiosamente preparando a celebrarela sua parata olimpica pronta ad incas-sare il plauso e la meraviglia delmondo per le sue conquiste e le suescintillanti vetrine. Quella Cina auto-referenziale che parla di sé come diuna “società armoniosa” che grazie al“socialismo di mercato” è proiettataverso un futuro di superpotenza eco-nomica e grazie alla forza dei suoimuscoli (pochi giorni or sono Pechinoha aumentato del 18% il suo già one-roso budget per le spese militari)anche di superpotenza politica.In un’intervista rilasciata alla giorna-lista Ursula Gauthier e pubblicata ingennaio dal settimanale francese leNouvel Observateur, il Dalai Lama affer-mava che nel corso dell’ultimo incon-tro che i suoi inviati avevano avuto nelgiugno 2007 con alcuni dirigenticinesi, questi ultimi avevano “pura-mente e semplicemente negato l’esi-stenza di un problema tibetano”.Adesso quei dirigenti dovranno ricre-dersi. Adesso, che a Lhasa sono esplo-se incontenibili la rabbia, la frustra-zione, il furore delle donne e degliuomini del Tibet esasperati da oltrecinquant’anni di giogo coloniale bru-tale e inflessibile. Adesso, che a

Labrang, Ngaba, Ganja, Machu e inaltre località del Tibet storico si susse-guono manifestazioni e proteste inva-riabilmente represse nel sangue.Adesso, che ovunque nel mondo simanifesta la disperazione del popolotibetano. L’orrore della carneficina di Lhasa.L’orrore delle fotografie dei cadaveridegli assassinati dalle pallottole cinesisparate ad altezza d’uomo. L’orrore deirastrellamenti, delle incarcerazioniindiscriminate, delle torture. Tuttoquesto dimostra che esiste un proble-ma tibetano. Esiste per Pechino maesiste anche per la diplomazia interna-zionale che fatica a rimanere muta,cieca e sorda (come certamente vor-rebbe) di fronte alla tragedia che si staconsumando sul Tetto del Mondo.E il problema tibetano è molto sem-plice, pur nella sua drammatica com-plessità. Il dominio cinese, in oltresessant’anni di repressioni, non è riu-scito a normalizzare il popolo tibetanoné all’interno né all’esterno del Tibet.Le immagini che in questi giorni stan-no circolando sui circuiti televisivi esulla Rete, ci fanno vedere come laprotesta sia portata avanti principal-mente da giovani e giovanissimi. Chesi tratti di laici o di monaci, si trattasempre di persone che non erano nem-meno nate nel 1959. Che nonostantetutta la retorica e la disinformazione

Il problema tibetanoè molto semplice,

pur nella sua drammaticacomplessità.

Il dominio cinese,in oltre sessant’anni

di repressioni, non è riuscito

a normalizzare il popolotibetano né all’interno

né all’esterno del Tibet

PERCHÉ IL TIBET VIVAddii PPiieerroo VVeerrnnii

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11IN-FORMAZIONE

cinese continuano ad essere fedeliall’identità tibetana e non si pieganoal pugno di ferro di Pechino. Che con-tinuano a sperare e a lottare per unTibet libero. Per rangzen, il terminetibetano che designa l’indipendenzacosì come quello sanscrito swaraj digandhiana memoria. Non a caso “Rise up, resist, return”(Insorgi, Resisti, Ritorna) è lo sloganprincipale di quella “Marcia Verso ilTibet” che cinque organizzazioni delladiaspora tibetana hanno fatto partireda Dharamsala il 10 marzo e cheattualmente, dopo un primo stop pro-vocato dalla polizia indiana che il 13marzo aveva arrestato i primi centomarciatori, è ripresa e proprio oggi halasciato lo stato indiano dell’HimachalPradesh ed è entrata in quello delPunjab puntando verso Nuova Delhi.Oggi il popolo tibetano sente che l’oc-casione olimpica mette come non maila Repubblica Popolare Cinese sotto iriflettori dell’opinione pubblica inter-nazionale e questa consapevolezza,insieme alla sempre più forte dispera-zione, ha acceso una scintilla che aLhasa come a Dharamsala, come intanti altri luoghi ha convinto i tibeta-ni ad agire. Credo sia importante sot-tolineare il peso che proprio la“Marcia Verso il Tibet” intrapresadagli esuli in India ha avuto e conti-nua ad avere per la situazione tibeta-na. Anche se sono da escludere lecapacità organizzative di cui parlano icinesi, che accusano la “cricca delDalai Lama” di essere la responsabiledell’insurrezione di questi giorni, èperò molto probabile che le notiziedella “Marcia” diffuse in Tibet attra-verso un passaparola di telefonate,Sms, Mms, lettere (non Internet per-ché in Tibet la comunicazione telema-tica è strettamente controllata dall’ap-parato poliziesco), ascolti collettividei programmi di Radio FreeAsia,siano state per i tibetani una ulteriorespinta a protestare. E infatti tra il 10e il 13 marzo, mentre in India la“Marcia Verso il Tibet” si snodavalungo le strade dell’Himachal Pradesh,a Lhasa cominciavano a tenersi leprime manifestazioni. Dapprima spa-ruti gruppi di monaci poi masse sem-pre più ingenti di laici e religiosi,sono scese nelle strade della capitaletibetana per protestare contro l’occu-pazione cinese.

Sarà bene ricordarlo. Si è trattato peralmeno tre giorni di manifestazioniassolutamente pacifiche dove non èvolata nemmeno una pietra ma si sonouditi solo slogan e preghiere.Nonostante questo Pechino ha rispo-sto immediatamente con la solita bru-talità e durezza. Manifestanti arrestatie torturati in prigione, asfissianti con-trolli di polizia, monasteri assediatiper impedire ai monaci di uscire. Ed èa questo punto che la collera dei tibe-tani è esplosa incontenibile controogni segno visibile della presenzacinese. I simboli dell’occupante(negozi, edifici, automobili) sono statipresi a sassate, divelti e a volte datialle fiamme. In qualche sporadico casoa fare le spese della frustrazione tibe-tana sono stati anche alcuni colonicinesi. I nodi di decenni di vite vissu-te come cittadini di terza classe nelproprio Paese, decenni di angherie,umiliazioni, sofferenze, discrimina-zioni sono infine venuti al pettine. È difficile capire cosa stia passandonella testa della nomenclatura cinesein questo momento. Difficile stabilirese il segnale che sta arrivando lorodalle vie e dalle piazze di Lhasa, daimonasteri e dai villaggi dell’Amdo(luogo natale dell’attuale Dalai Lama)e del Kham, perfino da alcuni insedia-menti dei nomadi, li farà recederedalla posizione di totale chiusura incui si sono autorinchiusi. Difficilecapire se almeno qualcuno nellestanze dei palazzi del potere diZhongnanhai stia rimpiangendo dinon aver dato ascolto e spazio allaposizione moderata e disponibile delDalai Lama. Di aver sempre semprechiuso in faccia la porta alla richiestadi dialogo del Dalai Lama. Di averdetto sprezzantemente ai suoi invia-ti che “non esiste alcun problematibetano”.Di almeno una cosa però adesso, gra-zie all’eroismo e al sacrificio di centi-naia di persone, possiamo essere certi.Hu Jintao, Wen Jiabao e gli altriautocrati di Pechino hanno dovutoprendere atto che esiste un “problematibetano”. A caldo stanno dando lacolpa alla “cricca del Dalai” ma non sideve escludere che possano aver com-preso come in realtà stanno le cose. Edora si trovano di fronte ad un bivio.Possono illudersi di pensare di risolve-re il problema con ancora più repres-

sione, ancora più torture, ancora piùcondanne a morte, ancora più colonioppure, realisticamente, comprendereuna buona volta l’irriducibilità dellaquestione tibetana. Probabilmente èper loro l’ultima spiaggia. Perché senon ottiene almeno una modesta aper-tura di credito, la ragionevole politicadel Dalai Lama non avrà più alcunachance agli occhi del suo popolo chegià oggi, nonostante l’immensa devo-zione che lo circonda sul piano reli-gioso, politicamente non convincesettori significativi della sua gente.Nei prossimi giorni vedremo cosaaccadrà nel Paese delle Nevi. È dipochi istanti fa la notizia che il DalaiLama, come gesto estremo per porretermine alla carneficina e in rispostaalle accuse cinesi di essere il mandan-te delle manifestazioni, si è dichiaratodisponibile a dare le “dimissioni”dalla guida del suo governo. Si trattaprobabilmente di una minaccia indi-rizzata ai dirigenti cinesi affinché gliconsentano di poter continuare a chie-dere al suo martoriato popolo modera-zione. Nei fini e nei mezzi. Dubitoche possa essere ascoltato con autenti-ca sincerità da quanti hanno ancora lemani lorde del sangue di centinaia divittime e non smettono di ricoprirel’Oceano di Saggezza di insulti e con-tumelie. Comunque vadano le coseperò, ritengo che sia indispensabileche continui in India il movimentogandhiano della “Marcia Verso ilTibet” che potrebbe divenire per laquestione tibetana, quello che la“Marcia del sale” del MahatmaGandhi rappresentò per la lotta diliberazione dell’India. È fondamentaleche la vitalità, l’energia, l’entusiasmo,che la “Marcia Verso il Tibet” stasuscitando tra i tibetani e i loro soste-nitori internazionali non si spengano eanzi vengano continuamente alimen-tati. Solo così infatti le donne e gliuomini del Tibet, dentro e fuori il loroPaese, potranno trovare la forza, l’e-nergia, l’ispirazione per continuare lalotta senza soccombere ai demonidella rabbia cieca, della disperazione edel furore. Solo così la scintilla dellabattaglia per un Tibet libero potràrimanere ben viva e visibile a tutti.Anche ai cinesi di buona volontà.Perché il Tibet viva.

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I cinquant’annidel Tibet

sotto la Cina

IN-FORMAZIONE12

I CINQUANT’ANNI DEL TIBETSOTTO LA CINA, 1959-2008ddii GGeesshhee GGeedduunn TThhaarrcchhiinn

Nell’anno 2008 la Cina ospitai giochi olimpici, con la pro-messa di una maggior tutela

dei diritti umani all’interno del paese.Il Tibet è divenuto il problema princi-pale a livello internazionale, in quantotale nazione è stata occupata integral-mente dalla Cina dal 1959. A causadel massiccio e rapido flusso di immi-grazione cinese nell’area tibetana, itibetani stessi sono divenuti unaminoranza etnica nello stesso Tibet esi prospetta ora il rischio della perditadella loro cultura e della loro identitànazionale. L’unica possibilità di salvez-za per il Tibet è che le olimpiadi del2008 possano condizionare il governocinese, spingendolo a garantire mag-giore rispetto per la cultura e il popo-lo tibetani. Quindi, l’intero mondo sta osservandole autorità cinesi riguardo alla promes-sa fatta dal governo cinese in cambiodella possibilità di ospitare a Pechinoi giochi olimpici del 2008. Ma mentreil momento in cui questi si svolgeran-no si avvicina, la repressione in Tibetsi sta ancora inasprendo, e pertantomolte persone in tutto il mondohanno cercato di intervenire nellasituazione ancora irrisolta tra il Tibet ela Cina. In fine, i tibetani sia all’inter-no che all’esterno del patria hannoperso la pazienza, manifestando la loroesasperazione il 14 marzo 2008.La verità è che il Tibet e la Cina sonostati paesi confinanti per secoli.Durante il VII e l’VIII secolo le dina-stie tibetane inflissero alla Cina unadura sconfitta. La principessa WenChen sposò il sovrano tibetano SongTsen Gam Po e per sua volontà vennerealizzato a Lhasa il tempio Ra MoChe. Vi è a Lhasa un altro tempio edi-ficato per volontà di una principessanepalese che sposò anch’ella il medesi-mo re. In quel periodo sia il dinastadella Cina che quello del Nepal eranoorgogliosi che le loro principesse aves-sero sposato il re del Tibet, anche per-ché ciò assicurava sicurezza per i lorostati.

Successivamente un’altra principessacinese sposò un re del Tibet. In questeepoche le relazioni fra i due paesi sibasavano sul reciproco rispetto e sullavalutazione delle rispettive potenzemilitari. Come testimonianza del lorocomune accordo, vennero eretti trepilastri lapidei in tre luoghi differenti:presso la capitale del Tibet, presso lacapitale della Cina e lungo il confinetra i due stati. Essi recavano iscrittiepigrafi concernenti i sentimenti direciproca solidarietà tra i due paesi.Un verso molto famoso dei pilastrirecita: “rGYA rGYA YUL NAsKYID, BOD BOD YUL NAsKYID”, che significa “I Cinesi sonofelici in Cina e i Tibetani sono felici inTibet”. Sulla base di questo eventostorico i tibetani hanno sempre soste-nuto di non essere cinesi e possedere lapropria identità nazionale, differenteda quella cinese.La prima invasione del Tibet fu com-piuta da Genghis Khan nel 1209 e inun secondo momento il Khan mongo-lo assunse il comando dell’ImperoCinese e i mongoli ereditarono illignaggio della dinastia cinese. Piùtardi, quando i cinesi liberarono daimongoli il loro impero, riacquisendo-ne il controllo, la Cina iniziò a riven-dicare tutti i territori che erano statisotto il dominio mongolo, affermandoche fossero suoi! Questa è l’unicaragione per cui la Cina sostiene tutto-ra che il Tibet le appartenga.I tibetani, per antica tradizione, nonpenserebbero mai di essere cinesi, népotrebbero mai immaginare che il

Tibet sia parte della Cina: questo è ciòche prova istintivamente il popolotibetano. Quindi penso che la lotta perla liberazione del Tibet sia una ten-denza naturale della gente tibetana.La storia ha provato che i tibetani nonpossono essere felici sotto le autoritàcinesi, né i cinesi possono essere felicisotto un governo tibetano. Il conflittosi è protratto nei secoli ed è parte dellavicenda storica di entrambe le nazioni.Questa battaglia deve andare fino infondo, portando ad una vittoria asso-luta o ad una sconfitta assoluta: inaltre parole, questa battaglia dureràfinché vi saranno tibetani. È una que-stione che sarà portata avanti di gene-razione in generazione, in quantoparte della storia umana.Il dialogo può essere la soluzione?Esiste un grande ostacolo tradizionaleperché la Cina e il Tibet abbiano undialogo costruttivo. C’è un detto tibe-tano che afferma: “la Cina fallisce neisuoi intenti per eccesso di sospetto e ilTibet a causa della troppa aspettativa”.L’attuale dialogo sino-tibetano è ini-ziato con l’incontro tra Mao Zedong eil Dalai Lama a Pechino nel 1954 ed èproseguito fino al 2007 senza raggiun-gere gli obiettivi di nessuna delle dueparti. Quindi è evidente che il dettoera vero. Sembra quindi inutile cerca-re di risolvere il conflitto sino-tibeta-no attraverso il dialogo. Forse una pos-sibilità potrebbe essere che lo sviluppoeconomico-politico possa provocareun cambiamento radicale nello statussociale delle persone tibetane nel futu-ro, tuttavia non può modificare la sto-ria passata del Tibet. Resta un’altra questione importante,concernente le famiglie di rifugiatitibetani che hanno vissuto in India oin Nepal negli ultimi 50 anni sottol’Amministrazione Centrale Tibetanadi Dharamsala: quale sarà il loro futu-ro? Devono continuare ad aspettareche il Tibet divenga libero rinuncian-do ai diritti derivanti dal possessodella cittadinanza locale o dovrebberointegrarsi con i cittadini locali?

I tibetani, per antica tradizione,

non penserebbero mai di essere cinesi,

né potrebbero mai immaginare che il Tibet

sia parte della Cina

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Era Post-ideologicdella Globalizzazio

13IN-FORMAZIONE

EEssppeerrttii aa ccoonnffrroonnttoo

ERA POST-IDEOLOGICA DELLA GLOBALIZZAZIONEPPrrooff.. AAnnttoonniioo SSaaccccàà

Si è tenuto a Roma presso la sededella “Interreligious andInternational Federation for

World Peace”, un convegno sulle pro-spettive dell’era post-ideologica dellaglobalizzazione. Che vi sia bisogno difermarci a considerare l’andamento delmondo, per così dire, appare ormaiindispensabile, giacché spesso sentia-mo di correre all’impazzata, perfino, diprecipitare. Una prima riflessione, ariguardo, nel convegno, l’ha svoltaAntonio Stango, Segretario Generaledell’Italian Helsinki Commette, impe-gnato nella difesa dei diritti umani.Per Stango oggi l’uomo tende a unosviluppo aberrante, intacca anche i fat-tori primari della vita, l’aria, l’acqua,perfino. C’è un uso aberrante, si dice-va, di automobili, di traffico incontrol-lato, non c’è un’economia abbinataall’ecologia. In quanto alla “risorsa”uomo, ormai vi è il riconoscimentodella difesa dei diritti umani. Vi sonodegli organismi sovrannazionali chehanno competenze superiori agli statistessi. Fino a pochi decenni fa c’eranosolo i tribunali dei vincitori che giudi-cavano i vinti. Spesso, tuttavia, i cri-minali furono risparmiati.Il Segretario Generale dell’ItalianHelsinki Commette fa l’esempio dello

stalinismo che non fu giudicato soloperché si riteneva che la Russia avessevinto la Seconda Guerra Mondiale. Il17 luglio 1998 fu approvato lo Statutodella Corte Penale Internazionale.Crimini contro l’umanità, genocidio ecrimini di guerra sono l’oggetto di talestruttura. Stango evidenzia che puòraggiungersi la potenza economicasenza rispetto dei diritti umani: è ilcaso della Cina, alla quale non si riescedi contrapporsi per le sue dimensionieconomiche, militari. Lo stesso perl’Iran, che Stango giudica il peggioreregime del mondo odierno. Per quelche riguarda l’Italia, considerava pro-blematiche, difettose le condizionidella Giustizia penale e civile, dram-matico il sovraffollamento delle carce-ri e la mancanza di operatori nazionaliper la reintegrazione del carcerato,dispendiosa l’ospedalizzazione.L’intervento del Professor GiovanniPalmerio, docente di economia allaLUMSA (Libera Università Maria Ss.Assunta di Roma), era specificamenterivolto al campo economico. Palmerioiniziava con lo smentire alcuni datiritenuti scontati, certi. Comunementesi dice che Cina e India tra dieci annisaranno grandi potenze mondiali. Imass media lo sottolineano, indicandoche il basso costo del lavoro permette

Comunemente si diceche Cina e Indiatra dieci anni saranno grandi potenze mondiali. I mass medialo sottolineano, indicando che il bassocosto del lavoro permette lorodi esportare tanto. Ma il Paese che occupail primo posto al mondoper esportazione è laGermania, prodotti a tecnologia avanzata, dopo viene l’Italiamentre gli USAesportano armi e finanza

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14 IN-FORMAZIONE

loro di esportare tanto. Ma, proseguivaPalmerio, il Paese che occupa il primoposto al mondo per esportazione è laGermania, prodotti a tecnologia avan-zata, dopo viene l’Italia mentre gliUSA esportano armi e finanza. Dal1972 fino ad oggi importano più diquanto esportano. Gli USA non hannoproblemi di pagare in quanto stampa-no e creano i dollari. Ma il debito pub-blico americano è enorme. La metà èposseduto da residenti e l’altra, in unalarga quota, è posseduta da banche cen-trali straniere. Il Giappone, che nedetiene maggiormente, compra dollariper evitare la svalutazione, inoltre aiutai paesi del sud est asiatico (Vietnam,Cambogia…). Molte imprese costruttrici sono giap-ponesi. Le opere riguardano infrastrut-ture, ad esempio reti fognarie, in que-sto campo sono attive ditte tedesche editaliane. I giapponesi non voglionoammettere il male fatto a tali paesi, mali aiutano molto. Il Giappone e laGermania hanno un tenore di vita ele-vato e Welfare efficiente. Non hannoambizione geopolitica e militare.Permangono, però, nell’insieme plane-tario squilibri gravi, aggiungevaPalmerio. Alcune aree restano in gran-de depressione. In specie, l’Africa. Ladepressione dipende dal livello cultura-le e dal bisogno di investimenti pesan-ti (fogne, reti idriche, reti elettri-che…), altri paesi necessitano solo diinvestimenti leggeri. Ai paesi svilup-pati occorrono cereali e petrolio.Quest’ultimo aumenta di costo ancheperché cresce l’uso. Detto tutto questo,per superare gli squilibri occorre che ipaesi sviluppati investano più risorseper aiutare quelli non sviluppati.Il Prof. Antonio Saccà nel suo interven-to, ha espresso una sua analisi sullasituazione complicata in cui siamo per-venuti e l’inadeguatezza dei rimedisuggeriti per risolvere l’eccesso diimportazioni dai paesi che le produco-no a basso costo, pericolo reale,quand’anche qualche paese sviluppatoè capace di esportare. Si è parlato adesempio alla tassazione dei prodotticinesi. Ma i cinesi resterebbero a guar-dare? Non aumenteremo il mercatonero? Non bloccheremmo merci cinesiprodotte con capitali occidentali? IlProf. Saccà, diceva, che siamo in pre-senza della contro-globalizzazione.Pensavamo di impossessarci della Cina

e della Russia, immettendo i capitali eusando la loro forza lavoro per averematerie prime e forza lavoro a bassocosto. La globalizzazione sembraval’Eldorado, produrre a bassissimi costiin Cina ed esportare in America peravere profitti immensi; ottenere petro-lio o gas a poco prezzo in Russia…Ma è avvenuto l’imprevisto, i paesi chericevevano capitali, come la Cina, ini-ziarono a produrre per i “propri” inte-ressi, la Russia impedì ai capitali esteridi neocolonizzarla. È questa la contro-globalizzazione.Delocalizziamo imprese e capitali manon necessariamente a nostro vantag-gio. Le nostre economie cominciano adiventare irregolari, tentano la via delle

attività speculative, con gravi rischi pergli investitori, forzano i consumi e l’in-debitamento dei consumatori, precariz-zano il lavoro per non pagare ferie, assi-stenze, licenziamenti, in paesi come gliStati Uniti si giunge a una politica chesbocca nella guerra, del resto certiarmamenti, tipo lo “scudo spaziale”non vengono concepite e realizzate pervenderle. A tal punto, se vogliamo evi-tare la guerra e la lotta sociale, Saccàritiene indispensabile: la ricerca dienergie alternative per ovviare all’acca-nimento del possesso del petrolio chefinisce con il pervenire al conflittomilitare; ed è necessario che i lavorato-ri non continuino a chiedere migliora-menti al capitalista, il quale, con unaimmane disponibilità di mano d’opera,nazionale e straniera, legale e illegale, ein una situazione di competitività stre-nua, nulla vuole e, in parte, nulla puòconcedere. L’estremo pericolo per lenostre economie, concludeva, è la cri-minalizzazione del profitto, il profittocriminale. I lavori pomeridiani si sono aperti conla relazione di Enzo De Concilio, cheha presentato alcune linee fondamenta-li della visione unificazionista dell'eco-

nomia. Il suo punto di partenza è statola constatazione che lo schema fonda-mentale delle relazioni nell'ambitodella famiglia modellano anche i rap-porti sociali. Per quanto riguarda l'eco-nomia, il riferimento è alla relazionetra fratelli e sorelle: per questo, l'econo-mia è improntata a una sana e naturalecompetitività, che non è distruttiva mavede nel progresso di ciascuno un con-tributo necessario al benessere genera-le. Su queste premesse, la relazione hacriticato le distorsioni che si verificanoquando si vuole forzare un'innaturaleuguaglianza in termini di proprietà enon in termini di opportunità, disin-centivando l'impegno e frustrando ilmerito. C'è stato poi un esame di casi

concreti, tratti dall'attualità, e unesame del percorso storico dell'evolu-zione delle teorie economiche.L’intervento conclusivo di GiuseppeCalì, presidente dell’Interreligious andInternational Federation for WorldPeace-Italia, riportava la problematicaeconomica a quella etica sul fondamen-to dei principi della Federazione. Calìevidenziava che senza un indirizzoetico l’economia precipita nell’indivi-dualismo edonistico. Al dunque, sevogliamo seguire il modello familiare,solidale avremo un certo modello eco-nomico, se ci volgiamo all’egoismoavremo un’altra specie di economia. Èla scelta morale che precede i modellioperativi. Calì considerava opportunoconsiderare modelli economici parteci-pativi e solidali. Senza la determinazio-ne alla solidarietà mondiale difficile oimpossibile risolvere le crisi.Ovviamente, in forme più riferibiliall’UPF, sosteneva Calì, occorrerebbeun rinnovamento della spiritualità edel riconoscimento di costituire“un’unica famiglia umana di Dio”. Èil caso di aggiungere che vi è stata unaintensa discussione problematica.

Un momento del Seminario sull’era Post-ideologicadella Globalizzazione

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15ETICA E SOCIETÀ

Impetuosase non inarrestabilel’avanzata della Cinanel continente africano:oro nero ed altrogli obiettivi primaridi Pechino

ddii CCaarrlloo AAllbbeerrttoo TTaabbaacccchhii

SAFARI CINESEIN AFRICA

Il “Drago cinese” conquista terre-no e mercati in Africa, investen-do massicciamente attraverso

accordi commerciali, dichiarazioni dipartnership e di amicizia e sostegnoreciproco; nel frattempo, Stati Uniti,Russia ed Europa restano distratti(ma, per quanto tempo ancora?).Dal 2001 al 2005 il commercio sino-africano è aumentato del 270%; gra-zie a questa “iniezione asiatica diaiuti”. Nel 2005 l’Africa ha registra-to una crescita del Pil complessivodel 5,2%. Alla base del forte inter-scambio economico-commercialesono presenti logiche più pragmati-che che non la fratellanza tra popolioppressi o la lotta contro tutti gliimperialismi, come spesso venivanosbandierati negli anni ’60 dairesponsabili politici comunisti.Pechino investe in Africa per potercolmare la propria sete e fame dipetrolio e materie prime. A questoscopo, ha adottato una strategiatanto semplice quanto spregiudicata:impegnarsi senza interferire negliaffari interni dei propri clienti edifenderli all’occorrenza davanti allecondanne più o meno esplicite dellacomunità internazionale; Sudan eZimbabwe rappresentano esempialquanto evidenti di tale prassi.Quindi, non importa verificare l’eti-ca delle Leadership alla guida degliesecutivi, non si sottilizza sulla tute-la dei diritti umani o sul tasso di cor-

ruzione: si guarda praticamente allaconvenienza economica, alle conces-sioni di appalti per progetti infra-strutturali, si mira essenzialmentealle ricchezze minerarie e non. Adesempio, tra i primi 10 fornitoripetroliferi di Pechino, nel 2005 figu-rano l’Angola (2°), Sudan (7°),Congo Brazzaville (8°), GuineaEquatoriale (9°): tutti paesi che, senon allergici allo stato di diritto, conla democrazia hanno poco a che fare.Come si evince, gli interessi recipro-ci risultano piuttosto intensi: da unlato un vasto paese assetato di ener-gia e materie prime, dall’altro uncontinente un po’ dimenticato checustodisce proprio ciò che oggi servealla Cina: oltre al petrolio, gas, rame,uranio, alluminio, manganese,legname.Non dimentichiamo che Pechino,vedendo la grave instabilità petroli-fera del Medio Oriente, area diinfluenza e scontro tra Stati Uniti eRussia, ha cominciato dagli anni ’90ad importare ingenti quantitativi digreggio africano. La diplomaziapetrolifera di Pechino ha due targetsprecisi: nel breve periodo, assicurarerifornimenti per la dinamica crescitainterna; nel lungo periodo, posizio-narsi come attore globale nei merca-ti internazionali. Pertanto, la Cinarimane l’acquirente privilegiato edideale delle risorse naturali africane:salda subito in contanti e vende ai

diversi governi locali tecnologie,know-how industriale ed armi (gene-ralmente leggere).Altro dossier scottante è che la Cinasostiene pubblicamente 3 candidati -Nigeria in primis, Egitto e SudAfrica - per un seggio permanentepresso il Consiglio di Sicurezza delleNazioni Unite, pur riconoscendo chela decisione finale resta nelle manidell’Unione Africana.Sotto l’aspetto più squisitamentediplomatico, solo 5 nazioni africanemantengono attualmente relazioniufficiali con Taipei (capitale diTaiwan). Come accennato prima, nonsi può trascurare la legittimazione daparte del gigante asiatico, di abusi eviolazioni nel settore dei dirittiumani, nelle pratiche antidemocrati-che e nella vendita di armi ad “amicipoco affidabili” come Sudan eZimbabwe, soggetti ad embargo daparte degli Stati Uniti ed UnioneEuropea. Per Pechino non esistonoespressioni colorite ed ormai famosecome “rogue countries” oppure “axesof evil” che possono contraddistin-guere alcune nazioni africane. In con-clusione, mentre l’Unione Europearimane dormiente o pericolosamenteassente, l’approccio cinese persegue 3fattori piuttosto chiari: nuovi merca-ti ed opportunità di investimento,diplomazia e cooperazione di svilup-po ed una partnership strategica.

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Il ruolo della Cina nello sviluppo del settorepetrolifero sudanese è stato determinante pertrasformare il paese africano in esportatore di

greggio, facendone lievitare esponenzialmente lerendite (dal 2000 al 2006 le rendite petroliferesono quadruplicate da 1,2 a 4,7 miliardi di dolla-ri) e il prodotto interno lordo. Grazie alla Cina èstato possibile costruire - in un solo anno - l’oleo-dotto di 1.506 km che collega le aree si maggioresfruttamento petrolifero in Sud Sudan a PortSudan, fondamentale punto di snodo verso i mer-cati esteri. La Cina è inoltre l’artefice del potenzia-mento della capacità produttiva della raffineria diKhartoum ed è oggi impegnata nella costruzionedei terminal marini situati a 25 km da Port Sudan.Dai giacimenti alle navi petroliere che salpano daPort Sudan, tutto sembra essere principalmente inmano a Pechino. Dei nove blocchi con il maggio-re potenziale di sfruttamento, otto sono in manoalle compagnie statali cinesi; ogni 10 barili chequotidianamente vengono imbarcati per l’esporta-zione, nove giungono in Cina.Khartoum non può che ringraziare e investire gliingenti guadagni nei bisogni fondamentali delpaese, o meglio del governo centrale: le armiprima di tutto. Tra il 1999 - anno in cui il Sudandiviene esportatore di petrolio - e il 2005 l’impor-tazione di armi di piccolo calibro è aumentata di680 volte. Nel 2004 il Consiglio di Sicurezza delleNazioni Unite attraverso la risoluzione 1556 haemesso un embargo che vieta il trasferimento diarmi in Darfur: nello stesso anno, e fino ad oggi, laCina diviene il fornitore quasi esclusivo di armi

leggere, andando a coprirecirca il 90 % delle importa-zioni sudanesi. La coopera-zione militare tra Cina eSudan non si limita soloagli sviluppi recenti e altrasferimento di armi masignifica anche addestra-mento e trasferimento diknow how per implementa-re le capacità dell’industriamilitare di Khartoum.Nell’aprile 2007 si è svoltol’ultimo di una serie costan-te di incontri tra i capi mili-tari dei due paesi: in questasede il ministro della difesacinese Cai Gangchua haconfermato l’intenzione diproseguire e rafforzare que-sta collaborazione, che vedenell’utilizzo di settori del-

16 ETICA E SOCIETÀ

Il documento illustra in modo completo il pericoloso intreccio trainvestimenti petroliferi, traffico d’armi e orientamenti politici in ambito internazionale che legano a doppio filoKhartoum e Pechino

aa ccuurraa ddii SSeerreennaa MMeennoozzzzii

Human Rights Firstè una organizzazione

statunitensedi tutela dei diritti umani,no-profit e indipendente.

Porta avanti diversecampagne di

sensibilizzazione, tra cui“Made in China. Stop

arms sales to Sudan”, dacui è tratto l’ultimo

rapporto Investing intragedy. China’s money,

arms, and politics inSudan

LA POLITICA CINEvista da Human Rights First

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l’esercito sudanese e di milizie soste-nute da Khartoum per la difesa deigiacimenti in mano a Pechino unpilastro fondamentale.Questa rete di interessi economici emilitari sfocia a livello internaziona-le nella difesa a colpi di veto degliinteressi sudanesi presso le NazioniUnite.Lo stralcio della previsione di sanzio-ni contro Khartoum dalla risoluzione1556 del 2004 è uno degli esempi dicome Pechino abbia usato tutto ilsuo potere per alleggerire la posizio-ne di Khartoum, fino al tentativo -fallito - di impedire il dispiegamen-to di un contingente militare inter-nazionale in Darfur. A seguito delladecisione del Consiglio di Sicurezzadi istituire la missione Pechino hacambiato atteggiamento, riuscendonell’impresa di convincere il governo

sudanese ad accettare la presenza delcontingente di peace-keeping. Uncambiamento interessato quello diPechino, decisa a non compromette-re eccessivamente la propria immagi-ne internazionale in vista delleOlimpiadi 2008, ma nemmenodisposta ad incrinare i rapporti conKhartoum, rischiando di privarsi delsuo prezioso petrolio: non a casosubito dopo l’avallo sudanese allamissione Onu/Ua, la Cina stacca unassegno da 1,2 miliardi di dollari perla costruzione della ferrovia daKhartoum a Port Sudan e concede unprestito di 12,9 milioni di dollari perl’ampliamento del palazzo presiden-ziale sudanese.Se la Cina vuole dimostrare un realeimpegno per il miglioramento dellasituazione in Darfur e del Sudanintero, deve compiere quattro passi

fondamentali, che Human RightsFirst sottolinea: porre immediata-mente fine al trasferimento di armi atutte le parti in conflitto in Darfur,in ottemperanza delle risoluzione1556 e 1591 del Consiglio di sicu-rezza; appoggiare l’estensione del-l’embargo a tutto il Sudan; usare lasua influenza politica per agevolarel’operato dell’Unione africana e delleNazioni Unite e garantire l’efficaciadella missione Unamid; sostenerepubblicamente l’azione della Cortepenale internazionale e fare pressionisul governo di Khartoum affinchécollabori nella cattura degli indivi-dui verso i quali la Corte ha emanatomandati di arresto.

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SE IN SUDAN

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Darfur / Per l'ONU i morti sono 300mila

Secondo le Nazioni Unite, il conflitto in Darfur dal 2003 ad oggi, hacausato oltre 300 mila morti. La stima si trova nell'ultimo rapportopresentato a metà aprile da John Holmes, sottosegretario per gliAffari umanitari dell'ONU, al Consiglio di Sicurezza. Holmes hadefinito la cifra "una proiezione ragionevole" considerando "le vitti-me di combattimenti, ma anche di malattie, malnutrizione ed epide-mie". La stima precedente di 200.000 vittime si fonda su uno studiodel 2006.

QUALE FUTURO PER LA PRODUZIONE DI CIBO NEL MONDO?

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All’incirca una persona ogni otto - più di ottocento milioni di persone -ogni giorno sono affamate. Più di 60 milioni sono bambini. Molti altrisono in una situazione di costante insicurezza per il reperimento del ciboquotidiano. Le immagini di bambini che muoiono di fame nel terzomondo sono così comuni che spesso hanno un piccolissimo effetto sullanostra moderna e raffreddata sensibilità. La malnutrizione è così diffusache raramente fa notizia.Una fame cronica è la piaga di molte nazioni. Il WFP (il programma peril cibo mondiale) delle N.U. ammette di non essere finanziato a suffi-cienza per le dimensioni del problema.Governi generosi ed associazioni umanitarie sembrano impotenti nel faredi più di quello che stanno già facendo per i popoli bisognosi. In tanterealtà i problemi, temporaneamente, possono essere mitigati con degliaiuti ma il problema essenziale rimane immutato.All’inizio del 2008 la crisi globale del cibo è notevolmente peggiorata.Anche i prezzi dei prodotti principali sono cresciuti al di là delle possi-bilità del potere di acquisto di grandi quantità di gente. Potreste etumulti sono scoppiati un po’ in tutto il mondo. Molte cause dei proble-mi sono stati identificati, inclusa l’eccessiva ricollocazione delle aziendeproduttrici verso i prodotti per l’export piuttosto che per il mercatodomestico. Programmi per il Bio-carburante, immagazzinamento diderrate alimentari, l’impatto di speculatori che giocano sul futuro deiprodotti, l’aumento della popolazione, i disastri naturali e il fallimentodei prodotti.Qualunque siano le cause a breve termine, sta diventando chiaro che lacompetizione per le risorse mondiali potrebbe raggiungere un punto cri-tico. Devono essere fatti degli sforzi globali concentrandosi principal-mente sul miglioramento della produzione e distribuzione. Non è piùsufficiente accettare la fame e la miseria come una presenza malevolapresso popolazioni meno fortunate. La popolazione mondiale sta crescen-do, le richieste non diminuiranno e la scarsità di cibo può influenzareanche le nazioni più sviluppate. La sicurezza del cibo è emersa e forse saràil primo fra i problemi che preoccuperanno e avranno la nostra attenzio-ne nel 21° secolo.

Un sistemaagri-culturistainternazionale

deve essere “piùsostenibile e su scalaridotta, più orientato

ai bisogni locali”con meno enfasi

su una catenamultinazionale di

approvvigionamentodominata e orientata

alla produzione perl’esportazione

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La decisione di qualche mese fa delPresidente Bush di aumentare di 200milioni di dollari gli aiuti alimentaridegli Stati Uniti, e il richiamo delSegretario Generale delle NazioniUnite Ban Ki-moon per una maggio-re produzione di grano, evidenzianol’enorme e difficile sfida che gli anali-sti politici mondiali affrontano:un’insicurezza di cibo a lungo termi-ne nelle aree più povere del mondo.L’ondata di proteste sul cibo chevanno dai Caraibi sino all’Asia haattirato l’attenzione delle prime pagi-ne di molti notiziari.Egitto, Camerun, Costa d’Avorio,Senegal, Burkina Faso, Etiopia,Indonesia, Madagascar e Haiti - equeste solo nell’ultimo mese. InPakistan e Tailandia, truppe sonostate dispiegate per proteggere inegozi alimentari dai saccheggi.

Recentemente, il Segretario Generaleper la Difesa delle Filippine, GilbertoTeodoro, è stato messo nella condizio-ne di negare le notizie di scontriall’aumentare dei costi del cibo e iprezzi mondiali del riso che hannotoccato nei mesi scorsi un tetto recordche durava da 19 anni.“Non vediamo nessuna minacciaimmediata alla sicurezza nazionale,sia legata a questa crisi del riso o aqualcos’altro,” ha detto ad una confe-renza stampa, secondo il PhilippineDaily Inquirer.Ma a detta di esperti, delle tendenzeprofonde nei mercati globali, che nonmostrano alcun segnale di diminuire,continueranno ad aumentare i prezzidel cibo. La domanda per bio-carbu-ranti alternativi al petrolio oramai a$150 al barile continuerà a richiederela produzione di etanolo ed aumenta-

re il prezzo del granturco. I gusti diuna vasta classe di consumatori ricchiin India e Cina cambiano, e ciò conti-nuerà a tenere la domanda di granoalta - per nutrire il bestiame e i bovi-ni per il latte. Sembra proprio chemolti paesi manterranno alti i prezzidel riso.Ed è incombente la minaccia che unpo’ alla volta il graduale maggioreimpatto del surriscaldamento globalecomincerà a ridurre i terreni coltiva-bili, rendendo la terra più desertica epiù probabili le alluvioni. Il direttoregenerale dell’Organizzazione per ilCibo e l’Agricoltura delle NazioniUnite, Jaques Diouf, ha detto che ilprezzo del cibo è aumentato del 45%negli ultimi nove mesi, e che “cisono delle gravi carenze di riso, fru-mento e granturco.”Ban Ki-moon ha parlato di una“rapida escalation della crisi di repe-ribilità del cibo nel mondo,” che,dice, “ha raggiunto proporzioni d’e-mergenza.”Funzionari statunitensi dicono cheBush ha deciso di distribuire i 200milioni di dollari presi da un “FondoUmanitario governativo” tramitel’Agenzia degli Stati Uniti per loSviluppo Internazionale “per soddi-sfare i bisogni di aiuti alimentariall’estero”.I soldi andranno a colmare l’amman-co nei programmi statunitensi per leemergenze di aiuti alimentari, causa-ti dal crescere dei prezzi “e usati persoddisfare i bisogni inaspettati diaiuti alimentari in Africa e altrove,”secondo una dichiarazione della CasaBianca.Ma 200 milioni di dollari, anche seaggiunti ai 2.1 miliardi di dollaristanziati dall’USAID ogni anno,sono relativamente una cifra insigni-ficante di fronte alle dimensioni delproblema.Per i paesi più poveri, affamati, abasso reddito e con deficit alimentarecome l’ Africa, la FAO stima che laloro spesa sull’importazione dei cerea-li crescerà del 74% quest’anno.Questo, nonostante l’aumento previ-sto della produzione di frumento –che l’organizzazione ammette, dipen-dente dalle condizioni climatichefavorevoli.

L’INSICUREZZASUL CIBO CRESCERÀ

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E la prospettiva al di là di que-st’anno non è più favorevole.“Abbiamo bisogno […] di unsignificativo aumento di produtti-vità a lungo termine nella produ-zione alimentare di frumento,”dice Ban, osservando che gli effettidella crisi stanno eliminando glieffetti positivi di anni di progressinella riduzione della povertà.Ha anche chiamato la comunitàinternazionale a “operare in manie-ra urgente e combinata al fine discongiurare implicazioni politichee di sicurezza più vaste di questacrisi crescente.”La linea di fondo, dice KatarinaWahlberg, coordinatrice del pro-gramma sociale e di politiche eco-nomiche del filo-liberale ForumPolitico Globale, è che nel corsodegli ultimi decenni, come risulta-to della liberalizzazione del com-mercio e di politiche di aggiusta-mento strutturali, paesi in via disviluppo sono diventati importato-ri; allo stesso tempo agli stati piùfragili mancano i mezzi necessariper intervenire nei mercati alimen-tari per aiutare i loro cittadini piùaffamati. “Cedendo alla pressionedell’Organizzazione del MercatoMondiale, del Fondo MonetarioInternazionale e la Banca Mondiale,i paesi poveri hanno smantellatotariffe ed altre barriere al mercato,consentendo a grandi struttureagro-alimentari sovvenzionate dapaesi più ricchi di minare la pro-duzione agri-culturale locale,” hadetto Wahlberg.“In certa misura, aiuti alimentari -nella forma di prodotti sovvenzio-nati di beni svalutati in paesi ric-chi - svolgono anche loro un certoruolo.Wahlberg ha detto che il fattorepiù importante dietro l’attualeimpennata di prezzi alimentari è larapida e crescente domanda di bio-carburanti come etanolo, partico-larmente in Europa e negli StatiUniti.“Un numero crescente di dirigentipolitici e analisti si oppongono for-temente alla conversione di cibo incarburante,” ha detto, insistendosul fatto che la produzione di bio-carburante “causa danni ambienta-

li e velocizza il surriscaldamentoglobale”.“La produzione di etanolo negliStati Uniti usa grande quantità digranoturco, fertilizzante, pesticidie acqua, e molti analisti considera-no il suo impatto ambientale piut-tosto negativo”. In Indonesia,Malesia e Brasile, migliaia di acridi foresta pluviale sono statidistrutti per la coltivazione di oliodi palma e canne da zucchero per laproduzione di bio-carburanti.Sebbene autorità statunitensi pro-pagandino alternative al granturcoper la produzione di etanolo,diverse critiche hanno messo in

rilievo ed ammonito che l’idea èuna mal mascherata iniziativa persostenere i prezzi del grano a favo-re degli agricoltori americani.Per far fronte alle sfide a lungo ter-mine, Wahlberg ha detto a UnitedPress International, un sistemaagri-culturista internazionale deveessere “più sostenibile e su scalaridotta, più orientato ai bisognilocali” con meno enfasi su unacatena multinazionale di approvvi-gionamento dominata e orientataalla produzione per l’esportazione.Ha anche aggiunto che i cambia-menti climatici rimangono la piùimportante sfida a lungo termine.

ETICA E SOCIETÀ

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Il traumadello Zimbabwe

Nonostante unacrescente pressioneda parte delle potenzeoccidentalidi intervenirenella crisi elettoraledello Zimbabwe,il loro coinvolgimentorimane una remotapossibilitàddii RRiivvssii HHaaiiddeerr -- IInntt.. PPrreessss SSeerrvviiccee

21ETICA E SOCIETÀ 21

Dopo più di due mesi dalle elezioni inZimbabwe, il governo in carica delPresidente Robert Mugabe non avevaancora rilasciato i risultati delle elezio-ni, che nelle convinzioni di molti osser-vatori indipendenti, vinte dal Leaderdell’opposizione Morgan Tsvangirai.Il popolo dello Zimbabwe voleva unannuncio dei risultati ufficiali. Ora cheil secondo turno delle elezioni è statofissato per il 27 Giugno 2008, non saràfacile da prevedere se Mugabe lascerà ilpotere in caso di sconfitta.Sfortunatamente, l’escalation della vio-lenza e della repressione promossa dalgoverno verso i dissidenti fa capire chela nazione è sul punto di cadere nelcaos.Le elezioni del 29 Marzo scorso sonostate contrassegnate da corruzione ebrutalità. Torture e violenze sono stateperpetrate sui membri dell’opposizionee dei loro potenziali elettori. Le loroproprietà sono state distrutte e lecomunità terrorizzate. Tsvangirai stes-so è stato portato davanti ai giudiciall’inizio dell’anno. Il suo volto mostra-va zone completamente tumefatte a

causa dei colpi ricevuti dalla polizia.Nonostante queste grandi intimidazio-ni, le elezioni di fine Marzo, secondogli osservatori internazionali, hannoprodotto una chiara vittoria per il lea-der dell’opposizione.Lenin dichiarò che il potere dipendedalle canne dei fucili. Questa tristeconstatazione si verifica in tutte lenazioni dove ci sono violente rivoluzio-ni e governi antidemocratici. I tiranni ei loro accoliti non rilasciano il poterefacilmente. È normalmente così pertutti coloro il cui potere politico èbasato fondamentalmente sull’uso dellaforza. Robert Mugabe ha guidato loZimbabwe come presidente dal 1987,ma come primo ministro già dal 1980.Ha conquistato il potere come membropreminente dello ZANU (Unionenazionale africana dello Zimbabwe), laguerriglia di opposizione che portò allacaduta dei bianchi in Rhodesia (oggiZimbabwe).La politica di Mugabe ha fatto sì che lacomunità internazionale applicassedelle sanzioni nei confronti della nazio-

ne e la situazione nello Zimbabwe èpeggiorata notevolmente negli ultimivent’anni. Ciò nonostante, le nazionilimitrofe non vedono di buon occhiol’intervento esterno, anche se animatoda buone intenzioni, perché potrebbepeggiorare piuttosto che migliorare lasituazione. Potrebbe scoppiare unaguerra civile ed allagarsi oltre i confiniterritoriali dello Zimbabwe ed avereun’escalation fuori controllo.In ultima analisi, la situazione che sicreerà dipenderà interamente dalledecisioni di Mugabe. Lui e il suo eser-cito, dovrebbero rispettare le decisionidel popolo e mettersi da parte.Repressione e tortura non sono gli stru-menti per la legittimare il potere.Il governo, dopotutto, esiste per servireil popolo della nazione e non perschiacciarlo.

Al Summit dell’Unione Africanatenutasi presso le Nazioni Unite loscorso 16 Aprile sia l’Inghilterra chegli Stati Uniti avevano fatto presentela necessità della presenza delle N.U.in Zimbabwe per superare lo stallodella situazione ma la loro azione siera venuta a scontrare con la reazionenegativa della maggioranza dei mem-bri dell’Unione Africana.“La questione deve essere presa inconsiderazione dal governo delloZimbabwe” affermava il Presidentedel Sud Africa, Thabo Mbeki. Ilgoverno del Presidente RobertMugabe sosteneva che il ritardo nelrendere pubblici i risultati delle ele-zioni del 29 Marzo era causato daanomalie avvenute durante la contadelle schede. La commissione eletto-rale nazionale sosteneva che nonpoteva rendere pubblici i risultatifino a che un riconteggio parziale

delle schede non sarà ultimato.Ma il movimento di opposizione perun cambiamento democratico(MDC)aveva rifiutato la spiegazione delgoverno e sosteneva che il riconteg-gio era una strategia per coprire lasconfitta del partito di governo.In una dichiarazione, il leader delMDC, Morgan Tsvangirai affermavache Mbeki non è qualificato a tenereuna posizione di mediatore.Tsvangirai ha pure accusato il gover-no Mugabe di commettere grosseviolazioni dei diritti umani e ha chie-sto alle N.U. di sottoporre il caso allaCorte Internazionale sui Crimini(ICC).Mbeki e Mugabe sono vecchi compa-gni rivoluzionari nella loro lotta con-tro le regole dell’Apartheid in SudAfrica e Zimbabwe, conosciuto comeRhodesia, prima della sua indipen-denza. Mbeki, che con la sua nazione,

SCENARI FUTURIPER LO ZIMBABWEddii GGiioorrggiioo GGaassppeerroonnii

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presiede al momento il Consiglio diSicurezza dei 15 Stati Membri, affer-mava che il SADC (Sviluppo delleComunità dell’Africa del Sud) è ingrado di far fronte alla situazione dicrisi in Zimbabwe. Il SADC era inattesa che venissero resi pubblici irisultati delle elezioni.“Se la situazione si deteriorasse e lapace e la sicurezza fossero in pericolo,allora la questione dovrebbe essereesaminata dal Consiglio di Sicurezza”aveva detto Mbeki ai giornalisti. Maaveva anche aggiunto che “la soluzio-ne è nelle mani del popolo delloZimbabwe”.La proposta di rifare le elezioni, veni-va respinta dall’opposizione in quantoessi affermano che, loro, le elezioni lehanno vinte, come affermava MorganTsvangirai, che subito dopo le elezio-ni si era portato in Botswana. In risposta, il governo Mugabe loaveva accusato di fare il gioco dellenazioni occidentali. Sia gli USA chel’Inghilterra come la CommissioneEuropea volevano l’immediata pub-blicazione dei risultati elettorali del29 Marzo. Il Segretario di Stato ame-ricano, Condoleezza Rice avevadescritto la situazione deprecabile edaveva criticato aspramente la posizio-ne dell’UA: “È ora che l’Africa reagi-sca”, affermava la Rice, “dov’è lapreoccupazione dell’UA e delle nazio-ni limitrofe allo Zimbabwe di ciò chesta realmente accadendo in quelpaese?”Il primo ministro britannico, Gordon

Brown aveva anch’egli rilasciato unadichiarazione nella quale affermavache il mondo deve fermare Mugabedal rubare le elezioni ed aveva aggiun-to che è necessario un monitoraggiodelle N.U. sulla situazione. “Nessunocrede”, affermava al Summit N.U.-UA, “che fra coloro che erano presen-ti ai seggi elettorali, il presidenteMugabe avesse vinto le elezioni. Unaelezione rubata non è assolutamenteuna elezione democratica”.In disaccordo con gli USA e la GB alSummit, due altre nazioni con dirittodi veto, sono la Russia e la Cina. Sisono astenute dal fare dichiarazionipubbliche al Summit. Comunque,diplomatici di entrambe le nazioniaffermavano però che le organizzazio-ni regionali come l’UA mostrano piùdeterminazione a risolvere i problemiafricani. Il leader dell’opposizione inZimbabwe chiede che la comunitàinternazionale blocchi l’invio di armialla sua nazione, anche se, al riguardo,non c’è alcuna risoluzione delConsiglio di Sicurezza riguardo l’em-

bargo di armi allo Zimbabwe.Il Segretario Generale delle N.U.,Ban Ki-Moon si era tenuto in granparte neutrale: dichiarava però che “leautorità dello Zimbabwe e le nazionidella regione avevano insistito chequeste problematiche venissero risoltedalla regione. Ma la ComunitàInternazionale continua ad aspettareazioni concrete”.“La credibilità del processo democra-tico in Africa potrebbe essere messo indiscussione in questa situazione”,affermava al Summit Ban Ki-moon,“se ci fosse un secondo turno elettora-le, deve essere condotto in modo tra-sparente e corretto, con osservatoriinternazionali”. Ora la data per un secondo turno elet-torale è stata fissata per il 27 Giugno.Speriamo che quanto si auspica ilSegretario Generale dell’ONU, BanKi-Moon, avvenga davvero anche sele minacce e gli arresti verso gli espo-nenti dell’opposizione continuano adavvenire nell’avvicinarsi della datadelle elezioni.

LE NAZIONI UNITE PER SALVARE I BAMBINI SOLDATO

Una recente ondata di violenza tra gruppi ribelli e il governo delBurundi ha evidenziato la necessità di lanciare un appello per salvare ibambini arruolati per combattere nel conflitto.Il rappresentante speciale del segretario generale delle N.U. per i bam-bini in conflitti armati, Radhika Coormaraswamy, ha chiesto il rilasciodi circa 500 bambini che sono stati arruolati dal gruppo ribellePaliphetu-FNL del Agathon rwasa.Coormaraswamy, nel suo rapporto, afferma che la recente ondata di con-flitti, nonostante un chiaro accordo di cessare il fuoco firmato nel 2006,ha creato una situazione urgente che riguarda specificamente i bambi-ni. “Lo scoppio di nuovi combattimenti fra le opposte fazioni provaancora una volta che c’è bisogno di separare velocemente tutti i bambi-ni dalle forze combattenti anche prima che un accordo finale sia firma-to” ha affermato Coomaraswamy in un comunicato stampa recente.

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23ETICA E SOCIETÀ

La conferenza, sponsorizzata daiVeterani del kenya per la Pace,con il sostegno delle corpora-

zioni locali, è stata tenuta nello stessogiorno in cui il parlamento keniotaera in riunione con lo scopo specificodi portare un termine allo stallo poli-tico e all’agitazione civile che ha col-pito la nazione fin dalle dispute presi-denziali per le elezioni del 27 dicem-bre 2007.La soluzione è stata progettata in con-sultazione con l’ex SegretarioGenerale dell’ONU Kofi Annan, cheè stato chiamato per stabilire un’al-leanza governativa. Quindi, in soste-gno al Presidente e Vicepresidente, cisarà ora un Primo Ministro e duedeputati Primi Ministri. Lo sfidantedel Presidente Mwai, l’OnorevoleRaila Odinga è stato nominato PrimoMinistro Designato il 18 marzo.Il Segretario Generale della UPF Dr.Thomas G. Walsh è diventato ilprimo visitatore straniero, dopo lostorico accordo di pace, a convocarel’On. Raila Odinga e la Sig.ra IdaOdinga, che sono stati ambedue coin-volti nel lavoro della UPF durante ilcorso degli ultimi anni. Il nuovoprimo ministro ha spiegato che hatrovato i principi di pace della UPF“molto utili”, in un tempo di crisidisperata.La conferenza di due giorni è statal’ultima delle serie di Conferenze

Internazionale per la Leadership incorso, tenute sul tema “Verso unnuovo paradigma di Leadership eBuon Governo per la Pace e loSviluppo.” Fra i presentatori v’eranoil Dr. Walsh, l’AmministratoreFiduciario della Fondazione del kenyaMahatma Ghandi, Dr. ManuChandaria, il Presidente di “Realizingthe Dream” Martin Luther King III,Insu Choi della FederazioneInternazionale dei Giovani per la Pacenel Mondo, il Segretario Generaledella UPF-Africa Rev. MwalaghoKililo e il Presidente della UPF delkenya Dr. Hee Sun Ji.Il Dr. Chandaria ha parlato diMahatma Ghandi, dell’ispirazioneper la fondazione e lo sviluppodell’Università di Nairobi. In onorealla presenza di Martin Luther KingIII, ha posto l’accento sull’influenzadi Gandhi sull’importante guida nonviolenta sui diritti civili del Dr.Martin Luther King Jr.Martin Luther King ha par-lato sull’eredità non violentadi suo padre e sua madre edell’ideale di una “amorevo-le comunità” di pace. Comepresidente dell’Associazione“Realizing the Dream”, ilDr. King ha invitato i 1000partecipanti della ILC adiventare Ambasciatori diPace. Ha dichiarato: “A

volte dobbiamo assumere delle presedi posizione non perché esse sonopolitiche o popolari, ma perché sonogiuste.” Ha aggiunto che dobbiamoimparare a “guidare con amore”, edespresso appassionatamente il biso-gno di una visione interreligiosa edella sfida di trasformare i sogni inrealtà. Inoltre King ha elogiato ladecisione del Presidente Kibaki edell’On. Odinga di formare una coali-zione governativa.In particolare la UPF-Africa e laUPF-Kenya si stanno sviluppando inmodi sostanziali e molto incoraggianti.Inoltre, le Conferenze Internazionalisulla Leadership continuano ad essereuna forza principale per promuovereun buon governo di pace. Nel dialogocon diversi parlamentari, il Dr. Walshe il Rev. Kikilo hanno riportato l’esi-stenza di uno spirito di grande spe-ranza e di risoluzione a lavorare perun futuro prosperoso e pacifico delKenya.

UN GIORNO DI PACE IN KENYA

Come risposta alla recente crisi in Kenya, l’UPF-Africa ha riunito

insieme nel Centro Internazionale diConferenze a Nairobi un gruppo di

800 leaders della società keniota perconsiderare urgentemente la visione,

i principi ed i programmi dell’UPFche possono contribuire ad una

pacifica risoluzione dei conflittiDDrr.. FFrreeddeerriicckk WWaakkhhiissii,, SSeeggrreettaarriioo GGeenneerraallee UUPPFF--KKeennyyaa

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24 INIZIATIVE

Nel mio recentissimo breveviaggio negli Stati Uniti,invitato ad una “Conferenza

internazionale sulla leadership”, dallaUniversal Peace Federation, ho avutomodo di affrontare e percepire situa-zioni interessanti anche se apparente-mente distinte. La prima riguarda laconferenza vera e propria, tipicamen-te statunitense ma non esclusivamen-te statunitense, in quanto tenta dirifondare il valore della famiglia e direndere la famiglia esemplare pertutta l’umanità: come nella famigliasi cerca l’armonia o si dovrebbe cer-carla così tutti gli uomini dovrebberovivere o cercare l’armonia.Un’armonia dovuta anche al fatto cheviene sostenuta la figliolanza di tuttigli uomini da Dio e pertanto sostan-zialmente tutti e ciascuno apparter-remmo alla stessa famiglia. “Onefamily under God”, costituiva il basi-lare punto d’arrivo della Conferenza.Appendice essenziale di questa teoriz-zazione è l’idea che le religionidovrebbero farsi protagoniste del dia-logo, in quanto, veniva detto, solo sele religioni prendono tale meta si puòstabilire una pace universale, da ciòche i leader del mondo, specialmentequelli religiosi, devono farsi membriattivi del dialogo tra le religioni a finidella pace. Veniva nettamente distin-ta la pace dal pacifismo, che sarebbeacquiescenza a ogni cessione. Per gliintervenuti alla Conferenza le religio-ni non differiscono nella sostanza deivalori morali, dunque è assurda unaloro contrapposizione.Accanto a questa Conferenza certa-mente rilevante nella sua problemati-ca attualità, ho avuto modo di avererapporti con una ampia rappresentan-za di partecipanti da tutto il mondo equello che ne viene fuori è che ormainon c’è angolo che non abbia preteseo effettività di sviluppo.Sorprendente la presenza degli africa-ni e dei sudamericani, vivace, conpiena coscienza della loro volontà diavanzamento e con un fortissimo spi-rito di indipendenza che non direisoltanto nazionale ma di autosuffi-cienza, di aver la capacità di far da sé,

di non dipendere da nessuno. Sonoconvinto che il semplice fare incon-trare individui di ogni luogo è feno-menale per la convivenza e la com-prensione. La Conferenza si è tenuta aStamford, nel Connecticut.All’esterno della Conferenza mi fupossibile di visitare città e di collo-quiare con degli statunitensi. Innanzitutto New York, meravigliosa città,per quanto la si conosca sorprende pergli immani spazi, l’equilibrio podero-so e consolidato dei grattacieli e deiponti e un’atmosfera di vivacità,dinamismo che incarna lo spiritoamericano, è inutile parlare di altrecittà che ho visto, non è questo loscopo del mio viaggio. Interessanteinvece notare che ciò che noi credia-mo la fase critica degli Stati Uniti èpercepita localmente in manieramolto diversa. Taluni ritengono cheormai gli Stati Uniti si volgono alPacifico e, ad esempio, la debolezzadel dollaro nei riguardi dell’euroavrebbe per loro, ritengono, soltantovantaggi in quanto impedisce agliamericani di comprare in Europa.Facevo notare che però non si avvan-taggiano degli acquisti europei poi-ché il costo della vita anche con lanostra moneta molto valutata non èbasso per un europeo, tutt’altro. Mirispondevano che i loro commerci

sono ormai soprattutto con la Cina, laquale compra alta tecnologia dagliStati Uniti. Facevo ulteriormentenotare a mia volta che i negozi degliStati Uniti straripano di merci cinesie dunque essi rischiano da un lato dinon vendere in Europa, dall’altro diimportare troppo dalla Cina. Per quelche riguarda la famosa crisi dei mutuimi dicevano che in fondo è un norma-le atto di riduzione della competiti-vità, nel senso che molti individuiche hanno fatto il passo troppo lungone pagano le conseguenze. Insommauna della fasi normali della concor-renza e della lotta della vita in cui gliamericani sono maestri. Non sapreiche dire, non ho colto se la crisi è piùpossente di quanto sembri e più radi-cale. Resta il fatto che pure con qual-che preoccupazione più o meno evi-denziata vi è un assoluto senso di mis-sione degli Stati Uniti, gli americaninon rinunciano a considerarsi investi-ti della missione della libertà e delprogresso e meno che mai a conside-rare diminuita la loro missione diguida del mondo. Il “tono” profetico,religioso dei loro discorsi lo palesa. Equest’ultima è l’impressione più con-sistente che ho tratto dal mio viaggio.Gli americani si sentono come semprei missionari del benessere e dellademocrazia. E di Dio.

CONFERENZE INTERNAZIONALISULLA LEADERSHIPddii AAnnttoonniioo SSaaccccàà

Assemblea Generale dell’UPF a New York lo scorso settembrein occasione dell’inaugurazione delle Nazioni Unite Abele

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Quando fui nominato “Ambasciatoredi Pace” dal rappresentantedell’Universal Peace Federation, fuisorpreso dell’onore che mi veniva

fatto con questo inatteso riconoscimento.Provai la sensazione di essere statorichiesto, di essere particolare, all’inter-no del sociale in cui avrei vissutoimmerso totalmente.Ma ho anche realizzato che dovevo solocontinuare ad essere quello di sempreche proprio con il mio modo di vivere lavita, ero stato considerato un esempioetico e quindi, una guida, a quanti miconoscevano e stimavano già.Ero stato chiamato, per essere esempiodi persona di “Pace”, ed è necessario chenel mio intimo io debba contenere lapace nel mio spirito, nel profondo delmio intimo, congiuntamente al senso diservizio per il bene del prossimo.Maggiormente importante è chel’Ambasciatore di Pace, non tenga pri-mieramente in conto il suo “Ego”, maabbia constante l’attenzione al prossimo,ai suoi bisogni, ed anche operare peralleviarne pene e necessità di vita.Deve coltivare un altruismo attivo, enon sterile a parole, ma confortato daopere e fatti, che è cosa che fa di ognipersona un “Ambasciatore di Pace”.Vivere nella società con la sensibilità cheproviene dall’amore che si dona all’altroin forma altruistica in quanto lo consi-dera “Fratello in Dio”.Dimentica di notare le differenze biolo-giche dovute all’etnia, ma quindi, e nonsolo perciò, pronto a supportare i diffe-renti “Bisogni”, le Speranze, ilDesiderio di vivere una vita nel rispettodella dignità umana, e fare di queste esi-

genze il proprio vademecum per cancel-lare quelle diversità, che il passato stori-co dell’umanità, ha messo in essere perragioni di sfruttamento dell’uomo sul-l’uomo solo per ragioni di “mercato”,quindi del puro ignobile egoismo per-verso e cieco alle ragioni che voglionogli uomini tutti riconoscibili come“eguali con pari dignità, diritti e doveri”.Ecco che l’Ambasciatore di Pace, diven-ta il fulcro sul quale, la leva fa perno perun progresso umano fatto di rispetto ditutti per ognuno, e di ognuno nelrispetto di tutti.Le armi che l’Ambasciatore di Pace devemettere in campo sono, il rispetto, l’a-more, il senso di fratellanza, la disponi-bilità, il concetto di eguaglianza a pre-scindere dal colore della pelle, dallostato economico, dal progresso civile incui ogni popolo opera, dalla fede religio-sa alla quale si rapporta, ma essere mem-bro sollecito nel sentirsi parte di ognipopolo, a prescindere dall’idioma concui si esprime, dagli usi e costumi dovu-ti alla patria di appartenenza.L’Ambasciatore di Pace, può e deve tra-smettere il concetto di “Pace” fra gliuomini, non solo con l’esempio del suotenore di vita etico e morale, ma con lacondivisione delle sue conoscenze peraiutare ad elevarsi a coloro che non leposseggono, perché uno dei maliprofondi di un qualsiasi popolo è nellanon conoscenza dei valori espressi dauna cultura, che non può ne deve esseresolo riservata ad una elite, che ne faarma di sfruttamento.Un Ambasciatore di Pace, non deve fareproselitismo, ma deve accettare che“l’Altro” possa e debba conservare la suafede diventando “Il Migliore” nell’am-bito di quella fede, ma pieno di rispettoe comprensione per ogni credo che possarisultare diverso dal suo.L’Ambasciatore di Pace, è colui che conil suo esempio lascia che le divisioni sto-rico-politiche, finiscano per non trovarepiù la ragione d’essere.L’ambasciatore di Pace, deve avereanimo predisposto alla generosità, allacomprensione, ad avere e coltivare unanimo di “Charitas”, nell’accezioneprofonda del suo significato latino di

25INIZIATIVE

AMBASCIATORI DI PACE. CHI SONO?ddii RReennaattoo PPiicccciioonnii

Cav. RENATO PICCIONISuperno Ordo

Equestris TempliAmbasciatore di PacePresidente Accademia

Culturale Sammarinese “Le Tre Castella”

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Come poter definire esaustivamente il concetto letterario di“Poesia”? È forse il pensiero filosofico che ha dato all’uomo il concettodell’espressione poetica dal suo pensiero stesso?Perché concettualmente, è la Poesia l’espressione letterariache, servendosi della “parola”, sia nel suo etimo che nellacostruzione sintetica del pensiero, induce con la sonorità dellaparola stessa ad essere canto espressivo dell’animo e del suostesso esistere, quale spiritualità nella materialità dell’uomo.Come nella musica, anche nella poesia, la misura metronomi-ca fa evolvere il pensiero in canto e quindi asserve la musica-lità della parola alle vibrazioni del suono, come misura mate-matica.I versi di una poesia si qualificavano numericamente in silla-be fino alla rivoluzione dei novecentisti che riportarono lapoesia all’espressionismo ellenico tornando a valorizzare ilverso libero ancorché musicalmente supportato dal suono sil-labico della misura di una cesura rispettosa della musicalitàdel canto dei fonemi.I concetti espressi in poesia sono di per se l’intimo sofisma chel’animo o se volete il pensiero spirituale di ognuno può can-tare.Le tematiche possono essere le più varie, ma sempre dalla spi-ritualità prende la sua genesi in quanto è il “pensiero” in col-legamento con il “cuore” che recepisce l’ispirazione a creare iritmi del canto poetico.La poesia può diventare proiezione di una rivelazione del pen-siero proprio del poeta o recepito, da questi, da elaborazionialtrui, ma introitato e, quindi, reso fruibile in quanto com-prensibile, ma difficilmente esaustivamente spiegabile se nonin lunghi ed estenuanti trattati.Un esempio eclatante è un verso del Poeta GiuseppeUngaretti che, in tre parole, ha espresso una vastità enormedel pensiero umano quando scrisse: M’illumino d’immenso.Tutti conoscono il verso, tutti ne hanno parlato, tutti hannocercato di darne un resoconto che fosse completo, tutti conti-nuano a discettarne esprimendo anche relazioni in contrappo-sizione le une con le altre, ma nessuno c’è riuscito appieno afarlo, perché nel suo ermetismo, l’Ungaretti, è stato comple-to ed esaustivo di per se, nel suo breve verso più di ogni trat-tato che lo possa riguardare.La sola lettura di quel verso-poesia, porta ogni lettore aprofonde riflessioni per una considerazione ed una rivelazionedata da una ricerca dell’intimo umano che non sarà mai defi-nitiva, perché soggettivo è l’incipit che da quel verso ognunoriceve, ma sarà sempre foriera di una evoluzione continuadella ricerca innovativa del proprio pensiero in relazione alverso stesso.

PARLANDO DI POESIAddii RReennaattoo PPiicccciioonnii

amore fatto di accoglienza con il sorri-so, fatto di condivisione per capire,fatto in poche parole d’amore, perchélà dove l’amore mancasse, tutto ilresto non avrebbe porte aperte perentrare in contatto con il sensoprofondo dell’animo. E l’Anima, ha per certo il compito difornire l’energia spirituale e vitale adun corpo, ma costituisce la partemigliore della vita di ciascuno, inquanto, è la “Scintilla Divina” con laquale Dio ha voluto distinguerel’Uomo, dal resto delle creature viven-ti parte della Creazione. È compitopreciso di ogni “Ambasciatore diPace” fare, della propria anima, il farodel concetto base della realizzazione diuna umanità in cui la Pace dovràcostituire l’avvento della ragione prin-cipale della Creazione, in quanto Dio,ha si creato l’uomo, ma per farne erededi tutta la sua opera divina, che da Diola riceve in momentaneo prestito, e,quindi, non potrà possederla, ma ha ildovere primario di migliorarla perpassarla, poi, in eredità alle futuregenerazioni.Il compito dell’Ambasciatore di Pace,se lo si guarda con timore di nonesserne all’altezza, sembrerà una mis-sione impossibile, e potrebbe ancheesserlo, ma solo se non lo si affrontacon la formula semplice che con l’a-more che si possiede, lasciamo che nediventi il maestro, ed allora qualiallievi diligenti faremo tutto quantosaremo amorevolmente disposti adare, senza mai nulla chiedere, e comesempre ci renderemo conto che è l’a-more che compie il miracolo e noi gliAmbasciatori di Pace, siamo solo chia-mati a darne semplicemente testimo-nianza educatrice, quale unico insosti-tuibile tramite.

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Ogni poeta con la sua poetica, guidail fruitore ad una ricerca di se stesso,perché nel pensiero poetico tuttipossono riconoscersi e riconoscervila propria esigenza di conoscenzaspirituale.La materialità umana è il “conteni-tore” dello spirito che ha sede nelcuore, ed il cuore connesso al cervel-lo, cioé alla sede del “pensiero”, fadell’uomo un “continuum” con ilCreatore che ne ha concessa lafacoltà.Il materialista che non ha fede inDio è come un claudicante che vuolvincere una corsa, tal come una per-sona che abbia fede, ma non tiene inconto il dualismo della creazionespirituale con la materia, che lo faràaltrettanto claudicante e, quindi,perdente della corsa alla conoscenza.Corpo e anima, spirito e materia,sono il complesso unico della crea-zione che, essendo foriera di intellet-to e quindi di curiosità per aprirsialla conoscenza, completa il suocorso con l’elevazione la letteraturain genere ma la poesia in particolare,e l’arte sublime del comporre musi-ca a tutti i livelli.È auspicabile che l’educazione cultu-rale dei popoli sia più attenta all’in-cremento della spiritualità senza perquesto abbandonare la via dellapragmaticità che rende benefici alvivere e convivere, ma con il rispettodelle esigenze e dello spirito e delcorpo in egual misura.Per quanto attiene ai concetti ispira-tori e regolatori del fare poesia, cometutto nella vita, è in continuo evol-versi e divenire, per cui sempre tro-veremo gli ispirati innovatori che cisaranno maestri, come lo furono findalla notte dei tempi quanti, con leloro opere letterarie lasciateci in ere-dità, hanno contribuito ad ampliareil nostro bagaglio culturale.

27INIZIATIVE

BANDIERA COME ARCOBALENO

Bandiera come arcobalenosventola l’annuncio

di altra guerrasette i colori

le armi della pacea ricomporre luce

batte come aliin attesa di virarequando interdette

tacciono le vocima altre incalzano

dai rotoli del tempouna per tutte

è di Carrera Andrade“Sobre mi corazòn firman los pueblos

un tratado de paz hasta la muerte”di pace è fatto il cuore

e i suoi segreti.

Anna Maria Bracale Ceruti

La pace, un bene che dovrebbeessere prerogativa di tutte le nazio-ni, di tutti gli uomini, di tutti icuori, perché non c’è stato d’animopiù appagante del sentirsi in pacecon se stessi e con il prossimo. Chicoltiva la pace sorride, opera congioia, la comunica. E, così facendo,contribuisce al bene dell’umanità.Dovrebbe essere la nostra stessacondizione ad affratellarci e addi-tarci sentieri verso convivenze paci-fiche, pressati come siamo dalleurgenze del villaggio globale,realtà di questo millennio.Il mio io si nutre di sentimentiprofondi; non potrei scrivere se, almomento di riempire il foglio, ilmio cuore ne fosse lontano. Infattiin poesia non si può barare, nonesprimi solo le tue opinioni, maemozioni che sono alimentate daituoi pensieri dalle tue riflessionisul senso dell’esistere, filtrate daisentimenti. L’ispirazione collima

con le istanze del momento e con levoci della tua epoca. La presa dicoscienza della situazione contin-gente del mondo guida la tuamano, e fa sì che tu possa essereinterprete della storia.Ogni epoca ha generato poeti che sisono ispirati alla pace. Voglioricordarne uno, Carrera Andrade,voce altissima del mondo ispanoa-mericano del ’900. I suoi versi mifecero traboccare di passione quan-do li lessi, e per celebrarlo ho inse-rito una citazione nella mia poesia“Bandiera come Arcobaleno”.La sua scrittura, pervasa di nostal-gia per la sua terra, raggiunse ilculmine nel periodo della secondaguerra mondiale. Egli lanciò ungrande messaggio di fraternità,facendo sua l’ispirazione supremadell’uomo alla pace universale, eadditandola con l’incisività dellaparola poetica.

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28 NEWS

Il 6 dicembre 2006 l’Assemblea Ge-nerale delle Nazioni Unite (nellaSixty-first Session Distr. GeneralA/61/611) ha adottato la “Conven-zione sui Diritti delle Persone conDisabilità”, un Documento di va-lenza internazionale sottoscritto da191 Paesi aderenti all’ONU edanche per l’Italia dall’Ex Ministrodella Solidarietà Sociale Paolo Ferre-ro e dal Sottosegretario dello stessoDicastero. La “Convenzione” è stataelaborata con la ferma intenzione disostituire le politiche caritatevoli edi welfare dei vari Paesi obbligati adabolire leggi che costituisconoforme di discriminazione nei con-fronti dei “diversamente abili”.Infatti la “Convenzione” non tutelaformalmente e concretamente il di-ritto di “ malato”, perché la “Cart”segna un distacco da un approcciomedico-assistenziale ad un approc-cio legato ai soli diritti umani.Quindi un impegno condiviso e co-stante nella difesa della dignità e

dei diritti, anche quello del dirittoalla vita, che si esplica attraversouna assistenza concreta nella pro-mozione individuale e sociale dellepersone portatrici di ogni genere didisabilità.Purtroppo nella “Convenzione” nonsono emerse “norme specifiche”verso i malati psichici, che come“tali”, non possono partecipare alleattività sociali e culturali, conti-nuando a trovare ostacoli, anche inItalia nella legislazione (legge 180 e833 del 1978) che impedisce, inmaniera pratica e prioritaria al vive-re sociale soffrendo di continue vio-lazioni dei loro diritti che si trasci-nano da ben 30 anni, e quello chenon è condivisibile è il volere asso-ciare il malato fisico con il malatomentale. Infatti per il primo sussi-stono possibilità di inserimento so-ciale e lavorativo, nel secondo sipossono attuare cure specifiche, manon si possono prevedere né tempidi recupero, né proposizioni di in-

UNA GRAVE OMISSIONE A DANNO DI TUTTI I DISABILIDDeell DDootttt.. FFrraannccoo PPrreevviittee

STUDIO: COMBATTERE L’HIV

CON LA CIRCONCISIONE

MASCHILE

Boston - Ricercatori USAhanno affermato che il pro-gramma di prevenzione inAfrica sul virus HIV, dovreb-be promuovere la circoncisio-ne maschile e scoraggiarepartner multipli.Studiosi della scuola diHarvard per la salute pubbli-ca e l’università della California,Berkeley, hanno analizzato lestrategie di prevenzione inmolte parti dell’Africa conalte percentuali di HIV edhanno concluso che i duemetodi meno pubblicizzati:circoncisione maschile e lariduzione di molteplici part-ner devono diventare la basedella prevenzione del virusdell’HIV in quel continente.I ricercatori dicono che altrestrategie come la promozionedi preservativi, il test HIV, iltrattamento delle malattiesessualmente trasmesse, vac-cini e ricerche microbicide eastinenza, stanno avendo unimpatto minimo e alcunedelle affermazioni sottoscrittenon sono supportate da unarigorosa evidenza scientifica.Le scoperte dei ricercatorisono pubblicizzate in Scienza.“nonostante importanti inve-stimenti nella prevenzionedell’AIDS da qualche annoormai, includendo la spesaenorme in alcune delle zonepiù colpite come il Sud Africae il Botswana, è chiaro cheabbiamo bisogno di miglio-rare molto, a livello qualitati-vo, il nostro lavoro per ridur-re la percentuale dell’AIDS”afferma l’autore DanielHalperin di Harvard.“Abbiamo bisogno di ungrande cambiamento nellepriorità non soltanto un cam-biamento di facciata”.

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29NEWS

tendimenti lavorativi che richiedonocoesione di intelletto e responsabi-lità.Oltre 450 milioni di persone nelmondo, soffrono di affezioni menta-li, neurologiche od a causa di pro-blemi comportamentali, ed il 64%degli Stati membri dell’ONU nonha mai emanato alcuna legge in“materia” o possiede una normativache può essere considerata superata.Un aspetto, non ultimo, non affron-tato dalla “Convenzione”, riguarda il“progetto di vita” che emerge convera drammaticità, quando viene ilmomento del “dopo di noi” sfioratodall’art. 12 punto 5, cioé l’assenzadella sicurezza economica di quantidevono proseguire il vivere quoti-diano, dopo la morte dei genitori oparenti del “malato”, e del “duran-te”, che in Italia con euro 246,73 almese consente solo di sopravvivere. Il nostro Paese doveva procedere allaratifica della “Convenzione”entro il2007, perché secondo notizie deimass media, l’allora Ministro Ferrerosi era “impegnato a ridurre i tempied a promuovere le indispensabilimisure legislative per la concreta ap-provazione dell’Accordo”.Ma il provvedimento legislativo diratifica da sottoporre all’approvazio-ne del Parlamento entro il 2007 d’i-niziativa del Governo Prodi, non viè stato, per costituire principi,obiettivi e regole in sintonia con la“Convenzione”.Ratificare quel Testo Giuridico In-ternazionale costituisce il passaggioobbligatorio per giungere alla effet-tiva entrata in vigore dei 50 articoliche definiscono traguardi e politicheanche di natura nazionali, indispen-sabili per regole chiare sulla non di-scriminazione e la promozione dellepari opportunità, elementi necessariper adottare dei veri e propri doveripratici, impegnando all’art. 4 gliStati, come l’Italia, “ad adottare ap-propriate misure legislative”, cheper i malati psichici mancano da ben30 anni!Il 23 marzo 2007 con lettera da noiinviata al Segretario Generale dellaNazioni Unite dr. Ban Ki-Moonavevamo richiesto l’indizione di una“Giornata Mondiale sulla Salute

Mentale” e per inserire un emenda-mento alla “Convenzione” per il ri-conoscimento giuridico della malat-tia mentale.Ci fu risposto (Vittoria Beria-Secre-tariat for the Convention of Righysof Persons with Disabilities Divisionfor Social Policy and DevelopmentDESA United Nations Secretariat 2UN Plaza, Room DC2-1374 NewYork, NY 10017 USA 5 aprile2007), che questi emendamenti de-vono essere presentati da uno Statomembro delle Nazioni Unite, Italiacompresa, come pure quella per l’i-stituzione di “Giornata Mondialesulla salute mentale”.

Si chiede al Governo Berlusconidi voler considerare prioritarionei 100 giorni di Governo:1) la ratifica della “Convenzione sui

Diritti delle Persone con Disabi-lità”, (Distr. General A/61/611);

2) emendamento dove viene rico-nosciuto il termine giuridico-so-ciale di handicappato mentale(come recita la legge italianaart.104/1992), perché l’Italia,quale membro delle NazioniUnite può proporlo in base al-l’art.47 della “Convenzione”

3) richiesta indizione di una “Giorna-ta Mondiale sulla salute mentale”.

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Le parole stanno a zero se i signi-ficati che veicolano non sonosostenuti dai fatti. Qualche mese

fa, nel corso di una conferenza stampa,è capitato di ascoltare Don LuigiCiotti, il fondatore di Libera (associa-zione che promuove la lotta contro lemafie), denunciare il fatto che a orga-nizzare diversi dibattiti contro la mafiafossero gli stessi appartenenti allecosche. “Perché le parole stanno a zero”trapelava da chi in quei dibattiti sitruccava da accusatore mascherandoinequivocabili i tratti dell’accusato.Premessa utile a introdurre il senso - ei significati - del “Trofeo della Pace”,campionato di calcio a 7 quest’annoalla sua terza edizione. Le finalità del-l’ente organizzatore, la sezione diMonza della federazione internazionaleinterreligiosa per la pace nel mondopresieduta da Carlo Chierico, sono lapromozione dei diritti umani, l’inte-grazione tra differenti gruppi etniciche abitano un medesimo territorio, ela pace. Parole costrette a rimanere unideale invito alla fratellanza se non fos-sero sostenute da una serie di iniziativeche danno sostanza e significato al mes-saggio. Federazione interreligiosa, s’èdetto. E allora al torneo partecipano,dal 30 marzo scorso all’8 giugno, rap-presentative che realmente fotografanoalcune tra le innumerevoli confessionireligiose presenti sulla terra: tre italia-ne, una mista del Sud Africa, il Perù ela Bolivia (cattolici o spirituali laici), ilTibet (buddisti), due egiziane,l’Algeria, il Senegal, il Marocco, unamista del Nord Africa e il Bangladesh(musulmani e induisti riferendosiall’ultima nazione citata), e ancoral’Ucraina (cristiani ortodossi). Perchéinnanzitutto dal confronto con “altre”religioni, o dalla semplice osservazioneripulita dai pregiudizi, può svilupparsiun’autentica spinta a desiderare la con-

vivenza tra differenti confessioni.A proposito di diritti umani è carica disignificati la partecipazione al “Trofeodella Pace” del Tibet. Al di là dell’op-portunità o meno di boicottare iGiochi Olimpici di Pechino 2008 inrisposta all’occupazione cinese del ter-ritorio tibetano, e al successivo tentati-vo della Cina di annullare il tessutosociale, culturale e religioso dellapopolazione che lo abita, resta evidenteche in Tibet il governo di Pechino eser-citi un’illegittima politica di espansio-ne. E la partecipazione al Torneo deiragazzi tibetani porta con sé la rifles-sione in merito al sostanziale disinte-resse di larga parte della comunitàpolitica internazionale a propositodella questione tibetana. Nell’ambito del rispetto dei dirittiumani rientrano anche i diritti dellavoratore. In tal senso è significativa lascelta dei palloni da utilizzare durantele partite: sono messi a disposizionedall’ente “Diritti in gioco”, che si battecontro lo sfruttamento minorile sullavoro. Le cuciture dei palloni nonsaranno insomma frutto del lavoro dibambini, come invece è successo ineventi sportivi ben più importanti. È una forma di educazione, un “sem-plice” appello alla sensibilità altrui, ma

anche la decisione di sostituire imme-diatamente il giocatore che bestemmiain campo contribuisce a dare un sensoal Torneo. Altre le violenze, anche ver-bali, da annullare prima della bestem-mia, ma è ovvio che nell’ambito di untorneo promosso da un’associazioneinterreligiosa possa stonare una partitadi pallone giocata con l’eco di continueimprecazioni a sfondo religioso. Un“vaffa” qui e là sarà sufficiente a sfoga-re le piccole tensioni che genera unapartita...Si gioca sui campi della Dominante aMonza e su quelli dei comuni diAgrate, Villasanta, Brugherio eCologno Monzese. Si chiude il 15 giu-gno, una settimana dopo la fine del tor-neo programmata l’8, con una festa allacascina Costa Alta del parco di Monza. Intanto, domenica 30 marzo, si è svol-ta la giornata inaugurale del torneo.Sul campo della Dominante l'Egitto1ha sconfitto per 7-4 Italia2. Mentrealla cascina Bassa si è svolta la festa d'a-pertura con la condivisione di ciboetnico preparato dagli stessi parteci-panti. Domenica 6 aprile infine si sonogiocate altre tre partite: Italia1 -Bolivia 4-4; Egitto2 - Bangladesh 6-3;Italia Cral - Tibet 10-4.

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MONDO INTERO - 12 APRILE 2008TROFEO DELLA PACESi gioca sui campi della Dominante a Monza e su quellidei comuni di Agrate, Villasanta, Brugherio e Cologno Monzese. 8 giugno 2008ddii AAlleessssaannddrroo BBaarreettttii

Il Nord-Africa Egitto è la squadra vincitrice della III Edizione del Trofeo della Pace

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La terza edizione del torneo interetnico di calcio a7 organizzato dalla IIFWP/UPF Monza, con il con-tributo della Provincia di Milano e l'adesione e ilpatrocinio dei Comuni di Monza - Agrate B. -Brugherio - Cologno M. e Villasanta è iniziatadomenica 30 marzo con un momento di festa econvivialità alla Cascina Costa Bassa all'interno delparco di Monza, con la condivisione di cibo interet-nico preparato e portato dagli stessi partecipanti.Poi si è giocato tutte le domeniche pomeriggio,fino alla finalissima di domenica 8 giugno presso ilcampo della società sportiva “La Dominante” aMonza. Quest'anno le squadre partecipanti sono 16con quasi 200 giocatori tra cittadini italiani e dialtri Paesi, in rappresentanza di molte delle comu-nità straniere residenti sul territorio provinciale.Come organizzatori ci siamo posti obiettivi di con-divisione, integrazione e conoscenza dell'altro chela passione comune per il calcio indubbiamentefavorisce. Ci sembra che la stragrande maggioranzadei giocatori siano entrati pienamente nello “spiri-to fondante” del torneo, arrivando ad esprimereattraverso lo sport un vero messaggio di pace.Le partite si sono giocate con tanto divertimento daparte di tutti, si sono segnati moltissimi goal e aldi là dell'aspetto tecnico, che non siamo in grado digiudicare, un forte e sano agonismo è stato semprepresente.Per quanto riguarda i risultati sportivi, ilNordAfrica Egitto è la squadra campione 2008, inuna finalissima molto più incerta di quanto il risul-tato faccia supporre ha sconfitto il Senegal per 5 a3, mentre la finale per il terzo posto è stata vintanettamente dal Marocco per 6 a 2 sull’Egitto2. Ladomenica si è conclusa la premiazione con coppe emedaglie per tutti i partecipanti, che poi hannofesteggiato insieme con il rinfresco finale sulcampo.Per ogni informazione si può consultare il sito webdedicato: www.trofeodellapace.org

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