n.r.g. 56646/2015...gmbh per indebito sfruttamento dei propri segreti industriali. in particolare,...
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N.R.G. 56646/2015
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
-SEZIONE “A” CIVILE-
nel procedimento cautelare iscritto al n.r.g. 56646/2015 promosso da:
HERAEUS MEDICAL GMBH e HERAEUS S.P.A. con il patrocinio degli avv.ti
Gabriele Cuonzo, Luca Trevisan e Vittorio Cerulli Irelli
RICORRENTI
contro
BIOMET EUROPE B.V. e BIOMET ITALIA S.R.L. con il patrocinio degli avv.ti
Prof. Cesare Galli, Marco Venturello e Alberto Bottarini
RESISTENTI
Il Giudice designato a scioglimento della riserva assunta all’udienza del
3.2.2016, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
1.Le vicende processuali
Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato in data 5.10.2015, Heraeus
Medical GMBH ed Heraeus s.p.a. –la prima società di diritto tedesco
attiva nello sviluppo, nella produzione e nella vendita di cementi ossei
e biomateriali utilizzati in campo ortopedico, destinati alla
esportazione in tutto il mondo, e la seconda distributrice dei cementi
ossei Heraeus in Italia, di seguito Heraeus- hanno invocato tutela
urgente nei confronti di Biomet Europe B.V. e Biomet Italia s.r.l.
(entrambe appartenenti al gruppo Biomet, ora Zimmer Biomet a seguito di
acquisizione da parte di Zimmer Holding Inc.) -la prima produttrice di
cementi ossei e la seconda distributrice per l’Italia dei prodotti della
prima-; e ciò per indebita appropriazione di segreti industriali e del
know how della ricorrente.
Heraeus ha ricordato la pregressa collaborazione tra le parti (ed in
particolare tra Heraeus Kulzer, Merck KGaA, distributrice in Europa dei
prodotti Heraeus, e Biomet Inc., società all’epoca controllante le
resistenti) regolata da un contratto stipulato in data 31.1.1996. In
virtù di tale collaborazione, il Gruppo Biomet aveva avuto accesso ai
segreti industriali relativi alla composizione chimica ed alle specifiche
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tecniche dei cementi “Palacos”® di Heraeus: a presidio di tali segreti
erano stati infatti previsti rigorosi obblighi di riservatezza.
La cooperazione tra le società era venuta meno in data 10.2.2005, quando
Heraeus Kulzer aveva comunicato a Biomet che avrebbe iniziato a gestire
direttamente la distribuzione dei cementi “Palacos®” in tutta Europa e
conseguentemente cessato, dal mese di agosto del 2005, di fornire tali
cementi a Biomet.
Pochi mesi dopo, tuttavia, controparte aveva annunciato al mercato lo
sviluppo ed il lancio di una propria linea di cementi ossei, a partire
dal “Refobacin® Bone Cement”, del tutto identici a quelli di Heraeus.
Quest’ultima aveva adito dunque l’autorità giudiziaria tedesca nei
confronti, tra gli altri, di Biomet Inc., di Europe B.V. e di Deutschland
GmbH per indebito sfruttamento dei propri segreti industriali. In
particolare, in sede civile il giudizio si era articolato in due gradi:
nel primo Heraeus aveva visto le proprie pretese rigettate, avendo il
giudice di prima istanza ritenuto che gli accordi di riservatezza fossero
temporalmente limitati. In secondo grado, con sentenza resa in data
5.6.2014 la Corte d’Appello di Francoforte aveva invece riconosciuto la
natura segreta di tali informazioni confidenziali e negato la durata
temporale limitata agli obblighi di riservatezza gravanti su Biomet. La
Corte aveva in particolare accertato l’uso non autorizzato di tre
componenti chimiche, di specifiche tecniche e di metodi di produzione
caratterizzanti i cementi “Palacos®” (in particolare relativi alle
specifiche per i copolimeri, alle istruzioni per utilizzare un liquido
monomero colorato da determinati mezzi di clorofilla, all’uso di un
determinato diossido di zirconio). La Corte aveva dunque disposto
l’inibitoria alla produzione, distribuzione, commercializzazione e
vendita di una serie di prodotti di cemento osseo a carico di Biomet.
Anche in sede penale gli allora amministratori di Biomet GmbH avevano nel
frattempo subìto una pronuncia di condanna da parte del Tribunale di
Monaco, sempre per uso indebito dei segreti industriali del Gruppo
Heraeus.
Ciò premesso, in questa sede le ricorrenti lamentano da parte di Biomet
la violazione dell’ordine inibitorio, mediante lo spostamento della sede
di produzione nel territorio francese (con conseguente reazione
giudiziaria di Heraeus che ivi ha ottenuto nel frattempo un provvedimento
di descrizione) e la prosecuzione della distribuzione e della vendita sul
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territorio europeo, compreso quello italiano attraverso la resistente
Biomet Italia.
Ritenendo che le valutazioni espresse dalla Corte d’Appello di
Francoforte, da un lato, costituiscano res iudicata e siano quindi
vincolanti per il giudice a quo e, dall’altro, fondino il fumus
necessario per l’adozione delle misure cautelari oggetto di questo
procedimento, Heraeus ha chiesto l’inibitoria assistita da penale alla
produzione, alla commercializzazione ed alla distribuzione di prodotti
ritenuti realizzati attraverso i segreti industriali citati, oltre alle
pronunce accessorie del ritiro dal commercio e del sequestro.
Costituendosi, le resistenti hanno negato in primo luogo il fumus,
sottolineando l’erroneità della pronuncia del giudice di secondo grado
tedesco, oggetto di impugnazione innanzi alla Corte Suprema Federale,
ribadendo la durata solo quinquennale dell’accordo di riservatezza; hanno
negato l’efficacia in Italia della decisione emessa dalla Corte di
Francoforte, priva di effetti transfrontalieri, così come già ritenuto da
alcuni giudici di altri Stati Membri aditi dalla ricorrente. Hanno
contestato l’applicabilità al caso di specie della legge sostanziale
tedesca, hanno eccepito la mancanza di specifiche allegazioni ed evidenze
probatorie in ordine ai pretesi illeciti commessi sul territorio italiano
ed in ogni caso sottolineato l’assenza dei presupposti richiesti dagli
artt. 98 e 99 c.p.i. e dall’art. 2598 c.c..
Quanto al periculum, precisato che l’iniziativa cautelare di controparte
è stata avviata ormai decorsi dieci anni dalla commercializzazione di
Biomet in Italia, le resistenti hanno ricordato che i propri cementi
ossei sono destinati ad importanti strutture ospedaliere nazionali, con
conseguenti irrimediabili impatti negativi sulla salute pubblica
nell’ipotesi di improvvisa interruzione della disponibilità dei cementi
ossei litigiosi.
Infine, in via riconvenzionale cautelare, riferito dell’invio di
comunicazioni denigratorie da parte di Heraeus agli Enti ospedalieri
clienti di Biomet circa la natura illecita delle forniture di cemento da
parte di quest’ultima, hanno chiesto a loro volta l’inibitoria assistita
da penale e la pubblicazione.
All’esito dello scambio di memorie di replica e di discussione orale,
all’udienza del 3.2.2016 il Giudice si è riservato la decisione.
2.La domanda cautelare della ricorrente
2.1.Quanto al fumus
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2.1.1.l’Efficacia esecutiva ai sensi del Reg. (CE) n. 1215/2012, già Reg.
(CE) n. 44/2001 della pronuncia tedesca
Parte ricorrente riconduce due immediati effetti alla pronuncia della
Corte d’Appello di Francoforte:
a) l’efficacia extraterritoriale del provvedimento inibitorio (c.d.
efficacia cross-border injunction);
b) il carattere vincolante delle sue statuizioni, giacché gli
accertamenti della Corte tedesca costituirebbero res judicata nei
confronti di Biomet Europe B.V. e dei suoi aventi causa (dunque anche
Biomet Italia s.r.l.).
Quanto al primo profilo, parte ricorrente in primo luogo invoca il
riconoscimento della pronuncia tedesca sul territorio italiano, secondo
il Reg. (CE) n. 1215/2012 (cfr. pag. 13 del ricorso) il quale, com’è
noto, innovando rispetto al precedente Reg. (CE) n. 44/2001, conferisce
direttamente valenza esecutiva alla sentenza straniera di uno Stato
Membro se questa già lo sia nel suo ordinamento di origine. Il
Regolamento citato (avente natura cogente, cfr. Considerando n. 6), si
fonda infatti su una presunta equivalenza dei sistemi processuali
nazionali, che consente al creditore di agire in executivis.
Allo stato, tuttavia non sembra che la citata sentenza ed in particolare
l’ordine inibitorio in essa stabilito siano dotati in sé di efficacia
extraterritoriale quanto in particolare ai fatti illeciti commessi in
Italia. Sul punto vanno compiute le seguenti considerazioni:
- il principio della territorialità degli effetti delle privative su
diritti immateriali non titolati, quale riserva di sovranità dello Stato
(com’è noto progressivamente erosa dalla disciplina sovranazionale
sostanziale e processuale in materia di Marchio Comunitario -Reg. (CE) n.
207/2009- e di Modello Comunitario -Reg. (CE) n.6/2002- e, a breve, in
materia di Brevetto Unico Europeo) sembra doversi ancora applicare in
materia di segreti, per la quale una giurisdizione e un diritto
sostanziale uniformi non esistono nello spazio europeo. Con conseguente
attuale frammentazione della tutela: il tentativo di armonizzazione in
materia si trova allo stato di Proposta del Parlamento Europeo e del
Consiglio (UE) 28.11.2013; in tale sede è stata sottolineata in effetti
l’esistenza di “differences in the legal protection of trade secrets
provided for by the Member States imply that trade secrets do not enjoy
an equivalent level of protection throughout the Union”;
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- dunque ad oggi, ad esclusione dell’ipotesi del marchio comunitario e
del modello comunitario, perché una sentenza di uno Stato Membro abbia
efficacia extraterritoriale, il giudice che l’ha pronunciata deve essersi
posto la questione della giurisdizione su fatti avvenuti fuori dal
proprio Stato di appartenenza (e conseguentemente avere individuato i
criteri di collegamento per radicare la propria giurisdizione anche per
fatti fuori dal territorio nazionale). Tale interpretazione appare
sorretta proprio dal dettato di cui all’art. 45 del Reg. (CE) n.
1215/2012, richiamato dalla difesa del ricorrente. Tale disposizione
(secondo la quale l’autorità dello Stato richiesto “è vincolata
dall’accertamento dei fatti sul quale l’autorità giurisdizionale
d’origine ha fondato la propria competenza”) ha sì, all’interno dell’UE,
allentato la verifica da parte del giudice a quo sulla giurisdizionale
dell’autorità straniera che ha emanato la sentenza oggetto della
esecutività. Tuttavia, l’impossibilità di un nuovo riesame della
questione della giurisdizione da parte del giudice ad quem (salvo le
eccezioni di cui all’art. 44 del Regolamento citato e di cui ai
corrispondenti art. 34 e 35 del precedente Reg. (CE) n. 44/2001) opera
sul presupposto che un controllo sulla giurisdizione sia stato compiuto
dal giudice a quo, ossia dall’autorità che ha emesso il provvedimento
dotato di efficacia transfrontaliera;
- cosicché, nell’ipotesi di marchio comunitario (secondo gli artt. 97 e
98 del Reg. (CE) 207/2009) e di modello comunitario (secondo gli artt. 82
e 83 del Reg. (CE) 6/2002) se la giurisdizione è fondata sul criterio di
collegamento del forum rei, l’inibitoria deve ritenersi cross-border
(art. 98 comma 1 del Reg. (CE) 207/2009; art. 83 comma 1 del Reg. (CE)
6/2002) mentre nel caso di giurisdizione fondata sul forum commissi
delicti, essa è limitata al territorio dello Stato-Membro in cui il
Tribunale ha sede (art. 98 comma 2 del Reg. (CE) 207/2009; art. 83 comma
2 del Reg. (CE) 6/2002); negli altri casi, ivi inclusi i segreti
industriali, la pronuncia- qualunque sia il criterio di giurisdizione
applicato- per avere efficacia transfrontaliera deve essere in ogni caso
esplicitamente tale;
- al contrario, la sentenza della Corte d’Appello di Francoforte non si è
occupata di illeciti compiuti fuori dal territorio tedesco (e dunque, per
quel che qui rileva in quello italiano) per i quali avrebbe dovuto porsi
la questione della giurisdizione (e conseguentemente individuare i
criteri di collegamento per radicare la propria giurisdizione anche per
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fatti fuori dal territorio tedesco) per poi porsi la questione della
legge sostanziale applicabile. Entrambi i profili non sono invece stati
esaminati dai giudici tedeschi, i quali hanno quindi trattato la
controversia come questione interna;
- in effetti, le domande degli attori non si estendevano ad illeciti
commessi fuori dalla Germania ed in particolare in Italia (la locuzione
genericamente richiamata in proposito dalla difesa Heraeus e contenuta
nell’atto di citazione “Biomet distribuisce (…) nel resto d’Europa” non è
dirimente). La prospettazione degli attori innanzi al giudice tedesco per
radicare la giurisdizione tedesca faceva unicamente riferimento, quale
luogo delle condotte illecite, sempre al territorio tedesco: ed in
particolare a Darmastadt –luogo dello scambio delle informazioni segrete,
corrispondente al centro del business della società- ed a DIERBURG -luogo
della produzione del cemento osseo per Biomet Group- (cfr. atto di
citazione pag. 38 doc. 26 di parte attrice). Né sono stati espressamente
invocati provvedimenti transfrontalieri (che si verificano allorché una
delle parti sia domiciliata o residente in uno Stato diverso da quello
per il quale si è attivata la procedura). E’ del resto la stessa
ricorrente a confermare tale prospettazione laddove argomenta sulla
corretta applicazione della legge tedesca al caso in esame (cfr. pag. 4
memoria autorizzata in questa sede, ultimo capoverso e nota n. 3,
“essendo tutte le condotte di cui si discute avvenute in Germania, (…) in
Germania sono da sempre esclusivamente detenuti tutti i segreti
industriali di Heraeus, in Germania sono stati sviluppati i cementi di
Biomet, in Germania si è primariamente svolta la pregressa cooperazione
tra le parti”);
- la correttezza dell’impostazione sembra trovare univoco conforto nelle
pronunce dei Giudici Nazionali di altri Stati Membri aditi,
successivamente alla sentenza della Corte d’Appello di Francoforte, dalla
ricorrente in altrettante iniziative giudiziarie dirette:
- ad ottenere in Olanda la quantificazione della penale per la ritenuta
violazione da parte di Biomet dell’ordine inibitorio del giudice tedesco:
la Corte distrettuale di Rotterdam, negando la richiesta di
quantificazione della penale prevista nella pronuncia della Corte
d’Appello di Francoforte, ha ritenuto che la questione dell’estensione
dovesse essere risolta in primo luogo dal giudice tedesco. In
particolare, la Corte distrettuale adita da Heraeus per la condanna di
Biomet Europe al pagamento della penale ha dichiarato il proprio difetto
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di giurisdizione, ricordando al punto 4.3.4 che la questione
dell’estensione dell’ordine del giudice tedesco in Olanda deve prima
trovare risposta nell’autorità che si è pronunciata sulla violazione, e
quindi nell’autorità tedesca: “That question -the question whether the
injunction laid down in the judgment at issue also extends to acts of
Biomet in the Netherlands breach- must first be answered before the judge
can get round to an assessment of a possible breach. In the three lawsuit
in Germany the same question about the territorial scope of that judgment
is being considered as in the present proceedings. It is only when that
question has been answered in the German lawsuit(s) that it will be known
whether the German court has accepted or will accept jurisdiction with
regard to the alleged infringing acts of Biomet in the Netherlands. Thus,
the proceedings pending in Germany have the key question whether the
judgment at issue has a universal instead of a territorial effect, and
the cause of action, or the facts or legal rules underlying it, is also
the same. The preliminary relief judge cannot at this stage accept
jurisdiction to hear the dispute between the parties due to the provision
of Article 27 Regulation 44/2001” (cfr. doc. 15 di parte resistente).
Dunque non possono trovare applicazione, secondo la Corte Olandese, gli
artt. 31 e 47 Reg. CE 44/2001;
- ad ottenere l’estensione della portata dell’inibitoria fuori dal
territorio tedesco. Il Tribunale di Commercio di Vienna in data 28.8.2015
ha negato l’estensione extraterritoriale in Austria della sentenza di
Francoforte precisando che: “the defendants in the present case are not
parties to this proceeding that is being conducted in Germany. The higher
regional court of Frankfurt concerned itself only with alleged violations
of the plaintiff’s industrial secrets in Germany, but not with any such
violations outside Germany. The plaintiff in that case did not at all
allege the existence of a cross-border facts and circumstances. The
higher Regional court of Frankfurt did not release any determination on
the international jurisdiction of the German courts or on questions
relating to conflict of law (…) extend to foreign territory..would
necessarily have required an argument on issues of international
jurisdiction and the applicable law” (cfr. doc.18 pag.4-5 sentenza
austriaca);
- ad ottenere provvedimenti cautelari urgenti (diversi dalla
descrizione), sul presupposto delle valutazioni espresse dal giudice
tedesco compiuto in base alla legge tedesca. Il Tribunale del Commercio
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di Parigi ha ritenuto che “gli accertamenti del giudice tedesco non sono
vincolanti, dal momento che dobbiamo fare le nostre valutazioni di
diritto francese”, cfr. traduzione di cui al doc. 36 di parte
ricorrente).
2.1.2. L’efficacia probatoria vincolante della pronuncia tedesca
Ciò considerato sulla natura cross-border della sentenza di Francoforte,
in secondo luogo parte ricorrente ne invoca la valenza probatoria, a suo
dire vincolante, nel giudizio sul fumus da esprimere in questa sede (cfr.
pag. 15 e segg. del ricorso).
E ciò sul presupposto che si tratti di un’unica condotta –quella già
sottoposta all’esame del giudice tedesco ed ora di quello italiano (pag.
15 memoria autorizzata della resistente)- e che gli accertamenti compiuti
dal giudice a quo non possano essere oggetto di nuovo esame da parte del
giudice ad quem. Con conseguente automatica sussistenza nel caso di
specie del fumus.
In limine: non è certo qui in discussione il carattere vincolante degli
accertamenti di fatto compiuti dal giudice dello Stato d’origine,
carattere che preclude un riesame nel merito sugli stessi fatti da parte
del giudice ad quem e diretto a favorire la circolazione delle sentenze.
Non è cioè dubitabile che secondo il nuovo Reg. (CE) 1215/2012, già Reg.
(CE) 44/2001 (cfr. artt. 35.2 .e 36) la decisione del giudice dello Stato
membro d’origine non possa “(in) nessun caso (…) formare oggetto di un
riesame del merito, in linea con il (…) principio della reciproca
fiducia” e che “la nozione di autorità della cosa giudicata nel diritto
dell’Unione non riguarda solo il dispositivo della decisione giudiziaria
in questione, ma si estende anche alla motivazione della stessa, che
costituisce il fondamento necessario del dispositivo e, di fatto, è
indissociabile da quest’ultimo (v., in particolare, sentenze del 1°
giugno 2006, P & O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de
Vizcaya/Commissione, C-442/03 P e C- 471/03 P, Racc. pag. I-4845, punto
44, nonché del 19 aprile 2012, Artegodan/Commissione, C-221/10 P, punto
87).
Con la conseguenza dunque che, nel caso in esame, l’accertamento di fatto
compiuto dal Giudice tedesco sulla ritenuta sottrazione dei segreti sul
proprio territorio nazionale, una volta definitivo, non potrà essere
messo in discussione da altro giudice di altro Stato Membro.
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Tuttavia ciò non implica, ancora, efficacia vincolante e diretta dalla
pronuncia tedesca sulla valutazione del fumus da compiere in questa sede,
contro la quale militano le seguenti considerazioni:
le condotte qui censurate appaiono distinte e diverse rispetto a
quelle indagate dai giudici tedeschi, seppure quelli esaminati in
Germania costituiscano per così dire i presupposti (c.d. illeciti a
monte) rispetto ai quali quelli qui indagati si atteggiano quali
conseguenze (c.d. illeciti a valle). E’ vero che secondo la
prospettazione dei ricorrenti i secondi sono collegati
eziologicamente ai primi e che gli illeciti tedeschi costituiscono
uno degli elementi costitutivi di quelli qui censurati, tuttavia
tra essi non vi è identità né oggettiva né soggettiva. Ed in
particolare:
- il profilo oggettivo delle condotte esaminate dal Giudice tedesco
non esaurisce quello qui dedotto (relativo, oltre al presupposto
della sottrazione dei segreti, anche alla distribuzione sul
territorio italiano di prodotti non più realizzati sul territorio
tedesco ma sul territorio francese dove la concorrente sleale
avrebbe artatamente trasferito la propria sede di fabbricazione);
- non vi è coincidenza sotto il profilo soggettivo: Biomet Italia
non è stata convenuta nel giudizio tedesco ed il principio
dell’estensione degli effetti del giudicato dal titolare al
successore a titolo particolare (cfr. art. 2909 c.c. e 111 c.p.c.)
presuppone un’indagine in fatto sull’identità della res acquistata
post litem, identità che qui è contestata dalla difesa dei
resistenti;
la pronuncia tedesca non è definitiva, con conseguente non
applicazione, allo stato nel futuro giudizio di merito italiano,
dei criteri di cui agli artt. 29 e segg. del Regolamento (CE) n.
1025/2012.
Fermo dunque l’accertamento compiuto dal Giudice tedesco sulla frazione
della condotta dallo stesso esaminata, ossia la sottrazione dei segreti
su quel territorio nazionale, tuttavia nel caso in esame non si versa
nella deduzione dello stesso illecito, nei termini sopra indicati, ma di
una condotta di cui solo un elemento costitutivo ha formato oggetto di
sindacato da parte di un giudice di altro Stato Membro.
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Con conseguente necessaria autonoma valutazione da parte del giudice
nazionale in relazione alla legge sostanziale applicabile al caso
sottoposto al suo esame nonché al riscontro di tutti gli ulteriori
elementi costitutivi delle “nuove” condotte sindacate
Sul punto il Tribunale del Commercio di Parigi, adito da Heraeus in
relazione alle condotte integrate in Francia, ha del resto espresso un
giudizio analogo, indicando la necessità di svolgere autonome
valutazioni.
2.1.3.Gli autonomi apprezzamenti da svolgere in questa sede
La conseguente necessità di un nuovo apprezzamento sugli illeciti qui
denunciati (suggerita anche dalla veste formale dell’iniziativa della
ricorrente, giacché il procedimento urgente comprende, tra i suoi
presupposti ineludibili, un autonomo sindacato sulla probabile esistenza
del diritto azionato, valutazione disomogenea rispetto al mero
riconoscimento automatico degli accertamenti compiuti da altro giudice)
discende dunque dalla prospettazione, nel ricorso, di un’ulteriore
condotta lesiva sul territorio italiano rispetto a quella posta in essere
sul territorio tedesco: la distribuzione e la commercializzazione da
parte questa volta di Biomet Italia di cementi ossei, ora fabbricati sul
territorio francese, del tutto identici a quelli prima prodotti in
Germania e già inibiti dal giudice di quello Stato.
Occorre dunque, previa individuazione dalla legge sostanziale
applicabile, indagare anche in fatto la sussistenza di tutti gli elementi
costitutivi della condotta censurata, poiché appunto gli accertamenti del
giudice tedesco afferiscono solo ad un illecito a monte, indicato quale
presupposto per il compimento di quelli qui denunciati.
Allo stato qui non è tuttavia consentita, salve diverse emergenze nelle
successive fasi, un’autonoma indagine, necessariamente anche di natura
tecnica. Sono pertinenti in proposito le considerazioni in ordine:
alla mancanza di prova liquida dell’identità delle res inibite sul
territorio tedesco rispetto a quelle prodotte in Francia e poi
distribuite sul territorio italiano, presupposto ineludibile per
predicare l’estendibilità dell’autorità del provvedimento
giudiziale anche all’avente causa, qui Biomet Italia (art. 111
c.p.c. e 2909 .cc.);
alla mancata richiesta di provvedimenti di natura probatoria (quali
la misura della descrizione ovvero la richiesta di esibizione) che
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consentano al Tribunale di indagare tale lamentata identità di
prodotti.
Pur con il supporto della pronuncia tedesca (vincolante per i medesimi
accertamenti in fatto compiuti dal giudice tedesco, una volta divenuta
definitiva) e liberamente valutabile quale mezzo di prova documentale per
gli altri fatti (analogamente a quanto si controverte di decisioni
nazionali sulle corrispondenti frazioni nazionali di brevetti europei),
allo stato è quindi precluso un autonomo sindacato sulle ragioni della
ricorrente, che necessiterebbe comunque di esaminare anche, nell’ambito
di un contraddittorio tecnico, i prodotti ossei litigiosi, per poi
passare ai conseguenti apprezzamenti in base al diritto sostanziale qui
applicabile.
2.2.Quanto al periculum
Seppure allo stato le considerazioni sopra svolte in merito al fumus
siano assorbenti, manca comunque nel caso in esame anche il periculum in
mora.
In proposito, parte resistente ha sottolineato che:
1) la condotta addebitata a Biomet Italia è in corso da oltre dieci
anni e perfettamente conosciuta da controparte, che non si è
attivata in questo lungo lasso temporale sul territorio italiano
per contrastare, anche solo in sede cautelare, la distribuzione
delle res litigiose; l’atto di citazione di primo grado innanzi
alla Corte tedesca risale infatti al 30.12.2008, data dalla quale
certamente alla ricorrente era nota la condotta di Biomet;
2) l’eventuale accoglimento dell’inibitoria cagionerebbe
l’interruzione dei rapporti di fornitura in essere tra la
resistente e alcune importanti strutture ospedaliere e sanitarie
nazionali, con grave pregiudizio del diritto alla salute dei
pazienti italiani, considerato che le pubbliche amministrazioni
dovrebbero procedere ad una nuova gara ad evidenza pubblica per
l’individuazione di un nuovo aggiudicatario (contrattualmente
Biomet procede infatti a consegne ripartite, eseguite a temperatura
controllata e on demand, senza possibilità di accumulare scorte). I
propri prodotti non sarebbero del resto sostituibili, giacché
l’inibitoria si estenderebbe anche ai sistemi di miscelazione.
In proposito parte ricorrente ha invece ribadito che:
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1) la sentenza della Corte d’Appello Tedesca che ha riformato quella
di primo grado è intervenuta solo nel mese di giugno 2014;
2) nel frattempo Heraeus ha raccolto elementi probatori che hanno
consentito di accertare la continuazione dell’illecito anche sul
territorio italiano;
3) il trasferimento della sede di produzione nel territorio francese
(collocato da controparte nel 2010) è stata scoperta dalle
ricorrenti solo nel 2015;
4) medio tempore è stato avviato un procedimento cautelare anche in
Francia e richiesta l’esecutività della pronuncia tedesca presso il
giudice olandese;
5) è stato avviato un tentativo di transazione della controversa,
interrottosi nel mese di settembre 2014;
6) il periculum non può essere eliso dalla questione, sollevata da
controparte, circa la pendenza di rapporti contrattuali di BIOMET
con soggetti terzi e in particolare con strutture ospedaliere. Le
pubbliche amministrazioni potrebbero ricorrere infatti a procedure
ad evidenza pubblica urgenti, come di sovente avviene a seguito di
inibitorie giudiziali in campo farmaceutico. I prodotti litigiosi
sarebbero comunque facilmente sostituibili con altri attraverso
nuove forniture (si veda in proposito dichiarazione resa dal dott.
KOBELT, manager director di Heraeus medical il quale attesta che
nessun effetto pregiudizievole in proposito si è verificato sul
territorio tedesco circa l’applicazione della decisione, cfr. doc.
41 di parte ricorrente).
Ciò premesso, va osservato che:
- la prova della conoscenza in capo alla danneggiata della ritenuta
lesione posta in essere da parte del Gruppo Biomet, ivi comprese le
singole distributrici nazionali e per quel che qui rileva da parte di
Biomet Italia, è strettamente connessa, cronologicamente,
all’introduzione della causa di merito in Germania: dunque, al più tardi,
essa si colloca nel 2008, momento in cui già Biomet Italia
commercializzava tali prodotti sul territorio nazionale (la circostanza
dedotta dalla resistente non è stata contestata da controparte);
- l’intervenuto trasferimento della sede della produzione da parte del
gruppo Biomet dalla Germania alla Francia (trasferimento che la difesa
Biomet colloca comunque nell’anno 2010) non consente di posticipare
l’inizio della lesione ed attualizzare, in tal guisa, il periculum: tale
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circostanza gioca infatti su un piano di indifferenza rispetto alle
frazioni di illecito commesse in Italia, rispetto alle quali non sono
stati neppure avviati procedimenti urgenti di acquisizione preventiva
della prova.
In proposito va rammentato che la persistenza del periculum, nonostante
la lesione sussista da anni e nonostante la scelta consapevole del
danneggiato di attendere un lungo lasso temporale prima di adire
l’autorità giudiziaria al fine di ottenere provvedimenti urgenti, sovente
è collegata:
- all’aggravamento della lesione, ossia alla prospettazione di una
diversa e maggiore intensificazione delle condotte illecite rispetto a
quelle iniziali (cfr. Trib. Milano, 20.11.2012, ove il requisito è stato
negato a seguito della mancata reazione per circa due anni) ovvero ad un
maggior pregiudizio tanto da integrare “il requisito di un’irreparabilità
che prima non esisteva” (cfr. in proposito Trib. Torino 16.12.2009). E
qui, al contrario, sul territorio italiano non viene lamentato, a
distanza di molti anni dalla conoscenza dell’asserita condotta lesiva,
alcuna intensificazione degli illeciti, mentre gioca un ruolo neutro,
come già accennato, il luogo dove tali prodotti sarebbero stati
fabbricati (la Germania o la Francia);
- alla sussistenza di trattative stragiudiziali che coprano l’arco
temporale intercorso tra l’avvio dell’illecito e la reazione cautelare:
qui al contrario tali trattative si collocano in un segmento assai
limitato rispetto all’arco compreso dall’anno 2008 (avvio della causa in
Germania) all’anno 2015 (avvio del presente procedimento); la loro
interruzione è in ogni caso anteriore di un anno rispetto alla presente
iniziativa urgente.
La scelta della ricorrente di non attivarsi tempestivamente sembra dunque
condurre, inevitabilmente, alla riconduzione delle proprie pretese nella
fase di merito (cfr .analogamente, Tribunale du Commerce de Paris “nous
réserverons cette appréciation au juge du fond, éventuellement saisi”,
cfr. doc. 16, pag. 4 di parte resistente).
3.La domanda cautelare in via riconvenzionale della resistente
3.1. Quanto al fumus
3.1.1. sull’ammissibilità
Parte resistente a sua volta si duole di condotte di concorrenza sleale
per denigrazione, avendo controparte inviato ai clienti di Biomet una
comunicazione ove,comunicando gli esiti del giudizio d’appello tedesco,
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non ne limitava la portata alla sola Germania, con conseguente discredito
a danno della diretta concorrente.
Quanto all'ammissibilità di domande cautelari che, in via
riconvenzionale, si inseriscono nell’ambito di un procedimento d’urgenza
già da altri instaurato, la scelta processuale della resistente, non
contestata sotto questo profilo dalla ricorrente, appare consentita,
applicando analogicamente i limiti e le prescrizioni di cui all'art. 36
c.p.c.. In effetti la domanda di inibitoria svolta da Biomet è senz'altro
connessa a quella di controparte in relazione al titolo dedotto in
giudizio, rectius; anzi, per certi aspetti antitetica rispetto a quella
di Heraeus, presupponendo –tra altro- l’insussistenza della condotta
illecita della resistente, affermata invece da Heraeus quale fatto
costitutivo della propria pretesa.
3.1.2. Le comunicazioni di provvedimenti giudiziari
Nell’ambito delle generiche previsioni di cui all’art. 2598 c.c., la
giurisprudenza ha da tempo enucleato e specificato alcune condotte che -
sebbene non espressamente previste dalla norma di legge- costituiscono
tuttavia dei comportamenti tipicizzati integranti illeciti
concorrenziali. Tra questi ultimi, viene annoverata anche la
divulgazione ad iniziativa di parte di provvedimenti giudiziari o della
diffusione di notizie relative alla loro emanazione (non a seguito di
ordine del giudice ma ad iniziativa della parte interessata). Tale
attività viene considerata lecita in generale, ma la regola va modulata
con la considerazione che quando si dirama un’informazione con la
specificazione che la stessa è stata ritenuta fondata e vera
dall’autorità giudiziaria e recepita in un provvedimento giudiziale, la
notizia possiede una particolare e maggiore efficacia persuasiva
(rispetto alla semplice comunicazione diffusa senza fare alcun cenno
all’intervento del giudice) ed è dunque tanto più idonea ad ingenerare,
presso il pubblico, il convincimento della fondatezza delle affermazioni
divulgate. Maggiori debbono pertanto essere le cautele nella divulgazione
la quale non deve essere attuata con modi e forme tali da ingenerare nei
terzi una rappresentazione non corretta del contenuto del provvedimento o
dell’andamento del giudizio. La comunicazione deve cioè evitare ogni
tendenziosità, indicando tutte le circostanze e le precisazioni atte a
formare, nei destinatari dell’informazione, una corretta opinione (cfr.,
tra le altre, Tribunale di Milano, sen. n. 35204/2007; Tribunale Verona,
ord. 14.6.1997, Tribunale Torino, ord. 8.6.1995, Tribunale Milano, ord.
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7.6.1994, idem 15.12.1994, Tribunale Reggio Emilia od. 29.7.1999,
Tribunale di Napoli, ord. 24.1.1985).
A tal fine, si è osservato, il messaggio diffuso deve contenere tutti gli
elementi che, sul piano obiettivo, concorrono a caratterizzare la
situazione alla quale si riferisce il provvedimento giudiziario. Il
rispetto del canone di correttezza implica in particolare che -alla
comunicazione dell’esito di un procedimento- si affianchi l’illustrazione
di tutti gli elementi che valgano a limitare (o comunque precisare)
l’ambito e l’intensità di efficacia del provvedimento conclusivo (Trib.
Torino 8.6.1995-ord- 3322/01; Trib. Milano, 7.7.1994 3243/01; Trib.
Milano, 15.12.1994, 3277/01, App. Roma 13.1.1992, 2784/02), precisandone
la sua eventuale natura cautelare (Tribunale di Verona 14.6.1997).
3.1.3. Il caso in esame
Il messaggio veicolato nella comunicazione trasmessa dalla ricorrente al
terzo (Policlinico San Marco), avuto riguardo alle concrete modalità
formali con le quali è stato redatto, non sembra avere contenuto idoneo a
determinare il discredito di Biomet.
In particolare, la lettura complessiva del testo menzionato conduce ad
individuare due messaggi rilevanti e precisamente: 1) il contenuto della
decisione della Corte d’appello di Francoforte; 2)la convinzione da parte
di Heraeus che la concorrente continui a produrre cementi ossei, ivi
indicati, in violazione dei propri segreti.
Dunque, ad un parte della comunicazione con portata informativa (sugli
esiti giudiziari) si accompagna una seconda parte, c.d. valutativa (sulla
continuazione dell’illecito).
Il contenuto informativo non appare inveritiero giacché si precisa che si
tratta di una decisione non definitiva, della quale si allega il
dispositivo.
Neppure il contenuto valutativo è decettivo: essa correttamente non
fornisce all’attualità della condotta illecita un connotato oggettivo,
relegandola ad una mera valutazione della ricorrente (“riteniamo che
Biomet violi”); né estende espressamente a Biomet Italia (estranea al
giudizio tedesco) la violazione di segreti, riferendosi sempre in
generale a Biomet, né infine esplicita una portata transazionale del
provvedimento. E ciò seppure, per il vero, non si faccia dunque carico di
evidenziare le problematiche sottese all’estensione extranazionale,
certamente note a Heraeus sin dalla data del 11.2.2015 (data di emissione
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della sentenza della Corte Distrettuale di Rotterdam, cfr. doc. 15 parte
resistente), antecedente alla comunicazione qui censurata.
Non vi sono in conclusione univoci elementi per predicare la natura
denigratoria della condotta.
3.2. Quanto al periculum
Seppur siano assorbenti le questioni sul fumus, manca comunque anche il
periculum.
La condotta provata è qui circoscritta ad un’unica comunicazione e (per
quanto secondo l’indirizzo preferibile il presupposto della “diffusione”
screditante si verifichi anche nell’ipotesi di un solo destinatario) gli
eventuali pregiudizi subìti da Biomet potranno refluire nell’eventuale
valutazione del risarcimento per equivalente. Non sono invece
prospettati, quantomeno allo stato, pericoli di reiterazione della
condotta o di impiego di mezzi di diffusione invasivi.
4. Il comando cautelare ed il governo delle spese
Per le ragioni sopra espresse allo stato le domande di tutela urgente
svolte sia dalla ricorrente sia dalla resistente vanno rigettate.
L’incertezza della fattispecie indagata e la soccombenza reciproca
giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
1)rigetta le domande cautelari della ricorrente;
2)rigetta la domanda cautelare riconvenzionale della resistente;
3)compensa integralmente le spese di lite.
Si comunichi.
Milano, 23 marzo 2016.
Il giudice designato
Dott.ssa Alima Zana
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