opuscolo piano di emergenza vulcanica

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Ma perché l'area flegrea e quella vesuviana, nonostante uno spaventoso rischio vulcanico, i periodici annunci, il fiume di soldi finora spesi... continua a non avere un Piano di protezione civile degno di questo nome? In questo opuscolo cerchiamo di far luce su questa scandalosa situazione. Per svegliare le popolazioni e i sindaci da una indifferenza che può tradursi in una catastrofe. E per illustrare il Disegno di Legge che il Movimento Cinque Stelle intende presentare in Parlamento. Protezione civile anno zero Perchè non abbiamo ancora un Piano di emergenza? Quaderni del Territorio

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Page 1: Opuscolo piano di emergenza vulcanica

Ma perché l'area flegrea e quella vesuviana, nonostante unospaventoso rischio vulcanico, i periodici annunci, il fiume di soldifinora spesi... continua a non avere un Piano di protezione civiledegno di questo nome?

In questo opuscolo cerchiamo di far luce su questa scandalosasituazione.

Per svegliare le popolazioni e i sindaci da una indifferenzache può tradursi in una catastrofe.

E per illustrare il Disegno di Legge che il Movimento CinqueStelle intende presentare in Parlamento.

Protezione civileanno zero

Perchè non abbiamo ancoraun Piano di emergenza?

Quaderni delTerritorio

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Comincia con questo fascicolo la collana “Quadernidel territorio” curata dal Movimento Cinque Stelledella Campania.

Ogni numero, un approfondimento su uno specificoargomento (il prossimo sarà il “Deep Drilling Project”,e una serie di proposte (in questo caso un disegnodi Legge) aperte alla discussione e ai contributi dichi vorrà esserci vicino nelle nostre mobilitazioni.

1996, 1 febbraio. Con Decreto della Presidenzadel Consiglio dei Ministri n. 247 la Commissionedel 1993 viene perpetuata trasformandola nella“Commissione incaricata di provvedereall’aggiornamento dei piani di emergenza dell’areavesuviana e flegrea connessi a situazioni diemergenza derivanti dal rischio vulcanico”. Questanuova Commissione, dopo aver germogliato, comela precedente, una serie di sottocommissioniproduce tre documenti («Progetto per lapianificazione dei flussi di allontanamento dei 18comuni dell’area vesuviana in situazione diemergenza. Parte 1: studio ed elaborazioneviabilità intercomunale»; «Aggiunte e variantialle parti A3, B e C2 della pianificazione nazionaledell’emergenza dell’area vesuviana 2001»;«Elementi di base per la pianificazione nazionaled’emergenza dell’area flegrea»).

2001, agosto. Viene istituita una terzaCommissione, che produce altri 5 Gruppi di Lavoro(Pianificazione dell’Emergenza; Attivazione dellaStruttura per funzioni di supporto; Potenziamentodel Sistema Informativo Territoriale;Pianificazione Territoriale; Definizione dellaPericolosità Vulcanica, Sorveglianza eVulnerabilità; Educazione ed Informazione).

2002, 25 giugno. Con Decreto della Presidenzadel Consiglio dei Ministri n. 1828 viene ricostituitauna nuova “Commissione incaricata di provvedereall’aggiornamento dei piani di emergenza dell’areavesuviana e flegrea connessi a situazioni diemergenza derivanti dal rischio vulcanico”Secondo articoli giornalistici (mai pubblicamentesmentiti), questa Commissione si è riunita duevolte in sette anni.

2007, 23 aprile 2007. Il Capo del Dipartimentodella Protezione Civile, Guido Bertolaso, in unaaffollata conferenza stampa a annuncia una “nuovastrategia” che sovrintenderà al prossimo Pianodi emergenza. Nessuno ne ha saputo più nulla.

2011, 18 febbraio. Il Capo del Dipartimento dellaProtezione civile, Franco Gabrielli annuncia lacreazione di una commissione mista Dipartimento- Regione Campania che dovrebbe varare “al piùpresto” il “Piano di emergenza per l’area vesuvianae flegrea”.

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Che fare in caso di emergenza vulcanica?Cosa dovrebbe fare oggi la popolazione flegrea e vesuviana in caso di

allarme vulcanico? La risposta ufficiale è sintetizzata nei due riquadri,riportati più avanti, tratti dai documenti della Protezione civile “Elementidi base per la pianificazione nazionale di emergenza dell’area flegrea” e“Piano nazionale di emergenza dell'area vesuviana”.

Metà della popolazione di Fuorigrotta dovrebbe evacuare in Toscana,l’altra metà nel Lazio; la popolazione di Pianura in Emilia,

Bacoli nelle Marche, Pozzuoli in Abruzzo, Monte diProcida nel Molise, la popolazione di Vomero,

Arenella, Chiaia in Puglia, Soccavo in Sicilia, Bagnoliin Basilicata....

Uguale sorte per le popolazioni vesuviane:Portici in Emilia Romagna, Ercolano in Toscana,Terzigno nel Veneto, Torre del Greco inSicilia......

Probabilmente molti tra i lettori di questoopuscolo già conoscono queste destinazionie, verosimilmente, credono che questodrammatico esodo debba verificarsi soloe se l’eruzione assume dinamiche pericoloseper la popolazione. In altri termini, essicredono che il “Piano di protezione civile”

(che immaginano esista da qualche parte)contempli anche una serie di misure da attuaredurante la fase di Allarme; quando, cioè, non si

sa se una serie di fenomeni (continui terremoti, bradisismo, intensificarsidelle fumarole....) sfoceranno in una eruzione o se rientreranno senza faredanni (come fu, ad esempio, per il bradisismo del 1982-83).

Così non è. È proprio questo il nocciolo della faccenda.Al pari di quanto è stato fatto per l’area vesuviana, le direttive per

l'emergenza per l’area flegrea prevedono SOLO l’evacuazione, da attuarein una non meglio precisata “emergenza”. E, proprio per questo i piani diprotezione civile continuano a non essere nèredatti nè approvati.

Ma, a proposito, chi dovrebbe oggi redigerequesti piani?

Considerato l’enorme rischio rappresentatoda una emergenza vulcanica nei Campi Flegrei,e nell’area vesuviana, sarebbe lecito aspettarsiche da qualche parte (al Dipartimento dellaProtezione Civile, al Ministero dell’Interno,alla Prefettura di Napoli, alla Regione Cam­pania, alla Provincia di Napoli.......) ci sia un

1992 consegna al Dipartimento Nazionalealla Protezione Civile una relazione conclusivache, incredibile a dirsi, viene tenuta segreta,nonostante le numerose richieste di visioneportate avanti da studiosi e daamministrazioni comunali dell’area vesuviana.

1990 Maggio: Il Gruppo Nazionale per laVulcanologia (GNV) consegna al Dipartimentodella Protezione Civile il ponderoso studio"Scenario eruttivo del Vesuvio", sollecitandoloa programmare la stesura di un Piano diemergenza.

1991, 5 settembre. Viene costituita la«Commissione incaricata di stabilire le lineeguida per la valutazione del rischio connessoad eruzione nell’area vesuviana» che, pare,nel novembre 1992 consegna al DipartimentoNazionale alla Protezione Civile una relazioneconclusiva che, incredibile a dirsi, vienetenuta segreta, nonostante le numeroserichieste di visione portate avanti da studiosie da amministrazioni comunali dell’areavesuviana.

1993, giugno. Sulla scorta dei lavori dellaprecedente Commissione il Sottosegretarioalla Protezione Civile, Vito Riggio. istituisceuna seconda ciclopica (64 membri)Commissione "incaricata di provvedereall’elaborazione di un Piano di emergenzadell’area vesuviana". La commissionepartorisce quattro sottocommissioni che, aloro volta, producono innumerevoli Gruppi diLavoro.

1995, 25 settembre. Franco Barberi,viceministro alla Protezione Civile presentail rapporto finale della Commissione: consistenel documento “Pianificazione nazionale diemergenza dell’area vesuviana”, 31 Allegatie 22 Documenti Funzione.

1995, ottobre. Undici sindaci dell’areavesuviana protestano contro il documentodella Commissione e l’esautoramento dellecomunità locali nella redazione di questo,costituendosi in Coordinamento dei Comunivesuviani

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Ufficio preposto a realizzare l’apposito“Piano di emergenza”. Del resto in Italia(e ancora più in Campania) ogni “emer­genza” (frana di Sarno, frana di Casa­micciola, alluvione di Napoli...) è servitaa far nascere appositi carrozzoni: i“Commissariati straordinari”, gonfi didipendenti assunti per “chiamata diretta”,ora, misericordiosamente, assunti a tempoindeterminato in una nuova “agenzia” dellaRegione Campania: l’ARCADIS; (e tuttoquesto mentre il Settore Protezione Civiledella Regione Campania si regge su i LSU:lavoratori in “nero” che da 16 anni nonpercepiscono nemmeno i contributi pre­videnziali).

Ma, incredibile a dirsi, per realizzareil “Piano di emergenza Campi Flegrei” (oquello per l’area vesuviana non c’è NULLA:né un ufficio, né funzionari, neanche unpreciso responsabile. Soltanto annunci suimass media di “imminenti” piani, che siperpetuano dal 1996.

Perchè questa scandalosa situazione?Per capirlo è necessaria una premessa.

Da tempo, in Italia, buona parte dellaricerca scientifica è direttamente fi­nanziata o sponsorizzata dal Dipartimentodella Protezione civile. Impossibile sapereper quanti soldi. Anni fa, ad esempio, unainterrogazione parlamentare chiedeva disapere quanto era stato dato dal Dipartimento della Protezione civileall’INGV (Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia) per assumerepersonale, acquistare attrezzature e software, assegnare consulenze,organizzare convegni e “corsi di formazione”.... in nome del "Piano diemergenza Vesuvio". A quella interrogazione il governo non ha mai datorisposta.

La verità è che il “rischio Vesuvio (o Campi Flegrei)” per molti è unproblema ma per qualcuno è una risorsa. Un mezzo per continuare a mungere

1983. Durante il bradisismo il Ministerodell’Interno, dopo averne negato per settimanel’esistenza, distribuisce ai soli giornalisti unosbalorditivo “Piano di evacuazione”. Basti direche il documento, dopo aver ribadito più volteche l'evacuazione dei Campi Flegrei avrebbepreceduto di settimane il verificarsi dellapaventata eruzione, il Piano consigliava allepersone in fuga di “coprirsi il capo con cusciniper proteggersi dall'eruzione...". Il documentonon sarà mai distribuito alla popolazione.

1984. La prefettura di Napoli da’ alle stampeil documento “Pianificazione dell’emergenzanell’area vesuviana in caso di allarme vulcanico”.Tra le tante bizzarrie del documento una siconquista le pagine dei giornali: i sinistrati deicomuni colpiti dall’eruzione del Vesuviosarebbero stati alloggiati “negli alberghi dislocatipossibilmente nei comuni dell’area vesuvianameno colpiti dall’evento eruttivo”. Il documentonon sarà mai distribuito alla popolazione.

1986, febbraio. Il Prefetto di Napoli, in unaaffollata conferenza stampa, sollecita ilDipartimento della Protezione Civile a redigereun piano di emergenza vulcanica

1988, 27 aprile. Viene istituita la “Commissionetecnico-scientifica a base interdisciplinare perlo studio dei problemi relativi alla individuazionedei rischi che comportano misure di protezionecivile per i vari settori di rischio - settorerischio vulcanico»

1988, 30 giugno. Viene istituita la “Commissioneincaricata di stabilire le linee guida per lavalutazione del rischio connesso ad eruzionenell’area vesuviana”, che, pare, nel novembre

SCHEDA: La saga dei “piani di emergenza”In questa scheda l’elenco (temiamo incompleto) delle commissioni esottocommissioni che si sono succedute dal 1988 producendo (o riciclando),per lo più, studi certamente utili per arricchire qualche curriculum accademico.È da notare che quasi tutti questi studi contemplano come “eruzione diprogetto” esclusivamente quella catastrofica vesuviana del 1631 (battezzandolaEMA, “Eruzione Massima Attesa”) escludendo così, arbitrariamente, altriscenari eruttivi che sarebbero incompatibili con la direttiva della “immediataevacuazione in caso di allarme vulcanico” che è stata imposta nella pianificazionedell’emergenza vulcanica in Campania.

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civile per l’area vesuviana” e del “Piano di Protezione civile per l’area flegrea”inviandone copia, al fine dell’ottenimento di un parere non vincolante, ai sindacidei Comuni dell’art. 1 e al Presidente della Giunta regionale della Campania.Entro un mese dall’invio della bozza, il Direttore, sentiti eventuali suggerimenti,invia i due Piani al Capo del Dipartimento della Protezione civile che provvederàa trasformarli in Decreto.c) Il Direttore dell’Ufficio Piano Vesuvio e Piano Campi Flegrei provvederàsemestralmente all’aggiornamento dei piani con le stesse procedure previstenel punto b di questo articolo.d) Il Direttore dell’Ufficio Piano Vesuvio e Piano Campi Flegrei opera conle competenze e con i poteri del Capo del Dipartimento della Protezione Civileper quanto riguarda l’attuazione dei punti di cui all’art. 2.e) Il Direttore dell’Ufficio Piano Vesuvio e Piano Campi Flegrei assumetutte le competenze inerenti la pianificazione dell’emergenza vulcanica nell’areavesuviana e flegrea affidate, dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225 e dalla leggen.59 15.3.1997, alla Prefettura di Napoli, alla Regione Campania e alla Provinciadi Napoli e tutte le competenze inerenti la pianificazione del rischio Vesuvioaffidate, dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225 e dalla legge n.59 15.3.1997, aiComuni.f) Per lo svolgimento dei compiti affidati all’Ufficio Piano Vesuvio e PianoCampi Flegrei, il Direttore potrà avvalersi di dipendenti dell’Amministrazionepubblica che saranno lì distaccati o trasferiti e potrà avvalersi tramite contrattodi consulenza di esperti o di istituti di ricerca nazionali o internazionali.g) Il Direttore dovrà relazionare semestralmente ai Sindaci dei comuni dicui all’art. 1 e al Presidente della Giunta regionale sulle attività svolte dall’Ufficio;le attività svolte dall’Ufficio Piano Vesuvio e Piano Campi Flegrei e ledocumentazioni in suo possesso, dovranno essere liberamente consultabili dachiunque, anche tramite Internet.

Art. 5:Le procedure per la redazione del “Programma straordinario di interventiper la mitigazione del rischio vulcanico nell’area vesuviana e flegrea”, dicui all’art. 2 e le modalità di finanziamento del suddetto Programma sarannoriportate in apposito Regolamento attuativo che sarà emanato con appositoDPCM non oltre sei mesi dalla data di approvazione della presente Legge.

Art. 6Sono sciolte tutte le Commissioni di nomina governativa inerenti la

pianificazione dell’emergenza nell’area flegrea e vesuviana; queste provvederannoa trasmettere all’Ufficio Piano Vesuvio e Piano Campi Flegrei tutta ladocumentazione in loro possesso.

Sono abrogate tutte le norme in contrasto con la presente Legge

soldi pubblici, arraffare consulenze, spianare carriere... Un po’ come èstato per il “problema rifiuti”. Anche per questo non è stato mai varatoun definitivo Piano di protezione civile, ma solo “studi preparatori” a questo.Anche per questo, le spese per ricerche finalizzate al “rischio vulcanico”si sono moltiplicate a dismisura: basti pensare alla costosissima “Tomografiaassiale sismica” del Vesuvio, agli innumerevoli progetti commissionati allacampana AMRA (Centro di competenza Analisi e Monitoraggio RischioAmbientale), al "Deep Drilling Project" in corso nell’area flegrea.....

Ovviamente, ben vengal’ausilio della comunitàscientifica nella Protezionecivile, il problema, comunque,nasce quando questo con­nubio si traduce unicamentenella produzione di pubbli­cazioni scientifiche utili soloalla carriera degli accademicie dei loro portaborse e in unomertoso legame, comequello attestato dalla sen­tenza di condanna dellaCommissione Grandi Rischial processo per il terremotodell’Aquila. Ancora peggio,quando la mitigazione delrischio viene invocata perrealizzare opere che hannotutt’altra finalità, come lacostruzione di “nuove stradeper garantire la fuga” pro­poste oggi per l’area flegreae in passato per l’area ve­suviana. Opere queste - nonsolo inutili (come vedremopiù avanti) e costose - mache, diventando ben prestonuovi assi di urbanizzazione(abusiva o meno) finisconoper aggravare il rischio.

Invece del PianoL’elenco di tutte le (costose) iniziative realizzate

finora pur di dare l’illusione che si sia fatto qualcosaper prepararsi ad una emergenza vulcanica in Campaniasarebbe lunghissimo. Citiamone, quindi, solo qualcuna. Intanto le “esercitazioni di protezione civile” che, dinorma, dovrebbero servire a testare un Piano diemergenza evidenziandone, e quindi spingendo arivedere, eventuali punti critici. Per il Vesuvio e i CampiFlegrei, invece, in assenza di un qualsiasi Piano datestare, le pur numerose (e, spesso, costose)esercitazioni (“Exercise: Europa 96”, “Vesuvio 99”,“Vesuvio 2001”, “Mesimex 2006”, “Pozzuoli Shake Out2012”...) si sono tradotte in surreali sceneggiate, (comei 500 alunni di Somma Vesuviana spediti,nell'esercitazione "Vesuvio 99" in zona “sicura” e cioèAvezzano: 33.000 morti per terremoto nel 1915) convolontari ridotti a mere comparse, installazioni ditendopoli, elicotteri che volteggiano qua e là,autovetture che sfrecciano a sirene spiegate, “autorità”che si pavoneggiano e immancabili convegni.

Poi ci sono gli altrettanto costosi e inutili “corsi diformazione”. L’ultimo, “Protezione Civile e RischioVulcanico”, tenutosi nel dicembre 2012 verosimilmenteper placare le ire dei sindaci e delle popolazioni flegree,giustamente preoccupati per la mancanza di un Pianodi protezione civile e per la ripresa del bradisismo.

Poi c’è lo sterminato capitolo delle “iniziativeeducative” finalizzate, di solito, a creare una “convivenzacon il rischio vulcanico”, realizzate, in alcuni casi, dainsegnanti di buona volontà, in altri da enti e istituzioniper spendere un po’ di soldi in docenti, tutors,pubblicazioni... Tutte iniziative, si badi bene, certamentemeritorie nella loro finalità, ma che si dissolvono nelnulla non appena qualcuno domanda “Ma, allora, noi incaso di allarme vulcanico, concretamente, cosa dobbiamofare?”.

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Quale Piano di Protezione civile?In fondo a questo opuscolo, nella proposta di Legge che il Movimento

Cinque Stelle intendepresentare al Parla­mento c’è l’istituzionedi un “Ufficio per ilPiano di emergenzaCampi Flegrei, e areavesuviana”. Un ufficiocon un preciso scopo,un preciso responsabilee un preciso scaden­zario da rispettare.Non abbiamo, quindi lapretesa di sostituirciqui ai tecnici che do­vranno redigere il Piano;un Piano certamentecomplesso ma che dovrà essere redatto anche confrontandosi con lapopolazione e gli enti locali che dovranno attuarlo, e non già subirlo.

Ciò premesso, accenniamo ad alcuni aspetti delle passate emergenzeche hanno coinvolto le nostre aree vulcaniche evidenziando alcuni punti checi auguriamo possano connotare il futuro Piano di protezione civile perl’area vesuviana e flegrea.

Il principale motivo che ha impedito, finora, di realizzare un vero Pianodi Protezione civile per l’area flegrea e vesuviana è stata la pretesa diimperniarlo su una evacuazione “preventiva” di tutta la popolazione in casodi “allarme vulcanico”. Una impostazione certamente “comoda” per i burocrati,che possono così, pilatescamente, “lavarsi le mani”, anche se poi la gente(perché esasperata - ad esempio - dalla mancanza di una sistemazionealternativa decente o non vedendo verificarsi alcuna eruzione) ritorna dopoqualche giorno a casa, con le conseguenze che è facile immaginare.

All’estero, invece, (considerando che una eruzione “annunciata” potrebbe,poi, non verificarsi) i piani di emergenza (anche quelli per aree densamentepopolate) seguono, generalmente, altre direttive. Non appena le reti dimonitoraggio intercettano segnali che lasciano presagire una possibileripresa dell’attività vulcanica, si fanno allontanare dall’area solo quellefasce di persone particolarmente vulnerabili (ad esempio, degenti di alcunireparti ospedalieri); se i segnali diventano sempre più inequivocabili (e se,quindi, l’eruzione diventa sempre più probabile) l’allontanamento coinvolge,

Proposta di legge del Movimento Cinque Stelle“Piano di sicurezza per l’area flegrea e vesuviana”

Art. 1: Classificazione vulcanicaI territori dei comuni di Boscoreale; Boscotrecase; Cercola; Ercolano;

Massa di Somma; Ottaviano; Pollena Trocchia; Pompei; Portici; San Giorgioa Cremano; San Giuseppe Vesuviano; San Sebastiano al Vesuvio;Sant’Anastasia; Somma Vesuviana; Terzigno; Torre Annunziata; Torre delGreco; Trecase e i territori dei comuni di Pozzuoli, Bacoli, Quarto, Marano,Monte di Procida, Napoli (quartieri Pianura, Bagnoli, Fuorigrotta, Soccavo,Vomero-Arenella-Chiaia) sono classificati dalla presente legge “Aree adelevato rischio vulcanico”.

Art. 2Per mitigare il rischio vulcanico vengono istituiti:a) il “Programma straordinario di interventi per la mitigazione del rischio

vulcanico nell’area vesuviana e flegrea”, della durata di dieci anni, mirantea favorire un progressivo decongestionamento dei comuni di cui all’art. 1;

b) l’”Ufficio Piano Vesuvio e Piano Campi Flegrei” avente come compito:1) la realizzazione del Programma di cui al punto a)2) la redazione e periodico aggiornamento del “Piano di Protezione civile

per l’area vesuviana”3) la redazione e periodico aggiornamento del “Piano di Protezione civile

per l’area flegrea”

Art. 3Al fine di svolgere in modo coordinato le funzioni previste nell’ambito

dei suddetti punti 1, 2 e 3, ai sensi dell’art 30 del Decreto legislativo 18agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli entilocali” (comma 4), i Comuni dell’area vesuviana e i Comuni dell’area flegrea(di cui all’art 1) si costituiscono in convenzione obbligatoria con la costituzionedi un ufficio di supporto all’Ufficio Piano Vesuvio e Piano Campi Flegrei,che opera con personale distaccato, anche a scavalco, dai Comuni.

Art. 4:Ufficio Piano Vesuvio e Piano Campi Flegrei. Direzione, compiti e

competenzea) La nomina del Direttore dell’Ufficio Piano Vesuvio e Piano CampiFlegrei è affidata al Capo del Dipartimento della Protezione Civile, sentitoil parere dei Comuni di cui all’art. 1 e del Presidente della Giunta regionaledella Campania.b) Il Direttore dell’Ufficio Piano Vesuvio e Piano Campi Flegrei, entroun anno dalla sua designazione, redige la bozza del “Piano di Protezione

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naufragò tra un mare di “interventi a pioggia”, clientele e tagli dei fondi)e ancora prima, nel 2000, con la proposta di Legge “Piano Sicurezza Vesuvio”presentato in Parlamento da Rifondazione Comunista). Bisogna, comunqueinsistere su questa strada, l’unica che può evitare che la prossima eruzionein Campania si trasformi in una spaventosa catastrofe con un mare diprofughi. Prefigurare incentivi, quali priorità nell’assegnazione di alloggipopolari, nei concorsi pubblici e nei trasferimenti (per lavori da svolgersifuori da queste aree), gratuità dei trasporti pubblici (per chi, pur dovendolavorare nelle aree vulcaniche, si sposta fuori zona), creazione di rete abanda larga e altro per rendere appetibili territori oggi abbandonati comequelle dell’entroterra campano... Le proposte da mettere in cantiere sonomolte e il Movimento Cinque Stelle intende discuterle, ancora prima checon quello che sarà l’Ufficio per il Piano di emergenza, con i cittadini.Affinché la tutela della sicurezza passi dai burocrati e dai politicanti, chenulla hanno fatto per garantirla, nelle mani della gente.

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Le passate eruzioniL’impostazione della maggior parte dei piani di emergenza vulcanica

all’estero (anche per garantire una adeguata assistenza, evitare la sindromedi “Al Lupo! Al lupo!” e circoscrivere il collasso economico e socialeconseguente all’allarme) permette alla popolazione abile di intervenire perridurre i danni, ad esempio spalando le ceneri vulcaniche che, depositandosisui tetti delle loro case, ne minacciano il crollo.

Un’attività questa che ha caratterizzato le popolazioni vesuviane nellepassate eruzioni.

Il Vesuvio, infatti, è stato in attività eruttiva esterna ininterrottamentedal 1631 al 1944 e questo continuo riproporsi di eruzioni ha permesso (unpo’ come è oggi per la popolazione autoctona di Stromboli) lo svilupparsidi quella “cultura del territorio” che faceva leggere le eruzioni come unevento certamente pericoloso ma non come quella inevitabile e istantaneacondanna a morte, una sicura catastrofe dalla quale scappare il piùrapidamente possibile, oggi purtroppo radicata nell’immaginario collettivo.

A Pozzuoli nel 1970 (durante uno dei tanti bradisismi che poi rientròsenza evolversi in eruzione) questa “cultura del territorio” si tradusse,addirittura, in scontri con le Forze dell’ordine (che volevano imporrel’evacuazione di Rione Terra) da parte di una popolazione che, giustamente,ribadiva come il bradisismo fosse una costante della vita della città, chele stesse eruzioni nei Campi Flegrei - come quella di Monte Nuovo del 1538- non avevano mai avuto quei caratteri di repentinità e di immediatadistruttività da rappresentare un diretto pericolo per la vita umana e, che,soprattutto, contestavano la scelta di sgombrare un solo rione (abitato dafamiglie a basso reddito e, per la sua posizione panoramica, ambito da nonpoche immobiliari) per fronteggiare una eruzione.

Tredici anni dopo, invece, un nuovo bradisismo sciaguratamente enfatizzatodai mass media come prodromodi una catastrofica eruzione e,sopratutto, la mancanza di unserio Piano di protezione civile(che, tra l’altro, avrebbe potutopermettere alla popolazione disuperare la situazione di stress)determinò il panico,l’allontanamento per mesi didecine di migliaia di persone eil conseguente collassoeconomico e sociale.

Paradossalmente, questoirrazionale terrore del rischiovulcanico porta, nella vita di tutti i giorni, alla sua rimozione. E gli stessiche oggi rischierebbero la vita gettandosi in una folle corsa in caso di“allarme vulcanico” non hanno nessuna remora a costruirsi una casa(eventualmente abusiva) su un cratere vulcanico.

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Prevenzione: anno zeroNon è solo colpa della “camorra” o dell’”abusivismo”. Anche lo

Stato ce la mette di suo per fare aumentare i l’esposizione al rischiovulcanico. L’”Ospedale del Mare”, ad esempio, che, in una sarabandadi aumento dei costi, si sta “completando” (da dieci anni, ormai) aPonticelli e che dovrebbe inglobare ben quattro ospedali napoletaniè stato ubicato in un area già percorsa dai flussi piroclasticidell’eruzione del 1631. Uguale follia nell’area flegrea: cinque milionidi metri cubi da edificare a Bagnoli, in un area identificata come“rossa” e cioè a massimo rischio vulcanico. Ancora peggio per Pozzuoli:nel 1982, ai tempi del bradisismo, aveva 69.000 abitanti; rientratal’emergenza, con l’edificazione del quartiere Monte Rusciello, ilcompletamento di Rione Toiano e il recupero del Centro storico, èpassata ai 83.000 abitanti di oggi. E tutto questo mentre “ecologidi professione” e tromboni accademici, che hanno fatto la lorofortuna salmodiando sulla “importanza della prevenzione”, forse perpaura di perdere qualche consulenza o prebenda, non spendevanouna parola su questo scandalo.

Su come sviluppare concretamente una politica di prevenzione neiCampi Flegrei e nell’area vesuviana date un’occhiata al nostro Disegnodi Legge

progressivamente, altre fasce di popolazione (ad esempio, tutti i degentidegli ospedali, poi – eventualmente – persone handicappate, poi – eventual­mente - persone anziane, poi – eventualmente - famiglie con numerosibambini....).

Questa impostazione del Piano presuppone, ovviamente, una attentaricognizione del territorio e, sopratutto, un attivo coinvolgimento dellecomunità locali (che, invece, finora, in Campania, sono state trattate, piùo meno, come pezza da piedi) per pianificare tutte quelle iniziative finalizzatea garantire alla popolazione una permanenza nell’area in una situazione dicrisi. Una di queste potrebbe essere una accurata indagine sulla vulnerabilitàdegli edifici ai terremoti (i quali scandirono il bradisismo del 1982-83);sopratutto per l’area flegrea dove lo zolfo presente nell’atmosfera, unitoalla salsedine marina, determina fenomeni corrosivi nei tondini di ferro delcemento armato.

Un altro suggerimento che ci sentiamo di dare riguarda il come diradarela popolazione nell’area per ridurre i danni di una speriamo lontanissimaimponente eruzione. Un tentativo in tal senso fu fatto nel 2002 dallaRegione Campania con il varo del “Progetto Vesuvìa”, (che, comunque,

Un allarme da tenere segreto?La Protezione civile, per il rischio

vulcanico, è ancora all’Anno Zero. Tantoper dirne una, non è stata neancheindetta la Conferenza Stato-Regioniper definire chi e come dovrebbeaccogliere nelle regioni previste dal“Piano” gli evacuati in caso di eruzione.Ma in una tale situazione, visto chel’attuale pianificazione dell’emergenzaprevede solo un militaresco ordine atutta la popolazione di evacuare “incaso di allarme”, è fantapoliticaipotizzare che, in una situazione diincertezza (quando cioè le reti dimonitoraggio segnalano anomalie chepotrebbero manifestarsi all’esternocon eventi immediatamente avvertibilidalla popolazione) le autorità, sperandoche la situazione “rientri”, decidanodi starsene zitte?