nozioni di algebra - deifornasini/capitolo_1_09_10_ridotto__4...di algebra lineare e di geometria:...

67
Capitolo 1 Nozioni di Algebra Revisione 4/6/2010 Le parti asteriscate o racchiuse fra parentesi << * * >> non fanno parte del programma 2009/10 In questo capitolo introduttivo esporremo alcune nozioni di algebra che saranno oggetto di applicazione nei diversi capitoli di questa dispensa di Sistemi Multivariabili. La presen- tazione ha carattere non sistematico e d` a per acquisite da corsi precedenti alcune nozioni di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet` a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi, i razionali, i polinomi in una o pi` u indeterminate, gli spazi vettoriali. Per approfondimenti si rinvia ai testi citati nella bibliografia. 1.1 Anelli e matrici su anelli Definizione 1.1.1 [Anello con unit` a] Un anello (con unit` a) R ` e un insieme nel quale sono definite due operazioni binarie, dette addizione e moltiplicazione (indicate rispetti- vamente con i simboli + e ·) 1 . e dotato di due particolari elementi distinti 0 e 1, tali che (R, +, 0) ` e un gruppo commutativo (in notazione additiva), ovvero per ogni a, b, c R valgono le seguenti propriet` a a 1 ) (a + b)+ c = a +(b + c) (associativit` a) a 2 ) a + b = b + a (commutativit` a) a 3 ) a +0=0+ a = a (esistenza dell’elemento neutro) a 4 ) per ogni a in R, esiste b R tale che a + b = b + a =0. L’elemento b viene detto l’opposto di a e indicato con -a. 1 salvo che in questa definizione, nel seguito per brevit` a ometteremo il simbolo · per indicare l’operazione di moltiplicazione 1

Upload: others

Post on 31-Mar-2021

14 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

Capitolo 1

Nozioni di Algebra

Revisione 4/6/2010Le parti asteriscate o racchiuse fra parentesi << ∗ ∗ >> non fanno parte del programma2009/10

In questo capitolo introduttivo esporremo alcune nozioni di algebra che saranno oggettodi applicazione nei diversi capitoli di questa dispensa di Sistemi Multivariabili. La presen-tazione ha carattere non sistematico e da per acquisite da corsi precedenti alcune nozionidi Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le proprieta elementari di strutturealgebriche quali i numeri interi, i razionali, i polinomi in una o piu indeterminate, gli spazivettoriali. Per approfondimenti si rinvia ai testi citati nella bibliografia.

1.1 Anelli e matrici su anelli

Definizione 1.1.1 [Anello con unita] Un anello (con unita) R e un insieme nel quale

sono definite due operazioni binarie, dette addizione e moltiplicazione (indicate rispetti-vamente con i simboli + e ·) 1.

e dotato di due particolari elementi distinti 0 e 1, tali che

• (R,+, 0) e un gruppo commutativo (in notazione additiva), ovvero per ogni a, b, c ∈ Rvalgono le seguenti proprieta

a1) (a+ b) + c = a+ (b+ c) (associativita)

a2) a+ b = b+ a (commutativita)

a3) a+ 0 = 0 + a = a (esistenza dell’elemento neutro)

a4) per ogni a in R, esiste b ∈ R tale che a+ b = b+ a = 0.

L’elemento b viene detto l’opposto di a e indicato con −a.

1salvo che in questa definizione, nel seguito per brevita ometteremo il simbolo · per indicare l’operazionedi moltiplicazione

1

Page 2: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

2 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

• La moltiplicazione gode delle seguenti proprieta: per ogni a, b, c ∈ Rm1) (a · b) · c = a · (b · c) (associativita)m2) a · 1 = 1 · a = a (esistenza dell’elemento neutro).

• Per ogni a, b, c ∈ R valgono le proprieta distributive:d1) a · (b+ c) = a · b+ a · cd2) (a+ b) · c = a · c+ b · c.

Dalla proprieta distributiva segue che a · 0 = 0 · a = 0 per ogni a ∈ R. Diremo che unelemento a ∈ R e invertibile se esiste b ∈ R tale che a · b = b · a = 1. L’elemento b e dettoun inverso (moltiplicativo) di a. Quando esiste e unico, diverso da 0 (perche?) e vieneusualmente indicato con a−1.Un anello R e detto commutativo se la moltiplicazione gode della proprieta commutativa,ovvero a · b = b · a, per ogni a, b ∈ R. Nel seguito del capitolo, salvo contrario avviso, iltermine “anello” denotera sempre un anello commutativo

Definizione 1.1.2 [Domini (di integrita) e Campi] Un dominio (d’integrita) D e unanello in cui per ogni a ∈ D \ {0}, si ha ab = 0⇒ b = 0.Un campo 2 F e un anello in cui ogni elemento diverso da 0 e invertibile.

Esempio 1.1.1 Rispetto alle usuali operazioni di addizione e moltiplicazione

(i) l’insieme dei numeri interi Z e un dominio i cui unici elementi invertibili sono 1 e -1;

(ii) l’insieme N dei numeri naturali e l’insieme 2Z dei numeri interi pari non sono anelli;

(iii) per ogni n ≥ 1, l’insieme F[z1, z2, . . . , zn] dei polinomi nelle indeterminate z1, z2, ..., zn a coeffi-cienti nel campo F e un dominio. Quali sono i suoi elementi invertibili?

(iv) il sottoinsieme di F[z] costituito dai soli polinomi a potenze pari e un dominio.

(v) Se R e un anello e n un intero maggiore di 1, l’insieme Rn×n delle matrici di dimensione n acoefficienti in R e un anello non commutativo.

(vi) L’insieme C[0, 1] delle funzioni reali a valori reali, continue nell’intervallo [0,1], e un anellorispetto alle operazioni di somma e prodotto definite da

(f + g)(x) := f(x) + g(x) (fg)(x) := f(x)g(x).

E un dominio di integrita? Quali sono i suoi elementi invertibili?

• Esercizio 1.1.1 In un anello (non necessariamente commutativo) ab = b′a = 1 implica b = b′.

• Esercizio 1.1.2 (i) Se a e b sono elementi dell’anello R allora ab e invertibile se e solo se lo sonoa e b.

(ii) Se a e un elemento di un anello R tale che ab = 0 per qualche b ∈ R non nullo, allora a non einvertibile.

(iii) In un dominio di integrita vale la seguente regola di cancellazione: se ac = bc e c 6= 0, alloraa = b.

2Tale denominazione, dall’inglese inglese “field”, non e l’unica in uso: in letteratura si trovano anche“corpo”, dal tedesco “Korper”, e “corpo commutativo”.

Page 3: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.1. ANELLI E MATRICI SU ANELLI 3

• Esercizio 1.1.3 [Campi e domini] (i) Ogni campo e un dominio.

(ii) Ogni dominio finito D e un campo.(Suggerimento: se a e diverso da 0, ψa : D → D : x 7→ ax e iniettiva e quindi suriettiva).Osservazione Qui, come sempre in queste dispense, i domini sono intesi commutativi. Esiste unrisultato, dovuto a Wedderburn, che asserisce che ogni anello di divisione (un anello - non neces-sariamente commutativo - in cui ogni elemento non nullo ha un inverso moltiplicativo) finito e uncampo. Per una dimostrazione, si rinvia a [4, vol.2.cap.3].

• Esercizio 1.1.4 [Serie formali] (i) Con F((z)), F un campo, denotiamo l’insieme delle serieformali di Laurent nell’indeterminata z a coefficienti in F, ovvero l’insieme delle espressioni formalidel tipo

∑+∞i=h

aizi, h ∈ Z. Si dimostri che F((z)) e un campo quando addizione e moltiplicazione

vengono definite nel seguente modo:

(∑i

aizi) + (

∑i

bizi) =

∑i

(ai + bi)zi (1.1)

(∑i

aizi)(∑i

bizi) =

∑i

( ∑h,k∈Zh+k=i

ahbk)zi. (1.2)

(ii) L’insieme F[[z]] ⊂ F((z)) delle serie formali (a potenze non negative) nell’indeterminata z a

coefficienti in F, ovvero l’insieme delle espressioni formali del tipo∑+∞

i=0aiz

i, e un dominio quando

addizione e moltiplicazione vengono definite come al punto precedente. Perche non e un campo?

Quali sono gli elementi invertibili?

<< ∗ Definizione 1.1.3 [Ordine di un elemento in un dominio] Dato un dominioR, l’ordine di un elemento a ∈ R e il piu piccolo k ∈ N (se esiste) per cui si ha

ka = a+ a+ . . .+ a︸ ︷︷ ︸k volte

= 0,

ossia e l’ordine (se finito) del gruppo additivo generato da a.

In un dominio R tutti gli elementi non nulli hanno il medesimo ordine. Infatti, se k > 1 el’ordine finito di a ∈ R, a 6= 0, 0 = ka = 1R · a+ . . .+ 1R · a︸ ︷︷ ︸

k volte

= (k1R) · a e quindi k1R = 0.

Scelto qualsiasi altro elemento b ∈ R, si ha

0 = (k1R) · b = 1R · b+ . . .+ 1R · b︸ ︷︷ ︸k volte

= b+ . . .+ b︸ ︷︷ ︸k volte

= kb (1.3)

In particolare, se a e stato scelto come un elemento non nullo di ordine minimo, si vededa (1.3) che tutti gli elementi non nulli di R hanno il medesimo ordine di a.Tale ordine e un numero primo: se infatti esistesse una fattorizzazione propria k = k1k2,

Page 4: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

4 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

con k1k2 > 1, da

0 = (mn)1R = 1R + 1R + . . .+ 1R︸ ︷︷ ︸k1k2 volte

=k1 volte︷ ︸︸ ︷

1R + . . .+ 1R + . . .+k1 volte︷ ︸︸ ︷

1R + . . .+ 1R︸ ︷︷ ︸k2 volte

= k2(k11R)

(1.4)seguirebbe che k11R e nullo, e quindi 1R avrebbe ordine non superiore a k1, oppure none nullo, e quindi (k11R, e con lui tutti gli elementi non nulli, e in particolare) 1R avrebbeordine non superiore a k2. Possiamo concludere con la seguenteProposizione 1.1.4 [Caratteristica di un dominio] In un dominio R tutti gli ele-menti non nulli hanno il medesimo ordine (finito o infinito). Il dominio R si dira di“caratteristica zero” se l’ordine dei suoi elementi non nulli e infinito, di “caratteristica p”se l’ordine dei suoi elementi non nulli e finito e vale p. Il numero p e sempre un numeroprimo.∗ >>

Dato un anello (commutativo) R, si possono costruire le matrici p×m ad elementi in R edefinire nel modo consueto le operazioni di somma in Rp×m e di prodotto di una matriceRp×m per una matrice in Rm×n. Rispetto a tali operazioni l’insieme Rn×n delle matriciquadrate di ordine n e un anello non commutativo.

Definizione 1.1.5 [Determinanti] Sia R un anello (commutativo) e sia Rn×n l’anello(non commutativo) delle matrici n× n ad elementi in R Una funzione

d : Rn×n → R : M 7→ d(M)

degli n2 elementi della matrice M e detta un determinante se soddisfa le seguenti condizioni

D.1 d e una funzione lineare di ciascuna colonna di M ;

D.2 se due colonne di M sono eguali, allora d(M) = 0;

D.3 d(In) = 1.

Se rappresentiamo la matrice M per colonne

M = [ c1 c2 . . . cn ] ,

e esprimiamo d come funzione delle n colonne della matrice, d(M) = d(c1, c2, . . . , cn), lacondizione D.1 significa che

d(λc1 + λ′c′1, c2, . . . , cn) = λd(c1, c2, . . . , cn) + λ′d(c′1, c2, . . . , cn)

e similmente per le altre colonne. Conseguentemente d e una funzione “bilineare” diciascuna coppia di colonne, ad esempio per la prima e la seconda colonna si ha

d(λc1 + λ′c′1, µc2 + µ′c′2, . . . , cn)

Page 5: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.1. ANELLI E MATRICI SU ANELLI 5

= λ d(c1, µc2 + µ′c′2, . . . , cn) + λ′ d(c′1, µc2 + µ′c′2, . . . , cn)

= λµd(c1, c2, . . . , cn) + λµ′ d(c1, c′2, . . . , cn)+ λ′µ d(c′1, c2, . . . , cn) + λµ′ d(c1, c′2, . . . , cn),

e, piu in generale, e una funzione multilineare delle colonne.

Si dimostra che (cfr [4, vol I, cap 7]) esiste ed e unica la funzione che soddisfa gli assiomiD.1 ÷ D.3. Come di consuetudine, essa sara denotata con det(M).Riassumiamo nella proposizione seguente alcune proprieta dei determinanti, ben notequando R e un campo e che continuano a valere quando R e un anello arbitrario. Siricorda che il complemento algebrico (“cofactor” nella letteratura anglosassone) di unelemento mij di M e dato da (−1)i+j detMij , dove Mij e la sottomatrice ottenuta da Meliminandone la riga i-esima e la colonna j-esima, e che adj(M) = [detMij ]T e la traspostadella matrice dei complementi algebrici di M .

Proposizione 1.1.6 [Proprieta dei determinanti delle matrici su anelli] SiaR un anello. Il determinante delle matrici in Rn×n ha le seguenti proprieta:

D.4 Se le colonne di M sono permutate in qualsiasi modo, det(M) e moltiplicato per lasegnatura3 della permutazione corrispondente σ;

D.5 se M = [mi,j ], allora detM e espresso nella forma

det(M) =∑σ

sgn(σ)mσ(1),1mσ(2),2 . . .mσ(n),n, (1.5)

dove la somma e estesa a tutte le permutazioni σ degli interi 1, 2, . . . , n;

D.6 il determinante di M e moltiplicato per λ ∈ R se tutti gli elementi di una colonnadi M sono moltiplicati per λ;

D.7 il determinante di M non cambia se ad una colonna si somma il multiplo di un’altracolonna;

D.8 det(M) = det(MT )

D.9 se M = [mij ] e triangolare, detM = m11m22 · · ·mnn;

D.10 se M,N ∈ Rn×n, allora det(MN) = det(M) det(N);

3Con segnatura di σ si intende il numero +1 oppure –1 a seconda che sia pari o dispari il numero discambi necessari per ottenere da (1, 2, . . . , n) la n-pla (σ(1), σ(2), . . . , σ(n)).

Page 6: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

6 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

D.11 se M = [mij ], il determinante di M di puo “sviluppare” secondo la riga i-esima dellamatrice, combinando linearmente gli elementi della riga i-esima con i corrispondenticomplementi algebrici

det(M) = mi1(−1)i+1 det(Mi1) +mi2(−1)i+2 det(Mi2) + . . .+min(−1)i+n det(Min)

D.12 se i 6= j, combinando linearmente gli elementi della riga i-esima con i complementialgebrici della riga j-esima si ottiene

0 = mi1(−1)j+1 det(Mj1) +mi2(−1)j+2 det(Mj2) + . . .+min(−1)j+n det(Mjn);

D.13 det(M)In = Madj(M) = adj(M)M

Poiche D.14 vale per ogni matrice quadrata su un anello commutativo R, se det(M) einvertibile in R si ha

M [det(M)−1adj(M)] = [det(M)−1adj(M)]M = In

e M ha in Rn×n la matrice det(M)−1adj(M) come inversa.Viceversa, se M ha un’inversa M−1 ∈ Rn×n , allora det(M−1) ∈ R e da 1 = det(In) =det(MM−1) = det(M) det(M−1) segue che det(M) e un elemento invertibile di R, condet(M)−1 = det(M−1). Abbiamo cosı provato la seguente

Proposizione 1.1.7 [Invertibilita di una matrice a elementi in un anello] SiaM ∈ Rn×n una matrice a elementi nell’anello R. Condizione necessaria e sufficienteaffinche M abbia un’inversa in Rn×n e che det(M) sia invertibile in R.

Si noti che, quandi R e un campo, la condizione enunciata equivale al fatto che siadet(M) 6= 0, dal momento che ogni elemento non nullo di un campo e invertibile. Suun anello generico det(M) 6= 0 non garantisce l’invertibilita di M .

1.2 Ideali e omomorfismi

Definizione 1.2.1 [Sottoanello] Un sottoinsieme S di un anello R e un sottoanellodi R se rispetto alle operazioni di R e a sua volta un anello, ovvero se 1 ∈ S e la differenzae il prodotto di due elementi di S appartengono ad S.

Esempio 1.2.1 (i) L’unico sottoanello di Z e Z stesso.

(ii) Un campo F e un sottoanello di F[z], l’anello dei polinomi su F.

(iii) In C[0, 1] (cfr. Esempio 1.1.1) l’insieme C(1)[0, 1] delle funzioni derivabili con derivata primacontinua e un sottoanello.

Page 7: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.2. IDEALI E OMOMORFISMI 7

Se Ri, i ∈ I, formano una famiglia arbitraria di sottoanelli dell’anello A, e immediatoconstatare che e un sottoanello di A l’intersezione⋂

i∈IRi (1.6)

Se R e un sottoanello dell’anello A ed a1, . . . , αn sono elementi di A, indichiamo con{Ri, i ∈ I} la famiglia4 dei sottoanelli di A che contengono R e gli elementi α1, . . . , αn.L’intersezione (1.6) e allora il piu piccolo sottoanello di A che contiene sia R, sia α1, . . . , αn,e sara chiamata il sottoanello di A generato su R da α1, . . . , αn. Di tale sottoanellosi puo dare una descrizione esplicita: e chiaro infatti che ad esso appartengono i prodottidel tipo αi11 . . . α

inn , ij ∈ N, quindi le somme finite∑

i1,...,in∈Nrii...inα

i11 . . . α

inn , ri1...in ∈ R (1.7)

Poiche l’insieme degli elementi (1.7) e un sottoanello di A contenente R ed α1, . . . , αn,possiamo concludere che esso e il sottoanello cercato. E immediato che gli elementi (1.7)si ottengono formalmente “sostituendo” nell’anello dei polinomi R[z1, . . . zn] gli elementiα1, . . . , αn alle indeterminate z1, . . . , zn. Quindi il sottoanello di A generato su R daglielementi αi ∈ A sara denotato con R[α1, . . . , αn].

Definizione 1.2.2 [Ideale] Sia R un anello. Un sottoinsieme (non vuoto) I di R e unideale di R se

(i1) per ogni a, b ∈ I, a+ b ∈ I (chiusura rispetto all’addizione);

(i2) per ogni a ∈ I ed y ∈ R, ay appartiene a I (proprieta di assorbimento).

Un ideale I e proprio se non coincide con R, ed e nullo se I = {0}.

Esempio 1.2.2 (i) L’insieme dei numeri interi pari e un ideale di Z. Infatti la somma di duenumeri pari e pari ed il prodotto di un intero qualsiasi per un numero pari e pari. Piu in generale,l’insieme dei multipli di un dato intero m e un ideale di Z. L’insieme dei numeri dispari, invece, noncostituisce un ideale, giacche non e chiuso rispetto alla somma.

(ii) In C[0, 1] (cfr. Esempio 1.1.1) l’insieme Ix0 delle funzioni che si annullano in x0 ∈ [0, 1] e unideale.

(iii) Sia M ∈ Rn×n. L’insieme dei polinomi annullatori di M , i.e. dei polinomi α0 +α1z+ . . .+αkzk

tali che α0In + α1M + . . .+ αkMk = 0 e un ideale di R[z].

• Esercizio 1.2.1 (i) L’intersezione di due ideali di un anello R e ancora un ideale di R.

(ii) L’insieme delle funzioni di C[0, 1] che si annullano in almeno un punto dell’intervallo [0, 1] e unideale?

4non vuota, perche contiene almeno A

Page 8: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

8 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

(iii) Un ideale e proprio se e solo se non contiene elementi invertibili di R.

(iv) Sotto quali condizioni un ideale e un sottoanello?

(v) Un anello R e un campo se e solo se l’unico ideale proprio di R e quello nullo.

Definizione 1.2.3 [Generatori di un ideale] Se S e un sottoinsieme dell’anello R,l’ideale generato da S e l’insieme

(S) :=

{m∑i=1

siri : m ∈ N, si ∈ S, ri ∈ R}. (1.8)

S e detto un “insieme di generatori” per l’ideale (S). Un ideale I di R e

• finitamente generato se ammette un insieme finito di generatori o, equivalente-mente, se esiste un sottoinsieme finito S di R tale che I = (S);

• principale se ammette un unico generatore. Un anello (dominio) i cui ideali sianotutti principali viene detto anello (dominio) a ideali principali 5.

Esempio 1.2.3 L’anello degli interi Z e un dominio a ideali principali.La prova ricalca quella svolta, in un contesto piu generale, nel paragrafo 1.4 per dimostrare cheogni dominio euclideo e un PID. a) L’ideale nullo e principale. b) Ogni altro ideale I di Z contieneelementi non nulli e quindi, per la proprieta di assorbimento, elementi positivi. Se m e il piu piccolonumero positivo di I, per le proprieta (i1) e (i2) della Definizione 1.2.2 l’ideale principale (m) econtenuto in I. D’altra parte, applicando l’algoritmo di divisione, ogni elemento n di I si esprimecome

n = qm+ r, 0 ≤ r < m

e r = n − qm, poiche appartiene ad I, deve essere nullo: altrimenti esisterebbe in I un elementopositivo minore di m. Pertanto ogni elemento di I e multiplo di m, e I ⊆ (m).

• Esercizio 1.2.2 L’anello dei polinomi in una indeterminata F[z] sul campo F e un PID.(Suggerimento. La prova si basa sull’algoritmo euclideo di divisione fra polinomi).

Esempio 1.2.4 Il passaggio da una a piu indeterminate fa perdere all’anello dei polinomi a co-efficienti in un campo F la struttura di PID. Verifichiamo che l’anello F[z1, z2] dei polinomi in dueindeterminate a coefficienti in F non e un PID.

Infatti, l’ideale I = (z1, z2), generato dai polinomi z1 e z2, ovvero l’ideale dei i polinomi privi ditermine noto, non e principale. Se lo fosse, esisterebbe un polinomio p(z1, z2) 6= 0 tale che tutti glielementi di I, e in particolare z1 e z2, risultino multipli di p(z1, z2). Ponendo

p(z1, z2) =∑h

πh(z1)zh2 ,

si haz1 = p(z1, z2)f(z1, z2) = (

∑h

πh(z1)zh2 )(∑k

φk(z1)zk2 ),

5Un dominio a ideali principali verra indicato, per brevita, con l’acronimo (inglese) PID.

Page 9: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.2. IDEALI E OMOMORFISMI 9

da cui segue che p(z1, z2) = π0(z1) e un polinomio non nullo nella sola indeterminata z1. Simil-mente, dalla relazione z2 = p(z1, z2) g(z1, z2) segue che p(z1, z2) e un polinomio non nullo nella solaindeterminata z2. Ma allora p(z1, z2) dovrebbe essere una costante non nulla, e quindi non potrebbeappartenere ad I.

• Esercizio 1.2.3 (i) F[[z]] e un PID e i suoi ideali sono tutti e soli quelli del tipo (zk), k ∈N.

(ii) Sia D un PID, e introduciamo nel prodotto cartesiano D ×D una struttura d’anello ponendo

(x1, y1) + (x2, y2) := (x1 + x2, y1 + y2)

(x1, y1)(x2, y2) := (x1x2, y1y2),

xi, yi ∈ D, i = 1, 2. Si verifichi che D ×D e un PID.

Proposizione 1.2.4* [Catene di ideali in un PID] Sia D un PID. Una catena stret-tamente ascendente di ideali (principali!) in D

(a1)⊂6=

(a2)⊂6=

. . .⊂6=

(an)⊂6=

. . . (1.9)

non puo essere infinita.

Dimostrazione Infatti l’unione insiemistica degli elementi della catena e ancora unideale, quindi un ideale principale,

∪∞i=1(ai) = (a),

il cui generatore appartiene necessariamente ad uno degli ideali di (1.9), per esempio ad(an). Deve essere allora

(an) ⊆ (a) ⊆ (an)

e cio implica che la catena si fermi ad (an).

Definizione 1.2.5 [Ideale massimale e ideale primo] Sia I un ideale proprio dell’anelloR. I e

• ideale massimale se per ogni ideale J di R, I ⊆ J , si ha J = I oppure J = R,ovvero I non e contenuto propriamente in nessun ideale proprio di R;

• ideale primo se ab ∈ I implica a ∈ I o b ∈ I, per ogni a, b ∈ R.

Si puo dimostrare, ricorrendo all’assioma della scelta [3,8], che ogni anello contiene almenoun ideale massimale.

Esempio 1.2.4 (i) Se p e un numero primo, l’ideale (p) in Z e primo e massimale.

(ii) Per ogni x0 ∈ [0, 1] l’ideale Ix0 di C[0, 1] e primo e massimale.

(iii) L’ideale generato in F[z1, z2] da z1 e primo ma non massimale, in quanto contenuto propriamentenell’ideale (proprio) (z1, z2).

Page 10: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

10 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

• Esercizio 1.2.3 (i) In Z l’ideale (6) non e primo.

(ii) In F[z], F un campo, l’insieme dei polinomi che si annullano in z = 1 e un ideale massimale.

• Esercizio 1.2.4 Un anello R e un dominio se e solo se l’ideale nullo e primo.

• Esercizio 1.2.5 E vero che se I e ideale massimale di R e a 6∈ I, allora a e invertibile?

• Esercizio 1.2.6 L’unico ideale massimale di F[[z]] e (z).

• Esercizio 1.2.7 In R l’ideale I e massimale se e solo se nell’anello quoziente gli unici ideali sono

R/I e {0 + I}.

E naturale chiedersi quali relazioni sussistano, in generale, tra ideali massimali ed idealiprimi. I precedenti esempi mettono in evidenza che un ideale primo non e necessariamentemassimale; cio, tuttavia, e vero nel caso di domini a ideali principali. Inoltre, gli idealimassimali sono sempre primi, come illustrato dalla seguente proposizione.

Proposizione 1.2.6* Sia R un anello. (i) Ogni ideale massimale di R e primo.(ii) Se R e un PID, ogni ideale primo non nullo e massimale.

Dimostrazione (i) Sia I massimale e sia ab un elemento di I. Dimostriamo che a 6∈ Iimplica b ∈ I. Se a non appartiene ad I, l’ideale J , generato dagli elementi di I e daa, contiene propriamente I e quindi coincide con R. Pertanto risulta i + ra = 1, perun’opportuna scelta di i ∈ I e r ∈ R. Ma allora b = ib + r(ab), in quanto somma dielementi di I, sta a sua volta in I.(ii) Sia (a), a 6= 0, un ideale primo e supponiamo che (b) sia un ideale che contienepropriamente (a). Allora a appartiene a (b) e quindi a = bc, per qualche c ∈ R. Essendo(a) ideale primo, almeno uno tra b e c appartiene ad (a); b, pero, non puo appartenere ad(a), altrimenti (b) sarebbe contenuto in (a), contro l’ipotesi. Quindi c sta in (a), ovveroc = da, e pertanto

a = bc = b(da) = (bd)a.

Dalla regola di cancellazione segue 1 = bd, e quindi (b) = (1) = R.

Definizione 1.2.7 [Omomorfismo] Siano R e S anelli e φ : R→ S una mappa. φ e unomomorfismo (di anelli) se valgono le seguenti condizioni:(i) φ(a+ b) = φ(a) + φ(b) per ogni a, b ∈ R;(ii) φ(ab) = φ(a)φ(b) per ogni a, b ∈ R;(iii) φ(1R) = 1S , dove 1R e 1S sono rispettivamente l’unita di R e di S.

• Esercizio 1.2.8 [Nucleo e immagine] Se φ : R→ S e un omomorfismo d’anelli, allora

(i) φ(0R) = 0S e φ(−r) = −φ(r) per ogni r ∈ R;

(ii) il nucleo di φkerφ := {r ∈ R : φ(r) = 0}

Page 11: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.3. CENNI ALLA FATTORIZZAZIONE NEI DOMINI DI INTEGRITA 11

e un ideale di R, ed e l’ideale nullo se e solo se φ e iniettivo;

(iii) l’immagine di φimφ := {s ∈ S : s = φ(r),∃r ∈ R}

e un sottoanello di S.

Se R e un anello e I e un ideale proprio di R, possiamo definire in R una relazione diequivalenza ≡ ponendo, per ogni coppia di elementi r ed s in R

r ≡ s⇔ r − s ∈ I

Si lascia come esercizio verificare che la relazione introdotta e riflessiva, simmetrica etransitiva e che la classe di equivalenza che contiene l’elemento r e’ data dall’insieme

r + I := {v : v = r + i, i ∈ I}

L’insieme delle classi di equivalenza puo essere dotato a sua volta di struttura di anellodefinendovi le operazioni di somma e prodotto come segue:

(a+ I) + (b+ I) = (a+ b) + I; (a+ I) · (b+ I) = (a · b) + I

Le operazioni sono ben definite (nel senso che il risultato non dipende dal particolarerappresentante scelto a designare una classe), la classe nulla e 0 + I e l’unita e 1 + I.L’anello cosı ottenuto si dice anello quoziente e si indica col simbolo R/I.

• Esercizio 1.2.9* [Anelli quoziente, campi e domini] Sia I un ideale proprio di R. Allora(i) R/I e un campo se e solo se I e ideale massimale;(ii) R/I e un dominio se e solo se I e ideale primo.Suggerimento: Per (i), si vedano gli esercizi 1.2.1(v) e 1.2.7. Per (ii) se I e primo e (a+I)(b+I) =ab+I = 0 allora ab ∈ I, quindi a o b appartiene ad I, quindi nell’anello quoziente a+I oppure b+I el’elemento nullo; viceversa, se R/I e un dominio e ab ∈ I, da ab = 0 segue 0 = ab+I = (a+I)(b+I),quindi a+ I = 0 o b+ I = 0, quindi a ∈ I o b ∈ I.

1.3 Cenni alla fattorizzazione nei domini di integrita

In questo paragrafo discuteremo brevemente alcuni concetti connessi con la strutturamoltiplicativa di un dominio D: l’esistenza di divisori non banali di un elemento, i divisoricomuni di due elementi, la fattorizzazione di un elemento in fattori non ulteriormente “fat-torizzabili”. L’obiettivo che ci proponiamo e duplice: vogliamo anzitutto definire alcunitermini (irriducibile, primo, massimo comune divisore etc.) che utilizzeremo costante-mente nel seguito, ma intendiamo anche accennare a come varie nozioni, note per lo piudall’algebra degli interi o dei polinomi in una indeterminata, e in quegli ambienti dotate diconnessioni e proprieta familiari per lunga consuetudine di studio, richiedano invece unadiscussione approfondita quando ci si ponga in un ambiente piu generale.

Page 12: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

12 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

Per la comprensione del seguito di queste dispense, se si eccettua il capitolo sui sistemimultidimensionali per i quali ricorreremo ad anelli di polinomi in piu indeterminate, esufficiente concentrarsi sulle proprieta della fattorizzazione nei domini a ideali principali.

Definizione 1.3.1 [Divisori e associati] Se a e b sono elementi del dominio D, diciamoche un elemento non nullo a “divide” b (o a e “un divisore di” b o b e “un multiplo di” a)e scriviamo a|b, se esiste c ∈ R tale che b = ac.Se c e un elemento invertibile di D, allora a e b sono detti associati e si ha anche b|a.

Si noti che, se a|b e b|a allora a = bc, b = ac′ e

a(1− cc′) = 0.

Poiche D e un dominio, si puo applicare la legge di cancellazione, ottenendo 1 = cc′. Siconclude che due elementi non nulli a e b sono associati se e solo se a|b e b|a.

Definizione 1.3.2 [Elementi irriducibili e elementi primi] In un dominio D, unelemento a non invertibile e non nullo e detto(i) irriducibile se quando fattorizza nella forma a = bc, b, c ∈ D, allora uno dei fattori be c e un elemento invertibile;(ii) primo se quando divide un prodotto, ovvero a|bc, b, c ∈ D, allora divide uno almenodei fattori, ossia a|b oppure a|c.

Si noti che la definizione di irriducibilita puo essere data, in modo equivalente, dicendoche a = bc implica che uno tra b e c e associato ad a.

Definizione 1.3.3 [Massimo comun divisore] Se a e b sono elementi, non entrambi nulli,di un dominio D, un elemento d ∈ D e massimo comun divisore di a e b (d = MCD(a, b))se

(i) d|a e d|b, ovvero d e un divisore comune di a e b,(ii) per ogni altro divisore comune d′ di a e b si ha d′|d.

a e b sono detti coprimi (o relativamente primi) se 1 e un loro massimo comun divisore.

• Esercizio 1.3.1 Si provi che in ogni dominio

(i) esiste il MCD di una coppia in cui un elemento sia nullo oppure invertibile;

(ii) se d e d′ sono due MCD della coppia non nulla (a, b) allora d e d′ sono associati. (Suggerimento:

d|d′ e d′|d)

Definizione 1.3.4 [Dominio a fattorizzazione unica] Un dominio D e detto afattorizzazione unica (per brevita UFD) o dominio fattoriale se valgono simultaneamentele seguenti condizioni:

Page 13: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.3. CENNI ALLA FATTORIZZAZIONE NEI DOMINI DI INTEGRITA 13

(i) ogni elemento non nullo e non invertibile a ∈ D puo essere espresso come prodotto dielementi irriducibili

a = p1p2 · · · pk(ii) la precedente fattorizzazione e essenzialmente unica, nel senso che, per ogni altrafattorizzazione in elementi irriducibili

a = p′1p′2 · · · p′h,

abbiamo h = k e, eventualmente dopo una permutazione dei pedici dei p′i,

p′i = uipi, i = 1, 2, . . . k

con ui elementi invertibili di D.

La seguente proposizione fornisce un quadro sufficientemente indicativo delle inter-connessioni fra le nozioni che abbiamo introdotto. In particolare, essa mostra comesiano collegate fra loro proprieta quali l’esistenza di una fattorizzazione unica di ognielemento, l’esistenza del massimo comun divisore di ogni coppia, la prinipalita di ogniideale, l’equivalenza fra primalita e irriducibilita.

Proposizione 1.3.5 Sia D un dominio. Valgono allora i seguenti fatti:

(i) ogni elemento primo e anche irriducibile;

(ii) se ogni coppia non nulla di elementi ammette MCD, allora ogni elemento irriducibilee anche primo;

(iii) se D e a fattorizzazione unica allora ogni coppia non nulla di elementi ammette MCD;

(iv) se D e un PID, allora D e a fattorizzazione unica.

Dimostrazione (i) Supponiamo che a ∈ D sia un elemento primo, e sia a = bc una suafattorizzazione, b e c elementi di D. Da a = bc segue a|bc e quindi a divide almeno unotra b e c, ad esempio a|b. Allora b = ad, per qualche d ∈ D, e si ha a = bc = a(dc), da cui1 = dc. Quindi c e invertibile e a irriducibile.

<< ∗(ii) Supponiamo che in D ogni coppia non nulla ammetta MCD e che d sia ir-riducibile. Per verificare che d e primo, proviamo che se d 6 |a, d 6 |b, con a, b elementinon nulli, allora d 6 |ab. Infatti, posto m := MCD(a, d), si ha d = mx e se m non fosseinvertibile, dovrebbe esserlo x (per l’irriducibilita di d) e a = my = dx−1y avrebbe d comedivisore. Possiamo quindi supporre, ripetendo il medesimo ragionamento anche sulla cop-pia (b, d),

MCD(a, d) = MCD(b, d) = 1.

Per concludere, bastera provare che

MCD(ab, d) = 1, (1.10)

Page 14: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

14 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

perche allora d|ab e incompatibile con (1.10). Ma (1.10) segue a sua volta dalle relazionigenerali

MCD(MCD(x, y), z

)= MCD

(x,MCD(y, z)

)zMCD(x, y) = MCD(zx, zy)

e da

1 = MCD(d, a) = MCD(d,MCD(ad, ab)

)= MCD

(MCD(d, ad), ab

)= MCD(d, ad).

(iii) Per l’Esercizio 1.3.1 possiamo limitarci a verificare l’esistenza del MCD per ognicoppia a, b in cui entrambi gli elementi siano non nulli e non invertibili.Consideriamo una fattorizzazione di a nel prodotto di elementi irriducibili e in tale rappre-sentazione sostituiamo i fattori irriducibili associati con un singolo rappresentante molti-plicato per elementi invertibili di D. Otteniamo cosı una fattorizzazione

a = upe11 pe22 · · · p

err , (1.11)

in cui u ∈ D e invertibile, pi ∈ D sono irriducibili, non associati tra di loro, e gli ei ∈ Nsono interi positivi. E chiaro che i fattori di a sono tutti e soli gli elementi di D dellaforma u′pe

′1

1 pe′22 · · · p

e′rr con u′ invertibile in D e con 0 ≤ e′i ≤ ei. E anche facile vedere che

a e b possono essere espressi mediante i medesimi elementi irriducibili non associati, nellaforma

a = upe11 pe22 · · · p

ess , b = vpf1

1 pf22 · · · p

fss (1.12)

con u, v ∈ D elementi invertibili, pur di consentire a ei e a fi di assumere valori nonnegativi (e non solo positivi come in (1.11)). Consideriamo ora l’elemento

d = pg11 p

g22 · · · p

gss , gi = min{ei, fi}, i = 1, 2, . . . , s (1.13)

e verifichiamo che esso e un MCD di a e b. Chiaramente d|a e d|b. Inoltre, ogni divisorecomune di a e di b, dovendo avere la struttura d′ = wph1

1 ph22 · · · phss con w invertibile e

hi ≤ gi, i = 1, 2, . . . , s, soddisfa d′|d. Pertanto la parte (iii) e provata.

(iv) Dimostriamo anzitutto che ogni elemento non nullo del dominio a ideali principaliD ammette una fattorizzazione in elementi irriducibili. Indichiamo con S l’insieme deglielementi 6= 0 di D che non ammettono una fattorizzazione in elementi irriducibili e sup-poniamo che esso non sia vuoto. Allora esiste in S almeno un elemento a tale che nessunaltro ideale (a) sia generato da un elemento di a ∈ S e contenga propriamente (a). Altri-menti, potemmo costruire una catena infinita strettamente ascendente di ideali principaligenerati da elementi ai ∈ S

(a1)⊂6=

(a2)⊂6=

. . .⊂6=

(an)⊂6=

. . . (1.14)

Page 15: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.3. CENNI ALLA FATTORIZZAZIONE NEI DOMINI DI INTEGRITA 15

e cio contraddice la Proposizione 1.2.4.Notiamo che a ∈ S non puo essere irriducibile, (altrimenti avrebbe una fattorizzazione,quella banale, in elementi irriducubili). Quindi puo essere espresso nella forma a = bc, conb e c non invertibili. Ma allora

(b) ⊃ (a), (c) ⊃ (a)

implica che b e c ammettono entrambi fattorizzazioni in fattori irriducibili , e il prodottodi tali fattorizzazioni e una fattorizzazione di a, il che e manifestamente assurdo.

Per provare l’unicita della fattorizzazione, verifichiamo anzitutto che in un PID ogni ele-mento irriducibile a e primo (e quindi, per il punto (i), in un PID irriducibili e primicoincidono). Infatti, supponiamo che a|bc e a 6 |b. L’ideale (a, b) e generato da un elementou, quindi a = ux, b = uy e x non puo essere invertibile, altrimenti b = uy = ax−1yimplicherebbe a|b. Poiche a e irriducibile, a = ux non e una fattorizzazione propria e u einvertibile in D. Allora si ha

1 = ha+ kb

per opportuni h e k in D, e c = (hc)a+ k(bc) = (hc)a+ k(ta). Quindi a|c.Supponiamo ora che d ∈ D abbia due fattorizzazioni in elementi irriducibili:

d = p1p2 . . . pr = q1q2 . . . qs (1.15)

Poiche l’elemento p1 e primo e divide il prodotto q1q2 . . . qs, esso deve dividerne uno deifattori, ad esempio (eventualmente renumerandoli) q1. Esiste allora un invertibile u percui risulta q1 = up1 e quindi, cancellando il fattore p1 in (1.15), p2 . . . pr = uq2 . . . qs. Siconclude ragionando per induzione sul numero dei fattori irriducibili. ∗ >>

Si puo verificare l’esistenza di

• domini a fattorizzazione unica che non sono a ideali principali (basta pensare aF[z1, z2]),

• domini in cui ogni coppia non nulla ammette un MCD ma che non sono a fattoriz-zazione unica,

• domini in cui ogni elemento irriducibile e primo ma non tutte le coppie non nulle dielementi ammettono MCD,

• domini in cui ci sono elementi irriducibili che non sono primi.

La figura 1.3.1 illustra le inclusioni (proprie) fra le varie strutture. Per una di-mostrazione, si veda p.es. [1, vol.I, cap IV]

Page 16: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

16 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

P.I.D.

DOMINI a fattorizzazione unica

DOMINI in cui ogni coppia non nulla ammette MCD

DOMINI in cui “irriducibile” ⇔ “primo”

DOMINI GENERICI (in tutti i domini “primo” ⇒ “irriducibile”)

Figura 1.3.1

Esempio 1.3.1* [Irriducible 6⇒ primo] Sia D ⊂ C l’insieme dei numeri complessi del tipoa + ib

√5, dove i e l’unita immaginaria e a, b sono interi arbitrari. E’ facile verificare che D e un

sottoanello di C, quidi un dominio. Per studiarne le proprieta di fattorizzazione, introduciamo lafunzione “norma”

N : D → N : a+ ib√

5 7→ a2 + 5b2.

La norma e moltiplicativa: N(rs) = N(r)N(s), e i suoi valori sono positivi per ogni elemento nonnullo di D.

i) Gli elementi invertibili di D sono tutti e soli quelli per cui N vale 1 (quindi +1 e −1). Infattirs = 1 implica N(r)N(s) = N(1) = 1, quindi N(r) = N(s) = 1. Viceversa, se r = a + ib

√5 ha

norma unitaria, dev’essere a = ±1 e b = 0. e quindi r e invertibile in D. Percio i soli associati diun elemento sono l’elemento stesso e il suo opposto.

ii) L’elemento 3 + 0i√

5 e irriducibile, ma non primo. Infatti, supponiamo sia 3 = rs, r, s ∈ D.Allora N(r)N(s) = 9 implica N(r) = 1, 3 o 9. Ma N(r) = 3 e impossibile perche nessun elementodi D ha norma 3, mentre N(r) = 9 implica N(s) = 1 e N(s) = 9 implica N(r) = 1. Poiche la suafattorizzazione in ogni caso non e propria, 3 e irriducibile. D’altra parte, abbiamo

3|(2 + i√

5)(2− i√

5) = 9,

ma

3 6 |(2 + i√

5) e 3 6 |(2− i√

5)

perche sia (2 + i√

5) = (a+ ib√

5)3, sia (2− i√

5) = (a+ ib√

5)3 sono impossibili per valori interi dia e b. Quindi 3 non e primo.

• Esercizio 1.3.2* [Coppie di elementi prive di MCD] Si consideri il dominio D dell’Esempio1.3.1 e si ponga a = −15 + i6

√5, b = 9.

Page 17: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.3. CENNI ALLA FATTORIZZAZIONE NEI DOMINI DI INTEGRITA 17

(i) si verifichi che in D non esistono elementi a norma 3 o 27 e quindi ogni fattore comune d di a eb deve avere norma N(d) eguale a uno dei numeri 1,9,81.

(ii) ricordando che elementi di egual norma differiscono per un fattore invertibile, si provi che gliunici divisori di b con norma 81 sono ±9 e che di conseguenza a e b non hanno fattori comuni anorma 81.

(iii) si verifichi che r = 3 e s = 2 + i√

5 sono entrambi divisori comuni di a e b, a norma 9

(iv) se d fosse un MCD di a e b, dovrebbero valere sia r|d che s|d. Ma da N(r) = N(s) = N(d) = 9seguirebbe che r ed s differiscono entrambi da d, e quindi l’uno dall’altro, per un fattore invertibiledi D. Percio si avrebbe r = ±s, che e manifestamente falsa. Conclusione: a e b non hanno MCD.

La seguente proposizione pone in relazione l’ideale generato da una coppia di elementia e b e l’ideale generato dal loro eventuale MCD.

Proposizione 1.3.6 [Coprimalita e zero-coprimalita] Sia D un dominio in cuiogni coppia non nulla ammette MCD e siano a, b, d elementi di D.

(i) l’ideale generato da a e b e quello generato da d coincidono se e solo se d e esprimibilecome combinazione lineare su D degli elementi a e b e se d = MCD(a, b):

(d) = (a, b) ⇔{d ∈ (a, b)d = MCD(a, b)

⇔{d = xa+ yb, ∃ x, y ∈ Dd = MCD(a, b) (1.16)

(ii) la condizione di zero coprimalita di a, b, ossia (1) = (a, b) equivale all’esistenza dix, y ∈ D per i quali vale l’identita di Bezout 1 = xa+ yb :

(1) = (a, b) ⇔ 1 = xa+ yb per opportuni x, y ∈ D (1.17)

(iii) la condizione di zero coprimalita implica, ma in generale non e implicata da, lacondizione di coprimalita (talvolta , in inglese, “factor coprimeness”) di a, b

(1) = (a, b)⇒6⇐

1 = MCD(a, b) (1.18)

(iv) se d = MCD(a, b) e se a = ad, b = bd, allora

1 = MCD(a, b);

(v) se p e irriducibile e p 6 |a, allora

1 = MCD(a, p).

Dimostrazione E chiaro che d ∈ (a, b) equivale dire che d e esprimibile nella formaxa+ yb per opportuni x, y ∈ D.(i) Se vale (d) = (a, b), allora d ∈ (a, b), e da a ∈ (d), b ∈ (d) segue che a e b sono entrambi

Page 18: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

18 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

multipli di d, ovvero che d e un loro divisore comune.Inoltre, se d′ e un divisore comune di a e b, allora

a = d′x′ e b = d′y′ ⇒ (a, b) ⊆ (d′) ⇒ (d) ⊆ (d′) ⇒ d = rd′,

quindi d′|d e d e un MCD di a e b.Viceversa, se d = MCD(a, b) e d ∈ (a, b), dalla prima condizione segue d|a, d|b e quindi(a, b) ⊆ (d), mentre dalla seconda segue (d) ⊆ (a, b).(ii) 1 = xa + yb implica 1 ∈ (a, b), quindi (1) ⊆ (a, b). D’altra parte, e certamente veroche (1) = D ⊇ (a, b).(iii) l’implicazione asserita si ottiene da (i) ponendo d = 1. Un controesempio che disproval’implicazione opposta e fornito nell’Esercizio 1.3.5.<< ∗ Per (iv), si noti che, se d′ e un divisore di a e di b, allora a = d′a e b = d′b implicaa = dd′a e b = dd′b e dd′, in quanto divisore comune di a e di b, divide d = MCD(a, b).Quindi per qualche x ∈ D si ha dd′x = d, ovvero d(1 − d′x) = 0 ed essendo d 6= 0 si hache d′ e’ invertibile in D. Quindi i divisori comuni di a e b sono tutti invertibili e 1 e unMCD.Per (v), sia d un divisore comune di a e p. Allora a = ad e p = pd e se d non fosseinveribile lo sarebbe p, per definizione di irriducibilita. Cio implicherebbe d = pp−1 equindi a = ap−1p avrebbe p come fattore, contro l’ipotesi p 6 |a. Si conclude che tutti idivisori comuni di a e p sono invertibili in D. ∗ >>• Esercizio 1.3.3* Si dimostri che

(i) d = MCD(a, b) se e solo se (d) ⊇ (a, b) e se (d′) ⊇ (a, b) implica (d′) ⊇ (d). Quindi d e un MCD dia e b se l’insieme degli ideali principali contenenti (a, b) ha un minimo (d) rispetto all’ordine indottodall’inclusione, ovvero se ⋂

(d′)⊇(a,b)

(d′) = (d) ⊇ (a, b)

(ii) a e b sono coprimi se l’unico ideale principale che contiene (a, b) e (1)(iii) nell’esercizio 1.3.2 ciascuno degli ideali principali (r) = (3) e (s) = (2 + i

√5) contiene l’ideale

(a, b) = (−15 + i6√

5, 9). Ma (r) ∩ (s) 6⊇ (a, b), infatti 9 6∈ (r) ∩ (s).

Nei domini a ideali principali la situazione descritta nella precedente Proposizione si sem-plifica alquanto:Corollario 1.3.7 [Coprimalita e MCD nei PID] Se D e un PID, allora(i) Il MCD di due elementi a e b non entrambi nulli e il generatore dell’ideale principalegenerato da a e b:

d = MCD(a, b) ⇔ (d) = (a, b); (1.19)

(ii) se d e il MCD di due elementi non nulli a, b, ammette soluzione l’equazione diofanteaxa+ yb = d:

d = MCD(a, b) ⇒ xa+ yb = d per opportuni x, y ∈ D (1.20)

Page 19: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.4. DOMINI EUCLIDEI 19

(iii) coprimalita e zero-coprimalita sono equivalenti.

Dimostrazione (i) Della (1.19) basta provare l’implicazione d = MCD(a, b) ⇒ (d) =(a, b). Dal momento che D e un PID, esiste un elemento d′ per cui risulta (d′) = (a, b). Perla Proposizione 1.3.6.(i), d′ e un MCD(a, b). Ma due MCD d e d′ della medesima coppiadi elementi differiscono per un fattore invertibile, quindi (d) = (d′).(ii) d = MCD(a, b) implica, per il punto precedente, (d) = (a, b) che a sua volta implica,per il punto (i) della Proposizione 1.3.6, l’esistenza di x e y in D che risolvono l’equazione

xa+ yb = d

.(iii) Se a e b sono coprimi, ossia MCD(a, b) = 1, per il punto (i) si ha (a, b) = (1), quindiappunto la zero coprimalita di a e b.

• Esercizio 1.3.4 In un dominio D a ideali principali risulta MCD(a1, a2, . . . , an) = 1 se e solo sel’equazione a1x1 + a2x2 + . . .+ anxn = 1 nelle incognite x1, x2, . . . , xn ammette soluzione in D.

• Esercizio 1.3.5 [Coprimalita 6⇒ zero-coprimalita] Si verifichi che in F[z1, z2] il MCD dei

polinomi a(z1, z2) = z1 e b(z1, z2) = z2 e 1, ma l’equazione xa+ yb = 1 non e risolubile per nessuna

coppia di polinomi (x(z1, z2), y(z1, z2)).

Definizione 1.3.8 [Minimo comune multiplo] Sia D un dominio e siano a e b duesuoi elementi. c ∈ D e un minimo comune multiplo (mcm) di a e b se

(i) a|c e b|c, ovvero c e un multiplo comune di a e b,(ii) per ogni altro multiplo comune c′ di a e b si ha c|c′.• Esercizio 1.3.6 Sia D un dominio in cui ogni coppia non nulla ammette MCD e siano a e b due

suoi elementi. Allora

(i) esiste mcm(a, b);

(ii) mcm (a, b) = a′b, dove a′MCD(a, b) = a;

(iii) se a e b sono coprimi allora mcm(a, b) = ab e (ab) = (a) ∩ (b).

1.4 Domini euclidei

Definizione 1.4.1 [Dominio euclideo] Un dominio D e detto “euclideo” se in esso edefinita una funzione grado

δ : D \ {0} → N (1.21)

che soddisfa le seguenti proprieta:(i) se a | b, a, b 6= 0, allora δ(b) ≤ δ(a);(ii) per ogni a e b in D, b 6= 0, esiste q ∈ D tale che l’elemento r := a − bq e zero

oppure ha grado δ(r) < δ(b).

Page 20: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

20 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

In generale, gli elementi q ed r, noti come quoziente e resto della divisione di a per b,non sono univocamente determinati dalle condizioni sulla funzione grado contenute negliassiomi (i) e (ii).

• Esercizio 1.4.1 Siano a e b elementi di un dominio euclideo D. Si dimostri che

(i) a 6= 0 implica δ(1) ≤ δ(a);

(ii) se a e b sono associati, δ(a) = δ(b). In particolare, δ(a) = δ(−a) per ogni a ∈ D;

(iii) se b 6= 0, a ∈ (b) se e solo se 0 e un resto della divisione di a per b.

Esempio 1.4.1 (i) Gli interi sono un dominio euclideo rispetto alla funzione δ(n) = |n|. Quozientee resto sono univocamente determinati?

(ii) L’anello F[z] dei polinomi in una sola indeterminata a coefficienti nel campo F e un dominioeuclideo rispetto alla funzione δ(p(z)) = deg p, in cui deg p e, come di consueto, il massimo esponentedi z nei monomi non nulli di p(z).

Esempio 1.4.2 [Polinomi di Laurent] L’anello F[z, z−1] dei polinomi di Laurent nell’indeterminataz, ovvero il sottoanello delle serie formali a supporto compatto con le operazioni definite come in(1.1) e (1.2), e un dominio euclideo rispetto alla funzione grado definita per un polinomio non nullo

p(z, z−1) =∑M

i=mpiz

i, pm, pM 6= 0, come

δ(p(z, z−1)) := M −m. (1.22)

In questo caso, pero, quoziente e resto della divisione non sono univocamente determinati.

Proposizione 1.4.2 Ogni dominio euclideo D e un PID.

Dimostrazione Sia I un ideale di D. Se I = {0}, ovviamente I e principale. Se I non el’ideale nullo, chiamiamom l’elemento minimo dell’insieme ∆ := {δ(a) : a ∈ I, a 6= 0} ⊆ N,e am un elemento di I tale che δ(am) = m. Vogliamo provare che I = (am).Poiche (am) ⊆ I, e sufficiente verificare che ogni a ∈ I e un multiplo di am. Dal momentoche D e un dominio euclideo, esistono r e q tali che a− qam = r, e se r e diverso da zerovale δ(r) < δ(am). Ma quest’ultima possibilita va esclusa, dal momento che r sarebbe unelemento non nullo di I con grado minore di m. Pertanto vale a = qam.

Va sottolineato che il risultato della precedente proposizione non si inverte, nel sensoche esistono PID sui quali non e definibile una funzione grado che li renda euclidei [7].

Definizione 1.4.3 [Dominio euclideo proprio] Un dominio euclideo si dice propriose non e un campo e per ogni a e b non nulli si ha

δ(ab) = δ(a) + δ(b). (1.23)

Page 21: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.4. DOMINI EUCLIDEI 21

• Esercizio 1.4.2 (i) Si verifichi che F[z] e F[z, z−1] sono domini euclidei propri rispetto alle funzionigrado considerate nell’Esempio 1.4.1.

(ii) Si verifichi che rispetto alla funzione grado δ(n) = |n|, Z non e un dominio euclideo proprio.

(iii) Si verifichi che in un dominio D la (i) della definizione 1.4.1 e implicata da (1.23). Quindi undominio e euclideo proprio se vi valgono (1.23) e la condizione (ii) della definizione 1.4.1.

In un dominio euclideo proprio non e garantita l’unicita di quoziente e resto nella divisione,come si verifica considerando, ad esempio, l’anello dei polinomi di Laurent (che e undominio euclideo proprio rispetto alla funzione grado (1.22)). La seguente proposizionefornisce una condizione per l’unicita di quoziente e resto.

Proposizione 1.4.4 [Unicita di quoziente e resto] Se D e un dominio euclideo,sono equivalenti i seguenti fatti:(i) per ogni a, b ∈ D, entrambi non nulli e tali che a+ b 6= 0

δ(a+ b) ≤ max{δ(a), δ(b)}, (1.24)

(ii) per ogni a, b ∈ D, b 6= 0 esiste un’unica coppia (q, r) ∈ D × D con r = 0 oppureδ(r) < δ(b) tale che

a = qb+ r. (1.25)

Dimostrazione Supponiamo valga la (1.24) Poiche D e un dominio euclideo, esiste unacoppia (q, r) che soddisfa la (1.25) e il vincolo sul grado. Se (q′, r′) e un’altra coppia cherispetta i vincoli di grado, allora

qb+ r = a = q′b+ r′

e quindi (q − q′)b = r′ − r. Poiche b non e nullo, r = r′ se e solo se q = q′. Supponiamoallora q 6= q′, e quindi r 6= r′. Se r = 0, si ha r′ = (q − q′)b e da (i) della Definizione 1.4.1segue l’assurdo δ(b) ≤ δ(r′). Se r e r′ sono entrambi diversi da zero, si perviene all’assurdo

δ(b) ≤ δ(r′ − r) ≤ max{δ(r′), δ(r)} < δ(b)

Viceversa, supponiamo che la (1.24) non valga per due elementi non nulli a, b in D, cona+ b 6= 0. Da

a = (a+ b)1 + (−b) = (a+ b)0 + a,

e da δ(a+ b) > max{δ(a), δ(b)} si ha che nella divisione euclidea di a per a+ b le coppie(1,−b) e (0, a) sono entrambe interpretabili come quoziente e resto.

Esempio 1.4.2 - continuazione [Polinomi di Laurent] Mentre i polinomi in una indetermi-nata a coefficienti in un campo, con la definizione di grado data nell’Esempio 1.4.1, soddisfano leipotesi della Proposizione 1.4.2., la condizione (1.24) non e soddisfatta dai polinomi di Laurent. Cio

Page 22: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

22 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

puo essere verificato direttamente a partire dalla definizione di funzione grado data in (1.22), o,equivalentemente, determinando due polinomi a(z) e b(z), b(z) 6= 0, per i quali la scrittura (1.25)non e unica.Ad esempio, per a(z) = z3 + z2 + z+ 2 e b(z) = z2 + z−1 in R[z, z−1], si ha a(z) = b(z)q1(z) + r1(z)con q1(z) = z e r1(z) = 2z + 2, δ(r1) = 1 < 2 = δ(b), ma anche a(z) = b(z)q2(z) + r2(z) conq2(z) = z + 2z−1 e r2(z) = 2z−1, δ(r2) = 0 < 2 = δ(b).

1.5 Polinomi - parte I

Nelle pagine precedenti siamo ricorsi in vari esempi all’anello dei polinomi e al corrispon-dente campo delle funzioni razionali, assumendo per note, almeno da un punto di vistaoperativo, alcune loro proprieta. In questo paragrafo ci proponiamo, senza pretesa dicompletezza, di precisare alcune definizioni e i risultati piu elementari ai quali faremoriferimento nel seguito.

1.5.1 Polinomi in una indeterminata

Sia R un anello; con il simbolo z, non appartenente a R, formiamo le espressioni del tipo

p(z) =∑i

pizi, (1.26)

dove l’indice i varia su un sottoinsieme finito di N e i coefficienti pi sono elementi dell’anelloR. Ciascuno degli addendi in (1.26) viene chiamato monomio, mentre il simbolo zi edetto termine. Queste espressioni sono note come polinomi e il simbolo z rappresental’indeterminata. E importante sottolineare che un’indeterminata e solamente un simbolo,una lettera e null’altro.Due polinomi sono detti uguali se contengono esattamente gli stessi monomi, ad eccezionedei monomi a coefficiente nullo, che possono essere inclusi o omessi a piacere. Se sommiamoo moltiplichiamo due polinomi p(z) e q(z) secondo le regole ben note, assumendo che tuttele potenze di z commutino con gli elementi di R, e riuniamo termini relativi alla medesimapotenza di z, otteniamo un nuovo polinomio. Se p(z) =

∑i piz

i e q(z) =∑i qiz

i, infatti,abbiamo

p(z) + q(z) :=∑i

(pi + qi)zi, (1.27)

dove pi e qi vanno assunti nulli ogniqualvolta non compaiano esplicitamente nelle espres-sioni di p(z) e q(z). Similmente si definisce il loro prodotto come

p(z) · q(z) :=∑i

∑h

(pi−h qh)zi. (1.28)

Con queste due operazioni l’insieme R[z] dei polinomi a coefficienti in R diventa un anelloavente come zero il polinomio nullo, i.e. il polinomio a coefficienti tutti nulli, e come unital’unita di R.

Page 23: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.5. POLINOMI - PARTE I 23

Il grado, deg p, di un polinomio p(z) non nullo e il piu grande intero m tale che pm 6= 0;nel caso di polinomio nullo faremo la convenzione che il suo grado sia −∞. Il coefficientepm e noto come coefficiente conduttore e quando esso e unitario si parla di polinomiomonico. Il coefficiente p0 viene detto termine noto. Un polinomio di grado zero e del tipop0z

0, p0 6= 0, e puo essere identificato con l’elemento p0 di R. Questa identificazione fa sıche R sia un sottoanello di R[z].

Un polinomio p(z) ∈ R[z] si dice irriducibile (in R[z]) se in ogni sua fattorizzazionep(z) = p1(z)p2(z) uno dei due fattori e un elemento invertibile in R[z].

La ragione per cui i polinomi risultano cosı utili e che possiamo sostituire all’indeter-minata z un arbitrario elemento di R, o perfino di un anello piu grande, senza distruggerela validita delle relazioni di somma e prodotto espresse dalle (1.27) e (1.28). Cio segue dalfatto che somma e prodotto sono state definite nel modo piu naturale, e restano pertantovalide se alla z viene sostituito un arbitrario elemento α ∈ R.

• Esercizio 1.5.1 (i) Sia D un dominio; quali sono gli elementi invertibili di D[z]?

(ii) Se R non e un dominio possono esistere polinomi invertibili in R[z] di grado strettamentepositivo.(Suggerimento: si consideri il polinomio 2z + 1 a coefficienti nell’anello degli interi modulo 4)

(iii) Sia D un dominio e siano a(z) e b(z) due polinomi in D[z], il secondo dei quali monico.Dimostrare che esistono q(z) ed r(z) in D[z] tali che

a(z) = b(z)q(z) + r(z) deg r < deg b.

Perche questo risultato non prova che D[z] e un dominio euclideo?

(iv) in un campo F un polinomio p(z) e irriducibile se e solo se non e esprimibile come prodotto di

due polinomi di grado positivo.

Molte proprieta di R (ma non tutte!) sono ereditate da R[z]; in particolare, vale il seguenterisultato.

Proposizione 1.5.1 D e un dominio se e solo se D[z] lo e.

Dimostrazione Supponiamo che D sia un dominio. Se p(z) e q(z) sono polinomi nonnulli in D[z], con coefficienti conduttori rispettivamente pm e qr, il coefficiente del terminezm+r in p(z)q(z) e pmqr. Percio p(z)q(z) non e il polinomio nullo.Il viceversa e ovvio, avendo identificato D con un sottoanello di D[z].

• Esercizio 1.5.2 E vero che se D e un PID allora lo e anche D[z]?

Come si e avuto modo di osservare in precedenza, se F e un campo, F[z] e un dominioeuclideo, quindi a ideali principali. Di conseguenza, per ogni coppia di polinomi non nullia(z) e b(z), esiste un loro MCD, d(z), ed esso e esprimibile nella forma

d(z) = x(z)a(z) + y(z)b(z), (1.29)

Page 24: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

24 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

per opportuni x(z) e y(z) in F[z]. L’applicazione iterata dell’algoritmo di divisione dipolinomi consente di calcolare d(z) e fornisce allo stesso tempo una coppia di polinomi(x(z), y(z)) che soddisfa la (1.29). In particolare, questo algoritmo fornisce una proceduracostruttiva per verificare se una coppia di polinomi e coprima e, in caso affermativo, unasoluzione all’identita di Bezout 1 = x(z)a(z) + y(z)b(z).

1.5.2 Algoritmo Euclideo per l’estrazione del MCDSiano a(z) e b(z) una coppia di polinomi non nulli in F[z], F un campo.1. [Divisioni successive] Poniamo p0(z) = a(z) e p1(z) = b(z) e per k ≥ 2 definiamoricorsivamente la successione di polinomi

pk(z) = pk−2(z)− qk−1(z)pk−1(z), qk−1(z) ∈ F[z], deg pk < deg pk−1, (1.30)

in cui pk(z) rappresenta il resto della divisione euclidea di pk−2(z) per pk−1(z).Poiche la successione dei gradi dei polinomi pk(z) e strettamente decrescente, esiste k ∈ Ntale che pk+1(z) = 0 e pk(z) 6= 0. Esplicitamente si ha

p0(z)− q1(z)p1(z) = p2(z) (1.31)p1(z)− q2(z)p2(z) = p3(z) (1.32)

. . . . . .

pk−4(z)− qk−3(z)pk−3(z) = pk−2(z) (1.33)pk−3(z)− qk−2(z)pk−2(z) = pk−1(z) (1.34)pk−2(z)− qk−1(z)pk−1(z) = pk(z) (1.35)

pk−1(z)− qk(z)pk(z) = 0. (1.36)

Vogliamo provare che pk(z) e un MCD di a(z) e b(z) ed e esprimibile come in (1.29).

2. [pk(z) e divisore comune di a(z) e b(z)] E chiaro da (1.36) e (1.35) che pk(z) dividesia pk−1(z) che pk−2(z). Induttivamente si dimostra che se pk(z) divide pk−1(z) e pk−2(z),allora divide anche pk−2(z) e pk−3(z), e infine a(z) e b(z). Quindi pk(z) e un divisorecomune di a(z) e b(z).

3. [pk(z) appartiene all’ideale (a(z), b(z))] Sostituendo nella (1.35) l’espressione dipk−1(z) data dalla (1.34), si ottiene per pk(z) un’espressione del tipo

pk(z) = mk−3(z)pk−3(z) +mk−2(z)pk−2(z), (1.37)

sostituendo pk−2(z) in (1.37) con la sua espressione fornita da (1.33) e cosı via, procedendoa ritroso si giunge, infine, all’espressione

pk(z) = x(z)a(z) + y(z)b(z).

Page 25: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.5. POLINOMI - PARTE I 25

4. [Ogni divisore comune di a(z) e b(z) divide pk(z)] Se d′(z) e un divisore comune dia(z) e b(z), allora dalla relazione precedente e anche un divisore di pk(z), il che dimostrache pk(z) e un MCD.

Il precedente algoritmo ha permesso il calcolo di un MCD, d(z), di una coppia dipolinomi ed ha portato all’espressione di d(z) fornita dalla (1.29). Adottando un’otticadiversa, d(z) puo essere interpretato come termine noto di una particolare equazione dio-fantea nei polinomi incogniti x(z) e y(z) che, per quanto visto, ammette soluzione. Questopunto di vista ci introduce al problema piu generale di trovare sotto quali condizioni, datitre polinomi a(z), b(z) e c(z) in F[z], l’equazione diofantea

c(z) = x(z)a(z) + y(z)b(z), (1.38)

nelle incognite x(z) e y(z), e risolubile in F[z], e di determinare qual e la strutturadell’insieme delle sue soluzioni. Nella teoria del controllo lineare l’interesse per questotipo di equazioni e motivato dal fatto che molte procedure di sintesi di controllori, osser-vatori, etc., possono essere ricondotte, come vedremo, alla soluzione di equazioni diofanteedel tipo (1.38) o, nel caso multivariabile, di equazioni polinomiali a coefficienti matriciali.

Proposizione 1.5.3 [Risolubilita e soluzione generale dell’equazione diofan-tea] Sia d(z) un MCD dei polinomi a(z) e b(z). L’ equazione (1.38) e risolubile se e solose d(z)|c(z).Inoltre, se (x(z), y(z)) e una soluzione particolare, posto a(z) = a(z)/d(z) e b(z) =b(z)/d(z), la soluzione generale di (1.38) e data da

(x(z), y(z)) = (x(z), y(z)) + q(z)(−b(z), a(z)) (1.39)

al variare di q(z) in F[z].

Dimostrazione Chiaramente l’equazione (1.38) e risolubile se e solo se c(z) appartieneall’ideale generato da a(z) e b(z), ma in un PID tale ideale coincide con quello generatodal MCD di a(z) e b(z). Da cio segue il risultato.E immediato verificare che tutte le coppie (x(z), y(z)) fornite dalla (1.39) sono soluzionidella (1.38). D’altra parte, se (x(z), y(z)) e un’arbitraria soluzione, si ha

(x(z)− x(z))a(z) = −(y(z)− y(z))b(z), (1.40)

da cui(x(z)− x(z))a(z) = −(y(z)− y(z))b(z). (1.41)

Poiche a(z) e b(z) sono coprimi, da a(z)|(y(z) − y(z))b(z) segue a(z)q(z) = (y(z) − y(z))e, sostituendo in (1.41), si prova subito la (1.39).

Page 26: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

26 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

Osservazione Se l’equazione diofantea (1.38) e risolubile, ovvero se c(z) = h(z)d(z) perun opportuno polinomio h(z), e immediato ottenere una soluzione particolare ricorrendoall’algoritmo di estrazione del MCD di a(z) e b(z). Da esso, infatti, si ricavano x(z) e y(z)in F[z] tali che

d(z) = x(z)a(z) + y(z)b(z).

e la coppia(h(z)x(z), (h(z)y(z)

)e una soluzione particolare di (1.38).

Proposizione 1.5.4 Se l’equazione (1.38) e risolubile, essa ammette una soluzione(x1(z), y1(z)) con deg x1 < deg b, ed una soluzione (x2(z), y2(z)) con deg y2 < deg a.

Dimostrazione Se (x(z), y(z)) e una soluzione particolare dell’equazione, e deg x ≥deg b, applicando l’algoritmo di divisione si ottiene

x(z) = q(z)b(z) + x1(z), deg x1 < deg b.

Dalla (1.39) e immediato verificare che (x1(z), y1(z)) = (x(z) − q(z)b(z), y(z) + q(z)a(z))e la soluzione cercata.Per (x2(z), y2(z)) si procede in modo analogo.

• Esercizio 1.5.3 Siano a(z) = z3 − 2z2 − z + 2, b(z) = z2 − 2z e c(z) = z5 − 4z4 + 4z3 + z − 2polinomi in R[z].

(i) Si provi che MCD(a(z), b(z)) = z − 2.

(ii) Si dimostri che la soluzione generale dell’equazione (1.38), in corrispondenza ai polinomi a(z) eb(z) assegnati, e data da

x(z) = (−z4 + 2z3 − 1)− q(z)zy(z) = (z5 − 2z4 + z) + q(z)(z2 − 1)

(iii) Dimostrare che una soluzione (x1(z), y1(z)) con deg x1 < deg b, e data da

x(z) = −1 y(z) = z3 − 2z2 + z.

• Esercizio 1.5.4 Si provi che nella Proposizione 1.5.4 si puo’ assumere deg x1 < deg b con b(z) =b(z)/d(z), d(z) = MCD(a(z), b(z)).

Ogni polinomio in p(z) = a0 + a1z + . . .+ akzk ∈ F[z] individua la funzione fp : F → F :

c 7→ a0 + a1c+ . . .+ akck, che associa ad ogni valore della variabile c ∈ F il valore che la

“funzione polinomiale” fp(·) assume in c. Di solito, la funzione fp viene denotata con ilmedesimo simbolo del polinomio, e con il simbolo p(c) si intende il valore che la funzionepolinomiale p(·) assume nel punto c ∈ F.Non e sempre vero che polinomi diversi individuino funzioni polinomiali diverse. Se F e ilcampo a due elementi, i polinomi zk+zk+1 ∈ F[z] individuano, per ogni k ≥ 0, la funzionepolinomiale identicamente nulla.In ogni caso, fissato c in F, la mappa

φc : F[z]→ F : p(z) 7→ p(c)

Page 27: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.5. POLINOMI - PARTE I 27

e un omomorfismo suriettivo d’anello.

Definizione 1.5.5 [Zero di un polinomio] Sia c un elemento del campo F e sia p(z) =∑i aiz

i un polinomio in F[z]. Con p(c) indichiamo l’elemento∑i aic

i ∈ F. Diciamo che ce uno zero del polinomio p(z) se p(c) = 0.

Proposizione 1.5.6 Sia c un elemento del campo F e sia p(z) un polinomio in F[z],allora il resto della divisione euclidea di p(z) per z − c coincide con p(c). Di conseguenza,z − c divide p(z) se e solo se p(c) = 0.

Dimostrazione Dall’algoritmo di divisione euclidea segue

p(z) = q(z)(z − c) + r(z), (1.42)

con deg r < deg(z − c) = 1, e quindi r(z) e una costante r. Sostituendo c a z in amboi membri di 1.42 (in termini piu formali, applicando l’omomorfismo φc ad entrambi imembri) si trova p(c) = q(c) 0 + r.Se p(c) = 0, allora r = 0 e quindi p(z) = q(z)(z− c). Viceversa, se z− c divide p(z) allorail resto della divisione r = a(c) e nullo.

• Esercizio 1.5.5 (i) Utilizzando la precedente proposizione si dimostri che se un polinomio p(z) ∈ F[z]

ha k zeri distinti c1, c2, . . . , ck, allora deg p ≥ k(Suggerimento : dividendo p(z) per z − c1 si trova p(z) = p1(z)(z − c1), quindi p1(z) ha zeri

c2, c3, . . . , ck).

(ii) Se F e un campo infinito, allora polinomi distinti determinano funzioni polinomiali distinte

(Suggerimento: basta osservare che solo il polinomio nullo individua la funzione polinomiale nulla.

Infatti, per motivi di grado, solo il polinomio nullo puo avere infiniti zeri distinti.)

Proposizione 1.5.7* [Polinomio interpolatore di Lagrange] Sia F un campo.Dati n elementi distinti c1, c2, . . . , cn ∈ F ed n altri elementi, non necessariamente distinti,λ1, λ2, . . . , λn ∈ F, esiste in F[z] un polinomio, unico se di grado non superiore a n − 1,che assume in ci il valore λi, per i = 1, 2., . . . , n.

Prova Si ponga pi(z) =∏j 6=i(z − ci). Allora il polinomio

p(z) =n∑i=1

λipi(ci)

pi(z) (1.43)

ha grado non superiore a n−1 e soddisfa la condizione richiesta. Se un altro polinomio q(z)di grado minore di n soddisfa la medesima condizione, allora p(z)− q(z) e identicamentenullo, avendo n zeri distinti c1, c2, . . . , cn e grado minore di n, quindi q(z) = p(z).

Definizione 1.5.8 [Zero multiplo di un polinomio] Un elemento c ∈ F e uno zerodi p(z) ∈ F[z] con molteplicita m se (z − c)m | p(z) ma (z − c)m+1 6 | p(z).In particolare c ci dira zero multiplo di p(z) se m > 1.

Page 28: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

28 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

<< ∗ Dato un polinomio p(z) = A0 + a1z + . . . + anzn a coefficienti nell’anello R si

definisce polinomio derivato di p il polinomio come

Dp(z) = a1 + 2a2z + . . .+ nan−1zn−1.

E un facile esercizio verificare che la mappa D : R[z] → R[z] : p 7→ Dp che associa ad unpolinomio il suo derivato soddisfa in R[z] le proprieta dell’operatore di derivazione definitosulle funzioni reali di variabile reale:

D.1 D(p(z) + q(z)) = Dp(z) +Dq(z)D.2 D(p(z)q(z)) = (Dp(z))q(z) + p(z)(Dq(z))D.3 D(ap(z)) = aDp(z), a ∈ RD.4 D(z) = 1

Proposizione 1.5.9 [Zero multiplo di un polinomio] Un elemento c in un campo Fe uno zero multiplo di p(z) ∈ F[z] se e solo se p(c) = Dp(c) = 0.

Prova Per definizione, c e zero multiplo di p(z) se e solo se (z − c)2|p(z).La divisione euclidea di p(z) per (z − c)2 da

p(z) = (z − c)2q(z) + r(z), con r(z) = (z − c)r1 + r0, r0, r1 ∈ F (1.44)

e la derivata di p(z) e

Dp(z) = 2(z − c)q(z) + (z − c)2Dq(z) +Dr(z) (1.45)

Ponendo z = c otteniamo da (1.44) e da (1.45)

p(c) = r(c) = r0, Dp(c) = Dr(c) = r1

e quindip(z) = (z − c)2q(z) + (z − c)Dp(c) + p(c). (1.46)

Pertanto (z − c)2 divide p(z) se e solo se p(c) = Dp(c) = 0. *>>

Un polinomio a coefficienti in un generico campo F puo esser privo di zeri in F puravendo grado positivo.

Definizione 1.5.10 [Campi algebricamente chiusi] Diciamo che un campo F e alge-bricamente chiuso se ogni polinomio in F[z] di grado maggiore o uguale a 1 ha almenouno zero in F.

E immediato verificare che F e algebricamente chiuso se e solo se ogni polinomio di gradon fattorizza in F[z] nel prodotto di n polinomi del primo grado.E possibile dimostrare [2,6] che comunque scelto un campo F esiste un campo algebrica-mente chiuso che lo contiene e i cui elementi sono zeri di opportuni polinomi a coefficienti in

Page 29: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.5. POLINOMI - PARTE I 29

F. Il piu piccolo campo algebricamente chiuso contenente F e unico a meno di isomorfismi,viene chiamato chiusura algebrica di F e viene indicato con il simbolo F.Nel seguito, quando parleremo di zeri di un polinomio p(z) ∈ F[z] penseremo p(z) comeelemento di F[z] e i suoi zeri come elementi di F. Pertanto gli zeri di ogni polinomio digrado positivo in F[z], contati con la rispettiva molteplicita, sono in numero pari al grado.Ulteriori complementi sui polinomi sono presentati in un paragrafo successivo.

Polinomi in piu indeterminate

Il procedimento seguito per ottenere da un anello R un anello di polinomi e consistito essen-zialmente nella aggiunzione ad R di una indeterminata (di un simbolo) z 6∈ R, con la qualecostruire espressioni (i “polinomi”) del tipo b0 + b1z + . . . bkz

k,¯i ∈ R e nella definizione

delle operazioni di somma e di moltiplicazione fra le espressioni predette. L’anello R[z]cosı ottenuto e isomorfo ad ogni altro anello R[z′] al quale si perviene aggiungendo ad Runa diversa indeterminata z′ 6∈ R e costruendo i polinomi in z′.Poiche il procedimento di aggiungere una indeterminata puo essere applicato a qualsiasianello, puo essere applicato in particolare all’anello R[z]. Naturalmente dovremo chia-mare la nuova indeterminata con un nome diverso da z, p.es. y. In questo caso otteniamol’anello dei polinomi R[z][y], il cui elemento generico ha la forma

p(z, y) =∑ij

bijziyj , bij ∈ R

e la somma e estesa a un numero finito di coppie (i, j) ∈ N ×N. E chiaro che alle stesseespressioni si perviene estendendo dapprima R con y e poi R[y] con z, per cui poniamoR[z, y] := R[z][y] = R[y][z].Piu in generale, definiamo l’anello dei polinomi nelle indeterminate z1, . . . , zn in via indut-tiva, mediante la regola

R[z1, . . . , zn] = R[z1, . . . , zn−1][zn]

I suoi elementi sono le espressioni formali

p(z1, . . . , zn) =∑

i1,...,in

bi1...inzi11 · · · z

inn , bi1...in ∈ R

dove la somma e estesa ad n-uple finite di elementi di N.Gli elementi bi1...in sono i coefficienti del polinomio, ciascuno degli addendi bi1...inzi1 ···zinne un monomio di grado i1 + . . .+ in, e il grado del polinomio p(z1, . . . , zn) e il massimodei gradi dei monomi non nulli che vi figurano.Un polinomio i cui monomi non nulli hanno tutti il medesimo grado k si dice omogeneo

Page 30: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

30 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

(o una forma) di grado k. Un polinomio p(z1, . . . zn) e una forma di grado k se e solo se,introdotta un’ulteriore indeterminata t, si ha

p(tz1, . . . , tzn) = tkp(z1, . . . , zn).

1.6 Funzioni razionali in una indeterminata

In questo paragrafo costruiremo, a partire dal dominio F[z], il campo F(z) delle funzionirazionali nell’indeterminata z a coefficienti in F e ne studieremo alcune proprieta. Latecnica di costruzione impiegata ha validita generale, nel senso che permette di ottenere, apartire da un arbitrario dominio di integrita D, il “campo delle frazioni (o dei quozienti) diD”, ovvero il piu piccolo campo di cui D risulti sottoanello; in particolare, nell’aritmeticaelementare essa consente di passare dall’anello degli interi al campo dei numeri razionali.

1.6.1 Il campo delle frazioni

Introduciamo nell’insieme F[z]× (F[z]\{0}) delle coppie ordinate di polinomi (p(z), q(z)),con q(z) 6= 0, una relazione di equivalenza ∼ ponendo

(p(z), q(z)) ∼ (n(z), d(z)) ⇔ n(z)q(z) = p(z)d(z), (1.47)

e denotiamo la classe di equivalenza individuata dalla coppia (p(z), q(z)) con p(z)/q(z).Sull’insieme F[z] × (F[z] \ {0})/ ∼ delle classi di equivalenza si definiscono le operazionidi addizione e moltiplicazione ponendo

p / q + n / d := (pd+ nq) / qd p/q · n/d := pn / qd.

Rispetto a queste operazioni l’insieme assume struttura di campo, il campo delle funzionirazionali in una indeterminata, e viene denotato con F(z).

• Esercizio 1.6.1 Dimostrare i seguenti fatti :

(i) ∼ e una relazione di equivalenza.

(ii) Le operazioni di addizione e moltiplicazione prima introdotte sono ben definite, nel senso chesomma e prodotto non dipendono dalle particolari coppie di elementi scelte per rappresentare leclassi.

(iii) Ogni classe di equivalenza contiene una coppia (p(z), q(z)) con p e q coprimi cui rimane associatauna rappresentazione irriducibile p(z)/q(z) della funzione razionale. E unica tale coppia?

(iv) 0/1 e 1/1 sono rispettivamente l’elemento neutro rispetto all’addizione ed alla moltiplicazione.

(v) L’inverso di p/q, p 6= 0, e q/p.

(vi) Se (p(z), q(z)) ∼ (n(z), d(z)) e p(z)/q(z) e una rappresentazione irriducibile, allora esiste un

c(z) tale che n(z) = p(z)c(z) e d(z) = q(z)c(z).

Page 31: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.6. FUNZIONI RAZIONALI IN UNA INDETERMINATA 31

1.6.2 Valutazioni

Sia

f(z) =p(z)q(z)

∈ F(z)

una funzione razionale non nulla, e sia F la chiusura algebrica di F. Come conseguenzadell’immersione di F[z] in F[z], ogni polinomio di grado n in F[z] ha esattamente n zeri(eventualmente coincidenti) in F e fattorizza quindi nel prodotto di n fattori di primogrado. Pertanto, se α e un arbitrario elemento di F, e sempre possibile giungere allascrittura

f(z) =n(z)d(z)

(z − α)ν , (1.48)

con ν un intero e n(z) e d(z) polinomi in F[z], entrambi diversi da zero in α.L’esponente intero ν che compare nella (1.48) sara chiamato valutazione di f(z) in α eindicato con la scrittura vα(f). La valutazione di f(z) all’infinito e invece definita da

v∞(f) := deg q(z)− deg p(z).

Se f(z) e la funzione nulla, la sua valutazione e per definizione +∞ ovunque.Se la valutazione vα(f) e negativa, diremo che α ∈ F e un polo di f(z) di molteplicita−vα(f), se e positiva diremo che α e uno zero di f(z) di molteplicita vα(f). La definizionedi zero e polo all’infinito e del tutto analoga.

E immediato riconoscere il legame esistente tra zeri e poli di una funzione f(z) e glizeri dei polinomi che compaiono al numeratore p(z) e al denominatore q(z) di una suaarbitraria rappresentazione p(z)/q(z). In generale, gli zeri di f(z) sono un sottoinsiemedegli zeri di p(z) ed i poli di f(z) un sottoinsieme degli zeri di q(z); nell’ipotesi in cuip(z)/q(z) sia una rappresentazione irriducibile, invece, zeri e poli di f(z) coincidono congli zeri di p(z) e q(z), rispettivamente.

• Esercizio 1.6.2 Dimostrare che se α appartiene ad F oppure e il simbolo +∞

(i) le valutazioni non dipendono dalla particolare rappresentazione p(z)/q(z) utilizzata per la fun-zione razionale;

(ii) vα(fg) = vα(f) + vα(g);

(iii) se g(z) 6= 0, allora vα(1/g) = −vα(g) e quindi vα(f/g) = vα(f)− vα(g) per ogni f(z), , g(z) ∈F(z);

(iv) vα(f+g) ≥ min(vα(f), vα(g)); in particolare, se vα(f) 6= vα(g) allora vα(f+g) = min(vα(f), vα(g)).

(v) E vero che vα(f + g) ≤ max(vα(f), vα(g))?

(vi) Data f(z) una funzione in F(z) si effettui la sostituzione d = 1/z ottenendo cosı una funzione

razionale f(d) ∈ F(d). Assumendo, per convenzione, 1/0 = ∞ e 1/∞ = 0, si verifichi che vα(f) =

v1/α(f), per ogni α ∈ F ∪ {+∞}.

Page 32: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

32 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

Una funzione razionale f(z) ∈ F(z) e detta propria se la sua valutazione all’infinito emaggiore o uguale a zero. In particolare, f(z) e strettamente propria se v∞(f) > 0.

• Esercizio 1.6.3 (i) Si verifichi che le funzioni razionali proprie formano un dominio di integrita,che denoteremo con Fp(z). Esso e un dominio euclideo proprio rispetto alla funzione grado δ(f) :=v∞(f), ma in esso non vale la condizione δ(f + g) ≤ max{δ(f), δ(g)} (si considerino, p.es., f(z) =−2/z e g(z) = (2z + 1)/z2). Quindi quoziente e resto della divisione euclidea non sono unici. Sifornisca un esempio di tale situazione.

(ii) Con riferimento alla notazione dell’esercizio 1.6.2 (vi), si dimostri che f(z) e propria se e solo sef(d) ammette una rappresentazione in cui il polinomio a denominatore ha termine noto non nullo,ed e strettamente propria se nella medesima rappresentazione il polinomio a numeratore ha nullo iltermine noto.

(iii) Si dimostri che una funzione razionale f(z) e propria se e solo se puo essere sviluppata in serienell’anello F[[z−1]].

1.6.3 Funzioni razionali stabili

Nel seguito di questo paragrafo assumeremo che F sia il campo dei reali R e percio Fcoincida con C. Indicheremo inoltre con Ce l’insieme dei numeri complessi esteso, ovveroil piano complesso compreso il punto improprio ∞, e con D il disco unitario aperto in C,ovvero l’insieme dei numeri complessi di modulo strettamente minore di 1.

Definizione 1.6.1 [Funzioni razionali stabili] Una funzione razionale f(z) in R(z)e detta stabile6 se i suoi poli sono tutti in D o, equivalentemente, se vα(f) ≥ 0 per ogniα ∈ Ce \D.

Per brevita, quando ci riferiremo ad una generica funzione razionale, ne chiameremo stabilii poli e gli zeri in D, instabili quelli in Ce \ D. Diremo, inoltre, che p(z) ∈ R[z] e unpolinomio a zeri stabili se tutti i suoi zeri appartengono a D. Detto

S := {f(z) ∈ R(z) : vα(f) ≥ 0 ∀α ∈ Ce \D},

l’insieme delle funzioni razionali (proprie e) stabili, e immediato verificare che S e unsottoanello di R(z). Gli elementi invertibili di S sono le funzioni razionali la cui valutazionee nulla in ogni punto di Ce\D, ovvero le funzioni razionali con denominatore e numeratoredel medesimo grado e con poli e zeri in D. Tali elementi verranno chiamati funzioni afase minima.

<< ∗

Se f(z) e g(z) sono elementi di S, g(z) divide f(z) in S se esiste una funzione h(z) ∈ Stale che f(z) = g(z)h(z). Dal momento che R(z) e un campo, l’equazione f(z) = g(z)h(z)

6Questa definizione di stabilita e giustificata dal fatto che nel seguito prenderemo in considerazionesoltanto sistemi a tempo discreto. Una definizione analoga per i sistemi a tempo continuo fa riferimento afunzioni razionali con poli a parte reale strettamente negativa.

Page 33: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.6. FUNZIONI RAZIONALI IN UNA INDETERMINATA 33

nell’incognita h(z) ammette sempre una ed una sola soluzione h(z) = f(z)/g(z) in R(z),salvo nel caso in cui g(z) sia nullo e f(z) non lo sia; tale soluzione pero puo non apparteneread S.

Proposizione 1.6.2 [Divisori e MCD in S] Se f(z) e g(z) sono elementi di S eg(z) 6= 0,

i) g(z) divide f(z) in S se e solo se per ogni α in Ce \D si ha

vα(f) ≥ vα(g). (1.49)

ii) f(z) e g(z) non a fase minima sono coprimi se e solo se sono privi di zeri comuni inCe \D, ovvero vα(f) > 0 implica vα(g) = 0 per ogni α ∈ Ce \D.

Dimostrazione (i) Supponiamo sia f(z) = g(z)h(z) per qualche h(z) ∈ S. Allora perogni α ∈ Ce si ha vα(f) = vα(g) + vα(h), e per ogni α ∈ Ce \D risulta vα(f) ≥ vα(g), dalmomento che vα(h) e non negativa.Viceversa, se vale la (1.49), allora la funzione razionale h(z) := f(z)/g(z) soddisfa f(z) =g(z)h(z) e vale vα(h) = vα(f) − vα(g) ≥ 0 per ogni α ∈ Ce \ D. Cio garantisce che h(z)sia in S.(ii) In base al punto precedente, h(z) ∈ S e un divisore comune non banale di f(z) e g(z)se e solo se per ogni α ∈ Ce \D si ha vα(h) ≤ vα(f) e vα(h) ≤ vα(g), ed esiste α ∈ Ce \Dtale che vα(h) > 0. Ma allora un divisore comune non banale di f(z) e g(z) esiste se e solose esiste α ∈ Ce \D tale che risulti simultaneamente vα(f) > 0 e vα(g) > 0. Da cio segueimmediatamente il risultato.

Esempio 1.6.1 Si considerino le funzioni di S

g(z) =z + 2

(z − 12)(z − 1

4)

f(z) =(z + 2)2

(z − 12)(z − 1

5)(z + 1

3).

Si trova v−2(g) = 1 < v−2(f) = 2 e v∞(g) = v∞(f) = 1, mentre per ogni altro α ∈ Ce \ D si havα(g) = vα(f) = 0. Essendo soddisfatte le ipotesi della precedente proposizione, si ha che g(z)divide f(z) in S. Di fatto si trova

f(z)

g(z)=

(z + 2)(z − 14)

(z − 15)(z + 1

3).

• Esercizio 1.6.4 Dimostrare che le seguenti funzioni razionali in R(z) sono irriducibili in S(ovveroogni loro fattorizzazione contiene un fattore a fase minima):

1

z − αz − βz − α

(z − β1)2 + β22

(z − α)2,

con α ∈ D ∩ R, β ∈ R \ D, β21 + β2

2 ≥ 1 e β1β2 6= 0

Page 34: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

34 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

Vogliamo ora introdurre una funzione grado δ(·) : S \{0} → N rispetto alla quale S risultiun dominio euclideo proprio (cfr. Definizioni 1.4.1 e 1.4.2). A tale scopo per ogni f(z) ∈S poniamo

δ(f) :=∑

α∈Ce\Dvα(f), (1.50)

ovvero assumiamo come grado di f(z) il numero dei suoi zeri instabili, incluso quelloall’infinito, ciascuno contato con la sua molteplicita.

Esempio 1.6.1 (cont) Per le funzione dell’esempio 1.6.1 si ha δ(g) = 2 e δ(f) = 3.

• Esercizio 1.6.5 Dimostrare che in S una funzione f(z) e a fase minima se e solo se δ(f) = 0.

Lemma 1.6.3 Se

g(z) =ni(z)ns(z)ds(z)

e un elemento di S, con ns(z) e ds(z) polinomi a zeri stabili e ni(z) a zeri instabili, alloraδ(g) = deg ds − deg ns.

Dimostrazione Per definizione di δ si ha

δ(g) =∑

α∈C\Dvα(g) +

(deg ds − deg(nins)

)=

∑α∈C\D

vα(ni) +(deg ds − deg ni − deg ns

)= deg ds − deg ns,

essendo deg ni =∑α∈C\D vα(ni).

Proposizione 1.6.4 S e un dominio euclideo proprio rispetto alla funzione grado (1.50).

Dimostrazione Per provare che S e un dominio euclideo proprio mostreremo che perogni f(z) e g(z) in S, g(z) 6= 0,

(i) δ(fg) = δ(f) + δ(g);

(ii) esistono q(z) e r(z) in S, con r(z) nullo o soddisfacente il vincolo δ(r) < δ(g), taliche

f(z) = q(z)g(z) + r(z);

Il punto (i) segue dalla definizione di funzione grado e dall’identita vα(fg) = vα(f)+vα(g)(cfr. Esercizio 1.6.2).

Page 35: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.6. FUNZIONI RAZIONALI IN UNA INDETERMINATA 35

Per il punto (ii), supponiamo dapprima δ(g) = 0. Per ogni α ∈ Ce \ D si ha alloravα(g) = 0, quindi g(z) e invertibile in S e divide f(z). Di conseguenza

q(z) = f(z)g−1(z) e r(z) = 0

Sia invece δ(g) > 0. Possiamo esprimere g(z) ed f(z) nella forma

g(z) =ni(z)ns(z)ds(z)

=[ns(z)ds(z)

zδ(g)]ni(z)zδ(g)

, f(z) =a(z)bs(z)

,

dove ns(z), ds(z) e bs(z) sono polinomi a zeri stabili, ni(z) ha zeri tutti instabili e δ(g) eil grado di g(z).Come conseguenza del Lemma 1.6.2 il fattore ns(z)zδ(g)/ds(z) e a fase minima e percioni(z)/zδ(g)e un elemento di S, in quanto prodotto di due elementi di S.D’altra parte, i polinomi ni(z) e bs(z) sono privi di zeri comuni, quindi l’equazione dio-fantea

a(z)zδ(g)−1 = x(z)ni(z) + y(z)bs(z) (1.51)

e risolubile e (cfr. Proposizione 1.5.4) ammette una soluzione con

deg x < deg bs. (1.52)

Dividendo entrambi i membri della (1.51) per bs(z)zδ(g)−1 si perviene all’espressione

f(z) =a(z)bs(z)

=x(z)bs(z)

ni(z)zδ(g)−1

+y(z)zδ(g)−1

=z x(z)bs(z)

[ns(z)ds(z)

zδ(g)]−1 [ns(z)

ds(z)zδ(g)

]ni(z)zδ(g)

+y(z)zδ(g)−1

=z x(z)bs(z)

[ns(z)ds(z)

zδ(g)]−1

g(z) +y(z)zδ(g)−1

=: q(z)g(z) + r(z).

nella quale, per (1.52), z x(z)/bs(z) e in S e quindi q(z), che ne differisce per un fattore afase minima, e pure in S.La funzione r(z), in quanto differenza di funzioni di S, appartiene a sua volta a S e poicheil suo grado soddisfa

δ(r) = deg zδ(g)−1 − deg ys ≤ deg(zδ(g)−1) < δ(g),

dove con ys(z) si e indicato la parte stabile di y(z), il punto (ii) e completamente dimostrato

Page 36: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

36 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

Osservazione L’operazione di divisione euclidea ora introdotta su S non assicura l’unicitadella coppia quoziente-resto. Ad esempio, per la coppia di funzioni

f(z) =z − 1z2

g(z) =z − 2z

,

valgono entrambe le scomposizioni:

f(z) = −z5 −

12

zg(z) +

z2

5 + z10

z2,

e

f(z) = −z4 −

12

zg(z) +

14.

Alternativamente, basta considerare la coppia di funzioni

f(z) =z − 1/6

zg(z) = −z − 1/3

z

per le quali non e soddisfatta la diseguaglianza δ(f + g) ≤ max(δ(f), δ(g)): viene quindia mancare quella che nel paragrafo 1.4 abbiamo evidenziato come condizione necessaria esufficiente per l’unicita di quoziente e resto.

• Siamo f(z) e g(z) elementi di S. Si dimostri che f(z) e g(z) sono coprimi se e solo se esistono x(z)e y(z) ∈ S tali che x(z)f(z) + y(z)g(z) = 1.

• Esercizio 1.6.11 Siano f(z) e g(z) elementi di S. Si provi che, come conseguenza dell’Esercizio1.6.2 (iv), si ha

δ(f + g) =∑

α∈Ce\Dvα(f + g) ≥

∑α∈Ce\D

min(vα(f), vα(g)).

• Esercizio 1.6.6 Si interpretino i polinomi di Laurent come funzioni razionali stabili per le quali il

dominio di stabilita D e l’insieme {0 ∪∞}.

Vogliamo ora accennare alla possibilita di rappresentare una arbitraria funzione razionalecome rapporto di elementi di S.Come si e avuto modo di sottolineare all’inizio del paragrafo, il procedimento di costruzionedel campo delle funzioni razionali F(z) a partire da F[z] ha validita generale. L’applicazionedi tale procedura al dominio S conduce ancora al campo delle funzioni razionali R(z), edunque R(z) e il piu piccolo campo avente S come sottoanello (oltre che il piu piccolocampo avente come sottoanello R[z]).Di conseguenza, ogni elemento w(z) di R(z) e esprimibile come rapporto f(z)/g(z) di duefunzioni razionali proprie e stabili e, in particolare, di due funzioni coprime in S, cioe privedi zeri instabili comuni (rappresentazione irriducibile in S). Zeri e poli instabili di w(z)possono allora essere interpretati in termini di zeri (instabili) di f(z) e g(z).

Proposizione 1.6.5 Sia w(z) una funzione razionale in R(z).

Page 37: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.7. POLINOMI - PARTE II* 37

(i) Se p(z)/q(z), con p(z), q(z) ∈ R[z], e una rappresentazione di w(z) in R[z] e se

f(z) :=p(z)zn

g(z) :=q(z)zn

, n = max{deg p,deg q},

allora f(z)/g(z) e una rappresentazione di w(z) in S, irriducibile in S se e solo segli unici fattori comuni a p(z) e q(z) sono polinomi a zeri stabili.

(ii) Se f(z)/g(z) e una rappresentazione di w(z) irriducibile in S, il punto α ∈ Ce \De uno zero (polo) di w(z) se e solo se e uno zero di f(z) (di g(z)).

La sua molteplicita come zero (polo) di w(z) coincide con la sua molteplicita comezero di f(z) (di g(z)).

Dimostrazione (i) Le funzioni razionali f(z) e g(z) sono elementi di S dal momentoche zn e un polinomio a zeri stabili il cui grado e non minore di quello di p(z) e q(z). Larappresentazione f(z)/g(z) e irriducibile se e solo se f(z) e g(z) sono privi di zeri comuniin Ce \ D (vedi Esercizio 1.6.7); come conseguenza della scelta fatta per n, certamentef(z) e g(z) non hanno uno zero comune nel punto improprio. Gli eventuali zeri comunirimangono quindi al finito, da cui segue immediatamente il risultato.(ii) Il risultato e conseguenza della relazione vα(w) = vα(f) − vα(g) e del fatto che, perla coprimalita di f(z) e g(z), per ogni α ∈ Ce \D, uno al piu tra vα(f) e vα(g) puo esserepositivo.∗ >>

1.7 Polinomi - parte II*

In questo paragrafo intendiamo discutere ulteriori aspetti della teoria dei polinomi. Inprimo luogo, esamineremo la nozione di irriducibilita, supponendo che i coefficienti ap-partengano ad un generico dominio D a fattorizzazione unica (UFD). Successivamente,con riferimento ai polinomi a coefficienti in un campo, accenneremo allo studio degli zeriin correlazione alle estensioni del campo dei coefficienti.

1.7.1 Polinomi irriducibili e polinomi primitivi

Sia D un dominio a fattorizzazione unica. Un polinomio p(z) = a0+a1z+. . .+akzk ∈ D[z]e invertibile se ha grado zero, ossia p(z) = a0 e se a0 e un elemento invertibile di D.

Definizione 1.7.1 [Polinomio irriducibile in una indeterminata] Sia D un do-minio a fattorizzazione unica. Un polinomio non nullo e non invertibile p(z) = a0 + a1z+. . .+ akz

k ∈ D[z] si dice irriducibile se in ogni fattorizzazione p(z) = q1(z)q2(z) uno deidue fattori e un elemento invertibile di D[z].

Page 38: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

38 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

Una nozione piu debole della irriducibilita e quella di primitivita:

Definizione 1.7.2 [Polinomio primitivo] Se D e un dominio a fattorizzazione unica,un polinomio non nullo e non invertibile p(z) = a0 + a1z + . . . + akz

k ∈ D[z] si diceprimitivo se MCD(a0, a1, . . . , ak) = 1.

Se p(z) si riduce a un monomio ahzh di grado positivo, come MCD dei coefficienti si

considera MCD(0, ah) = ah e la primitivita di p(z) si riduce ad avere ah invertibile inD, quindi p(z) associato a zh. Se h = 0, il monomio a0 non puo essere primitivo percheMCD(a0, 0) = 1 implicherebbe l’invertibilita di p(z) in D (e in D[z]).Se p(z) e irriducibile, il MCD dei suoi coefficienti deve essere un elemento invertibile di D,altrimenti si avrebbe p(z) = dp(z) con d non invertibile in D e quindi in D[z]. Pertantol’irriducibilita implica la primitivita, mentre - ovviamente - un polinomio primitivo puoessere riducibile.

Il lemma di Gauss, provato nella proposizione che segue, asserisce che l’insieme dei polinomiprimitivi e moltiplicativamente chiuso. Come vedremo nel paragrafo dedicato alle funzionirazionali, da cio segue che la proprieta di essere a fattorizzazione unica si estende da undominio D all’anello dei polinomi D[z].

Proposizione 1.7.3 [Lemma di Gauss] Sia D un dominio a fattorizzazione unica. Ilprodotto di polinomi primitivi in D[z] e primitivo.

Prova Siano p(z) = a0 + a1z + . . . + anzn e q(z) = b0 + b1z + . . . + bmz

m due polinomiprimitivi e si supponga che non sia primitivo il loro prodotto

p(z)q(z) = c0 + c1z + . . .+ cn+mzn+m

Esiste allora un elemento irriducibile d ∈ D tale che d | ci per ogni i. Poiche p(z) eprimitivo, d non e fattore di tutti i coefficienti ai e supponiamo che an′ , n

′ ≤ n, sial’ultimo degli ai non divisibili per d. Similmente, sia bm′ , m

′ ≤ m, l’ultimo dei bi nondivisibili per d. Consideriamo ora il coefficiente

cm′+n′ = a0bm′+n′ + a1bm′+n′−1 + . . .+ an′−1bm′+1 + an′bm′ + an′+1bm′−1 + . . .+ an′+m′b0

Poiche tutti i bi prima del termine an′bm′ e tutti gli ai dopo il termine an′bm′ sono divisibiliper d e poiche cm′+n′ e divisibile per d, allora d | an′bm′ . Ma d non e divisore ne di an′ ,ne di bm′ , e cio contraddice l’ipotesi che d sia irriducibile, e quindi primo.

Sia D un dominio a fattorizzazione unica e indichiamo con QD il campo delle frazioni diD. E chiaro che ogni polinomio p(z) ∈ D[z] puo essere interpretato come polinomio inQD[z] ed e naturale domandarsi se l’ampliamento del dominio dei coefficienti da D a QDconsenta di fattorizzare in modo non banale un polinomio p(z) ∈ D[z] che in D[z] siairriducibile.

Page 39: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.7. POLINOMI - PARTE II* 39

Proposizione 1.7.4 [Irriducibilita in un UFD e nel campo delle frazioni] SiaD un dominio a fattorizzazione unica e sia QD il suo campo di frazioni.

(i) Se p(z) e q(z) sono primitivi in D[z] e sono associati in QD[z], allora sono associatiin D[z]

(ii) Se un polinomio p(z) ∈ D[z] ha grado positivo ed e irriducibile in D[z], rimane talein QD[z].

Prova (i) Poiche gli invertibili di QD[z] sono gli elementi non nulli di QD, deve essere

p(z) =d1

d2q(z), 0 6= di ∈ D

e quindi d2p(z) = d1q(z). Abbiamo cosı in D[z] due rappresentazioni dello stesso polinomiocome prodotto di un elemento di D e di un polinomio primitivo. Poiche d1 e d2 sonorispettivamente il MCD dei coefficienti del polinomio d1q(z) e del polinomio d2p(z), e idue polinomi coincidono, deve essere d1 = ud2 con u invertibile in D, da cui p(z) = uq(z).Quindi p(z) e q(z) sono associati in D[z].

(ii) p(z), essendo irriducibile in D[z], vi e necessariamente primitivo (altrimenti avrebbecome fattore non banale in D[z] il MCD dei suoi coefficienti). Supponiamo ora che inQD[z] il polinomio p(z) fattorizzi non banalmente, ovvero, essendo QD un campo, chefattorizzi in due fattori di grado positivo;

p(z) = φ1(z)φ2(z), deg φi > 0 (1.53)

Ogni polinomio in QD[z] puo esprimersi nella forma

φ(z) =a0

b0+a1

b1z + . . .+

anbnzn =

a0b1 · · · bnb

+b0a1 · · · bn

bz + . . .+

b0b1 · · · anb

zn

=1bg(z) , b = b0b1 · · · bn, g(z) ∈ D[z]

da cui, g(z) non e primitivo e d e il MCD dei suoi coefficienti, ricaviamo infine

φ(z) =d

bh(z),

con h(z) polinomio primitivo in D[z]. Applicando queste considerazioni ai fattori φi in(1.53), ricaviamo

p(z) =d1d2

b1b2h1(z)h2(z), hi(z) primitivi in D[z]

Page 40: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

40 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

Per il lemma di Gauss e primitivo in D[z] il prodotto h1(z)h2(z), mentre in QD[z] sonoassociati i polinomi p(z) e h1(z)h2(z). Basta allora applicare il punto (i) per concludereche p(z) e associato in D[z] al polinomio h1(z)h2(z) ovvero p(z) = uh1(z)h2(z), u inver-tibile in D. Poiche deg hi = deg φi > 0, avremmo ottenuto in questo modo in D[z] unafattorizzazione propria di p(z), contro l’ipotesi. Quindi p(z) e irriducibile in QD[z].

Il risultato precedente ha l’importante conseguenza che la proprieta di fattorizzazioneunica, se vale in un dominio D, si estende all’anello dei polinomi D[z] nell’indeterminata z(e quindi, induttivamente, all’anello D[z1, z2, . . . , zn]). E questo il contenuto della seguente

Proposizione 1.7.5 [D UFD ⇒ D[z] UFD] Se D e un dominio a fattorizzazioneunica, allora D[z] e anch’esso a fattorizzazione unica.

Prova Sia p(z) ∈ D[z] un polinomio non nullo e non invertibile, che possiamo esprimerecome

p(z) = d p1(z), d ∈ D, p1(z) primitivo. (1.54)

Se p1(z) non e invertibile ed e riducibile, possiamo fattorizzarlo come p1(z) = p11(z)p12(z),in cui ciascuno dei fattori ha grado positivo, minore quindi del grado di p1(z), ed e primi-tivo. Se uno almeno dei fattori p1i(z) e riducibile, il procedimento si itera e porta in unnumero finito di passi a una scomposizione

p1(z) = q1(z)q2(z) · · · qn(z) (1.55)

in cui i polinomi qi(z) ∈ D[z] sono irriducibili (e quindi primitivi, ovviamente) e di gradopositivo. Poiche D e un dominio a fattorizzazione unica, possiamo scomporre anche d in(1.54) in fattori irriducibili in D

d = d1d2 · · · dm (1.56)

pervenendo cosı ad una fattorizzazione di p(z) in fattori irriducibili in D[z]

p(z) = d1d2 · · · dmq1(z)q2(z) · · · qn(z) (1.57)

Supponiamo ora che per p(z) esista un’altra fattorizzazione in fattori irriducibili in D[z]

p(z) = d′1d′2 · · · d′µq′1(z)q′2(z) · · · q′ν(z) (1.58)

in cui la notazione e stata scelta in modo che i fattori q′i(z) abbiano grado positivo e ifattori d′i siano elementi di D, quindi con grado zero in D[z].I polinomi q1(z)q2(z) · · · qn(z) e q′1(z)q′2(z) · · · q′ν(z) sono entrambi primitivi in D[z], per illemma di Gauss. Inoltre, valendo (1.57) e (1.58), sono associati in QD[z] e quindi in D[z].A meno di un elemento invertibile di D possiamo allora supporre che

∏qi(z) =

∏q′i(z) e∏

di =∏d′i.

Essendo D un UFD, abbiamo m = µ e i termini irriducibili di e d′i possono essere accoppiati

Page 41: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.7. POLINOMI - PARTE II* 41

fra loro in coppie associate.Quanto ai polinomi qi(z) e q′i(z), per il punto (ii) della proposizione precedente essi sonoirriducibili in QD[z], che e un UFD. Ragionando in QD[z], possiamo allora concludere chen = ν e accoppiare in coppie associate (in QD[z]) i polinomi qi(z) e q′i(z). Ma il punto (i)della proposizione precedente garantisce che le coppie sono associate anche in D[z].Quindi le due fattorizzazioni (1.57) e (1.58) sono essenzialmente la stessa e D[z] e a fattoriz-zazione unica.

1.7.2 Estensioni di un campo

Definizione 1.7.6 [Estensioni] Se F e K sono campi e K ⊆ F, diremo che K e unsottocampo di F, o che il campo F e una estensione di K)

Se A e un sottoinsieme non vuoto di F, l’intersezione di tutti i sottocampi di F checontengono K e denotata con K(A). Chiaramente l’intersezione non e vuota (almeno ilcampo F contiene sia K che S) ed ha struttura di campo. Nel caso in cui A sia un insiemefinito {a1, . . . , an}, il campo K(A) sara denotato come K(a1, . . . , an). In particolare,quando A consta di un solo elemento, a, l’estensione K(a) sara detta estensione semplicedi K, con elemento primitivo a.E chiaro che, scelti due arbitrari polinomi p(z1, . . . , zk), q(z1, . . . , zk) ∈ K[z1, . . . , zk], sea1, . . . , ak ∈ A, allora p(a1, . . . , ak) ∈ K(A) e se q(a1, . . . , ak) 6= 0 allora anche

p(a1, . . . , ak)/q(a1, . . . , ak) ∈ K(A). (1.59)

Poiche gli elementi di F esprimibili nella forma (1.59) formano un campo, il loro insiemee proprio il campo K(A), ovvero il piu piccolo sottocampo di F che contiene K e A.

1.7.7 Estensioni e spazi vettoriali. Un’estensione F di K puo essere vista come spaziovettoriale su K. Infatti la moltiplicazione di un elemento κ ∈ K (pensato come uno“scalare”) per un elemento f ∈ F (pensato come un “vettore”) produce ancora un elementodi F, e in tal modo sono soddisfatti gli assiomi per poter considerare F uno spazio vettorialesu K. Poiche ogni spazio vettoriale ha una base, e quindi una dimensione, indicheremocon [F : K] la dimensione di F su K.Se F = {fα, α ∈ A, fα ∈ F} e una base di elementi di F su K, ogni elemento f ∈ F siesprime in un unico modo come combinazione lineare finita di elementi di B

f = κ1f1 + κ2f2 + . . .+ κnfn, κi ∈ K, n ∈ N.Se f e un altro elemento di F, lo possiamo esprimere ricorrendo al medesimo sottoinsiemefinito di F utilizzato per rappresentare f (eventualmente inserendo alcuni combinatorinulli) f =

∑ni=1 κifi e il prodotto ff e dato da

ff =n∑

i,j=1

κiκj(fifj).

Page 42: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

42 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

La struttura moltiplicativa di F e quindi completamente individuata quando lo siano iprodotti delle coppie di elementi della base F .Se G e un sottocampo di F e K e un sottocampo di G, possiamo considerare la dimensione[F : G] di F come spazio vettoriale su G, quella [G : K] di G come spazio vettoriale su Ke quella [F : K] di F come spazio vettoriale su K. Si ha allora (anche quando almeno unadelle dimensioni e infinita)

[F : K] = [F : G][G : K]. (1.60)

Infatti, se F = {fα, α ∈ A, fα ∈ F} e una base su G di elementi di F e G = {gγ , γ ∈Γ, gγ ∈ G} e una base di elementi di G su K, i prodotti fαgγ sono una base per F su K(la dimostrazione e lasciata per esercizio).

• Esercizio 1.7.1 (i) Se [F : K] e primo, non esiste alcun campo G compreso propriamente fra F e K.(ii) [C : R] = 2(iii) [R : Q] =∞ (Suggerimento: R non ha cardinalita numerabile)

1.7.8. Struttura di K[α1, . . . , αn] Se il campo F e un’estensione di K ed α1, . . . , αnsono elementi di F, denotiamo con K[α1, . . . , αn] il sottoanello di F generato su K daα1, . . . , αn, ossia l’intersezione di tutti i sottoanelli di F che contengono K e gli elementiα1, . . . , αn. E chiaro che gli elementi καν1

1 · · ·ανnn , κ ∈ K, νi ∈ N, e, piu in generale, gli ele-menti p(α1, . . . , αn) appartengono a K[α1, . . . , αn], qualunque sia il polinomio p(z1, . . . , zn)in K[z1, . . . , zn].La mappa

ψ : K[z1, . . . , zn]→ K[α1, . . . , αn] : p(z1, . . . zn) 7→ p(α1, . . . αn). (1.61)

e un omomorfismo di anello che applica K identicamente in K e zi in αi. Allora l’immaginedi ψ e un anello che- includendo K e α1, . . . αn, include necessariamente K[α1, . . . , αn]- essendo costituito da elementi del tipo p(α1, . . . , αn), e incluso in K[α1, . . . , αn].Quindi ψ un omomorfismo suriettivo avente per immagine l’anello generato K[α1, . . . , αn],che pertanto risulta costituto da tutte e sole le immagini dei polinomi, e si ha

K[α1, . . . , αn] ∼ K[z1, . . . , zn]/ kerψ (1.62)

dove kerψ e l’ideale dei polinomi che si annullano nel punto (α1, . . . , αn) ∈ Fn.D’altra parte, K[α1, . . . , αn] e spazio vettoriale su K, la moltiplicazione scalare per unelemento κ ∈ K essendo la moltiplicazione in vigore nel campo F. Se a ∈ K[α1, . . . , αn] eun arbitrario elemento non nullo, la mappa di moltiplicazione per a

φa : K[α1, . . . , αn]→ K[α1, . . . , αn] : p(α1, . . . αn) 7→ a p(α1, . . . αn)

e un omomorfismo iniettivo di anello (si ricordi che la moltiplicazione si svolge in F), quindiuna trasformazione lineare iniettiva del K-spazio vettoriale K[α1, . . . , αn] in se stesso.

Page 43: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.7. POLINOMI - PARTE II* 43

Se K[α1, . . . , αn] ha dimensione finita su K, la trasformazione lineare φa e anche suriettiva(perche?), quindi esiste un elemento b ∈ K[α1, . . . , αn] per cui

φa(b) = ab = 1.

L’arbitrarieta di a ∈ K[α1, . . . , αn] ci consente allora di concludere che il sottoanello gene-rato su K da α1, . . . , αn e un sottocampo di F. Abbiamo provato cosı le

Proposizione 1.7.9 Se il campo F e un’estensione del campo K e α1, . . . αn ∈ F, alloral’anello K[α1, . . . , αn], se ha dimensione finita su K, e un campo a sua volta.

1.7.10 Struttura di K[α] e di K(α) Consideriamo ora la situazione in cui, aggiungendoal campo K un solo elemento α ∈ F, perveniamo all’anello generato K[α] e all’estensionesemplice K(α). L’omomorfismo d’anello (1.61)

ψ : K[z]→ K[a] : p(z) 7→ p(α) (1.63)

e iniettivo se e solo se nessun polinomio non nullo di K[z] si annulla in α.Esempio 1.7.1 (i) Se F = K(z) e α = z, l’omomorfismo ψ e iniettivo.(ii) Se K = Q e F = R, poiche nessun polinomio a coefficienti razionali si annulla in π, l’omomorfismoψ e iniettivo e Q[z] ∼ Q[π].

(1.63) non e iniettiva se e solo se esistono polinomi p(z) 6= 0 che si annullano in α. Allora

• l’insieme dei polinomi che si annullano in α e un ideale, necessariamente principale,in K[z], generato da un polinomio monico di grado minimo positivo

pα(z) = κ0 + κ1z + . . .+ κh, (1.64)

che sara detto il polinomio minimo di α su K (si proceda come nella dimostrazioneche un dominio euclideo e un P.I.D.);

• il polinomio minimo pα(z) e irriducibile in K[z]: se fosse pα(z) = q(z)r(z), conq(z), r(z) ∈ K[z] e con deg q,deg r > deg pα, uno almeno fra q(α) e r(α) sarebbenullo, mentre pα(z) ha grado minimo fra i polinomi che si annullano in α;

• gli elementi 1, α, . . . αh−1 sono linearmente indipendenti su K, altrimenti esisterebbeun polinomio non nullo di grado minore di h che si annulla in α;

• l’elemento αh = −κ0−κ1α−. . .−κh−1αh−1 e linearmente dipendente da 1, α, . . . αh−1

ed un facile ragionamento induttivo dimostra che lo sono anche αh+1, αh+2 . . .;

• il K spazio K[α] ha dimensione finita h, quindi, per la proposizione 1.7.9, e un campoisomorfo al quoziente K[z]/(pα(z)) e l’ideale (pα(z)) e massimale;

• si ha K[α] = K(α), ovvero K[α] e il piu picolo campo che contiene K e α.

Page 44: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

44 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

Se (1.63) e iniettiva, K[α] non e un campo, quindi e incluso propriamente nell’estensionesemplice K(α) e l’estensione semplice e a sua volta isomorfa al campo delle funzioni razio-nali: K(α) ∼ K(z).Possiamo riassumere quanto visto nellaProposizione 1.7.11 [Estensioni semplici: elementi algebrici e trascendenti]Se il campo F e un’estensione del campo K ed α e un elemento di F, si equivalgono lecondizioni seguenti

i) la mappa ψ in (1.63) non e iniettiva,ii) K[α] ha dimensione finita su K,iii) K[α] e un campo, coincidente con l’estensione semplice K(α),iv) [K(α) : K] <∞v) la mappa identita su K che applica z in α non si estende ad un isomorfismo del

campo delle funzioni razionali K(z) sull’estensione semplice K(α),vi) esistono polinomi non nulli in K[z] che hanno α come zero,vii) il K-spazio generato da 1, α, α2, . . . ha dimensione finita.

Quando (una delle e quindi tutte) le condizioni equivalenti suddette sono verificate, diremoche α e algebrico su K. In tal caso, h := [K(α) : K] coincide con il grado del polinomiominimo di α, ossia con il grado del polinomio in K[z] di grado minimo - quindi irriducibile- che ha α come zero.Viceversa, se un polinomio irriducibile in K[z] e di grado h ha uno zero in una estensioneF di K, allora [K(α) : K] = h.

Se e verificata la negazione di una qualsiasi di tali condizioni (e quindi di tutte), diremoche α e un elemento trascendente su K.

• Esercizio 1.7.2 Se K e un sottocampo di f e α ∈ F, allora(i) se K[α] e un campo la mappa ψ non e iniettiva.Suggerimento: α 6= 0 ha in K[α] un inverso q(α) con q(z) ∈ K[z]. Allora p(z) = zq(z)− 1 si annullain α.

(ii) se pα(z) ∈ K[z] e il polinomio minimo di α e deg pα = h allora h | [F : K].Suggerimento: [F : K] = [F : K(α)][K(α) : K] = [F : K(α)]h

Definizione 1.7.12 Un’estensione F del campo K e algebrica su K se lo sono tutti i suoielementi.

Corollario 1.7.13 Se K(α1, . . . , αn) e un’estensione del campo K e α1, . . . , αn sono al-gebrici su K, allora K(α1, . . . , αn) coincide con K[α1, . . . , αn] ed ha dimensione finita suK.

Prova Per n = 1 il risultato e provato nella proposizione precedente. Per n > 1, osser-viamo che- l’elemento αn, essendo algebrico su K, lo e a fortiori su K(α1, . . . , αn−1), quindi

[K(α1, . . . , αn) : K(α1, . . . , αn−1)] <∞

Page 45: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.7. POLINOMI - PARTE II* 45

- si puo assumere, per induzione rispetto al numero n degli elementi algebrici aggiunti, cheK(α1, . . . , αn−1) abbia dimensione finita su K e coincida con K[α1, . . . , αn−1]Allora[

K(α1, . . . , αn) : K]

=[K(α1, . . . , αn) : K(α1, . . . αn−1)

] [K(α1, . . . αn−1) : K

]<∞

e, tenuto conto dell’algebricita di αn,

K[α1, . . . , αn] = K[α1, . . . , αn−1][αn] = K(α1, . . . , αn−1)[αn] = K(α1, . . . , αn).

1.7.3 Zeri di un polinomio in un’estensione del campo dei coefficienti

Abbiamo visto che, dato un sovracampo F di dimensione finita su K, ogni suo elementoα e zero di un polinomio in K[z]. Supponiamo, viceversa, che p(z) sia un polinomio inK[z] e domandiamoci se esiste un’estensione di K, che contenga uno zero di p(z), e in casoaffermativo quale ne possa essere la dimensione su K.

Se p(z) = b0 + b1z + . . .+ bhzh, bh 6= 0 e un polinomio irriducibile in K[z], l’ideale (p(z))

e primo, quindi per la Proposizione 1.2.6 e massimale, e l’anello quoziente K[z]/(p(z)) eun campo. Gli elementi

1 + (p(z)), z + (p(z)), . . . , zh−1 + (p(z)) (1.65)

sono K- linearmente indipendenti, altrimenti troveremmo κ0+κ1z+. . .+κh−1zh−1 ∈ (p(z))

per qualche scelta non nulla dei κi ∈ K. Inoltre essi generano K[z]/(p(z)) come K-spazio,poiche ogni polinomio f(z) si esprime come

f(z) = q(z)p(z) + r(z), r(z) = c0 + c1z + . . .+ ch−1zh−1, ci ∈ K

e di conseguenza ogni elemento f(z) + (p(z)) dell’anello quoziente si rappresenta nellaforma

r(z) + (p(z)) = c0[1 + (p(z))] + c1[z + (p(z))] + . . .+ ch−1[zh−1 + (p(z))]. (1.66)

Identificando ogni elemento κ con la classe corrispondente κ+(p(z)), il campo K[z]/(p(z))puo essere visto come un’estensione di K con dimensione [K[z]/(p(z)) : K] = h. Allora- il polinomio p(z) ha come zero nel campo K[z]/(p(z)) l’elemento α := z + (p(z));- il campo K[z]/(p(z)) coincide con K[α]: infatti 1, α, . . . , αh−1 sono tutte e sole le potenzedi α indipendenti su K;

Page 46: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

46 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

Possiamo ora affrontare il problema dell’esistenza di uno zero anche nel caso di un polinominon necessariamente irriducibili e analizzare le estensioni del campo dei coefficienti checonsentono di esprimere un polinomio come prodotto di fattori lineari.

Definizione 1.7.14 [Campo spezzante] Siano K un campo e p(z) un polinomio digrado h > 0 a coefficienti in K. Un’estensione S di K e un campo spezzante per p(z) sep(z) puo essere espresso come prodotto di fattori lineari

p(z) = κ0(z − α1) · · · (z − αn) κ0 ∈ K, α1, . . . , αn ∈ S

e un campo spezzante minimo se ha dimensione minima su K fra tutti campi spezzantidi p(z).

Proposizione 1.7.15 [Esistenza e dimensione del campo spezzante] Siano K uncampo e p(z) un polinomio di grado h > 0 a coefficienti in K. Allora

i. esiste un ’estensione F di K in cui il polinomio p(z) ha uno zero;

ii. esiste un campo spezzante S per p(z), con [S : K] ≤ h!

iii. il campo spezzante minimo e unico, a meno di isomorfismi.

Prova Per la prima parte, basta fattorizzare p(z) in fattori irriducibili in K[z]

p(z) = q1(z)q2(z) · · · qs(z)

e considerare il campo K[z]/(q1(z)), con[K[z]/(q1(z)) : K

]= deg q1, in cui q1(z), e quindi

p(z), ha uno zero.Per il secondo punto, basta assumere induttivamente di aver determinato i zeri di p(z) inun campo Fi soddisfacedo le condizioni

p(z) = (z − α1) · · · (z − αi)r(z), deg r = h− i, [Fi : K] ≤ h(h− 1) · · · (h− i+ 1).

Allora, per il punto precedente, r(z) ∈ Fi[z] possiede uno zero αi+1 in un’estensione Fi+1

di Fi, con [Fi+1 : Fi] ≤ h− i. Si ottiene quindi

p(z) = (z−α1) · · · (z−αi)(z−αi+1)r(z), deg r = h−i−1, [Fi+1 : K] ≤ h(h−1) · · · (h−i)

e la conclusione e immediata.Per il terzo punto si rinvia, p.es, a [4, vol.2, cap.3].

Definizione 1.7.16 [Polinomio separabile] Un polinomio di grado positivo p(z) ∈K[z] si dice separabile se p(z) e il suo derivato Dp(z) sono coprimi.

La proprieta di separabilita non dipende dal particolare campo dei coefficienti considerato.Se F e un’estensione di K e p(z) e separabile in K[z], allora e separabile anche in F[z]:infatti il MCD di p(z) e Dp(z) rimane il medesimo se calcolato in K[z] o in F[z].

Page 47: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.7. POLINOMI - PARTE II* 47

Esempio 1.7.2 Se p(z) = q(z)n, q(z) ∈ K[z], deg q ≥ 1, n > 1, allora p(z) non e separabile. InfattiDf(z) = nq(z)n−1Dq(z) e quindi il polinomio q(z)n−1 e un divisore comune di p(z) e di Dp(z).

Esempio 1.7.3 Se K ha caratteristica zero, α ∈ K× e n > 0, il polinomio zn−α e separabile. Infattidall’identita

−α−1(zn − α) + z(nα)−1(nzn−1) = 1

si ricava MCD(p(z), Dp(z)) = 1.In caratteristica p, se n = hp, h > 0 allora D(zn − α) = hpzn−1 = 0, quindi zn − α e il MCD frazn − α e il suo derivato e il polinomio zn − α non e separabile.

Esempio 1.7.4 Se K ha caratteristica zero e n > 0, il polinomio c(z) = zn + zn−1 + . . . + z + 1 eseparabile. Infatti f(z) := c(z)(z − 1) = zn+1 − 1 e separabile per l’esempio precedente, quindi

1 = MCD(f(z), Df(z)) = MCD(

(z − 1)c(z), c(z) + (z − 1)Dc(z)),

da cui e chiaro che c(z) e Dc(z) non hanno fattori comuni non banali.

Proposizione 1.7.17 [Separabilita e semplicita degli zeri] Sia p(z) ∈ K[z], K uncampo, deg p > 0. Si equivalgono i seguenti fattii) p(z) e separabile,ii) tutti suoi zeri sono semplici in qualche campo spezzante,iii) tutti i suoi zeri sono semplici in qualsiasi campo spezzante.

Prova i) ⇒ iii) Sia S ⊇ K un arbitrario campo spezzante per p(z). Poiche p(z) eDp(z) sono coprimi in S[z], per la Proposizione 1.5.9 nessun elemento di S puo essere zeromultiplo di p(z), quindi tutti gli zeri in S sono semplici.iii) ⇒ ii) Ovvio.ii) ⇒ i) Supponiamo che p(z), di grado n, abbia zeri semplici α1, . . . , αn nel campospezzante S. Se, per assurdo, MCD(p(z), Dp(z)) = h(z) con deg h = m ≥ 1, allora perl’unicita della fattorizzazione in S[z], da

p(z) =n∏i=1

κ0(z − αi) = h(z)q(z)

segue h(z) e prodotto di m fattori lineari di p(z), e non e restrittivo supporre siano i primim. Quindi p(α1) = 0 = Dp(α1), e cio implica che α1 sia zero multiplo di p(z).

Esempio 1.7.3 - continuazione Se il campo K ha caratteristica p, il polinomio f(z) = zp−a, a ∈K, non e separabile. Se α e uno zero di f(z) in un campo spezzante, si ha αp = a e quindi

(z − α)p =

p∑i=0

(p

i

)zp−i(−α)i = zp − a

dal momento che per 0 < i < p i coefficienti binomiali(pi

)sono tutti multipli di p. Quindi α non e

zero semplice di f(z).

Page 48: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

48 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

Proposizione 1.7.18 [Polinomi con derivato nullo] Sia F(z) ∈ K[z], K un campo.Se K ha caratteristica zero, allora Df(z) = 0 se e solo se deg f = 0. Se K ha caratteristicap, allora Df(z) = 0 se e solo se f(z) ∈ K[zp].Pertanto, qualunque sia la caratteristica i polinomi a derivata nulla non sono separabili.

Prova Se f(z) = κ0 + κ1z + . . .+ κnzn, κi ∈ K, si ha

Df(z) = κ1 + 2κ2z + . . .+ (n− 1)κnzn−1

e la condizione Df(z) = 0 equivale ad assumere

iκi = 0, i = 1, . . . , n (1.67)

Se la caratteristica e zero, (1.67) equivale a κi = 0 per ogni i ≥ 1. Se e p, (1.67) equivalea κi = 0 oppure p | i. Conseguentemente, in caratteristica zero hanno derivato nullo solo ipolinomi costanti, in caratteristica p i polinomi i cui termini hanno tutti grado multiplodi p.

Poiche in caratteristica zero un polinomio a derivata nulla e una costante, esso non eseparabile per definizione. In caratteristica p > 0 un polinomio f(z) a derivata nulla nonpuo essere separabile perche , se ha grado positivo, non sono coprimi f(z) e Df(z)

Esempio 1.7.5 Nel campo a due elementi (di caratteristica 2) il polinomio f(z) = z2 + 1 hapolinomio derivato nullo. Quindi MCD(f(z), Df(z)) = MCD(f(z), 0) = f(z) = z2 + 1 e f(z) non eseparabile. Si noti che z2 + 1 = (z + 1)(z + 1), quindi 1 e zero multiplo di f(z), in accordo con laproposizione 1.7.17.

Proposizione 1.7.19 [Separabilita e irriducibilita] Sia K un campo e sia f(z) ∈K[z] un polinomio irriducibile.

i) Se Df(z) 6= 0, allora f(z) e separabile.

ii) Se K ha caratteristica zero, f(z) e separabile.

iii) Se K ha caratteristica p > 0 ed e un campo finito, f(z) e separabile.

Prova i) Se Df(z) 6= 0, dalla irriducibilita di f(z) segue MCD(f(z), Df(z)) = 1, quindila separabilita di f(z)ii) Un polinomio irriducibile, avendo grado positivo, in caratteristica zero ha derivato nonnullo, quindi e separabile per il punto precedenteiii) La prova sara data nella proposizione 1.12.12

I campi in cui ogni polinomio irriducibile e separabile (ovvero ha zeri tutti sempliciin un campo spezzante) si dicono “perfetti”. In base a quanto si e visto, sono esempi dicampi perfetti i campi di caratteristica zero (quindi Q,R,C etc.) e i campi finiti.

Page 49: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.7. POLINOMI - PARTE II* 49

Esempio 1.7.6 [Esistenza di un campo non perfetto] Sia F il campo a due elementi e sia K =F(x) il campo (infinito, di caratteristica 2) delle funzioni razionali nell’indeterminata x. Vogliamoverificare che K non e perfetto, ovvero che in K[z] esistono polinomi irriducibili e non separabili.Si consideri il polinomio f(z) = z2 + (x+ 1) ∈ K[z]. Esso ha derivato nullo, quindi non e separabile.Se fosse riducibile in K[z], per la proposizione 1.7.4 lo sarebbe anche in F[x][z]. Ma una eventualefattorizzazione in F[x][z]

z2 + (x+ 1) = c0(x)(a1(x)z + a0(x)

)(b1(x)z + b0(x)

)con ai(x), bi(x), ci(x) polinomi in F[x] comporta che c0(x), a1(x), b0(x) siano costanti non nulle diF[x], quindi che valgano tutte 1, e che sia a0(x)b0(x) = x + 1, quindi, senza perdita di generalita,che sia a0 = x+1 e b0 = 1. Ma allora dovrebbe essere f(z) = (z+x+1)(z+1) = z2 +zx+(x+1) 6=z2 + (x+ 1).Si noti che in un’estensione spezzante per f(z) si ha z2 +x+1 = (z−α)(z−β), deve essere α+β = 0e quindi, essendo 2 la caratteristica, α = β, ovvero il polinomio f(z) ha uno zero multiplo.

Page 50: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

50 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

1.8 Moduli

Il concetto centrale nello sviluppo assiomatico dell’algebra lineare e quello di spazio vettoria-le su un campo. Storicamente gli spazi vettoriali sono stati studiati ipotizzando dapprimache il campo degli scalari fosse R oppure C; ben presto apparve chiaro che la maggiorparte dei risultati rimane valida per qualsiasi campo e oggi il termine “algebra lineare”denota lo studio degli spazi vettoriali su campi arbitrari.Il concetto di “modulo” e una generalizzazione immediata di quello di spazio vettoriale.Tale generalizzazione si ottiene assumendo che gli scalari possano variare, anziche su uncampo, su un anello. I moduli si incontrano in molti problemi connessi con la teoria deglianelli, commutativi e non; in particolare, in questa dispensa considereremo moduli sopraanelli di polinomi in una o piu indeterminate e, piu raramente, sopra anelli di serie formali.In ogni caso ci riferiremo esclusivamente a moduli su anelli commutativi con unita.

1.8.1 Definizioni

Definizione 1.8.1 [Modulo] Sia R un anello (commutativo con unita). Un insieme Me chiamato modulo su R (o R-modulo) se

• M e un gruppo commutativo, abitualmente in notazione additiva (M,+,0);

• M e dotato di un’ulteriore operazione, la “moltiplicazione per uno scalare di R”,

◦ : R×M→M : (α,m) 7→ α ◦m

che ad ogni coppia (α,m) ∈ R ×M associa un unico elemento di M e tale che,comunque scelti α e β in R, m ed n in M, valgono le seguenti proprieta:

(i) α ◦ (m + n) = α ◦m + α ◦ n;

(ii) (α+ β) ◦m = α ◦m + β ◦m;

(iii) (α · β) ◦m = α ◦ (β ◦m);

(iv) 1 ◦m = m, dove 1 e l’unita di R.

Si noti che, come per gli spazi vettoriali, il simbolo + denota sia l’addizione nel gruppoM che l’addizione nell’anello R degli scalari. Il simbolo · di moltiplicazione in R saraabitualmente omesso e cosı sara pure omesso, quando non dia luogo ad ambiguita, ilsimbolo ◦ di moltiplicazione per uno scalare.

Esempio 1.8.1 (i) Ogni spazio vettoriale V su un campo F e un F-modulo. Infatti, (V,+, 0) e ungruppo commutativo, F e un anello e gli assiomi (i)÷ (iv) sono gli stessi che definiscono uno spaziovettoriale.

Page 51: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.8. MODULI 51

(ii) Ogni anello R e un R-modulo, con ◦ la moltiplicazione in R.

(iii) Ogni ideale I di un anello R e un R-modulo.

(iv) Se R e un anello, Rn e un R-modulo quando si definiscano le operazioni di addizione emoltiplicazione per uno scalare come segue:

r1

r2

...rn

+

s1

s2

...sn

:=

r1 + s1

r2 + s2

...rn + sn

e α ◦

r1

r2

...rn

:=

αr1

αr2

...αrn

.(v) Ogni gruppo commutativo G e un modulo su Z, una volta che per ogni p ∈ Z venga definita lamoltiplicazione scalare come segue

p ◦ g :=

g + . . .+ g︸ ︷︷ ︸p volte

se p > 0

0 se p = 0

− (g + . . .+ g)︸ ︷︷ ︸−p volte

se p < 0

.

Definizione 1.8.2 [Sottomodulo] Siano R un anello e M un R-modulo. Un R-sottomodulo (o semplicemente un “sottomodulo”)di M e un sottoinsieme non vuoto Ndi M, tale che

• se n1,n2 ∈ N , allora n1 − n2 ∈ N ;

• se α ∈ R e n ∈ N , allora αn ∈ N .

Quindi N e sottomodulo di M se e un sottogruppo di (M,+,0), chiuso rispetto allamoltiplicazione per gli scalari di R.

Esempio 1.8.2 (i) Un sottospazio vettoriale S di uno spazio vettoriale V sul campo F e unF-sottomodulo di V .

(ii) Se l’anello R e visto come R-modulo, i suoi ideali sono i suoi R-sottomoduli.

(iii) Ogni modulo M ha fra i suoi sottomoduli

– l’insieme consistente del solo elemento 0

– il modulo M stesso.

Ogni altro sottomodulo sara detto sottomodulo “proprio” di M.

Esempio 1.8.3 Se M e un R-modulo e m1,m2, . . . ,mn sono elementi di M, il sottoinsieme dellen-uple (r1, r2, . . . rn) di Rn soddisfacenti le condizione

r1m1 + r2m2 + . . . rnmn = 0

e un sottomodulo di Rn. Esso si chiama il modulo delle sizigie della n-upla (m1,m2, . . . ,mn).

Se {Nγ , γ ∈ Γ} e una famiglia (non necessariamente finita) di sottomoduli dell’R-moduloM, allora anche

⋂γ∈ΓNγ e un sottomodulo di M.

Page 52: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

52 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

1.8.2 Moduli quoziente e omomorfismi*

Dati un R-moduloM e un suo sottomodulo N , si definisce in modo naturale l’R-moduloquoziente M/N come l’insieme delle classi m +N , m ∈ M, dotato delle operazioni disomma e prodotto scalare definite da

(m1 +N ) + (m2 +N ) := (m1 + m2) +N α ◦ (m +N ) := (α ◦m) +N . (1.68)

• Esercizio 1.8.1 Si verifichi nei dettagli che

(i) la relazione m1 m2 ⇔m1−m2 ∈ N e una relazione di equivalenza inM e le classi di equivalenzahanno struttura m +N ;

(ii) le operazioni in (1.68) sono ben definite e danno luogo a un R-modulo.

Definizione 1.8.3 [Omomorfismo di R-moduli] Siano M e Q due R-moduli. Unamappa T : M → Q e un R-omomorfismo se, per ogni scelta di m1,m2 ∈ M e diα1, α2 ∈ R si ha

T (α1m1 + α2m2) = α1T (m1) + α2T (m2) (1.69)

Si verifica facilmente che il nucleo dell’omomorfismo T ,

kerT := {m ∈M : Tm = 0},

e un sottomodulo di M, l’immagine dell’omomorfismo

ImT := {q ∈ Q : q = Tm, ∃m ∈M},

e un sottomodulo di Q e T puo essere “fattorizzato” attraverso il modulo quozienteM/ kerT nel senso che

• l’omomorfismo T assume valore costante sugli elementi di ciascuna classe m + kerTdel modulo quoziente, per cui e ben definita la mappa

T : M/ kerT → Q : m + kerT 7→ Tm;

• la mappa T e un omomorfismo iniettivo;

• introdotto l’omomorfismo (suriettivo) di proiezione

π : M→M/ kerT : m 7→m + kerT,

per ogni m ∈M si ha Tm = T (πm). Quindi il diagramma

Page 53: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.8. MODULI 53

M Q-T

M/ kerT

@@@R �

���π T

commuta, e T realizza un isomorfismo fra il modulo quoziente e il sottomodulo ImTdi Q

• Esercizio 1.8.2 Dati un modulo M e un suo sottomodulo N , si considerino un qualsiasi altrosottomodulo L soddisfacente la condizione

M⊇ L ⊇ N

e la mappa di proiezioneπ :M→M/N : m 7→m +N

che ad ogni elemento di M associa la classe del quoziente che lo contiene.(i) L viene allora mappato suriettivamente da da π in L/N , sottomodulo di M/N .(i) se L1 6= L2 sono entrambi sottomoduli contenenti N , allora L1/N 6= L2/N(iii) se L e un sottomodulo diM/N , allora l’insieme L := π−1(L) e un sottomodulo diM soddisfa-cente L ⊇ N e per cui si ha L = π(L).Quindi i sottomoduli di M/N sono in corrispondenza biiettiva con i sottomoduli di M contenentiN .

1.8.3 Generatori

Proposizione 1.8.4 [Sottomodulo generato] SianoM unR-modulo ed S = {mτ , τ ∈T} un sottoinsieme di M.L’insieme 〈S〉 di tutte le combinazioni lineari (finite) del tipo

∑αimi, con mi ∈ S e

αi ∈ R, coincide con l’intersezione di tutti i sottomoduli di M che contengono S:

〈S〉 = {∑i ∈ F

F⊂T, |F|<∞

αimi, } =⋂

Nγ ⊇ S

Nγ (1.70)

Quindi 〈S〉 e un sottomodulo di M, detto sottomodulo generato da S (in M).

Prova E immediato verificare che l’insieme 〈S〉 di tutte le combinazioni finite∑αimi, mi ∈ S, αi ∈ R (1.71)

e un sottomodulo di M e contiene S.Ogni sottomodulo di M che contenga gli elementi di S contiene anche le combinazionifinite (1.71) e quindi include 〈S〉. Quindi tutti i sottomoduli dell’intersezione

⋂Nγ ⊇ S Nγ

contengono 〈S〉, e fra essi figura 〈S〉 medesimo. In conclusione, 〈S〉 =⋂Nγ ⊇ S Nγ .

Page 54: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

54 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

Definizione 1.8.5 [Generatori di un modulo] Un sottoinsieme S ⊆ M si dice unsistema di generatori del modulo M se 〈S〉 =M.M e finitamente generato se ammette un sistema finito di generatori, e ciclico se egenerato da un singolo elemento.

Esempio 1.8.4 (i) Ogni spazio vettoriale V di dimensione finita su un campo F e un F-modulofinitamente generato.

(ii) Ogni anello R e un R-modulo ciclico, generato dall’unita di R.

(iii) Ogni ideale I di un anello R e un modulo su R, ma non e detto che esso sia finitamentegenerato (si dia un esempio di anello che contiene un ideale non finitamente generato).

(iv) Se R e un anello, Rn e un R-modulo generato dalle n-uple ei, i = 1, 2, . . . , n.

• Esercizio 1.8.3* SeM e un modulo sull’anello R, J e un ideale di R e S e un sistema di generatoridi M, l’insieme delle combinazioni lineari finite con combinatori nell’ideale J

〈JM〉 := {∑i ∈ F|F|<∞

rimi, ri ∈ J, mi ∈M} = {∑i ∈ F|F|<∞

rimi, ri ∈ J, mi ∈ S}

e un sottomodulo di M. Il quoziente M/〈JM〉, oltre che R-modulo, e anche modulo sull’anelloquoziente R/J , definendo la moltiplicazione scalare come

(r + J)(m + 〈JM〉) = rm + 〈JM〉

Definizione 1.8.6 [Indipendenza lineare] Sia M un R-modulo.Gli elementi m1,m2, . . . ,mt diM sono linearmente dipendenti se esistono α1, α2, . . . , αt ∈R, non tutti nulli, tali che

∑ti=1 αimi = 0. In caso contrario, m1,m2, . . . ,mt si dicono

linearmente indipendenti.Un sottoinsieme S diM e linearmente indipendente se lo sono tutti i suoi sottoinsiemifiniti.

Definizione 1.8.7 [Basi, Moduli liberi] Dato un R-moduloM, una base e un sistemaS linearmente indipendente di generatori diM. Un modulo che ammette una base e dettomodulo libero.

Si noti che ogni spazio vettoriale- ammette un insieme massimale di vettori linearmente indipendente (i.e. un insieme taleche l’aggiunta di un qualsiasi ulteriore elemento produce un insieme non linearmente in-dipendente);- ammette un sistema minimale di generatori (i.e. un insieme che genera lo spazio e taleche l’eliminazione di qualsiasi suo elemento produce un insime che non genera l’interospazio vettoriale);- i sistemi minimali di generatori si identificano con gli insiemi massimali di vettori linear-mente indipendenti e sono le “basi” dello spazio vettoriale, ovvero i sistemi linearmenteindipendenti di generatori.

Page 55: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.8. MODULI 55

Nel caso di un modulo,- esso possiede sempre qualche insieme massimale di elementi linearmente indipendenti;- non e necessariamente vero che esso possieda sistemi minimali di generatori;- ove esistano sistemi minimali di generatori, non e necessariamente vero che essi sianolinearmente indipendenti- ove esistano sistemi minimali di generatori linearmente indipendenti, questi si identificanocon gli insiemi massimali di elementi indipendenti e sono le basi del modulo.

Un esempio di modulo (finitamente generato) che non ammette nessuna base e stato giadiscusso: se R e l’anello F[z1, z2] dei polinomi in due indeterminate a coefficienti in uncampo F, l’R-modulo M costituito dall’ideale dei polinomi di R privi di termine noto haun sistema minimale di generatori costituito dai polinomi z1 e z2. Tali generatori sonolinearmente dipendenti su F[z1, z2], e non esistono perM sistemi di generatori linearmenteindipendenti. L’esercizio 1.8.5 ha lo scopo di verificare che su ogni anello che non sia uncampo e possibile costruire un modulo non libero. L’esercizio 1.8.6 fornisce l’esempio diun modulo che non possiede alcun sistema minimale di generatori (e nessuna base!)

• Esercizio 1.8.4 Sia M un R-modulo e B = {bi, i ∈ I} un sistema di generatori per M.

(i) Se N e un sottomodulo diM, allora gli elementi bi +N costituiscono un sistema di generatoriper il modulo quoziente M/N .

(ii) Se B e una base per M e N = 〈B′〉, con B′ ⊂ B, allora N e M/N sono entrambi liberi.

(iii) In generale, se M e N ⊂ M sono entrambi liberi, non e detto che lo sia il loro moduloquoziente (Suggerimento: si prenda M = Z e N = 2Z).

• Esercizio 1.8.5 Sia R un anello che non sia un campo, e sia I un ideale diverso da {0} e da R. Siverifichi che

(i) R/I e un R-modulo e 1 + I e un generatore di R/I;

(iii) nessun sottoinsieme B di R/I puo essere una base.Suggerimento: se fosse una base, dovrebbe contenere almeno un elemento a+ I, a ∈ R \ I. Molti-plicando a+ I per un elemento non nullo di I ......

• Esercizio 1.8.6* Se p ∈ N e un numero primo, si consideri il sottoinsieme M di Q costituito datutti i numeri razionali il cui denominatore e una potenza di p.(i) Poiche Z ⊂ M, M e un sottoinsieme di Q chiuso rispetto alla moltiplicazione per elementi di Ze puo essere visto come modulo su Z.(ii) M non contiene un sistema minimale di generatori.Suggerimento per (ii). Rappresentiamo in forma irriducibile tutti gli elementi del sistema di gene-ratori G = {gα, α ∈ A} e osserviamo che M contiene elementi 1/pk per ogni k ≥ 0, quindi nonpuo esistere un confine superiore per il grado dei denominatori dei gαPoiche 1 ∈M, esistono un intero positivo n, interi `1, . . . , `n e generatori g1, . . . ,gn ∈ G per cui

1 =

n∑i=1

`igi (1.72)

Page 56: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

56 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

e espresso da una combinazione lineare finita su Z del sistema di generatori. Sia pM il denominatoredi grado massimo presente fra i gi in (1.72).

Per ogni elemento 1/ph, con h > M , esiste in nel sistema di generatori G qualche elemento gα =nα/p

α con α ≥ h > M , quindi esistono due interi r1 e r2 per cui

1

ph= r1 + r2

nαpα

=r1p

α + r2nαpα

.

Infatti pα e nα non hanno fattori comuni (perche?), quindi l’unita (e con essa ogni altro numerointero) e ottenibile combinandoli con interi opportuni. Da (1.72) segue

1

ph= r1 + r2

nαpα

=

n∑i=1

r1`igi + r2gα.

Abbiamo cosı ottenuto il seguente risultato: ogni elemento 1/ph si esprime come combinazione su Zdegli elementi (fissi!) gi, i = 1, 2, . . . n e di un solo altro elemento gα, il cui denominatore ha gradoin p non inferiore ad h.Applicando il medesimo ragionamento, se h′ > α > h, l’elemento 1/ph

′si esprime come combi-

nazione dei gαi , i = 1, 2, . . . n e di un altro generatore, necessariamente diverso da gα,

gα′ =nα′

pα′, α′ > α.

Allora il generatore gα puo essere soppresso dal sistema di generatori. Infatti, gli elementi 1/pj con

j < h′ sono esprimibili tutti sull’insieme {g1, . . . ,gn,gα′}, quelli con j > h′ non possono esprimersi

sull’insieme {g1, . . . ,gn,gα}, altrimenti cio sarebbe stato possibile per 1/ph′.

Le basi dei moduli liberi su un anello commutativo7 R hanno proprieta di cardinalitaanaloghe a quelle degli spazi vettoriali.

Proposizione 1.8.8 [Le basi di un modulo libero hanno la stessa cardinalita]Sia M un modulo libero sull’anello commutativo R. Allora tutte le basi di M hanno lamedesima cardinalita, che viene chiamata rango del modulo libero

Prova* La dimostrazione nel caso generale, alquanto tecnica, non e riportata qui: sirinvia, p.es., a [5, cap. IV. Teorema 2.6 e segg.]. Ci limiteremo a dimostrare che, se ilmodulo libero M e finitamente generato, allora tutte le sue basi sono finite e hannola medesima cardinalita.Per ipotesi M e libero, quindi ha una base {bα, α ∈ A}, e d’altra parte e finitamentegenerato dagli elementi u1,u2, . . .un.Se rappresentiamo ciascun ui in termini degli elementi di base bα, nell’espressione

ui =∑α∈F

F⊆A, |F|<∞

riαbα

7in queste dispense ci riferiremo sempre a moduli su anelli commutativi con unita

Page 57: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.8. MODULI 57

figurera soltanto un numero finito di bα e quindi sara finita anche la famiglia dei bαnecessari per esprimere tutte le ui. Poiche gli ui generano M, ogni elemento di M saraanche esprimibile come combinazione della famiglia finita dei bα e poiche i bα formanouna base, l’intero insieme {bα, α ∈ A} deve essere finito.Siano ora b1, . . . ,bm e c1, . . . , cn due basi finite diM consideriamo le matrici, a elementiin R, che realizzano la trasformazione fra le due basi e supponiamo sia m > n.

(b1, . . . ,bm) = (c1, . . . , cn)

γ11 . . . . . . γ1m

. . . . . . . . . . . .γn1 . . . . . . γnm

= (c1, . . . , cn)Γ,

(c1, . . . , cn) = (b1, . . . ,bm)

β11 . . . β1n

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .βm1 . . . βmn

= (b1, . . . ,bm)B (1.73)

Tenendo conto che b1, . . . ,bm e una base, da

(b1, . . . ,bm) = (b1, . . . ,bm)BΓ

si ricava l’identita BΓ = Im o anche, completando B e Γ a matrici quadrate m ×m conl’aggiunta rispettivamente di m− n colonne e di m− n righe nulle

[B 0 ][

Γ0

]= Im

Quindi

det(

[B 0 ][

Γ0

])= det [B 0 ] det

[Γ0

]= det(Im) = 1, (1.74)

manifestamente impossibile perche [B 0 ] ha delle colonne nulle e quindi determinantenullo.

• Esercizio 1.8.7 Se un modulo libero ha rango finito r, ogni sistema di generatori del modulo hacardinalita almeno r(Suggerimento: si rappresentino i generatori sulla base e gli elementi della base sull’insieme digeneratori, procedendo poi come nella proposizione 1.8.8)

Proposizione 1.8.9* [Struttura dei moduli liberi] SiaM un modulo libero sull’anellocommutativo R. Le seguenti condizioni sono equivalenti:

i. M e libero (i.e. ha una base);

Page 58: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

58 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

ii. M e somma diretta interna di una famiglia di R-sottomoduli ciclici 〈mi〉, ciascunodei quali e isomorfo, come R-modulo, a R

M =⊕i∈I〈mi〉;

iii. M e isomorfo, come R-modulo, a una somma diretta di copie dell’R-modulo R

M∼⊕i∈I

Ri , Ri = R, ∀i ∈ I

Corollario 1.8.10* [Struttura dei moduli] Ogni modulo M e isomorfo al quozientedi un modulo libero su un suo sottomodulo

Prova Se {mα, α ∈ A} e un sistema di generatori per M, si consideri la mappa definitasulla somma diretta di |A| copie di R, ossia sulle sequenze (rα)α∈A indiciate in A, a valoriin R non nulli solo per un numero finito di valori di α:

ψ :⊕α∈A

Rα →M : (rα)α∈A 7→∑

rαmα

La mappa e un omomorfismo suriettivo di moduli, quindi

M = Imψ ∼⊕α∈A

Rα/ ker ψ

1.8.4 Annullatori e torsione*

Definizione 1.8.10 [(Ideale) annullatore e torsione] Sia m un elemento dell’R-modulo M. L’annullatore di m e l’ideale di R dato da

ann(m) := {α ∈ R : αm = 0}. (1.75)

Se ann(m) 6= (0), o, equivalentemente, se il modulo ciclico generato da m non e libero,l’elemento m e detto un elemento di torsione del modulo M.

Esempio 1.8.5 Se F e un campo, si consideri in F[z] l’ideale (zn), costituito dai polinomi multiplidi zn. L’anello quoziente F[z]/(zn) e costituto dalle classi p(z) + (zn), p(z) ∈ F(z) e ogni classecomprende uno e un solo polinomio di grado minore di n. Le operazioni di somma e di prodottod’anello si eseguono come indicato alla fine del par 1.2., ovvero sui “rappresentanti”:(

p(z) + (zn))

+(q(z) + (zn)

)=

((p(z) + q(z)) + (zn)

)(p(z) + (zn)

)·(q(z) + (zn)

)=

(p(z)q(z) + (zn)

)

Page 59: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.8. MODULI 59

Si noti che l’elemento nullo dell’anello quoziente e costituito da(ll’ideale de)i polinomi multipli dizn, ovvero dall’insieme dei polinomi privi di monomi con grado minore di n.

Se interpretiamo F[z]/(zn) come modulo sull’anello F[z], un elemento p(z) + (zn) di tale modulo,che abbia il polinomio p(z) come rappresentante di grado minimo, ha come ideale annullatore quellogenerato da zn−deg p: ogni polinomio q(z) di tale ideale contiene solo monomi di grado almenon− deg p, quindi q(z)

(p(z) + (zn)

)contiene solo monomi di grado almeno n.

Mentre in uno spazio vettoriale l’annullatore di un vettore non nullo puo essere soltantolo zero del campo, la situazione per i moduli e assai piu articolata.

Dato un moduloM sull’anello commutativo R, l’insieme dei suoi elementi di torsione saradenotato col simbolo T (M). Il moduloM e detto un “modulo di torsione” se T (M) =Med e detto “senza torsione” se T (M) = 0.Se si eccettuano questi due situazioni estreme, nel caso in cui R sia un dominio di integrita,T (M) e comunque un sottomodulo di M, detto il sottomodulo di torsione.Infatti, se m1 e m2 sono elementi di torsione, e quindi r1m1 = r2m2 = 0 per opportunielementi r1, r2 non nulli in R, si ha (r1r2)(m1−m2) = 0, con r1r2 6= 0. Inoltre, ovviamente,ogni multiplo di un elemento di torsione e ancora di torsione.

• Esercizio 1.8.8 Se R e un anello commutativo, ma non e un dominio di integrita, esistono elementinon nulli r ed s in R il cui prodotto e nullo, i.e. rs = 0.

(i)Si verifichi che l’anello degli interi modulo 6, Z mod(6), non e un dominio di integrita.

(Suggerimento 2+(6) e 3+(6) non sono nulli, ma hanno nullo il prodotto).

(ii) Si consideri l’anello Z mod(6) come un modulo su se stesso, e si verifichi che in esso sono ciclicigli elementi 2 + (6), 3 + (6), 4 + (6), 0 + (6), mentre non lo sono 1 + (6) e 5 + (6).

(iii) L’insieme degli elementi di torsione non e un sottomodulo di Z mod(6).

Concludendo, possiamo affermare che in generale, T (M) non e un sottomodulo quando R non e undominio di integrita.

• Esercizio 1.8.9 (i) Se R non e un dominio di integrita, e possibile che un elemento non nullom ∈M, non sia ciclico, ma lo sia un elemento non nullo del tipo rm, con r ∈ R.

(ii) Per i moduli sopra un anello R che non sia un d.d.i., si consideri l’insieme moltiplicativamentechiuso degli elementi di R che non sono divisori dello zero

Q = {q ∈ R : qs = 0, s ∈ R ⇒ s = 0}.

Si convenga di chiamare m ∈M un “elemento di torsione” se esiste q ∈ Q per cui si abbia qm = 0.Si verifichi che, sulla base di questa definizione, gli elementi di torsione di un modulo formano unsottomodulo.

Possiamo a questo punto domandarci se, dato un modulo M su un anello commutativoR, la proprieta di essere libero sia equivalente a quella di essere senza torsione, ossia diavere T (M) = {0}. Limitiamo la discussione al caso in cui R sia un dominio di integrita.Se M contiene un modulo ciclico non nullo e con torsione 〈m〉 6= 〈0〉, allora rm = 0per qualche r 6= 0, quindi m non puo far parte di una base. Ma non puo neppure essereespresso come combinazione di elementi b1, . . . ,bn di una base

m = α1b1 + . . .+ αnbn, α1 6= 0

Page 60: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

60 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

perche da 0 = rm = rα1b1 + . . . + rαnbn segue che gli elementi della base utilizzatiper esprimere m sono linearmente dipendenti. Quindi se M e libero, esso e anche senzatorsione. In genere, invece, se M e senza torsione, non e necessariamante vero che sialibero, come e provato nel primo punto del seguente

Esempio 1.8.6 (i) Il gruppo additivo dei razionali (Q,+, 0), visto come Z-modulo, non e finitamentegenerato, non e libero ed e senza torsione. Infatti, se il modulo ammettesse un sistema finito digeneratori

S = { h1

p11p12 . . . p1ν1

,h2

p21p22 . . . p2ν2

, . . . ,hf

pf1pf2 . . . pfνf}, h1, h2, . . . , hf ∈ Z, pijprimi

non potrebbero far parte del modulo i numeri razionali che, in forma irriducibile, hanno un denom-inatore in cui appaiono primi distinti dai pij .Che il modulo non sia libero si vede osservando che ogni un insieme finito {h1/k1, . . . , ht/kt} di nu-meri razionali puo essere combinato linearmente a zero ricorrendo a combinatori razionali αi = ri/di:

t∑i=1

αihiki

= 0

e quindi, moltiplicando gli αi per un multiplo comune dei denominatori di, anche ricorrendo acombinatori interi.E chiaro infine che nessun numero razionale non nullo genera un modulo ciclico con torsione.

(ii) Il gruppo additivo Q/Z dei razionali modulo 1, visto come Z-modulo, e un puro modulo ditorsione, nel senso che sono di torsione tutti i suoi elementi.

1.9 Moduli noetheriani

Se un modulo e finitamente generato, in generale non e vero (a differenza di quantosuccede per gli spazi vettoriali) che lo siano anche tutti i suoi sottomoduli. I modulicon questa proprieta costituiscono una classe molto importante, della quale studieremoalcune caratterizzazioni.

Definizione 1.9.1 [Modulo noetheriano] Un modulo M su un anello R e dettonoetheriano se i suoi sottomoduli sono tutti finitamente generati.In particolare, un anello R si dice noetheriano se e noetheriano come modulo su R, ovverose sono finitamente generati tutti i suoi ideali

• Esempio 1.9.1 [Polinomi a coefficienti razionali] Sia D l’insieme delle espressioni del tipo

a1zr1 + a2z

r2 + · · ·+ anzrn ,

dove gli ai appartengono a un campo F, n ∈ N e ri sono numeri razionali non negativi. Si definisconoeguaglianza e addizione nel modo ovvio, e la moltiplicazione usando la distributivita e la regola(aiz

ri)(ajzrj ) = aiajz

ri+rj . Si verifica che

(i) D e un dominio di integrita;

Page 61: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.9. MODULI NOETHERIANI 61

(ii) in D esistono ideali non finitamente generati Sia infatti S = {sα(z), α ∈ A} un sistema digeneratori per l’ideale I delle espressioni prive di ”termine noto”: ogni sα(z) 6= 0 contiene unmonomio di grado minimo aα,mz

rα,m , con rα,m > 0, e se S fosse un insieme finito, I non potrebbecontenere alcuna espressione con esponenti di valore inferiore a m := minα∈Arα,m > 0);

(iii) tutti gli ideali finitamente generati di D sono principali (i domini nei quali gli ideali finitamentegenerati sono tutti principali si dicono ”di Bezout”).

Il dominio D dell’esempio precedente visto come modulo su se stesso, e ciclico (e libero)ma l’ideale I costituito dalle espressioni prive di termine noto e un sottomodulo nonfinitamente generato. Quindi D non e un D-modulo noetheriano.

Proposizione 1.9.2 [Caratterizzazione dei moduli noetheriani] Per un R-modulo M sono equivalenti i seguenti fatti:

(i) M e noetheriano;

(ii) ogni catena strettamente ascendente di sottomoduli di M

M1 ⊂M2 ⊂ · · · ,

e finita;

(iii) ogni sottoinsieme non vuoto D di sottomoduli di M ha fra i suoi elementi un sot-tomodulo massimale, ovvero un sottomodulo M0 ∈ D tale che per ogni altro Nin D

N ⊇M0 ⇒ N =M0.

Dimostrazione* (i)⇒ (ii) Supponiamo che esista una catena strettamente ascendentedi sottomoduli di M, e sia

N := ∪iMi.

N e un sottomodulo di M e quindi, per ipotesi, ammette un sistema finito di generatori{m1,m2, . . . ,mt}. Poiche ognuno degli mi appartiene a qualche sottomodulo della catena,esiste un indice k tale che m1,m2, . . . ,mt appartengono a Mk. Ma allora il sottomoduloN generato da m1,m2, . . . ,mt e contenuto in Mk e Mi = N per ogni i ≥ k.(ii)⇒ (iii) SiaM1 un arbitrario elemento di D: seM1 non e massimale, e contenuto pro-priamente in un sottomoduloM2 di D. SeM2, a sua volta, non e massimale, e contenutopropriamente in un sottomodulo M3 di D, etc. Se per assurdo nessuno degli Mi sceltifosse massimale, avremmo costruito una catena strettamente ascendente di sottomodulidi M, cosı contraddicendo l’ipotesi (ii).(iii)⇒ (i) Sia N un sottomodulo arbitrario di M e sia n0 ∈ N . Se N contiene propria-mente 〈n0〉, esiste un elemento n1 ∈ N \〈n0〉 e procedendo induttivamente otteniamo unacatena strettamente ascendente di sottomoduli di N

〈n0〉 ⊂ 〈n0,n1〉 ⊂ · · · .

Page 62: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

62 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

Per l’ipotesi (iii), l’insieme D costituito dai sottomoduli di questa catena ha un elementomassimale 〈n0,n1, . . . ,nr〉. Esso e un modulo finitamente generato e ovviamente coincidecon N .

<< ∗• Esercizio 1.9.1* SianoM un R-modulo e N un suo sottomodulo. Si dimostri cheM e noetheriano

se e solo se sono noetheriani N e M/N .Suggerimento: si ricorra alla corrispondenza fra i sottomoduli di M/N e i sottomoduli di M con-tenenti N .

Il teorema della base di Hilbert stabilisce che ogni anello di polinomi F[z1, . . . , zn] a co-efficienti in un campo F e noetheriano, ossia che tutti i suoi ideali (i.e. gli F[z1, . . . , zn]sottomoduli di F[z1, . . . , zn]) sono finitamente generati. Questo risultato, di grande im-portanza nello studio dei sistemi nD, sara ottenuto qui come conseguenza della seguenteproposizione, di carattere piu generale.Proposizione 1.9.3 Se R e un anello noetheriano, allora e noetheriano l’anello R[z] deipolinomi in una indeterminata a coefficienti in R.Prova Sia I un ideale in R[z] and si supponga, per assurdo, che I non sia finitamentegenerato. Si scelga un elemento p1(z) in I e si costruisca induttivamente una successione

p1(z), p2(z), . . .

di elementi di I tali che pi+1(z) sia un polinomio di grado minimo nell’insieme differenzaI \ Ii, dove

Ii = (p1(z), p2(z), . . . , pi(z))

e l’ideale generato dai polinomi p1(z), p2(z), . . . , pi(z). Per ogni i ∈ N l’ideale Ii e stretta-mente incluso in I, perche quest’ultimo non ammette un sistema finito di generatori, e igradi dei polinomi pi(z) sono non decrescenti al crescere di i.Sia ai ∈ R il coefficiente conduttore di pi(z) e sia J l’ideale di R generato dai coefficientia1, a2, . . .. Poiche R e noetheriano, esiste un intero N tale che J e generato da a1, . . . aN ,altrimenti si potrebbe costruire una catena strettamente crescente di ideali in R (si vedail punto (iii)⇒ (i) nella prova della Proposizione 1.7.9). In particolare si ha

aN+1 = r1a1 + . . .+ rNaN

una opportuna scelta di r1, . . . , rN in R. Consideriamo ora il polinomio

q(z) = r1zn1p1(z) + . . .+ rNz

nNpN (z) ∈ In

in cui gli esponenti ni soddisfano la condizione ni = deg pN+1(z)− deg pi(z).Poiche pN+1(z) e q(z) hanno il medesimo grado deg pN+1 e il medesimo coefficiente con-duttore aN+1, la differenza pN+1(z) − q(z) e un polinomio contenuto in I \ IN , di grado

Page 63: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.10. MODULI FINITAMENTE GENERATI SU UN PID 63

strettamente inferiore al grado di pN+1(z). Ma cio contraddice la scelta di pN+1(z) equindi I deve essere un ideale finitamente generato di R[z].

Corollario 1.9.4 [Teorema della base di Hilbert] S e F e un campo, per ogni n > 0l’anello dei polinomi in n indeterminate F[z1, z2, . . . , zn] e noetheriano

Prova Per n = 1, ogni ideale di F[z1] e principale, quindi finitamente generato. Bastapoi procedere per induzione rispetto a n, tenendo conto della precedente proposizione.

La prova per assurdo della proposizione 1.9.3 non fornisce un algoritmo per ottenereesplicitamente un sistema finito di polinomi che generano un ideale dato, ma dimostrasolo che un tale sistema esiste. La determinazione di un sistema di generatori puo essereeffettuata con il metodo delle basi di Grobner cui si accennera in un capitolo successivo.>>

1.10 Moduli finitamente generati su un PID

Nei prossimi capitoli i moduli ai quali faremo prevalentemente riferimento sono i sottomo-duli di Rn, con R l’anello dei polinomi (eventualmente di Laurent) in una indeterminata acoefficienti in un campo F. Questi moduli appartengono alla classe dei moduli finitamentegenerati su un PID, la cui struttura e molto vicina a quella degli spazi vettoriali. Valeinfatti il seguente risultato.

Proposizione 1.10.1 [Moduli con base finita su un PID] Sia D un PID e sia Mun D-modulo libero di rango r, avente cioe una base di r elementi {m1,m2, . . . ,mr}.Ogni sottomodulo non nullo N di M e libero ed ha rango p ≤ r, ovvero ha una base dip ≤ r elementi.

<< ∗ Dimostrazione Supponiamo dapprima r = 1, ovvero supponiamo

M = 〈m1〉

con {m1} base per M. Se N e un sottomodulo non nullo di M, tutti i suoi elementisi possono ottenere moltiplicando m1 per opportuni “scalari” di D. Il sottoinsieme di Dcostituito da siffatti scalari

A := {α ∈ D : αm1 ∈ N} (1.76)

e un ideale di D, generato quindi da un solo elemento β 6= 0, e N = Am1 = 〈βm1〉. Poiche{m1} e una base per M e D e un dominio, da 0 = α(βm1) = (αβ)m1 segue αβ = 0 eα = 0. Allora {βm1} e una base di N .Supponiamo ora r > 1 e procediamo per induzione su r, ipotizzando che il teorema siavero per ogni modulo libero con una base di s < r elementi. Sia

M = 〈m1,m2, . . . ,mr〉

Page 64: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

64 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

un modulo su D, con m1,m2, . . . ,mr linearmente indipendenti, e consideriamo il sotto-modulo

M′ = 〈m2, . . . ,mr〉,

con base {m2, . . . ,mr} di r − 1 elementi.Se N e un arbitrario sottomodulo di M, consideriamo il sottomodulo di M′

N ′ := N ∩M′,

che per l’ipotesi induttiva e libero, con una base {n1, . . . .ns} di s ≤ r − 1 elementi.Distinguiamo due casi:

1) se N ⊆M′, allora N = N ′, e non c’e nulla da provare;2) se invece N 6⊆ M′, esiste qualche elemento n ∈ N \ M′ e il modulo N +M′ e

strettamente piu grande di M′. Consideriamo allora il sottoinsieme di D

A := {α ∈ D : αm1 ∈ N +M′}

Esso non comprende solo lo zero, poiche ogni n ∈ N \ M′ si esprime nella forma n =α1m1 +

∑ri=2 αimi con α1 6= 0 e quindi

α1m1 = n−r∑i=2

αimi ∈ N +M′.

Poiche la somma di due elementi di A e il prodotto di un elemento di A per un elementodi D stanno entrambi in A, questo e un ideale non nullo di D, ovvero A = (β) per unopportuno β 6= 0 in D. Scomponiamo ora l’elemento βm1 nella forma

βm1 = n + m′, n ∈ N , m′ ∈M′

e proviamo che N ha per base {n,n1, . . . ,ns}.Ogni n ∈ N si esprime nella forma

n = α1m1 +r∑i=2

αimi (1.77)

nella quale α1 ∈ A e quindi α1 = γ0β,∃γ0 ∈ D. Ma allora (1.77) diventa

n = γ0(βm1) +r∑i=2

αimi = γ0n + (γ0m′ +r∑i=2

αimi)

e da γ0m′ +∑ri=2 αimi = n− γ0n ∈ N ∩M′ si ricava

n = γ0n +s∑i=1

γini

Page 65: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.10. MODULI FINITAMENTE GENERATI SU UN PID 65

Infine, se consideriamo una combinazione lineare nulla dei generatori n,n1, . . . ,ns, otte-niamo

0 = φ0n + φ1n1 + . . .+ φsns= φ0(βm1 − m′) + φ1n1 + . . .+ φsns= (φ0β)m1 + (−φ0m′ + φ1n1 + . . .+ φsns)

= (φ0β)m1 +r∑i=2

αimi

che implica φ0β = 0, quindi φ0 = 0, quindi 0 = φ1n1 + . . .+ φsns e φi = 0, i = 1, 2, . . . s.Quindi n,n1, . . . ,ns formano una base per N .

Osservazione L’enunciato della proposizione precedente vale per ogni modulo libero Msu un PID D, anche seM non e finitamente generato [5, cap IV, Teorema 6.1]. Per rangodiM e dei suoi sottomoduli si intende ancora la cardinalita (eventualmente infinita) dellerispettive basi.

Se R e l’anello dei polinomi F[z] o l’anello dei polinomi di Laurent F[z, z−1], dalla propo-sizione segue che il modulo Rn e libero e quindi ogni suo sottomodulo (i.e. ogni R-moduloi cui elementi siano n-uple di R) e a sua volta libero. Esistono tuttavia moduli sull’anelloF[z] o F[z, z−1] che non sono liberi, come illustrato nel seguente esempio.

Esempio 1.10.1 Sia p(z) ∈ F[z], con deg p > 0, e consideriamo l’anello quoziente F[z]/(p(z)). Esso

e un F[z]-modulo non libero dal momento che per ogni suo elemento q(z) + (p(z)) si ha p(z)◦ [q(z) +

(p(z))] = 0. In modo analogo si dimostra che(

F[z]/(p(z)))n

non e un modulo libero.

Se R non e un P.I.D., non e vero in generale che i sottomoduli di un R-modulo libero conbase finita di cardinalita r siano liberi. Un semplice controesempio e fornito da F[z1, z1] -l’anello dei polinomi in due indeterminate sul campo F - visto come modulo libero su sestesso (quindi di rango 1), e dal suo sottomodulo non libero costituito dall’ideale (z1, z2).

• Esercizio 1.10.1* Quando R non e un P.I.D., il rango dei sottomoduli liberi di un R-modulo liberoM di rango finito r puo essere maggiore di r?.

>>

Page 66: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

66 CAPITOLO 1. NOZIONI DI ALGEBRA

1.11 Gruppi abeliani finiti

1.12 Campi finiti

1.12.1 Struttura dei campi finiti

1.12.2 Polinomi su campi finiti

1.12.3 Elementi coniugati, tracce e norme

1.13 Campi Finiti - Parte II

1.13.1 Basi

1.13.2 Polinomi ciclotomici

Page 67: Nozioni di Algebra - DEIfornasini/Capitolo_1_09_10_ridotto__4...di Algebra Lineare e di Geometria: in particolare, le propriet a elementari di strutture algebriche quali i numeri interi,

1.14. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 67

1.14 Riferimenti bibliografici

Quasi tutti gli argomenti accennati in questo capitolo sono trattati diffusamente in nu-merosi manuali di Algebra. Alcuni riferimenti standard, con un’impostazione astratta esistematica, sono

1. N.Jacobson “Lectures in Abstract Algebra”, 3 voll., Van Nostrand, 1951

2. N.Jacobson “Basic Algebra”, voll. 1 e 2, Freeman, 1974

3. S.Lang “Algebra” (terza edizione), Addison-Wesley, 1993

4. P.M.Cohn “Algebra” (seconda edizione), voll.1, 2 e 3, Wiley, 1989

5. B.van der Waerden “Algebra”, voll.1 e 2, Ungar, 1966.

6. T.W.Hungerfort “Algebra”, Springer , 1974

La breve monografia

7. G.Ellis “Rings and Fields”, Clarendon Press, 1992

ha un taglio meno sistematico delle opere precedenti ma contiene numerosi spunti applica-tivi e stimolanti esercizi.

Un ottimo riferimento per l’algebra dei polinomi e per gli aspetti algoritmici connessi e

8. T.Becker, V.Weispfenning “Grobner Bases”, Springer, 1993

Sulle equazioni diofantee possono essere consultati con profitto

9. V.Kucera “Discrete Linear Control: the Polynomial Equation Approach”, Wiley,1979

10. S.Barnett “Polynomials and Linear Control Systems”, Dekker, 1983.

Una trattazione approfondita delle funzioni razionali stabili e presentata in

11. M.Vidyasagar “Control System Synthesis: a Factorization Approach”, MIT Press,1985.

Per i campi finiti, un riferimento “enciclopedico” e

12. L.Liedl, H.Niederreiter “Finite Fields”, Addison Wesley Pu.Co., 1983