nursing clinico area critica
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Gli Approcci Vascolari nel Paziente Critico
Negli ambienti che costituiscono l'area Critica, le particolari condizioni dei pazienti rendono
necessari, in molte occasioni, approcci di tipo diagnostico e terapeutico specifici.
Le due procedure di accesso vascolare al paziente critico di più comune riscontro sono:
-la cannulazione arteriosa
-cannulazione venosa centrale
La cannulazione arteriosa
Il posizionamento di un catetere in sede arteriosa riveste una notevole importanza nel
paziente in condizione critica, in quanto consente:
- il monitoraggio diretto e continuo della pressione arteriosa sistemica, e una riduzione dei
margini di errore rispetto ai metodi tradizionali
-la possibilità di eseguire prelievi ematici per i controlli emogasanalitici
-la possibilità di eseguire prelievi per vari controlli ematochimici e colturali (realizzabili
con procedure particolari).
La cannulazione arteriosa è indicata in tutti i pazienti affetti da insufficienza delle funzioni
vitali; in particolare va utilizzata:
-in sede intra-operatoria, nei soggetti sottoposti a interventi particolarmente impegnativi,oppure se le condizioni di base del paziente appaiono compromesse;
-in ambito intensivo-rianimatorio, nei pazienti affetti da gravi quadri patologici,
soprattutto a carico dell'apparato cardiocircolatorio;
-quando sia necessario eseguire ripetuti controlli emo-gasanalitici.
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Vie d'accesso
Sedi principali di cannulazione arteriosa nell'adulto sono:
Arteria radiale
L'arteria radiale è un ramo terminale dell' arteria brachiale
Prima di procedere alla sua cannulazione, si dovrà valutare:
-la pervietà dell' arteria ulnare,(lesioni ischemiche alla mano secondaria a trombosi)
Nei pazienti collaboranti, la pervietà del circolo ulnare può essere rilevata eseguendo il test
di Allen nella seguente maniera: l'operatore comprimerà le arterie radiale e ulnare, mentre
il paziente viene invitato ad aprire e chiudere ripetutamente la mano, per alcuni secondi.
Quindi, si rimuove la pressione dall' arteria ulnare: a questo punto, la superficie palmare,
ischemizzata nella fase precedente, andrà incontro a un diffuso arrossamento.
La normalità del test di Allen si basa sul tempo necessario alla rivascolarizzazione della
mano che potrà essere:
- > 14 secondi (circolo inadeguato).
Nella cannulazione dell' arteria radiale, vengono usati cateteri di piccole dimensioni; è
preferibile impiegare cannule da 20 gauge, di lunghezza pari o inferiore a 5 centimetri.
L'arteria radiale viene cannulata posizionando:
-il polso in iperestensione, fino a formare un angolo di circa 60° tra mano e tratto
terminale dell'avambraccio, sarà opportuno poggiare il polso su un rotolo di telini, fissando
avambraccio e mano.
-palpare con indice e medio l'arteria, una volta individuata, può essere cannulata,
muovendo il catetere a formare un angolo di circa 30° con la cute.
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Arteria femorale
Origina dall'iliaca esterna ed è facilmente reperibile subito al disotto del legamento
inguinale, decorrendo di lato alla vena femorale nel triangolo di Scarpa.
La cannulazione dell' arteria femorale rappresenta una scelta fondamentale nei pazienti in
scadenti condizioni emodinamiche, nei quali non sono palpabili altri polsi arteriosi.
Il suo ampio diametro consente di posizionare cateteri di dimensioni più grandi e l'elevato
rapporto «diametro vasale/diametro del catetere» riduce il rischio di complicanze
trombotiche e ischemiche, rendendo possibili cateterismi di lunga durata.
Nonostante questi vantaggi, l'approccio femorale è gravato da un rischio non trascurabile di
infezione da catetere.
L'uso dell'arteria femorale andrà evitato nei pazienti affetti da vasculopatie degli arti
inferiori.
La procedura di cannulazione femorale prevede:
-l'iperestensione della coscia sul bacino, con extrarotazione della stessa, persuperficializzare il vaso;
-la depilazione accurata della zona da pungere;
-la palpazione dell' arteria, al di sotto del legamento inguinale, e la sua cannulazione.
Arteria brachiale (o omerale)
L'arteria brachiale costituisce l'ultimo tratto del tronco arterioso dell' arto superiore,
originando dall'ascellare e dividendosi, a livello del gomito, nei due rami terminali, radiale
e ulnare.
Si tratta di un vaso di raro utilizzo nella pratica clinica, poiché la scarsità del circolo
collaterale espone a seri problemi ischemici a carico dell' arto superiore, in caso di fattitrombotici.
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Nel caso si debba, in ogni modo, ricorrere al cateterismo brachiale, bisognerà rispettare
alcune norme di sicurezza:
-impiegare sempre il vaso del braccio non dominante; .
-scegliere cateteri di piccolo calibro; monitorizzare la temperatura cutanea della mano
omo-laterale;
-rimuovere il catetere dopo un tempo massimo di 48 ore.
La cannulazione viene realizzata:
-ponendo il braccio superiore in extrarotazione, con estensione dell' avambraccio sul
braccio;.
-palpando il vaso subito al di sopra della piega del gomito;
-cannulandolo ad un angolo di 45° circa con la superficie cutanea.
Arteria ascellare
L'arteria ascellare rappresenta la prosecuzione della succlavia e si continua nella brachiale.
La cannulazione dell' arteria ascelllare è gravata da svantaggi quali:
-la posizione anatomica poco agevole;
-l'elevato rischio di fenomeni infettivi da catetere.
La modalità di cateterizzazione prevede:
-l'abduzione e la rotazione dell' arto superiore per esporre il cavo ascellare;
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- l'accurata depilazione del cavo ascellare;
Arteria pedidia
Costituisce il ramo terminale dell' arteria tibiale anteriore, decorre sul dorso del piede,
superficialmente, e risulta quindi facilmente reperibile.
L'arteria pedidia è spesso congenitamente assente e talora, negli anziani, assume un
andamento serpiginoso.
Ne è sconsigliata la cannulazione nei pazienti affetti da vasculopatie degli arti inferiori ed
è preferibile verificare la pervietà dell' arteria tibiale posteriore prima di posizionare il
catetere.
In ogni caso, il cateterismo della pedidia è gravato da un' elevata incidenza di fenomeni
infettiivi correlati al catetere.
Per procedere alla manovra, bisognerà porre:
-il piede in iperestensione
il vaso è situato di solito in posizione mediale, sul dorso del piede, subito al di sotto della
superficie cutanea.
I cateteri arteriosi
I cateteri arteriosi di uso comune sono principalmente costituiti da:
-poliuretano e suoi derivati (teflon, vialon);
-polietilene.
La scelta dei materiali appare importante soprattutto in termini di prevenzione dei
fenomeni trombotici, che i cateteri possono provocare, la formazione di trombi è legata,
anche alle dimensioni del catetere.
I criteri di scelta dell' arteria da cannulare sono seguenti:
-diametro sufficiente;
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-buona circolazione collaterale;
-facilità nelle manovre di nursing;
-basso rischio infettivo.
Da questi presupposti, derivano le due tecniche fondamentali di cannulazione:
-la cannulazione per via percutanea;
-la cannulazione chirurgica (usata solo in pediatria)
La metodica percutanea
La metodica percutanea, di maggiore impiego in area critica, può fondarsi sull'uso di due
modelli:
-la puntura con agocannula: l'arteria viene cannulata con un ago metallico attorno al quale
si trova il catetere, di solito realizzato in poliuretano o suoi derivati.La tecnica è sostanzialmente analoga a quella utilizzata nel cateterismo delle vene
periferiche.
Il reflusso di sangue all'interno dell'ago evidenzierà la penetrazione nell' arteria: a questo
punto, l'ago metallico viene tenuto fermo e si fa procedere la cannula all'interno del vaso,
con movimenti di lieve rotazione, per evitare la lesione dell'endotelio parietale.
Si sfila quindi l'ago-guida e si connette il catetere al sistema di lavaggio.Con questa tecnica, vengono posizionati di solito i cateteri da 18-20 gauge, di lunghezza
compresa tra 3 e 5 centimetri.
- la puntura secondo la tecnica di Seldinger:
La tecnica di Seldinger si fonda sulla puntura dell'arteria con un ago metallico sottile,
connesso a una siringa di piccole dimensioni.
Il reflusso di sangue indicherà la penetrazione nel vaso.
Si deconnette quindi la siringa e all'interno dell'ago viene fatta scorrere una sottile guida
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metallica, che si posiziona all'interno dell'arteria.
Quindi, si sfila l'ago e si posiziona il catetere, che viene fatto procedere utilizzando la guida metallica, fino alla corretta introduzione all'interno del vaso.
La tecnica di Seldinger consente l'impiego di aghi metallici più piccoli e risulta quindi meno
traumatizzante.
Inoltre, essa permette il posizionamento di cateteri di maggiore diametro (18 gauge) e
lunghi fino a circa 20 centiimetri.
Qualunque tecnica si adotti, è fondamentale che la manovra venga condotta in condizioni di
asepsi e che l’operatore indossi mascherina, cappellino, camice e guanti sterili.
La puntura arteriosa è preceduta da una fase di pulizia della cute e da una successiva di
disinfezione con sostanze iodate della zona prescelta.
Quindi si procede al confezionamento di un campo sterile con gli appositi telini.
A questo punto, per ridurre l'entità dello stimolo doloroso, può essere utile infiltrare con
lidocaina al 2 % l'area dove si procede alla puntura arteriosa.
Complicanze
Senza dubbio la complicanza più temuta è:
-la trombosi vasale: cui può conseguire un'ischemia più o meno estesa a carico della mano.
Può manifestarsi mentre il catetere è ancora in sede, oppure a distanza di tempo dalla sua
rimozione.
Il trombo ha origine a livello dell'intima vasale, in seguito alla lesione provocata dalcatetere.
In seguito, esso si accresce sia sulla superficie del catetere, sia sulla parete del vaso.
Tra i fattori che possono favorire la trombosi, ricorderemo:
-l'età (la trombosi è più probabile in età pediatrica a seguito delle minori dimensioni vas
ali) ;
-il sesso
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-le vasculopatie periferiche;
-gli episodi di riduzione della portata cardiaca che possono intervenire in corso dicateterismo;
-il traumatismo provocato da ripetuti tentativi di posizionamento del catetere;
-il modello di catetere (cateteri in polietilene, di dimensioni superiori ai 20 gauge);
-la durata della cannulazione (è preferibile rimuovere il catetere dopo 72-96 ore)
-l'assenza di soluzioni di lavaggio eparinate.
È consigliabile, quando il catetere viene rimosso, operare con le dita una spremitura del
vaso in prossimità del punto di ingresso della cannula, per eliminare eventuali trombi che si
fossero formati.
Tra le altre complicanze della cannulazione radiale, si può segnalare:
-la formazione locale di ematomi dopo la rimozione del catetere;
-la comparsa di dolorabilità locale;
-la presenza di parestesie alla mano omolaterale;
-l'embolizzazione (di materiale trombotico o di aria).
La prevenzione di queste complicanze nasce soprattutto dall' accuratezza nella scelta del
vaso arterioso, dalla cannulazione non traumatica, dal corretto nursing del catetere e delle
vie che ad esso afferiscono.
Il cateterismo venoso centrale
Il posizionamento di un catetere venoso centrale è procedura comune in area critica,(pazienti con aspetti di insufficienza delle funzioni vitali)
Una cannula venosa centrale consente di:
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-infondere in condizioni di necessità liquidi di varia natura (cristalloidi, plasma expanders,
sangue e derivati) ad elevata velocità di flusso
-somministrare in modo controllato farmaci estremamente attivi;
-monitorizzare la pressione venosa centrale, realizzando un primo controllo emodinamico
nei pazienti critici.
Indicazioni
Le categorie di pazienti che beneficiano del posizionamento di un catetere venoso centrale
sono:
-soggetti nei quali la cannulazione venosa periferica risulta difficoltosa o impossibile
(pazienti in shock, ustionati, obesi);
-pazienti che necessitano di una rapida espansione volemica;
-pazienti in condizioni emodinamiche instabili
-soggetti nei quali si prevede l'inizio di un programma di nutrizione parenterale totale;
-pazienti sottoposti a trattamento emodialitico;
-soggetti nei quali si deve posizionare un catetere-elettrodo per la stimolazione cardiaca;
-pazienti nei quali devono essere infusi farmaci gravati da un elevato rischio di lesivitàvenosa.
Un catetere venoso centrale si definisce come tale in quanto il suo estremo terminale si
posiziona in prossimità dello sbocco nell' atrio destro di una delle grandi vene:
-intra toraciche
-la cava superiore
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-la cava inferiore.
Per giungere a livello cavale, il catetere può seguire due tipi di accesso venoso:
- superficiale: quando la vena decorre a livello soprafasciale ed è visibile o palpabile.
Le vene superficiali in questione sono:
-basilica e cefalica
-giugulare esterna.
- profondo: Le vene profonde decorrono invece sottofasciali, non visibili né palpabili e
solitamente presentano un calibro maggiore delle superficiali.
Nella pratica clinica, sono quelle più usate per posizionare un catetere che giunga in
posizione centrale.
In particolare, si impiegano:
Vena basilica e vena cefalica
Sono facilmente cannulabili alla piega del gomito, dove decorrono superficiali.
Nella cannulazione, è preferibile usare cateteri sufficientemente lunghi (almeno 70
centimetri) che possano giungere allo sbocco della vena cava superiore.
Il loro impiego è tuttavia gravato da alcuni inconvenienti quali:
-difficile progressione del catetere, una volta che esso sia giunto in cavo ascellare
-necessità di immobilizzazione del braccio sottoposto a cateterismo;
-elevata frequenza di tromboflebiti;
-facilità di angolazione e ostruzione del lume del catetere.
Vena giugulare esterna
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Origina posteriormente all' angolo mandibolare, scende obliqua verso il basso lungo la
superficie laterale del collo, scorrendo al di sotto del muscolo.
Sbocca all'interno della succlavia.Le metodiche di cannulazione prevedono che:
-il paziente sia supino e in Trendelemburg, con la testa iperestesa e ruotata dal lato
opposto a quello della cannulazione;
-l'operatore si ponga al di dietro della testa del paziente;
-sia di preferenza utilizzata la tecnica di Seldinger.
La cateterizzazione della vena giugulare esterna presenta una modesta diffusione, poiché
di frequente riesce difficile posizionare correttamente il catetere.
Inoltre, la mobilità della cannula in prossimità del punto di ingresso può favorire la genesi
di fenomeni flogistici cutanei da cui, talora, originano infezioni vere e proprie.
Vena succlaviaLa vena succlavia segue la ascellare e si conclude al di dietro della clavicola a formare, con
la giugulare interna, il tronco anonimo (l'accesso venoso preferenziale)
Numerose sono le tecniche che consentono il cateterismo di questo vaso: globalmente, si
possono riassumere in sopraclaveari e sottoclaveari.
Nella procedura, si dovrà ricordare di:
-porre il paziente supino, in Trendelemburg, con le braccia distese lungo il corpo;
-posizionare la testa in iperestensione, ruotata dal lato opposto a quello in cui si opera;
-porre al disotto delle spalle del paziente un rotolo di telini, per esporre meglio l'area
interessata alla venipuntura.
Vantaggi:
-facile individuazione dei punti di reperimento anatomico;
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-possibilità di elevati volumi infusionali;
-buona tolleranza del catetere anche per lunghi periodi di tempo;
-ridotta incidenza di fenomeni infettivi.
Non si deve dimenticare infine che la cannulazione della vena succlavia costituisce una
scelta fondamentale in corso di rianimazione cardio-polmonare per arresto
cardiocircolatorio.
Complicanze
-lesione accidentale dell' arteria succlavia;
-lesione del dotto toracico (da cateterizzazione della vena succlavia sinistra);
-lesione del plesso brachiale;
-lesione del nervo frenico (da cui eventuale paralisi omolaterale del diaframma);
-lesione del nervo vago
-malposizionamento del catetere
-pneumotorace
Vena giugulare internaOrigina dal seno trasverso, in prossimità della base cranica e scendendo in basso,
trasversalmente, lungo la regione sterno-cleido-mastoidea fino ad unirsi alla succlavia per
formare il tronco anonimo.
La vena contrae stretti rapporti anatomici con l'arteria carotide interna, decorrendo sulla
sua superficie antero-esterna.
La cannulazione della vena viene realizzata di solito all'interno del triangolo di Sédillot, i
cui lati sono rappresentati dai capi sternale e clavicolare del muscolo sterno-cleido-mastoideo e la cui base è la clavicola.
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In tale triangolo la vena scorre nel suo tratto terminale ed è relativamente superficiale.
Per cateterizzare la vena giugulare interna:
-il paziente sarà supino, in Trendelemburg, con il capo iperesteso e ruotato verso il lato
opposto a quello prescelto.
-ponendo un rotolo di telini al di sotto delle spalle
-l'operatore si pone al di dietro della testa del paziente.
Vantaggi:
-facile individuazione dei punti di repere anatomici ;
-possibilità di elevati volumi infusionali;
-decorso pressoché retto del vaso
-riscontro immediato di un eventuale sanguinamento da puntura accidentale della carotide.
Complicanze
-puntura accidentale dell' arteria carotide comune;
-pneumotorace;
-lesione del ganglio stellato;
-lesione del dotto toracico
-malposizionamento del catetere
Vena femorale
Decorre all'interno del triangolo di Scarpa, facendo seguito alla vena poplitea e
continuandosi nell'iliaca esterna.È facilmente cannulabile pungendo subito al di sotto del legamento inguinale, ove si
posiziona medialmente rispetto alla arteria femorale.
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È opportuno, per procedere alla venipuntura, posizionare l'arto inferiore prescelto in
abduzione ed extrarotazione.La vena femorale è cannulabile semplicemente, ed è utilizzabile soprattutto in condizioni
di emergenza, quali possono verificarsi ad esempio durante le pratiche di rianimazione
cardio-polmonare.
Un cateterismo di lunga durata è però sconsigliabile, poiché può risultare gravato da
complicanze trombotiche e infezioni correlate alla presenza del catetere.
Si tratta di un accesso venoso di raro impiego, poiché è gravato dalla possibile comparsa di
complicanze infettive.
Complicanze
-lesione dell' arteria femorale;
-trombosi vasale (tardiva).
-insorgenza di turbe del ritmo in corso di cannulazione
-perforazione della parete venosa, a seguito della quale il catetere può raggiungere i
tessuti molli
circostanti, o penetrare all'interno di una cavità
-perforazione cardiaca, evento raro, ma sovente mortale;
-embolizzazione di un frammento di catetere;
-embolia gassosa
-trombosi venosa,
Vena ascellareOrigina dalla confluenza delle vene brachiali, proseguendo poi nella succlavia.
La sua cannulazione prevede che il paziente vennga posto in posizione supina, con il
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braccio, abdotto e la mano posizionata sotto la nuca.
Il punto di repere anatomico è rappreesentato dalla pulsazione dell'arteria ascellare,
medialmente alla quale si esegue la venipuntura.
I cateteri venosi centrali
I materiali costitutivi i cateteri venosi centrali sono attualmente tali da minimizzare i
rischi trombotici e infettivi.
La grande maggioranza dei cateteri è oggi realizzata in:
- polietilene;
- poliuretano e derivati;
- silicone.
Molte di queste cannule presentano inoltre un rivestimento eparinico a loro interno, usato
per prevenire l'instaurarsi di fatti trombotici.
La scelta del catetere, in termini di materiale dipende in larga misura dall'impiego che se
ne prevede:
-se il catetere deve restare in sito per un tempo prevedibilmente limitato, saranno da
preferirsi i cateteri eparinati, in poliuretano o polietilene;
-se il catetere è necessario per l'infusione di presiidi terapeutici a lungo termine, sarà
opportuno posizionare cateteri in silicone.
Le dimensioni del catetere venoso centrale sono egualmente importanti, per quanto
concerne sia il diametro sia la lunghezza.
L'elemento lunghezza del catetere è egualmente importante, per almeno due motivi:
-il catetere dovrà essere sufficientemente lungo, per raggiungere correttamente una
posizione cenntrale
-15-20 centimetri vena succlavia o giugulare interna
-40-50 per la femorale
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-70 per la basilica o cefalica
- il flusso attraverso il catetere è influenzato dalla lunghezza dello stesso, secondo la legge
di Poiseuille, per cui tanto più il catetere è lungo, tanto più basso sarà il flusso.
È quindi evidente che flussi massimali saranno ottenibili con cannule corte di ampio
diametro interno.
La disponibilità di cateteri a più lumi, consente oggi di utilizzare un solo accesso venoso per
realizzare infusioni diversificate, in vie distinte
Le dimensioni dei lumi in queste cannule sono variabili, ma di solito oscillano tra i 16 e i 18
gauge.
L'impiego dei cateteri a più lumi è estremamente diffuso, poiché essi consentono un
risparmio, sia in termini di procedure invasive, sia di costi.
Tuttavia alcuni autori non consigliano di usarli in modo routinario, poiché tali cannule
sarebbero gravate in modo particolare da fenomeni infettivi, locali o sistemici.
Le infezioni da catetere intravascolare
Tra le principali complicanze che possono derivare dalla presenza di un catetere
intravascolare, bisognerà soprattutto ricordare, il rischio che la cannula costituisca un
elemento in grado di provocare fenomeni infettivi.
L'incidenza e la gravità di questi fatti variano in modo importante al modificarsi di
numerosi fattori:
-relazionabili al paziente
-alla sua patologia
-al catetere e al modello di inserzione.
Lo studio del processo infettivo correlato a catetere prevede sempre che, alla sua
rimozione, frammenti diversi vengano inviati al laboratorio microbiologico per l'esecuzione
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degli opportuni controlli colturali.
I processi infettivi che possono originare dal posizionamento di una cannula intravascolare possono essere:
-infezione del punto di inserzione del catetere, (eritema, fragilità cutanea, indurimento o
aumento di temperatura della cute)
-contaminazione del catetere (presenza, nel campione colturale, di germi provenienti dal
personale deputato alla sua raccolta);
-sepsi correlata a catetere.
Una tale diagnosi si ha quando coesistono:
-isolamento dello stesso microrganismo dal frammento di catetere e da una emocoltura
ottenuta da vena periferica;
-assenza di altre eventuali fonti di batteriemia;
-quadro clinico di sepsi;
-batteriemia correlata a catetere, si differenzia dalla sepsi per la presenza di positività
colturali, in assenza di segni clinici di sepsi;
-sepsi provocata dalla contaminazione dei liquidi di infusione.
Può essere verificata se:
-lo stesso germe viene isolato nella soluzione infusionale e nel sangue;
-nel campione colturale del catetere non sono presistenti germi;
-esiste un quadro clinico di sepsi;
- colonizzazione del catetere (si identifica per la presenza di colture positive del catetere
in assenza di positività delle emocolture periferiche).
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Patogenesi dei processi infettivi
Si ammettono tre possibili origini delle infezioni da catetere, anche se l'argomento è ancora
oggetto di controversie.
-l’ipotesi più probabile è che i germi giungano al catetere provenendo dalla cute,
muovendosi lungo il tratto superficiale di catetere che l'attraversa.
I germi infatti possono crescere sulle superfi ci della cannula, nutrendosi degli elementi che
ne costituiscono la struttura.
-i germi possono giungere al catetere anche dal l'interno, procedendo lungo le vie di
infusione che ad esso afferiscono, utilizzando soprattutti punti di interruzione dei vari sets
che sono oggetto di numero manipolazioni.
-una ultima ipotesi, meno probabile, prevede che focolai di infezione di altra natura possano
produrre gittate batteriche ematiche e che i germi localizzino a livello della superficie del
catetere La cannula, quindi, può essere a sua volta il punto di origine di successive
disseminazioni batteriche.
Norme per una corretta gestione del catetere intravascolare
Il Center for Disease Control degli USA ha formulato una serie di raccomandazioni daseguire per ridurre i rischi infettivi legati al cateterismo vascolare.
I vari punti saranno di seguito ricordati e ad essi saranno aggiunte note di nursing
consigliate da recenti studi sul problema infettivo:
-il posizionamento del catetere deve avvenire in asepsi, con l'uso di strumentazione sterile;
-ogni catetere posizionato in condizioni di emergenza o sospettato di infezione deve essere
sostituito;
-i cateteri venosi centrali non vanno sostituiti routinariamente (i cateteri arteriosi vanno
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-eseguire le infusioni estemporanee, lungo una via venosa centrale, utilizzando un tappo
perforabile e un filtro antibatterico e trattare preventivamente il tappo con sostanzeiodate;
-alla rimozione del catetere, inviare sempre un frammento del suo tratto intermedio e uno
del terminale al laboratorio di microbiologia per l'esecuzione dei controlli colturali.
Rimozione del catetere intravascolare
Un catetere venoso centrale deve essere rimosso in caso di:
-malfunzionamento;
-esaurimento della funzione infusionale;
-emocoltura positiva a 48 ore dal suo posizionamento, in assenza di altre possibili cause di
sepsi;
-sito di inserzione infetto;
-sospetto clinico di sepsi, anche in assenza di infezione locale.
Port-A-Carth
Il port-a-carth è un`accesso vascolare profondo, che si utilizza principalmente nei
trattamenti chemioterapici, è un sistema impiantabile in sala operatoria in anestesia localeSi introduce principalmente in vena succlavia mediante puntura percutanea e fatto avanzare
fino alla vena cava superiore, si prepara una tasca sottocutanea nella quale viene suturata
la camera del port
Primo controllo fluoroscopico in sala operatoria e successivo mediante radiografia del torace
dopo circa 2 ore dal posizionamento del sistema.
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Possono essere:
-monolume: una camera
-bilume: due camere (in disuso)
Indicazione
-trattamenti chemioterapici (farmaci lesivi)
-non c`è possibilità di avere un accesso periferico
-terapie endovenose a lungo termine (dura piu di due anni)
Vantaggi
-assenza di trombosi e infezioni-rimane aperto anche se usato in modo discontinuo
-è composto da materiale bicompatibile
-miglior risultato estetico
-meno sofferenza
-comodità di gestione
Svantaggi
-necessita l`utilizzo di staff preparato-possibilità di dislocazione
-rottura della camera
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La gestione del port-a-cath
Prima di avviare qualsiasi iniezione o infusione è essenziale confermare l’integrità dellacamera tramite palpazione ed esaminazione (presenza di calore al tatto, eritema o gonfiore)
e chiedere al paziente se ha accusato sintomi che potrebbero essere indicativi di
frammentazione o embolizzazione del catetere (episodi di respiro affannoso,dolori al petto
o palpitazioni)
Se è comparso uno di questi sintomi l’integrità del catetere va verificata mediante
radiografia del torace
Preparazione
-garze sterili
-guanti monouso
-soluzione iodata
-gripper
-siringa con eparina
Procedura
-illustrare la procedura al paziente
-eseguire il priming dell’ago o del set di prolunga
-disinfettare la cute sovrastante il port-a-cath
-localizzare la camera mediante la palpazione
Mentre due dita della mano sinistra tengono fermo il port-a-cath, l’ago, manovrato dalla
mano destra,viene introdotto perpendicolarmente alla cute fino a quando la sua punta non
tocca il fondo della camera (reservoir) del port
L’iniezione non deve incontrare resistenza, segno di malfunzionamento; usare pressioni
troppo elevate può portare alla rottura del catetere connesso al port
Iniettare in modo ”pulsante”, facendo attenzione alla comparsa di eventuali
rigonfiamenti,rossore della camera, indicazioni da parte del paziente o nostro dubbio
Solo in questo caso verificare attraverso il reflusso di sangue l’esatto posizionamento
dell’ago
Per rimuovere l’ago di HUBER è opportuno esercitare una rapida trazione afferrando il conodell’ago stesso e NON LA SIRINGA al fine di evitarne la disconnessione, mentre la mano
sinistra esercita una controtrazione del port
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Nell’utilizzo dell’ ago GRIPPER mantenere SEMPRE una pressione positiva chiudendo il set di
prolunga durante l’iniezione degli ultimi 0,5 ml di soluzione eparinata
-clampare i morsetti
-deconnettere la siringa
-chiudere il sistema con un tappino sterile o collegare set infusionale con sistema luer-lock
Procedere con il posizionamento di garze sotto la base dell’ago Gripper se non poggia sulla
cute e apporre il cerotto tipo Surgifix o se poggia utilizzare al cerotto trasparente sterile
L’intubazione Endotracheale
L’intubazione endotracheale è una delle tecniche più usate in ambito anestesiologico e
rianimatorio, consente, tramite l’inserimento di un tubo all’interno delle vie aeree, di
convogliare l’aria dall’esterno all’interno delle stesse, permettendo così una ventilazione
artificiale.
L’I.E. può essere realizzata in condizione d’elezione, come:
-camere operatoria
-in condizioni d’urgenza
Si distinguono due tecniche:
-l’intubazione naso-tracheale
-oro-tracheale
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Preparazione
Materiale occorrente
-Cannule di Guedel
-Laringoscopi
-Lame per laringoscopio
-Pinza di Megill
-Tubi endotracheali
-Lubrificante
-Mandrino
-Anestetico locale
-Sondini per aspirazione
-Sistema centralizzato d’aspirazione
-Fascetta di fissaggio
-Siringa da 20 ml
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-Fonendoscopio
-Guanti sterili
-Raccordi per connettere il tubo al ventilatore
Posizionamento del paziente
L’infermiere dovrà posizionare il malato in posizione supina, il collo verrà iperesteso,
ottenendo un allineamento tra orefizio buccale e glottide, inoltre dovrà asportare eventuali
protesi dentarie del paziente.
Esecuzione
Intubazione oro-tracheale
Spostando la lingua verso sinistra, la lama del laringoscopio verrà mossa verso l’alto e in
avanti, fino a visualizzare l’epiglottide.
L’estremo della lama verrà posizionata in corrispondenza della sua radice al fine di
sollevarla e di visualizzare la glottide e le corde vocali.
Dopo aver aspirato le eventuali secrezioni presenti, si introdurrà il tubo tra le corde vocali,
dopo di che, si procede al gonfiaggio della cuffia.
Una volta verificato l’esatto posizionamento del tubo, auscultando il torace con il
fonendoscopio, verrà fissato il tubo con una fascetta o con del cerotto; nel caso in qui il
paziente tende a mordere il tubo, può risultare utile posizionare una cannula di Guedel nel
cavo orale.
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Intubazione naso-tracheale
Per quanto riguarda l’intubazione naso-tracheale si procederà posizionando il tubo nella
narice del paziente e viene fatto procedere fin quando, con l’ausilio del laringoscopio, nonlo si vedrà comparire in faringe.
A questo punto, visualizzando le corde vocali come già detto sopra, si introdurrà tra di esse
il tubo, aiutandosi con le pinze di Magill.
Riordino
Non di minore importanza è il riordino sia dell’unità del malato sia del materiale utilizzato,
quindi riposizionare e, nel caso sia stato utilizzato, riordinare il carrello dell’urgenza,
sistemare il letto e il paziente, lavare e mandare a sterilizzare lame e pinza di Magill, il
manico dell’laringoscopio invece va soltanto lavato, prima però è opportuno togliere le
batterie.
Complicanze
È possibile, che a causa dell’imminente urgenza della manovra o dell’inesperienza
dell’operatore o anche della durata dell’intubazione, si presentino delle complicanze come
per esempio:
-fratture dentali
-emorragie nasali o a carico di faringe o laringe
-vomito
-turbe del ritmo cardiaco,
-l’intubazione del esofago facilmente riconoscibile sia visibilmente sia all’auscultazione, in
quanto si ha una iperestensione gastrica e l’assenza di ventilazione a livello polmonare.
Altre complicazioni possono verificarsi dopo l’intubazione, ad esempio l’estubazione
accidentale, la rottura della cuffia o l’ostruzione del tubo.
La presenza del tubo per un lungo periodo di tempo può causare traumi o fistole tracheo-
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esofagee è quindi opportuno, in previsione di ventilazione meccanica prolungata, ricorrere
ad una tracheotomia d’elezione.
La Tracheostomia
La tracheostomia è uno degli interventi più frequentemente praticati in terapia intensiva, è
indicata soprattutto qualora sia richiesta una respirazione artificiale prolungata.
Tracheostomia: intervento per la creazione di un tracheostoma mediante un’incisione nella
trachea cervicale.
Tracheotomia: apertura della trachea cervicale per mezzo di un incisione cutanea.
Tracheostoma: piccolo orifizio, creato chirurgicamente, nella linea mediana del collo che
comunica anteriormente con il lume della trachea cervicale.
Indicazioni
La tracheostomia insieme all’intubazione translaringea, costituiscono le tecniche di scelta
per consentire il ripristino della funzione respiratoria.La tracheostomia viene eseguita in situazioni d’urgenza e in modo elettivo
Urgente:
-impossibilità di intubazione, nel paziente affetto da insufficienza respiratoria acuta (I.R.A.)
-gravi lesioni traumatiche del massiccio facciale
-fratture della piramide nasale e del cavo orale
-impossibilitata estrazione di corpi estranei a livello laringeo/faringeo o del cavo orale.
Elettiva:
-in condizioni di ventilazione meccanica assistita
Controindicazioni
Non è consigliabile l’esecuzione della tracheostomia in casi dove si presentano deformità del
collo, nelle gravi patologie della coagulazione (C.I.D.) e in caso di piastrinopenia.
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Scopi
La tracheostomia si propone i seguenti scopi:
-realizzare una linea diretta tra aria ambiente e vie aeree inferiori, superando eventuali
ostacoli presenti nelle alte vie respiratorie
-ridurre lo spazio morto migliorando la ventilazione alveolare
-diminuire il carico respiratorio facilitando lo svezzamento dal respiratore
-consentire un accurata pervietà delle vie aeree, permettendo una valida pulizia
bronco/tracheale
-migliorare il rendimento della fisiokinesiterapia (FKT)
-stabilire una netta separazione tra vie aeree e vie digestiva, evitando l’inalazione di
materiale presente nella cavità orale
-rendere possibile un corretto e sicuro collegamento del paziente ad un respiratore
automatico per una V.A.M. di durata variabile
-permettere, nei pazienti coscienti, la ripresa di un alimentazione per via orale
Tecniche
Si distinguono tre tecniche fondamentali per l’esecuzione di una tracheostomia elettiva:
Tracheostomia convenzionale classica: Il paziente viene posizionato in decubito supino, col capo iperesteso.
Si pratica un incisione cutanea orizzontale di 3-4 cm, i vasi e le superfici di taglio
danneggiati dall’incisione vengono suturati.
A livello tracheale si reseca la parete anteriore tracheale, di solito a livello del 2°-3° anello
tracheale.
Dopo aver retratto il tubo translaringeo, si inserisce nella tracheotomia una cannula
tracheale, dopo aver constatato il funzionamento della tracheostomia il tubo translaringeo
viene rimosso.
Tracheostomia dilatativa percutanea(pdt), secondo ciaglia
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La posizione del paziente è uguale alla precedente, si palpa la trachea per identificare
l’esatto punto da pungere con la cannula, prima di pungere la zona identificata si retrae il
tubo endotracheale.
La corretta posizione intratracheale della punta della cannula può essere verificata
aspirando aria in una siringa riempita con soluzione fisiologica e collegata alla cannula
stessa.
Dopo l’introduzione di un filo guida a J di Saldinger, si pratica un incisione di circa 1,5 cm.
Sul filo guida si fanno avanzare dilatatori in plastica, ampliando gradualmente il lume
tracheale, a questo punto è possibile l’introduzione della cannula tracheale.
Tracheostomia translaringea(tlt), secondo fantoni :
La differenza più importante rispetto la PDT consiste nella dilatazione della trachea e dei
tessuti molli del collo dall’interno verso l’esterno.
La posizione del paziente è sempre supina con la testa leggermente iperestesa.
In primo luogo si aspira lo spazio orofaringeo, si sgonfia la cuffia del tubo endotracheali e si
retrae fin quando la cuffia non raggiunge l’altezza della glottide.
Controllando la trachea tramite broncoscopio, la si punge con una cannula curva sulla linea
mediana del collo, tra il 2° e il 3° anello tracheale.
Nella cannula viene introdotto un filo guida a J di Saldinger, che viene spinto in direzione
retrograda lungo il tubo.
Non appena il filo abbia raggiunto l’orofaringe. Viene afferrato tramite una pinza di Megill,
condotto all’esterno del cavo orale e connesso ad una cannula tracheale con estremità
conica.
Si sostituisce ora il tubo orotracheale con un tubo endotracheali più sottile posizionando la
cuffia del tubo direttamente davanti la carena tracheale.Tirando ora l’estremità del filo dalla parete del collo, si fa passare la cannula tracheale
lungo la faringe e laringe penetrando poi con la sua estremità conica attraverso la parete
tracheale anteriore e le pareti molli del collo. Normalmente è necessaria un incisione di
alleggerimento di 0,5-1 cm.
Dopo aver tagliato l’estremità conica della cannula si estuba il paziente, si ruota
immediatamente di 180° la cannula tracheale con l’ausilio di un otturatore intratracheale e
la si connette al respiratore automatico.
In terapia intensiva la PDT e la TLT sono le due tecniche più usate, in tutti e tre i casi però è
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importante che l’esecuzione della tracheostomia venga eseguita in condizione di asepsi
chirurgica, sotto controllo endoscopico, previa I.T. e in anestesia generale.
Complicanze
Le complicanze associate alla tracheostomia vengono suddivise in complicazioni precoci e
tardive.
PRECOCI
-emorragie provocate da un’accidentale lesione vascolare
-alterazione della coagulazione del paziente
-turbe del ritmo
-arresto cardio-respiratorio
-lesioni delle strutture anatomiche contigue,
-rimozione accidentale della cannula
-ostruzione della cannula
-polmonite,
-infezioni dello stoma
-enfisema sottocutaneo
-pneumotorace
-emorragie
-difficoltà nella deglutizione
TARDIVE-fistola tracheo-esofagea
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-fistola tracheo-arteriosa
-stenosi tracheale
-infezioni respiratorie
L’incidenza infettiva è correlata più elle condizioni di base del paziente che alla procedura
tracheostomica in sé.
Le canule tracheali
Si distinguono due grandi gruppi di cannule tracheali:
-Rigide
-Flessibili
I parametri di riferimento sono solitamente la lunghezza che si misura dal punto di contatto
(posteriore) della flangia sino all’estremità distale, il diametro esterno (E.D.) e il diametro
interno (I.D.) comunemente espressi in millimetri.
Le cannule sono costituite dalla:
Flangia: in genere in forma ortogonale/rettangolare flessibile, ha la funzione di mantenere
un corretto posizionamento della cannula, evitando dislocazioni accidentali durante
movimenti del capo, colpi di tosse o durante la deglutizione.
Connettore: permette il collegamento del paziente al circuito dei dispositivi di ventilazione,
inoltre consente l’applicazione di valvole fonatorie, umidificatori, tappi.
Cuffia: è costituita da un tubicino di collegamento e da una valvola unidirezionale di Luer, la
quale consente il controllo dell’adeguato stato di gonfiaggio della cuffia stessa.
Gran parte delle cannule dispongono di una controcannula interna, anch’essa cava che può
essere asportata periodicamente senza rimuovere la cannula, alla quale si connette di solito
per avvitamento.
Esistono diversi tipi di cannule tracheostomiche:
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Cuffiate: sono provviste di una cuffia, gonfiabile a bassa pressione per mezzo di una siringa
e consentono di mantenere una buona tenuta alla parete tracheale.
Non Cuffiate: sprovviste di sistema di gonfiaggio, il loro utilizzo è consigliato in assenza di
problemi di deglutizione, durante il training di rimozione della cannula e qualora sia
necessario mantenere la broncoaspirazione e in pazienti avviati ad un programma di
adattamento alla ventilazione non invasiva.
Fenestrate: presentano un foro ovoidale a livello della porzione superiore e posteriore della
cannula, esso consente il passaggio dell’aria attraverso le corde vocali con essa la fonazione,
generalmente sono dotate di una contro cannula che ne consente l’utilizzo in ventilazione eriduce il rischio di lesioni della mucosa durante la broncoaspirazione.
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In ogni confezione troviamo un mandrino
il quale viene usato per il posizionamento della cannula e subito rimosso.
Gestione della tracheostomia
La pulizia della cannula tracheale
La presenza della cannula in trachea, ma soprattutto la riduzione dell’umidificazione
dell’aria inspirata dovuta alla mancanza del filtro nasale, provocano, nelle fasi iniziali della
respirazione un importante aumento delle secrezioni bronchiali e della loro viscosità,
peggiorate spesso dalle sovra infezioni batteriche delle stesse.
La pulizia della cannula dovrà essere frequente e puntuale, sia mediante aspirazioni, sia
attraverso il metodico lavaggio della controcannula. Analoga importanza è rivestita dalla
pulizia dello stoma, specialmente se ancora in fase di cicatrizzazione, dovrà essere detersa
e medicato con H2O2 e mantenuto il più asciutto possibile onde evitare infezioni o decubiti.
Materiale occorrente
-H2O2
-garza a bavaglino,
-garze
-fascetta di fissaggio cannula,
-forbici
-guanti monouso
Procedura
-rimuovere la garza a bavaglino
-con garze e H2O2 rimuovere le secrezioni attorno allo stoma e dietro la flangia con
movimento centrifugo, poi asciugare con garze asciutte.
-tenendo ferma la cannula e facendo attenzione a possibili colpi di tosse e quindi
decannulazione accidentale, assicurare la cannula con una nuova fascetta applicare una
nuova garza da medicazione attorno alla cannula , tra flangia e stoma.
Sostituzione della cannula tracheale
Il primo cambio cannula deve avvenire, a seconda dei protocolli in uso, tra la 3° e la 15°
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giornata post intervento.
Avvicinare all’unità del malato il carrello per le urgenze e avere a disposizione tutto
l’occorrente per la ventilazione assistita.
Materiale occorrente
-nuova cannula mandrinata
-lubrificante sterile monouso,
-siringa da 20 ml
-dilatatore tracheale di Laborde
-una cannula cuffiata di una misura inferiore a disposizione
-aspiratore, forbici, pinze, garze, metallina e fascetta di fissaggio.
Procedura
-posizionare il paziente col capo in live iperestensione.
-l’infermiere rimuove la metallina e detende la cuffia, mantenendo non una mano la
cannula in sede rimuove la fascetta di fissaggio.
-il medico con una mano stira in alto la cute soprastomale e con l’altra tiene in mano la
cannula pulita, mandrinata e lubrificata in precedenza, quando è pronto, da disposizione
all’infermiere di rimuovere la cannula con un movimento delicato e continuo e, mantenendo
lo stoma pervio stirando la cute soprastante, inserisce la nuova cannula. A questo punto
dopo aver verificato l’esatto posizionamento della cannula si procede al gonfiaggio dellacuffia ,se presente, e al fissaggio con apposite fascetta e metallina.
Aspirazione tracheale
Indicazioni all’aspirazione tracheale
-presenza di bolle di muco nella cannula
-gorgoglio all’ascultazione
-bassa saturazione di ossigeno
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-cianosi, difficoltà di respirazione
-richiesta del paziente
Deve avvenire con tecnica sterile utilizzando se possibile un sistema di aspirazione a circuito
chiuso, in caso non si disponga di questo presidio si utilizzerà un sondino d’aspirazione.
Introdurre il sondino per l’aspirazione nella cannula non troppo profondamente, per evitare
danni alla parete tracheale, rimuovere quindi la parte di sondino aspirando, se necessario
ripetere la tecnica utilizzando sempre un sondino d’aspirazione pulito.
Ogni aspirazione non deve superare i 10 secondi. Se il paziente è collaborante, gli si può
chiedere di tossire per facilitare l’emissione delle secrezioni.
Delle volte le secrezioni si presentano talmente dense che è necessario un tracheo-bronco
lavaggio con soluzione fisiologica sterile.
Monitoraggio in Area Critica
Monitoraggio Cardiaco
La funzione cardiaca viene valutata in termini di:
-Frequenza cardiaca -Ritmo cardiaco
Le metodiche piu diffuse sono rappresentate da:
Palpazione del polso: possiamo valutare la frequenza, che consente di verificare aspetti di
bradicardia e tachicardia, e il ritmo, la sua alterazione è indicativa di alterazione
dell`attivita elettrica
Monitoraggio eletrico continuo: si fonda sulla base di tre elettrodi, posizionati sul paziente,
che inviano, attraverso un cavo, gli impulsi a un monitor, dotato di un sistema di
amplificazione e filtraggio dei segnali elettrici.
I monitor presentano:
-su video: tracciato, indicatore frequenza, derivazioni, attivazione e disattivazione degliallarmi
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-sulla consolle: regolazione di velocita ed arresto della traccia, regolazione segnale acustico
e delle dimensioni dell`onda QRS, test di calibrazione.
Molti monitor sono dotati, inoltre, di:
-registratore su carta
-centralizzazione di vari segnali
Gli elettrodi sono posizionati in base ad un codice colore:
-elettrodo RA rosso sotto clavicolare dx
-eletrodo LA giallo sotto clavicolare sx
-eletrodo RL nero tra il 6° e il 7° spazio intercostale, sulla linea medio claveare sinistra
Monitoraggio della pressione arteriosa
Il monitoraggio della pressione cardiaca puo essere effettuato con due metodiche:
Metodiche non invasive
Esse si dividono nel
-Metodo ascoltatorio: sfignomanonero e fonendoscopio
-Metodo automatico: si fonda su uno strumento elettronico dotato di:
1-quadro comandi: indicatore di collegamento alla rete elettrica
2-display luminosi che indicano la PA, la FC e l`intervallo temporale di misurazione della PA
3-tasto per il controllo della misurazione
4-cuffia il gonfiaggio e lo sgonfiaggio sono automatici e la rilevazione della PA si fonda
sull`uso di trasduttori elettronici
Oggi queste metodiche sono utilizzate in monitor unici che misurano anche la parte elettrica
del cuore.
Metodiche invasive
Nei pazienti in condizioni critiche lo scopo di utilizzare misurazioni invasive si fonda sulla
necessità di avere:
-rilievo continuo -controllo dell`efficacia dei farmaci
Le metodiche invasive utilizzano:
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-catetere arterioso: che viene introdotto nel paziente
-trasduttore che viene connesso al monitor e al catetere attraverso una cupola con
meccanismo a vite riempita di fisiologica
-monitor con schermo video
-via che connette il catetere al trasduttore, grazie al liquido contenuto in esso, trasmette i
segnali elettrici.
La connessione è realizzata assemblando due tubi collegati tra loro attraverso un rubinetto a
tre vie.
-via di lavaggio continuo, posto tra una delle aperture del trasduttore e il rubinetto, tale
dispositivo permette alla soluzione eparinizzata di fluire lungo il sistema.
Monitoraggio emodinamico
Possiamo distinguerle in:
-misurazione della PVC -cateterismo cuore destro
PVC (pressione venosa centrale)
Inserimento di un catetere in un accesso cavale in prossimita dell`atrio destro, il
monitoraggio continuo della pressione venosa centrale e della pressione arteriosa sistemica
è fondamentale per studiare completamente il movimento del sangue nei vasi sanguigni.
Viene utilizzato con un kit composto:-deflussore da flebo
-tubo di connessione al paziente
-manometro connesso con un rubinetto a tre vie
-scala graduata in centimetri per la misurazione del PVC
Si connette un flacone di soluzione cristalloide al deflussore della flebo e si riempie il tubo
di connessione al catetere, in genere in questo punto abbiamo un ulteriore rubinetto a tre
vie che è di solito impiegato per l`infusione di piu soluzioni.Si ruota ulteriormente il rubinetto posto alla base del manometro e si puo riempire con
soluzione e porre in connessione il manometro con il catetere.
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Eseguita la misurazione espresso in cmH2O, si mette a questo punto in connessione il
catetere con la soluzione per un veloce lavaggio.
Cateterismo del cuore destro
Fornisce informazioni anatomiche sulle camere cardiache, le arterie coronarie, le valvole, il
miocardio e dei grossi vasi.
Registra il flusso di sangue attraverso il cuore e le valvole e si calcolano i gradienti valvolari,
la gittata cardiaca e le resistenze vascolari।
Questo tipo di cateterismo viene effettuato con il catetere di Swan-Ganz, esso è formato da
piu vie (2-5) diverso in dimensioni e lunghezza dagli altri.
Le vie sono:
-una distale che si apre alla punta del catetere connessa ad un trasduttore di pressione si
utilizza per misurare la PAP (pressione arteria polmonare) e la PCP (pressione capillare
polmonare), e il prelievo ematico.
-una via prossimale che a catetere posizionato si situa in atrio destro, si usa sia per esigenze
pressorie che infusionali.
-una via connessa ad un palloncino che si trova in prossimita della punta del catetere,questa via e dotata di siringa (2ml) dotata di valvola di chiusura che serve per riempire il
palloncino consente di valutare la PCP.
-una via elettronica connessa ad un termistore che corre lungo il catetere ed in grado di
rilevare la temperatura del sangue in arteria polmonare.
La parte distale e composta da tre pins che si connettono al computer per la misurazione
della portata cardiaca.
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Questo tipo di sondino viene introdotto attraverso la vena cava superiore, l`atrio e il
ventricolo destro fino all`arteria polmonare a posizionarsi in uno dei suoi rami.
Al termine della procedura di introduzione bisogna:
-verificare il funzionamento del sistema di monitoraggio e delle vie infusionali
-valutare che il gonfiaggio del palloncino evidenzi una buona onda di PCP.
-predisporre gli allarmi
Valutazione pressioni
PCP: si utilizza il gonfiaggio del palloncino che rimane gonfio per 20 secondi.
PC (portata cardiaca) : si utilizza la termodiluizione mediante soluzione isotonica che simescola in atrio destro con il sangue provocando una riduzione della temperatura ematica.
La sonda termica invia il segnale ad un monitor che è in grado di calcolare la portata
cardiaca (l/min).
Monitoraggio respiratorio
Monitoraggio fisico
Il monitoraggio fisico della ventilazione si fonda sull’indagine obbiettiva di:
-frequenza respiratoria -modello del respiro
le valutazioni di tipo fisico riguardano:
-rientro a livello degli spazi intercostali durante l’inspirazione
-la presenza del respiro alternante
-attività dei muscoli accessori
-respiro difficoltoso
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Monitoraggio dei volumi
Viene utilizzato per questo lo spirometro di Wright, che consente di misurare:
-volume corrente
-ventilazione/minuto
E piu facilmente attuabili su pazienti con intubazione tracheale e tracheotomia.
Monitoraggio della ventilazione polmonare e degli scambi gassosi Questo tipo di
monitoraggio permette di studiate:
-PaO2, PaCO2 (pressioni parziali): è l`unico sistema in grado di valutare con esattezza le
loro modificazioni.
La loro determinazione è resa possibile dall`uso di opportuni apparecchi, gli
emogasanalizzatori, in grado di quantificare le pressioni parziali dei gas in un piccolo
quantitativo di sangue.
-PtcO2 e la PtcCO2: è il monitoraggio dei gas transcutanei, si effettua mediante opportuni
sensori, muniti di elettrodi riscaldati, che applicati sulla cute sono in grado di rilevare tali
parametri
-SaO2: è la misurazione della quantità di O2 a livello arterioso.
Si fonda sull`utilizzo di sensori (ossimeri), di solito posizionati su un dito.
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Monitoraggio della temperatura corporea
Il monitoraggio della TC è molto importante in terapia intensiva, perché i pazienti critici,
vanno spesso incontro ad ipertermie o ipotermie.
Metodi di misurazione
I metodi più utilizzati in area critica sono:
-termometro: comunemente si utilizza il termometro a mercurio, lo svantaggio di questa
rilevazione, sta nel fatto che non abbiamo un valore di continuo
-termistore: è un sistema elettronico di misurazione, che trasforma il segnale termico in
impulso elettrico, evidenziandolo su un dispay di un monitor.
Le sonde termiche uilizzate sono diverse a seconda del sito di rilevazione.
Il vantaggio di questo tipo di misurazione è dato dalla possibilità di avere una rilevazione di
continuo della TC.
Sedi di misurazione
La siuazione termica del paziente critico puo essere analizzata in due modi:
Temperatura centrale
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Riflette la situazione termica degli organi interni
Rettale: si utilizzano sonde rettaliEsofagea: sonda posta ad 1/3 inferiore dell’esofago, riflette la temperatura cardiaca
Arteria polmonare: catetere di Swan-Ganz
Vescicale: cateteri vescicali dotati di termistore
Temperatura periferica
Indica lo stato perfusionale del paziente
Cutanea
Ascellare
Orale
La Nutrizione
La nutrizione nel paziente critico è quasi sempre attuata attraverso una via artificiale, le vie
principali sono:
Nutrizione parenterale
Si intende la somministrazione di elementi attraverso la via venosa, viene utilizzata spesso
nel
post-operatorio o per periodi lunghi come apporto nutrizionale completo.
Tecniche di somministrazione
La scelta della via venosa dipende dal tipo di miscela da somministrare.
Potremmo parlare di nutrizione:
-periferica: non si possono infondere soluzioni troppo ipertoniche
-centrale: si possono infondere miscele iperosmolari, mediante i CVC
Questi tipi di nutrizione si servono di alcuni dispositivi per essere infuse:
Pompe peristaltiche
Si basano sul principio dello schiacciamento, da parte di un rullo mobile, di una sezione del
deflussore
Pompe volumetriche
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Hanno un diaframma a stantuffo, che comprime in un volume costante
Pompe a siringa Tramite una siringa iniettano una soluzione alla velocità desiderata
Nutrizione enterale
Essa sfrutta i normali processi digestivi dell`apparato gastro-enterico
Modalità di somministrazione
Vengono impiegate apposite sonde inserite di solito attraverso la cavità nasale fino a
raggiungere lo stomaco.
Viene utilizzata per alimentazioni a breve termine.
Per le alimentazioni a lungo termine è preferibile il confezionamento di una stomia (peg).
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