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O rgani di gani di  S  S enso nso La Laringe ......... 2 Audiologia ......... 29 Vestibologia ......... 56 Le Cavità Nasali ......... 60 Le Paralisi del VII n.c. ......... 66 Oftalmologia ......... 71 Odontostomatologia ......... 115 1

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Organi digani di 

 S Sensonso

La Laringe….........

2

Audio logia …......... 29

Vestibo logia …......... 56

Le Cavi tà Nasa l i …......... 60

Le Paral is i de l VII n.c .….........

66Ofta lmologia …......... 71

Odontostomato logia …......... 115

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LA LARINGE

La laringe è un organo muscolo cartilagineo deputato alla fonazione, che si trova all'inizio delle vie respiratorie

inferiori, nel punto di congiunzione di queste con l'ipofaringe. Ha la forma di un imbuto, ed è costituita

anteriormente dalle cartilagini tiroide in alto e cricoide in basso. La tiroide è connessa da una membrana all'osso

ioide, e da un altro legamento membranoso alla cricoide. La cricoide fornisce l'attacco ai primi anelli cartilaginei

della trachea. La parte interna del laringe è formata in basso dalla cricoide e delle cartilagini ariepiglottidee, e in

alto dall'epiglottide.Le corde vocali sono due, pari e simmetriche, tese fra i processi superiori della cartilagine aritenoide e la

cartilagine tiroide. Più in basso di queste ci sono altre due cordicelle fibrose dette corde vocali false, e fra queste

quattro strutture si apre una specie di cassa di risonanza detta ventricolo di Morgagni.

 Anatomo-fisiologia della fonazione

  MUSCOLI LARINGEI 

1. Muscoli estrinseci

La muscolatura estrinseca della laringe è responsabile dei movimenti di innalzamento e

di abbassamento della laringe che accompagnano gli atti di deglutizione.

La muscolatura estrinseca della laringe ne permette il movimento verso l'alto e il basso, e corrispondealla muscolatura della regione del faringe e del collo. Si tratta essenzialmente di tre muscoli principali

che avvolgono faringe e laringe insieme inserendosi anteriormente sull'aponefrosi dello

pterigomandibolare (costrittore superiore), sull'osso ioide (costrittore medio) e sulla cartilagine tiroide

(costrittore inferiore). L'imbuto è avvolto da queste tre fasce, e stretto nel fondo dal costrittore inferiore,

che funge anche da sfintere esofageo superiore. Anteriormente i muscoli milojoidei, omojoidei, tireojodei,

tireoglosso e sternotiroidei completano la copertura. All'interno, la laringe comunica con l'ipofaringe

attraverso l'apertura epiglottidea, dove il margine libero dell'epiglottide scende ad ogni deglutizione

chiudendo l'accesso alle vie respiratorie.

• Sovrajoidei

◦ Digastrico

◦ Milojoideo◦ Stilojoideo

◦ Costrittori medio

ed inferiore

• Sottojoidei

◦ Sternojoideo

◦ Omojoideo

◦ Sternotiroideo

◦ Tirojoideo

2. Muscoli intrinseci

• Adduttori

• Abduttori

• TensoriI muscoli cricotiroidei fanno ruotare in basso e in avanti la tiroide, con un movimento a cerniera

anteriore dello scudo tiroideo sulla cricoide, mettendo in tensione le corde, in quanto la tiroide e le

aritenoidi si allontanano.

I muscoli cricoaritenoidei  posteriori, tesi fra i due processi aritenoidei, fanno allontanare la parte

anteriore di essi, allontanando le corde vocali. I muscoli cricoaritenoidei laterali, tesi fra la cricoide ele aritenoidi, fanno l'opposto. Il muscolo (inter)aritenoide, teso fra i due processi aritenoidei, avvicina

anch'esso le corde vocali.

I muscoli tiroaritenoidei, tesi fra la tiroide e le aritenoidi, accorciano le corde vocali diminuendone la

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tensione.

 Abduzione: Cricoaritenoidei posteriori

 Adduzione: Cricoaritenoidei laterali ed interaritenoideo

Tensione: Cricotiroidei Rilasciamento: Tiroaritenoidei

  NERVI LARINGEI 

Tutti i muscoli del laringe sono innervati dal laringeo inferiore o ricorrente, ad eccezione del

crico-tiroideo che è innervato dal laringeo superiore. I due nervi laringei partono entrambi dal

nervo vago (3). Il laringeo superiore si stacca da esso a livello del ganglio nodoso, e si divide,

all'altezza dell'osso ioide, in due branche: quella esterna  (2) che innerva con fibre motrici il

cricotiroideo, quella interna (1) che ha solo fibre sensitive, e che si anastomizza con il laringeo

inferiore (ansa di Galeno). Il laringeo inferiore o ricorrente  (4) nasce molto più in basso, a

livello delle strutture che derivano dal VI arco branchiale. A destra questo corrisponde al tronco

della succlavia, con il quale è in stretto rapporto. Passa poi sopra la pleura superiore, e seguendo

il margine destro dell'esofago entra in strettissimo rapporto con il lobo laterale destro della

tiroide, per entrare nel laringe dove innerva tutti gli altri muscoli intrinseci (di destra). Il

ricorrente di sinistra nasce al di sotto dell'arco aortico dove questo incrocia il bronco di sinistra,

gli gira intorno da davanti a dietro contattando pericardio, atrio sinistro e vene polmonari. Passa

sopra al bronco di sinistra e poi sale lungo la faccia anteriore dell'esofago, contrae rapporti molto

stretti con il lobo sinistro della tiroide e finisce in laringe con fibre motorie.

• N. Laringeo Superiore (essenzialmente funzione sfinterica)

◦ N. Laringeo Interno (sensitivo)

◦ N. Laringeo Esterno (motorio per il crico-tiroideo)

• N. Laringeo Inferiore (funzione fonatoria e respiratoria)

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Esclusivamente motorio; decorso differente a sn rispetto a ds.

La branca anteriore innerva tutti i mm. della laringe salvo il crico-tiroideo; la branca

posteriore innerva il costrittore inferiore della faringe.

Conformazione interna della laringe

Lo strato mucoso inferiormente e superiormente è costituito da epitelio pseudostratificato

ciliato. La superficie mediale di contatto è costituita da epitelio pavimentoso noncorneificante.

Fisiologia della laringe

1. Funzione respiratoria: la laringe fa parte delle V.A.S.; partecipa alla rimozione delle

secrezioni tracheo-bronchiali (riflesso della tosse).

2. Funzione sfinterica per prevenire l'aspirazione: la contrazione della muscolatura

ariepiglottica riduce molto l'aditus laringeo

◦ Retroversione dell'epiglottide

◦ Innalzamento della laringe (muscoli estrinseci sovrajoidei)

◦ Adduzione delle corde vocali, e contemporaneo arresto della respirazione

◦ Riflesso della tosse (adduzione delle corde, arresto del respiro): serve a detergere le

vie aeree dall'entrata di eventuale materiale estraneo quando viene a mancare il

sincronismo

  3. Funzione fonatoria: rappresenta un'abilità tardiva della laringe. Vibrazione

delle corde vocali durante l'espirazione

◦ Organi attivatori: polmoni e muscoli respiratori

◦ Organi vibratori: corde vocali

◦ Organi risuonatori: sovraglottide, faringe, cavo orale, cavità nasali e paranasali

La vibrazione prodotta a livello delle corde vocali viene poi modificata, in quanto siarricchisce delle formanti superiori, acquisendo un suo timbro ad opera delle cavità di

risonanza. La vibrazione subisce un'amplificazione, viene articolata dai movimenti della

mandibola, della lingua, del velo palatino, della labbra, delle guance, ecc.

Caratteristiche acustiche della voce

• Intensità: l'intensità del suono vocale dipende dall'ampiezza della variazione di

pressione e si traduce alla registrazione oscillografica con l'ampiezza delle onde

del tracciato. L'intensità vocale varia con la pressione sottoglottica.

Husson ha calcolato:

10 cmH2O nella conversazione calma (30db)60 cmH2O nel canto leggero(60 dB)

100 cmH2O grido del richiamo (70 dB)

160 cmH2O esposizione di un oratore (80db)

360 cmH2O tenore al massimo della potenza (120 dB)

• Altezza: l'altezza del suono esprime la frequenza della variazione di pressione.

L'altezza della voce o frequenza del suono fondamentale dipende direttamente

dalla periodicità del movimento delle corde vocali. L'altezza tonale di un soggetto

dipende dalla dimensione del proprio laringe: più le corde vocali sono lunghe più 

la voce è grave.

• Timbro: il timbro della voce dipende da una parte dalle modalità d'accollamento

delle corde vocali e dall'altra dalle caratteristiche anatomiche delle cavità di

risonanza. Rappresenta una caratteristica molto importante del “suono vocale”,

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infatti è essenzialmente dal timbro che si può identificare una persona. Dal

punto di vista della fisica il timbro di un suono, come la voce, dipende dal numero

e dall'intensità relativa delle armoniche. Le armoniche corrispondono a frequenze

multiple del suono fondamentale che si sovrappongono a quest'ultimo secondo

una ripartizione nella scala delle frequenze. Sul tracciato sonografico sono

evidenziate sotto forma di bande grigie

• Registri: quando si emette una sequenza di suoni (canto), partendo dal suono più grave per arrivare al suono più acuto realizzabile, si osserva che la qualità della

voce tende a modificarsi una o più volte per passare alle note più acute (cambia

registro). Il registro è caratteristico di ogni voce e si può valutare con l'analisi dei

campi vocali. Si distinguono due registri principali: grave ed acuto in relazione

allo spessore e alla lunghezza delle corde vocali, ma vengono descritti anche un

terzo ed un quarto registro.

  4. Manovra di Valsalva

◦ Consente la trasmissione della pressione alla cavità addominale

◦ Rende stabile l'espansione toracica nel sollevamento di pesi ed in alcune prestazioni

vocali (grida, canto)

Modalità d'esame della laringe

 Laringoscopia indiretta:

Si esegue con il malato seduto, a capo leggermente esteso.

Si fra protrudere la lingua, in modo da sollevare la laringe,

ad essa ancorata tramite l'osso ioide, e si introduce uno

specchietto riscaldato (altrimenti si appanna) a 40-45° al

davanti dell'ugula. Illuminandolo, esso proietta la luce in

laringe e riflette all'osservatore quello che si vede. Per

facilitare l'osservazione della laringe si può farpronunciare la lettera “E” o “I”, ottenendo un maggior

innalzamento della laringe stessa, e un avvicinamento

delle corde vocali. Può essere necessaria una anestesia

locale da effettuare nei seni piriformi. Se il paziente

respira profondamente le corde vocali sono dilatate e si intravede la trachea.

 Vantaggi: veloce e non costosa

Svantaggi: può risultare fastidiosa, non è fisiologica, non consente la memorizzazione

delle immagini

  Laringoscopia a fibre ottiche - Fibroendoscopia

Richiesta in genere nei bambini, perché la forma dell'epiglottide è più larga e non permette la

visualizzazione indiretta, si usa soprattutto per interventi di polipectomia endoscopica, intubazioneendotracheale, broncoscopia superiore. Lo strumento usato è un laringoscopio flessibile a fibre

ottiche, oppure rigido .

 Laringoscopio rigido (70 o 90 gradi):

  Vantaggi: migliore immagine ottica, ingrandisce grazie allo zoom, consente di tenere

una documentazione video

Svantaggi: può essere mal tollerato, non è fisiologico ed è costoso

 Fibroendoscopio

  Vantaggi: ben tollerato, fisiologico e consente una documentazione video

Svantaggi: maggiore tempo, costoso e risoluzione limitata dalle caratteristiche delle

fibre otticheVideonasolaringoscopia

 EMG

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 Microlaringoscopia diretta

È utilizzata per il trattamento chirurgicoStessa tecnica della laringoscopia diretta, ma lo strumento da

utilizzare è il laringoscopio associato a microscopio operatorio,

che permette una visione molto precisa della mucosa e

l'analisi di alterazioni anche di livello minimo, oltre che

l'esecuzione di numerosi interventi di chirurgia funzionale

soprattutto sulle corde vocaliVideostroboscopia

Fondamentale per lo studio della cinetica delle corde vocali. L'esame viene svolto come una

normale laringoscopia indiretta o con fibre ottiche; al paziente viene fatta pronunciare la

vocale  E; la frequenza di vibrazione cordale sarà recepita da un microfono a contatto posto a

lato della cartilagine tiroidea, e sarà automaticamente estratta da un

sistema di filtri. Si creerà un sincronismo tra la frequenza di

vibrazione cordale e la frequenza di illuminazione.

Illuminando le corde vocali con lampi di luce sincronizzati con la

frequenza di vibrazione, esse saranno illuminate sempre nello stesso

momento del loro ciclo vibratorio e cadendo la luce sempre nello stesso

punto appariranno all'esaminatore come fossero ferme qualora il

funzionamento sia normale e simmetrico.

Qualora la frequenza di accensione della lampada sia diversa

(minore) rispetto alla frequenza di vibrazione, osserveremo le

corde durante tutto l'arco del movimento nei punti via via

adiacenti che verranno illuminati, ottenendo in quest'ultimo caso

un'immagine di lento movimento.

Permette di osservare le due componenti del movimento

vibratorio: lo  spostamento delle corde vocali (progressivachiusura-apertura) e l'onda mucosa (onda glottica):

• Qualità dell'avvicinamento delle corde vocali e localizzazione dell'eventuale deficit di

accollamento

• Simmetria o assenza di movimenti vibratori e ondulatori

• Ampiezza della vibrazione laterale

• Qualità dell'ondulazione della mucosa

Tale tecnica si è evoluta grazie al fibroscopio rigido o flessibile collegato ad una telecamera

che dà la possibilità di esaminare le corde ingrandite, nel primo caso, e durante l'eloquio o il

canto, nel secondo caso.

Imaging

TC: Metodica di prima istanza (mdc)

MRI: Valore complementare

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  PATOLOGIA INFIAMMATORIA DELLA LARINGE

Congestione: marcata soprattutto a livello glottico dove le corde vocali appaiono iperemiche

con secrezioni mucose a livello della commessura anteriore.

 Edema: si localizza preferibilmente a livello del corion ed in particolare nello spazio di

Reinke. Ciò impedisce la genesi e la propagazione dei movimenti ondulatori della mucosa.

I fenomeni flogistici associati perturbano la contrazione dei muscoli intrinseci della laringe

che insieme alla componente edematosa dà luogo alla disfonia.Epidemiologia

Predomina nei maschi

Colpisce di più i professionisti della voce

Fattori favorenti

• Stagione umida e fredda

• Fumo

• Etilismo cronico

• Reflusso Gastro-esofageo

• Surmenage delle corde vocali• Inquinamento atmosferico

• Esposizione a vapori irritanti e ad ambienti polverosi

Sintomatologia

L'  edema laringeo comporta non solo una ipomobilità della laringe ma crea una

perturbazione dei movimenti della mucosa che ricopre le corde vocali.

I fenomeni flogistici associati perturbano ulteriormente la contrazione dei muscoli intrinseci

della laringe che insieme alla componente edematosa generano la disfonia.

Le analisi aerodinamiche eseguite in queste condizioni evidenziano che la fase di adduzione è 

più breve e persiste una beanza della glottide.

In genere compare nel corso di un episodio influenzale o una faringite virale ed è 

caratterizzata da:

• Disfonia con una voce che tende a diventare da una voce “velata” ad una voce sempre

più roca fino all'afonia

• Sensazione di pizzicore

• Tosse secca e stizzosa

• Sensazione di costrizione o di bolo

• Febbre assente o moderata

• Dispnea laringea, rara negli adulti a causa dell'ampiezza del lume laringeo

Eziologia virale: più spesso associata ad una flogosi delle VADS e può associarsi ad una

tracheite ( Rhino-,  Influenza- e  Parainfluenzavirus). Laringiti erpetiche sono casi particolari

che colpiscono più frequentemente pazienti immunodepressi (presenza di vescicole o di

ulcerazioni della mucosa laringea dolorose).

Eziologia batterica: più frequentemente evoluzione di una laringite virale. La mucosa

laringea può divenire granuleggiante e ricoprirsi di pseudomembrane. È frequente

l'associazione con una tracheite. I germi in causa possono essere degli streptococchi,

stafilococchi, pneumococchi e Haemophilus influenzae (“infernal trio”); sono stati isolati anche

germi come il  Proteus mirabilis,  Proteus vulgaris,   Pseudomonas aeruginosa ed  Actinomyces. Alcuni autori (Schalen) riportano la presenza di una  Moraxella catarrhalis nella rinofaringe di

pazienti con laringite acuta rispetto al 6-8% del gruppo di controllo.

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Eziologia micotica: si presenta, in genere, in forma subacuta.

• Candidosi: Raramente interviene in assenza di fattori favorenti. Tra i fattori di rischio

vanno considerati: antibiotici; corticosteroidi specie quelli inalati; diabete; alcool;

intubazioni prolungate; irritazioni laringee da caustici o da flogosi; immunodepressione

(chemioterapia, AIDS); effetti della radioterapia. Il paziente presenta una disfonia e,

specie nelle forme da immunodepressione, può essere presente anche una disfagia fino

ad una dispnea.• Aspergillosi: il grado di invasione laringea dipende, in genere, dalla immunocompetenza

del paziente. Può simulare una neoplasia.

• Laringite catarrale:

◦ Ipertrofia della commessura posteriore

◦ Muco denso endolaringeoEziologia virale, accompagna un analogo processo del rinofaringe. È accompagnata da disfonia,

secchezza della gola e tosse secca e stizzosa. Successivamente si produce un espettorato non

abbondante, denso e viscoso. Tutta la mucosa è iperemica e congesta, specie nella regione delle

corde vocali. Questo processo si estende spesso alla muscolatura intrinseca del laringe,provocando dei quadri endoscopici caratteristici dovuti alla paralisi infiammatoria dei diversi

muscoli.

• Tracheite batterica pseudomembranosa: è una forma di croup non comune,

atipica, potenzialmente letale, dove l'infezione, di solito da Stafilococco aureo,

causa la formazione di membrane simili a croste nell'albero tracheobronchiale.

Queste membrane e croste nel lume tracheale determinano stridore inspiratorio

ed espiratorio. Vi può essere insorgenza rapida di ostruzione respiratoria.

• Laringite allergica: la dilatazione acuta dei vasi e l'aumento della permeabilità 

capillare dovuta all'istamina comportano una iperemia della mucosa laringea.

Essa può essere variabile e può portare all'ostruzione della via aerea. Diversesostanze sono capaci di produrre tale reazione: tra i farmaci FANS, aspirina,

penicillina. Alcuni alimenti, punture di insetti, allergeni inalanti. Un'altra

possibile causa è l' Angioedema di Quincke nella sua forma ereditaria autosomica

dominante da deficit della C1esterasi-inibitore (C1INH).

• Laringite medicamentosa non immunologica: dovuta al contatto diretto

della mucosa con la sostanza (arsenico, mercurio)

• Emorragie sottomucose in soggetti in terapia con anticoagulanti: l'ematoma si

localizza più facilmente nella faccia linguale dell'epiglottide a causa della ricca

vascolarizzazione di questa area . Rispetto ad una epiglottite mancano i segnigenerali dell'infezione.

• Laringiti da caustici o da danno termico: l'aggressione termica gioca un

ruolo più importante rispetto a quella chimica. L'intensità del calore produce

vasodilatazione.

Obiettività laringea

Le corde vocali perdono il classico colorito madreperlaceo: sono iperemiche con vasi visibili

sulla faccia superiore. La motilità è conservata. Secrezioni mucose presenti particolarmente a

livello della commessura anteriore.

Evoluzione

L'evoluzione è benigna. Le recidive sono in relazione a fattori favorenti.

La persistenza di disfonia oltre i 15 giorni deve portare a rivedere la diagnosi.

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Le complicazioni sono rare e possono consistere in manifestazioni flemmonose laringee

(epiglottiti) o perilaringee con conseguente comparsa di dispnea, più probabili in soggetti

immunodepressi.

Trattamento

Trattamenti con antibiotici, antiflogistici o corticosteroidi per via sistemica, riposo vocale,

eliminazione di fattori irritanti (tabacco, alcool).

Inalazioni caldo-umide o aerosolterapia con fluidificanti associati a corticosteroidi.Se esiste RGE: correggere con dieta e terapia.

Se esiste distress respiratorio: Intubazione o Tracheotomia

Complicazioni

Le forme di origine batteriche possono resistere al trattamento medico ed evolvere verso un

processo ulcerativo della mucosa laringea, una  epiglottite, una  pericondrite, un ascesso

laringeo. Queste forme gravi possono necessitare di misure terapeutiche complesse come

l'antibioticoterapia associata a corticosteroidi per via sistemica, l'intubazione.

Le laringiti allergiche possono avere un carattere rapidamente evolutivo e provocare una

dispnea intensa fino all'asfissia.

EPIGLOTTITE

1 caso/100.000. Colpisce più facilmente il sesso maschile (2/1). In età pediatrica grazie alla

vaccinazione contro l' Haemophilus è in netta diminuzione.

È caratterizzata da una infiammazione delle strutture sopraglottiche e soprattutto

dell'epiglottide secondaria ad una infezione delle vie aeree superiori. Si manifesta con  febbre,

disfonia, odinofagia, dispnea.

 Alla diagnosi si giunge con una laringoscopia indiretta o con l'aiuto di un fibroscopio

I germi più frequentemente in causa sono  Haemophilus,  Pneumococco, Streptococco - β

 emolitico.La prognosi dipende dalla rapidità di inizio della terapia. La mortalità è inferiore all'1% e

l'intubazione o la tracheotomia sono necessarie in circa il 10% dei casi. Nei pazienti

immunodepressi tale percentuali sono più elevate.

PERICONDRITI

Sono rare e colpiscono più facilmente la laringe dopo radioterapia, oppure i pazienti

immunodepressi o dopo una intubazione prolungata.

Sintomi: disfagia, vivo dolore alla palpazione della cartilagine tiroide e cricoide, la cute può 

essere arrossataLa diagnosi è clinica ma per la valutazione dell'estensione la TAC è l'esame di scelta.

 ASCESSO LARINGEO

È una complicazione di una epiglottite o di una pericondrite. Una fluttuazione della parte

anteriore del collo evidenzia una necrosi della cartilagine tiroide.

Tracheotomia d'urgenza in anestesia locale.

L'estensione ai tessuti molli del collo può complicarsi ulteriormente con una mediastinite.

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  PARALISI LARINGEE

Completa o incompleta: riferimento ai movimenti residui.

Unilaterali o bilaterali: lateralità della paralisi. La corda sana compie un tentativo di compenso

arrivando a spostarsi oltre la linea mediana per mettersi a vibrare in risonanza con l'altra. Questo compenso

avviene per gradi .

 Disfoniche o dispneizzanti: sintomatologia.

 Adduzione o abduzione: posizione corda paretica.Centrali o periferiche: sede del danno.

1. Paralisi laringee centrali

Le cause sono legate ad alterazioni delle strutture nervose centrali (lesione dei centri motori

corticali, vie di associazione o nuclei bulbari del vago)

• Malattie degenerative (SLA, Arnold-Chiari, Sclerosi a placche)

• Neoplasie

• Infezioni virali (encefaliti, poliomielite)

Meno frequenti (1/10). In genere le paralisi sono in abduzione o posizione paramediana.

Classificazione di Ward-Hanson-Berci: distinzione tra disturbi del sistema afferente e

disturbi del sistema efferente

Disturbi del s. afferente: lesione a sede soprabulbare con difettosa coordinazione fra

afferenze sensitive e funzionali laringee. La stimolazione della mucosa delle vie aeree provoca

spiccato riflesso laringeo con laringospasmo, e non paralisi

Disturbi del s. efferente:

• sistema piramidale: perdita di coordinazione fra movimenti respiratori e fonatori; questi

pz. hanno difficoltà nel comprendere il linguaggio scritto e parlato e presentano

disartria ed afonia• sistema extrapiramidale: alterazione della motilità laringea con scarso controllo dei

movimenti fonatori (tremore e paresi delle corde vocali, tipico del Parkinson)

• sistema cerebellare: frequenti contrazioni involontarie delle corde vocali con adduzione

ed abduzione irregolari; nella M. di Arnold-Chiari (anormale disposizione del

romboencefalo) tale quadro sfocia in una paralisi bilaterale delle corde vocali

• midollo allungato: lesioni del midollo allungato che interessano il nucleo del X n.c.;

spesso si associano a lesione di altri nuclei; si manifestano con paralisi flaccida in

posizione paramediana, disfagia, inalazione e rinolalia aperta (siringomielia)

Sindrome di Gerhardt: paralisi bilaterale incompleta delle corde vocali.

La paralisi riguarda esclusivamente i muscoli crico-aritenoidi posteriori e le

due corde vocali sono in posizione paramediana; poiché i movimenti di

adduzione sono conservati, le corde vocali durante la fonazione si accavallano,

mentre durante l'inspirazione vengono aspirate verso il basso; non si ha quindi

disfonia, bensì dispnea inspiratoria; la sindrome è uno dei sintomi più 

importanti della tabe dorsale, essendo conseguente a meningo-radicolite

luetica del X paio di nervi cranici.

• Paralisi incompleta delle corde vocali in adduzione

• Corde vocali in posizione paramediana

• Dispnea

• Lieve disfonia (durante la fonazione le cc. vv. possono essere normalmente addotte)

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In genere secondaria a lesioni del nucleo ambiguo e delle sue fibre radicolari (tabe). Secondo

Semon le fibre per i muscoli cricoaritenoidei posteriori hanno una disposizione periferica e

quindi sono le prime ad essere lese; secondo King esiste una duplice funzione dei ramuscoli

terminali del ricorrente per cui le fibre dilatatrici sono più fragili.

Sindrome di Ziemsen: paralisi delle corde vocali in abduzione (diplegia

fonatoria).• Corde vocali fisse in abduzione (glottide aperta)

• Tosse, inalazione di solidi e liquidi (ab ingestis)

• Afonia transitoria che diventa poi persistente

Patogenesi centrale (infarto bulbare per sindrome di Wallemberg).

2. Paralisi laringee periferiche

La branca interna del nervo laringeo superiore penetra attraverso la membrana tirojoidea

insieme al peduncolo vascolare (arteria e vena laringee) ed porta l'innervazione sensitiva alla

laringe. La branca esterna provvede all'innervazione motoria per il muscolo cricotiroideo.

• N. Laringeo superiore

◦ Incompleta

Ramo esterno motorio (m. cricotiroideo) o anche solo il ramo interno sensitivo

(lesionabile nella faringotomia laterale).

Causa: iatrogena (chirurgia), infezioni (difterite, Herpes Zoster).

Ipotono delle corde vocali, lieve disfonia.

◦ Completa

Rami esterno ed interno (sensitivo).

Lesione a monte della biforcazione.Ipotono delle corde vocali, lieve disfonia, anestesia della metà omolaterale della

laringe.

• N. Laringeo inferiore

◦ Monolaterali (traumi, neoplasie specie dell'apice del polmone, mediastiniche o

dell'esofago, infezioni, affezioni cardiovascolari). Ristagno di saliva dal lato leso. È 

importante distinguere tra la paralisi della corda vocale e l'immobilità cordale

risultante dalla fissità dell'articolazione cricoaritenoidea: questo può essere

apprezzato solo alla laringoscopia diretta testando il movimento passivodell'aritenoide sulla superficie dell'articolazione della cricoide.

▪ Unilaterale a Sinistra: più frequenti

  Adenopatie neoplastiche maligne; patologia cardio-aortica; nevriti virali;

neoplasie maligne dell'esofago cervicale o della tiroide.

▪ Unilaterale a Destra: meno frequenti

Nevriti virali; neoplasie maligne dell'apice polmonare destro; neoplasie maligne

dell'esofago cervicale o della tiroide.

◦ Bilaterali (adduzione o abduzione)

 Bilaterali Periferiche

Neoplasie maligne dell'esofago cervicale o della tiroide

Sindrome di Riegel: paralisi del laringeo inferiore in adduzione (diplegia totale)

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• Paralisi completa

• Corde vocali fisse in posizione mediana

• Dispnea e disfonia marcata (prevale la dispnea)

• In genere causata da carcinomi della tiroide o dell'esofago, chirurgia

tiroidea

Sebbene sia riferita come “iniezione della corda vocale” o “iniezione intracordale”, l'iniezione di  pasta di Teflon è  paracordale per aumentare e medializzare l'emilaringe paralizzata in modo

che la vibrazione delle corde vocali diventi più efficace. La pasta non deve essere posizionata

superficialmente. Viene iniettata come prima (e spesso unica) iniezione nell'emilaringe

posterolaterale, nella porzione laterale del muscolo tiroaritenoideo, mediale alla lamina della

cartilagine tiroide e laterale al processo vocale dell'aritenoide; in qualche caso è necessaria

una seconda iniezione supplementare più piccola, anteriormente alla prima, per un totale di

0,5 - 0,7 cc.

La normale mobilità dell'articolazione cricoaritenoidea dovrebbe essere verificata prima

dell'iniezione. I pazienti giovani, e quelli con una prognosi buona con paralisi di una corda

vocale da lungo tempo, possono trarre maggiore giovamento dalla medializzazione della corda

vocale o da una delle tecniche di fonochirurgia disponibili, per produrre una riabilitazione

della voce senza introduzione di sostanze estranee nei tessuti laringei.

Tiroplastica di tipo I: inserimento di materiale per medializzare la

corda vocale attraverso una finestrella aperta nella cartilagine tiroide.

DISFONIA

  Alterazione di uno o più dei propri caratteri acustici o più semplicemente una turba

momentanea o duratura della funzione vocale :• Timbro

• Intensità

• Altezza tonale

Disfonia disfunzionale

Un'alterazione della funzione vocale sostenuta essenzialmente da una turba del gesto vocale:

• Disfonia disfunzionale semplice in cui non si osservano lesioni specifiche della

laringe.

• Disfonia disfunzionale complessa quando per una disfonia disfunzionale semplicecompaiono delle complicanze laringee.

Età tra i 32 e i 58 anni

Professionisti della voce (60%)

Predominanza nel sesso femminile (66%)

Le disfonie funzionali sono malattie della voce che sono caratterizzate da una alterazione del

timbro vocale (prevalentemente nel senso di raucedine) e/o da una limitazione della

prestazione vocale senza che si possano riconoscere modificazioni organiche primarie delle

strutture anatomiche interessate alla creazione della voce.

Nella clinica queste disfonie compaiono per eccesso o difetto di tensione muscolare che

colpiscono soprattutto

• la pressione di soffio (attività dell'apparato respiratorio)

• la resistenza glottica (tensione delle corde vocali).

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Teorie patogenetiche

• Organicistiche: sproporzione fra i differenti organi della parola (volume polmonare e

configurazione delle corde vocali)

◦ Turbe uditive

◦ Turbe endocrine

◦ Turbe neurologiche

◦ Eziologia otorinolaringoiatrica (fonastenia, allergia, etc.)• Psicologiche: emozione, malattie mentali (disfonia di rifugio in certi soggetti che

cercano di sfuggire ad alcune situazioni; fonazione ipertonica come meccanismo di

regressione o di difesa contro un'angoscia esistenziale) che sfocia in un meccanismo

arcaico di ipertonia vocale.

“Circolo vizioso” dello sforzo vocale

Disturbo della voce → Aumento momentaneo di efficacia

Sforzo vocale Riduzione volontaria della produzione vocale;→ progressivariduzione di rendimento

Fattori favorenti

Sforzo vocale continuo Distorsioni nel meccanismo di proiezione vocale→

 → Alterazioni della mucosa della laringe

Fattori scatenanti:

• Alcune affezioni in campo ORL (laringite acuta, intubazione, eccessi vocali, urla)

• Fattori psicologici (l'emozione prende spesso”alla gola”)

• Affaticamento generale

• Tosse (provoca una irritazione laringea)

• Periodo premestruale (si produce una modificazione dell'epitelio che si ispessisce e

modifica la sua componente cellulare)

• Gravidanza (una importante modificazione della parete addominale può determinare

difficoltà nella proiezione vocale)

• Disfonia ex-acinesia terapeutica (una cura inopportuna di silenzio vocale prolungato)

Fattori favorenti:

• Obbligo professionale a parlare o a cantare• Fattori psicologici (tendenza all'ansietà, perfezionismo)

• Intossicazione alcoolica e tabagica

• Reflusso gastro-esofageo

• Affezioni croniche della sfera ORL

• Deficit del controllo audio-fonatorio (difetto uditivo)

• Tecnica vocale difettosa

• Esposizione al rumore

• Esposizione a polveri, a vapori irritanti e ad aria condizionata

•Imitazione

• Essere in contatto con soggetti ipoacusici

• Antecedenti polmonari (precedenti interventi di frenicotomia, pneumotorace o l'esito di

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affezioni flogistiche (TBC))

Sintomatologia

Sensazioni concernenti le possibilità fonatorie: 

• Raucedine

• Irregolarità di timbro

• Scarsa capacità dopo un certo periodo d'uso della voce parlata e cantata

• Inefficacia in particolare della voce di richiamoSensazioni avvertite a livello dell'organo vocale: sono la conseguenza diretta del “circolo

vizioso”

• Fastidio alla gola

• Pizzicori

• Sensazione della presenza di muco di cui il pz. cerca di liberarsi mediante schiarimento

della voce

• Sensazione di irritazione laringea e bruciore

• Affaticamento o dolore durante la fonazione prolungata

Sforzo respiratorio o senso di oppressione

Tale tipo di disfonia può evolvere verso la guarigione spontanea se intervengono modificazioni

nella vita del paziente. Più sovente si aggrava fino ad installarsi in maniera permanente. In

qualche caso compaiono complicanze laringee.

In una prima fase le azioni terapeutiche saranno variabili: dai trattamenti ORL fino alla

psicoterapia.

La seconda fase è costituita dalla rieducazione che mira ad un recupero degli automatismi

normali attraverso esercizi che riguardano:

• La padronanza del livello di tensione psico-motoria• Il respiro e la postura globale

• La voce stessa

DISFONIA DISFUNZIONALE COMPLESSA

1. Nodulo delle corde vocali

Ispessimento mucoso bilaterale fusiforme in genere localizzato al passaggio tra terzo anteriore

e terzo medio della corda vocale.

  Adulti: maggiore frequenza nella donna

Bambini: maggiore frequenza nei maschiEtà: si osserva più frequentemente tra i 20 e i 30 anni. È strettamente legato alla

professione (cantanti, insegnanti). Sopraggiunge in un soggetto che da tempo presenta una

disfonia disfunzionale (qualche mese o qualche anno).

Sintomi soggettivi: pizzicori, dolori, alterazione della propria voce cantata con perdita degli

acuti.

Sintomi obiettivi: si possono rilevare le alterazioni acustiche del comportamento fonatorio che

non sono caratteristiche della lesione.

Laringoscopia: lesione del bordo libero della corda vocale all'unione tra terzo anteriore e

terzo medio. Nel bambino si situano più all'unione del primo e secondo quarto.

Il nodulo può essere:

• Spinoso: ridotto ad una piccola spina biancastra spesso ricoperta di muco eliminabile

con un colpo di tosse

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• Edematoso: tumefazione liscia

• Fibroso: lesione vecchia, consistente e leggermente rugoso

• Nodularità: volume importante, frequente nel bambino

• Kissing noduli: lesione bilaterale molto frequente, in cui uno dei due noduli è 

generalmente più voluminoso

Perché si formi un nodulo è necessario che le corde vocali sventolino (diminuzione del tono).

L'ondulazione della mucosa si propaga in senso infero-superiore e la chiusura laringea è tantopiù brusca a livello del bordo libero della corda quanto più il flusso di aria è intenso. Per la

legge di Bernoulli la pressione negativa intraglottica è direttamente proporzionale alla

rapidità della corrente aerea.

  A causa di questo flusso di aria eccessivo la parte muscolo-membranosa (2/3 anteriori) delle

corde vocali ipotoniche assume un aspetto arcuato a convessità superiore ed è all'apice di tale

convessità che si produce il trauma più grave ogni volta che le corde vocali si uniscono. Il

trauma ripetuto è responsabile dell'ispessimento dell'epitelio in quel punto preciso che

corrisponde all'unione tra terzo medio e terzo anteriore.

Evoluzione: il nodulo recente può sparire rapidamente se si interrompe lo sforzo. Qualora

le condizioni persistano il volume del nodulo tende ad aumentare evolvendo verso una forma

fibrosa. Il nodulo vecchio e fibroso diventa difficilmente reversibile.

Il fastidio funzionale, essendo ben sopportato, lascia poco spazio ad un intervento terapeutico.

Talvolta il pz si affeziona ad un tipo di voce che lo caratterizza (voce roca).

Il trattamento logico del nodulo è la rieducazione, il cui obiettivo essenziale è l'eliminazione

del comportamento di forzatura, attraverso informazione, rilassamento, tecnica del respiro,

verticalità.

  2. Polipo cordale

La sede, come per il nodulo, è l'unione tra terzo anteriore e terzo medio. Talora lo si riscontraalla commessura anteriore leggermente sotto la glottide (in tale caso sembra prodotto da sforzi

di tosse ripetuti); più raramente è impiantato sulla faccia superiore della corda vocale. Può,

assumere aspetti angiomatosi fibrotici, e mixoidi.

Laringoscopia: il polipo si presenta sotto forma di una masserella arrotondata che si

sviluppa a partire dalla corda vocale. Il polipo può essere peduncolato o sessile a seconda della

base di impianto.

Il polipo evolve in seguito ad uno sforzo intenso in particolari circostanze, quali le

infiammazioni delle vie aeree, cattiva acustica di una sala o difficili circostanze psicologiche.

Rispetto al nodulo, si può

ipotizzare che il polipo corrisponda ad uno sforzo più

 violento elimitato nel tempo, come un traumatismo vocale brutale e anche colpi di tosse.

Ipotesi più recente: non riguarderebbe solo lo sforzo vocale ma  sforzi glottici extra-vocali che

mettono in gioco la funzione sfinterica della laringe con blocchi glottici intensi seguiti da

decompressioni brusche e traumatizzanti per la laringe, come avviene in alcuni sport

(sollevamento pesi, motocross, o l'uso di strumenti a fiato).

  A seguito di uno sforzo fisico a glottide chiusa si verificherebbe una  emorragia nella lamina

  propria superficiale responsabile di fenomeni infiammatori locali (per questo sono presenti

spesso aspetti angiomatosi). La cicatrizzazione ostacolata dal proseguimento del traumatismo

vocale porta alla formazione del polipo.

Non è raro trovare una lesione fibrovascolare più piccola sulla corda vocale controlaterale.L'epitelio sovrastante è di solito normale e può essere abbastanza preservato.

Trattamento chirurgico e rieducazione vocale. La rieducazione può essere limitata a

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poche sedute ma è indispensabile. Dovrà essere  preoperatoria e  postoperatoria e non dovrà 

subire interruzioni: a partire dal giorno successivo il pz. dovrà essere allenato al rilassamento

o alla tecnica della respirazione. Verso il sesto/decimo giorno si procederà alla ripresa vocale.

  3. Edema cronico delle corde vocali (Edema di Reinke o Cordite polipoide)

(Laringite cronica ipertrofica di aspetto mixomatoso; laringite pseudomixomatosa; edema

cronico delle cc.vv.; edema cronico gelatinoso delle cc.vv.; poliposi laringea; degenerazione  polipoide delle cc.vv.; fibroma edematoso)

Trasformazione edematosa del chorion della mucosa (strato tra mucosa e sottomucosa,

analogo quindi al derma cutaneo) della corda vocale che interessa lo spazio di Reinke specie

nella sua superficie superiore.

È una affezione relativamente frequente, bilaterale.

Netta predominanza del sesso maschile.

È in relazione all'uso di tabacco, alcool, R.G.E.; inquinamento atmosferico o ambientale.

Disfonia lentamente progressiva: la tonalità della voce diventa via via più grave con perdita

del registro acuto.

Gli elementi del chorion (fibre connettive ed elastiche) sono associati ad essudato fibrinoso nel

quale si osservano dei neovasi. L'epitelio di superficie è generalmente normale, a volte

atrofico. La membrana basale è normale o ispessita. Può essere presente una placca

leucoplasica. Eccezionalmente, atipie cellulari testimoniano una trasformazione maligna.

Classificazione di Yonekawa:

Grado 1° : l'edema provoca un contatto tra i terzi anteriori delle corde vocali in

abduzione

Grado 2° : contatto tra i due terzi anteriori

Grado 3° : contatto tra le corde vocali lungo tutta la loro lunghezza

Terapia: incisione della faccia superiore della corda vocale, aspirazione della sostanzafondamentale, resezione della mucosa in eccesso, riposizionamento con o senza colle

biologiche.

4. Ulcera dell'aritenoide (granuloma da contatto) 

È un'alterazione della mucosa da perdita di sostanza che denuda la cartilagine aritenoide.

Tale ulcera si situa spesso al terzo posteriore della glottide a livello dell'apofisi vocale, a volte

coinvolge, più in alto, la faccia interna dell'aritenoide.

Tessuto di granulazione localizzato al processo vocale dell'aritenoide dove il mucopericondrio

si attacca direttamente alla cartilagine con assenza di uno strato sottomucoso.

È il risultato di una reazione infiammatoria secondaria a disturbi traumatici della mucosa. Si

riscontra più frequentemente nella regione aritenoidea.

Usualmente esofitica e spesso con base ristretta.

Si manifesta in pazienti con tosse cronica o reflusso gastro-esofageo. Può essere il risultato di

intubazioni prolungate o a capo iperesteso o di chirurgia endolaringea o broncoscopia con

endoscopio rigido per danneggiamento del pericondrio dell'aritenoide.

Questa alterazione può essere in rapporto con un traumatismo delle aritenoidi nel corso della

fonazione.

Sintomatologia: i disturbi insorgono in modo progressivo in qualche settimana o in pochi

mesi e sono caratterizzati da:• Affaticabilità vocale

• Senso di corpo estraneo o di fastidio

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• Disfonia in genere non particolarmente importante e più spesso dovuta alla tosse che il

pz. presenta nel tentativo di espellere il granuloma

• Costrizione e dolori laringei durante la fonazione prolungata

• Dolore localizzato all'orecchio (otalgia riflessa) in genere assente d.d. con cancro

laringeo o TBC laringea

Evoluzione: lenta e costante, frequenti recidive

Trattamento:• Silenzio vocale per qualche giorno

• Rieducazione abbastanza lunga e difficile. Molto importante sarà l'allenamento al

rilassamento. Gli esercizi vocali saranno orientati verso la realizzazione di attacchi

dolci e verso la produzione di emissioni vocali sicure e potenti. Quando il granuloma è 

suscettibile di eliminazione spontanea sotto l'effetto dei trattamenti suddetti alcune

manovre di espulsione a base di colpi di glottide inspiratori ed espiratori possono

favorirne l'espulsione.

• Trattamento antireflusso

• L'ablazione chirurgica potrà essere indicata solo nel caso il granuloma crei seri

problemi di vocalità. Il problema delle recidive è frequente.

5. Papillomatosi laringea

Papillomavirus umano 6-11, gli stessi che si ritrovano a livello genitale (vi sono particelle

virali in seno alla lesione).

Caratterizzata da lesioni esofitiche. Esiste una forma giovanile ed una forma dell'adulto. La

prima può complicarsi con l'ostruzione delle vie aeree, la seconda può andare incontro ad una

trasformazione maligna.

La lesione è limitata all'epitelio: l'escissione dovrebbe preservare il legamento vocale.

Interessa più comunemente la regione muscolo-membranosa, ma può estendersi dietroall'aritenoide, al ventricolo ed alla regione sottoglottica.

Il grado di crescita può essere irregolare e imprevedibile con remissioni ed esacerbazioni che

avvengono senza una ragione apparente.

Una evoluzione spontanea è possibile ma una recidiva può apparire nell'adulto dopo

remissione di una forma infantile.

Si distingue una forma ad evoluzione clinica benigna (buona) nella quale il sintomo è la

disfonia, ed una forma più severa che può estendersi a tutta la via aerea.

Non esiste attualmente un fattore biologico prognostico.

I dati epidemiologici sono difficili da definire: non risulta una predominanza etnica;

l'incidenza nel bambino è valutata da 0,2 a 0,7 per 100'000 ab.; nell'adulto 3,94 (studio danese)

e 1,8 (studio USA) per 100'000 ab.

La contaminazione nel neonato avviene nel passaggio attraverso il canale cervicale dell'utero.

Nell'adulto è possibile che la contaminazione possa anche essere neonatale ma esprimersi

secondariamente.

Trattamento:

  Laringoscopia in sospensione: i papillomi possono essere resecati o vaporizzati. Gli

strumenti utilizzati possono essere:

• Strumenti a freddo

• Laser CO2, a diodi, argon. Il vantaggio di questi strumenti è quello di distruggere lalesione rispettando il più possibile il tessuto sano ed in particolare la mucosa

◦ Microspot Laser CO 2: l'energia del laser CO2 viene assorbita dall'acqua e consente

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allo spazio di Reinke di comportarsi come una barriera naturale che protegge il

legamento vocale. Provvede ad una eccellente emostasi. Il danno termico che

comporta può essere dannoso.

• Microdebrider

 Antivirali per uso topico e sistemico. Dopo iniezione intralesionale con cidofovir

eventualmente ripetuta, limitando l'escissione chirurgica ai casi di ostruzione della via aerea,

si è ottenuta una remissione completa nel 31% con 2,6 interventi endoscopici.

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 DISPLASIE EPITELIALI DELLE CORDE VOCALI 

Criteri istologici

• Ipercromatismo

• Polimorfismo nucleare

• Atipie cellulari

◦ del rapporto nucleo/citoplasma

◦ mitosi atipiche◦ anomala differenziazione

• Cheratosi

• Cambiamenti strutturali

◦ approfondimento dell'epitelio nello stroma

◦ modificazioni strutturali dei vari strati epiteliali

  LESIONI PRECANCEROSE

Lesioni iperplastiche/displastiche dell'epitelio di rivestimento. Due modalità evolutive

possibili:

Clinica:

• Placche leucoplasiche

• Ispessimenti/eritroplachia

• Papillomi dell'adulto (rispetto al giovanile che è in relazione con HPV6-11, nell'adulto si

riscontra HPV16)

Cheratosi

• Senza displasia

• Con displasia

◦ lieve◦ moderata

◦ severa (ca. in situ)

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Epitelio normale Iperplasia semplice

Carcinoma invasivo Carcinoma in situ

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 Imaging

Fluorescenza: nell'ambito del work up pre- o intraoperatorio, oltre all'imaging utilizzato

nella valutazione delle lesioni profonde, al fine di apprezzare l'estensione superficiale del

tumore e di pianificare l'estensione chirurgica può venire associata la valutazione endoscopica,

che in un primo momento sfruttò il fenomeno della fluorescenza indotta, e successivamente

quello dell'autofluorescenza. La fluorescenza nelle prime esperienze era provocata

dall'assorbimento dell'agente fluorescente (verde-indocianina): la variazione del segnale difluorescenza ed il calcolo conseguente dell'indice di perfusione consentiva di distinguere il

tessuto patologico da quello normale.

Nell'autofluorescenza non si utilizzano sostanze esterne. Grazie al principio che la

composizione biochimica e l'architettura isto-morfologica del profilo dei tessuti determinano

caratteristiche spettrali di fluorescenza differenti, è possibile differenziare il tessuto normale

da quello patologico pre-neoplastico e tumorale.

Narrow Band Imaging (NBI): la luce normale è composta da tutte le frequenze dello spettro

visivo. Nella NBI la luce proiettata è composta di due bande specifiche che sono fortemente

assorbite dall'emoglobina. La banda con onde più corte (415 nm) penetra solo gli strati

superficiali della mucosa, e viene assorbita dai capillari superficiali. La banda ad onde più 

lunghe (540 nm) penetra più profondamente ed è assorbita dai vasi venosi, che sono più 

profondi dei capillari della superficie della mucosa.

CARCINOMA DELLA LARINGE

Il carcinoma della laringe rappresenta l'1-2% di tutti i carcinomi epiteliali maligni. È la

neoplasia più frequente del distretto testa/collo, la sesta neoplasia per frequenza nell'uomo.

Un terzo degli affetti muore per questa malattia primitiva. Negli USA ci sono 11'000 nuovi

casi all'anno.

Si tratta normalmente di carcinomi con epitelio pavimentoso, corneificato o meno; più raramente formeanaplastiche o adenocarcinomi. La forma è vegetante o infiltrata: in un secondo tempo entrambe tendono

all'ulcerazione.

Epidemiologia:

Gli uomini sono affetti 4 volte di più delle donne negli USA e 10 volte di più delle donne negli

altri paesi del mondo (tale rapporto si sta modificando a causa dell'aumento del fumo da parte

delle donne).

Colpisce prevalentemente la 6a-7a decade di vita.

Prevale nelle classi economiche più basse, nelle quali la diagnosi viene fatta ad uno stadio più 

avanzato.

Fattori di rischio:• Fumo ed alcool

◦ Fumo: rischio alto per tutti i siti di laringe/ipofaringe.

◦ Alcool: maggior rischio per l'epilaringe/ipofaringe, basso per l'endolaringe.

Il 95% risulta fare uso di tabacco ed alcool all'anamnesi

• Carcinogenesi industriali: 5% (Asbesto, Idrocarburi aromatici policiclici, Nickel,

Radiazioni ionizzanti)

• Papillomavirus (11% di degenerazione nell'HPV dell'adulto). Più frequente è il 16.

L'identificazione delle positività HPV sembra avere delle implicazioni per la diagnosi, la

prognosi, la terapia e la prevenzione dei tumori della testa e del collo. HPV soprattutto16 e 31; particolarmente quest'ultimo risulta un genotipo particolarmente oncogeno in

tutti i tumori del distretto testa e collo anche se in modo più specifico per i carcinomi

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della tonsilla. La stadiazione della malignità è ormai imprescindibile da questa ricerca.

I pazienti HNSCC HPV-positivi dimostrano una maggiore sopravvivenza rispetto a

quelli HPV-negativi. La causa di questa migliore sopravvivenza non è stata totalmente

chiarita, tuttavia l'integrità della risposta apoptotica dovuta ai geni p53 consentirebbe

una migliore risposta alla radio- e chemioterapia.

• Reflusso gastroesofageo

Localizzazione: la classificazione di Pietrantoni propone di dividere in tre zone principali: sopraglottica o vestibolare, glottica o cordale, sottoglottica.

1. Sovraglottide:

◦ Epiglottide epijoidea

◦ Epiglottide infrajoidea

◦ Pliche ariepiglottiche

◦ False corde

◦ Aritenoidi

  2. Glottide:

◦Corde vocali

◦ Commissura anteriore

◦ Commissura posteriore

  3. Sottoglottide

Incidenza:

• Sopraglottico: 41%

• Glottico: 56%

• Sottoglottico: 1-2%. La maggiore parte delle localizzazioni sottoglottiche rappresenta

l'estensione di primitive localizzazioni glottiche.

Isotipi

90%: carcinomi squamocellulari

10%: Linfoma, Carcinoma Spindle cell, NEC, Melanomi mucosi, Ghiandole salivari minori,

sarcomi

Sintomatologia:

1. Sopraglottico: in questo caso la sintomatologia che compare per prima sono i disturbi

alla deglutizione. Successivamente si ha disfonia, e se il tumore invade ancora di più lo

spazio laringeo si ha raucedine e disfagia.

2. Glottico: il primo sintomo sono disfonia e raucedine per l'invasione delle corde vocali,

solo successivamente compare la dispnea da ostruzione aerea; la disfagia è 

praticamente assente.3. Sottoglottico: hanno come primo sintomo una lieve emottisi, poi disfonia e raucedine,

se il tumore risale o infiltra il ricorrente, e dispnea da ostruzione aerea.

Classificazione TNM:

• Aiuto nel progettare il trattamento

• Fornisce informazioni prognostiche

• Permette la valutazione dei risultati

• Facilita lo scambio di informazioni e la ricerca

Tx: Tumore primitivo non definibileT0: Tumore primitivo non evidenziabile

Tis: Carcinoma in situ

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1. Sovraglottide: la via di diffusione è anteriore, verso lo spazio compreso fra l'epiglottide e la

membrana tirojoidea anteriore. Questa zona non offre barriere anatomiche e da qui la neoplasia può 

invadere la base della lingua o protrudere sotto la cute. In alternativa può essere frequente la diffusione

indietro, verso il seno piriforme.

T1: tumore limitato ad una sola sottosede della sovraglottide, con motilità normale

delle corde vocali.

T2: il tumore invade la mucosa di più di una delle sottosedi adiacenti della sovraglottide

o della glottide o regioni esterne alla sovraglottide (ad esempio mucosa della base della

lingua, vallecola, parete mediale del seno piriforme) senza fissazione della laringe.

T3: tumore limitato alla laringe con fissazione della corda vocale e/o invasione di una

qualsiasi delle seguenti strutture: area post-cricoidea, tessuti pre-epiglottici, spazio

paraglottico, e/o minima erosione cartilaginea.

T4a: il tumore invade la cartilagine tiroidea e/o si estende nei tessuti extra-laringei (es.

trachea, tessuti molli del collo, inclusi i muscoli estrinseci della lingua, muscoli

pretiroidei, tiroide o esofago).

T4b: il tumore invade lo spazio prevertebrale, ingloba la carotide o invade le strutture

mediastiniche.

  2. Glottide: di solito invade il ventricolo, le corde vocali, e spesso si estende in avanti, perforando o

aggirando la cartilagine tiroide

T1: tumore limitato alla/e corda/e vocale/i (può coinvolgere la commissura anteriore o

quella posteriore) con normale motilità.

T1a: lesione di una sola corda vocale

T1b: lesione di entrambe le corde vocali

T2: il tumore si estende alla sovraglottide e/o alla sottoglottide, e/o con

compromissione della mobilità delle corde vocali.T3: tumore limitato alla laringe con fissazione delle corde vocali e/o invade lo spazio

paraglottico e/o presenta minima erosione cartilaginea.

T4a: il tumore invade la cartilagine tiroidea e/o si estende nei tessuti extra-laringei (es.

trachea, tessuti molli del collo inclusi i muscoli estrinseci della lingua, muscoli pre-

tiroidei, tiroide, esofago).

T4b: il tumore invade lo spazio prevertebrale, ingloba la carotide o invade le strutture

mediastiniche.

  3. Sottoglottide: l'estensione è in avanti, verso la cute al di sotto della cartilagine tiroide, o

posteriormente verso la bocca dell'esofago. Raramente interessa le porzioni superiori o inferiori del

laringe.

T1: tumore limitato alla sottoglottide.

T2: il tumore si estende a una o entrambe le corde vocali, con mobilità normale o

compromessa.

T3: tumore limitato alla laringe con fissazione delle corde vocali.

T4a: il tumore invade la cartilagine tiroidea e/o si estende nei tessuti extra-laringei

(trachea, tessuti molli del collo, inclusi i muscoli estrinseci della lingua, muscoli

pretiroidei, tiroide o esofago).

T4b: il tumore invade lo spazio prevertebrale, ingloba la carotide o invade le strutturemediastiniche.

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Metastasi linfonodali

1. Sopraglottico: 30% (elevata incidenza di metastasi bilaterali)

2. Glottico (T3): 17% (svuotamento precauzionale; lesioni transglottiche:

metastasi nel 19-21%)

3. Sottoglottico: 14-22% (50% Paratracheali o livello VI)

Diagnosi

• Laringoscopia indiretta• Laringoscopia con fibroscopio rigido 70°

• Laringoscopia con fibroscopio flessibile

• Laringostroboscopia

• TAC spazio preepiglottico

Nella gestione del paziente con patologia laringea la TC occupa un ruolo importante sia

nella stadiazione che nel follow-up, fornendo informazioni preziose circa la possibilità di

un approccio conservativo.

La TC fornisce informazioni chiave su:

◦ Estensione sottomucosa della malattia

◦ Volume tumorale

◦ Estensione extralaringea

◦ Staging dell'N

◦ Completando lo studio del torace è possibile ottenere informazioni aggiuntive sulla

presenza di eventuali neoplasie sincrone polmonari

Nello studio delle neoplasia laringee la TC può essere considerata come la tecnica di

scelta in virtù della sua praticità e disponibilità.

• RM (complementare)

◦ spazio paraglottico

◦ estensione ipoglottica

◦ infiltrazione cartilaginea

Nel follow-up di pazienti trattati per carcinoma della laringe sembra fornire un

maggiore numero di informazioni rispetto alla TC: tra i vantaggi offre informazioni più 

accurate nelle neoplasie estese alla commessura anteriore.

• Microlaringoscopia diretta in sospensione

• Panendoscopia

  Altre indagini: Radiografia o TC del torace; Broncoscopia; Esofagoscopia; Funzionalità 

epatica; Funzionalità respiratoria; Ecografia addominale (fegato); PET ?

  BASI TECNICHE DELLA CHIRURGIA FUNZIONALE

 DELLA LARINGE

L'espansione neoplastica è anarchica ma guidata da barriere ed aree di debolezza:

1. Loggia ITE  (Io-Tiro-Epiglottica): funziona da cuscinetto, comunica con lo spazio

paraglottico.

In caso di coinvolgimento della ITE da parte della neoplasia la classificazione diventa

automaticamente T4.

2. Spazio paraglottico: spazio sottomucoso posto lateralmente alle vere e false corde (tra

l'ala tiroidea lateralmente e la membrana quadrangolare superomedialmente ed il conoelastico inferomedialmente). Il coinvolgimento dello spazio paraglottico controindica la

chirurgia conservativa.

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3. Ventricolo: recesso aereo orizzontale posto tra le false e le corde vocali vere. Non

appartiene a nessuna delle 3 regioni laringee.

• precoce diffusione laterale

• fissità emilaringe

• cancro su laringocele

• impossibile la chirurgia funzionale nei casi avanzati

4. Piano glottico: corde, commessura anteriore (manca il cono elastico) e posteriore. È unvallo biologico sia per quanto riguarda la diffusione diretta dei tumori sopraglottici sia

per quanto riguarda il circolo linfatico

T3:

• infiltrazione muscolo vocale

• impegno ventricolo

• blocco aritenoide

Nei T3 senza coinvolgimento para e sottoglottico è possibile una chirurgia funzionale.

5. Membrana crico-tiroidea: importanza chirurgica. Si trova a 10 mm dalla commissura

anteriore. Diffusione extralaringea (peduncolo arterioso antero-inferiore).6. Sottoglottide: dal bordo inferiore delle corde vocali al limite inferiore della cartilagine

cricoide. È controindica la chirurgia funzionale. Prognosi infausta: metastasi a linfonodi

paratracheali e mediastinici superiori, previscerali e paraviscerali (ricorrenziali e

paratracheali). Le lesioni sottoglottiche danno metastasi laterocervicali nel 19,3%, sono

rare le metastasi mediastiniche (1-2%)

7. Cartilagini: la epiglottide è il punto debole. L'ossificazione favorisce l'infiltrazione

neoplastica. L'interessamento aritenoideo e commissurale posteriore si accompagna a

metastasi anche bilaterali.

Tumori metacroni associati al carcinoma della laringe si associano dal 5% al 35% dei casi e

soprattutto a livello polmonare (più frequentemente) ed esofageo. Riguardo ai carcinomimetacroni il carcinoma sopraglottico ha una incidenza 3 volte maggiore rispetto al carcinoma

glottico.

Terapia:

Uno  stadio precoce (T1 eT2) può essere trattato con la sola radioterapia o solo con la chirurgia

con risultati di guarigione dell' 85-95%.

La chirurgia prevede un trattamento di minore durata, riservando la radioterapia alle

recidive ma può avere peggiori risultati sulla voce.

La radioterapia ha una durata di 6-7 settimane, evita rischi chirurgici ma può avere

complicazioni:• Mucosite

• Odinofagia

• Micosi

• Edema Laringeo

• Secchezza

• Fibrosi e Senso di costrizione

• Radionecrosi

• Ipotiroidismo

Tumori radio-indotti possono comparire a distanza di tempoNelle lesioni avanzate può essere spesso indicata una radioterapia adiuvante. La maggiore

parte dei T3 e T4 necessita di una laringectomia totale. Nei T3 senza coinvolgimento para- e

sottoglottico è possibile una chirurgia funzionale. Le indicazioni alla radioterapia post-

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operatoria includono:

• T4 con invasione dell'osso/cartilagine ed estensione ai tessuti molli del collo

• Invasione perineurale, vascolare e multipli linfonodi positivi, superamento della capsula

linfonodale

• Margini di resezione <5mm o positivi, estensione sottoglottica

La radioterapia adiuvante inizia sei settimane dopo la chirurgia e prevede un trattamento

quotidiano per 6-7 settimaneLa chemioterapia può essere utilizzata in associazione con la radioterapia nelle forme

avanzate. Vengono in genere usati Cisplatino e 5-Flourouracile. Il Cisplatino sensibilizza alla

radioterapia le cellule cancerogene ed aumenta la sua efficacia se somministrato in

concomitanza. L'induzione chemioterapica associata con radioterapia nelle forme avanzate

(neoadiuvante) è una ulteriore opzione. Gli studi al riguardo dimostrerebbero una percentuale

di sopravvivenza simile a quella della laringectomia totale con radioterapia adiuvante ma con

preservazione della voce. Tuttavia tale affermazione necessita di ulteriori studi.

• Chirurgia RADICALE

◦ Laringectomia totaleRiservata alle forme vestibolari diffuse o ventricolari. Questo intervento impone la creazione di una

stomia permanente.

La tecnica di Staffieri consiste nel rimuovere solo la parte sottoepiglottidea, e lasciare il primo anello

tracheale. Queste due strutture vengono messe in contatto, conservando la via digestiva e il

meccanismo sfinterico. Nella neo-laringe viene creata una neo-glottide vibrante a spese della mucosa

esofagea che viene estroflessa attraverso lo strato muscolare. Altre tecniche permettono la creazione

di una stomia fra esofago e trachea, protetta da una protesi che la chiude a comando del paziente

quando non vuole parlare.

Indicazioni:

▪T3 con invasione dello spazio paraglottico o preepiglottico o T4

▪ Esteso coinvolgimento delle cartilagini tiroide e cricoide

▪ Estensione ai tessuti molli del collo

▪ Estensione alla base della lingua oltre le papille circumvallate

Trattamento:

Lo svuotamento del collo (radicale o radicale modificato) è indicato

in presenza di linfonodi. Lo svuotamento può essere indicato anche

in assenza di linfonodi nei pazienti nei T2 sopra o sottoglottici. In

caso di N0 è indicato uno svuotamento selettivo con risparmio dello

SCM, V.G.I. e XI nervo cranico. In caso di N1 è indicato uno

svuotamento radicale modificato dei livelli II-IV.Complicazioni:

▪ Stadiazione imprecisa

▪ Infezione

▪ Difficoltà alla deglutizione

▪ Perdita del gusto e dell'olfatto

▪ Fistola

▪ Dipendenti dalla presenza della tracheostomia

▪ Lesione di nervi cranici: VII, IX, X, XI, XII

▪ Ictus o rottura di carotide▪ Ipotiroidismo

▪ Fibrosi indotta dalla radioterapia

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Riabilitazione vocale:

Dopo l'intervento alcuni pazienti possono parlare utilizzando la voce erigmofonica, derivante dalle

vibrazioni dell'aria immagazzinata nell'esofago cervicale e periodicamente eruttata. Chi non riesce in

quest'arte può utilizzare apparecchi protesici.

▪ Protesi tracheo-esofagea

▪ Laringofono

▪ Voce esofagea o erigmofonica

Prognosi: sopravvivenza a 5 anni:

Stadio Stadio

I >95% III 70-80%

II 85-90% IV 50-60%

Follow-up:

Dopo il trattamento iniziale il pz. viene seguito ad intervalli di 4-6 settimane.

Dopo il primo anno: controllo ogni due mesi. Al terzo e quarto anno: controllo ogni

tre mesi. Dal quinto anno in poi: controllo annuale.

Il paziente viene considerato  guarito dalla malattia primitiva dopo che sono

trascorsi 5 anni liberi da malattia.La maggiore parte dei tumori laringei recidiva nei primi due anni.

Nonostante la diagnosi più precoce e le maggiori opzioni terapeutiche la

sopravvivenza non è migliorata molto negli ultimi trent'anni.

• Chirurgia PARZIALE

Laringectomia parziale: si tratta di un intervento semi-conservativo, in cui si fa una rimozione, tramite

accesso anteriore e mediale, delle strutture invase della laringe. Può essere sopraglottidea, con rimozione

dell'epiglottide e della membrana tirojoidea (in questo caso dopo l'intervento il paziente ha difficoltà a

deglutire il cibo), anteriore, con rimozione della sola cartilagine tiroide e della commissura anteriore delle

corde vocali, o  frontolaterale, con rimozione di una metà della cartilagine tiroide e della commissuraanteriore delle corde vocali.

◦ Cordectomia

◦ Laringectomia sopraglottica

◦ Laringectomia subtotale ricostruttiva: lesioni cordo-commissurali con estensione ad

una o più sottosedi della regione sovraglottica

▪ Intervento di Labayle: cricojoidopessia (CHP)

▪ Intervento di Mayer-Piquet: cricojoido-epiglottopessia.

Tracheotomia

  Apertura della parete anteriore delle trachea cervicale il cui lume viene mantenuto in

comunicazione con l'esterno attraverso una cannula.

La trachea inizia a immediato contatto con la fine della cartilagine cricoide, e in questo punto

è a diretto contatto con la cute. Subito al di sotto del primo anello tracheale vi è la tiroide. La

tracheotomia consiste nel praticare a livello tracheale una finestra che consenta il passaggio

dell'aria. Si fa una incisione verticale (o trasversale) della cute, e poi si prosegue verso i piani

profondi sempre nella linea mediana. Sotto alla fascia cervicale superficiale si separa il rafe

mediano dei due muscoli sternojoidei e sternotiroidei incidendo la fascia aponeurotica che li

unisce, e si trova l'istmo della tiroide, che viene scostato verso l'alto o verso il basso a seconda

si voglia fare una tracheotomia sopra o sotto istmica. Si può anche sezionare il bordo dellatiroide facendo così una tracheotomia transistimica. Si fa dunque una incisione sulla trachea

(verticale, o a T doppia, o una escissione di un rettangolo di parete) che si incannula.

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 Indicazioni:

• respirazione: ostacolo laringo-tracheale

• aspirazione: disturbi della deglutizione, polmonite ab ingestis e ingombro secretivo

bronchiale

• ventilazione: respirazione assistita

Cause di insufficienza respiratoria acuta• Locali 

◦ Cervico-facciali: traumatismi facciali con caduta della lingua, lesioni

espansive del collo (linfangioma, flemmone)

◦ Laringee: lesioni neoplastiche, paralisi cordali bilaterali, edema post-

radioterapico, traumi laringei, corpi estranei, traumi laringei, infezioni

laringee (difterite, ascessi laringei, laringite ipoglottica del bambino,

laringopiocele)

◦ Tracheali: corpo estraneo, edema tracheale, rottura traumatica della

trachea, tracheomalacia nel bambino, stenosi tracheali

• Centrali

◦ traumatismi cranio-cerebrali, coma

◦ neoplasie cerebrali

◦ esito di interventi neurochirurgici

◦ disturbi vascolari (del tronco, svuotamenti latero-cervicali bilaterali con

legatura di entrambe le vene giugulari interne)

◦ infettive (encefalite, poliomielite bulbare)

◦ tossiche (barbiturici, oppiacei, anestetici)

• Affezioni dell'apparato toraco-pleurico

◦ Lesioni muscolari: fatica muscolare, anemia acuta, rottura del

diaframma, contrattura muscolare (epilessia, tetano, rabbia)

◦ Lesioni traumatiche della gabbia toracica

◦ Lesioni pleuriche: versamento pleurico, pneumotorace, pachipleurite,

sinfisi pleurica estesa

Chirurgica

• di estrema urgenza

◦ Cricotirojoidotomia:procedura d'emergenza che consiste nel bucare rapidamente la membrana crico-tiroidea direttamente

nel laringe e introdurre subito una cannula: non ci sono la tiroide o alcun muscolo, ma si possonoprovocare danni permanenti alle corde vocali.

◦ Minitracheotomia

• di elezione

◦ “difficili” (anomalie vascolari, cervico-artrosi, gozzo)

 Non chirurgica

• percutanea per dilatazione (Ciaglia)

• translaringea (Fantoni)

Migliore rapporto costo/beneficio (risparmio costi di sala operatoria)

Più sfavorevole rapporto rischi/beneficio (maggiore incidenza di complicanze)

Più rapida curva di apprendimentoNecessità di idonea selezione del paziente (esclusione di pz. con anatomia difficile o fattori

diatesici sfavorevoli)

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Complicanze:

• Intraoperatorie

◦ Lacerazioni laringo-tracheali

◦ Arresto cardiorespiratorio

◦ Pneumo-mediastino

◦ Pneumotorace

◦ Lesioni del nervo ricorrente◦ Emorragia

◦ Disinserzione tracheale

• Postoperatorie

◦ Precoci

▪ enfisema sottocutaneo o mediastinico

▪ emorragia

▪ dislocazione o ostruzione della cannula

▪ infezione o ulcerazione dello stoma

▪ pneumotorace, pneumomediastino◦ Tardive

▪ granulomi tracheali

▪ stenosi laringo-tracheale

▪ fistola tracheoesofagea

▪ emorragia cataclismatica (fistola tracheo-anonima)

Tracheostomia

  Abboccamento permanente, dopo la tracheotomia, della trachea alla cute.

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 AUDIOLOGIA

L'ORECCHIO ESTERNOL'orecchio esterno è composto dal padiglione auricolare e dal meato acustico esterno. Il padiglione è ai lati

dell'osso temporale, ed è costituito da tessuto cartilagineo rivestito da tegumenti e cute. La sua funzione è 

l'amplificazione delle onde sonore, che vengono convogliate al meato acustico. In piccola parte interviene anche

nel processo di localizzazione della direzione del suono.

P ATOLOGIE DELL'ORECCHIO ESTERNO

1. Malformazioni (atresia auris)

2. Flogosi (otite esterna: batterica, micotica o virale)

3. Neoplasie (esostosi ed osteoma, carcinoma)

4. (Tappo di cerume)

1. Atresia auris

Malformazione dell'orecchio esterno derivante da anomalie di sviluppo del primo e secondo

arco branchiale e del primo solco branchiale.

Generalmente monolaterale, ha una prevalenza di 1:10.000

Si associa frequentemente a malformazioni dell'O.M., con conseguente ipoacusia

trasmissionale massima (60 dB).

Clinica: anomalia estetica, ipoacusia

Terapia: protesizzazione, intervento chirurgico con finalità estetica e/o funzionale. Nei casi

monolaterali può essere consigliabile l'astensione terapeutica

  2. Flogosi

• Otite esterna semplice: favorita da traumatismi, dermatosi e stati distrofici dellacute, contatto con liquidi non sterili. Sostenuta in genere da Streptococco emolitico,

 Proteus,   Pseudomonas aeruginosa e Stafilococco aureo. Frequente la sovrainfezione

micotica; rara l'eziologia virale.

Sintomatologia: patognomonico il dolore estremo, sensazione di occlusione,

ipoacusia di trasmissione.

Terapia: medicazioni locali, antibiotici per os. Passa in genere in una settimana

• Otite esterna maligna: sostenuta in genere da  Pseudomonas aeruginosae favorita dal

diabete, ha andamento osteolitico e può estendersi al basicranio, anche controlaterale:

l'evoluzione naturale è  mortale. Si deve sospettare, soprattutto in soggetti anziani ediabetici, in caso di mancata guarigione di un'otite esterna dopo adeguata terapia.

  Diagnosi differenziale: con carcinoma dell'orecchio medio: biopsia!

Clinica: otorrea e dolore. Febbre non sempre presente.

 Esami di laboratorio: leucocitosi non importante, VES costantemente innalzata.

  Diagnostica per immagini: TAC ad alta risoluzione (HRTC). Scintigrafia o SPECT

con 99Tc (più sensibile per il tessuto osseo) e 67Ga (specifico per i leucociti) ormai

abbandonate ma molto sensibili.

Terapia: antibiotica prolungata (chinolonici per os o cefalosporine di III generazione

per via parenterale) fino a negativizzazione del quadro otoscopico e della TC con

normalizzazione della VES.

• Herpes Zoster Oticus: si manifesta con la formazione di vescicole nella conca,

nell'area innervata da rami sensitivi del nervo faciale. Nei casi più gravi può 

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concomitare paresi del nervo faciale (Sindrome di Ramsay-Hunt), sofferenza cocleare e

vestibolare di vario grado.

Terapia: antivirali specifici (Acyclovir) a dosi elevate, antiedemigeni per contrastare

l'infiammazione e l'iperemia/edema che causano compressioni del n. faciale nel canale

osseo.

  3. Neoplasie• Esostosi: non sono formazioni neoplastiche in senso stretto; in genere bilaterali e sono

più frequenti in chi pratica attività natatoria e subacquea, principalmente a causa degli

shock termici improvvisi da freddo. Si formano lentamente e vicino alla membrana del

timpano, costituite da osso compatto. Difficilmente occludono il meato, da sole, ma

possono favorire la formazione di tappi di cerume. Terapia: chirurgica se le formazioni

hanno effetto occlusivo.

• Osteoma: tumore osseo benigno, più spesso monolaterale, peduncolato a piccola base

d'impianto. Può diventare occludente. È una formazione ossea o cartilaginea che non

richiede nessuna terapia a meno che non provochi occlusione o prenda contatto con il

timpano.

• Carcinoma: evenienza rara, si tratta in genere di carcinoma spinocellulare.

Inizialmente asintomatico, può subire una sovrainfezione (diagnosi differenziale con

otite esterna maligna).

Nella progressione tende ad invadere l'orecchio medio e a metastatizzare ai linfonodi

locoregionali.

Diagnostica: TC ed eventuale RM per stabilire l'estensione della lesione

Terapia: chirurgia (abbastanza demolitiva), eventualmente associata a RT

  4. (Tappo di cerume)Il tappo si produce solo nella parte fibrosa del meato acustico esterno, dove sono le ghiandole ceruminose. Esse

sono ghiandole sudoripare modificate che secernono una sostanza giallo-brunastra, detta cerume. Ipersecrezione,

modificazioni dei componenti del secreto, o arresto dello scorrimento verso l'esterno, possono portare alla

formazione di un tappo di cerume. La massa aumenta notevolmente di volume all'ingresso di acqua nel meato

provocando delle ipoacusie improvvise e transitorie, con acufeni e senso di occlusione auricolare. Questo succede

al mattino, in ambienti umidi, dopo immersioni, ma anche per compressioni e spostamento della massa

ceruminosa.

Non si tratta di una vera e propria malattia, ma può dare sintomi fastidiosi: ipoacusia di

trasmissione, acufeni (per compressione del timpano e del manico del martello), vertigini.

Deriva da ipersecrezione delle ghiandole ceruminose, facilmente associata a manovre di

autodetersione.

 Diagnosi otoscopica, con rimozione ambulatoriale, che può essere preceduta dalla

somministrazione di gocce emollienti per qualche giorno.

L'ORECCHIO MEDIOL'orecchio medio inizia con la membrana timpanica. Ha la forma di una cavità appiattita ed allungata: la

parte principale dell'orecchio medio è il cavo timpanico, che ospita la catena degli ossicini (connessa a sua volta

con l'orecchio interno); è una cavità piuttosto piccola di forma irregolare, praticamente discoidale, situata nella

parte petrosa dell'osso temporale fra l'orecchio esterno e quello interno, provvista di sei pareti:

1. Parete laterale (membrana timpanica)

2. Parete mediale (promontorio)

3. Parete posteriore (mastoidea)

4. Parete anteriore (carotidea)

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5. Parete superiore (tegmen tympani)

6. Parete inferiore (giugulare)

Medialmente il cavo timpanico comunica con la tuba di Eustachio, che si apre nel rinofaringe in corrispondenza

del torus tubarum, e ha la funzione di equilibrare le pressioni da una parte all'altra della membrana. La tuba di

Eustachio protegge l'orecchio medio da tutte le condizioni che comportano brusche modificazioni pressorie

dell'aria, attraverso un meccanismo di chiusura a valvola. Posteriormente c'è il recesso epitimpanico, molto vicino

all'osso che ospita la catena degli ossicini.

L'orecchio medio origina dall'evaginazione delle tasche faringee, ed ha quindi origine  endodermica a differenza

dell'orecchio esterno ed interno (ectodermici). Un residuo di questa origine embriologica faringea è proprio la

tuba faringotimpanica.

La membrana del timpano è incastrata nell'osso timpanico con un orletto cartilagineo che si infila in un apposito

solco nell'osso. Rispetto al manico del martello, che vi è adeso dalla parte interna dell'orecchio medio, si divide in

due zone, posteriore e anteriore, a loro volta divise in due quadranti, superiori e inferiori. È divisibile anche in

una   pars tensa e una   pars flaccida. La   pars flaccida ricopre il manico del martello, è una struttura di solo

sostegno, e non trasmette energia. La   pars tensa serve alla trasmissione al martello dell'energia vibratoria. Le

fibre interne hanno diversi strati:

• Trasversale (solo nella zona inferiore): orizzontali, sotto al manico del martello. È lo strato più esterno

• Radiato: dal manico del martello all'orletto cartilagineo

• Circolare: subito sotto al radiato, si attaccano alla parte superiore dell'orletto cartilagineo, e girano

intorno al martello• Parabolico: due fasci, uno ad un lato e uno all'altro del martello. Partono dal processo breve del martello e

si inseriscono nella cartilagine in basso

Questo complesso sistema ha due funzioni:

• Essere capace di entrare in risonanza a qualsiasi frequenza compresa fra i 16 e i 20'000 Hz

• Resistere a variazioni enormi di pressione, purché graduali: improvvise compressioni o decompressioni

possono lacerare le fibre. Il muscolo tensore del timpano, agendo sull'anello fibroso, tende le fibre radiali

e rilascia quelle circolari, permettendo di variare la forma della membrana senza variare tensione.

L'apparato di trasmissione è composto da tre ossicini articolati fra loro e sottoposti all'azione

di due muscoli. Il martello  è formato da una testa ellittica, che forma l'articolazione con

l'incudine, che continua con il collo e in basso con il manico, che è attaccato alla membrana. La

membrana vibrando sposta di lato il manico, e quindi la testa del martello sbatte control'incudine (o meglio lo sposta anch'esso lateralmente). Il martello ha anche un processo

laterale, lungo, e un processo anteriore, molto più breve. La faccia anteriore del corpo

dell'incudine presenta un recesso che si articola con il martello, e la faccia posteriore è 

attaccata alla parte posteriore della cavità timpanica. Oltre al corpo c'è una apofisi lunga

diretta in basso, e al suo termine c'è il processo lenticolare su cui si articola la staffa. La

staffa è il più piccolo degli ossicini, ha una testa che si articola con l'incudine, due archi che si

portano verso la platina. Lo spazio fra gli archi e la platina è chiuso da una sottile membrana.

La platina è incastrata nella finestra ovale tramite un legamento detto legamento anulare

della staffa. La catena degli ossicini nel suo completo è assicurata alla cavità timpanica da due

legamenti, uno con la testa del martello e uno con il corpo dell'incudine.

Sugli ossicini agiscono inoltre due muscoli:

• il tensore del timpano, che si trova in un canale superiore a quello tubarico, si inserisce sulla radice del

manico del martello. Questo è innervato da un ramo del mandibolare del trigemino, e lo sposta

medialmente modificando la forma della membrana timpanica. Inoltre l'incudine si piega medialmente

con il martello, aumentando la pressione della staffa nella finestra ovale. È dunque un sistema di

amplificazione che non aumenta però la tensione della membrana timpanica.

• lo stapedio, un muscoletto contenuto in una sporgenza detta eminenza piramidale, agisce sul collo della

staffa allontanandola dalla finestra ovale. Innervato dal VII, si contrae quando il suono arriva ad un

livello superiore ai 90dB. L'effetto è quello di protezione non da rumori improvvisi, ma da toni forti

costanti, in un fenomeno di adattamento al rumore.

Inoltre i due muscoli agiscono filtrando le frequenze alte e basse a vantaggio di quelle medie, ottenendo quindi

una maggior comprensione del linguaggio umano.

La catena degli ossicini finisce per agire nella finestra ovale. Questo meccanismo può essere messo in moto non

solo dalla vibrazione della membrana:

• Inerzia: quando il capo vibra, l'inerzia della staffa la fa muovere contro la finestra ovale provocando una

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compressione dell'endolinfa

• Compressione: quando il cranio e le sue ossa vibrano, questa vibrazione si trasmette all'endolinfa

(conduzione ossea)

• Trasmissione mandibolare: alcune frequenze possono portare a vibrare il condilo della mandibola, che a

sua volta attiva la trasmissione ossiculare.

Ecco perché la distruzione della catena ossiculare non provoca la perdita completa dell'udito. Le oscillazioni della

catena degli ossicini in risposta alla membrana timpanica sono però il sistema di trasmissione funzionalmente

migliore.

Il sistema timpano-ossiculare svolge la funzione di trasmettere alla perilinfa le vibrazioni sonore agendo secondo

il principio del pistone idraulico:

• Riduzione dell'area di oscillazione: la platina della staffa ha una superficie 17 volte inferiore rispetto alla

superficie vibrante della membrana timpanica, ed a questo decremento di superficie corrisponde un

aumento della pressione sonora di 17 volte.

• Leva di secondo genere: il braccio della potenza (manico del martello) è lungo 9,5 mm contro i 6,3 mm del

braccio della resistenza (incudine) con rapporto di 1,5.

Esso è quindi un adattatore di impedenza: favorisce la propagazione dell'onda sonora dall'aria,

che ha un'impedenza bassa, ai liquidi labirintici, che hanno un'impedenza elevata. La sua

funzione è di trasmettere l'energia nel modo ottimale, disperdendone la minore quantità 

possibile (sotto forma di energia riflessa). La forza che si estrinseca sulla staffa per unità disuperficie è 30 volte (20×1,5) maggiore di quella applicata sulla membrana timpanica.

Per il funzionamento ottimale del sistema timpano-ossiculare occorre che la pressione dell'aria

all'interno dell'orecchio medio sia in equilibrio con la pressione esterna: la tuba uditiva ha

un ruolo centrale! Dal malfunzionamento della tuba uditiva ha origine quasi tutta la patologia

flogistica dell'orecchio medio. In molti casi le alterazioni anatomiche si traducono in

corrispondenti alterazioni funzionali.

Otoscopia e studio funzionale

1. Esame audiometrico (soprattutto tonale)

2. Impedenzometria

Forma di audiometria oggettiva che si basa sulla resistenza offerta dalle strutture dell'orecchio medio al

passaggio di un onda sonora. Questo sistema è in grado di fornire una efficace misura delle condizioni

dell'orecchio medio e della catena degli ossicini. In particolare si cerca di valutare la rigidità della catena

ossicolare, che corrisponde all'impedenza assoluta offerta dall'orecchio.

L'impedenza  è l'opposizione di un sistema ad essere attraversato da un'energia. Nel

caso di un'energia sinusoidale, come l'onda sonora, l'impedenza è composta da:

• Resistenza: componente fissa per le forze lineari (attrito)

• Reattanza: componente variabile in funzione della frequenza dell'onda

◦ Reattanza di rigidità: diminuisce all'aumentare della frequenza ; maggiore

influenza su frequenze basse (es.: raffreddore)

◦ Reattanza di massa: aumenta con l'aumentare della frequenza; maggiore

influenza su frequenze alte (riguardo all'orecchio, essa non esiste mai da

sola, si associa sempre a quella di rigidità)

La reattanza è minima quando l'onda attraversa l'aria, mentre aumenta

attraverso altri mezzi (analogamente a quando svolgiamo esercizi fisici all'aria o

nell'acqua, che offre maggiore resistenza!).I suoi ad alta intensità hanno una reattanza dovuta quasi solo alla massa, e quindi vengono usati suoni a

bassa intensità.

Esistono valori di frequenza dell'onda sonora per cui la somma algebrica tra reattanzadi massa e di rigidità  è uguale a zero: frequenza di risonanza. In questo caso il

sistema funziona con la minore dispersione di energia possibile, legata al solo attrito.

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  A. Timpanometria

Nella pratica clinica è utilizzata la tecnica dinamica, che consta in variazioni di

pressione indotte all'interno del Canale Uditivo Esterno.

È importante quindi che prima di tutto il timpano non sia perforato.

L'impedenziometro ha tre tubicini che entrano del meato esterno insieme, circondati da

una struttura che chiude completamente la cavità:

1. Manometro per la variazione di pressione all'interno del CUE2. Generatore del tono sonda (solitamente 220 Hz)

3. Rilevatore dell'energia riflessa

Il grafico ottenuto mostrerà in ascissa la Pressione indotta nel CUE espressa in mmH2O

(oppure daPa); in ordinata la riflessione dell'energia acustica attuata dal timpano,

espressa in mho (inverso degli della resistenza) : con il voltmetro del rilevatore siΩ  

misura l'energia riflessa dal timpano, e quindi si ricava l'energia assorbita da esso, che

è proporzionale alla sua compliance (l'inverso della reattanza).

Il  picco è espressione del funzionamento ottimale del sistema:

esso corrisponde all'uguaglianza tra pressione esterna indotta e

pressione endotimpanica. La pressione +200 significa un

aumento del 2% della pressione nel CUE.

Nell'orecchio normale (A) questo mette sotto tensione la

membrana e la rende rigida, quindi la compliance è zero.

  Attorno a pressione 0, ossia ambientale, c'è equilibrio fra la

pressione dell'aria nell'orecchio medio e nel meato esterno, e

quindi la membrana è rilasciata e la compliance è massima. Di

nuovo, per il motivo opposto, la membrana è in tensione con un

-2% di pressione.

Timpanogrammi patologici dipendenti da malfunzione tubarica:(B): Versamento endotimpanico o   esiti cicatriziali di notevole entità: la pressione

endotimpanica è sempre insufficiente (inoltre il sistema vibra attraverso liquidi

aumentando quindi la reattanza).

(C): Stenosi tubarica: il picco è ad una pressione di equilibrio negativa, questo significa

che la pressione endotimpanica è negativa, per l'ostruzione ed i conseguenti fenomeni di

riassorbimento dell'aria.

Timpanogrammi patologici non dipendenti da malfunzione tubarica:

(D):  Disgiunzione ossiculare

(E): Irregolarità cicatriziali della MT,   senza particolare

  significato clinico

 B. Studio del riflesso stapediale

Meccanismo che irrigidisce il sistema con funzione protettiva, normalmente evocato da

stimoli sonori di intensità sopra-soglia (oltre 85 dB); dipende da un arco riflesso cocleo-

faciale. Viene studiato su un range di frequenze (500 - 4'000 Hz), e si manifesta come un

aumento della riflessione dell'energia dato dal blocco della staffa.

Può essere evocato da stimoli di una intensità sopra-soglia inferiore alla norma in caso

di recruitment (patologia dell'orecchio interno).

Può non essere evocabile in presenza di versamenti, esiti cicatriziali e timpanosclerotici,otosclerosi (la staffa è già fissa allo stato basale).

Bisogna valutare quindi il grado dell'ipoacusia trasmissionale, e/o una fissità ossiculare.

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P ATOLOGIA FLOGISTICA ACUTA

• OTITE MEDIA SECRETIVA (OMS) o sieromucosa

Carica microbica timpanica praticamente assente

Deriva da una stenosi tubarica; più frequente nei bambini (per compressione

adenoidea). Nell'adulto, se monolaterale, deve far sospettare una neoplasia

rinofaringea, della quale può costituire il primo segno clinico. Fondamentale la

rinofaringoscopia.Sintomi: sensazione di occlusione, ipoacusia trasmissionale, non dolore (per questo si

riconosce più tardi).

 Diagnosi: otoscopica, audiometrica ed impedenzometrica

Terapia: mucolitici per os o per aerosol, decongestionanti nasali (steroidi o -α

adrenergici negli adulti, soluzione salina nei bambini), eventuale instillazione nasale di

soluzione antibiotica per disinfezione della rinofaringe.

Tende a cronicizzare.

• OTITE MEDIA ACUTA (OMA) o catarrale e/o purulenta

Carica microbica timpanica presenteI processi catarrali hanno origine tubarica, per natura meccanica (ostruzione della tuba e ristagno delle

secrezioni) o infiammatoria (sostenute da salpingite o tubo-timpanite).

Deriva dalla propagazione di un una flogosi infettiva rinofaringea: è utile ricercare

nell'anamnesi un raffreddore. Nei bambini può essere scatenata da una adenoidite

che risale la tuba.

Sintomi: dolore causato dall'essudato infiammatorio che tende il timpano, sensazione

di occlusione ed ipoacusia trasmissionale.

 Diagnosi: otoscopica con il supporto anamnestico

Terapia: antibiotici per os (discussi), per il resto come OMS acuta. Il 60% dei casi

guarisce spontaneamente: è possibile evitare gli antibiotici mantenendo unmonitoraggio del pz; sono però utili per accelerare la guarigione con lo scopo soprattutto

di alleviare il dolore.

Complicanze (rare): diagnosi in base all'obiettività, terapia antibiotica parenterale ed

eventualmente chirurgica.

◦ empiema mastoideo

◦ paresi del facciale: possibile in quel 20% di persone che non hanno il canale del n.

faciale completamente chiuso

◦ tromboflebite del seno sigmoideo, propagazione dell'infezione all'orecchio interno,

alle meningi e all'encefalo

P ATOLOGIA FLOGISTICA CRONICA

• OMS CRONICA: evoluzione dell'OMS acuta

Presenta alterazioni endotimpaniche conseguenti alla permanenza di una stenosi

tubarica di una certa entità, con riassorbimento aereo, metaplasia ghiandolare ed

aumento delle secrezioni che comportano la formazione di un essudato di consistenza

colloide (“glue ear”).

Più frequente nei bambini (le adenoidi infiammate aumentano di dimensione ed

ostruiscono la tuba per compressione).

 Diagnosi come per OMS acuta

Terapia: inserimento di tubi di ventilazione transtimpanici (con lo scopo di

riequilibrare le pressioni), eventuale adenoidectomia (in genere nel bambino), vaccini

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anticatarrali per os, per il resto come OMS acuta. L'obiettivo è normalizzare la funzione

tubarica.

• OTITE MEDIA ESSUDATIVA CRONICA: evoluzione dell'OMA (consegue ad

un'insufficiente bonifica tubo-timpanica) o per perforazione traumatica del timpano.

Può derivare dall'esterno, per contaminazione attraverso la perforazione, che in genere

è sempre presente.

Sintomi: ipoacusia trasmissionale, otorrea mucopurulenta Diagnosi: otoscopica. Può essere utile in alcuni casi un esame batteriologico del secreto

Terapia: lavaggi auricolari con soluzione borosalicilica, eventuali antibiotici per os e

locali (naso, orecchio)

• TIMPANOSCLEROSI: particolare risposta “subdola” a stimoli flogistici infettivi

(pregressa insufficiente terapia antibiotica?) e/o meccanici (tubi di ventilazione). Può 

essere a timpano chiuso od a timpano aperto.Si forma una modesta quantità di essudato o trasudato che inducono la proliferazione del connettivo.

È caratterizzata dalla formazione di  placche di materiale amorfo, con calcificazioni, in

sede sottomucoperiostale. Ha aspetti morfologici, e in qualche misura epidemiologici,

comuni con l'aterosclerosi (predisposizione genetica?): l'associazione con

l'ipercolesterolemia potrebbe comportare aumentato rischio aterosclerotico delle

carotidi.

L'estensione è variabile: va dall'interessamento della sola MT (miringosclerosi, senza

significato clinico), al blocco della catena ossiculare

Sintomi: possibile ipoacusia trasmissionale

Terapia chirurgica, se necessaria

◦ Miringoplastica: chiusura della perforazione (tramite innesto della fascia del m.

temporale autologa)

◦ Ossiculoplastica: ripristina la funzionalità del sistema di trasmissione (protesiautologhe od eterologhe)

• COLESTEATOMA: formazione derivante dalla presenza di epidermide nell'orecchio

medio, in genere derivante da stenosi tubarica.

È formato da una matrice epidermica all'interno dell'orecchio medio, la cui

desquamazione provoca l'accumulo di materiale cheratinico, che tende all'aumento di

volume; questa deriva in genere da una tasca di retrazione epitimpanica, che si forma

in corrispondenza della   pars flaccida (area di scarsa resistenza) e consegue

ordinariamente a malfunzione tubarica.

Si chiama così

perché

accanto alle cellule infiammatorie croniche e ai prodotti della desquamazionecellulare ci sono granuli di colesterina.

Può essere sul timpano, nell'antro, nella mastoide. L'evoluzione naturale consiste in una

lenta erosione delle strutture ossee circostanti.L'espansione è molto invasiva, si può avere la distruzione delle pareti ossee mastoidee, e giungere a

occupare il cavo del timpano distruggendolo completamente.

  Altre possibilità patogenetiche: colesteatoma congenito, migrazione di epidermide

attraverso una perforazione marginale, colesteatoma iatrogeno.

Sintomatologia dipendente dall'estensione, dall'erosione e dalla presenza di flogosi:

◦ asintomaticità

◦ ipoacusia trasmissionale o mista per interessamento labirintico◦ otorrea

Complicanze relativamente frequenti sono:

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◦ vertigini per erosione labirintica

▪ Possibile stimolazione labirintica senza labirintite

▪ Possibile labirintite con interessamento anche cocleare

◦ paresi o paralisi del facciale 

Facile sovrapposizione e cronicizzazione di fenomeni flogistici per motivi anatomici e

meccanici: restringimento del colletto, infezione dell'orecchio medio.

Complicanze meno frequenti: empiema mastoideo, meningite, ascessi encefalici,tromboflebite del seno sigmoideo.

Colesteatoma ricorrente per recidiva o residuo operatorio.

 Diagnosi: importante la valutazione radiologica (HR-TC delle rocche petrose e delle

mastoidi senza mezzo di contrasto) anche in previsione dell'intervento chirurgico;

otoscopia.

Terapia degli esiti di otite cronica e del colesteatoma: timpanoplastica (TPL).La terapia medica a volte agevola la possibilità di guarigione spontanea, ma più spesso è necessaria la

rimozione estesa del colesteatoma con tutte le strutture della cavità timpanica esclusa la staffa: i vari

recessi timpanici vengono demoliti e tutto l'orecchio medio viene trasformato in cavità unica.

◦ TPL chiusa: conservazione della parete posteriore del CUE▪ Pro: conservazione della normale anatomia, non dà limitazioni nella vita

quotidiana.

▪ Contro: più facile ricorrenza di malattia (residuo e recidiva) anche a distanza di

molti anni; frequente necessità di un “second look” programmato.

◦ TPL aperta: abbattimento della parete posteriore del CUE. Il colesteatoma viene

messo in comunicazione con l'esterno così può desquamare normalmente come ogni

epidermide. Si lascia un micro-cavo timpanico (corrispondente alla   pars tensa);

questo riduce la necessità di aria endotimpanica, sopperendo alla ridotta

funzionalità

tubarica; va però

ad esporre il canale semicircolare laterale.▪ Pro: frequente risoluzione del problema in un solo intervento (recidive meno

facili); possibilità di mantenere elementi ossiculari funzionalmente utili; minor

necessità di ventilazione.

▪ Contro: limitazioni nella vita quotidiana (non si può immergere l'orecchio, per

evitare stimolazioni labirintiche del canale semicirolare esposto); necessità di

periodiche medicazioni.

L'ORECCHIO INTERNOL'orecchio interno: è alloggiato nella profondità della rocca petrosa del temporale e contiene il labirinto osseo,

che alloggia al suo interno sia l'apparato di trasduzione acustica che quello vestibolare. La finestra ovale è 

l'accesso alla coclea, che si avvolge per due giri e 3∕4 su se stessa. Una seconda comunicazione con la cavità 

timpanica si ha con la finestra rotonda. Infine il vestibolo del labirinto osseo comunica con l'endocranio tramite

una struttura canalicolare (acquedotto del ventricolo) che permette l'ingresso di un liquido, l'endolinfa, che

riempie le strutture cave del labirinto membranoso. Il labirinto osseo invece contiene la perilinfa che bagna tutte

le strutture in esso contenute.

Il labirinto osseo  è contenuto nello spessore della rocca petrosa, fra la cavità timpanica e l'endocranio, in

corrispondenza della fossa cranica posteriore, lateralmente. L'asse della coclea è perpendicolare a quello della

rocca petrosa, e la sua base è rivolta verso la fossa cranica posteriore. All'interno del labirinto osseo è contenuta

una struttura che in parte ne è l'impronta, ma è più piccola e contiene anche altre strutture: questa struttura è 

detta labirinto membranoso.

L'endolinfa proviene dal sacco endolinfatico, nel vestibolo del labirinto osseo, che comunica con le meningi, eattraverso l'acquedotto si distribuisce a tutte le strutture dell'orecchio interno. Dapprima comunica, con un

sottile canalino, con l'utricolo, il bacino di raccolta dell'endolinfa dell'apparato vestibolare, poi nel sacculo, da

dove, tramite il ductus reuniens o canale di Hensen, va nel canale cocleare. Il canale cocleare, dopo il dotto di

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Hensen, entra nella coclea, e vi compie i tre giri (basale, intermedio e apicale), l'ultimo incompleto, terminando a

fondo cieco. Il canale cocleare è a sua volta sepimentato in due canalini, uno superiore e uno inferiore, separati

fra di loro da una membrana. Questi due canalini comunicano al termine dei tre giri tramite un forame detto

elicotrema. Il canale cocleare è il cuore dell'orecchio interno e sede del sistema trasduttivo. Esso è diviso in due

scale, la scala vestibolare e la scala timpanica, da una membrana formata da una parte ossea, o modiolo,

attaccata all'asse osseo della coclea, e da una parte membranosa, o membrana basilare, che unisce il modiolo

alla parete della coclea. A sua volta la scala vestibolare è sepimentata dalla membrana di Reissner, che però 

non è impermeabile all'endolinfa, e quindi le due parti della scala vestibolare sono in comunicazione continua fra

loro.

Sulla membrana basilare, per tutti i tre giri, poggia l'organo del Corti, il sistema di cellule sensoriali che

trasformano le vibrazioni dell'endolinfa in segnali elettrici, convogliati al ganglio spirale (che segue la coclea

lungo l'asse per tutta la sua estensione) e al nervo cocleare. Sopra all'organo del Corti sta sospesa la

membrana tentoriale, che fa parte funzionalmente dell'organo stesso.

Le cellule sensoriali sono organizzate in due gruppi, quelle interne e quelle esterne, le prime organizzate in una

sola fila, le seconde in tre file. Esse sono separate dai pilastri interno ed esterno, che delimitano il tunnel di

Corti, e sostenute dalle cellule di sostegno. Le cellule interne sono circa 3'400, quelle esterne 30'000. La loro

superficie libera attraversa una membrana reticolare dalla quale fuoriescono delle stereociglia mobili. Le cellule

acustiche alla loro base hanno terminazioni nervose di due tipi: afferenti, che portano l'informazione sensoriale al

SNC, ed efferente, che porta informazioni per modulare l'attività del recettore periferico. L'innervazione

afferente riguarda quasi del tutto le sole cellule interne, che anche se sono di meno ricevono il 95% delle fibre.

Queste fibre arrivano al ganglio spirale: le fibre delle cellule interne contattano ognuna un neurone gangliare,

quelle delle cellule esterne hanno un neurone ogni 10-20 fibre. Le fibre efferenti partono dalla corteccia acustica,

raggiungono l'oliva e con un fascio olivo-cocleare innervano le cellule acustiche interne ed esterne. La perilinfa

del labirinto osseo è simile in composizione a quella dei fluidi extracellulari, mentre l'endolinfa ha alta

composizione di Na+ come quella dei liquidi endocellulari.

1. Le vibrazioni acustiche giungono alla platina della staffa

2. Trasmissione delle vibrazioni alla perilinfa della scala vestibolare

3. Trasmissione alle strutture membranose

4. Trasmissione alla perilinfa della scala timpanica5. Estroflessione della finestra rotonda che permette la trasmissione della vibrazione

Le vibrazioni della staffa inducono nella perilinfa della scala timpanica spostamenti pressori opposti: questi si

traducono in un'onda longitudinale migrante. Questa struttura mette in risonanza la membrana basilare con

intensità differenti in luoghi differenti, a seconda delle frequenze di percussione della staffa. Ad ogni frequenza

sonora, un punto preciso della coclea entra in risonanza. Questo avviene perché la membrana è corta e sottile al

punto basale, e quindi risuona a basse frequenze, lunga e spessa al punto apicale, dove risuona ad alte frequenze.

Le cellule del Corti, muovendosi sulla membrana tectoria, con le loro stereociglia, ad una frequenza uguale a

quella dell'onda migrante, trasmettono informazioni su frequenza, intensità e modulazione del suono. Assume

importanza sia la zona dove le cellule sono in risonanza, sia il tempo e l'intensità con cui vibrano. Il cervello

analizza la vibrazione delle cellule e ne ricava le caratteristiche del suono. La scala timpanica serve a equilibrare

le pressioni ai due lati dell'organo del Corti, e a scaricare la vibrazione in eccesso sulla finestra rotonda. In realtà 

pare che anch'essa partecipi in parte al processo di trasformazione dell'energia meccanica in quella elettrica.

La trasduzione del segnale acustico avviene grazie all'attivazione delle cellule ciliate interne

dell'organo del Corti. L'onda acustica si trasmette alla membrana basilare con un movimento

ondulatorio dalla base della chiocciola lungo tutto il canale cocleare.

La membrana basilare (MB), per le sue caratteristiche fisiche peculiari, è posta in vibrazione

in zone differenti a seconda della frequenza del segnale acustico: zone prossimali per le

frequenze acute, più distali per le frequenze gravi. In particolare esiste un punto di massima

oscillazione della MB, caratteristico per ogni frequenza: alla base per le frequenze acute, verso

l'apice per le frequenze gravi, oltre tale punto l'oscillazione si esaurisce rapidamente. I

movimenti della MB sono trasmessi alle strutture dell'organo di Corti: cellule cigliate e

membrana tectoria (MT).

Per effetto di un differente punto di inserimento nel lembo spirale osseo di MB e MT, avviene

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uno stiramento delle cellule cigliate, quindi apertura dei canali di trasduzione, penetrazione di

ioni K + all'interno della cellula, e depolarizzazione con conseguente liberazione di

neurotrasmettitore (glutammato) che attiva la fibra nervosa.

STAZIONI DELLE VIE UDITIVE CENTRALI

Una volta generato il segnale di depolarizzazione cellulare per le sollecitazioni delle

stereociglia, si attivano i neuroni di I ordine: le cellule (prevalentemente) bipolari del

ganglio spirale di Corti, i cui dendriti sono a contatto delle cellule cigliate; gli assoni

centripeti formano la componente cocleare del nervo acustico. Da qui, passando nel

meato acustico interno, le fibre vanno a due nuclei nel ponte, il cocleare ventrale e il

cocleare dorsale, attraverso il solco bulbopontino. Una parte di queste fibre va, sia omo

che controlateralmente, lungo il lemnisco laterale, raggiunge il tubercolo quadrigemino

inferiore (alcune fanno una tappa intermedia al nucleo del lemnisco laterale), e da qui,

per il corpo genicolato mediale, arrivano all'area acustica primaria. Un'altra parte

invece raggiunge invece l'oliva superiore, da cui si diparte un fascio che controlla i

riflessi acustico motori e modula l'attività dell'organo uditivo. Ogni fibra ha un modello

di scarica tutto o nulla, che si attiva solo in risposta ad una determinata frequenza:

essa però trasmette o uno stimolo su tre, o su due, o tutti a seconda della intensità del

suono, permettendo una iniziale discriminazione dell'intensità.Principali stazioni:

1. nuclei cocleari dorsale e ventrale

2. complesso olivare e corpo trapezoide

3. lemnisco laterale

4. tubercoli quadrigemini inferiori

5. corpo genicolato mediale

6. corteccia

Mediamente quindi le vie acustiche sono costituite da 5 neuroni. Dopo le prime stazioni la via

è parzialmente crociata, cosicché il complesso olivare superiore è il primo centro di rel é che

riceve afferenze da entrambe le orecchie; ed il numero di fibre nervose aumenta

progressivamente.

LE IPOACUSIE

In generale, il livello uditivo di una persona è determinato dal livello migliore tra gli uditi

delle due orecchie (“meglio uno solo funzionante, che entrambi malfunzionanti” ).

Tecniche audiometriche

• ACUMETRIA (diapason - voce viva)

• AUDIOMETRIA TONALE (toni puri - test topodiagnostici)• AUDIOMETRIA VOCALE (logotomi, parole, frasi)

• AUDIOMETRIA INFANTILE DI SCREENING (ABR, otoemissioni)

• AUDIOMETRIA INFANTILE A RIFLESSI CONDIZIONATI  (COR, peep show,

audiometria vocale con rinforzo visivo)

• ELETTROENCEFALO AUDIOMETRIA (ABR, SVR)

• TECNICHE INDIRETTE (impedenzometria, otoemissioni)

Ci sono diverse metodiche per la valutazione della funzione uditiva, la principale è 

l'audiometria che può essere

• Audiometria soggettiva: richiede un'attiva partecipazione del paziente, a sua volta è distinta in

◦ Audiometria tonale: stimoli tonali puri

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◦ Audiometria vocale: stimoli complessi - fonemi

• Audiometria obiettiva: non richiede la collaborazione del soggetto

  Il deciBel (dB) 

Il suono è una variazione della pressione aerea intorno allo 0 ambientale. Il decibel è una

unità di misura relativa che indica il rapporto, in scala logaritmica, tra una grandezza ed una

misura di riferimento.

dB =

log10( I 

 I 0)

10

 I 0 = riferimento = 10 -16 Watt / cm 2 = 2 decimillesimi di dine

• dB HL: il riferimento è costituito dalla soglia audiometrica del soggetto normale

(Hearing Level)

• dB SPL: il riferimento è costituito da un valore assoluto di pressione acustica (Sound

Pressure Level)

Il campo uditivo umano spazia tra 16 e 20'000 Hz, ma non ha una sensibilità

costante:quella massima è tra 500 e 2'000 Hz, ovvero, la   soglia uditiva (la minima intensità sonora ad

una determinata frequenza che viene percepita dal soggetto) nelle frequenze centrali è più 

bassa. La relazione tra frequenze ed intensità implica che, mentre le prime variano in scala

lineare, la seconda, misurata in decibel, varia in scala logaritmica: pertanto per raddoppiare

una sensazione di intensità di un suono sarà necessario renderlo elevato al quadrato.

Il campo dinamico di un orecchio è rappresentato dalla distanza tra l'intensità della soglia

uditiva e quella della   soglia del fastidio/dolore, ovvero tra il minimo suono udibile ed il

massimo suono sopportabile. Esso normalmente sottende una variazione di intensità di 1'000

miliardi di volte!

 AUDIOMETRIA TONALE

L'audiometria tonale è l'esame principale in audiologia. L'audiometria tonale valuta le soglie

uditive del soggetto a varie frequenze sonore. L'audiometria tonale può essere svolta con due

modalità:

• Per via aerea: attraverso cuffie

• Per via ossea: mediante un vibratore applicato sulla mastoide

Nell'esame audiometrico tonale il livello 0 dell'audiometro rappresenta un'intensità pari alla

soglia uditiva media degli individui, si effettua cioè una misurazione in dB HL.Nella pratica clinica non si analizza tutto lo spettro di frequenze udibili ma solo quelle tra 125

e 8'000/11'000 Hz.

L'esame audiometrico si inizia dalla valutazione dell'orecchio migliore. Se viene riscontrata

una differenza tra le soglie dei due lati maggiore di 40dB bisogna applicare all'orecchio

migliore un suono mascherante (l'orecchio migliore altrimenti può percepire stimoli

controlaterali).

Classificazione delle ipoacusie

Il test audiometrico delle due vie permette di ottenere informazioni sulla sede del danno

uditivo. Una alterazione riscontrata nel test per via aerea può rappresentare un danno sia

trasmissionale che neuro-sensoriale; una alterazione per via ossea invece rappresenta sempre

un danno neuro-sensoriale.

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via aerea (cuffia) 

,○ : dx△

× , : sx□  

o. esterno

o. medio

via ossea (vibratore)

> , : dx▷

,◁ < : sx

chiocciola

nervo acustico

• IPOACUSIA TRASMISSIVA: solo la via ossea è normale lesione orecchio esterno e/o→  

medio

Tappo di cerume

Otiti esterne e medie

  Malformazioni minori o maggiori

Otosclerosi

• IPOACUSIA NEURO-SENSORIALE: la via ossea è alterata come la via aerea lesione→  cocleare e/o VIII n.c.

 Labirintiti

Trauma acustico

  Malattia di M  éni ère

  Presbiacusia (ipoacusia senile)

  Neurinoma dell'VIII 

• IPOACUSIA MISTA: la via ossea è patologica ma migliore della via aerea

Ipoacusia trasmissiva + ipoacusia neuro-sensoriale: lo scarto tra normalità e via ossearappresenta il deficit neuro-sensoriale, quello tra via ossea ed aerea il deficit

trasmissionale.

  La conduzione ossea• Fenomeno di Weber: la prova di Weber si esegue con un diapason di tonalità grave al

vertice del capo: il soggetto normale localizza il suono da tutti e due i lati o “nella testa”,

nelle ipoacusie trasmissive il soggetto localizza il suono al lato malato ( Weber sinistro o

destro), per un rinforzo dovuto al fatto che la coclea è sana, mentre nelle ipoacusie

neurosensoriali il suono viene localizzato al lato sano. La prova di Weber consente la

differenziazione di risultati audiometrici dubbi.

• Attenuazione interaurale

• Mascheramento

 AUDIOMETRIA VOCALE

L'audiometria vocale riproduce più fedelmente (rispetto alla tonale) le situazioni quotidiane di stimolazione

sonora. L'audiometria vocale permette la valutazione della funzione uditiva nella sua interezza intesa come

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funzione sociale - la capacità di percepire, comprendere, memorizzare ed elaborare i suoni. Questo esame valuta

quindi l'intellegibilità del linguaggio ed è utile in

• Diagnosi topografica del danno uditivo

• Valutazione del grado di idoneità sociale

• Orientamento verso le possibilità terapeutiche

Nelle prove si usano liste di 10 parole bisillabiche foneticamente equilibrate, inviate a intensità crescente fino al

riconoscimento da parte del soggetto del 100% dei fonemi. Il risultato della prova è riassunto in un grafico che

valuta l'intellegibilità.

Il grafico definisce:

• Soglia di detenzione: intensità alla quale lo 0% dei fonemi è 

compreso (normalmente a 0dB)

• Soglia di percezione: intensità alla quale il 50% dei fonemi sono

compresi (normalmente a 15dB)

• Soglia di intellezione: intensità alla quale il 100% dei fonemi

sono compresi (normalmente a 25dB)

Tanto più alte sono le soglie tanto più grave è l'ipoacusia.

Tipologia della curva:

• Curva a plateau: indica la presenza di recruitment

• Curva di morfologia normale ma spostata a intensità più alte: ipoacusia trasmissionale.

 LE IPOACUSIE TRASMISSIONALI 

Le ipoacusie trasmissionali comprendono due gruppi di patologie: le patologie dell'orecchio

esterno e le patologie dell'orecchio medio.

 LE IPOACUSIE NEURO-SENSORIALI 

1. Ipoacusie cocleari © 

Lesioni della chiocciola. Caratterizzate dalla presenza del recruitment: abnorme

sensibilità agli incrementi di intensità, dovuta alla riduzione del campo dinamico, con

innalzamento della soglia uditiva ed abbassamento di quella dolorifica (nelle ipoacusie

trasmissive invece non c'è recruitment ma uno shift del campo dinamico).

2. Ipoacusie retrococleari ®

◦ Lesioni dell'VIII n.c.: caratterizzate da una   pessima discriminazione vocale

(soprattutto nelle lesioni tumorali) ed adattamento patologico (diminuzione della

scarica del recettore al persistere dello stimolo).

◦ Lesioni delle vie uditive centrali: il deficit tonale è solo lieve o assente, ci sono

piuttosto alterazioni delle funzioni associative, integrative etc.

Cause:

• Ipoacusia Improvvisa Idiopatica:  © , ® Probabili cause infettive o vascolari.

Solitamente regredisce in due settimane, in una percentuale che raggiunge anche il

70% dei casi, ma il recupero è quasi esclusivamente parziale. Vi possono essere recidive.

• infettive (virali, batteriche)  ©, ®• vascolari © 

• tossiche (farmaci, altre sostanze) © 

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◦ antibiotici: streptomicina, gentamicina e altri aminoglicosidi, eritromicina

◦ cloramfenicolo

◦ diuretici: furosemide, acetazolamide, ac. etacrinico

◦ antimalarici: chinino, salicilati

◦ antiblastici

◦ nicotina ed altri tossici generici

• Malattia di M  éni ère: © La causa della malattia è sconosciuta, ma è concomitante adun aumento della pressione per idrope endolinfatica. Descritta per la prima volta dal

medico Prosper Ménière nel 1861.

Labirintopatia con triade:

◦ calo dell'udito

◦ acufeni

◦ scompenso vestibolare periferico

  Prima fase: crisi recidivanti di ipoacusia fluttuante, acufeni,

sensazione di pienezza auricolare e scompenso vestibolare

(inizialmente irritativo)Stabilizzata: ipoacusia pantonale irreversibile, attenuazione o scomparsa delle crisi

vertiginose.

Il trattamento più utilizzato si basa sulla diminuzione della pressione del fluido

contenuto nel labirinto membranoso dell'orecchio interno. Talvolta la malattia non può 

concludersi spontaneamente ed è necessario un intervento, il cui esito è la fine della

sintomatologia vertiginosa. Questo consiste in una neurectomia vestibolare e si pratica

recidendo il nervo vestibolare, interrompendone il contatto con il SNC.

• Autoimmuni: © Isolate o sistemiche; simulano la malattia di Ménière

• trauma acustico: © Danno alla coclea da esposizione abnorme ai

suoni. Si presenta interessando prima la frequenza dei 4'000 Hz,

poi aumenta allargandosi alle frequenze vicine.

◦ Acuto: un'eccessiva energia massimale

◦ Cronico/professionale: stimolo applicato in maniera

continuativa. 80 - 85 dB (per 8 ore al giorno per 5 giorni

settimanali) sono già considerati pericolosi.

• trauma cranico con interessamento della zona temporale © , ®

• Presbiacusia:  ©,  ®, (SNC). Perdita dell'udito, dovuta all'avanzamento dell'età, con

perdita di neuroni in tutto l'apparato uditivo e del SNC. Oggi prevale la tendenza a non

considerare la presbiacusia una patologia vera e propria, ma soltanto un segnofisiologico dell'invecchiamento. Oltre che dalla riduzione di sensibilità uditiva, la

presbiacusia è caratterizzata da una riduzione della comprensione di dialoghi in

ambienti rumorosi, da una rallentata elaborazione centrale delle informazioni acustiche

(difficoltà di tradurre il significato) e da un'imprecisa localizzazione spaziale della fonte

sonora

• ereditarie  ©

• tumori  ® (neurinomi, meningiomi) della fossa cranica posteriore

◦ Neurinoma dell'acustico: schwannoma benigno, riscontrato nell'1-3% delle autopsie,

che causa ipoacusia monolaterale ingravescente. La terapiaè

chirurgica inneurinomi comprimenti o quelli a rapida crescita, mentre neurinomi piccoli e con

crescita lenta vengono semplicemente seguiti con follow-up attento.

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• fistola perilinfatica ©

• malattie SNC  ® 

Sintomatologia: la curva audiometrica è abbastanza tipica , perché evidenzia classicamente un

deficit uditivo a frequenze alte

• Acufeni

• Cattiva discriminazione vocale

• Eventuale sintomatologia vestibolare associata• Spesso l'ipoacusia, se lieve o limitata a poche frequenze, può non essere avvertita come

tale

  Diagnosi differenziale: tramite

• audiometria tonale e vocale

• anamnesi

• follow - up

• ABR (potenziali del tronco)

• RMN: rappresenta il gold standard ma è molto costosa

In caso di ipoacusia percettiva, acufene, deficit vestibolare unilateraleè

necessario escludereuna patologia espansiva (in primo luogo neurinoma dell'VIII n.c.).

Terapia

• TERAPIA MEDICA: steroidi, vasoattivi, diuretici, osmotici, etc; per le ipoacusie

improvvise, autoimmuni, m. di Ménière

• OSSIGENOTERAPIA IPERBARICA nelle ipoacusie improvvise. Ha azione

antiedemigena

• PROTESI ACUSTICA nelle ipoacusie bilaterali oltre 35-40 dB

• IMPIANTO COCLEARE nelle ipoacusie gravissime o che comunque non traggono

beneficio dalla protesizzazione acustica. L'impianto cocleare consiste in un elettrodo

che, introdotto nell'orecchio interno, stimola direttamente le terminazioni del nervoacustico bypassando il sistema di trasmissione e di trasduzione (l'elettrodo converte lo

stimolo acustico in quello elettrico).

• TERAPIA CHIRURGICA O RADIOTERAPIA nel neurinoma dell'acustico

• OSSERVAZIONE in caso di un neurinoma piccolo o insorto in soggetti anziani.

 AUDIOMETRIA  A RISPOSTE ELETTRICHE (E.R.A.)

Tale metodica si è affermata negli ultimi decenni, in campo sperimentale e clinico. È basata

sullo studio dei potenziali neuroelettrici evocati da stimolazioni sonore.

Esplorando obiettivamente l'apparato uditivo consente:• il rilievo della soglia uditiva

• la topodiagnosi delle lesioni uditive

• l'evidenziazione del recruitment

• l'accertamento di disordini delle funzioni percettive ed associative

• lo studio dei  processi maturativi cerebrali

Importanza in campo clinico: va affiancata alle metodiche psicoacustiche ogni volta che il

soggetto in esame non sa o non vuole collaborare.

La paternità dell'E.R.A. è attribuita a Davis (1938), che notò che la percezione di un suono

cambia il ritmo dell'EEG (Complesso K, risposte al vertice).

La trasduzione meccano-elettrica avviene nell'organo del Corti. L'impulso nervoso così 

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generato percorre il nervo acustico, e i vari settori della via acustica ascendente fino alla

corteccia, dando luogo ad una serie di fenomeni bioelettrici, con una precisa successione

temporale e un peculiare ordine di grandezza.

Classificazione dei potenziali evocati - in base ai tempi di latenza

• Risposte precoci (fino a 10 msec - ABR = VIII n.c. e tronco)

◦ forniscono la soglia media approssimata per le frequenze acute fino a 70 dB HL◦ non risentono del sonno o della sedazione

• Risposte tardive (oltre 50 msec - SVR = corteccia)

◦ forniscono soglie relativamente accurate per ogni frequenza esaminata

◦ richiedono uno stato di veglia tranquilla

  Nome Sorgente Epoca di lat

Microfonico cocleare (MC) Cellule ciliate First

Potenziale di sommazione (PS) Cellule ciliate First

Potenziale d'azione (PA)Nervo First

Potenziali del tronco (ABR) Nervo - tronco First - Fast

Risposte a latenza media Talamo Middle

Risposte a 40 Hz Tronco - talamo Fast (?)

Risposte lente al vertice (SVR) Corteccia primaria Slow

Componente positiva tardiva (P-300) Corteccia primaria ed aree associative Late

Cognitive negative variation (CNV) Aree associative Late

 Modalità di registrazione dei potenziali

I segnali elettrici prodotti dall'attività delle strutture nervose interessate dallo stimolo sono di

ampiezza molto debole, vengono, in genere, registrati a distanze considerevoli dalle sorgenti

con elettrodi di superficie posti a distanze (tecnica “  far field”).

Unica eccezione è rappresentata dalla elettrococleografia (ECOchG), per la registrazione dei

potenziali cocleari (Microfonico e di Sommazione) e del Potenziale d'Azione: questi potenziali

sono più facilmente identificabili con la tecnica “near field”, cioé con elettrodo transtimpanico.

In questo caso il segnale elettrico sarà più ampio perché derivato in prossimità del centro di

elettrogenesi.

L'ECOchG, messa a punto negli anni '60, è stata per molti anni l'unica metodica diregistrazione dei potenziali uditivi utilizzabile in campo clinico, fino a che l'evoluzione

tecnologica non ha assicurato sufficiente attendibilità alle risposte del tronco encefalico. Da

allora l'ECOchG ha perso la sua supremazia a favore delle tecniche non invasive, che fanno

uso di elettrodi di superficie. Infatti la diffusione dell'ECOchG, nonostante l'indiscussa

attendibilità dei dati che può fornire, è sempre stata limitata sia dalla necessità di anestesia

generale nel bambino che dalla presenza di un otorino per il posizionamento dell'elettrodo a

livello del condotto uditivo esterno o sul promontorio con l'approccio transtimpanico;

quest'ultima esigenza rappresenta il maggiore ostacolo.

  POTENZIALI DI RECETTORE E NEURALI 

In risposta ad uno stimolo adeguato, la coclea ed il nervo generano tre diversi potenziali:

• due di origine sicuramente cocleare, cosiddetti di recettore:

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◦ il Microfonico Cocleare (MC)

◦ il Potenziale di Sommazione (PS)

• un  potenziale neurale: il Potenziale d'Azione globale (AP), che origina dai neuroni di I 

ordine del nervo acustico

Potenziale Microfonico Cocleare (MC)

Registrato negli anni '50 dall'esterno della coclea, si considera il prodotto globale dei fenomenidi depolarizzazione e iperpolarizzazione delle cellule ciliate. È un potenziale polifasico, con

latenza trascurabile; si può considerare l'analogo elettrico dello stimolo acustico (forma d'onda

sostanzialmente identica allo stimolo acustico che lo ha evocato).

Potenziale di Sommazione (PS)

Si può definire come uno spostamento in corrente continua della isoelettrica che si sviluppa in

concomitanza al MC. Può comparire nella registrazione elettrococleografica del PA, quando lo

stimolo acustico presenta una intensità elevata, come un'onda positiva o negativa che si

sovrappone alla porzione iniziale del PA. Per distinguere il PS dal PA occorre indurre un

adattamento della risposta neurale (maggiore ritmo di stimolazione): allora il PS (potenziale

di recettore) persiste, mentre il PA si riduce.

Potenziale d'Azione globale del Nervo Cocleare (PA)

Riflette l'attivazione sincrona di una vasta popolazione dei neuroni che si dipartono

dall'organo di Corti. Nasce dalla trasduzione meccano-elettrica operata dal complesso

membrana tectoria-cellule ciliate. Il potenziale d'azione globale rappresenta la somma di

potenziali d'azione di ogni fibra.

 Morfologia della risposta:

• Risposta normale: udito normale e sordità trasmissive• Risposta dissociata: sordità neurosensoriali con perdita soprattutto dellle frequenze

acute

• Risposta bifasica: deficit neurosensoriale con curva audio piatta

• Risposta allargata: malattia di Ménière e neurinoma dell'acustico

• Risposta anormale: sordità neurosensoriale con deficit più evidente per le frequenze

acute

Tipo di stimolo

• Click per valutazione onda I (quando non possibile con elettrodi di superficie)

• Tone pip per la soglia della coclea alle diverse frequenze• Tone burst per differenziare al meglio il PS rispetto al PA

  Malattia di M  éni ère

Il dato più significativo, come in altre patologie caratterizzate da idrope, è la

presenza di un potenziale di sommazione molto ampio, che si può notare come

una deflessione nella branca discendente del PA, oppure pre-onda negativa che si

stacca dall'N1.

 Diagnosi di cofosi

 Anche se tale indicazione non è frequentemente posta, l'ECOchG rappresenta la metodica più 

precisa e definitiva per escludere una qualche attività cocleare, essendo l'unico test che non

richieda il mascheramento controlaterale, molto difficoltoso in caso di ipoacusia profonda.

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 Applicazione dell'ECOG nella valutazione della soglia

  ABR resta il metodo di elezione; spesso però nei piccoli fra i 6 mesi e i 3 anni è necessaria la

sedazione, ed in caso di bambini ritardati o difficili, si impone l'uso dell'anestesia generale

anche per ABR: cade allora l'obiezione principale all'uso dell'anestesia generale.

POTENZIALI DEL TRONCO ENCEFALICO:  ABR (AUDITORY BRAINSTEM RESPONSES)

Rappresenta l'espressione della scarica sincrona del nervo VIII e delle unità neuronali del

tronco encefalico, in risposta ad una stimolazione uditiva.

In un soggetto normale è costituito da una successione di sette onde (contrassegnate ognuna

da un numero romano) entro 10 msec dall'invio dello stimolo acustico.

 Parametri

1. Ampiezza

2. Latenza: il parametro più importante. Valutata in   senso assoluto come distanza fra il

tempo di invio dello stimolo e il picco dell'onda; valutata in   senso relativo come distanza

fra i picchi delle onde più importanti: intervalli I-III , III-V e I-V .

L'intervallo I-V, molto importante, rappresenta il cosiddetto “tempo di conduzione

centrale”.

Delle componenti il pattern ABR, la V onda è la più stabile e la più facilmente individuabile

anche a bassa intensità di stimolazione: infatti diminuendo l'intensità le varie onde

aumentano proporzionalmente di latenza, e via via scompaiono, finché in prossimità della

soglia uditiva resta la sola onda V.

Lo stesso comportamento avviene nell'ipoacusia: quanto più è accentuata la sordità, tanto più 

ci dobbiamo attendere la progressiva scomparsa delle componenti del pattern di risposta.

La risposta elettrofisiologica ABR presuppone l'integrità del recettore cocleare, per cui unaperdita uditiva può alterarla in modo più o meno marcato fino alla completa scomparsa della

stessa. Nei soggetti con deficit uditivi elevati (da 70 dB in poi) la possibilità di non rilevare

una risposta è elevata: in questo caso l'apporto diagnostico della metodica deve essere

considerato nullo.

  Analogamente, una modificazione patologica dell'ABR è tanto più significativa quanto più la

soglia uditiva è vicina alla norma, potendosi escludere gli effetti apportati alla risposta

elettrofisiologica dal peggioramento della funzione uditiva.

Riguardo all'elettrogenesi, citando la definizione data da C.I. Berlin: la risposta è la

rappresentazione di una scarica sincrona di singole unità neuronali sensibili all'inizio dello

stimolo, dal primo al sesto ordine di neuroni delle vie uditive periferiche e centrali, ad un click

o ad un tone burst di breve durata. Non è un “conscience hearing test”, ma unitamente ad

altre metodiche può essere utilizzato per testare la sensibilità uditiva.

La risposta è condizionata dal sincronismo di scarica delle vie nervose, per cui qualunque

disturbo che alteri tale meccanismo può ritardare o deprimere alcune componenti della

risposta, fino alla completa abolizione della stessa anche in presenza di un udito normale.

L'identificazione dei siti generatori delle diverse onde è tuttora in discussione, anche se in

passato si è tentato di attribuire una elettrogenesi precisa ad ogni singola onda:• onda I: nervo cocleare

• onda II: nervo cocleare e nuclei cocleari

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• onda III: complesso olivare superiore, nucleo mediale del corpo trapezoide e lemnisco

laterale

• onde IV e V: talamo e radiazioni uditive, collicolo inferiore

Resta comunque sicura soltanto la genesi della I onda.

Per la risposta ABR è necessaria una stimolazione ripetitiva di tipo impulsivo in grado di

fornire la massima energia in tempi minimi. Questa condizione si realizza con uno stimoloacustico come il click: di brevissima durata, perciò scarsamente specifico in frequenza (molto

diverso dagli stimoli solitamente utilizzati in audiometria tonale). Il click è un impulso

rettangolare, di 100 microsecondi di durata, che attraverso il trasduttore acustico (cuffia) dà 

luogo ad un rumore ad ampio spettro frequenziale: più spesso, a seconda del trasduttore

utilizzato, si può osservare una maggiore concentrazione di energia tra 2 e 4 Khz, per poi

avere un'attenuazione progressiva oltre i 4 KHz. Tuttavia, la regione di coclea in grado di

fornire una scarica sincrona è quella basale, correlabile audiometricamente alle frequenze 2-4

KHz.

La calibrazione del click avviene in termini assoluti ed in termini relativi in riferimento ad un

campione di normoudenti. In termini assoluti l'intensità del click è espressa in dB SPL  peak

 equivalent (dB SPLp.e.) e l'ampiezza picco-picco del transitorio viene equiparata all'ampiezza di

un tono puro di intensità nota. In termini relativi si fa riferimento alla soglia psicoacustica del

click calcolata in un campione di soggetti normoudenti, da determinarsi nei singoli laboratori,

in base alle caratteristiche di stimolazione, ad esempio la cadenza dello stimolo. Tale soglia

costituirà lo 0 dB HL (oppure lo 0 dB nHL).

  M odalità di esecuzione ABR

I potenziali ABR non sono influenzati da sonno spontaneo o indotto farmacologicamente; sono,

invece, disturbati da stati di tensione (contrazione dei muscoli della nuca e del collo) e dagliatti di deglutizione e suzione (nei piccoli in sonno leggero).

• Conduzione dell'esame negli adulti: pz rilassato, seduto o sdraiato supino, per evitare

artefatti di natura muscolare.

  Rilievo di soglia ABR negli adulti: si inviano al pz. stimoli uditivi a partire da una

intensità sopraliminare (70-90 dB nHL), diminuendo l' intensità (a passi di 20-10 dB).

Si assiste ad un aumento di latenza delle singole onde, nonché alla loro progressiva

scomparsa: nell'ordine prima le onde pari (la II e la IV), poi le dispari (la I, la III ed

infine la V). Quindi la soglia si identifica con la minima intensità di comparsa della V

componente.

• Conduzione dell'esame nei bambini: in sonno spontaneo, meglio dopo privazione ipnica;

immediatamente dopo il pasto nei piccoli (< 6-8 mesi); in sedazione farmacologica.

  Rilievo di soglia ABR nei bambini: modalità differente nella somministrazione degli

stimoli, per evitare il risveglio del bambino, specie se in sonno spontaneo. Si parte da un

livello di comoda udibilità (60 dB), per poi scendere o salire con l'intensità, a seconda

della presenza della risposta o della sua assenza. Si effettua, comunque, anche una

stimolazione sopraliminare, per verificare la presenza di una eventuale componenta

trasmissiva.

 ABR è una metodica largamente diffusa:1. nella diagnosi otoneurologica e neurologica

2. in campo audiologico come test obiettivo di valutazione della soglia uditiva

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Queste applicazioni sono rese possibili dalle caratteristiche di stabilità e di riproducibilità che

contraddistinguono la risposta elettrofisiologica nel soggetto normale e, in parte, anche nel

patologico.

1. Interesse otoneurologico

La valutazione otoneurologica è effettuata sulla risposta ottenuta in seguito a stimolazione

con click, di rarefazione preferibilmente, a cadenza di 20 al secondo ad intensità massimale(90 dB nHL)

Occorre disporre di un'ampia normativa con un pattern tipico di risposta ABR, con valori di

latenza assoluta e relativa ben codificati. Si procede all' analisi del tracciato del paziente, dopo

averne accertato la funzione uditiva (con esame audiometrico ed impedenzometrico).

L'impiego dell'ABR si propone di rilevare una lesione del nervo VIII nei pazienti:

• Che presentano un'ipoacusia neurosensoriale

• Con altri disturbi della sfera oto-vestibolare: acufeni, difetti della discriminazione

vocale, deficit vestibolari unilaterali

Nella batteria dei test audiologici l'ABR costituisce il criterio di selezione dei pazienti da

sottoporre alle indagini neuroradiologiche (TAC, RM). La diagnosi differenziale si basa sulfatto che i due tipi di lesione, cocleare o retococleare, danno luogo ad un diverso pattern di

risposta ABR.

  I. Intervallo I-V 

• Ipoacusie cocleari: anche in sordità elevate si ha la presenza di una risposta

completa, quindi l'intervallo I-V è misurabile (non > 4.4 msec). L'intervallo I-V è indice

molto affidabile e sensibile.

• Lesioni retrococleari: una lesione fra coclea e tronco dà luogo ad aumento della

latenza relativa fra onda I e onda V (per aumento dell'intertempo I-III). Nei casi più gravi si ha scomparsa di tutte le componenti successive alla I, che resta l'unica onda

leggibile del pattern di risposta (anche in ipoacusie lievi o normoacusie).

L'utilizzo dell'intervallo I-V è ridotto, per l'assenza frequente, nei neurinomi, delle prime onde

della risposta (è utilizzata, da alcuni, una registrazione del PA con tecnica ECOchG da

affiancare all'ABR in contemporanea).

  II. Latenza dell'onda V 

Può essere normale, per presenza di recruitment, nonostante l'ipoacusia (patognomonico di

lesione cocleare), oppure può essere aumentata: allora occorre valutare se l'aumento sia

dovuto al deficit uditivo o ad una lesione retrococleare. Per tale problema differenziale

esistono diverse proposte:

1. Applicare al valore di latenza un fattore di correzione in rapporto alla perdita uditiva

sui toni acuti confrontando poi con la normativa

2. Paragonare nello stesso paziente la latenza dell'onda V di entrambe le orecchie (indice

ITV), differenza che non dovrebbe superare 0.3 msec

3. Paragonare la latenza dell'onda V con quella prevista nel soggetto normale, quindi ad

uguale livello di sensazione (dB SL) del paziente ipoacusico (fattore Δ V)

Per la massima efficienza della metodica conviene utilizzare diversi indici da integrarsi

reciprocamente, piuttosto che affidarsi ad uno solo.

In caso di ipoacusia severa:

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• l'assenza della risposta non offre indicazioni diagnostiche

• la presenza della risposta depone per una ipoacusia cocleare

  Viceversa, l'assenza di risposta, non compatibile con l'ipoacusia, depone per una patologia

retrococleare.

Per quanto riguarda la diagnosi di neurinoma dell'VIII n.c., negli anni 80 si diceva che

nella diagnosi l'ABR avesse una potenzialità diagnostica del 95-98%; negli anni successivi ci siè accorti che:

• tumori > 1 cm venivano identificati nel 100% dei casi

• tumori intracanalari < 1 cm venivano identificati nel 63-93% dei casi

Comunque le ABR restano sempre un filtro per la RM.

La RM con m.d.c. (gadolinio) permette di identificare tumori intracanalari fino a 3 mm.

  2. Interesse in campo audiologico

Le ABR evocate da click sono statisticamente correlate alle frequenze 2000-4000 Hz, quindi

possiamo avere:

• Soglia ABR normale in presenza di deficit uditivo per le sole frequenze gravi

• Soglia ABR innalzata per deficit uditivo per i toni acuti, con soglia audiometrica

normale per i toni gravi

L'impiego dell'ABR nella determinazione della soglia è limitato dall'entità dell'ipoacusia:

perdite uditive ≥ 70 dB sono il limite oltre il quale si hanno elevate possibilità di non ottenere

risposte ABR. Ciò determina l'impossibilità di quantificare le sordità gravi, consentendo solo

di ipotizzare l'esitenza di grave deficit.

 ABR e soglia audiometrica

(da studi condotti in soggetti normali ed in pazienti affetti da ipoacusia cocleare)È possibile ricavare la soglia audiometrica media per le frequenze 2000-4000 Hz in dB HL con

due metodi:

1. Si sottrae un fattore di correzione (che dipende dalle diverse apparecchiature) alla

soglia ABR (espressa in dB SPL)

2. Si moltiplica la soglia ABR per un coefficiente pari a 0.73, risultato di analisi statistiche

di regressione lineare

Il primo metodo è il più semplice e comodo.

Si ottiene così una predizione soddisfacente della soglia uditiva, a più o meno 10 dB dalla

soglia reale.

 In sintesi: la valutazione ABR attraverso la ricerca dell'onda V esprime la funzionalità del giro

basale della coclea; la soglia dell'onda V rappresenta, quindi, la soglia uditiva per le frequenze

acute 2000-4000 Hz; il dato quantitativo di tale soglia (in dB HL) si può ricavare sottraendo

alla soglia ABR (in dB SPL) un fattore di correzione.

POTENZIALE CORTICALE: S.V.R. (SLOW VERTEX RESPONSE)

Metodica molto valida di esplorazione della funzione uditiva nel soggetto adulto. Permette di

ricavare, in modo obiettivo, una soglia audiometrica per tutte le frequenze del campo tonale,

anche in condizioni di scarsi residui uditivi. Infatti utilizzano come stimoli uditivi dei “toneburst” analoghi ai toni dell'audiometria convenzionale, quindi ben calibrabili nei parametri

fisici.

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Vantaggi: specificità degli stimoli utilizzati

Svantaggi: sensibilità a molteplici fattori che condizionano l'identificazione della risposta,

quali

• età

• incompleta maturazione cerebrale

• presenza di cerebropatie

• ipermotilità del soggetto• stato veglia-sonno

• stato di attenzione

• abitudine

Condizioni migliori di rilievo della soglia SVR: un paziente che sia

• adulto

• normale

• sveglio

• in condizioni di attività mentale.

Nelle condizioni ottimali, con accorgimenti tipo randomizzazione dello stimolo, l'SVR è 

espressione fedele della funzione uditiva del soggetto, e le soglie ottenute si discostano di 5-10

dB dalle soglie psicoacustiche (dimostrazioni su pz collaboranti).

In audiometria infantile l'SVR non è valida per:

• impossibilità di ottenere una veglia tranquilla che consenta la lettura della risposta,

non potendo ricorrere alla sedazione.

• stato di ipermotilità del piccolo

• incompleta maturazione cerebrale

• presenza di cerebropatie

Tutti fattori che inficiano il riconoscimento della risposta, e di conseguenza il rilievo di soglia.

  AUDIOLOGIA INFANTILE

L'approccio con il bambino, specie se molto piccolo, o sordo, o con turbe comportamentali, o con

deficit intellettivi, è difficoltoso (atteggiamento diffidente, non interessato): è necessario

ottenere collaborazione alla esecuzione dei tests. Pertanto occorrono tests semplici ed

appropriati al tipo di risposta che il pz. può fornire.

La risposta del piccolo può richiedere

1. Semicollaborazione oppure collaborazione involontaria: prove semi-obiettive

2. Nessuna collaborazione attiva: prove obiettive

Il tipo di risposta del bambino varia in funzione di età mentale, età cronologica, stato

neurologico, livello uditivo, disponibilità a collaborare, contesto ambientale.

1. Prove semiobiettive

  Risposte riflesse o risposte volontarie: più o meno condizionate

• Risposte riflesse incondizionate (0-8 mesi): il bambino si esamina in sonno leggero

osservando risposte incondizionate a stimoli sonori. La risposta può essere:

◦ reazioni di allarme: risveglio, arresto del pianto, modificazioni della frequenza

cardiaca e del respiro

◦ reazioni posturali: diffuse contrazioni muscolari, reazioni toniche arti superiori ed

inferiori

◦ reazioni psicoemotive

◦ riflesso cocleo-palpebrale

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Queste prove sono prove grossolane in quanto una mancata risposta può dipendere da

deficit neurologici, psicomotori ecc. Il riscontro di un deficit richiede un

approfondimento diagnostico.

• Risposte condizionate strumentali (8 mesi - 5 anni): associazione da parte del

bambino dello stimolo uditivo con altro stimolo (ad esempio visivo) gratificante.

 Valutazione monoaurale specifica in frequenza.

◦ 8/9 mesi - 2 anni → COR (Conditioned Oriented Reaction): la risposta evocata può essere la rotazione della testa alla ricerca della fonte del suono alla quale il bambino

riceve la gratificazione (viene accesa una luce). Questo test sfrutta il riflesso

orientativo condizionato (COR) e riesce a stabilire, anche se in modo grossolano,

delle soglie uditive.

◦ 2 - 5 anni → peep-show (play audiometria): la risposta richiesta deve essere più 

esigente: preme un pulsante quando sente il suono, e poi viene gratificato, con un

filmato che parte, un giocattolo che si muove ecc.

• Audiometria vocale per immagini: riconoscimento di immagini di oggetti familiari,

in relazione allo sviluppo linguistico del piccolo.

• Esame audiometrico convenzionale: già in bambini di pochi anni.

  2. Prove obiettive

Non richiedono la collaborazione del paziente

• REFLESSOLOGIA TIMPANICA

◦ Impedenzometria

◦ Timpanogramma: condizioni dell'orecchio medio

◦ Riflesso stapediale: predizione di soglia

▪ Vantaggi: conferma risultati di altre indagini

▪ Svantaggi: assente in una elevata percentuale di bambini sani o con lievepatologia dell'orecchio medio.

Soglia prevista = valore medio (0.5 - 2 KHz)

Grado di precisione modesto

• POTENZIALI EVOCATI UDITIVI

◦ ABR: si studiano i potenziali evocati dallo stimolo sonoro a livello del tronco

cerebrale. La prova è svolta nel sonno e la registrazione è affidata a elettrodi

applicati sul cranio.

▪ Vantaggi: rapidità di esecuzione; non invasività; eseguibile in sonno (spontaneo o

indotto)▪ Svantaggi: scarsa specificità frequenziale (click); permette di studiare la soglia

solo per le frequenze acute; assenza della risposta per ipoacusie maggiori di 70

dB; assenza della risposta per cause diverse dalla sordità (incompleta

maturazione, patologie sistema nervoso)

◦ SVR: studia i potenziali corticali durante la veglia. Sono prove poco adatte ai

bambini perché richiedono veglia e attenzione per lungo tempo.

▪ Vantaggi: risultati sovrapponibili a quelli dell'audiometria tonale

▪ Svantaggi: età del bambino; stato di maturazione cerebrale; presenza di

cerebropatie; agitazione psicomotoria del soggetto; necessità di veglia tranquilla

◦ ECOG: studia i potenziali mediante un elettrodo transtimpanico posizionato in

anestesia generale. Viene usata raramente, si effettua in casi estremi.

▪ Vantaggi: specificità frequenziale maggiore che nell'ABR; migliore valutazione

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della soglia uditiva (ipoacusie gravi o profonde, maggiori di 90 dB, con ABR

assente)

▪ Svantaggi: impiego dell'anestesia generale; traumatismo (pur minimo)

• Studio delle OTOEMISSIONI ACUSTICHE (OAE)

Studia (con click o toni 0.5 - 4 Khz) le onde emesse dalle cellule ciliate esterne con una

sonda introdotta nel condotto uditivo. L'esistenza di attività delle cellule ciliate esterne

conferma la normale funzione della coclea. Questo esame non permette di valutare lesoglie uditive. Le OAE sono ridotte o assenti per una perdita uditiva maggiore di 30-50

dB.

◦ Vantaggi: test semplice, veloce, sufficientemente sensibile; buona conferma della

funzionalità cocleare

◦ Svantaggi: nessuna discriminazione fra sordità cocleare o trasmissiva; non consente

valori di soglia

L'otoemissione acustica è un test di largo impiego come screening effettuato in quarta

giornata dopo la nascita. Un eventuale test patologico viene approfondito con ABR .

 ABR come strumento di screening nei neonati:

• Identificazione dell'onda V ad una “intensità criterio” di 30 o 40 dB nHL (separazione

pass/fail).

Occorre tenere conto che la risposta ABR nel neonato è molto diversa da quella

dell'adulto, come presenza di onde, e come valore delle latenze, maggiori di quelle

dell'adulto. Ciò è stato posto in relazione alla maturazione della via troncoencefalica, ed

al suo grado di mielinizzazione. Le latenze tendono ad assumere il valore dell'adulto

intorno ai 18-20 mesi di età.

• Valutazione della maturazione centrale: molto importante nei casi di prematurità e

disordini del SNC (contributo all'assessment diagnostico, alla prognosi, allariabilitazione).

• Livello della soglia uditiva.

Sordità infantile

Sordità infantili: 1-3 / 1'000 nei paesi industrializzati

La sordità nei bambini rappresenta un handicap ancora più grave che nell'adulto, perché 

determina un'acquisizione del linguaggio deficitaria o assente.

La parola, per esere interamente compresa, deve essere prima ricevuta dal nostro organo

uditivo periferico come messaggio sonoro, per essere poi decodificata, elaborata e memorizzata

dal nostro sistema nervoso centrale.

Per una normale ecquisizione del linguaggio debbono essere normali ed attive tutte le

strutture deputate a tali funzioni.

L'età critica per lo sviluppo del linguaggio sono i primi tre anni di vita (in cui avvengono lo

sviluppo e l'armonizzazione delle funzioni superiori). Se la stimolazione acustica non avviene

in tale periodo, si avrà una compromissione irreversibile dell'acquisizione del linguaggio.

Un'ipoacusia grave o gravissima prima

dell'acquisizione del linguaggio non permetterà al

piccolo lo sviluppo dello stesso in modo spontaneo per

la mancanza degli stimoli sonori, riproducendo iquali il bambino realizzerà il linguaggio parlato.

Questo causerà poi sensazione di isolamento,

52 Alessandro G. - 2011/2012

 

 REGISTRO DI RISCHIO AUDIOLOGICO 

• Familiarità 

• Infezioni - meningite batterica

Anomalie craniofacciali - quadri sindromici• Iperbilirubinemia

• Peso < 1500 g

• Asfissia neonatale

• Necessità di ventilazione meccanica

• Farmaci ototossici

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emarginazione, e deficit dello sviluppo globale della personalità del bambino.

Occorre una diagnosi che sia la più precoce e precisa possibile, per permettere un facile

inserimento sociale.

Si ricorre pertanto ad un protocollo di screening neonatale su registri a rischio, anche se

meglio sarebbe uno screening universale:

• Normoudenti → ☺

• Ipoacusici sottoposti a test più accurati→provvedimenti terapeutici opportuni→

La maggiore attenzione va posta nella fascia di età compresa fra 0 e 3 anni, per i noti problemi

dell'apprendimento del linguaggio.

• Ipoacusie trasmissive: le più diffuse; spesso causate da otiti

• Ipoacusie neurosensoriali: le più importanti per gravità delle lesioni, irreversibilità,

drammatiche conseguenze

◦ Sordità bilaterale (grave o profonda)

◦ Inibizione dell'acquisizione del linguaggio (parziale o totale)

◦ Sordomutismo

Dal punto di vista eziopatogenetico le sordità vengono divise in:

• Genetiche o ereditarie: comprendono difetti uditivi isolati oppure sindromi complesse

• Acquisite: in riferimento al momento in cui si instaura il danno uditivo si dividono in

prenatali (embriopatie, fetopatie), perinatali, postnatali

◦ Con manifestazione clinica alla nascita (congenita)

◦ Con manifestazione clinica in epoca successiva (delayed)

Principali cause delle sordità acquisite:

• Cause infettive,virali o batteriche (toxoplasmosi,rosolia)

• Anossiche

• Traumatismo ostetrico

• Prematuranza

• Incompatibilità materno-fetale (AB0, Rh, ittero nucleare)

• Tossici esogeni ed endogeni (antibiotici, streptomicina, …)

• Patologie dell'orecchio medio

Elementi clinici fondamentali:

• Grado di sordità

• Epoca di insorgenza

In particolare:◦ Ipoacusie prelinguali: ipoacusie profonde, compromettono lo sviluppo del linguaggio

(fino al sordomutismo)

◦ Ipoacusie postlinguali: deterioramento linguaggio acquisito, gravi disturbi

comportamentali

La possibilità di sottrarre il piccolo da una inevitabile condizione di sordomutismo dipende da

una diagnosi precoce del danno uditivo e dalla tempestiva messa in atto di misure

terapeutiche e riabilitative. La diagnosi più precoce e precisa possibile e provvedimenti

terapeutici e riabilitativi hanno lo scopo di prevenire e contenere le turbe dell'acquisizione del

linguaggio e relative sequele.

Conclusioni: nessuna tecnica di indagine è perfetta; occorre il contributo di più tests per una

definizione quantitativa e qualitativa del deficit uditivo ai fini di una terapia protesica e

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riabilitativa opportuna. La scelta della metodica è condizionata da fattori quali:

• età mentale del soggetto

• presenza di cerebropatie

• patologia dell'orecchio

• disponibilità di mezzi tecnici

• abilità dell'esaminatore

Non esiste quindi un protocollo diagnostico valido in ogni caso.

Le indagini audiologiche in audio infantile andrebbero distinte in due periodi:

• Dalla nascita al secondo anno diagnosi dei→ deficit uditivi congeniti di entità 

media o grave

• Dai tre ai cinque anni  → perfezionamento della valutazione dei deficit uditivi;

diagnosi delle   perdite lievi o medie sfuggite al primo filtro; diagnosi di lesioni uditive

intervenute o aggravatesi dopo il primo periodo.

P ATOLOGIE DELL'ORECCHIO INTERNOOtosclerosi

Malattia della capsula labirintica esclusiva della specie umana, caratterizzata da focolai di

riassorbimento osseo e successiva nuova ossificazione anomala. Le aree più frequentemente

interessate sono la  fissula ante fenestram e la  fossula post fenestram, situate ai margini della

finestra ovale.

 Eziopatogenesi: l'unico dato certo è la componente ereditaria, legata a due fattori, uno

autosomico, uno X-linked. È possibile che fattori ormonali che incidono sul metabolismo del

Calcio (menopausa, allattamento) possano influire sulla presentazione clinica. Tra i vari

cofattori chiamati in causa, ha ultimamente credito l'ipotesi virale (morbillo).

Più frequente nel sesso femminile (2:1), età d'insorgenza relativamente giovanile (tra i 20 ed i

40 anni).

  Presentazione istologica: 10 % nella razza bianca (la più colpita)

  Presentazione clinica: 0,5-1 % nella razza bianca.

In genere bilaterale.

• Focolai confinati alla capsula labirintica → ipoacusia neurosensoriale pura (rara)

• Focolaio che invade il legamento stapedo-ovalare con conseguente fissità della staffa

→ ipoacusia inizialmente trasmissionale, e successivamente mista per l'azione

istotossica di enzimi prodotti dal focolaio.

 Diagnosi:• Otoscopia: MT normale

• Audiometria: ipoacusia trasmissionale o mista, spesso bilaterale ma non all'esordio, non

necessariamente simmetrica

• Timpanogramma: una curva compliance/pressione morfologicamente normale, ma

diminuita in tutti i punti, ad indicare una sclerosi diffusa ma valori pressori normali

(non è quindi un problema tubarico)

• Riflesso stapediale: assente (  effetto on-off : nelle forme iniziali, a staffa semi-bloccata)

• HRCT in casi selezionati

Terapia chirurgica: stapedo/stapedectomia: sostituzione della staffa (o di parte di essa) conuna protesi eterologa. È un intervento elettivo che ripristina il sistema di trasmissione, senza

però bloccare gli effetti della malattia sull'orecchio interno: rimane possibile la necessità,

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subito, o in futuro, di protesizzazione acustica. Per valutare il possibile effetto dell'intervento è 

utile, nei casi di ipoacusia mista, l'audiometria vocale.

Stapedoplastica: cause più frequenti di revisione

• Dislocazione della protesi

• Frattura dell'incudine

Possibilità di una fistola perilinfatica anche a distanza.

In caso di fluttuazione della soglia, o comunque di  sospetto di fistolaperilinfatica, è indicata una revisione anche in assenza di un gap trasmissivo

certo. Indicazioni classiche alla revisione:

• Anamnesi

• Gap trasmissivo più o meno variabile (anche da un momento all'altro)

• Timpanogramma “a gobba di cammello”

Deiscenza del canale semicircolare superiore (SSCD)

Entità nosografica definita di recente (nel 1998): deiscenza della parete superiore del canale

osseo semicircolare superiore, con conseguente esposizione del labirinto membranoso sotto

alla dura madre della fossa media.

Probabilmente ha origine congenita, ma non sembra però manifestarsi subito (?).

  Possibili sintomi: autofonia (percezione della propria voce e di tutti i rumori del cavo

rinofaringeo),   fenomeno di Tullio (vertigine scatenata da rumori intensi), vertigini, acufeni,

ipoacusia di vario tipo e grado. La causa dei sintomiè

l'aumentodell'ammettenza dell'orecchio interno.

 Diagnosi: VEMPs (potenziali evocati vestibolari miogenici), HR-TC con

ricostruzione coplanare al canale. La diagnosi differenziale è anche con

otosclerosi!!

Terapia: chirurgia eventuale, in rapporto ala gravità dei sintomi, con

ricopertura o chiusura del canale, via fossa media o transmastoidea.

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VESTIBOLOGIA

La struttura ossea del sistema vestibolare (labirinto posteriore) consiste nell'utricolo, su un lato del quale,

opposto a quello da cui arriva l'endolinfa, si aprono tre canali ossei orientati nelle tre direzioni dello spazio,

chiamati laterale, posteriore e superiore. Questi tre canali sono semicircolari, e prendono origine tutti e tre dalla

parte laterale dell'utricolo, e ad essa ritornano. All'interno dei canali semicircolari c'è la struttura vestibolare che

recepisce le accelerazioni. Nell'utricolo invece c'è, in una zona differenziata del suo epitelio, una struttura

recettoriale che recepisce le modificazioni della direzione di orientamento del capo rispetto alla forza di gravità: Macula utricolare e sacculare 

Nell'epitelio dell'utricolo si differenziano delle cellule sensoriali a fiasco (tipo I) e prismatiche (tipo II).

Entrambe hanno sulla loro superficie apicale un chinociglio grande e lungo, ad una estremità, e una serie di

stereociglia più sottili e man mano più corte mentre ci si allontana dal chinociglio. Una struttura sensoriale

identica, con minime differenze, si trova anche nel sacculo. Sopra le ciglia è tesa una sottile membrana

gelatinosa, che contiene all'interno degli otoliti (cristalli di carbonato di calcio). I movimenti della testa rispetto

alla forza di gravità fanno inclinare la membrana gelatinosa sotto il peso degli otoliti, che provocano a loro volta

lo spostamento delle stereociglia. Il chinociglio, fisso, si sposta di poco. La cellula è sensibile alla variazione di

posizione fra chinociglio e stereociglia: quando queste si allontanano, produce un potenziale, quando si

avvicinano, si iperpolarizza. Anche queste cellule hanno fibre afferenti ed efferenti. Queste strutture informano il

SNC sulla posizione del capo, e provocano riflessi di aggiustamento centrati sui muscoli flessori ed estensori delcapo.

Organi canalicolari

I canali semicircolari membranosi sono immersi nella perilinfa e contengono endolinfa. Ogni canale ha due

braccia che si inseriscono nell'utricolo: una semplice ed una ampollare, costituita da una piccola dilatazione detta

appunto ampolla. Nell'ampolla si trovano delle cellule sensoriali identiche a quelle della macula, in una struttura

detta cresta ampollare. Le cellule sono stimolate dagli spostamenti dell'endolinfa dei canali, che avvengono solo

quando sono stimolati da una accelerazione che li muove per inerzia. Le stereociglia sono inglobate anch'esse in

una membrana gelatinosa, detta membrana anista, sulla quale non ci sono otoliti. Anche questi recettori sono

innervati come le macule, e trasmettono movimenti di accelerazione angolare del capo.

Le fibre nervose degli organi vestibolari raggiungono un ganglio posto lungo il decorso del ramo vestibolare

dell'VIII nervo cranico.

Da qui le fibre raggiungono quattro nuclei situati nel ponte, che si occupano dei riflessi diretti

ai muscoli per il mantenimento dell'equilibrio (Riflesso Vestibolo-Spinale), all'occhio (Riflesso

  Vestibolo-Oculomotore), ai centri del vomito (mal di moto), ai nuclei vestibolari all'angolo

ponto-cerebellare, ed alla corteccia per codificare l'informazione cosciente.

Il sistema dell'equilibrio è quindi correlato anche alla visione ed al sistema propriocettivo.

La vestibologia classica considera solo il canale semicircolare laterale, e non le macule.

NISTAGMO FISIOLOGICO (V.O.R. = RIFLESSO VESTIBOLO - OCULOMOTORE)

I recettori labirintici sono attivi anche a testa ferma, inviando potenziali d'azione: se al troncoencefalico arrivano gli stessi stimoli da destra e da sinistra, vengono percepiti come

informazione di stabilità.

La rotazione del capo viene percepita dai canali semicircolari attraverso il movimento

inerziale dell'endolinfa: un movimento ampullifugo causa una attivazione inibitoria, mentre

quello ampullipeto è eccitatorio, e prevale sull'ampullifugo. Questi stimoli agiscono sui nuclei

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del tronco encefalico e provocano un movimento dei globi oculari nella direzione della corrente

endolinfatica (ossia nella direzione opposta al moto), finalizzato al mantenimento del campo

visivo iniziale (  fase lenta del nistagmo). Tale movimento si realizza per l'asimmetria delle

afferenze labirintiche (aumentate dal lato della rotazione, e ridotte dall'altro) ai nuclei

vestibolari, ed avviene sullo stesso piano dei canali eccitati.

Successivamente i globi oculari ritornano in asse col capo con un rapido movimento di ritorno

( fase rapida del nistagmo), il cui verso definisce la direzione in cui “batte” il nistagmo.

LA VERTIGINE

Il sintomo della vertigine è una turba della sensibilità spaziale: una erronea sensazione di

movimento, dell'ambiente esterno o del proprio corpo.È una sensazione che segue alla modificazione dei rapporti del nostro schema corporeo con l'ambiente esterno.

Può dipendere da cause molteplici, essendo parecchie le vie di stimoli che inducono la propriocezione (visivi,

propriocettivi, auditivi e vestibolari). Le vertigini di tipo vestibolare (labirintiche) sono tipicamente rotatorie, in

cui si vedono gli oggetti ruotare (vertigine oggettiva). Invece quelle centrali sono caratterizzate dalla sensazione

di ruotare nello spazio (vertigine soggettiva). La vertigine oggettiva ha anche pallore, sudorazione, nausea e

vomito e spesso dà acufeni.

Discrepanza tra le informazioni sensoriali

Disequilibrio (dizzyness)

Oscillopsia

• Vertigini da lesione vestibolare periferica (al labirinto e/o al nervo acustico)

• Vertigini da lesione vestibolare centrale 

• Vertigini oculari 

• Vertigini propriocettive 

• Vertigini psicogene 

• Vertigini internistiche (da risentimento di uno o più apparati, secondario ad altra

patologia: ischemia cerebrovascolare, ipertensione arteriosa con risentimento dei nuclei

vestibolari, ecc)

SINDROMI VESTIBOLARI ACUTE PERIFERICHE

Il nistagmo di tipo periferico è abolito dalla fissazione.

Le sindromi sono dette armoniche in quanto le varie componenti si alterano

consensualmente.

1. Scompenso Vestibolare Acuto Periferico DeficitarioSe un sistema labirintico od un suo nervo smettono improvvisamente di funzionare,

l'improvvisa asimmetria delle afferenze labirintiche ai nuclei vestibolari viene letta dal tronco

encefalico come un movimento del capo, da cui deriva:

• nistagmo spontaneo persistente con  fase rapida verso il lato iperfunzionante.

• asimmetria muscolare con tendenza alla caduta verso il lato ipofunzionante.

• vertigine con intensa reazione vegetativa.

Questi permangono acutamente finché perdura lo squilibrio, in quanto il tronco ha una

informazione continua di movimento. La patologia dovrebbe coinvolgere tutte le 3 direzioni,

ma la componente orizzontale è prevalente già fisiologicamente, per cui prevale anche nellapatologia.

Si risolve spontaneamente, attraverso un fenomeno di compenso vestibolare centrale:

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persistendo la asimmetria di input vestibolari, si verifica a livello del tronco un progressivo

reset del sistema, a partire da 2-3 giorni, che ignora il lato ipofunzionante, con graduale

scomparsa della sintomatologia clinica in 2 o 3 mesi.

Cause più frequenti:

• Neurite vestibolare o Paralisi vestibolare improvvisa: sofferenza acuta

esclusivamente vestibolare, senza altro interessamento cocleare o neurologico; le

vertigini sono oggettive, rotatorie, con nausea e vomito; seri problemi nel mantenere lastazione eretta. Si risolvono in giorni o settimane, e la prognosi è benigna, ma possono

lasciare lievi strascichi. Data l'associazione con episodi infettivi virali delle vie aeree

superiori, l'eziologia potrebbe essere la medesima. La sede non è chiara (danno

recettoriale diretto, o neurite/neuronite del nervo vestibolare o dei nuclei vestibolari del

tronco encefalico).

• ipoacusie improvvise con risentimento vestibolare

• Malattia di M  éni ère

• traumi

• infarti vascolari

• Labirintite otogena: infezione dell'orecchio medio propagata all'orecchio interno; può 

evolvere in meningite.

• esordio acuto di neoplasie dell'APC (raro)

Diagnosi differenziale:

• Ischemia cerebellare (se ci sono fattori di rischio: TAC)

• Sclerosi Multipla

Non si accompagna mai a perdita di coscienza; non sono presenti altri segni neurologici.

Frequente associazione di deficit uditivi. Andamento migliorativo.

Terapia: Di grande importanza sono le afferenze visive (per ridurre il ny.) e propriocettive

(fondamentale la mobilizzazione precoce). Da evitare la sedazione farmacologica protratta.

2. Scompenso Vestibolare Acuto Periferico Irritativo

Iperfunzionalità di un sistema labirintico: dà gli stessi effetti dello scompenso di tipo

deficitario al lato opposto.

S. VESTIBOLARE CENTRALE o VERTIGINE NEUROLOGICA

Le vertigini neurologiche sono patologie gravi la cui diagnosi non è semplice. Talora sono di

tipo soggettivo e subcontinue, con andamento ingravescente. Sono presenti altri segni

neurologici.Il nistagmo può essere spontaneo o rivelato di tipo centrale, incostante, multidirezionale,

asimmetrico: sindrome disarmonica.

  Attenzione alla vertigine ad esordio acuto da causa vascolare!

VERTIGINE POSIZIONALE PAROSSISTICA BENIGNA (VPPB)

 Nistagmo simil-centrale dissociato

È un'intensa vertigine, scatenata da particolari movimenti del capo, provocata probabilmente

da otoliti liberi (è anche detta cupulolitiasi) provenienti dalla macula dell'utricolo, che si

depositano nell'endolinfa dei canali semicircolari, più

spesso nell'ambito del canalesemicircolare posteriore (più raramente il laterale), che ha una estremità in comune con il

superiore: nella sua forma più comune (posteriore) infatti provoca un nistagmo dissociato

rotatorio-verticale. È possibile però che possano essere anche altre sostanze dell'endolinfa.

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L'eziologia è forse vascolare (insufficienza vertebrobasilare) oppure traumatica, ed al danno

ischemico/degenerativo seguirebbe il distacco di otoliti.

Le vertigini sono rotatorie, oggettive, a rapida insorgenza e di solito a breve durata (30 - 40

secondi), recidivanti.

 Vertigini e nistagmo sono evocabili con la tecnica di Hallpike: si fa passare rapidamente il pz.

da eretto a supino, con testa iperestesa ruotata sul lato.

Basandosi sui caratteri di esauribilità

, faticabilità

, ripetitibilità

delle vertigini, sono statesviluppate delle tecniche terapeutiche dette “manovre liberatorie” di Semont e di Epley volte a

spostare gli otoliti.

S emeiologia vestibolare non strumentale

• Nistagmo spontaneo

• Nistagmo rivelato: compare o si accentua con una manovra clinica.

◦ dalla posizione del capo 

◦ dai movimenti del capo

▪ Head Shaking Test

▪ manovra di Hallpike

Test di Halmagyi: valuta in modo rapido il nistagmo fisiologico (VOR)

 Ny Periferico:

• bifasico

• orizzontale rotatorio, unidirezionale

• nistagmi posizionali parossistici

  Ny Centrale:

• bifasico - pendolare

• orizzontale puro, verticale, obliquo rotatorio

• a direzione fissa o variabile (spontaneamente, con i movimenti dello sguardo o del capo)

• coniugato o non coniugato

Con l'esame clinico-anamnestico si può 

• apprezzare una patologia vestibolare periferica in atto (scompenso vestibolare acuto,

 VPPB)

• sospettare e/o confermare una patologia vestibolare periferica compensata, latente,

pregressa

• apprezzare nistagmi di tipo centrale o di dubbia interpretazione clinica• escludere ragionevolmente una patologia vestibolare periferica o centrale

In molti casi la vertigine rimane di ndd!

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LE CAVIT À NASALI

Il naso esterno è formato da due lamine cartilaginee attaccate al processo anteriore dell'osso mascellare, che

forma la piramide nasale, e in alto appese alla spina dell'osso frontale. Le cavità nasali principali sono due,

costituite medialmente dal setto cartilagineo che si incastra al vomere e superiormente con la lamina

perpendicolare dell'etmoide. Lateralmente la cavità nasale è chiusa dai tegumenti.

  All'interno ogni cavità nasale è divisa in tre meati, tutti comunicanti fra di loro perché i setti sono formati da 3

coppie di ossa chiamate cornetti o ossa turbinate, che aggettano nella cavità principale. Sono avvolti da mucosanasale con secrezione mucino-sierosa. Queste ossa sono importanti perché data la loro forma trattengono l'aria e

ne permettono il riscaldamento e l'umidificazione. L'etmoide ha due lamine orizzontali, una superiore detta

anche crista galli o lamina cribrosa, che dà l'accesso alle ramificazioni del nervo oftalmico, e una inferiore che

contribuisce a formare il setto nasale e dalla quale si distacca una parte laterale che forma l'osso turbinato

anteriore. La parte mediale della lamina inferiore invece forma una serie di ramificazioni che contengono le celle.

Le cavità principali comunicano, con quattro accessi nel meato superiore, con quattro cavità scavate nelle ossa

frontali:

1. Seni frontali: posti al di sopra della radice del naso ed estesi fino a sopra l'occhio, ognuno di essi

comunica, con la sua parte anteriore, al meato medio attraverso il dotto frontonasale (che attraversa la

parte anteriore del labirinto dell'etmoide) che si apre nello iato semilunare del cornetto medio.

2. Seno sfenoidale: due, piccoli, posizionati nello spessore dell'osso, con accesso posterosuperiore. L'orifiziodi sbocco del seno ha una lunghezza di due millimetri e un'altezza di tre, l'inclinazione è tale per cui le

secrezioni sfenoidali drenano nel rinofaringe e non nella fossa nasale.

3. Seno mascellare: ha il suo accesso in un forame posto fra il turbinato superiore e medio, al fondo dello

iato semilunare, un introflessione della mucosa che accoglie all'apice il forame del canale rino-lacrimale

ed alla base lo iato del seno mascellare. Questi sono scavati nello spessore dell'osso mascellare. Il foro è 

parzialmente chiuso dal processo uncinato che viene dalla massa laterale dell'etmoide. La sua peculiarità 

è di sboccare nel cornetto medio con un canale in salita, ovvero attraverso un drenaggio antigravitario.

4. Seni etmoidali (o celle etmoidali, o labirinti etmoidali): scavate nelle masse laterali dell'etmoide,

generalmente in numero superiore a dieci, hanno nel complesso una forma a parallelepipedo. Le cellette

etmoidali posteriori comunicano con il meato superiore, sotto il cornetto superiore, mentre con il meato

medio, sotto il cornetto medio, le cellette etmoidali medie e anteriori.Lo scopo delle cavità sinusali è quello di diminuire il peso del cranio.

La vascolarizzazione del naso è affidata a diverse arterie, la arteria etmoidale anteriore che viene dalla

carotide interna e vascolarizza la porzione anteriore della cavità nasale scendendo dall'alto verso il basso lungo la

piramide nasale, l'etmoidale posteriore che dal tetto della cavità nasale da rami discendenti, l'arteria

sfenopalatina che entra da dietro nella cavità nasale dal forame sfenopalatino e da tre rami che procedono

orizzontalmente sotto le tre ossa turbinate, fino ad anastomizzarsi con la etmoidale anteriore, l'arteria grande

palatina che da un ramo anastomotico con la branca più bassa della sfenopalatina, e infine l'arteria labiale che

dà un ramo anastomotico sempre con la stessa branca della sfenopalatina, e si sfiocca in un plesso alla punta del

naso a cui partecipa anche la etmoidale anteriore. Gli ultimi tre vasi originano dalla carotide esterna.

Funzioni del naso:• Olfattoria: veicolazione delle particelle olfattive all'area sensoriale situata in

corrispondenza della lamina cribrosa

• Umidificazione: l'aria rallenta nelle ossa turbinate, e ha tempo di umidificarsi con le

secrezioni sierose

• Riscaldamento: specie a livello dei turbinati, che sono molto vascolarizzati dai rami

della sfenopalatina

• Difesa aspecifica mucosale

• Filtrazione: l'epitelio ciliato si muove in sincronia verso il faringe e quindi le impurità,

commiste a muco, vengono inghiottite ma non inalate

• Cassa di risonanza: nella rinorrea o se le fosse nasali sono chiuse si parla di rinolalia

chiusa.

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MUCOSA NASALEL'iperreattività nasale deriva da un'abnorme reazione dell'apparato respiratorio a stimoli innocui. Nella

patogenesi sono coinvolti:

• Il sistema neurovegetativo

• Il sistema immunitario

• Strutture neuroendocrine trigeminali

Il risultato finale dell'attivazione di questi sistemi in risposta a stimoli antigenici vari è una flogosi neurogena

con vasodilatazione, trasudazione, aumento della secrezione ghiandolare, liberazione di istamina dalladegranulazione mastocitaria.

La componente allergica e la componente di iperreattività aspecifica si possono intersecare in vari modi.

La mucosa può essere soggetta a possibili alterazioni morfo-funzionali. Attualmente è 

considerato più corretto parlare di rinosinusiti.

• Riniti (infettive): acute (virali, batteriche), croniche. Le rinosinusiti possono anche

essere di modesta gravità e guarire spontaneamente.

• Riniti ( rinopatie )

◦ Vasomotorie o aspecifiche: la risposta neurale aspecifica può coinvolgere il

sistema immunitario (attivazione di eosinofili); reazioni allergiche possono scatenare

fenomeni di iperreattività aspecifica.

▪ Con eosinofili ( NARES - Non Allergic Rhinitis with Eosinophily )

▪ Senza eosinofili

◦ Specifiche (allergiche): IgE-mediate

▪ Periodiche

▪ Persistenti

  Diagnosi differenziale:

• Anamnesi: più informativa dell'esame obiettivo stesso!

◦ Inizio, frequenza e durata dei sintomi◦ Carattere delle secrezioni

◦ Fattori scatenanti

◦ Disordini locali o generali

◦ Storia di allergie

• Esame obiettivo

• Prove cutanee epidermiche

• Ricerca delle IgE specifiche

• Esame citologico del secreto: non dirimente in caso di NARES

• Dosaggio IgA secretorie • Provocazione nasale: applicazione diretta dell'allergene diluito e verifica con

rinomanometria

• Prova mucociliare (motilità normale: circa 5 mm/min.)

Se non si trova l'allergene:  prove per rinopatia aspecifica 

• Prove cutanee con papaverina, acetilcolina, istamina ecc.

• Provocazione nasale: applicazione locale di acqua fredda, acetilcolina, istamina, …

• Esercizio muscolare, variazioni di posizione 

C→ onfronto con esame citologico del secreto, trasporto mucociliare, dosaggio IgA secretorie

Terapia:• Locale:

◦ Soluzione salina (lavaggi nasali): priva di controindicazioni, azione detergente e

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blandamente decongestionante, utile per la rimozione meccanica del muco che

costituisce un vettore di penetrazione di agenti infettanti.

◦ Vasocostrittori topici (sintomatici): agonisti -adrenergiciα (mai oltre 5-7 gg). Se

usati a lungo → Rinite medicamentosa:

▪ distruzione dell'attività ciliare

▪ alterazione del pH del muco

▪ metaplasia dell'epitelio◦ Corticosteroidi: assorbimento sistemico modesto ma presente; azione più lenta

rispetto agli -adrenergiciα .

▪ Attivazione di proteine antinfiammatorie e repressione di citochine e chemochine

proinfiammatorie

▪ Attività antiedemigena (amplificazione degli stimoli adrenergici e stabilizzazione

endoteliale ed epiteliale)

◦ Antistaminici: più utili per la prevenzione e/o per una risposta rapida. Quelli di

ultima generazione non passano la barriera ematoencefalica e non danno

sonnolenza.▪ Terapia locale (rinopatie specifiche stagionali)

• Cromoni: stabilizzazione della membrana mastocitaria, più utili nella

 prevenzione

• Sistemica: antistaminici

Trattamento delle rinopatie specifiche:

• Se possibile: controllo ambientale e allontanamento dell'allergene.

• Immunoterapia: deve essere protratta, necessita di elevata compliance; riguarda le

allergie di origine inalatoria.

SINUSITI

Sono spesso complicanza di una rinite, con l'eccezione della  sinusite mascellare, odontogena

nel 10% dei casi; possono interessare tutti i seni paranasali. Potenziale rischio di complicanze

intraorbitarie ed endocraniche attraverso la lamina papiracea e la lamina cribrosa .

 Eziologia: batterica, virale, micotica (più rara e più grave)

Sintomo principale: dolore, più intenso nella fase acuta

Obiettività: possibile secrezione mucopurulenta

 Diagnosi 

• Anamnesi

• Esame obiettivo diagnosi clinica→

• Xgrafia dei seni paranasali (molto discussa)

• TC senza mdc (nel sospetto di complicanze encefaliche)

1. Sinusite acuta comune 

  A prevalente componente batterica. Terapia:

• Lavaggi nasali con soluzione salina

• Decongestionanti nasali

• Instillazione di soluzione antibiotica per via nasale (discussa)

• Antibiotici per os◦ amoxicillina + ac. clavulanico: richiede più somministrazioni

◦ chinolonici: solo nell'adulto, in quanto interferiscono con i centri di ossificazione,

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ma sono già efficaci con un'unica somministrazione

◦ cefalosporine di III generazione

• Mucolitici

• FANS: a scopo antiedemigeno ed antalgico

2. Sinusite cronica 

Diagnosi• Anamnesi

• Esame obiettivo

• TC senza mdc dei seni paranasali

Terapia 

• Medica: come per sinusite acuta (a cicli prolungati) + corticosteroidi

per os in luogo dei FANS; corticosteroidi topici a cicli prolungati.

NON ASPIRINA!

• Chirurgica: bonifica per via endoscopica (terapia di elezione per sinusite micotica)

In alcuni casi va in diagnosi differenziale con i tumori del massiccio facciale (sospetto in

caso di lesione monolaterale): abitualmente carcinomi. Localizzazione più frequente:

etmoide, seno mascellare.

 Fattore di rischio specifico: inalazione di sostanze cancerogene (es.: colle da calzolaio)

Sintomi: in rapporto alla localizzazione

◦ epistassi - ostruzione nasale: occupazione delle cavità nasali

◦ diplopia - esoftalmo: invasione dell'orbita

◦ epifora: lacrimazione persistente non drenata per ostruzione del

canale nasolacrimale

◦ caduta dei denti: invasione alveolare

◦ dolore (infiltrazione del V n.c.)

◦ spesso lacrimazione monolaterale per ostruzione o infiltrazione del dotto

nasolacrimale

 Diagnosi: endoscopia + biopsia + TC (con/senza mdc) + RM

Terapia: chirurgica classica , o endoscopica (quando possibile)

  POLIPOSI RINOSINUSALE 

Condizione infiammatoria cronica caratterizzata da intensa eosinofilia, ha

molti aspetti in comune con le allergie. Generalmente formazioni multiplebiancastre.

Incidenza: 2% della popolazione con picco nella VI decade.

  Associazione frequente con  sinusite eosinofila micotica (iperreattività 

indotta dalle ife su soggetti predisposti), con asma, intolleranza ad ASA (ac.

acetilsalicilico) e   stato allergico. Possibile colonizzazione nasale da

Stafilococco Aureo.

Istologia: edema del chorion (strato tra mucosa e sottomucosa, analogo quindi al derma

cutaneo) secondario ad alterata permeabilità vasale e versamento trasudatizio

Sintomi:• ostruzione nasale dispnea nasale→

• ipo-anosmia (riferita come difficoltà di percepire i sapori)

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• possibile rinorrea

Diagnosi: endoscopia + TC senza mdc (preferibilmente fatta dopo bonifica antibiotica)

Terapia

• medica: corticosteroidi, possibile bonifica con antibiotici, antileucotrienici (nei casi con

asma e intolleranza ad ASA)

• chirurgica (via endoscopica) per lo stadio avanzato

 POLIPO ANTRO-COANALE 

Formazione polipoide singola, spesso voluminosa che può causare ostruzione

nasale.Questo tumore nasce nel seno mascellare e attraverso il meato entra nella coana nasale,

finendo addirittura nel rinofaringe e anche nell'orofaringe, dietro all'ugola. Si forma per

l'estroflessione della mucosa iperplastica, e cresce all'indietro per via della corrente

provocata dall'aria inspirata.

Secondo alcuni è il primo stadio della poliposi, ma la teoria classica dice

essere l'esito di un'infezione iperacuta.

Terapia: chirurgia endoscopica

EPISTASSI (SANGUINAMENTO NASALE)

• Essenziali: “idiopatiche”, benigne, tipiche del bambino; classicamente hanno origine

nel  Locus Valsalvæ.

• Sintomatiche 

◦ Da cause sistemiche:

▪ ipertensione (con alterazioni della parete vasale)

▪ diabete

▪ emopatie: carenza del sistema coagulativo, ecc▪ insufficienza epatica e renale

▪ uso prolungato di anticoagulanti

◦ Da cause locali:

▪ Possibili neoplasie del rinofaringe e del massiccio facciale (angiofibroma,

carcinoma)

▪ Polipo sanguinante del setto (istologicamente è un angiofibroma): un ciuffo di

capillari, ricoperti da una sottile membrana fibrosa, che possono causare copiose

emorragie. Non ha nulla a che fare con le poliposi!

▪traumi

▪ riniti

▪ malformazioni e degenerazioni vascolari

Trattamento possibile con catetere faringeo-nasale.

TUMORI RINOFARINGEI

Più spesso carcinomi, ma anche il linfoma è ben rappresentato data l'abbondanza di tessuto

linfatico nella regione.

Carcinoma rinofaringeo

Raro in Italia, colpisce più frequentemente soggetti oltre i 50 anni.

I carcinomi sono rari in Italia e mostrano una correlazione all'EBV. I carcinomi rinofaringei

sono più frequenti nell'estremo oriente e questo fatto è stato correlato al largo uso di

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conservanti del pesce secco.

Segni e sintomi precoci:

• Metastasi latero-cervicali 

• Otite media secretiva: spesso ha come origine la fossetta superiore all'ostio tubarico,

causando ostruzione della tuba

• Possibile epistassi

• Segni e sintomi neurologici:◦ Infiltrazione del V n.c. dolore→

◦ Infiltrazione dei nervi oculomotori (prevalentemente VI n.c.) oftalmoplegia→

◦ Infiltrazione per via metastatica, a livello del linfonodo di Krause-Cuneo, all'uscita

del forame lacero, del IX, X e XI n.c. paralisi del velo del palato, disfonia,→  

alterazioni della motilità della scapola

Diagnosi: endoscopica associata a biopsia e studio TC con m.d.c.

Terapia elettiva: basata sulla radioterapia (sia per i linfomi che per i carcinomi) . È 

importante la diagnosi precoce.

Fibroangioma giovanile

Neoplasia benigna rara, Esclusivamente sesso maschile, nella II decade di vita.

Può originare dal corpo dello sfenoide, dall'osso occipitale o dal bordo coanale.

Si crea una ricchissima rete vascolare con lacune rivestite dalla sola tonaca endoteliale, senza

quella fibrosa: il problema di questa patologia è soprattutto legato all'epistassi.

  Accrescimento anche a spese delle strutture ossee circostanti.

Sintomi: ostruzione nasale, copiose epistassi

Diagnosi: TC e RM con mdc

Trattamento: chirurgico (quando possibile per via endoscopica) preceduto da

microembolizzazione.

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LE PARALISI DEL VII N.C.

Il nervo facciale (VII n.c.) è formato dal faciale propriamente detto e dal n. intermedio di

Wrisberg; è un nervo misto:

• Fibre motorie : muscoli pellicciai della testa e del collo; m. stapedio; m. stiloioideo e

ventre post. del m. digastrico. Innerva col suo tronco principale i muscoli mimici cutanei

della faccia e del collo e altri muscoli derivati dal secondo arco branchiale.• Sensibilità cutanea : regione retroauricolare, conca, meato acustico esterno

• Sensibilità gustativa dei 2/3 anteriori della lingua

• Fibre parasimpatiche : gh. sottomandibolare e sottolinguale; ghiandola lacrimale;

mucosa nasale e palatale

Il faciale origina dai nuclei motori somatici (1), situati posteriormente nel tronco

encefalico.

I nuclei motori del faciale sono due: quello superiore,

le cui fibre si distribuiscono alla metà superiore dellafaccia, e quello inferiore, con fibre distribuite alla metà 

inferiore. Il nucleo superiore riceve fibre da entrambi gli

emisferi, l'inferiore solo da quello controlaterale.

Forma il collicolo del faciale (2) sul pavimento del IV ventricolo, formando il “ginocchio

interno” intorno al nucleo dell'abducente (3); emerge dal tronco encefalico

anterolateralmente a livello del margine inferiore del ponte (4): attraversa l'angolo

pontocerebellare insieme al nervo cocleo-vestibolare. Si dirige inizialmente all'indietro, per descrivere un'ansa

che lo porta ad entrare nella rocca petrosa dell'osso temporale, e da qui percorre il canale di Falloppio (lungo

11 mm) sul fondo del meato acustico interno insieme ai nervi cocleare, vestibolare inferiore, vestibolare superiore,

cocleare ed all'arteria uditiva interna. Fa una curva (  ginocchio del faciale) dove forma il  ganglio genicolato, confibre sensitive provenienti dalla lingua, nella porzione posteriore della rocca petrosa, dirigendosi verso il basso

(secondo ginocchio) dove esce dal cranio.

1. Il primo tratto, dall'ingresso al ginocchio è detto labirintico.

2. Il secondo tratto, dal ganglio genicolato al secondo ginocchio è detto

timpanico.

Frequente deiscenza nei pressi della finestra ovale (57% per Takahashi, 1992).

Possibile insorgenza di paralisi otogene e iatrogene (oto-chirurgia)

3. Il terzo tratto, dal secondo ginocchio al foro stilomastoideo è detto mastoideo.

Deve essere individuato e preservato nel corso di una timpanoplastica .

Il tratto intracranico del nervo termina in corrispondenza del   forame stilomastoideo.

Uscito dal forame stilomastoideo emette prima un ramo per lo stapedio, poi la cordadel timpano. Passa attraverso la loggia parotidea, dove si biforca nei rami temporo-

faciale e cervico-faciale.

• Rami di divisione del tratto temporo-faciale:

◦ Temporale

◦ Fronto-orbitario

◦ Fronto- zigomatico

◦ Buccale superiore

• Rami di divisione del tratto cervico-faciale:

◦ Buccale inferiore

◦ Marginalis mandibulae

◦ CervicaleInsieme a queste fibre decorre il nervo intermedio, che origina dai nuclei sensitivi del tratto solitario, e invia

fibre efferenti per le ghiandole salivari sottomascellari e sottolinguale e per la ghiandola lacrimale, ed afferenti

tattili e gustative dai 2 /3 anteriori della lingua tramite la corda del timpano (anastomosi con nervo linguale del

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Nuclei superiori

Nuclei inferiori

Corteccia

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 V n.c. ).

Il nervo petroso maggiore o grande petroso superficiale , formato da fibre di entrambi i nervi, fa stazione

nel ganglio pterigopalatino, e raggiunge ghiandole lacrimali e nasali.

PATOLOGIE DEL NERVO

Classificazione fisiopatologica di Sunderland 

• Neuroaprassia: danno circoscritto alla guaina mielinica; continuità assonale

preservata Recupero completo .→

• Assonotmesi: perdita di continuità assonale ma senza rottura dell'endonervio → 

Recupero soddisfacente .

• Endoneurotmesi: danno anche all'endonervio, perinervio conservato. Blocco

cicatriziale Sincinesie. Guarigione incompleta .→

• Perineurotmesi: rimane intatto solo l'epinervio Sincinesie. Recupero parziale .→

• Neurotmesi: sezione completa del nervo Nessun recupero→

Classificazione di House-Brackmann (1985) 

Clinica

• Difficoltà nella masticazione e nell'articolazione della parola

• Segno di Negro: quando il paziente guarda verso l'alto la fronte non si corruga dal lato

della lesione, il globo colpito sembra ruotare più in alto

• Impossibilità di soffiare, fischiare, gonfiare le guance . La rima orale è deviata in basso

verso la lesione, anche la guancia appare flaccida . Nell'atto di mostrare i denti la bocca

si stira verso il lato sano

• Dolore auricolare

• Iperacusia dolorosa

• Complicanze oculari (lagoftalmo, congiuntivite, cheratite) per abolizione del riflesso

corneale e dell'ammiccamento

◦ Segno di Bell: rotazione del bulbo oculare in alto e all'esterno allo sforzo di chiudere

le palpebre, dal lato della lesione. La palpebra paralizzata non si chiude.

• Ripercussioni psicologiche

• Sincinesie (tardive)

P ARALISI CENTRALE

Lesione a carico della corteccia cerebrale

Cause: patologia vascolare, neoplastica, degenerativa, infettiva

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Paralisi dell' emifaccia inferiore controlaterale (nessuna afferenza al nucleo inferiore).

P ARALISI PERIFERICA 

Lesione a carico delle strutture del tronco encefalico e delle fibre nervose periferiche

(dall'emergenza dal tronco encefalico alle terminazioni distali)

 Eziologia 

• Idiopatica (di Bell - “a frigore”) La diagnosi è ad esclusione . È la forma clinica più frequente (50 - 80% dei casi), non

mostra predilezione di sesso od età . È una paralisi a frigore, probabilmente dovuta a

vasculopatie o riattivazione di virosi da freddo.

Probabile eziologia virale: Herpes Simplex Virus tipo I (McCormick, 1972; Murakami,

1996)

Il diabete è un fattore di rischio .

Recupero spontaneo nell'85% dei casi (Peiterson, 1972) . Recidive: 6 - 10% dei casi .

Una   paralisi recidivante o progressiva rende necessari accertamenti neuroradiologici

per escludere una patologia tumorale .

Terapia medica:

◦ Protezione oculare: lacrime artificiali, pomate antibiotiche, bendaggio notturno,

occhiali da sole

◦ Corticosteroidi (Prednisone 1 mg/kg/die con dosaggio decrescente e protezione

gastrica)

◦ Antivirali (Aciclovir, cpr. 400 mg, 1 cpr x 5/die per 10 gg.)

L'associazione corticosteroidi + antivirali è più efficace rispetto ai corticosteroidi da soli

(Adour, 1996)

Non ci sono prove sufficienti per raccomandare la decompressione chirurgica del VII

n.c. nella paralisi di Bell. Sono necessari al riguardo studi ben accurati sull'efficacia deitrattamenti. Gli studi che riportano i risultati funzionali di casi trattati

chirurgicamente sono tutti in classe IV HB .

Si valuta alla ENoG se la degenerazione è di oltre il 90% entro 2 settimane : in questo

caso il recupero è completo solo nel 50% dei casi , allora si ricorre alla decompressione.

In caso contrario il recupero è completo nel 100% dei casi .

Nell'era del trattamento steroideo, non possiamo scartare la decompressione per via

transmastoidea del nervo facciale nel trattamento della forma severa della paralisi di

Bell, sebbene uno sforzo ulteriore sia necessario per ottenere prove definitive sulla reale

efficacia dell'operazione.

• Post-traumatica

 Eziologia: frattura dell'osso temporale, spesso nel contesto di un politrauma (possibile

valutazione ORL tardiva)

 Patogenesi : sezione del nervo (rara) ; ematoma intra- o extranervoso ; compressione o

contusione del tessuto nervoso per un frammento osseo ; stiramento del nervo o del

ganglio genicolato .

Segni e sintomi associati: emotimpano, ipoacusia, vertigini, acufeni

La chirurgia  è controversa: non sempre è possibile prevedere il tipo di lesione

(sezione /compressione /stiramento ), non sempre è possibile prevedere la sede della

lesione.• Neoplastica (neurinoma del facciale, dell'acustico, ca. parotide)

• Otogena (otite media acuta, otite esterna maligna, colesteatoma)

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• Herpes Zoster Oticus (S. di Ramsay-Hunt) applicazioni topiche di Aciclovir→

• Malattia di Lyme (  Borrelia burgdorferi)

• Malattie sistemiche (collagenosi, sarcoidosi, ecc.)

• Sindrome di Melkersson-Rosenthal 

 Diagnostica

• Anamnesi ed esame obiettivo• Otoscopia

• Esame audio-impedenziometrico (topodiagnosi e valore prognostico del riflesso

stapediale)

• HR-TC senza mdc dell'orecchio medio-interno

• Visita neurologica

• RM cerebrale con gadolinio

• Scintigrafia con 99Tc e 67Ga (otite esterna maligna)

• Esami ematochimici

• Sierologia virale (Herpes Zoster, Herpes Simplex virus)• Ecografia del collo

• Test di Schirmer topodiagnosi→

Si mette una striscia di carta assorbente sul fornice congiuntivale: se l'imbibizione della

striscia è maggiore di 5mm, il test è positivo e la funzionalità lacrimale normale. Va

ripetuto più volte perché la sua affidabilità è relativa. (D.d. con Sjogren)

• Elettrogustometria

• Studio della secrezione salivare

• Elettroneuronografia - EnoG

Esame elettrofisiologico a finalità prognostica ; da eseguire non prima di 3-5 giorni

dall'esordio della paresi .

Si registra un potenziale d'azione composito muscolare calcolando la percentuale di

fibre nervose in degenerazione rispetto al lato sano . L'esame va ripetuto

periodicamente (fino al 14° giorno) .

La rapidità della denervazione è proporzionale alla severità della lesione (Fisch) .

 Indicazioni

◦ Paralisi completa di Bell e s. di Ramsay-Hunt

◦ Paralisi completa post-traumatica

◦ Paralisi post-chirurgica se è dubbia l'integrità del nervo

◦ Valutazione pre-operatoria in alcuni casi di neurinoma dell'acustico e neoplasiaparotidea

• Elettromiografia - EMG (valutazione tardiva)

Non utile in fase acuta!! Si effettua a partire dal 21° giorno.

Registra l'attività elettrica legata alla contrazione muscolare e studia le variazioni

qualitative e quantitative dei potenziali d'azione sia del muscolo, sia delle singole fibre

muscolari.

Si effettua la registrazione mediante elettrodi ad ago, applicati in corrispondenza dei

muscoli da esaminare, che registrano direttamente dall'interno di singole fibre

muscolari.

Ha un ruolo importante nella valutazione tardiva di paralisi a evoluzione sfavorevole .

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TECNICHE CHIRURGICHE 

• Ripristino della continuità (anastomosi)

◦ Anastomosi VII-VII

◦ Anastomosi XII-VII

◦ Anastomosi VII-VII (Cross-Face)

◦ Anastomosi V-VII

◦ Anastomosi IX-VII◦ Tecniche Combinate (baby-sitter)

• Decompressione

◦ Trans-mastoidea

▪ Trans-mastoidea extralabirintica (May) : dal ganglio genicolato al FSM

▪ Trans-temporale sopralabirintica (Fisch)

◦ Fossa cranica media

◦ Trans-labirintica

◦ Accesso combinato

•Dislocazione

Terapia riabilitativa 

Indicata per paralisi complete e nei casi di lenta ripresa funzionale .

Da programmare dopo la terapia medica (20 - 30 gg.)

Eseguita da personale specializzato in chinesiterapia : massaggi e rieducazione muscolare

Proscrizione dell'elettroterapia

Importanza dell'approccio psicologico nel rapporto fisioterapista-paziente

Possibili sequele: ipertono muscolare e sincinesie

Controllo EMG dei risultati terapeutici

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OFTALMOLOGIA

L'occhio, che costituisce l'organo periferico dell'apparato della visione, è interamente contenuto nell'orbita, una

cavità a forma di piramide tronca orizzontale, con l'apice posteriore e mediale. Questa è delimitata:

• Medialmente dall'etmoide e dal mascellare, che la separano dalle celle etmoidali e dalla cavità nasale.

• Lateralmente dallo zigomatico e dallo sfenoide.

• Superiormente dall'osso frontale, che la separa dalla fossa cranica anteriore.

• Inferiormente dal mascellare, che la separa dal seno mascellare. All'apice l'orbita ha delle aperture per i vasi e i nervi dell'occhio:

• Canale ottico: nervo ottico e arteria oftalmica.

• Fessura orbitaria superiore: III, IV e VI nervo cranico (tutti i nervi diretti all'orbita), n. trigemino e vena

oftalmica superiore.

• Fessura orbitaria inferiore: n. trigemino (seconda branca) e vena oftalmica inferiore.

L'occhio per muoversi ha bisogno di una muscolatura estrinseca, che agisce cioè sul bulbo oculare. Essa è 

formata da sei muscoli, quattro retti, (superiore, anteriore, mediale e laterale) che lo muovono sul piano verticale

o orizzontale, e due obliqui che lo muovono contemporaneamente su entrambi i piani. I muscoli retti prendono

tutti inserzione sull'anello di Zinn, un cercine fibroso che si trova all'apice dell'orbita, e si inseriscono

direttamente sulla sclera. Le loro attività sono:• Retto laterale: Abduzione (movimento verso l'esterno del bulbo)

• Retto mediale: Adduzione

• Retto superiore: Movimento verso l'alto

• Retto inferiore: Movimento verso il basso

Tutti i muscoli retti, ad eccezione del laterale che è innervato dal VI n.c., sono innervati dal III n.c..

I muscoli obliqui sono:

• Superiore: parte dall'anello di Zinn e, dopo essere passato sulla troclea che agisce come una puleggia, si

inserisce sul quadrante superiore posteriore dell'orbita. Produce un movimento di deviazione laterale e di

rotazione verso il basso (incicloversione). È detto trocleare o patetico. Innervazione da parte del IV n.c..

• Inferiore: parte dall'anello di Zinn, e si inserisce lateralmente e inferiormente. Fa fare un movimento di

deviazione laterale e verso l'alto (excicloversione). È innervato dal III n.c..

Il bulbo oculare è quasi una sfera di 23 - 24 mm di lunghezza assiale, un po' meno di larghezza, costituita da

tre membrane circolari concentriche, che dall'esterno all'interno sono:

• Tonaca fibrosa: costituita da connettivo fibroso, avvolge tutto il globo oculare e

presenta nella parte posteriore una serie di fori che danno accesso alle strutture

vascolari e nervose (lamina cribrosa della sclera). La parte anteriore, priva di vasi ma

ricca di nervi della branca oftalmica del trigemino, è detta cornea, ed ha un raggio di

curvatura diverso dal resto della sclera. È trasparente e funziona come lente

convergente.

• Tonaca vascolare (uvea): di origine mesenchimale, aderisce alla sclera, ed è praticamente una spugna vascolare analoga ai corpi cavernosi, che assicura il flusso

ematico all'occhio esterno e alla papilla ottica, tramite il plesso di Zinn-Haller. In avanti

si continua con il corpo ciliare. Il corpo ciliare è una formazione a corona circolare,

divisa in una parte posteriore (  pars plana) e una anteriore ( pars plicata), corrugata a

formare dei processi ciliari. Il corpo ciliare contiene le fibre muscolari che si occupano

della movimentazione del cristallino; quando il muscolo ciliare è in tensione, il

cristallino si rilascia, il suo diametro trasverso aumenta e quindi aumenta il potere

convergente, permettendo la visione da vicino. Questo meccanismo, detto

accomodazione, è innescato dalla stimolazione del III n.c. La capacità di

accomodazione va fisiologicamente calando a partire dai 40 - 45 anni di età risultando

nella presbiopia. I retti mediali sono innervati dal III n.c. così come il muscolo ciliare, e

una tonica stimolazione del nervo per mantenere l'accomodamento si riflette

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sull'innervazione dei muscoli. Il riflesso dell'accomodazione è infatti contemporaneo alla

convergenza e alla miosi, in quanto il primo serve per portare le immagini nello stesso

punto della retina, mentre il secondo aumenta la profondità di campo . L'epitelio del

corpo ciliare produce l'umor acqueo, che bagna tutta la camera anteriore dell'occhio;

La produzione dell'umor acqueo è l'unica variabile (e mezzo di regolazione) della

pressione interna del bulbo oculare, che aggira normalmente attorno ai 18mmHg. Se

presente in eccesso causa un aumento della pressione oculare con possibilità didanneggiare il n. ottico, se deficitario la pressione diminuisce causando il fenomeno

della tisi. Esso viene drenato all'angolo iridocorneale. Anteriormente il corpo ciliare si

continua con l'iride, una struttura a corona circolare che contiene numerosissimi vasi (è 

praticamente la coroide anteriore). L'iride contiene al centro un foro detto pupilla, le cui

dimensione possono essere variate dalla contrazione dello sfintere della pupilla, un

fascio di fibre muscolari contenute nell'iride e innervate dal SNA tramite il III n.c.

• Tonaca nervosa: la parte più interna dell'occhio, ricopre solo i 7/9 posteriori

dell'occhio, cioè in pratica la camera posteriore, divisa dal corpo ciliare tramite una

banderella fibrosa detta ora serrata . È formata da un complesso strato di cellule

nervose fra cui sono presenti i fotorecettori che, attraverso la scomposizione fotochimica

dei pigmenti retinoidi, trasformano l'energia luminosa in segnali elettrici. Sono presenti

i coni, sensibili ai colori ed al contrasto luminoso, in numero di 6 milioni e raggruppati

nella macula, una regione attorno alla papilla ottica in cui è presente la fovea, il centro

deputato alla visione distinta: la fovea misura circa 0,3 mm in diametro, la macula è di

circa 1,5 mm (rispetto alla papilla del nervo ottico che è di 1,5 - 1,7 mm) . In quest'area

gli altri strati retinici diminuiscono di spessore e le cellule sensitive dell'occhio sono

innervate in rapporto 1:1, cosicché l'80% dell'area visiva primaria (17) ai bordi della

scissura calcarina è deputato agli stimoli provenienti dalla fovea. Nella retina periferica

sono presenti principalmente i 120 milioni di bastoncelli, non sensibili ai colori mafunzionanti con poca luce. Nelle malattie che colpiscono la fovea il soggetto non riesce a

leggere ma riesce ad orientarsi e quindi non sono delle cecità, mentre quando viene

colpita la porzione periferica della retina la capacità di orientamento spaziale viene

meno mentre viene conservata la capacità di riconoscere gli oggetti nel campo visivo

della fovea.

La vascolarizzazione della retina è doppia, in quanto la porzione interna della retina è 

fornita dall'arteria centrale della retina (ramo dell'oftalmica) che penetra nel bulbo

oculare attraversando la lamina cribrosa e forma 4 arcate (temporali superiore e

inferiore, e nasali superiore e inferiore). Il circolo retinico, visibile alla

 fluoroangiografia retinica, è un circolo terminale, in cui un eventuale aumento delleresistenze potrà essere compensato solo da un aumento della pressione di perfusione. I

capillari del circolo retinico sono capillari ad endotelio continuo e sono avvolti da

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1. Epitelio pigmentato 

2. Fotorecettori 

3. Membrana limitante esterna

4. Nucleare esterno (corpi dei fotorecettori)

5. Plessiforme esterno (sinapsi fra fotorecettori, cell. bipolari e orizzontali)6. Nucleare interno (corpi delle cell. bipolari)

7. Plessiforme interno (cell. amacrine e gangliari)

8. Cellule gangliari

9. Fibre nervose

10. Membrana limitante interna

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periciti, i quali con la loro contrazione regolano il calibro del lume in base alle esigenze

metaboliche locali della retina. Il circolo retinico raggiunge gli strati intermedi della

retina. Il secondo circolo è il circolo coroidale che deriva dalle arterie ciliari posteriori. I

capillari coroidali sono ad endotelio fenestrato e creano un circolo di tipo lacunare.

Essendo il circolo coroidale molto veloce, il gradiente arterovenoso di ossigeno è 

solamente del 6 - 7%. La velocità del circolo coroidale è essenziale anche ai fini di

mantenere costante la temperatura a livello della retina per non compromettere i finiprocessi biochimici del sistema nervoso. Il foglietto retinico nervoso (dei recettori) è 

fornito dal circolo coroidale attraverso lo strato di epitelio pigmentato.

La cavità interna dell'occhio è divisa in due parti (camera anteriore e posteriore) dal cristallino, una lente

biconvessa che forma, assieme alla cornea, il diottro oculare. È sospeso alle fibre muscolari del corpo ciliare

tramite le fibre zonulari di Zinn. È formato da fibre allungate contenute in un sacco fibroso detto sacco

capsulare, indispensabile per gli scambi metabolici e per il mantenimento della trasparenza del cristallino stesso,

che è avascolare. L'umor vitreo, posteriormente, serve a dare sostegno all'occhio e a fornire alla retina le

sostanze nutritive in esso disciolte.

Nella retina le fibre nervose pregangliari contattano le cellule recettoriali, e sono originate dalle cellule deglistrati retinici più superficiali: le cellule bipolari (II neurone) e cellule gangliari (III neurone); da queste partono

le fibre postgangliari che viaggiando parallelamente subito sotto la coroide si riuniscono nella macula ottica a

formare il nervo ottico, che emerge in una papilla priva di fotocettori, ed escono dal bulbo oculare attraverso la

lamina cribrosa, che rappresenta il punto di minore resistenza della sclera. Le fibre provenienti dalle emiretine

nasali si incrociano e si scambiano a livello del chiasma ottico, situato a circa 2 cm dall'occhio al di sopra della

sella turcica ( emidecussazione). Dal chiasma si dipartono i due tratti ottici che raggiungono il corpo genicolato

laterale del talamo e fanno sinapsi con i neuroni talamici. Da questi la via prosegue fino alla scissura calcarina

dove si formano le aree corticali visive primaria (17), secondaria (18) e terziaria (19).

Il sistema lacrimale mantiene umida la superficie dell'occhio tramite l'equilibrio fra produzione e rimozione

delle lacrime. Questo sistemaè

quindi fatto da una parte produttiva e una parte espulsiva. La primaè

formatada una serie di   ghiandole lacrimali: la principale è situata all'angolo superiore esterno dell'orbita, nella fossa

lacrimale, ed è fornita di dotti escretori che sboccano nel fornice congiuntivale superiore: è responsabile della

secrezione lacrimale riflessa (a stimoli dolorosi o psichici). Le accessorie sono situate nella congiuntiva, e

mantengono una secrezione lacrimale costante, basale. L'innervazione delle ghiandole è parasimpatica e deriva

dal nucleo lacrimatorio del faciale; l'ortosimpatico ne diminuisce l'attività. Le lacrime evaporano o vengono

drenate da una serie di canalini di deflusso nella congiuntiva della palpebra inferiore (punti lacrimali) e da qui

vengono convogliate nel   sacco lacrimale sito alla radice del naso: esiste poi un canale lacrimale che sbocca nel

meato inferiore nasale ed ha uno sbocco protetto da una plica mucosa (valvola di Hasner) che impedisce all'aria di

entrare nel sacco lacrimale. Le lacrime sono costituite da una componente lipidica, una acquosa, una mucosa; si

dispongono sulla superficie anteriore dell'occhio e vengono distese sulla cornea e sulla congiuntiva ad ogni

chiusura delle palpebre. Per capillarità scorrono sull'occhio e confluiscono nel lago lacrimale, dove pescano i

puntini lacrimali, che attraverso i canalicoli e il canalino comune le portano al sacco lacrimale. Questo è unmeccanismo attivo, in quanto esiste una pompa lacrimale che è dovuta alla posizione del sacco lacrimale, a metà 

del tendine del muscolo orbicolare: quando le palpebre si chiudono nel sacco c'è una pressione negativa, che

aspira le lacrime dal lago lacrimale, e non aspira aria dal naso per via della valvola di Hasner.

SVILUPPO DELLA FUNZIONE VISIVA

L'occhio è particolarmente sensibile alle variazioni di luminanza: la sensazione visiva è legata

al contrasto.

1. Acuità visiva: Visus

Capacità di discriminare due punti nello spazio, riguarda quindi la capacità di distinguere i particolari. È convenzionalmente normale se il soggetto riesce a distinguere due punti che sottendono l'arco di 1' di

grado ad una distanza dipendente dall'ottotipo (di solito 3 o 5 m), espressa in decimi. Il visus viene

espresso con i decimi di acutezza a cui il paziente vede almeno il 50% delle lettere o simboli della riga.

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  Alla nascita il bambino è praticamente cieco (acuità visiva di 1/100); tra 0 e 6 mesi la

vista aumenta fino a ~10/10; tra i 6 mesi e i 7 anni si stabilizza ai 10/10. Il visus

scenderà nuovamente a valori bassi in caso di ostacolo alla visione. La regola generale è 

che un occhio che non viene stimolato visivamente, o non usato correttamente, non

svilupperà la capacità visiva, ed è destinato a essere un occhio cieco. Nell'adulto il

bendaggio di un occhio anche per periodi lunghi non comporta perdita di visione.

Èquantificabile con il reciproco dell'angolo visuale (angolo sotteso ai punto nodali

dell'occhio da un determinato simbolo ad una determinata distanza) sotteso dallo

stimolo, espresso in minuti primi (sessantesimi di grado). È tanto migliore quanto

più piccola è la dimensione angolare del più piccolo stimolo visivo riconosciuto.

La misurazione dell'acutezza visiva (AV) è uno dei sistemi per valutare l'efficienza

dell'apparato visivo. Essa informa solo sulla zona di fissazione. In base al tipo di stimoli

utilizzati distinguiamo diversi tipi di acutezza visiva:

 A) Acutezza di Visibilità: Percezione della presenza o meno di una mira

B) Acutezza di Ricognizione: Riconoscimento delle caratteristiche o della forma di un

oggetto (correntemente misurata nella pratica clinica)

C) Acutezza di Risoluzione: Percezione dei dettagli di un oggetto

D) Acutezza di Localizzazione: Percezione della localizzazione spaziale relativa di

due oggetti

L'acutezza visiva decresce dal centro alla periferia: è massima a livello della fovea (0°),

ha una “fascia nera” tra 12°-18° nel settore nasale della retina, corrispondente alla

papilla del n. ottico.

 Misurazione dell'acutezza visiva in base al tipo di risposte utilizzate

• METODI SOGGETTIVI (PSICOFISICI): presuppongono un certo grado di

collaborazione da parte dei soggetti.

Ottotipi:

◦ alfabetici

◦ numerici

◦ simbolici

◦ E di Snellen◦ C di Landolt

• METODI OBIETTIVI : in soggetti non cooperanti in particolare età infantile

◦ Reazioni istintive (Riflesso d'ammiccamento, Riflesso pupillare

fotomotore, Fissazione):

▪ Reazione di pianto occludendo un unico occhio veggente di un

neonato

▪ L'assenza di riflessi pupillari diretti alla luce fa pensare a deficit

visivo

▪L'alternanza di fissazione (strabismo alternante) 

èindice di acuit

à visiva circa uguale nei due occhi: gli occhi vedono, ma il bambino usa

alternativamente o l'uno o l'altro.

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◦ Potenziali evocati visivi: informazioni su efficienza qualitativa delle

vie ottiche (dalla retina alla corteccia visiva )

◦ Movimenti oculari provocati dalla presentazione di stimoli visivi

▪ Nistagmo Optocinetico: evocato dall'osservazione di un oggetto in

rapido movimento (come un cilindro rotante a strisce bianche e

nere). Lo stimolo su un'area extrafoveale causa movimento saccadico

per portare l'immagine dell'oggetto sulla fovea. Dimostra l'integrità delle vie visive (anche con scarsa acuità visiva). È utile per i primi

giorni di vita, i simulatori, gli isterici

▪ Direzione preferenziale di sguardo (DPS): i bambini

guardano preferenzialmente stimoli figurati (barre

in bianco e nero) piuttosto che una superficie

bianca. Quando le barre sono al di sotto della soglia di risoluzione

(del visus) il bimbo guarderà indifferentemente da una parte o

dall'altra.

▪ Movimenti oculari d'inseguimento

◦ Refrazione in cicloplegia (schiascopia): valuta il reale difetto

refrattivo dei pazienti senza che venga messa in gioco l'accomodazione.

Necessaria in età infantile!

2. Riflesso di fissazione

Mantenimento stabile sulla fovea dell'immagine dell'oggetto osservato. Matura entro il

secondo anno di vita. Se non viene sviluppata la funzione della vista “centrale”, ovvero

quando il visus bilaterale è inferiore a 2/10 dal quarto/quinto mese di vita, si instaura

un nistagmo sensoriale che può condurre all'ambliopia.

3. Visione Binoculare

Consiste nell'uso simultaneo di entrambi gli occhi con fissazione bifoveale.

È presente già al quarto mese di vita, si stabilizza entro i 6 - 7 anni, e se non si instaura

prima di questo periodo non sarà più inducibile. Si può interrompere anche in età 

adulta (eteroforie).

Condizioni necessarie affinché si sviluppi:

• Corretto sviluppo neuromuscolare

• Vie ottiche normali

•Nitidezza e dimensioni delle immagini retiniche simili in entrambi gli occhi

Essa comporta la capacità del cervello di fondere le immagini provenienti dai due occhi

e percepire il senso della profondità (stereopsi)

 Rapporti tra patologia refrattiva e sviluppo della visione

 Vizi di rifrazione e Visus: tra 10/10 (20/20) e 2/10 (20/100) la proporzione è diretta per vizi di

rifrazione sferici. Nell'astigmatismo semplice l'elevazione della soglia è l'80% di quella dovuta

a eguale entità di vizio sferico.

 D ISTURBI R IFRATTIVI  

• Ipermetropia (privazione sensoriale)Per una minore lunghezza del bulbo oculare (meno di 21 mm) si ha una incapacità del sistema diottrico

dell'occhio di focalizzare sulla retina i raggi provenienti dall'infinito. Il paziente allora è costretto ad un

continuo sforzo di accomodazione soprattutto da vicino. La sintomatologia infatti è spesso quella da

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difficoltà nella prolungata lettura. Comunemente si crede che la ipermetropia sia la incapacità di vedere

da vicino, ma in realtà c'è lo stesso difetto sia nella visione da vicino che da lontano; per la visione

all'infinito però l'occhio riesce a compensare (in genere si manifesta nei soggetti giovani, e spesso dopo

l'infanzia recede da sola), quindi il paziente non riferisce disturbi. Alcuni usano quindi occhiali correttivi

a lenti biconvesse (convergenti) soltanto durante la lettura.

Il continuo sforzo accomodativo sia da lontano che da vicino, e quindi anche nei pazienti

che usano occhiali da lettura, provoca una sintomatologia da astenopatia

accomodativa, discriminabile in quanto assente a riposo visivo (mattina, …) erecessivo con l'utilizzo di un occhio solo:

◦ Cefalea fino al vomito

◦ Bruciore oculare

◦ Blefarocongiuntivite astenopeica

◦ Dolore oculari e perioculari

  Accompagnato al continuo processo di accomodazione vi è anche quello di convergenza,

che può portare allo strabismo convergente (esotropia accomodativa).

Con la crescita dell'individuo, e quindi dell'occhio, l'ipermetropia tende a diminuire.

Ipermetropia  →   Esotropia accomodativa Ambliopia ?→  

• Astigmatismo (privazione sensoriale)Si ha quando la cornea non è perfettamente sferica, ma ellissoide. Quando la differenza di curvatura fra i

meridiani verticali e orizzontali è elevata, il sistema ottico avrà due fuochi: uno per i raggi luminosi che

attraversano i meridiani a curvatura maggiore (più vicino alla cornea) e uno per i raggi che passano nei

meridiani a curvatura minore (più lontano).

Uno sfiancamento della cornea può condurre a cheratocono.

• Miopia (buon visus per vicino)

Differenza tra visus lontano e visus vicino; può

condurre a danni organici, retinici(distacco, emorragia, cicatrici: fenomeni abiotrofici) e non. Può essere anche

aumentata dalla gravidanza, a causa degli ormoni miorilassanti che agiscono

principalmente sull'utero.Si parla di miopia quando i raggi provenienti dall'infinito vanno a fuoco prima della retina. È dovuta

nella maggioranza dei casi ad una alterazione della lunghezza del bulbo oculare che è maggiore del

normale (oltre 26 mm). A differenza dell'ipermetrope, il miope non può mettere in atto alcun meccanismo

di compenso, perché non si può ridurre volontariamente il potere di convergenza del cristallino. La

distanza in cui i raggi luminosi convergono alla retina con l'occhio rilassato è diminuita nel miope, che

legge meglio e con meno sforzo.

L'occhio ha una fase di crescita precoce molto rapida (a 4 anni ha già raggiunto l'80% della lunghezza

definitiva) e poi una fase di crescita lenta che dura fino ai 20 anni. Nella miopia assiale la crescita rapidasi prolunga oltre la norma. In certa misura (soprattutto per le forme più lievi di miopia, dette semplici o

fisiologiche) risente dei fattori ambientali, come il tempo dedicato alla lettura o all'osservazione di oggetti

vicini (scuola, uso dei videoterminali, lavori di precisione). Le forme più gravi invece sembrano trasmesse

come carattere autosomici recessivi. In realtà la patogenesi non è chiara; riveste un ruolo il fatto che, nei

primati, alterazioni della messa a fuoco in un occhio tendono a provocare la crescita dell'altro, e si

instaura quindi un circolo vizioso. La prevalenza della miopia è maggiore nelle regioni nordiche (scarsa

illuminazione) e varia dal 20 al 30%. L'occhio miope può essere confuso con un esoftalmo, e rispetto

all'occhio emmetrope ha una maggiore associazione con il glaucoma.

La terapia viene fatta con lenti concave divergenti, fisse su occhiali tradizionali oppure

a contatto, e con la chirurgia rifrattiva. Questa va praticata con le opportune

precauzioni in soggetti selezionati. La lente divergente provoca un rimpicciolimentodell'immagine sulla retina, che fino ad un certo limite può essere compensato dal

cervello con un adattamento centrale: nella miopia ci sono praticamente sempre dei

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fatti degenerativi delle cellule retiniche, e quindi diminuisce la densità di fotorecettori.

Il rimpicciolimento dell'immagine provocato dalla lente non avviene con la lente a

contatto.

Miopia  →  Exotropia 

• Presbiopia:

La presbiopia è una condizione parafisiologica, che consiste in un calo della capacità dimessa a fuoco (accomodazione), che si verifica per ingrandimento e irrigidimento del

cristallino (che non arresta la crescita con l'età).

Nella presbiopia, nonostante la contrazione del muscolo ciliare, il cristallino non

modifica abbastanza la sua curvatura, sia perché con l'età diventa più rigido, sia per la

continua crescita di dimensioni. cosicché si allentano le fibre della zona ciliare e non

riescono a stirare e accomodare il cristallino.

La terapia della presbiopia è difficile, essendo questa una condizione parafisiologica.

  Metodi correttivi dei vizi di refrazione: 

• Occhiale

Esistono due tipi di lente: lenti sferiche (correggono i difetti sferici come miopia e ipermetropia) che

possono essere convergenti o divergenti a seconda del difetto da correggere e lenti cilindriche che

correggono i difetti non sferici

Sono efficienti solo al centro della lente e modificano la grandezza delle immagini.

• Lente a Contatto (LAC)

Hanno diversi vantaggi:

◦ Non creano un sistema diottrico, che ha più superfici che rifrangono i raggi luminosi. La superficie

anteriore della lente a contatto diventa la separazione di fase e quindi la curvatura della cornea, che

ha lo stesso indice di rifrazione, viene ad essere annullata. A differenza degli occhiali, questo sistema

non modifica la dimensione dell'immagine sulla retina, e soprattutto impedisce il manifestarsi difenomeni di aberrazione di rifrazione che invece, con una correzione fissa sopra a 5-6 diottrie sono

inevitabili. Nel sistema omogeneo non si hanno rifrazioni di sorta, e questo problema non c'è. La lente

divergente provoca infatti (al contrario di quella convergente) un rimpicciolimento dell'immagine

sulla retina, che fino ad un certo limite può essere compensato dal cervello con un adattamento

centrale. Nella miopia ad esempio utilizzare una lente convergente rimpicciolisce l'immagine. Questo

non avviene con le lenti a contatto.

◦ Non hanno la riduzione del campo visivo che hanno gli occhiali

Purtroppo corre il rischio di essere irritativa.

• Lente intraoculare

• Chirurgia Refrattiva

Si tratta di modificare in maniera permanente il potere di rifrazione della retina direttamente. Il laser,opportunamente dosato e guidato, frammenta gli strati proteici superficiali senza intaccare la trama

collagenica e quindi senza indebolire la cornea, permettendo di modificarne la curvatura in maniera

estremamente precisa. Queste tecniche, un tempo usate per la miopia, sono oggi usate anche per

l'ipermetropia e per l'astigmatismo con risultati meno brillanti. Va intrapresa solo al termine della

crescita e dello sviluppo dell'occhio.

L'alterazione della normale coordinazione dei movimenti oculari in pazienti con stereopsi

provoca diplopia (l'immagine cade su punti diversi tra le due retine) e confusione (i due

occhi vedono campi visivi diversi). Questo non accade in pazienti che non abbiano sviluppato,

entro l'età plastica del sistema visivo (8-10 anni), una visione binoculare normale (ambliopia o

strabismo), in quanto attuano meccanismi per evitare diplopia e confusione:

• Soppressione: fenomeno d'inibizione attiva a livello corticale. Le zone del campo visivo

dell'occhio deviato vengono neutralizzate. Frequente negli strabismi a grande angolo.

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• Corrispondenza retinica anomala: adeguamento soggettivo del paziente alla

deviazione strabica: la fovea dell'occhio fissante viene a corrispondere a un'area più o

meno estesa dell'occhio deviato. Frequente negli strabismi a piccolo angolo.

 AMBLIOPIA

 Ambliopia significa “occhio pigro”. È una alterata funzione visiva in uno o entrambi gli occhi,

non giustificabile (interamente o parzialmente) da danni dell'apparato neuro-sensorialeevidenziabili con mezzi clinici.

Presente nel 2 - 4% della popolazione.

È fondamentale una diagnosi precoce! L'ambliopia dovrebbe idealmente essere prevenuta, ma

questo non è sempre possibile (microstrabismo).

Cause:

  Ambliopie monolaterali: 

1. Strabismo (80% delle ambliopie)

La corrispondenza retinica anomala, e la  soppressione, due meccanismi di compenso

dello strabismo, portano nel tempo all'abitudine dell'occhio a non utilizzare alcune zone

della retina; questo diminuisce la sua acuità visiva generando l'occhio pigro nel

bambino; nell'adulto invece non c'è più la plasticità per escludere un occhio.

Lo strabismo può anche essere il risultato di ambliopia: l'esclusione di un occhio porta

all'incapacità di usare i due occhi insieme e termina con lo strabismo.

  2. Anisometropia

Si ha quando nei due occhi si formano immagini di grandezza diversa. Questo richiede la soppressione di

una di queste immagini, con conseguente ambliopia. Eppure in questa situazione rimane comunque uno

stimolo all'occhio che cresce in maniera normale, e l'ambliopia è minore.

• anisoipermetropia

• anisomiopia

  Ambliopia mono- o bilaterale:

  3. Deprivazione (Ambliopia ex anopsia)

La ambliopia da deprivazione si forma quando in un occhio viene a mancare la

stimolazione visiva, e quindi manca lo stimolo alla crescita e allo sviluppo della

corteccia visiva e del corpo genicolato laterale. Le lesioni sono inizialmente reversibili, e

vanno poi ad alterare le vie ottiche in modo che vadano tutte a collegarsi solo all'occhio

funzionante.

• ptosi completa, opacità dei mezzi, occlusione monolaterale o atropinizzazione

• ipermetropia bilaterale elevata

• astigmatismo (ambliopia meridionale)In genere accade che il soggetto riceva una stimolazione diversa delle cellule cerebrali delle

colonne orizzontali rispetto a quella delle colonne verticali, e quindi si crei una ambliopia simile a

quella da privazione. Se la correzione dell'astigmatismo viene fatta entro i 10 anni di vita si evita

di arrivare a questi punti.

• nistagmo ?

Metodi diagnostici

• Valutare la presenza di alternanza di fissazione (che esclude la ambliopia per

definizione)

• Escludere Microstrabismo• Schiascopia in cicloplegia

• Esame del visus soggettivo ( E di Albini)

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• Osservazione del fundus

Terapia

• mezzi ottici

◦ Occlusione: metodo di scelta

◦ Penalizzazione: stimolazione dell'occhio ambliope penalizzando l'occhio che vede bene, con

risultati migliori tanto quanto la terapia è precoce

• mezzi farmacologici: terapia medica che stimoli il sistema dopaminergico◦ Levodopa/carbidopa

◦ Citicolina

STRABISMO

Si intende per strabismo ogni deviazione oculare da un allineamento perfetto, sia nella posizione primaria che

nelle varie direzioni dello sguardo .

1. Concomitante: angolo di deviazione simile in tutte le posizioni di sguardo e con

entrambi gli occhi fissanti

2. Incomitante (o  paralitico): la deviazione è variabile nelle varie posizioni di sguardo,

massima nella direzione in cui entra in azione il muscolo paretico

Test per valutazione della stereopsi

• QUANTITATIVI: basati su stimoli NON percepibili in alcun modo monocularmente

◦ Test di Lang: Cartolina ove esistono stimoli casuali stampati con sistema

panografico: utile nei bambini molto piccoli

◦ Test TNO: con occhiali anaglifici (lenti rossa e blu)

• QUALITATIVI

◦ Test delle due matite: un solo occhio non permette di allineare due matite; i soggetti

strabici non ci riescono nemmeno con entrambi gli occhi aperti.

Valutazione della deviazione strabica

1. Riflessi corneali luminosi:

• simmetrici

• esotropici (occhi convergenti)

• exotropici (occhi divergenti)

stabilire il tipo di strabismo:→

• Convergente (Esotropia)

• Divergente (Exotropia)• Torsionale (inciclo-exciclotropia)

2. Test Diagnostici:

Cover Test: l'esaminatore scherma un occhio e osserva l'altro: fa diagnosi qualitativa

(stabilisce il tipo di eterotropia)

• l'occhio osservato   prende la fissazione (da una posizione di deviazione verso

quella primaria): eterotropia!!

• l'occhio osservato non si muove:

◦ l'occhio fissato è quello fissante

◦ il visus è troppo basso

◦ non c'è strabismo: ortotropia (cover test alternato)

Uncover Test: l'esaminatore scherma un occhio e osserva il suo movimento alla

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rimozione dello schermo: è una valutazione quantitativa. Evidenzia   strabismo latente

(eteroforia).

 Misurazione della deviazione strabica 

Pazienti collaboranti: il visus dell'occhio deviato deve essere tale da prendere la fissazione.

Non c'è fissazione eccentrica.

Cover test associato ai prismi: i prismi hanno finalità diagnostiche eterapeutiche/palliative. Spostano verso il loro apice la posizione apparente di un oggetto

(un raggio luminoso che lo attraversa è deviato verso la base). L'apice del prisma deve

essere orientato verso la deviazione strabica.

Si fa scorrere davanti all'occhio non occluso una barra di prismi a potere crescente; si

osserva l'entità dei movimenti che fa l'occhio deviato per prendere la fissazione fino ad

annullarli. Il prisma che annulla il movimento definisce l' angolo di strabismo ( Diottrie

 Prismatiche). Sono utili per:

• Misurare l'angolo di strabismo

• Quantificare l'entità della chirurgia

◦ Sui RM: 1 mm di chirurgia corregge 3 DP

◦ Sui RL: 1 mm di chirurgia corregge 2 DP

• Correggere diplopia in posizione primaria in casi selezionati (fino a 10 DP se

integrati su lenti)

Pazienti non collaboranti, Pazienti non in grado di fissare con l'occhio deviato:

Test di Hirschberg: osservazione della simmetria della prima immagine di Purkinje

sulla cornea

• 1 mm di decentramento: 7 °di strabismo

• Riflesso al bordo pupillare: 15°di strabismo (30 DP)

• Tra forame pupillare e limbus: 30°di strabismo (60 DP)• Riflesso al limbus: 45°di strabismo (90 DP)

Test di Krimsky: si osserva la centratura del riflesso corneale dell'occhio deviato

ottenuta facendo scorrere una barra di prismi davanti a tale occhio. Il prisma che

determina la centratura definisce l'angolo di deviazione.

1. Strabismo concomitante

Può essere uno strabismo latente (eteroforia), od uno strabismo manifesto (eterotropia).

• Esotropia (strabismo concomitante convergente): lo strabismo più frequente nel

mondo occidentale. È ad insorgenza infantile:◦ Esotropia essenziale infantile (la più frequente)

Insorgenza dalla nascita fino a 6 mesi; è del tipo a grande angolo (> 30 diottrie

prismatiche), angolo stabile. Il SNC è normale, non c'è paralisi bilaterale degli

abducenti. Può essere associata a: OKN asimmetrico, deficit di abduzione, eccesso di

adduzione, disfunzione dei muscoli obliqui, DVD, nistagmo latente o manifesto-

latente.

Iniziale alternanza con fissazione crociata

Limitato potenziale per visione binoculare normale

◦ Esotropia accomodativaDopo il sesto mese di vita, a causa di una ipermetropia non corretta, il bambino costretto ad un

accomodamento eccessivo produce una eccessiva e stabile convergenza. Il motivo è che i retti mediali

sono innervati dal III n.c. così come il muscolo ciliare, e una tonica stimolazione del nervo per

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mantenere l'accomodamento si riflette anche sull'innervazione dei muscoli. Il riflesso

dell'accomodazione è infatti contemporaneo alla convergenza e alla miosi; quindi lo strabismo è più 

evidente se il soggetto guarda da vicino.

La correzione dell'ipermetropia permette la normalizzazione dello strabismo.

◦ Esotropia da scompenso di esoforia

◦ Esotropia da nistagmo bloccato

◦ Esotropia con alterazioni del S.N.C.

◦ Microstrabismo

◦ Esotropia sensorialeIn seguito ad una riduzione dell'acutezza visiva monolaterale (cataratta, opacità corneale, alterazioni

della retina, del nervo ottico...) compare una esotropia che rende ragione di un attento esame della

funzione visiva in tutti i bambini strabici. La terapia è la correzione chirurgica dell'acuità visiva.

Terapie chirurgiche:

◦ indebolimento dei muscoli iperfunzionanti: recessione, ovvero arretrare il loro

punto d'inserzione

◦ rinforzo dei muscoli deboli: resezione, ovvero accorciamento del ventre muscolare

• Exotropia (strabismo concomitante divergente): cominciano più tardivamente,

consentendo una maturazione della visione binoculare, e peggiorano nel tempo.

◦ Essenziale

◦ Exotropia da deficit parziale misconosciuto del III n.c.

◦ Exotropia da scompenso di exoforia

◦ Exotropia intermittente

◦ Exotropia secondaria

◦ Exotropia da anomalie anatomiche

Quando c'è un pesante ostacolo alla visione di un occhio (toxoplasmosi oculare,

retinopatia acquisita) viene meno lo stimolo alla fusione delle immagini e quindi gli

occhi tendono ad andare in exotropia, verso la posizione di riposo. Una exotropia, specie

se insorta in un bambino, richiede una approfondita analisi dell'acuità visiva e

dell'occhio: questa è il sintomo più frequente del retinoblastoma. 

Rosolia: Triade di Gregg:

• Microftalmia e microcefalia

• Cataratta congenita, causa dello strabismo. La pupilla appare bianca.

• Malformazioni cardiache

• Ipertropia

• Ipotropia

2. Strabismo incomitante

Si tratta di una condizione in cui uno o più muscoli di un occhio sono paralizzati, che si caratterizza dall'avere un

angolo di deviazione non sempre costante. La diplopia, sintomo costante, è più accentuata. I pazienti sono spesso

adulti e questo rende molto più difficile mettere in atto meccanismi di compenso nervosi o oculari; si osservano

posizioni compensatorie del capo (torcicollo oculare) che però portano alla vertigine e al falso orientamento,

sintomi molto fastidiosi ma che si attenano con il tempo. L'angolo di deviazione aumenta quando si entra

nell'area di azione del muscolo interessato e diminuisce fino a scomparire quando si guarda dalla parte opposta.

• Strabismo meccanico: dovuto a malattie sistemiche o localizzate dei muscoli

◦ distiroidismo: infarcimento e fibrosi dei muscoli senza ingrossamento dei tendini.

Nel 30% dei casi è monolaterale, e può coinvolgere separatamente i due occhi adistanza di anni. Anche l'ipotiroidismo può causare esoftalmo come conseguenza di

terapie che hanno l'effetto di ipertiroidismi relativi.

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◦ incarceramento muscolare: fratture delle pareti dell'orbita che intrappolano i muscoli

◦ miastenia, distrofie miotoniche

◦ miopatia miopica: l'occhio miope allungato si deforma fino a spostare i muscoli

• Strabismo paralitico: traumi, accidenti vascolari, neuriti, alterazioni metaboliche,

tumori◦ Del VI  n.c.: esotropia con deficit dell'abduzione e diplopia orizzontale. Il capo è ruotato verso il lato

leso; il VIè

un nervo vulnerabile, le paralisi acquisite sono frequenti.È

  statisticamente e probabilisticamente il più colpito dalla neuropatia diabetica perché è il più lungo e tortuoso tra i nervi

oculari.

◦ Del IV n.c.: deficit della incicloversione con diplopia verticale. Inclinazione e rotazione del capo verso

il basso.

◦ Del  III  n.c.: deficit multiplo di movimento: se il n.c. è interessato tutto allora si ha anche

interessamento della pupilla e del muscolo ciliare, e alla diplopia si aggiunge un deficit

dell'accomodazione; ptosi palpebrale.

◦ Malattie vascolari, neoplastiche, demielinizzanti possono provocare paralisi molteplici dei nervi

cranici con formazioni di sindromi oculoneurologiche.

Meccanismi compensatorî: Diplopia, confusione, posizione anomala compensatoria del capo

Evoluzione in tre stadi successivi:

1. Deficit muscolo paretico e iper-reattività antagonista omolaterale

2. Contrattura dell'antagonista

3. Deviazione che si estende a tutte le posizioni di sguardo (concomitantizzazione dello

strabismo)

Diagnosi

• Test del vetro rosso: permette di sapere se la diplopia è orizzontale/verticalesi effettua con una luce bianca dopo aver coperto un occhio con un vetro rosso: il paziente normale vede

una luce sola. Se il paziente dice di vederne due in qualche posizione allora c'è diplopia in quella direzione

dello sguardo

Il vetro di Maddox permette di studiare le torsioni: per effetto prismatico scompone una

luce puntiforme in una striscia luminosa perpendicolare ai prismi che costituiscono il

vetro stesso. La direzione dell'immagine torta corrisponde all'azione del muscolo

deficitario.

Si ricercano la direzione di sguardo in cui la diplopia è massima e la direzione di

sguardo in cui le due immagini della mira di fissazione sono più lontane tra loro.

L'immagine dell'occhio con il deficit muscolare è sempre quella più lontana dal paziente!

Immagine falsa campo d'azione muscolo deficitario E→

• Test della motilità passiva o duzione forzata: per distinguere un deficit neurogeno

da un deficit meccanico (miopatie restrittive, incarceramenti traumatici).

Si esegue in sala operatoria o in ambulatorio (con anestetici topici): con due pinze si

afferra la congiuntiva limbare, si ruota il bulbo nella direzione che si vuole esplorare e

si confronta con il movimento ottenuto dall'occhio controlaterale. Se non si incontra

resistenza al movimento passivo, la causa è neurogena. Se si incontra resistenza la

causa è miogena.

  Paralisi di movimenti associati (fenomeno di Gunn) : sono paralisi sovranucleari, che derivanoda un danneggiamento delle strutture telencefaliche, e che impediscono al soggetto di

compiere movimenti associati: il paziente ad es può essere capace di muovere entrambi gli

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occhi indipendentemente verso un lato ma non di farlo con entrambi contemporaneamente .

Sindromi strabiche

• Atteggiamenti alfabetici (A e V)

• Sindrome di Stilling-Duane-T ürk

• Sindrome di Brown

• Sindrome di M öbius: agenesia di VI e VII n.c. che causa anche inespressività facciale

 NISTAGMO

Oscillazioni dell'asse oculare:

◦ Bifasiche

◦ Lente o rapide

◦ Ritmiche (se non ritmiche: movimenti nistagmoidi)

◦ Involontarie

◦ Binoculari (raramente monoculari)

◦ Ampiezza tra i 5°-15°; orizzontale - verticale - anteroposteriore• A scosse: una   fase lenta (il movimento patologico) cui segue una   fase rapida in

direzione opposta (saccade correttiva). Il nistagmo si definisce come battente nella

direzione della fase rapida!

• Pendolare: oscillazioni oculari circa eguali in entrambi le direzioni.

Entrambi possono presentare una posizione di sguardo in cui l'intensità delle oscillazioni

oculari è minima (punto nullo).

 Nistagmo Fisiologico

• Optocinetico: uno stimolo su un'area extrafoveale causa movimento saccadico per

portare l'immagine dell'oggetto sulla fovea

• Vestibolare

• Da posizione estrema di sguardo

 Nistagmo Patologico

• Congenito: manifesto o latente

◦ Sensoriale: se non viene sviluppata la funzione della vista “centrale”, ovvero quando

il visus bilaterale è inferiore a 2/10 dal quarto/quinto mese di vita, si instaura un

nistagmo oscillante

◦ Neuro-muscolare: a scosse; viene eliminato dal paziente con il “torcicollo da

nistagmo”

◦ Sindrome da nistagmo bloccato

• Acquisito

Visus nel nistagmo

• Ny congenito sensoriale: non più di 2 o 3/10.

• Ny congenito neuro-muscolare: almeno una posizione in cui il visus in binoculare è 

10/10; stereopsi presente.

• Ny latente: il visus monoculare può essere eccellente; può esserci ambliopia; stereopsiassente.

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L'intervento chirurgico non cura il nistagmo, non migliora la vista, ma ottimizza il

potenziale visivo del paziente, prima male utilizzato! Ruotando chirurgicamente entrambi gli

occhi, si riallineerà la testa.

• Torcicollo: si trasferisce il visus migliore dalla posizione viziata alla posizione primaria

• Blocco in convergenza: si trasferisce il visus da vicino anche alla visione per lontano

 L A T OSSINA BOTULINICA

La “terapia botulinica” esordì in ambito medico in oculistica, ove trova ancora molte

indicazioni.

La tossina viene iniettata nei muscoli allo scopo di indebolirli per trattare gli strabismi.

L'iniezione viene fatta sotto controllo elettromiografico e determina una paralisi flaccida che

dura circa due mesi. La terapia botulinica può essere risolutiva in lesioni nervose oculomotorie

traumatiche dell'adulto ristabilendo l'equilibrio di forze muscolari.

La terapia botulinica è molto utile in

patologie spastiche:

Exotropia (specie se intermittente) Blefarospasmo

Strabismo paretico di insorgenza recente Entropion spastico

Strabismo paretico da Sclerosi Multipla Emispasmo facciale

Strabismo paralitico: supplenza + botox Tic facciali

Sindrome di Meige

Torcicollo spasmodico idiopatico

  Disfonia spastica, Disfagia spastica Iperidrosi

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PATOLOGIE OCULARI

  Lampada a fessura o biomicroscopio: per la valutazione delle strutture del

segmento oculare anteriore. Componenti:

• sistema illuminante

• sistema osservante

• sistema ingrandente

PATOLOGIE INFIAMMATORIE 

La manifestazione principale è l'arrossamento degli occhi, che può derivare da numerose

cause: congiuntivite, patologie corneali (cheratiti), patologie dell'iride, alterato deflusso

lacrimale, aumento della pressione oculare, patologie traumatiche, glaucoma congenito,

glaucoma acuto. L'arrossamento è dovuto alla dilatazione dei vasi della congiuntiva, che è 

trasparente. Chiazze rosse possono essere dovute a emorragie congiuntivali traumatiche o da

deficit lacrimale (xeroftalmia: in questo caso l'arrossamento si associa spesso a sbalzi di

temperatura e ambienti asciutti). Queste forme sono perlopiù

autolimitanti.Quando le emorragie congiuntivali sono recidivanti bisogna porre il sospetto di malattia

ematologica (leucemia per esempio).

CONGIUNTIVITI 

Congiuntivite: infiammazione della congiuntiva. È un evento patologico molto comune, con

quadro clinico simile, ma molteplici cause. Il disturbo oftalmico più frequente nella

popolazione è la secchezza oculare!

1. Congiuntivite batterica

2. Congiuntivite virale

3. Congiuntivite allergicaSegni generici: iperemia e chemosi congiuntivale (l'epitelio congiuntivale è rigonfio, con

deposito di liquido infiammatorio sopra la sclera). L'occhio appare generalmente rosso ed

irritato. Una pura congiuntivite non dà mai sintomi visivi.

• Lacrimazione

• Bruciore

• Sensazione di corpo estraneo

Sintomi specifici:

• Prurito allergica→

• Secrezione batterica→Le congiuntiviti acute (allergica o batterica) possono cronicizzare.

1. Congiuntivite batterica

Patogeni comuni: Stafilococchi, Streptococchi,  Haemophilus influenzae

Patogeni rari:  Neisseria gonorrhoeae, Clamydia

Sintomi: secrezione e ciglia appiccicate al mattino, occhio rosso ed irritato, sensazione di

corpo estraneo, bruciore, fotofobia.

Segni: 

Iniezione congiuntivale• Papille (piccole formazioni circolari sostenute da un'asse vascolare)

• Pseudomembrane o membrane (raro)

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• Non c'è linfoadenopatia preauricolare (eccetto Clamydia o Gonococco)

• Secrezione ai fornici

Prognosi: generalmente a carattere benigno (risoluzione in 1-2 settimane). Talvolta vi sono

quadri molto gravi (è importante escludere un difetto dell'epitelio corneale e/o ulcerazione).

Raramente è una manifestazione di una malattia sistemica.

Terapia: antibiotico topico con copertura limitata alla durata del processo infiammatorio

(generalmente 5-7 giorni), ma con una durata sufficiente ad escludere possibilicronicizzazioni.

Congiuntivite gonococcica: Irite secondaria, linfoadenopatia preauricolare.

Grave e severo edema palpebrale e secrezione purulenta

Terapia: antibiotici topici: Ceftriaxone 250 mg 1 cp x 3 giorni.

  2. Congiuntivite virale

Patogeni: numerosi sierotipi virali (frequente  Adenovirus). È molto facilmente trasmissibile.

Esordisce spesso come monolaterale ma in molti casi diventa successivamente bilaterale.

Se arriva ad interessare anche la cornea si parla di cheratocongiuntivite, che può dare

precipitati, causa di alterazioni visive difficili da risolvere.

• Congiuntivite acuta follicolare: modesta irritazione e lacrimazione, spesso

bilaterale asincrona (1 - 3 giorni)

• Febbre faringo-congiuntivale: congiuntivite virale con manifestazione virale

sistemica (mal di gola, tosse, febbre, mialgie, disturbi intestinali)

• Cheratocongiuntivite epidemica: comune in autunno/inverno; spiccata lacrimazione

ed irritazione, bilaterale nel 40% dei casi, asincrona (dopo 4-5 giorni)

• La congiuntivite erpetica, che se ricorrente può portare a fibrosi e

neovascolarizzazione, possibile mezzo di rigetto di eventuali trapianti di cornea, può 

portare anche alla cheratite erpetica caratterizzata da ipo-/anestesia corneale.

Segni:

• Linfoadenopatia preauricolare

• Edema palpebrale lieve-moderato

• Iperemia, chemosi congiuntivale con secrezione sierosa

• Follicoli sulla congiuntiva tarsale (con sottile rete vascolare intorno alla base)

• Coinvolgimento variabile della cornea fino alla cheratite punctata

Terapia: attualmente non ci sono farmaci antivirali efficaci. Se c'è sovrainfezione batterica o

pseudomembrane: antibiotici topici a largo spettro. Risoluzione spontanea entro 8 - 10

settimane.

  3. Congiuntivite allergica

Gli occhi appaiono arrossati, la congiuntiva è edematosa (chemosi). A volte ribaltando la

palpebra si può notare il tipico aspetto di “acciottolato romano” del versante bulbare della

palpebra superiore. Spesso è presente prurito. Dal momento che la cornea non è interessata

non c'è fotofobia. Dopo i 20 anni di età il quadro di solito migliora.

• Congiuntivite allergica acuta

Stagionale o perenne: nel 70% associate ad atopia o ad una storia familiare di atopia.

Esposizione ad allergeni ambientali: prurito e rinite allergicaSegni:

◦ Infiammazione oculare modesta

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◦ Eritema ed edema palpebrale

◦ Chemosi ed iperemia congiuntivale

◦ Papille ai fornici congiuntivali

• Cheratocongiuntivite primaverile

Grave forma di congiuntivite allergica cronica.

Maschi tra i 5 e i 15 anni. Storia di atopia nel 15 - 60% dei casi; associata ad

allergopatie (asma, eczema, rinite) nel 40 % dei casi.Segni:

◦ Papille ad acciottolato su congiuntiva tarsale superiore

◦ Noduli di Trantas

◦ Congiuntiva iperemica e chemotica

◦ Secrezione mucosa con filamenti

◦ Cheratite punctata fino alle “ulcere a scudo”

• Cheratocongiuntivite atopica

Bambini < 4 - 5 anni, adulti 20 - 50 anni. Associata a dermatite atopica, rinite ed asma.

Segni:◦ Dermatite palpebrale

◦ Blefarite cronica

◦ Edema congiuntivale

◦ Papille più spesso nel fornice inferiore

• Congiuntivite da papille giganti (infiltrati linfocitarî)

◦ Congiuntivite papillare da lenti a contatto

Sintomi: diminuita tolleranza alle lenti, secrezione mucosa

Segni: papille giganti (Ø >1mm)

Terapia: sospensione immediata delle LAC

◦ Cheratocongiuntivite limbica superiore

Donne oltre i 40 anni: concomitanza con distiroidismi nel 50% dei casi.

Bilaterale asimmetrica.

Fasi di riaccensione/remissione.

Segni:

▪ Iperemia ed ispessimento congiuntivale fino a cheratinizzazione a livello del

limbus superiore

▪ Papille a livello tarsale

▪ Cheratopatia punctata superficiale con micropanno e cheratite filamentosa

(infrequente)Terapia: trattamento dell'eventuale disfunzione tiroidea concomitante, sostituti

lacrimali, uso di LAC terapeutiche.

La terapia dei fenomeni allergici può avvenire con farmaci antiinfiammatori steroidei. Quelli

topici (collirio), nei soggetti predisposti, possono condurre al  glaucoma, dovuto ad una

infiltrazione mucopolisaccaridica delle vie di deflusso dell'umore acqueo, pertanto non vanno

mai utilizzati per più di 15 giorni senza controllo oculistico. Quelli  sistemici possono dare una

cataratta reversibile, che regredisce spontaneamente alla sospensione della terapia.

  4. Congiuntivite del neonato ( Ophthalmia Neonatorum )Congiuntivite da papille giganti (infiltrati linfocitarî): nei neonati con meno di 4 settimane di

vita. Infezione durante il parto (infezione vaginale materna) o postnatale.

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Patogeni: Chlamydia trachomatis, Stafilococcus aureus,  Neisseria gonorrhoeæ, cocchi Gram +.

 Attenzione: la Neisseria può causare ulcerazione corneale con perforazione!!

Segni: 

• Edema palpebrale

• Secrezione

• Iperemia congiuntivale

Terapia: • Neisseria: Penicillina G endovena

• Chlamydia: Eritromicina in sciroppo

Tracoma

Sostenuto da Chlamydia (immunotipi A-C). Endemico in Africa settentrionale.

 Esordio: congiuntivite follicolare non purulenta. Dopo 2-3 settimane:

• Follicoli tarsali superiori e limbus superiore

• Linfoadenopatia preauricolare

•Almeno 5 follicoli tarsali superiori

• Follicoli limbari o loro sequele (Herbert's pits)

• Cicatrici congiuntivali tarsali

• Panno vascolare

Terapia: Azitromicina 1 gr per os. Eventualmente intervento chirurgico per

risolvere ectropion o distichiasi.

U VEITI

Infiammazione dello strato vascolare dell'occhio. L'uvea è un apparato di origine

mesenchimale e pertanto può risentire di patologie connettivali sistemiche.

Cause:

• Malattie sistemiche

◦ Spondiloartropatie HLA-B27 (Spondilite anchilosante, sindrome di Reiter)

◦ Artrite idiopatica giovanile (AIJ)

◦ IBD (RCU, CD)

◦ Sarcoidosi

◦ Malattia di Behcet

• Malattie infettive

◦ Batteriche (TBC, Sifilide, malattia di Lyme, Brucellosi, Malattia da graffio di gatto)

◦ Virali (HIV, CMV, HSV e HZV, rosolia)◦ Fungine (Candida, Criptococco)

1. Uveiti anteriori

Irite: infiammazione dell'iride; Iridociclite: infiammazione di iride e corpi ciliari

Segni:

• Iniezione pericheratica (infiammazione intorno alla cornea).

• Polvere endoteliale (dà origine ad un aspetto “sporco”, compare precocemente).

• Flare acqueo nella camera anteriore da essudazione proteica secondaria all'interruzione

della barriera sangue-umor acqueo; con conseguente infiammazione dell'iride che causamiosi (provocata dallo spasmo dello sfintere ciliare sostenuto dal sistema

parasimpatico). Una miosi persistente può portare a  sinechie tra iride e cristallino,

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rendendo la pupilla irregolare, od opacizzando il critallino (cataratta complicata);

inoltre esse possono ostacolare il drenaggio dell'umor acqueo ( uveite ipertensiva).

• Calo del visus, dolore.

Uveiti croniche: gruppi di depositi cellulari sull'endotelio corneale (precipitati

cheratici - KP) costituiti da cellule epitelioidi, linfociti e leucociti polimorfonucleati.

Sinechie posteriori Ipopion: in un'infiammazione intensa, le cellule si depositano

nella parte inferiore della camera anteriore formando un

livello orizzontale.

Complicanze 

Uveiti anteriori croniche in artrite idiopatica giovanile (AIJ) soprattutto pauciarticolare;

  sinechie posteriori; cheratopatia a bandelletta; cataratta complicata;  glaucoma secondario.

Terapia

• Steroidi topici (collirio)

• Midriatici: parasimpaticolitici (atropina) o simpaticomimetici (adrenalina)

◦ Short-acting (Tropicamide, Fenilefrina, Ciclopentolato): rilasciano il muscolo ciliare:

alleviano il fastidio ed il dolore; rompono le sinechie posteriori di recente formazione.

◦ Long-acting (Atropina 1%): prevengono la formazione di sinechie.

  2. Uveiti intermedie

Coinvolgono prevalentemente il vitreo. Esordio insidioso; bilaterale asimmetrica.

Idiopatica (Pars planite) o associata a malattie sistemiche (SM, Sarcoidosi, Malattia di Lyme).

Segni e sintomi:

◦ Uveite anteriore

◦ Cellularità e condensazione vitreale, snow balls

◦ Periflebite periferica, Snow banking

◦ Soggetti giovani edema del disco ottico, nel 30% dei casi Edema Maculare Cistoide

Terapia: steroidi e immunosoppressori sistemici, chirurgia (Vitrectomia via Pars Plana).

  3. Uveiti posteriori

Possono avere eziologia infettiva (Toxoplasma gondii,  Micobacterium tubercolosis).

• Retinite: focale o multifocale, opacità biancastre a margini indistinti.

• Vasculite retinica: periflebite o periarterite, alone giallastro irregolare che circonda ivasi.

• Coroidite: focale, multifocale, geografica, lesioni nodulari giallastre rotondeggianti.

 Retinite da Toxoplasma gondii

La causa più frequente di retinite in soggetti immunocompetenti. Spesso

riattivazioni di infezioni prenatali.

Sintomi: miodesopsie e fotofobia generalmente monolaterali.

Segni:

• Uveite Anteriore• Vitreite grave

• Aree confluenti estese di retinite (spesso area retinica cicatriziale limitrofa,

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sede di pregressa infezione)

Nel punto dove si ha infiammazione ci può essere fibrosi e conseguenti problemi

visivi, spesso se nella macula.

Terapia: antiprotozoari, steroidi.

DANNI CORNEALI

• Abrasione corneale: un bendaggio di 24 ore porta alla guarigione. Il bendaggiopreviene il rischio di infezione dall'esterno che può portare ad ascessi.

• Corpo estraneo: idem dopo l'estrazione.

CHERATOCONO

Patologia progressiva in cui la cornea assume una forma conica irregolare, secondaria

all'assottigliamento stromale ed alla protrusione.

• Forme distrofiche ereditarie (congenite)

• Sfiancamento: compare tra i 15 e 20 anni. È un astigmatismo corneale. Può arrivare

alla perforazione, che causa poi una cicatrice proprio all'apice della cornea.Terapia medica: Occhiali o lenti a contatto rigide

Terapia chirurgica: Cheratoplastica perforante

CATARATTA

Opacizzazione del cristallino che riduce la capacità visiva, dovuta a cause che provocano una

alterazione dell'equilibrio chimico-fisico delle proteine del cristallino stesso, che diventano

insolubili e modificano la sua trasparenza.

Essa è la causa principale di cecità nei paesi poveri del mondo, ed è una patologia che

potrebbe essere perfettamente risolta!

La sintomatologia è legata ad un calo graduale del visus, nell'arco di mesi o anni, distorsione delle immagini,diplopia monoculare, cecità diurna.

1. Cataratta acquisita 

◦ Senile

◦ Associata a  patologie sistemiche/metaboliche (Diabete mellito, Neurofibromatosi II)La cataratta diabetica si manifesta in genere dei giovani con cattivo controllo metabolico, in

entrambi gli occhi e nell'arco di breve tempo crea problemi visivi. Il meccanismo è la presenza di

glucosio nell'umor acqueo in concentrazione tale da produrre la formazione di polioli (alcool

zuccherini), che provocano glicosilazione e opacizzazione delle proteine del cristallino. Inoltre si

verifica accumulo di sorbitolo che provoca alterazioni della permeabilità dell'epitelio capsulare, con

ingresso di acqua e rigonfiamento. Il primo meccanismo provoca una cataratta nucleare irreversibile,il secondo una cataratta corticale inizialmente reversibile.

◦ Secondaria a  patologie oculari (Uveite cronica anteriore, Glaucoma, Miopia elevata)

◦ Traumatica: perforazione del cristallino oltrepassata la cornea

Localizzazioni:

• Corticale: fastidio alla luce

• Nucleare: il cristallino diventa più globoso, quindi una lente più potente: può 

dare miopizzazione in un soggetto che prima non vedeva bene da vicino.

• Sottocapsulare posteriore

2. Cataratta congenita: può compromettere lo sviluppo delle funzioni visive: va operata

prima del 5° mese se bilaterale (rischio nistagmo), prima del 2° - 3° mese se

monolaterale (rischio strabismo).

◦ Isolata

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◦ Associata a  patologie sistemiche (Galattosemia, Sindrome di Down, trisomia 13 o 18);

spesso ereditaria.

Localizzazioni:

• Nucleare

• Lamellare

• Polare anteriore e posteriore (possibile associazione con lenticono)

• SuturaleStadi di evoluzione della cataratta:

1. Matura

2. Ipermatura

3. Morgagnana

Terapia chirurgica: il rischio sono le infezioni intraoculari ( endoftalmite).

• Asportazione del cristallino e prescrizione di occhiali (molto spessi!) o LAC.

• Facoemulsificazione ed impianto IOL. Frammentazione ad ultrasuoni del cristallino

ed aspirazione. La lente artificiale viene inserita nella capsula originale del cristallino,

che è lasciata in sede, e che comunque potrà anch'essa opacizzarsi (catarattasecondaria); questa evenienza è risolta con un intervento laser che pratica un foro al

centro della capsula. Inoltre la lente impiantata ha un potere fisso, non accomodante,

per cui bisogna chiedere al pz. se desidera mantenere una buona visione da vicino o da

lontano.

GLAUCOMA

I glaucomi sono patologie caratterizzate da aumento della pressione intraoculare (IOP),

escavazione della papilla ottica con danni del nervo ottico (da compressione), alterazione

del campo visivo. Il glaucoma acquisito ad angolo aperto è la patologia oculistica più 

frequente in Emilia Romagna tra gli ultracinquantenni.

Il termine glaucoma origina dal greco “ glaucos” che significa grigio-azzurro, il colore

dell'occhio allo stadio terminale della malattia o nel glaucoma congenito; il termine viene da

Ippocrate. Si può considerare come una sindrome caratterizzata dalla triade di alterazioni di

cui il primo momento patogenetico è la ipertensione intraoculare.La pressione oculare è la pressione che tiene disteso, normoconformato, l'occhio: deriva dall'equilibrio fra la

quantità di liquido prodotto dai processi ciliari del corpo ciliato e quella eliminata all'angolo della camera

anteriore. Particolarmente frequente è una alterazione della pressione che provoca una riduzione della

 escrezione, più che un eccesso di produzione. La pressione è considerata:

• Normale: 10 - 18 mmHg

• Sospetta: 20 - 25 mmHg• Patologica: > 25 mmHg

L'escrezione avviene dopo che il liquido è passato alla camera anteriore tramite il forame pupillare; se questo è 

chiuso (come nelle iridocicliti gravi) si ha ipertensione. Per questo motivo tutti i farmaci cicloplegici e

parasimpaticomimetici sono fortemente controindicati in caso di glaucoma. Da qui il liquido defluisce verso

l'angolo irido-corneale che ospita una serie di trabecole (trabecolato sclero-corneale di Fontana): queste sono

costituite da un reticolato di fibre mesenchimali che funziona da filtro. Il filtro è attivo secondo gradiente, quindi

al di sotto di 3 mmHg di pressione nell'occhio la filtrazione dell'umor acqueo non avviene più. La griglia è a fori

variabili, e permette una certa regolazione del flusso; da qui, il liquido si impegna nel canale di Schlemm, il seno

venoso della sclera, e fuoriesce dall'occhio finendo nel sistema circolatorio tramite una serie di dotti venosi

collettori.

Una seconda via di deflusso, meno importante, è quella uveo-sclerale, per cui l'umor acqueo passa attraverso lepliche del corpo ciliare e viene riassorbito dalla coroide; essa infatti da dei vasi perforanti della sclera, che hanno

al loro ingresso uno sfintere che può allargare il loro accesso, permettendo una certa trasudazione del liquido.

Questo meccanismo, normalmente pochissimo importante, assume un certo significato quando siamo in presenza

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di ipertensione oculare.

Particolarmente interessata è la papilla ottica, sia per la compressione delle fibre nervose

contro la rigida lamina cribrosa della sclera, sia per l'ischemia da compressione delle arterie

del circolo di Zinn: essa si presenta atrofica, bianca anziché rosea.

Classificazione:

• Congenito o acquisito

•Ad angolo chiuso o ad angolo aperto

• Primario o secondario

Diagnosi:

• Tonometria: per la misurazione della IOP

◦ Tonometria a soffio: pneumotonometro (misurazione ad ultrasuoni con getto d'aria)

◦ Tonometria ad applanazione: tonometro di Goldmann (valuta la pressione

necessaria ad appiattire il segmento di cornea con cui è a contatto)

◦ Tonometria ad indentazione: TonoPen, tonometro di Schioetz (bilancino che

misurava attraverso pesetti)

• Oftalmoscopia: per valutare il fondo dell'occhio. Viene effettuata dopo dilatazione

della pupilla tramite colliri midriatici (parasimpaticolitici); questi possono causare

aumento della pressione oculare nei pz. con glaucoma ad angolo chiuso, pertanto non

vanno mai somministrati a priori ma solo dopo aver valutato il caso.

◦ Diretta: tramite oftalmoscopio (sistema di lenti che neutralizza le lenti dell'occhio

e attraverso la creazione di coassialità fra la sorgente di emissione, la retina e

l'occhio dell'osservatore; permette di visualizzare solo la papilla ed il centro

dell'occhio)

◦ Indiretta: tramite vari sistemi (illuminazione a caschetto, biomicroscopio, …) che,

per questioni di ottica, danno una immagine speculare della retina.• Campo visivo (Goldmann, Humphrey): si basa sul principio che le prime

compromissioni del campo visivo si rendono evidenti attorno ai 30° di

settore circolare; il paziente fissa una cupola luminosa sempre sul centro e

su questa cupola si accendono delle luci di intensità e posizione

randomizzate. Il paziente segnala quando le percepisce. Il risultato del

campo visivo può essere espresso con una scala numerica o grafica (in cui

ogni punto bianco rappresenta il massimo di sensibilità, ogni punto nero

l'assenza di sensibilità, e i punti di tonalità intermedia una sensibilità via via crescente

dal nero al bianco).• OCT RNFL (Tomografia a Coerenza Ottica): per valutare le tonache oculari.

1. Glaucoma (primario) ad angolo aperto, o cronico semplice

L'angolo irido-corneale è pervio e permette il normale passaggio dell'umor acqueo; il problema

del glaucoma è a livello trabecolare: le vie di deflusso dell'umor acqueo sono sclerotizzate.

Questo in genere non è un evento acuto perché è legato ad una modificazione metabolica che

produce l'occlusione strutturale del trabecolato, lentamente nel tempo. La forma ad angolo

aperto quindi viene anche detta glaucoma cronico di tipo irritativo.

I sintomi soggettivi sono scarsi fino ad un certo grado di evoluzione della malattia, poich é 

essendo in pratica una patologia degenerativa, l'ostruzione si instaura lentamente.

Il danno provocato dalla pressione intraoculare si riflette a livello della papilla ottica, punto di

emergenza delle fibre del nervo ottico sulla retina. La testa del nervo ottico viene quindi a

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subire uno squilibrio ematico provocato dall'alterazione del rapporto fra la P di perfusione

arteriosa e la IOP. L'ipertensione arteriosa è considerata “protettiva” in quanto permette di

mantenere una perfusione capace di contrastare i livelli pressori oculari innalzati.Le fibre nervose che decorrono nello strato gangliare della retina si piegano ad angolo retto in corrispondenza

della papilla andando a formare la testa del nervo ottico, e confluiscono insieme formando una papilla escavata,

nella quale non sono presenti gli strati superficiali della retina, corrispondente alla macula cieca: questa

escavazione è la prima zona interessata dall'aumento della IOP, e le sue alterazioni, molto precoci, provocano le

anomalie del campo visivo per compromissione delle fibre del nervo ottico.Le alterazioni del campo visivo sono presenti in fase anche precoce, ma si tratta di

alterazioni perimetriche, visto che la funzione maculare è conservata fino a fasi tardive;

per cui anche se il soggetto ha delle notevoli alterazioni perimetriche, ne risente soltanto

quando sono compromessi almeno l'80% degli assoni del nervo ottico, e difficilmente se ne

rende conto prima, specialmente se vengono interessati i due occhi contemporaneamente. I

disturbi del campo centrale si manifestano soltanto quando viene compromesso il 90% delle

fibre.

Essendo la malattia molto lenta, lo   screening della IOP dopo i 50 anni  è estremamente

importante: il paziente con glaucoma anche molto iniziale ha delle variazioni circadiane di

pressione che non sono presenti nel paziente normale.

Terapia medica: la prima da instaurare, e da tentare fino in fondo.

• β-bloccanti: vengono somministrati in collirio e hanno l'effetto di diminuire la

secrezione diminuendo la vasodilatazione arteriosa, ed aumentare il riassorbimento

provocando la miosi e aumentando la superficie dell'angolo irido-corneale. Se associato

ad altri bloccanti sistemici c'è il rischio di abbassare eccessivamente la pressione,

pertanto se il pz. ne sta già assumendo (ad es. per patologie cardiovascolari) è 

necessario sospendere uno dei due.

• α 2-agonisti: diminuendo l'afflusso al corpo ciliare diminuiscono la secrezione di umor

acqueo.• Analoghi delle prostaglandine: attivatori del deflusso uveo-sclerale; attivano le vie del

deflusso uveo-sclerale.

• Inibitori dell'anidrasi carbonica: la secrezione attiva dell'umor acqueo richiede

l'attivazione delle pompe di membrana tramite l'anidrasi carbonica, che espelle acqua

dalle cellule attivamente.

• Agenti osmotici

Non bisogna somministrare più di due colliri al giorno.

È possibile associarvi la laser-trabeculoplastica.

Spesso le terapie mediche hanno poco successo a causa di una bassa compliance del paziente,che non se li somministra poiché non ha sintomi.

Terapia chirurgica: riservata ai casi in cui la terapia medica non ha successo. Crea vie

alternative per il deflusso.

È sottoposta al rischio di infezioni!

• Laser-trabeculoplastica: consiste nel bersagliare il trabecolato con dei microspot

all'argon-laser che formano piccole cicatrici; queste, ritraendosi, dilatano i fori

trabecolari vicini. Non è mai utile da sola e va associata alla terapia medica.

• Iridotomia laser

• Trabeculectomia

• Sclerectomia profonda ed impianti drenanti (valvola collegata alla camera anteriore che

permette il deflusso all'esterno dell'occhio): risorsa estrema.

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 2. Glaucoma (primario) ad angolo chiuso

L'ostacolo al deflusso è pre-trabecolare: l'iride verso la cornea chiudendo l'angolo irido-

corneale. Si manifesta con midriasi ed edema corneale.

I motivi per cui questo avviene sono, nel glaucoma primario, essenzialmente di tipo congenito;

esiste una predisposizione anatomica in cui la camera anteriore è più stretta, che può 

predisporre al manifestarsi di un glaucoma di carattere acuto perché legato all'insorgenza di

condizioni scatenanti:• Midriasi (condizioni di scarsa illuminazione; farmacologica)

• Ipertensione

• Carico d'acqua

La midriasi soprattutto è il fattore scatenante primario: negli anni la validità del riflesso

pupillare diminuisce, lo spessore dell'iride aumenta per l'accumulo in periferia, e il deflusso

attraverso il foro diviene sempre minore.Questo porta ad un circolo vizioso perché l'accumulo di liquido in camera posteriore spinge sempre di più in

avanti l'iride.

Glaucoma acuto

Sintomatologia caratterizzata da dolore intenso, che insorge improvvisamente inpieno benessere, si accentua in poche ore irradiandosi alla fronte e causando al

paziente nausea, vomito a getto e profondo malessere. Si evidenzia una iperemia

prevalentemente al limbus, e una pressione oculare enormemente aumentata

(70-80 mmHg). All'inizio compaiono aloni colorati, poi il visus cala bruscamente.

L'attacco acuto di glaucoma rappresenta una emergenza oculistica in quanto si

associa frequentemente ad un rischio molto elevato di danno permanente: in

particolare è importante la diagnosi differenziale con la iridociclite acuta. Un

metodo di primo impatto è quello di toccare e palpare l'occhio: normalmente la

consistenza oculare è simile a quella della cartilagine della punta del naso,

mentre in caso di enormi pressioni l'occhio diventa rigido.  Manovra di ballonamento: si mettono due dita su una palpebra, con uno si preme e con l'altro si

percepisce chiaramente un'onda di ritorno elastico. Nel glaucoma acuto questa manovra mostra

una consistenza lapidea dell'occhio.

La causa è praticamente sempre un improvviso ostacolo al deflusso dell'umor

acqueo per chiusura dell'angolo iridocorneale. Questo si verifica facilmente in

soggetti predisposti, con occhi piccoli e ipermetropi, o cataratta, che rende globoso

il cristallino. L'occhio può non presentare problemi per molti anni, e

all'improvviso occludersi per vari motivi:

• Aumento dello spessore del cristallino dopo la 4a decade (il cristallino è il

solo organo che continua a crescere indefinitamente)

• Midriasi: il restringimento dell'iride va ad “affollare” l'angolo

comprimendolo

• Ingestione di grandi quantità di liquidi

In questi soggetti bisogna praticare terapia d'urgenza:

• Diuretico osmotico  endovenoso per abbassare la IOP: il mannitolo

(ma anche un superalcolico ha le stesse capacità!!) rimuove principalmente

l'acqua contenuta nell'umor vitreo, e non l'umor acqueo. Se così non fosse,

si causerebbe un ulteriore appiattimento della camera anteriore, che

risulta già compressa eccessivamente: è meglio decomprimereposteriormente, in modo che le strutture posteriori dell'occhio retrocedano

comprimendo di meno la papilla ottica.

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• Collirio mitotico che restringe la pupilla ( parasimpaticomimetico):

 pilocarpina

I primi miotici erano divisi in parasimpaticomimetici diretti (pilocarpina, che mimano

l'azione dell'acetilcolina) e indiretti (inibitori della colinesterasi). Essi agiscono riducendo

il diametro pupillare, stirando l'angolo irido-corneale e aumentando la superficie del

trabecolato, che quindi viene disteso e aumenta la dimensione dei forellini al suo interno.

• A volte è necessario praticare un foro nell'iride: tramite un intervento di

iridotomia laser o di iridectomia si crea una comunicazione ampia frala camera posteriore e quella anteriore.

  3. Glaucoma congenito o malformativo

Si tratta di una condizione rara, presente in 1/12'500 nati, ma rappresenta il 4% delle cause di cecità infantile.

Sporadico o ereditario (AR); forme congenite, infantili o giovanili.Non si riassorbe completamente il tessuto mesodermico che occupa la camera anteriore alla nascita; se rimane

un residuo all'angolo irido-corneale questo ostacola il passaggio dell'umor acqueo al trabecolato, e di conseguenza

si forma un ostacolo congenito che inizia già in epoca fetale. Negli ultimi mesi di gravidanza la IOP è già 

superiore al normale. Alla nascita sono presenti già segni di glaucoma.

Il bambino nasce con alterazioni ottiche:• Buftalmo: “occhi di bue”. Il diametro anteriore è enormemente aumentato rispetto ai

17-18 mm normali. Questo avviene perché gli occhi del neonato hanno un coefficiente

elastico maggiore, e hanno spazio per accrescersi sotto la spinta della IOP, che quindi

non aumenta eccessivamente, aumentando piuttosto i diametri oculari.

• Assottigliamento della sclera: i vasi della coroide traspaiono e quindi il “bianco” degli

occhi di questi bambini appare celeste.

• Nel tempo anche la cornea va incontro ad alterazioni strutturali gravi, come aumento

del diametro, opacamento, ipertono oculare. Si possono spaccare le membrane oculari

permettendo l'ingresso di liquidi, rendendo la cornea biancastra ed edematosa.

È importante intervenire rapidamente e inviare il bambino al centro specialistico anche in

presenza di un sospetto empirico di buftalmo (bambino con gli “occhi grandi”), perché 

l'intervento prima che il nervo ottico presenti delle alterazioni irreversibili può essere

completamente risolutivo.La terapia consiste nell'intervento di goniotomia, ossia la perforazione con ago chirurgico dell'angolo irido-

corneale per far arrivare l'umor acqueo nelle trabecole corneali.

  4. Glaucomi secondari

Conseguenti ad alcune condizioni extraoculari o sistemiche che ostacolano il deflusso

dell'umor acqueo o ne aumentano la produzione.• Glaucoma neovascolare: formazione di vasi esuberanti a livello dell'angolo irido-

corneale, secondari ad ischemia retinica, come nel caso di diabete o occlusioni

trombotiche. Le terapie mediche e chirurgiche sono piuttosto inutili; si può ricorrere alla

fotocoagulazione dei corpi ciliari per ridurre la produzione di umor acqueo.

• Glaucoma da blocco pupillare: a causa di una voluminosa cataratta, di un trauma

bulbare o di un tumore oculare la pupilla aderisce al cristallino, con formazione di

sinechie che impediscono il deflusso del liquido. Può anche essere un esito di una

importante infiammazione (iridociclite). 

• Glaucoma steroideo: formazione di un intasamento da proliferazione connettivale del

trabecolato a seguito di un uso cronico di steroidi. Oltre ai pazienti con malattie

autoimmunitarie e connettiviti questo fenomeno interessa anche chi prende

indiscriminatamente colliri cortisonici per patologie allergiche o di altro tipo.

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• Glaucoma pseudoesfoliativo: dovuto allo  sfaldamento della capsula anteriore del cristallino, che si

disperde nella camera anteriore e intasa il trabecolato.

• Glaucoma pigmentario: dispersione in camera anteriore del   pigmento dell'iride, con intasamento del

trabecolato

I glaucomi secondari vanno curati   eliminando la causa, non certo limitandosi a

normalizzare la IOP!

RETINOPATIE

La retina può essere soggetta a degenerazione di tipo vascolare (alterazioni nutritizie), a

degenerazioni causate da malattie disendocrine (diabete); può essere danneggiata la macula o

la retina periferica (che conduce al distacco della retina). La prima risposta al danno da parte

della retina è l'edemizzazione, cioè l'aumento di liquidi sia intra- che extracellulari.

La situazione vascolare si può studiare con la fluorangiografia retinica: si esegue

iniettando come mezzo di contrasto in una vena del braccio la fluorescina (fluorescinato di

sodio), che dopo circa 15-20 secondi colora i capillari retinici mettendo in evidenza facilmente

le lesioni.

Le degenerazioni retiniche sono la causa principale di ipovisione nel mondo occidentale.

1. Retinopatia diabetica

Le complicanze oculari del diabete (di più e più gravi in quello insulinodipendente) riguardano la retina

principalmente (30% dei diabetici, 80% di quelli con diabete da più di 20 anni), ma ogni settore dell'occhio è 

interessato dalla patologia.

La malattia si manifesta solitamente entro 15 anni dall'insorgenza del diabete. La retinopatia

costituisce una patologie di notevole rilevanza per il numero di pazienti diabetici (in Italia il 4-

5% della popolazione) e per la frequenza con cui si associa al diabete.

Prevalenza nei diabetici: 25-30% nella forma non proliferante, 7-8% nella forma proliferante.

Una retinopatia proliferante è sempre indice di una cattiva gestione del paziente diabetico.La patogenesi della retinopatia diabetica coinvolge numerosi fattori:

• Aumento di glicoproteine dovuto alla glicosilazione non enzimatica e ispessimento delle membrane basali.

L'indice prognostico della glicosilazione è la HbA1C. La deposizione delle glicoproteine è favorita dalla

riduzione dell'attività proteasica tipica del diabete.

• Alterazioni endoteliali da accumulo di sorbitolo (ad opera della aldolo-reduttasi), ridotta efficacia di

proteine di adesione e ridotta increzione di prostaciclina.

• Alterazioni dei periciti per accumulo di sorbitolo.

• Alterazioni coagulative: ipoaggregabilità e iperadesività delle piastrine dovute all'aumento di TxA2 e

fVW.

• Alterazioni del mesangio per accumulo di glicoproteine e mucopolisaccaridi.

Paradossalmente l'occhio diabetico riceve troppo sangue rispetto alle richieste, infatti una stenosi carotidea può attenuare la retinopatia diabetica. L'ipertensione arteriosa comune nei diabetici contribuisce al danno vascolare.

  Vengono colpite più precocemente le zone retiniche soggette al maggior metabolismo, vale a dire la retina

centrale .

La retinopatia ha diversi stadi di evoluzione:

1. Background

 A livello preclinico inizia una alterazione della membrana basale dei vasi, che porta ad un aumento della

permeabilità capillare, a cui si associa ipercoagulabilità e disfunzione piastrinica. Si formano quindi

lesioni a livello del microcircolo della retina caratterizzate dall'aumento della permeabilità e del flusso

vascolare. Questo si associa ad un indebolimento strutturale della membrana, aggravato dalla

diminuzione della aggregazione piastrinica che non riesce a riparare i microtraumi della parete arteriosa.

Inizialmente si verificano microaneurismi ed aree di occlusione capillare. Nella retina si comincianoquindi a formare aree di non perfusione. Attraverso la parete capillare danneggiata filtrano poi emazie ed

essudato.

◦ Microaneurismi

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◦ Emorragie retiniche: a fiamma (allungate e superficiali, vicino alle fibre nervose),

o a punto (scure e rotondeggianti, negli spazi più profondi).

◦ Edema maculare: consegue alla permeabilità dei capillari e può portare a

discromie e diminuzione del visus; spesso infatti l'edema retinico viene alla regione

maculare, e quindi il suo impatto sulla visione è maggiore.

◦ Essudati duri: accumuli dovuti ad un'aumentata permeabilità dei vasi retinici,

soprattutto conseguente a danni a carico dei capillari: è costituito quasiesclusivamente da colesterolo, e microglia che lo fagocita. Palline di colore bianco o

giallastro, di solito posteriori, si dispongono a volte in un caratteristico anello

attorno alla macula. Si accompagnano ad una fuoriuscita di materiale ematico dai

vasi nel tessuto, dove i lipidi fuoriusciti tendono a sedimentarsi alla periferia della

lesione.

2. Pre-proliferante

◦ Noduli cotonosi: essudati grigio biancastri (detti anche essudati molli) che

rappresentano aree di infarto e sono formati da detriti assonali. La comparsa di

questi essudati è indice di sofferenza ischemica e caratterizza la fase

preproliferativa, nella quale inizia lo stimolo alla formazione di neovasi.

◦ Anomalie microvascolari intraretiniche

◦ Alterazioni venose ed arteriose

3. Proliferante

La progressiva occlusione dei capillari retinici finisce per provocare ischemia, che stimola la produzione di

neovasi. Questi si localizzano in tutta la retina e subiscono una crescita esplosiva, specialmente intorno al

nervo ottico, con il rischio di emorragie preretiniche e vitreali e distacco retinico da trazione.

◦ Neovascolarizzazione papillare

◦ Neovascolarizzazione epiretinica

Complicanze:• Emorragie (emovitreo): i neovasi hanno pareti anomale

• Distacco di retina trazionale: il ciuffo di neovasi formati sulla retina si porta con sé una

quantità di tessuto connettivale, formando dei ponti fibrosi con la retina stessa. Tutta

questa struttura fibrosa forma una trazione retinica, che se è a livello maculare è una

causa di calo del visus, ma se è estesa può provocare il distacco della retina.

• Rubeosi dell'iride e   glaucoma neovascolare: se l'ischemia retinica è molto grave, i

neovasi si formano anche sull'iride. In questo modo si forma la rubeosi dell'iride (iride

completamente attraversata dai neovasi), che esita nella completa chiusura dell'angolo

irido-corneale con formazione di glaucoma.

  Anche la miopia può causare atrofia della retina, ma le sue degenerazioni impediscono la

rivascolarizzazione: pertanto la retinopatia diabetica sarà presente solo negli occhi non miopi

(anche uno solo nello stesso paziente!). In base a questa considerazione è nata la teoria della

fotocoagulazione: la formazione di neovasi è legata all'ischemia retinica, per cui si deve

prima di tutto rimuovere questa condizione; questo si fa con la distruzione laser di tutte le

aree ischemiche della retina, messe in evidenza con la fluorangiografia. Le aree ischemiche

distrutte non producono più fattori angiogenetici e i neovasi regrediscono in assenza di questa

stimolazione. Residuano delle cicatrici, comunque nelle aree ischemiche che erano già 

compromesse.

2. Malattia occlusiva della Vena Centrale Retinica

Età oltre i 65 anni, iperlipidemia, diabete mellito, aumento della pressione oculare; spesso

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associata all'ipertensione arteriosa.

Rara in disordini mieloproliferativi, stati di ipercoagulabilità congeniti o acquisiti, malattie

infiammatorie.

Si formano trombi o coaguli nei rami della vena centrale della retina, frequenti nei punti di

minor resistenza della parete, dove, per incroci artero-venosi, compressioni di vario tipo,

lesioni della parete, aumenta la aggregazione piastrinica e rallenta il circolo.

Causa alterazioni di tipo edematoso da stasi, ed emorragie a fiamma localizzate alla testa delnervo ottico dove la vena centrale della retina origina dalla confluenza

delle branche principali. L'edema del disco ottico è imponente, con

una fenomenologia emorragica che lo nasconde completamente

impedendone la visione distinta.

Nella forma ischemica si può avere la produzione di fattori

angiogenetici che portano alla proliferazione vascolare anche nell'iride con rischio di glaucoma

neovascolare, oppure si può avere una forma edematosa, con formazione di essudati molli, che

indicano la presenza di un certo grado di perfusione residua.

Si manifesta con una riduzione del campo visivo; la porzione del campo è più o meno estesa,

comunque il soggetto conserva sempre una certa funzione residua.

3. Malattia occlusiva dell'Arteria Centrale Retinica

La retina è molto sensibile all'interruzione dell'apporto ematico, che causa sempre gravi quadri di natura

ischemica con ripercussioni pesanti sulla funzione visiva. Mentre le patologie venose anche gravi possono essere

risolte con la ricanalizzazione e si riesce in genere a recuperare una buona vascolarizzazione retinica, quelle

arteriose sono molto gravi e il deficit funzionale è difficilmente recuperabile.

È spesso un evento correlato a trombosi-aterosclerosi. Rara in arterite di Horton, emboli

cardiaci, periarteriti, emoglobinopatie a cellule falciformi.

La retina diventa immediatamente pallida ed edematosa, per l'ispessimento dello strato delle

cellule ganglionari (la degenerazione da accumulo non avviene nei fotocettori). Spicca lamacula, unica zona non ricoperta dalle cellule nervose edematose, rosso ciliegia, che inoltre

rimane vascolarizzata dalla coroide sottostante. Questo avviene anche in patologie del

metabolismo della famiglia delle tesaurismosi: le malattie da accumulo del SNC, che causano

danni visivi nonché neurologici, coinvolgono le cellule gangliari della retina, ma non i

fotocettori! Tipica è la cosiddetta idiozia amaurotica, ovvero una alterazione neurologica

congenita (idiozia) con perdita della visione (amaurosi) e spesso morte in età infantile.In fase acuta le vene possono essere dilatate, contenente sangue ipossico, rosso scuro. Il soggetto subisce una

pesante menomazione del visus: il paziente spesso non riesce a cogliere il movimento di una mano davanti al

viso. Questa condizione è una gravissima emergenza che deve essere trattata immediatamente, in quanto più 

precoce è la terapia maggiori sono le possibilità di successo. Il trattamento ideale deve essere fatto entro 12 ore,dopo 48 ore la visione è danneggiata irrimediabilmente, e possono aversi residui del visus inferiori a 1/20.

Obiettivamente si osserva:

• Vasi arteriosi filiformi, male individuabili perché non più vascolarizzati.

• Edema maculare, che appare di colore rosso ciliegia (red cherry spot).

• Alla fluorangiografia il vaso non si inietta e rimane del tutto nero.

I risultati terapeutici sono scarsi nella maggior parte dei casi perché si interviene

tardivamente. Se diagnosticata entro 1 ora si deve cercare di lisare l'embolo, come primo

intervento; questo viene fatto con anticoagulanti.

4. Retinopatia ipertensiva

La retina è l'unico organo in cui sono visibili direttamente i vasi sanguigni; pertanto è 

possibile valutare direttamente la situazione vascolare dell'ipertensione, la risoluzione,

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l'efficacia delle terapie.

L'aumento della pressione sistemica comporta, a livello delle arteriole retiniche, l'attivazione

di meccanismi di autoregolazione, con aumento del tono arteriolare che impedisce l'aumento

della pressione a valle. Questo però comporta l'irrigidimento dell'albero arterioso e della sua

parete, con effetti negativi a lungo termine che culminano nell'incapacità di mantenere

efficiente questo meccanismo protettivo.

Si instaura quindi una patologia che coinvolge tutta la retina, e cheè

strettamente legataall'ipertensione arteriosa stabile.Si osserva un ispessimento stabile della parete delle arteriole, che assumono un riflesso particolare biancastro e

vengono dette anche “arterie a fil di ferro” per la consistenza aumentata derivata dal maggior contenuto di fibre.

Si può osservare una dilatazione a carico delle vene, soprattutto a livello degli incroci artero-

venosi dove la parete arteriosa irrigidita modifica la sottile parete venosa (segno di Mark-

Drum). Questo segno indica una evidente modifica dei vasi arteriosi. I vasi alterati

permettono il passaggio di lipoproteine che formano   essudati duri; le alterazioni vascolari

possono provocare ischemia del tessuto retinico con degenerazione delle cellule nervose, i cui

assoni formano gli essudati molli o cotonosi (il tutto viene definito leakage vascolare). Infine

si trovano emorragie retiniche a fiamma e zone di   edema retinico. La retina assume unriflesso biancastro per l'essudazione. I vasi arteriosi sono estremamente filiformi e piccoli: il

rapporto arterovenoso si modifica per la diminuzione del diametro delle arterie (alterazioni di

tipo sclerotico dei vasi arteriosi).

La terapia della retinopatia ipertensiva consiste essenzialmente nel controllo della pressione

arteriosa sistemica.

5. Retinopatia pigmentosa

Bilaterale e simmetrica; 1/5000 casi; si trasmette con varie modalità ereditarie: la forma

recessiva è più grave e più precoce, mentre la forma dominante è tardiva e meno grave.

La caratteristica è la comparsa di   granuli di pigmento numerosi, sulla retina media e

periferica, associata ad una degenerazione dei fotorecettori che provoca inizialmente

emeralopia (cecità notturna), per il coinvolgimento iniziale dei bastoncelli, in seguito

compaiono restrizioni del campo visivo (i bastoncelli sono più periferici), finché ne residua

soltanto una porzione centrale (visione tubulare).

I segni clinici non sono presenti prima dei 15 – 16 anni. La conclusione della malattia è la

cecità verso i 50 anni.

Non si conosce una terapia efficace; è consigliata una prevenzione familiare (counseling

genetico) per evitare una trasmissione filiare.

 M  ACULOPATIE

Sintomi e segni:

• Calo del visus

• Metamorfopsie: distorsione delle immagini; è tra i sintomi iniziali. Sono evidenziabili

dal test di Amsler (ridisegnare un reticolo: risulterà alterato nel corrispettivo della zona

coinvolta)

• Scotomi centrali

1. Degenerazione maculare senile (o legata all'età )Si intende una patologia con riduzione della visione centrale, peggiorativa dal punto di vista

qualitativo e quantitativo: la macula invecchia e si riduce la massima capacità visiva. È una

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causa di calo del visus senza dolore.

• Forma atrofica (secca): è frequente, e non determina un grave calo del visus. C'è una

lenta, progressiva, atrofia recettoriale molto difficilmente curabile. In genere il calo del

visus è modesto e progressivo, non raggiunge la cecità perché rimane la capacità visiva

periferica.

◦ Lesioni dell'EPR (epitelio pigmentato retinico)

◦ Lesioni della membrana di Bruch◦ Lesioni della coriocapillare

◦ Drusen: alterazioni giallastre

◦ Anomalie pigmentarie

◦ Degenerazione dell'EPR Atrofia geografica→

È possibile usare sistemi correttivi di ingrandimento (occhiali particolari, sistemi su

monitor elettronici) per sfruttare la retina residua.

• Forma essudativa (umida): meno frequente e più grave, viene spesso legata all'età 

(nell'80% dei pazienti che raggiungono la cecità). Presenta la formazione di neovasi di

provenienza coroidale (mediati dal VEGF ), che trasudano plasma causando distacco

sieroso della retina o che producono emorragie.

◦ Neovascolarizzazione coroideale

◦ Emorragie sottoretiniche

◦ Distacco dell'EPR

◦ Distacco del neuroepitelio

◦ Emorragia intraretinica

◦ Cicatrice disciforme

Sono possibili la fotocoagulazione dei neovasi e la terapia fotodinamica.

  2. Degenerazione maculare giovanile: distrofie maculari

Sono degenerazioni congenite, praticamente solo ereditarie; se alla nascita sono marcate, sono

incompatibili con lo sviluppo visivo e causeranno nistagmo sensoriale.

 3. Degenerazione maculare miopica

La degenerazione retinica è legata alla miopia.

Terapia delle degenerazioni maculari:

• Terapia fotodinamica (PDT): iniezione per via endovenosa di un colorante che si

accumula solo nei vasi con pareti patologiche. Attraverso laser specifici per la sualunghezza d'onda si distruggono quei vasi. Rimane un rischio di recidive.

• Fotocoagulazione: rischio di lasciare cicatrici residue.

• Terapia anticorpale anti-VEGF : iniezioni intravitreali ripetute; combinabile con la

terapia fotodinamica.

◦ Bevacizumab (  Avastin )

◦ Ranibizumab ( Lucentis ): enormemente più costoso del Bevacizumab ma con efficacia

identica.

◦ Pegaptanib ( Macugen )

  4. Edema maculare cistoide• Malattie vascolari retiniche: retinopatia diabetica, occlusione venosa retinica,

retinopatia ipertensiva.

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• Malattie infiammatorie intraoculari: uveite intermedia, toxoplasmosi, malattia di

Behcet, retinite da CMV.

• Da farmaci

• Da procedure chirurgiche (sindrome di Irvine-Gass)

5. Foro maculare idiopatico

Difetto retinico a tutto spessore nell'area foveolare.

Corioretinopatia Sierosa Centrale (CSC)

È frequente in soggetti adulti, lavoratori, spesso sotto stress.

Caratterizzata da un distacco sieroso, idiopatico, del neuroepitelio al polo posteriore, prodotto

dal passaggio di fluido dalla coroide nello spazio sottoretinico, attraverso un difetto (una

soluzione di continuità) dell'epitelio pigmentato. Il sollevamento è progressivo e così il calo del

visus, che si verifica nell'arco di alcune settimane.

Si manifesta nel pz. con la necessità di occhiali per ipermetropia: l'asse oculare si è 

accorciato a causa dell'edema retroretinico.

Terapia:

• Fotocoagulazione selettiva: per chiudere l'accesso di acqua alla retina

• Terapia anticorpale anti-VEGF

 D EGENERAZIONI   RETINICHE  PERIFERICHE

• Retinoschisi

• Bianco con e senza pressione

Sono caratterizzate da zone biancastre, espressione dell'assottigliamento dell'epitelio. Queste

sono zone predisposte a rottura ed all'infiltrazione di liquidi che possono distaccare la retina (e

sommarsi alle eventuali alterazioni a causa di un distacco del vitreo).Pertanto è consigliato monitorare la retina periferica ogni anno; per i miopi: fin dall'infanzia,

per i non miopi: dopo i 30 - 35 anni.

Distacco di vitreo

Il vitreo è costituito da una gelatina inerte ed omogenea; con l'avanzare dell'età 

esso diventa disomogeneo, parzialmente in colliquazione: nei punti di contatto

con la retina (esistono sempre delle aderenze fra i due tessuti) può dare trazione

fino al distacco od alla lacerazione (patologie regmatogene).

Il distacco può avere anche eziologia traumatica.C'è una predisposizione nei miopi: il vitreo viene stirato indietro per la lunghezza

anomala dell'occhio e subisce fenomeni degenerativi .

Si manifesta con miodesopsie: “mosche volanti”, di varia forma, aspetto,

diametro e intensità. Sono provocate dalle fibrille di collagene che collabiscono fra

di loro, in misura tanto maggiore quanto importante è il distacco, variando

localmente il potere rifrangente del vitreo. Se invece le alterazioni visive sono

fisse, solidali con lo sguardo, significa che la alterazione è a livello retinico. Le

  fotopsie o fosfeni sono lampi luminosi dovuti alla stimolazione meccanica che la

retina subisce, nel distacco o nella trazione da parte del vitreo, e che manifesta

con sensazione visiva. Se queste trazioni sono ripetute nella stessa zona possono

esitare nel distacco o nella rottura della retina.

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 Degenerazioni periferiche non regmatogene

• Microcistoide

• Pavimentosa

• Reticolare

 Degenerazioni periferiche regmatogene

• A lattice• A bava di lumaca

1. Rotture della retina

Possono essere causate da trazioni del vitreo; quando sono molto estese possono dare

complicazioni come infiltrazioni e conseguente distacco. Possono essere

• Completa a forma di U

• Lineare

• A forma di L

Opercolata• Dialisi

Le rotture nella parte superiore della retina sono le più pericolose: il liquido che entra scende

verso il basso per gravità, e distacca una superficie maggiore.

Terapia:

• Fotocoagulazione laser (argon-laser a eccimeri): trattamento tutto intorno alla

lesione, provocando una corioretinite termica, che cicatrizza creando aderenze

cicatriziali che funzionano da sbarramento a ulteriori infiltrazioni. È importante una

diagnosi precoce di lacerazione retinica, prima ancora del distacco, in quanto può essere

trattata con la fotocoagulazione laser.

• Crioterapia (in disuso)provocava a livello della coroide e della retina una ustione da freddo (cicatrizza più rapidamente di quella

a caldo )

2. Distacco di retina

Si intende la separazione della lamina neurosensoriale (i 9 foglietti interni) dall'epitelio

pigmentato, che rimane aderente alla coroide. La retina e l'epitelio pigmentoso hanno la

stessa origine embriologica , derivando da un invaginamento della vescicola ottica. I due

foglietti della vescicola prendono contatto tra loro senza però che ci siano delle chiare

connessione anatomiche. Il foglietto più interno diventa epitelio pigmentoso e quello più 

esterno dà origine al foglietto nervoso della retina. Dal momento che non esistono punti di

fissità anatomici c'è un piano di clivaggio comodo tra queste due strutture.

• Regmatogeno (distacco primitivo): rottura della retina attraverso la quale si verifica

un passaggio di acqua dal vitreo allo spazio sottoretinico che provoca il distacco degli

strati.

• Trazionale: per la formazione di tralci fibrosi fra il vitreo e la retina.

• Essudativo: formazione di un essudato fra la retina e la coroide. È frequente nella

retinopatia ipertensiva di stadio avanzato.

Terapia:

• Per il distacco regmatogeno (una o più rotture retiniche nelle quali si è infiltrato

liquido): prima di tutto chiudere la lacerazione, provocando una cicatrizzazione laser ai

margini della lesione, ed impedire l'accesso di ulteriore liquido. Successivamente

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diminuire o eliminare la trazione del vitreo sulla retina stessa → Chirurgia  ab

 externo (tradizionale)

◦ Retinopessia pneumatica

◦ Piombaggio e cerchiaggio scleralePiombaggio: inserimento di materiale sintetico inerte nella sclera che la schiaccia in avanti,

spingendo coroide e retina. La retina si avvicina al vitreo e quindi viene trascinata meno.

Cerchiaggio: stesso principio, ridurre la trazione del vitreo, ottenuto con dei cerchiaggi

circonferenziali che diminuiscono il diametro trasverso dell'occhio e quindi le forze che tirano verso la

periferia.

• Per il distacco da trazione → Chirurgia ab interno

◦ Vitrectomia via pars plana: aspirazione di tutto il vitreo (che comunque è già 

danneggiato e disomogeneo) e sostituzione con sostanze tamponanti (olio di silicone)

per fare riattaccare la retina.

Quando si sia staccata la macula, qualsiasi terapia darà risultati scarsi per la visione.

TUMORI ORBITARÎ ED INTRAOCULARI

1. Neoplasie orbitarie

• Emangioma capillare (amartoma): presente alla nascita; presenta lesioni

superficiali cutanee presettali, riducibili, o intraorbitarie irriducibili.

Tende a risolversi spontaneamente entro i 3 - 7 anni. Non vanno mai operati: non sono

capsulati e sono fragili.

I  β-bloccanti (propranololo) favoriscono un rallentamento o una regressione, per una

eventuale correzione chirurgica in età adulta. Analogamente è possibile anche

l'iniezione di steroidi. È utile anche per evitare che coinvolga la palpebra coprendo la

pupilla, e prevenire così una possibile ambliopia.

• Emangioma cavernoso: negli adulti; causa proptosi

• Gliomi e meningiomi del nervo ottico

• Sarcoma embrionale

2. Tumori congiuntivali

• Benigni

◦ Nevo congiuntivale: i vasi sono regolari

◦ Papilloma

• Maligni

◦ Melanoma congiuntivale: è tra i tumori più maligni; può colpire l'iride, i corpi ciliari,

la coroide. Si manifesta in genere con una macchia nera nell'iride, ma ha anche la

possibilità di estrinsecarsi esofiticamente anche a livello della sclera.

◦ Neoplasia congiuntivale intraepiteliale

◦ Sarcoma di Kaposi

3. Tumori dell'iride

• Nevo dell'iride

• Melanoma dell'iride

4. Tumori dei corpi ciliari

• Melanoma dei corpi ciliari

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5. Tumori della coroide

• Nevo coroideale (NF1)

• Melanoma coroideale: causa distacco di retina, pertanto non va confuso con una

patologia primaria. Se non trattato conduce a morte.

La terapia sono l' escissione e la terapia radiante per l'atrofizzazione della lesione

residua, attuata attraverso l'impianto di placche radioattive sull'occhio. Esse nonripristinano comunque la visione.

Prima di queste tecniche si faceva l'enucleazione dell'intero occhio, che non salvava il

paziente dalla presenza di metastasi e di recidive .

La diagnosi differenziale si avvale dell'  esame oftalmoscopico, e dell'  esame ecografico, per

valutare se la massa che causa il distacco retinico è solida, o sierosa (distacco primario).

 Altri fattori differenziali:

◦ Presenza di sintomi (visione offuscata, perdita visiva, metamorfopsie)

◦ Ø > 5 mm e spessore > 1 mm

◦ Tracce di pigmento arancio (lipofuscina)

◦ Assenza di drusen superficiali

◦ Localizzazione in prossimità del disco ottico

◦ Doppia circolazione alla FAG

6. Tumori retinici

• Retinoblastoma: neoplasia dei fotorecettori retinici ad elevata malignità, originante

dalle cellule embrionali retiniche. Non si manifesta alla nascita, ma nei primi 8 - 10

mesi di vita (anche fino ai 2 anni; raro dopo il 5° anno) in quanto necessita di questo

periodo per proliferare.

Ha incidenza di 1/25'000: è il più frequente tra i tumori maligni pediatrici. Se bilaterale

(30% dei casi) è  ereditario legato al gene RB1 (cr. 13q14): esistono sonde genetiche per

l'analisi durante la gravidanza; se sporadico invece è monolaterale.

È intraretinico; tende a espandersi rapidamente verso il vitreo (forma endofitica)

oppure verso la coroide e l'uvea (forma esofitica). La prognosi è legata alla precocità 

della diagnosi: non metastatizza, ma diffonde per continuità seguendo il nervo ottico,

fino al cervello. Nei primi 7 - 8 anni di vita i bambini sono predisposti ad altre neoplasie.

 All'esordio spesso c'è un riflesso pupillare biancastro (leucocorìa) in uno o entrambi gli

occhi; se invade la zona visiva dell'occhio comparirà strabismo.

Terapia: se è piccolo, si può ricorrere alla   fotocoagulazione laser; l' enucleazione  è necessaria nelle forme avanzate.

• Astrocitoma: benigno, endofitico

• Emangioblastoma retinico: isolato o associato a VHL, endofitico

• Emangioma cavernoso/racemoso retinico

CEFALEE DI ORIGINE OFTALMICA

1. Emicrania classica con aura: macchie scure o luminose (fino alla cecità 

momentanea), linee a zig-zag, scotomi scintillanti, spettri di fortificazione; al tutto

consegue un mal di testa finale.2. Emicrania oftalmoplegica: causata da una paralisi transitoria di III n.c. e

muscolatura oculare (con conseguente visione doppia) che inizia dopo la cefalea,

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durante la quale la visione è regolare. Solitamente insorge prima dei 10 anni.

Le cefalee si possono definire di origine oftalmica quando si possano mettere in rapporto con

una applicazione visiva; pertanto per una diagnosi saranno necessari:

• anamnesi del dolore

◦ al risveglio: non è correlabile con un affaticamento visivo;

◦ al pomeriggio/sera; dopo lettura, ecc.

• il riscontro di motivi oculari:◦ può essere causata dallo sforzo nel cercare di mantenere gli occhi allineati (strabismo

latente): coprendo un occhio il mal di testa si allevia o scompare.

◦ può essere causata da un vizio di refrazione (astigmatismo, ipermetropia): se gli

occhi sono allineati o se coprendo un occhio il male è invariato.

La terapia si avvale dei triptani.

 ANISOCORIA

Differenza di almeno 0,5 mm tra il diametro delle due pupille. Con riflesso fotomotore

conservato:• Anisocoria fisiologia

• Sindrome di Claude-B érnard Horner: denervazione della catena cervicale del

simpatico con conseguente paralisi oculosimpatica monolaterale, che coinvolge la

componente liscia del muscolo elevatore della palpebra superiore (modesta ptosi) ed il

muscolo dilatatore della pupilla (miosi). Le cause possono essere la sindrome di

Pancoast (patologie dell'apice polmonare che interessano il sistema simpatico , a livello

di ganglio stellato, gangli cervicali) o lesioni cervicali: neuroblastoma (spesso nei

bambini), lesioni traumatiche cervicali, esiti di chirurgica cervicale, ecc.

  Dissociazione luce-vicino: pupilla di Argyll-Robertson, pupilla di Adie.

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OFTALMOLOGIA PEDIATRICA

Ostruzione del Dotto Nasolacrimale

Patologia congenita dell'apparato deflussore delle lacrime. In 5 - 6 casi su 100 c'è una chiusura

alla nascita della valvola di Hasner, per vari motivi (sinechie, stenosi duttali, più raramente

stenosi della parte ossea dell'orbita). La formazione del dotto avviene nel 9° mese di

gravidanza, e quindi questo è un processo che si ha anche nei prematuri.Questi neonati presentano lacrimazione ( epifora) dopo la prima settimana di vita (nei primi

sei giorni c'è scarsa produzione di lacrime).

Il liquido lacrimale ristagna nel sacco, e così i germi saprofiti della superficie dell'occhio si

moltiplicano nel sacco lacrimale: si ha allora l'infiammazione del sacco lacrimale

(dacriocistite), con gonfiore nella porzione mediale dell'orbita . Spesso questi fenomeni sono

transitori e si risolvono con lo sviluppo dell'occhio nelle prime settimane di vita.

La diagnosi di fronte ad un bambino con lacrimazione e secrezione si fa spremendo le

caruncole lacrimali e vedendo se ne fuoriesce liquido; una diagnosi differenziale si può fare con

un colorante (fluorescina) iniettato nel canale lacrimale vedendo se passa nella rinofaringe.

 A partire dai 4 mesi si devono fare pompaggi del sacco lacrimale (spremitura con il dito: oltre a

svuotare il sacco provoca una pressione nel dotto; se non c'è una atresia ossea, ma una stenosi

molle, può risolversi) ed un sondaggio delle vie lacrimali con sondino di metallo. Queste

manovre vanno effettuate entro gli 8 mesi altrimenti il canale si chiuderà definitivamente. A

volte il dotto si può richiudere per la proliferazione fibrosa che segue al trauma del passaggio

del sondino, e si dovrà ripetere la terapia di sondaggio.Si può lasciare in situ uno stent plastico, ancorato fuori dal naso per qualche mese finché non si completa la

riepitelizzazione del dotto.

Un rigonfiamento del sacco lacrimale   senza lacrimazione  è la tipica presentazione del

rabdomiosarcoma, che ingloba proprio il sacco lacrimale.

Cataratta congenita

 Associata a patologie sistemiche (galattosemia, sindrome di Down, trisomia 13 o 18, infezione

rubeolica) o isolata (Autosomica dominante). Si manifesta alla nascita con leucocorìa.

• Nucleare

• Lamellare

• Polare anteriore e posteriore

• Suturale

 Valutare densità e morfologia, condizioni indicative di grave deficit visivo come l'assenza di

fissazione centrale, il nistagmo e lo strabismo.

Diagnosi: oftalmoscopia diretta ed indiretta, PEV.

Se la cataratta interessa entrambi gli occhi, si svilupperà un nistagmo sensoriale, e deve

essere operata entro il 5° mese. Se la cataratta è monolaterale provocherà lo strabismo, e viene

operata al 2° - 3° mese.Il cristallino opaco viene tolto, ma a differenza dell'adulto, dove il cristallino viene sostituito subito, nel neonato

l'impianto del cristallino non si esegue subito, perché la rifrazione dell'occhio neonatale non è ancora pienamente

sviluppata. Pertanto si corregge l'assenza del cristallino con una lente a contatto la cui rifrazione può essere

adattata man mano che si modifica la rifrazione dell'occhio .

 Ectopia lentis: dislocazione del cristallinoPuò essere congenita ma anche dovuta ad un trauma. La dislocazione può essere superiore o inferiore. Nel primo

caso, l'alterazione è l'indebolimento delle fibre della zona inferiore dell'anello che sostiene il cristallino, che

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evitano che esso scenda secondo la forza di gravità. Nelle patologie degenerative del collagene (Marfan, Ehlers-

Dahnlos) la dislocazione è inferiore, come anche in omocisteinuria, iperlipidemia, deficit di glicosidasi, dove si

altera tutto il legamento sospensore .

• Sindrome di Marfan: mutazione gene fibrillina (cr 15)

◦ Sublussazione della lente nel quadrante superotemporale

◦ Anomalie angolo

◦ Ipoplasia muscolo dilatatore della pupilla

◦ Cornea piatta

◦ Sclera blu

◦ Miopia

• Omocisteinuria: accumulo sistemico di omocisteina e metionina da ridotta attività 

epatica dell'enzima cistationina sintetasi.

• Sindrome di Weill Marchesani:

◦ Disturbo sistemico del tessuto connettivo

◦ Brachidattilia

◦ Bassa statura

◦ Microsferofachia

Coloboma dell'iride

 Alterazione del tessuto dell'iride che appare come la pupilla: in quelle zone la struttura dell'iride è perforata per

un difetto congenito di sviluppo. Appaiono nere come la pupilla, perché la retina essendo una superficie concava

non riflette assialmente i raggi che riceve; soltanto con un oftalmoscopio si può vedere la luce riflessa dal fondo

dell'occhio. La carenza strutturale dell'iride provoca una minor capacità di miosi e quindi abbagliamento alla luce

intensa e minor potere convergente. Spesso associato al coloboma vi è una alterazione del resto dell'uvea, quindi

del corpo ciliare o della coroide. Il coloboma è spesso localizzato nella porzione nasale inferiore dell'iride, dove

avviene l'invaginazione e la chiusura della vescicola ottica embrionale.

Coloboma del nervo ottico

Glaucoma congenito

Sporadico od ereditario (autosomico recessivo). Forme congenite, infantili o giovanili.

Si presenta con buftalmo (esordio entro i 3 anni), opacità corneale, rotture della membrana di

Descemet (strie di Haab), aumento dell'escavazione papillare, edema congiuntivale che dà 

 fotofobia.

L'occhio può essere molto lacrimoso, pertanto entra in d.d. con patologie delle vie lacrimali:

una reazione normale alla luce fa propendere verso queste ultime, la fotofobia verso il

glaucoma.Da valutare in narcosi: IOP (tonopen, tonometro di Perkins), diametro corneale, gonioscopia.

Terapia: goniotomia, trabeculotomia, trabeculectomia.

Cheratoglobo

Retinopatia del prematuro

Si tratta di una forma legata ad una abnorme risposta proliferativa della retina in bambini

nati prematuri (prima della 31a settimana), con basso peso alla nascita (< 1500 gr).

I vasi retinici si completano solo dopo 2 - 3 settimane dalla nascita a termine: prima, la retinaha zone senza vasi (simili a quelle colpite da occlusione arteriosa). La nascita prematura

comporta una proliferazione vascolare patologica con formazione di neovasi.

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Nei casi lievi questa proliferazione è limitata alla retina periferica, che rimane separata dalla

retina sana da una linea di demarcazione netta. Nei casi gravi si ha la formazione di un

tessuto fibroso di sostegno ai vasi, che inizialmente si attacca alla retina, ma poi si retrae

progressivamente causando un grave distacco retinico da trazione; nelle fasi terminali tutta la

retina è avvolta in un tessuto fibroso che arriva ad attaccarla dietro al cristallino

( fibroplasia retrolentale).

Questa patologia ha cominciato ad avere rilevanza negli anni '40, dopo l'invenzione delleincubatrici, quando si notava la crescita di bambini ciechi. Si riteneva che la patologia fosse

causata dal fatto che i neonati venissero esposti, nell'incubatrice, ad un alto tenore di O 2.

Pertanto si cercò di prevenirla diminuendo al massimo l'esposizione all'ossigeno in età 

infantile e nelle incubatrici, ma non si ottennero risultati: la causa infatti è esclusivamente

la grave prematurità.

Nei neonati prematuri non è possibile guardare il fondo dell'occhio a causa di fattori come

l'opacità dei mezzi, pertanto si può diagnosticare solo a partire dai 30 - 40 giorni, con l'esame

oftalmoscopico.

Stadiazione della ROP

• Stadio I (linea di demarcazione): sviluppo di una linea sottile, tortuosa, grigio-

biancastra che decorre parallela all'ora serrata, più prominente nella periferiatemporale. Indice della mancanza di vascolarizzazione perferica.

• Stadio II (ridge): si sviluppa nella regione della linea di demarcazione, posteriormente

ad esso si possono sviluppare ciuffi di neovasi

• Stadio III (proliferazione fibrovascolare): si estende dal ridge nel vitreo

• Stadio IV (distacco di retina subtotale): extrafoveale (IVa) o foveale (IVb)

• Stadio V: distacco di retina totale

 Forma Plus:

• Mancanza dilatazione pupillare

• Opacità vitreali• Dilatazione delle vene e tortuosità delle arterie in almeno 2 quadranti retinici

• Aumento delle emorragie vitreali e preretiniche

  Forma Soglia plus: + 5 ore contigue, o 8 ore non contigue, di neovascolarizzazione

extraretinica nella zona 1 o 2.

  Retinopatia del prematuro cicatriziale: si manifesta nel 20% dei casi che non

regrediscono spontaneamente

• Stadio I: alterazione pigmentaria periferica

• Stadio II: fibrosi temporale vitreoretinica ed ectopia della papilla e della

macula

• Stadio III: fibrosi più grave, contrattura e piega falciforme retinica

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• Stadio IV: parziale anello di tessuto fibrovascolare retrolentale e parziale

DR

• Stadio V: anello completo di tessuto fibrovascolare retrolentale e DR totale

(Fibroplasia retrolentale)

Possibile  glaucoma secondario ad angolo chiuso.

Screening: oftalmoscopia indiretta tra la quarta e la settima settimana di vita, poi controlliogni 1 - 2 settimane. Tutti i nati di peso inferiore al 1,5 kg vanno sottoposti alla retinoscopia

un mese dopo la nascita e monitorati attentamente.

Terapia: se si riscontrano delle lesioni vascolari iniziali (neovasi) è opportuno delimitare dal

resto della retina la zona colpita, in modo tale che un'eventuale retrazione non abbia effetto

sulle porzioni sane.

• Fotocoagulazione laser per la   forma soglia (stadi I e II): permette di sviluppare una

buona funzione visiva.

• Chirurgia vitreoretinica per gli stadi avanzati: questi interventi di vitrectomia sono

faticosi, inutili e lasciano ugualmente cecità

, pertanto sono  fortemente sconsigliati.Entro i 3 anni i bambini sviluppano miopia anche elevatissima, per cui saranno necessari

occhiali per consentire un corretto sviluppo visivo.

L A DISLESSIA

La dislessia si manifesta nel bambino con la difficoltà nell'imparare a leggere. È frequente ed

è dovuta ad un'incapacità congenita di elaborare significato un significato alle immagini. Sono

state riscontrate delle alterazioni biochimiche a livello cerebrale nei soggetti dislessici. Il

bambino impara a leggere più lentamente, e sviluppa strategie alternative per comprendere

immagini complesse con significato (come le parole scritte).

In Italia la dislessia crea meno problemi rispetto ad altre lingue, dal momento che l'italiano

scritto è molto simile all'italiano parlato.

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IL CAMPO VISIVO

La retina funziona in maniera gerarchica, partendo dal centro, fino alla periferia: viene a

costruirsi un diagramma della capacità visiva retinica denominato “isola della funzione

visiva”.

• Perimetria

◦ Computerizzata◦ Manuale

• Test elettrofisiologici

◦ ERG

◦ EOG

◦ PEV (potenziali evocati visivi)

 DIFETTI DEL CAMPO VISIVO

Una lesione di un nervo ottico (1) causerà un deficit (o scotoma) monolaterale. Qualsiasi

lesione del chiasma ottico (2), dove avviene l'emidecussazione delle fibre provenienti daentrambe le emiretine nasali (che percepiscono la parte del campo esterna, o temporale),

interesserà entrambi gli occhi con uno scotoma bitemporale (o lesione eteronoma). Le

lesioni retrochiasmatiche saranno tutte omonime, coinvolgenti fibre che provengono da

entrambe le vie ottiche, originatesi dalle emiretine che percepiscono il campo visivo opposto a

quello della lesione: la lesione del tratto ottico (3) interesserà le fibre temporali dell'occhio

dallo stesso lato della lesione e quelle nasali dell'altro (  emianopsia nasale dallo stesso lato e

temporale dall'altro); quelle più posteriori (4, 5) saranno analoghe ma meno estese, perché le

fibre si allargano a raggiera per raggiungere la corteccia, e per interessare molte fibre la

lesione deve essere enorme.

1. Patologie del nervo ottico

• Neurite ottica: causa un calo visivo importante. Le cause possono essere:

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◦ Malattie demielinizzanti (soprattutto nei giovani)

◦ Malattie infettive, principalmente virali (soprattutto nei giovani)

◦ Malattie parainfettive

◦ Non infettive

Classificazione oftalmoscopica: le alterazioni infiammatorie del nervo ottico si

distinguono in due grandi gruppi, le forme intrabulbari o  papilliti  (30%) e

retrobulbari (70%). Nel primo caso la lesione è anteriore alla lamina cribrosa dellasclera, la papilla appare iperemica, edematosa, a margini sfumati e rilevati, talvolta con

qualche emorragia a fiamma e noduli cotonosi; nel secondo caso l’esame oftalmologico è 

negativo: il fondo oculare è normale, anche se ci sono gli stessi sintomi (calo visivo,

deficit centrale del campo visivo che si estende), tanto che si dice «il paziente non vede

niente, ed il medico neppure».

◦ Neurite ottica retrobulbare (SM)

◦ Papillite

◦ Neuroretinite

La diagnosi si effettua con un test con una luce oscillante tra i due occhi (al cuipassaggio, in un soggetto normale, dovrebbero dilatarsi le pupille) che mostra una

dilatazione paradossa della pupilla, poiché il nervo ottico alterato è in una condizione

refrattaria; mentre la papillite è accompagnata da una serie di segni che confermano

l’edema della papilla, le neuriti ottiche retrobulbari si possono studiare attraverso lo

studio dei potenziali evocati visivi, in cui la latenza delle risposte è aumentata.

La patologia può evolvere nella restitutio ad integrum (la papilla tornerà /resterà 

normale) o nella atrofia della papilla ottica.

• Neuropatia ottica ischemica anteriore: soprattutto negli anziani

◦ Non arteritica: difetto altitudinale del CV, papilla pallida con edema ed emorragie a

fiamma

◦ Arteritica: associata ad arterite di Horton, con cefalea, claudicatio della mandibola,

sensibilità al cuoio capelluto, VES altissima. Dà cecità monolaterale. La terapia si

avvale di cortisone endovena per evitare il coinvolgimento dell'altro occhio (accade

entro 24 ore).

• Neuropatia ottica tossico-carenziale (in forti bevitori o fumatori): carenza di

proteine e vitamine del gruppo B; può avvenire analogamente anche in soggetti

 gastroresecati.

• Forme ereditarie

◦ LHON (Neuropatia Ottica Ereditaria di Leber) mutazioni DNA mitocondrialematerno. Inizio: microangiopatia telangectasica; poi: atrofia ottica.

◦ Atrofia ottica ereditaria

• Papilledema o Papilla da stasi: edema della testa del nervo ottico secondario ad

ipertensione endocranica. Nelle forme da stasi vascolare e ipertensiva non ci sono

alterazioni della funzione visiva e l’acuità è del tutto normale. L'ipertensione può essere

determinata da una massa endocranica, che per dare questa patologia deve essere nella

  fossa cranica posteriore.

Dal punto di vista oftalmologico si vede un edema imponente della testa del nervo ottico

che impedisce a volte anche di riconoscere le sue strutture (aspetto a fungo dellapapilla). Il campo visivo è normale perché la zona interessata è la macchia cieca della

retina.

Sintomi: cefalea mattutina, nausea e vomito a getto, deterioramento stato di coscienza.

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Sono possibili annebbiamenti visivi transitori e diplopia orizzontale da stiramento del

  VI n.c. all'apice della rocca petrosa.

  Pseudotumor cerebri

Ipertensione endocranica in assenza di una massa endocranica, o dilatazione

ventricolare secondaria a idrocefalo, con normale composizione del liquor.

Colpisce donne obese, in età fertile, spesso amenorroiche.

2. Patologie chiasmatiche

Cause: neoplasie (adenomi ipofisari, craniofaringiomi, gliomi), aneurismi

Segni: emianopsia eteronima bitemporale, desaturazione colori, atrofia ottica

3. Patologie retrochiasmatiche

Emianopsia omonima controlaterale alla lesione.

Possono interessare i tratti ottici, le radiazioni ottiche o la corteccia striata.

CALO IMPROVVISO MONOLATERALE DEL VISUS CALO IMPROVVISO BILATERALE DEL VISUS

Trauma bulbare; Ferita corneale perforante

• Anamnesi

• Esame obiettivo dell'occhio

Glaucoma acuto

• Anamnesi

• Esame obiettivo dell'occhio

• Misurazione PIO

• Gonioscopia

• CV computerizzato una volta stabilizzato

Cataratta acuta (metabolica)

• Anamnesi (diabete mellito scompensato)

• Esame obiettivo dell'occhio (cristallino)

Sublussazione/lussazione del cristallino o della LIO

• Anamnesi (trauma bulbare; sindrome di Marfan;

intervento chirurgico per cataratta)

• Esame obiettivo dell'occhio

 Emovitreo

• Anamnesi (trauma bulbare; diabete mellito; pregressi

fenomeni ischemici retinici; malattie

leucoproliferative)

• Esame obiettivo dell'occhio

• Ecografia bulbare

  Endoftalmite postoperatoria 

• Anamnesi (Intervento chirurgico per cataratta/dichirurgia endobulbare)

• Esame obiettivo dell'occhio

• Misurazione della PIO

• Ecografia bulbare

Occlusione arteriosa retinica (centrale o di ramo)

• Anamnesi (politraumatizzati; fibrillazione atriale;

ipertensione;diabete mellito)

• Valutazione del visus (visus: zero)

• Esame obiettivo dell'occhio

• Fluorangiografia

• Controllo della PA

Occlusione venosa retinica (centrale o di ramo)• Anamnesi (coagulopatie; malattie leucoproliferative;

insufficienza venosa; ipertensione; vasculiti;

glaucoma ad angolo aperto)

Trauma bulbare

• Anamnesi

• Esame obiettivo dell'occhio

Cataratta acuta (metabolica)

• Anamnesi (diabete mellito scompensato)

• Esame obiettivo dell'occhio (cristallino)

Spasmo dell'accomodazione

• Anamnesi (chiedere se porta lenti; chiedere se ha

cambiato recentemente la correzione ottica e se la

prescrizione si è basata sull'esame in cicloplegia)

• Esame obiettivo dell'occhio

• Schiascopia bilaterale in cicloplegia

 Papilledema 

• Anamnesi (neoplasie intracraniche; sintomi)

• Visus (senso cromatico)

• Riflesso pupillare

• Esame obiettivo dell'occhio

• Fluorangiografia

• Raccomandata RMN dell'encefalo

  Aura oftalmica di emicrania

• Anamnesi (durata/transitorietà del sintomo visivo;

presenza di altri sintomi neurologici da aura

emicranica; rapporto del sintomo visivo con la

comparsa dell' emicrania)• CV

 Insufficienza vertebro-basilare

• Anamnesi (storia di drop attacks; atassia; vertigini;

disartria o disfasia; emiparesi o perdita monolaterale

della sensibilità; durata da pochi secondi ad alcuni

minuti/transitorietà del fenomeno)

• Esame obiettivo dell'occhio (fundus)

• Raccomandati: Valutazione della PA; ECG e Holter;

Doppler carotideo; RX della colonna cervicale

(compressione cervicale spinale da artrite del collo)

 Lesioni compressive del chiasma

• Anamnesi (negativa)

• Riflesso pupillare

• Esame obiettivo dell'occhio (negativo)

• CV

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• Valutazione del visus (visus centrale spesso

conservato)

• Esame obiettivo dell'occhio

• Misurazione della PIO

• Fluorangiografia

• Controllo della PA

Sindrome oculare ischemica (malattia occlusiva della

carotide)

• Anamnesi (età; precedenti episodi di perdita divisione monoculare transitoria; mani fredde o spasmo

dei muscoli del braccio con l'esercizio)

• Esame obiettivo dell'occhio (neovascolarizzazioni

iridee, papillari o retiniche)

• Fluorangiografia

• Raccomandata valutazione internistica con

ecocolordoppler carotideo

CRSC

• Anamnesi (Sd. Ansiosa; stress psico-fisico)

• Visus (migliorabile con lenti positive) e griglia di

 Amsler

• Esame obiettivo dell'occhio

• Fluorangiografia

• OCT

 Emorragia maculare, Distacco siero-emorragico

• Anamnesi (trauma bulbare contusivo; storia di NVC)

• Esame obiettivo dell'occhio

• Fluorangiografia + ICG

• OCT

  Distacco di retina con coinvolgimento maculare

• Anamnesi (trauma; miopia elevata)

• Esame obiettivo dell'occhio

• Ecografia bulbare se associato ad emovitreo

  Papilledema (raramente monolaterale) 

• Anamnesi (neoplasie intracraniche; sintomi)• Visus (senso cromatico)

• Riflesso pupillare

• Esame obiettivo dell'occhio

• Fluorangiografia

• Raccomandata RMN dell'encefalo

  Neuropatia ottica ischemica arteritica (ACG di Horton)

• Anamnesi (età; dolore temporale; claudicatio

mandibolare; polimialgia reumatica; diplopia)

• Riflesso pupillare

• Esame obiettivo dell'occhio

• CV

• Raccomandati esami ematici (PCR; VES)• Raccomandata biopsia multisettorriale dell'arteria

temporale

  Neuropatia ottica ischemica anteriore non arteritica

(NOIA) 

• Anamnesi (età; arteriosclerosi)

• Riflesso pupillare

• Esame obiettivo dell'occhio

• CV

• Raccomandati esami ematici (PCR; VES)

  Neurite ottica retrobulbare

• Anamnesi (età; dolore ai movimenti oculari; sintomi

neurologici; uso/abuso di sostanze tossiche)

• Visus (senso cromatico)

• Riflesso pupillare (Marcus-Gunn; fenomeno di

Pullfrich spontaneo)

• Esame obiettivo dell'occhio

• Raccomandata RMN dell'encefalo

Cecità corticale (infarto occipitale bilaterale; metastasi

 e meningiomi)

• Anamnesi (agnosia della propria cecità; fattori di

rischio cardiovascolari)

• Visus per vicino (possibile residuo centrale)

• Esame obiettivo dell'occhio

• CV

• Raccomandati: RMN dell'encefalo; valutazioneneurologica; valutazione cardiologica (ritmo cardiaco)

 Ipotensione ortostatica

• Anamnesi (storia di ipotensione ortostatica; durata di

pochi secondi/transitorietà del fenomeno; relazione

del fenomeno con l'ortostatismo)

• Esame obiettivo dell'occhio

• CV

Simulatori

• Anamnesi

• Visus (?)

• Esame obiettivo dell'occhio

• Ricerca di nistagmo fisiologico ottocinetico

• Ev. FAG e ERG-PVEd

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• CV

• PVE

• Raccomandata RMN cerebrale con m.d.c. per

escludere SM

  Aura oftalmica di emicrania (raramente monolaterale)

• Anamnesi

• (durata da 10-15 minuti/transitorietà del sintomo

visivo; presenza di altri sintomi neurologici da aura

emicranica; rapporto del sintomo visivo con lacomparsa dell' emicrania; diplopia)

• Esame obiettivo dell'occhio

• CV

 Ambliopia misconosciuta

• Anamnesi (terapia occlusiva nell'infanzia; difficoltà 

ad afferrare gli oggetti da vicino; chiedere se ha mai

provato a chiudere l'occhio adelfo)

• Misurazione delle eventuali lenti in uso

• Visus bilaterale con ES ed EU e per vicino

• Stereotest

• Motilità oculare e CT

• Valutazione della fissazione (pointing)

• Senso cromatico

• Schiascopia bilaterale in cicloplegia (anisometropia)

• Esame obiettivo dell'occhio

Simulatori

• Anamnesi

• Visus (?)

• Visus per vicino con ciclopegia dell'altro occhio

• Esame obiettivo dell'occhio

• Ricerca di nistagmo fisiologico ottocinetico

• Ev. FAG e ERG-PVE

  Patologie oculari legate al D IABETE :

Strabismo da neuropatia del VI n.c.

Cataratta

Glaucoma neovascolare

Miopia

Retinopatia

Terapia per la rottura della retina: laser. Terapia per il distacco di retina: chirurgia.

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ODONTOSTOMATOLOGIA

La dentizione decidua comprende 2 incisivi, 1 canino e 2 molari per ogni emiarcata dentaria.

Tra i 6 e i 12 anni la dentizione è mista, con la contemporanea presenza di denti da latte e di

quelli permanenti.

La dentizione permanente comprende invece 2 incisivi, 1 canini, 2 premolari e 3 molari per

ogni emiarcata dentaria (32 denti nel complesso).I denti sono numerati per convenzione dall'avanti all'indietro in ogni emiarcata:

➀ Emiarcata superiore destra (11 18)→

  Emiarcata superiore sinistra (21 28)→

  Emiarcata inferiore sinistra (31 38)→

  Emiarcata inferiore destra (41 48)→

L'anatomia dentale prevede la distinzione tra la corona dentaria (la porzione visibile del

dente, costituita da dentina ricoperta di smalto, che protegge dalle temperature e dagli agenti

chimici la polpa, il tessuto vascolo-nervoso) e l a radice (fissata nelle cavità alveolari,

costituita di cemento e dentina), separate dal colletto (di dentina).

Le radici possono essere singole (incisivi, canini, premolari inferiori), doppie (premolari

inferiori, molari superiori) o addirittura triple (molari superiori). In questi ultimi casi la

radice mesiale (ovvero rivolta verso il dente 1) ha due canali radicolari, quella distale (verso

l'8) ha un singolo canale radicolare.I denti hanno varie facce o superfici:

• Vestibolare: verso le pareti della bocca

• Linguale (nell'arcata inferiore) o palatale (nell'arcata superiore)

• Occlusale: nei molari/premolari (va a combaciare con la corrispondente faccia del dente

dell'altra arcata)

• Incisale: nei canini/incisivi (la superficie di taglio)

Inoltre tra loro i denti adiacenti vengono a contatto in una zona/superficie/area/punto detta di

contatto.

 Anestesia

L'anestesia può essere seguita con diverse modalità:

• Anestesia di superficie: diffusione lenta in profondità, non ha impiego in odontoiatria

◦ Spray

◦ Pomate di lidocaina

• Anestesia per infiltrazione:

◦ Plessica (terminale): iniezione in prossimità del nervo. È efficace solo in alcune

zone, dal momento che l'iniezione si effettua nella sottomucosa ed il principio attivo

deve diffondere attraverso l'osso. Pertanto è indicata in anestesia dell'arcata

mascellare (dove l'osso è meno compatto) e nei soli denti frontali dell'arcatamandibolare. Dal canino all'indietro la penetrazione dell'anestetico è scarsa.

◦ Di conduzione (tronculare): si effettua sui tronchi nervosi (II o III branca del

115

1 2 3 4 5 6 7 8

③ ④

 

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trigemino) ed agisce su tutto il tronco nervoso a valle. Prima bisogna fare una

manovra di aspirazione per essere sicuri di non iniettare nei vasi.

▪ Arcata mascellare: le emergenze dei tronchi nervosi per la puntura sono:

• Foro infraorbitale: nervo alveolare superiore, anteriore e medio. Anestetizza

gli incisivi, i canini e parte dei premolari.

• Forame incisivo: nervo nasopalatino. Anestetizza la parte anteriore del palato.

• 2° molare superiore: nervo palatino maggiore. Anestetizza il palato posteriore.▪ Arcata mandibolare:

• Foro mentoniero: nervi mentoniero e incisivo. Anestetizza il labbro inferiore,

gli incisivi, i canini e i premolari.

• Spina di Spyx (lingula della mandibola): nervo alveolare inferiore. Anestetizza

tutti i denti dell'emiarcata, il labbro inferiore e la lingua.

• Gow-Gates: nervo mandibolare a livello della sua emergenza dal cranio.

  Anestetizza tutta l'emiarcata e la gengiva linguale.

◦ Intralegamentosa: tra osso alveolare e radice. Si utilizzano siringa ed aghi

particolari, infiltra la radice tramite il legamento alveolodentale: l'anestetico è 

applicato direttamente sul nervo del dente. Bisogna associarla ad adrenalina per

vasocostringere e ridurre il sanguinamento ed aumentare l'effetto anestetico.

 Imaging

• Radiografie

◦ Endoorale: visualizza segmenti delle arcate

◦ Ortopantomografica o “panoramica” : esame di primo screening.

  Visualizza denti, seni, setto nasale, ATM

• TAC volumetrica a 3 sorgenti di radiazioni: consente ricostruzioni tridimensionali

PATOLOGIE DEI DENTI

Le patologie dentarie principali sono la carie dentale, le pulpopatie, le parodontopatie e la

disodontiasi del 3° molare (o dente del giudizio).

Le malattie del dente hanno tutte eziologia infettiva da batteri della placca dentale. Il biofilm

può essere

• Sopragengivale: attaccato alla corona, composto da circa 10 strati cellulari e ospita

batteri gram+, aerobi (80%) o aerobi/anaerobi facoltativi

• Sottogengivale: 100 o più strati cellulari, popolazione anaerobia (40-80% anaerobi

obbligati), perlopiù gram- (70%)Le popolazioni diverse della placca riflettono eziologie diverse nelle patologie superficiali e

quelle profonde del dente.

  A volte la placca per vari motivi si arricchisce di concrezioni calcificate, e diviene dura e

irremovibile con lo spazzolino (tartaro).

Carie Dentale 

Distruzione progressiva della componente inorganica del tessuto mineralizzato del dente,

dovuta ad un aumento critico dell'acidità locale. Avendo inizio superficiale, la distruzione

interessa dapprima lo smalto.

 Eziologia: per il determinarsi della carie sono necessari tre fattori concomitanti:

1. Alimentazione con saccarosio: il saccarosio è fondamentale per il metabolismo dello

S. mutans (metabolizza in lattato). I fattori negativi legati all'alimentazione sono:

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◦ Elevato consumo di zucchero

◦ Elevata frequenza di assunzione

◦ Viscosità dell'alimento

◦ Clearance orale individuale

2. Contaminazione batterica 

◦ Streptococcus mutans: è il batterio determinante della carie, possiede delle adesine

specifiche per lo smalto e riesce a sopravvivere in ambiente acido, contribuendone almantenimento.

◦ Lattobacilli: contribuiscono alla riduzione locale del pH.

◦ Actinomiceti: aderiscono bene alla dentina, sono di frequente riscontro nella carie

radicolare.

3. Fattori dell'ospite 

◦ Immunità 

◦ Anatomia

◦ Flusso salivare

Igiene orale Patogenesi:

La riduzione del pH al di sotto di 5,2 solubilizza la struttura portante dello smalto

(l'idrossiapatite) interferendo nell'equilibrio di mineralizzazione e demineralizzazione.

Sedi elettive della carie:

Denti malposti, a contatto con protesi, o ricostruiti con tecnica irrazionale nell’ambito dello

stesso dente: zone intercuspidali, spazi interdentali, colletto, costituiscono loci minoris

resistentiæ a causa del diminuito spessore smalto, o per la facilità con ci si accumula la placca.

Clinica:

• Macchia bianca: smalto non penetrato, asintomatico. Al di sotto della placca si

produce una zona di demineralizzazione che è il primo indizio di lesione, irrilevabileclinicamente.

• Cavità non penetrante nella polpa: dolore a stimoli termici e alla masticazione.

• Cavità penetrante nella polpa: pulpite con dolore continuo.

Le cavità cariose possono essere classificate in base a profondità, velocità di progressione,

varietà cliniche (c. prossimale delle superfici interdentali, recidiva, secondaria, professionale),

sede.

 Diagnosi:

• E.O. odontoiatrico con ispezione con specchietto, specillazione (analogo della

palpazione), prove termiche ed elettriche per escludere un’eventuale interessamentopulpare.

• RX ortopanoramica

 Prevenzione:

• Interventi sull'ospite/dente:

◦ Miglioramento dell'igiene orale

◦ Sigillatura dei solchi dentari nei bambini

◦ Applicazione locale di fluoro (riduce la solubilità dello smalto e ha proprietà 

antibatteriche)

• Alimentazione:

◦ Riduzione della frequenza di assunzione di zuccheri

◦ Sostituzione di zucchero con mannitolo, xilitolo

◦ Fluoroprofilassi topica nei bambini. La fluoroprofilassi nel neonato deve essere

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attuata già dal terzo trimestre di gravidanza tramite somministrazione di fluoro alla

madre.

• Interventi sui batteri:

◦ Dentifrici con fluoro e sostanze antibatteriche.

Per salvaguardare il dente, occorre aggredire la carie almeno al 2° grado. Se ha già interessato

la polpa, si procede alla devitalizzazione del dente.

Pulpopatie 

Le pulpopatie sono complicazioni della carie penetrata nella  polpa (organo complesso, poco

conosciuto, che occupa lo spazio interno del dente, circondato dalla dentina). La superficie

interna della cavità  è tappezzata da odontoblasti i cui prolungamenti si addentrano nella

dentina arrivando fino allo smalto. Gli odontoblasti nutrono lo smalto, hanno una funzione

sensoriale e di difesa, in quanto capaci di ricreare la dentina e rallentare la penetrazione della

carie in profondità.

La pulpite (flogosi infettiva della polpa) si ha in diverse situazioni:

• Carie dentale: è la causa principale

• Trauma con esposizione della polpa

• Esposizione iatrogena della polpa

 Patogenesi:

L'invasione della polpa da parte dei germi provoca una reazione di difesa proporzionale alla

quantità dei germi penetrati. In penetrazioni minime o esposizioni poco estese si ha una tipica

reazione flogistica a cui segue una rigenerazione di dentina e guarigione entro 30 giorni. In

penetrazioni massive o esposizioni estese si ha la necrosi della polpa accompagnata da un

esagerato afflusso ematico, che comporta un aumento della pressione nella cavità dentaria,

che comprime i vasi riducendo così l'afflusso. In questo modo le difese naturali vengono

sopraffatte rendendo ragione della necrosi.In caso di carie nelle prime fasi, la penetrazione dei germi (e la diffusione delle loro tossine) è 

lenta e cronica, per cui compare la   pulpite cronica. In fasi successive quando l'erosione della

dentina diventa ampia si assiste ad una penetrazione massiva dei germi con la conseguente

 pulpite acuta (unico caso di flogosi cronica che precede la flogosi acuta).

Clinica:

La pulpite cronica può decorrere asintomatica o presentarsi con ipersensibilità termica o

dolore alla masticazione.

La pulpite acuta in genere si presenta con un quadro eclatante di dolore intenso e continuo,

esacerbato da stimoli pressori e termici e dal clinostatismo. Il processo infiammatorio, che sisvolge all'interno di una cavità rigida, dà una sintomatologia spesso pulsante.

La necrosi pulpare in sé  è asintomatica ma può rendersi clinicamente evidente con le sue

complicanze. La necrosi della polpa esita nella formazione di un granuloma (parodontite

apicale cronica).

Granuloma 

Il granuloma (o   parodontite apicale cronica) è una reazione fisiologica di difesa, volta a

limitare la diffusione dei germi dal canale apicale del dente nei tessuti circostanti. Consiste in

una reazione immunoallergica (di tutti i tipi di Gell-Coombs) che confina l'infezione.

La parodontite cronica è asintomatica nella maggioranza dei casi ma talvolta si presenta condolore alla pressione. Il processo infiammatorio può essere evidenziato tramite RX che mostra

osteolisi circoscritta, a contorni netti, dell’osso periapicale.

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Il tentativo di limitazione dell'infezione può fallire, e provocare un ascesso:  parodontite

apicale acuta. La forma acuta può avere carattere sieroso o purulento.

Le complicanze del granuloma (essenzialmente ascesso, cisti odontogena e batteriemia)

possono essere dovute a

• Disfunzioni immunitarie

• Presenza di particolari specie batteriche:

◦ Sintomatica:  Prevoltella intermedia, Peptostreptococchi ◦ Asintomatica: Streptococchi, Enterobatteri

La terapia è la devitalizzazione del dente, in quanto non si ha mai la restitutio ad integrum,

associata eventualmente ad analgesici in caso di impossibilità ad andare dal dentista, o

antibiotici per circoscrivere l’ascesso ed evitare sepsi.

MALATTIE PARODONTALI 

Le malattie parodontali consistono in un gruppo di malattie infiammatorie che colpiscono il

parodonto superficiale (gengivite) o profondo (parodontite).

Il parodontoè

in sostanza l'apparato di sostegno del dente nella sua cavità

alveolare. Mentre il  parodonto superficiale comprende solo la gengiva, il   parodonto profondo è composto da

più strutture complesse che possono essere la sede della parodontite:

• Il legamento parodontale: è composto da fibroblasti, cementoblasti e osteoblasti. Le fibre

collagene del legamento ancorano il cemento all'osso alveolare. Le fibre collagene sono

disposte in varie direzioni, ma sul piano clinico le più importanti sono le fibre

transsettali, che separano i denti tra loro e mantengono l'integrità della gengiva.

• Il cemento 

• L'osso alveolare

Gengivite L'infiammazione della gengiva si presenta con

• Ispessimento, alterazioni di colore e di forma gengivale

• Sanguinamento, apprezzato soprattutto nello spazzolamento dei denti

• Dolore diffuso

Nella gengivite la flogosi non supera le fibre transsettali del legamento, per cui il solco

gengivale rimane di profondità inalterata (circa 3 mm), mentre nella parodontite profonda il

solco viene approfondito.

 Eziologia:

• Gengivite da placca: è il tipo più comune, che deriva dall'accumulo di placca battericasulle gengive. Tipicamente compare non spazzolando i denti per una settimana, anche

in soggetti peraltro sani.

• Gengivite ormonale: appannaggio quasi esclusivo delle donne gravide, ma può 

comparire anche in pubertà o con l'uso di contraccettivi orali.

• Gengivite secondaria a malattie sistemiche: tipicamente da leucemia.

• Gengivite ulcero-necrotica: associata a spirochete (frequente in Africa), è 

particolarmente dolorosa.

• Gengivite ipertrofica: da farmaci (frequentemente da ciclosporina, dose-

indipendente), consiste in un'ipertrofia delle gengive.

Parodontite 

È una flogosi del parodonto profondo. Colpisce più frequentemente le donne e presenta una

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forte componente ereditaria.

La sintomatologia è analoga alla gengivite. A differenza della gengivite, nella parodontite

profonda si viene a creare una tasca parodontale (> 3 mm) a partire dal solco gengivale, per la

progressione del processo nel parodonto profondo.

La parodontite può comportare la perdita del dente interessato.

  Eziologia e patogenesi:

Il fattore chiave della parodontite è l'accumulo di placca. Infatti il 10% delle gengivitiprogredisce verso l'interessamento del parodonto profondo. Questo fatto è legato strettamente

alle specie batteriche presenti nella placca e alla recettività individuale (fattori dell'ospite). La

gengivite per contro è determinata da una placca aspecifica.

Il maggior rischio di progressione in profondità è dato dalla presenza nella placca di specie

microbiche capaci di penetrare nel parodonto profondo. La distruzione dell'apparato di

sostegno e l'eventuale estensione della flogosi all'osso alveolare determinano prima la

vacillazione e poi la perdita del dente.

Le parodontiti sono classificati dall'OMS in:

• Parodontite a insorgenza precoce: da Actinomyces comitans, distinta a sua volta in

◦ Prepuberale: 5 - 12 anni

◦ Giovanile: dell'adolescenza

• Parodontite dell'adulto: associata a Paphyromonas gengivalis, insorge dopo i 18 anni

ed è la forma più frequente.

• Parodontite rapidamente progressiva: insorge nell'adulto (i casi pediatrici sono

rari), la specie microbica è ignota.

Disodontiasi del 3° Molare 

 Anche la disodontiasi è una patologia infettiva dell'apparato di sostegno del dente. In caso del

3° molare l'infezione è facilitata dall'anatomia del dente.La flogosi del parodonto del 3° molare ha normalmente come causa l'anatomia della mascella,

che non permette il posizionamento normale del dente, pertanto è più frequente nell'arcata

superiore.

In genere il follicolo del terzo molare è inclinato, alla nascita, in avanti e si dispone nella

posizione giusta soltanto verso i 18 anni, per la crescita della mandibola, che lo fa scivolare

indietro e piega la parte del germe non ancora calcificata che andrà a formare le radici.

 All’obliquità primitiva del germe, pertanto, si aggiunge quella data dall’azione della

mandibola: il dente quindi per erompere deve compiere una curva di raddrizzamento.

L’obliquità può essere esagerata, ed il dente eromperà in posizione anomala (mesioversione

obliqua oppure versione linguale, vestibolare, orizzontale). La disto-versione è più rara e si ha

quando la curva di raddrizzamento è eccessiva: la superficie occlusale in tal caso guarda

indietro. Può anche rimanere parzialmente incastrato nella lamina fibromucosa gengivale; in

questo caso i tessuti non scivolano lungo la corona, esponendola nella bocca, ma la ricoprono in

parte, e ne risulta al di sopra del dente una specie di cavità le cui pareti sono costituite dai

tessuti rimasti in sede. Su questa tasca possono facilmente provocarsi dei processi infettivi.

È difficile in ogni caso separare l’influenza dei fattori anatomici da quelli embriologici.

Clinica:

L'infiammazione nel punto di perforazione della gengiva dal dente emergente è sostenuta dai

batteri della placca, e comporta:• Dolore cronico: può essere causato anche dall'emergenza del dente

• Pericoronarite, ascessi, complicanze sistemiche

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• Carie dentale del 2° molare (parete posteriore)

• Danni parodontali del 2° molare

• Riassorbimento delle radici del 2° molare

• Cisti follicolari

  Indicazioni alla rimozione del 3° molare:

• In presenza di complicanze: ascesso, carie, danni al 2° molare, cisti.

• In assenza di complicanze:◦ Problemi odontoiatrici che richiedono retrazione del 2° molare

◦ Impossibilità di eruzione del 3° molare (troppo grande, orizzontale, ecc)

Nel porre l'indicazione all'estrazione va valutato il rapporto rischio/beneficio, prendendo in

cosiderazione la prevenzione di complicanze a carico del 2° molare e che, nel giovane,

l'estrazione è più facile tecnicamente.

 Ascesso Odontogeno 

L'ascesso è un processo infiammatorio acuto che si presenta di solito con il gonfiore di una

guancia. Anatomicamente l'ascesso può essere:

• Pulpare: pulpite necrosi ascesso→ →

• Parodontale: parodontite cronica

• Pericoronale: malposizione della corona di un dente

La terapia è antibiotica, i farmaci di prima scelta sono:

• Aminopenicilline (Amoxicillina, Zimox, Augmentin)

• Macrolidi (Zitromax, Rovamicina, Miocamen): solo ai pz. allergici alle penicilline e a chi

stava già usando penicilline. Questi farmaci raggiungono basse concentrazioni negli

ascessi, per cui sono utili solo nelle fasi iniziali.

• Cefalosporine di 2a/3a generazione

I farmaci di seconda scelta sono:• Cefalosporine di 3a generazione

• Ureidopenicilline

I farmaci di terza scelta sono:

• Cefalosporine

• - β lattamici

• Aminoglicosidi e Lincosamide: per i gram-

LESIONI DEL CAVO ORALE 

L'unica patologia pericolosa del cavo orale è il cancro, che nel caso del cavo orale è quasisempre preceduto da lesioni preneoplastiche che possono rendersi utili per la diagnosi precoce.

Le lesioni elementari del cavo orale sono distinte in 4 tipi:

1. Lesioni vescicolo-bollose

2. Lesioni erosivo-ulcerose: le  erosioni sono distinte dalle ulcere, perché le prime non

oltrepassano l'epitelio e guariscono senza lasciare cicatrice.

3. Lesioni bianche: ispessimento dell'epitelio

4. Lesioni rosse: assottigliamento dell'epitelio

1. Lesioni Vescicolo-Bollose Le lesioni vescicolo-bollose non sono precancerose, sono lesioni a contenuto sieroso, di

dimensioni variabili. Possono sovrainfettarsi con la Candida orale.

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• Vescicola: ≤ 5 mm

◦ Herpes Simplex (sopratutto HSV-1): l'infezione da HSV-1 al 99% è asintomatica al

primo contatto, mentre nell'1% dei casi causa una   gengivostomatite erpetica

 primaria (in bambini e in soggetti immunocompromessi).

L'infezione latente può riattivarsi in alcuni momenti della vita provocando quadri

diversi anatomicamente, ma caratterizzati dalla stessa evoluzione delle lesioni:

▪ Herpes labiale▪ Herpes intraorale ricorrente: coinvolge le gengive, il palato.

La diagnosi di Herpes è prettamente clinica, in casi dubbi si può ricorrere ad un test

diagnostico citologico.

La terapia dell'Herpes è topica con Acyclovir (Zovirax) nelle fasi precoci.

◦ Herpes Zoster: l'infezione da VZV dà come manifestazione primaria la varicella. Le

lesioni orali sono delle riattivazioni dell'infezione latente.

Rispetto alle lesioni da HSV, lo Zoster presenta lesioni a grappolo stretto, più estese,

rosse, dolenti, di durata e di aggressività maggiore, interessando di solito un intero

ramo trigeminale.

La terapia si basa sullo Zovirax e.v. per 7-10 giorni nelle fasi precoci.

Entrambe le malattie erpetiche sono comunque autolimitanti.

• Bolla: > 5 mm

◦ Pemfigo, pemfigoide: le lesioni del pemfigo sono caratteristicamente delle lesioni

bollose (bolle intraepiteliali con frequente interessamento cutaneo). Le lesioni sono

dovute ad auto-anticorpi che colpiscono zone diverse dell'epitelio. Le bolle tendono a

rompersi. Nel  pemfigo vulgaris l'interessamento cutaneo è la regola.

Il pemfigoide ha la stessa presentazione clinica, con frequente coinvolgimento

gengivale, ma l'interessamento cutaneo è raro. Le bolle sono  sottoepiteliali. Ci sono

casi di lesioni congiuntivali nel pemfigoide che guarendo per cicatrizzazione lascianoesiti oftalmologici da retrazione.

La diagnosi è facilitata dal segno di Nikolsky: sfregando la cute o la mucosa

apparentemente sana, entro pochi secondi compaiono le caratteristiche bolle (segno

di elevato turnover cellulare ed infiammazione). Il segno di Nikolsky positivo pone la

diagnosi di patologia bollosa, ma non discrimina tra pemfigo e pemfigoide. La

diagnosi differenziale tra le due è posta solo alla biopsia, che evidenzia depositi di

autoanticorpi, diffusi in tutto l'epitelio nel pemfigo, mentre nel pemfigoide si

localizzano solo nello strato basale.

La terapia della patologia bollosa, vista la sua origine autoimmmune, è basata sucorticosteroidi; nelle forme gravi si ricorre agli immunosoppressivi. La  perdita

di liquidi dalle lesioni può portare alla insufficienza renale.

◦ Lichen di tipo bolloso 

2. Lesioni Erosivo-Ulcerative 

Le erosioni possono rappresentare la conseguenza evolutiva delle bolle o delle vescicole,

oppure possono essere erosioni primarie in caso di:

• Trauma (ad es. trauma cronico sotto le dentiere: rischio di evoluzione neoplastica)

• Aftosi: le erosioni aftose sono la maggioranza dei casi. Le afte sono ulcere minori di

origine autoimmune, frequenti in celiachia e Chron. Spesso sono ulcere ricorrenti.

Possono comparire con modalità diverse:

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◦ Aftosi orale minore: più propriamente sono erosioni

◦ Ulcere orali maggiori: lesioni maggiori di 1 cm che possono lasciare esiti

cicatriziali. Vanno sotto il nome di malattia di Sutton.

◦ Ulcere erpetiformi: multiple, spesso disposte a grappolo ricordando le lesioni

erpetiche.

◦ Sindrome di Behcet: sindrome autoimmune che consiste in

▪ Ulcere orali▪ Ulcere genitali ricorrenti

▪ Lesioni papulo-pustolose cutanee

▪ Lesioni oculari

▪ Artralgie e artriti alle piccole articolazioni

La diagnosi è clinica. La terapia è sintomatica con  FANS,  cortisone locale. In forme

gravi la terapia può includere corticosteroidi e immunosoppressori sistemici.

• Eritema multiforme: lesioni ulcerose muco-cutanee acute e sintomatiche. L'eritema

multiforme è una patologia immunoallergica ed è relativamente frequente. Può 

manifestarsi in modi differenti:◦ EM orale: interessa solo il distretto della cavità orale

◦ EM minor: interessamento orale e cutaneo a zone (lesioni a bersaglio)

◦ EM major: lesioni cutanee confluenti; detto anche Sindrome di Steven-Johnson 

◦ Necrolisi epidermica tossica: forma gravissima; detta anche Sindrome di Lyle 

Le lesioni dell'eritema multiforme sono lesioni molto dolorose, spesso Nikolsky positive,

ed anche visivamente possono assomigliare alle lesioni del pemfigo.

La diagnosi è clinica. L'anamnesi può rivelare un'associazione con farmaci, infezioni

virali (anche herpes labiale). La conferma della diagnosi può essere bioptica.

La terapia è corticosteroidea. 

• Lichen di tipo erosivo o erosivo-ulcerato

• Sifilide: la malattia passa attraverso 3 stadi, dall'ulcera dura indolente del sifiloma

primario fino alle gomme sifilitiche terziarie, che possono presentarsi (anche se

raramente) a livello orale.

Le ulcere neoplastiche sono asintomatiche, lente, non reagiscono al contatto con sostanze.

3. Lesioni Bianche e Rosse 

Le lesioni bianche e quelle rosse riflettono un alterato turnover dell'epitelio del cavo orale, cioé 

una riduzione o un aumento dello spessore epiteliale. In questa categoria di lesioni sono

comprese le lesioni precancerose, anche se sono la minoranza rispetto al totale.La leucoplachia significa letteralmente “chiazza bianca”, e non è soltanto una lesione

preneoplastica, ma può essere provocata da una grande quantità di condizioni, essendo in

sostanza una reazione aspecifica di difesa a stimoli di natura irritativa di vario tipo. Possono

insorgere dovunque nella cavità orale, preferiscono il pavimento della bocca, la parte ventrale

della lingua e il palato duro. Macroscopicamente, possono avere una vasta gamma di aspetti

morfologici, con margini netti o delimitati; aspetto liscio, sopraelevato, vellutato e verrucoso;

solitarie o multiple.

L’ eritroplachia è invece una lesione più insidiosa e più comune. Si tratta di una placca di

colore rosso, vellutata, a volte erosa; di solito è piana o lievemente depressa. L’eritroplachia hain sé una componente displastica. Infatti nelle cellule del derma si osservano atipie nucleari, e

si hanno aree alternate di cheratosi e paracheratosi. Nel derma sottostante ci sono segni di

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flogosi cronica. La progressione neoplastica di questo tipo di lesione è molto maggiore

(valutata intorno al 50%).

Tra le lesioni bianche o rosse non preneoplastiche vanno ricordate:

• White sponge nevus: assolutamente benigno

• Leucoplachia: dovuta ad un edema sottomucoso

• Granuli di Fordyce: ghiandole sebacee ectopiche (frequenti)

• Hairy leucoplachia: tipico dell'AIDS• Ipercheratosi funzionale 

• Ipertrofia delle papille filiformi: lingua a carta geografica

La terapia viene eseguita con la rimozione degli agenti irritanti, che una volta eliminati

possono portare alla regressione delle lesioni: se questo non avviene, e in ogni caso nelle

eritroplachie, la lesione deve essere asportata ed esaminata dall’anatomopatologo.

Candidosi

L'infezione da Candida albicans è una causa molto frequente di lesioni bianco-

rosse. Questo micete è un saprofita del cavo orale che in certe occasioni riesce a

penetrare nei tessuti diventando patogeno trasformandosi da lievito a ife.

Le manifestazioni da Candida albicans sono:

• Candidosi acuta: frequente in bambini e in immunocompromessi, dove ci

sono le premesse per una maggiore aggressività del fungo. La lesione può 

essere rossa (eritematosa) o bianca (pseudomembranosa formata da ife e

detriti cellulari) e va sotto il nome di mughetto. Deriva quindi da uno

squilibrio tra immunità e aggressività.

• Candidosi cronica: presuppone condizioni particolari di alterazioni

epiteliali locali (come protesi dentarie). La lesione può essere:

◦ Rossa: da protesi◦ Bianca: da placca

◦ Cheilite angolare: lesioni bianco-rosse a livello della commissura

labiale.

La diagnosi delle candidosi è clinica e può essere facilitata da un prelievo

microbiologico (tampone).

La terapia antimicotica è efficiente se si eliminano le cause favorenti nella

candidosi cronica.

 N  EOPLASIE  DEL CAVO ORALE

Le neoplasie del cavo orale sono più frequenti di quello che si crede: rappresentano il 3-4% di

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Lesione vescicolo-bol losa

Vescicole Bolle con PapuleBolle

BiopsiaSegno di Nikolsky

PemfigoPemfigoide

Herpes Lichen bolloso

L esio n e u l c e ro s a

MultiplaSingola

Non dolorosaNon dolorosa

SifilideTrauma Aftosi 

 Aftosi Eritema Multiforme

Lichen(Herpes, Pemfigo)

DolorosaDolorosa

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tutte le neoplasie umane. La mortalità è elevata, e l'intervento chirurgico comporta in ogni

caso gravi problemi estetici e funzionali.

Il carcinoma orale può essere diagnosticato in fase precoce od addirittura previsto attraverso

l'identificazione delle lesioni precancerose.

Dal punto di vista fisiologico bisogna tener in mente che il turnover dell'epitelio orale  è 

controllato da tre fattori di fondamentale importanza:

• Geni: si stima che occorrano 3 - 5 mutazioni di geni chiave nel processo dell'oncogenesi• Fattori extracellulari

• Sistema immunitario 

Il cancro del cavo orale è preceduto da lesioni preneoplastiche che presentano già delle lesioni

geniche specifiche, ma non sufficienti per un totale perdita di controllo proliferativo:

• Leucoplachia non ascrivibile a cause note

• Eritroplachia non ascrivibile a cause note

• Lichen 

• Cheilite attinica: di pertinenza dermatologica, dovuta ad abbondanti esposizioni alla

radiazione solare.I difetti epiteliali nelle lesioni preneoplastiche possono essere sostanzialmente di due tipi:

• Errori quantitativi: iperplasia (prognosi più favorevole)

• Errori qualitativi: displasia

Clinica:

La maggior parte delle lesioni sono lesioni miste, ma la leucoplachia è molto più frequente

della eritroplachia. La leucoplachia può essere omogenea o non omogenea (quella non

omogenea ha correlazioni maggiori con la presenza di displasia). Anche le lesioni rosse

possono essere descritte come omogenee o meno.

 Predittività della trasformazione maligna: 

• Biopsia:

◦ Displasia: è il fattore più importante

◦ Immunoistochimica: citocheratine, attività mitotica, p53, Ki-67. Anche la mappa

cromosomica può avere aspetti orientativi

• Clinica: aspetto delle lesioni

La gestione del paziente dipende da questi parametri prognostici e può essere riassunta come:

• Alterazione quantitativa: follow-up

• Displasia lieve/moderata: asportazione semplice

• Displasia severa: asportazione allargata

  Presentazione clinica: nelle fasi iniziali il carcinoma del cavo orale ha l'aspetto di una papula odi una vegetazione verruciforme, ma può altresì presentarsi ulcerato.

I fattori prognostici sfavorevoli sono:

• Sede: lingua (metastasi precoci)

• Stadio 

• Istologia - grado di differenziazione

• Biologia molecolare: p53, Ki-67

 Fattori di rischio accertati sono:

• Fumo (specie bolo di tabacco da masticare. Quello di pipa predispone al cancro del

labbro inferiore)• Alcool (Fumo ed alcool hanno effetto sinergico specie con i superalcolici. Rischio relativo:

6-15)

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• Radiazioni attiniche (solari) predispongono al cancro del labbro.

Lichen Oral Planus 

È una patologia molto diffusa di origine autoimmune (reazione lichenoide cellulo-mediata)

contro le cellule dello strato basale dell'epitelio. La patologia conferisce un rischio cancerogeno

aumentato. È riscontrata una associazione con l'epatite C nel'8-10% dei casi.

 Patogenesi:L'alterazione antigenica delle cellule basali porta all'attivazione delle cellule T, che esita in

una flogosi tissutale persistente fintanto che è presente il fattore scatenante.

Morfologicamente è caratteristico l'infiltrato con predominanza di linfociti T al di sotto della

membrana basale epiteliale.

Clinica:

Il lichen si può presentare con tutti e quattro tipi di lesioni elementari (erosione, ulcera,

leucoplachia, eritroplachia). Le manifestazioni cliniche dipendono dall'aggressività della

reazione lichenoide e possono essere:

• Manifestazioni reticolari bianche: strie di Wickham 

• Manifestazioni rosse arofico-erosive: non c'è più turnover cellulare. (Va fatta diagnosi

differenziale con le patologie vescicolo-bollose, che si ulcerano molto velocemente: segno

di Nikolsky)

  Inquadramento nosologico:

In base alla prevalenza del meccanismo patogenetico si distinguono due tipi di lichen:

• Lichen classico: prevalente la patogenesi autoimmune. È una forma cronica

inguaribile. Il lichen classico è generalmente bilaterale e presenta quasi sempre le strie

di Wickham. Istologicamente si presenta con infiltrato lichenoide a banda con

interruzione della continuità della membrana basale, presenza di corpi di Civatte

(corpiccioli rosa composti da epiteliociti anucleati). Il lichen classico si associa spesso amanifestazioni cutanee: papule rossastre pruriginose.

• Lesioni lichenoidi: prevalente azione dell'agente causale, queste lesioni regrediscono

con la rimozione dell'agente iniziale. La reazione lichenoide si presenta di solito

monolateralmente, le strie di Wickham sono rare, la membrana basale non viene

interrotta, non sono presenti i corpi di Civatte e non ci sono manifestazioni cutanee. I

possibili agenti causali sono:

◦ Amalgama

◦ Resine

Metalli◦ Dentifrici

◦ Collutori

◦ Farmaci: specie antiipertensivi

◦ Allergeni

La biopsia (come per qualsiasi lesione bianca) è il metodo per porre la diagnosi.

  Rischio di trasformazione maligna:

Secondo alcuni autori, il rischio cancerogenetico non dipende tanto dal lichen stesso, quanto

da anomalie primitive dell'epitelio e dalla presenza di infiltrato linfocitario, cioè attribuiscono

i casi di lichen maligno ad errori diagnostici tra lichen e carcinoma iniziale (leucoplachia) con

infiltrato linfocitario reattivo. Nonostante ciò il lichen attualmente viene considerato comemalattia a rischio di carcinoma. I fattori predittivi di una trasformazione maligna sono:

• Lesioni atrofico-erosive (sembrano conferire un rischio maggiore, ma non è univoco)

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• Espressione di Ki-67 e p53

• Alterazioni grossolane del cariotipo.

Terapia: non esistono terapie valide, pertanto tende a cronicizzare

• Lichenoide: va trattato come la leucoplachia; il trattamento consiste nel cercare di

rimuovere la causa scatenante, con cambio dei farmaci domiciliari, e   patch test alla

ricerca di eventuali allergeni.

• Lichen classico: se sintomatico si usano i cortisonici. La diagnosi di lichen classicorichiede un follow-up annuale con biopsia. Se il turnover epiteliale è aumentato ogni 6

mesi o addirittura ogni 3 mesi (anche per il lichenoide). Il riscontro di displasia porta

all'asportazione della lesione.