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1 I I V V I I N N I I D D E E L L L L A A Z Z I I O O S S t t o o r r i i a a , , p p r r o o d d u u z z i i o o n n e e , , d d e e g g u u s s t t a a z z i i o o n n e e Progetto multidisciplinare: Realizzato dagli allievi della classe III B Referenti del Progetto: Proff. Antonello Secci e Mariarita Zerilli IPSSAR “Pellegrino ArtusiEMOZIONI DI GUSTO E CULTURA

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II VVIINNII DDEELL LLAAZZIIOO

SSttoorriiaa,, pprroodduuzziioonnee,,ddeegguussttaazziioonnee

PPrrooggeettttoo mmuullttiiddiisscciipplliinnaarree::

RReeaalliizzzzaattoo ddaaggllii aalllliieevvii ddeellllaa ccllaassssee IIIIII BB

RReeffeerreennttii ddeell PPrrooggeettttoo:: PPrrooffff.. AAnnttoonneelllloo SSeeccccii ee MMaarriiaarriittaa ZZeerriillllii

IIPPSSSSAARR ““PPeelllleeggrriinnoo AArrttuussii””

EEMMOOZZIIOONNII DDII GGUUSSTTOO EE CCUULLTTUURRAA

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IIPPSSSSAARR ““PPeelllleeggrriinnoo AArrttuussii”” Via Pizzo di Calabria, 5 - 00178 Roma - tel. 7129111 - Distretto 18° - Circ.ne X

Codice Scuola RMRH02000C - Codice Fiscale 97110170582

EEMMOOZZIIOONNII DDII GGUUSSTTOO EE CCUULLTTUURRAA

PPrrooggeettttoo iinntteerrddiisscciipplliinnaarree:: RReeaalliizzzzaattoo ddaaggllii aalllliieevvii ddeellllaa ccllaassssee IIIIII BB

GRUPPI DI LAVORO 1° GRUPPO La storia del bere, le bevande alcoliche nelle antiche civiltà

Veronica Agostini, Gilmar Cipriani, Fabio Mazzi, Matteo Saba, Adriano Sanità, Federico Valzano 2° GRUPPO Processo produttivo del vino, la classificazione dei vini

AAnnddrreeaa BBaarrbbaattoo,, MMaatttteeoo CCoossttaannttiinnii,, EElliissaabbeettttaa GGiiuulliiaannii,, FFeeddeerriiccoo CCiillllooccoo,, RRooccccoo PPiirroossoo 3° GRUPPO Cultura del vino in Italia, vini DOC del Lazio, la degustazione

LLuuccaa CCiiaannffaanneellllii,, DDaammiiaannoo CCiinneellllii,, SSiimmoonnee LLuunnaattii,, SStteeffaannoo OOrrssiinnii,, MMaarrccoo RRoommaannoo 4° GRUPPO Il vino e la dieta Mediterranea Cristian Borzillo, Giulia Ciucaloni, Daniele Milana, Claudio Panariello, Miriam Pucci

5° GRUPPO Consumo eccessivo di bevande alcoliche: rischi per la salute

Ilenia Bufacchi, Veronica Pergolini, Marta Pompili, Sara Scaccia, Giacomo Vallone Le immagini sono state acquisite dalla rete Internet Foto gallery e redazione dell’opuscolo a cura Damiano Cinelli e Giacomo Vallone

DDOOCCEENNTTII IINNTTEERRNNII:: FFiioorreellllaa CCaasscciiaattoo -- AAnnttoonniieettttaa GGuuaallttiieerrii -- RRoossaa MMuusseettttii --

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INDICE MAPPA CONCETTUALE……….….…………………………………………………..4

BREVE STORIA DEL BERE………………………………………………………….…..5

IL VINO NELLA STORIA……………………………………………………………….6

TECNOLOGIE DI VINFICAZIONE…………………………………………………...13

CLASSIFICAZIONE DEI VINI………………………………………..………………..17

LA CULTURA DEL VINO IN ITALIA………………………………………………...18

CONSUMO DI VINO IN ITALIA……………………………………………………..19

LE D.O.C. DEL LAZIO…………………………………………………………………20

LA STRADA DEI VINI DEI CASTELLI ROMANI……………………………………..21

SCHEDA DI DEGUSTAZIONE DEI VINI ANALITICO-DESCRITTIVA:

CANNELLINO…………………………………………………………………….…..22

SCHEDA DI DEGUSTAZIONE DEI VINI ANALITICO-DESCRITTIVA:

FRASCATI SUPERORE DOC………………………………………………………….23

BICCHIERE DA DEGUSTAZIONE………………..…………………………………..24

LE FASI DEL SERVIZIO…………………………..…..………………………………..25

LA DEGUSTAZIONE…………………………………...……………………………...26

ALCOOL ETILICO E SALUTE…………………………………………………………27

IL VINO: UN CASO A PARTE………………………………………………………..29

ALLEGATO 1……………………………………...…………………………………...30

ALLEGATO 2…………………………………..………………………………………36

SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA……………..…………………………………...…..40

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I Vini del Lazio – storia,produzione, degustazione Classe III B

Il vino e le antiche civiltà; il vino e il mondo classico; il vino e gli dei

I valori simbolici e culturali

del vino

Il vino nel suo aspetto di

consumo sociale e socializzante

Le valenze di salubrità e genuinità del

prodotto

Sensibilizzare gli studenti e gli adulti

alla degustazione del vino

Il vino e il suo contesto

produttivo - ambientale

La complessità produttiva del vino come ricchezza e varietà di gusti: classificazione del

vino

Le tecniche per l’abbinamento cibo-

vino

Le varie fasi della produzione del vino: raccolta, pigiatura, fermentazione, ecc.

Il valore nutrizionale del

vino

I rischi di unconsumo eccessivo

MAPPA CONCETTUALE

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BREVE STORIA DEL BERE

Le bevande alcoliche possono dar luogo a due opposti effetti. Da un lato possono far crescere l’allegria, la confidenza e l’amicizia; dall’altro possono portare, oltre a grossi problemi di salute, all’emarginazione e alla solitudine. Nell’antichità, il vino ha assunto addirittura significati religiosi. Presso i greci prima con Dionisio, e poi presso i romani con Bacco, il vino è protetto dagli Dei che ne stabiliscono l’uso nei riti religiosi e nelle feste stagionali. In linea con il passato, oggi l’alcol ha conservato due modi tra loro ampiamente contradditori, di essere consumato. Da un lato c’è il conoscitore di vini e super alcolici che, socialmente apprezzato, sa bere piacevolmente. Il suo eventuale e raro eccesso viene giudicato con indulgenza. Dall’altro lato, l’alcool si unisce sovente alla miseria, al degrado alla violenza nascosta nelle mura domestiche. Tra i ragazzi l’attrattiva dell’alcool si esercita attraverso due categorie di bevande: gli alcolici leggeri, bevuti con gli amici, i super alcolici che vengono utilizzati in particolar modo a scopo di iniziazione: per dimostrare, cioè, di aver raggiunto la maturità.

IL VINO NEL PERIODO NEOLITICO A partire dal periodo Neolitico (8000-4500 a.C.) per la prima volta nella storia dell’umanità si crearono le condizioni necessarie alla produzione del vino. Il primo elemento da considerare è il fatto che proprio allora le comunità del Medio Oriente e dell’Egitto si trasformarono da nomadi in stanziali, e gli insediamenti vennero così facilitati sia dalla coltivazione delle piante che dall’allevamento degli animali. Con la sicurezza dell’approvvigionamento del cibo, sconosciuta ai gruppi nomadi, e con una stabile base operativa, si affaccia nella storia dell’uomo il primo concetto di “cucina” neolitica. Con l’aiuto di una serie di tecniche e procedimenti (fermentazione, ammollo, cottura, condimento, ecc.) Infatti i primi vini venivano pigiati insieme a bacche di rovo, lampone e sambuco proprio in fosse scavate nella terra e rivestite di argilla per renderle impermeabili.

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IL VINO NELLA STORIA

La storia del vino è un po' la storia stessa dell'umanità. Risulta quindi difficile tracciarne con precisione il corso: ogni civiltà, ogni impero, ogni vicenda politica e di potere ha avuto le proprie storie di vino, più o meno legate agli eventi stessi che hanno delineato il corso della storia. La storia del vino muove i primi passi in oriente, nella culla della civiltà. La Bibbia, nella Genesi, ci riferisce di Noè che appena uscito dall'arca pianta una vigna e ne ottiene vino, fornendoci testimonianza del fatto che le tecniche enologiche erano ben conosiute già in epoca prediluviana

Gli Egiziani furono maestri e depositari di tali tecniche. Con la cura e la precisione che li distingueva, tenevano registrazioni accurate di tutte le fasi del processo produttivo, dal lavoro in vigna alla conservazione. Ne abbiamo testimonianza dai numerosi geroglifici che rappresentano con qrande ricchezza di particolari come si produceva il vino dei faraoni. Paradossalmente possiamo dire di sapere tutto e niente del loro vino, ovvero sappiamo come lo facevano ma non

possiamo purtroppo sapere che sapore avesse Attraversi i Greci e i Etruschi il vino entrò in Europa. I poemi omerici testimoniano ampiamente la presenza e l'importanza del vino: a Polifemo, ad esempio, viene propinato puro un vino che secondo le usanze dell'epoca veniva diluito con 16 parti di acqua! A quel tempo il vino si diffuse proprio in terre come l'Italia, la Francia e la Spagna che ne sarebbero diventate la patria. All'epoca dell'Impero Romano la viticoltura si diffuse enormemente, raggiungendo l'Europa settentrionale. I più celebri scrittori non lesinavano inchiostro per elargire i propri giudizi e decantare le virtù dei vini a loro più graditi. Si scrisse tanto sul vino che oggi non è difficile ricostruire una mappa vinicola della penisola al tempo dei Cesari. Le tecniche vitivinicole conobbero in quei secoli notevole sviluppo: a differenza dei Greci, che conservavano il vino in anfore di terracotta, i Romani cominciarono a usare barili in legno e bottiglie di vetro, introducendo, o quantomeno enfatizzando, il concetto di "annata" e "invecchiamento". Fu a partire dal secondo secolo che si cominciò a dare importanza alla coltivazione della vite in Borgogna, nella Loira e nella Champagne. Nei secoli bui del Medioevo il potere assoluto della Chiesa influì fortemente sullo sviluppo della vitivinicoltura, così come sullo sviluppo di ogni altro campo della vita sociale e artistica. Il vino, ma soprattutto il buon vino, era ancor più sinonimo di ricchezza e prestigio e l'eccellere nella produzione di qualità divenne per alcuni ordini ecclesiastici quasi una ragione di vita. I Benedettini, diffusi in tutta Europa, erano famosi per il loro vino e per il consumo non proprio moderato che ne facevano.

Quando Bernardo, ex monaco benedettino, fondò nel 1112 l'ordine dei Cistercensi, fu dato ulteriore impulso al tentativo di produrre vini di alta qualità specialmente in Borgogna, obiettivo alimentato anche dalla forte competizione tra le abazie Intanto Bordeaux fa storia a sè, dominata non dal potere ecclesiastico ma da interessi commerciali con l'Inghilterra, sempre più interessata al suo claret o

chiaretto. Questo legame vinicolo tra Francia e Inghilterra, nonostante qualche peripezia, è destinato a durare nei secoli.

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Si comincia a delineare fortemente in questi secoli il ruolo centrale della Francia nella produzione di grandi vini, ruolo che soltanto negli ultimi decenni ha cominciato a conoscere degni antagonisti, fra i quali l'Italia Gli ultimi secoli della nostra era sono stati testimoni di uno sviluppo straordinario delle tecniche vitivinicole. L'arrivo della cioccolata dall'America, del tè dalla Cina, del caffè dall'Arabia e la diffusione di birra e distillati nel XVII secolo, rese la vita difficile al vino, che perse il primato di unica bevanda sicura e conservabile. Questo ha spinto i produttori a cercare la migliore qualità per competere con i nuovi arrivati. L'evoluzione tecnologica nella lavorazione del vetro rese più facile la realizzazione di bottiglie adatte e la scoperta del sughero rese possibile condizioni di conservazione ideali. Nella Champagne si cominciò a parlare di un monaco benedettino, Don Perignon, famoso per il suo perfezionismo quasi maniacale e per il suo straordinario vino. Molti non sanno che l'obiettivo di Don Perignon era quello di ottenere un vino perfettamente fermo, ma i suoi sforzi erano frustrati da un clima e da un terreno che facevano inesorabilmente rifermentare il vino nelle bottiglie rendendolo spumeggiante. Nel XVIII secolo si consolidò la tendenza a produrre vini più intensi, scuri e fermentati a lungo. Cominciò ad affermarsi in questo contesto il porto come straordinario vino da lungo invecchiamento. Intanto i grandi Chateau di Bordeaux continuavano a produrre vini di pregio per i loro migliori clienti, gli inglesi, che non hanno mai potuto contare su una produzione locale di quantità (e tantomeno di qualità). Il XIX secolo ha vissuto la massima euforia vitivinicola. L'economia nazionale di molti paesi si basava sulla produzione di vino. Ma prima della fine del secolo, doveva abbattersi il grande flagello della filossera, un parassita che colpisce le radici della vite europea. Quasi tutti i vigneti d'Europa andarono distrutti o furono gravemente danneggiati. La soluzione , non certo indolore, fu quella di ripartire da zero innestando la vite europea sulla radice americana immune alla filossera. La rivoluzione industriale ha cambiato, negli ultimi decenni, il mondo del vino. Grazie alle tecniche di refrigerazione dei vasi vinari, paesi caldi come la California e l'Australia hanno cominciato a produrre vini eccellenti, grazie anche a uve di eccezionale qualità. Il Rinascimento ha avuto la capacità, grazie alla mancanza di convenzioni e condizionamenti, di imparare in fretta e raggiungere risultati straordinari in pochissimo tempo.

GLI EGIZIANI I primi documenti riguardanti la coltivazione della vite risalgono al 1700 a.C., ma, è solo con la civiltà egizia che si sviluppa la produzione del vino. Ci sono testimonianze che il popolo egiziano normalmente bevevo birra perché nelle loro terre non esistevano le viti. La vite selvatica non crebbe mai spontanea nel paese, eppure una fiorente industria del vino prosperò lungo il delta del Nilo grazie al traffico di commerci tra Egitto e Palestina. I vini prodotti erano soprattutto rossi,cioè quelli tipici dei climi temperati. Il vino veniva conservato in anfore dallo stretto collo, solitamente a due manici e sigillate con un tappo circolare di terracotta e da un coperchio conico di argilla che veniva fortemente pressato lungo il bordo. Su questa copertura di argilla venivano solitamente impressi vari sigilli cilindrici riportanti il nome del faraone. Questi sigilli di garanzia fornivano anche informazioni sul nome del vino, la regione di provenienza della vite, l’anno di produzione,il titolare dell’azienda vinicola e un giudizio di qualità della bevanda.

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Gli Egizi usavano il vino anche per i sacrifici,durante i quali accendevano il fuoco e versavano il vino sulla vittima,uccidendola e invocando il dio. Dall’Egitto la pratica della vinificazione si diffuse verso i Greci.

I GRECI

La penisola ellenica ha avuto il merito di diffondere la cultura del vino, la cosiddetta "bevanda di Dionisio", nel resto dell’Europa. Nel mondo greco il saper produrre vino di qualità era segno di cultura e civiltà: "chi usa il vino è civile,chi non ne usa è un barbaro", dicevano i greci. I greci svilupparono da subito efficaci tecniche di viticoltura, favorendo la coltivazione della vite e la produzione di vino, fino a farli divenire parte integrante delle culture e dei riti dei popoli mediterranei. I greci introdussero le loro specie di uve anche nei paesi colonizzati, in particolare l’Italia, il commercio del vino rappresentava un aspetto importante per la Grecia. Il vino era elemento essenziale in uno dei più importanti eventi sociali dell’antica Grecia,il Simposio (letteralmente”bere insieme”), che si svolgeva in una sala in cui erano generalmente ospitati dai sette agli undici partecipanti, sdraiati su dei sofà, ai quali veniva servito il vino. Il Simposio era un evento della vita sociale greca in cui persone della stessa estrazione si riunivano in un momento di vita consociata allo scopo di scambiarsi idee e opinioni riguardo a vari argomenti (poesia, letteratura, vita sociale), accompagnando le discussioni con cibo e vino. Il vino prodotto nell’antica Grecia era piuttosto diverso dal vino che siamo soliti apprezzare ai giorni nostri. I vini greci erano diversificati per il loro colore, proprio come avviene ancora oggi e si classificano come bianchi neri, rossi e mogano. Pare che i Greci ponessero particolare attenzione agli aromi del vino. Il gusto del vino, o meglio il gusto che si preferiva nel vino a quei tempi, era dolce, pertanto, era assai frequente l'abitudine di produrre la bevanda facendo uso di uva appassita. I vini passiti erano molto apprezzati nell’antica Grecia e spesso la dolcezza veniva concentrata mediante l’ebollizione che ne riduceva la quantità d’acqua. Il problema principale dei vini di quell’epoca era la loro poca capacità di conservazione a causa dei contenitori utilizzati e, soprattutto, alla scarsa tenuta al contatto con l'aria.

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L’aggiunta della resina di pino nel vino in fermentazione rappresentava un rimedi, che troviamo ancora oggi in uno dei prodotti più celebri in Grecia, il “Retsina”,in quanto si riteneva che questo componente possedesse delle qualità conservanti.

GLI ETRUSCHI Alcuni scritti di Plinio testimoniano in modo abbastanza preciso le zone e i vitigni coltivati dagli Etruschi. A Populonia, Gravisca (antico porto di Tarquinia) e nell'antica Statonia (nel territorio di Vulci) già nel 540-530 a.C. i vigneti erano in grado di fornire una produzione sufficiente ad alimentare un rilevante commercio esterno Plinio, nell'inventario dei vitigni italiani, parla anche di quelli coltivati nell'area etrusca, dove troviamo la Sopina, vitigno dai tralci rovesciati; la Talpona, varietà nera che dà un mosto bianco; le Alpiane, che danno un vino molto dolce, inebriante, adatto alla produzione del passum (passito) "lasciando dorare a lungo al sole sulla pianta i grappoli o immergendoli in olio bollente"; ecc. Comunque i vigneti allora coltivati sono difficilmente identificabili con quelli attuali, poiché nel tempo si sono avute sicuramente delle evoluzioni per incroci tra varietà o per modificazioni genetiche.

Il primo mosto ottenuto dalla vendemmia veniva in genere consumato subito, mentre il restante veniva versato in contenitori di terracotta con le pareti interne coperte di pece o di resina. Il liquido veniva lasciato riposare, schiumato per circa sei mesi e a primavera, infine, poteva essere filtrato e versato nelle anfore da trasporto. Il liquido così ottenuto veniva quindi mescolato, all'interno di crateri, con acqua e miele, e travasato nelle coppe dei commensali. Il vino bevuto dagli Etruschi era ovviamente molto diverso da quello di oggi: denso, fortemente aromatico, a elevata gradazione alcolica. Sembra che essi amassero un vino particolarmente dolce, del tutto simile al moscato, ottenuto con l'apporto di miele. Con l'aggiunta della pece, invece, si otteneva il "vinum picatum", mentre in occasione di alcuni banchetti particolari al vino venivano mischiate delle droghe, ottenendo così dei potenti afrodisiaci. La produzione enologica etrusca fu molto importante per i commerci che essi effettuarono tra il 625 e il 475 a.C. al di là delle Alpi, tanto che il vino era la moneta di scambio necessaria per ottenere materie prime (metalli, sale, corallo) e schiavi. I commerci avvenivano in gran parte via mare e l'anfora costituiva il migliore recipiente per il trasporto marittimo attraverso il Mediterraneo. Infatti, tra la fine del VII e la fine del VI sec. a.C. nel territorio di Vulci nacque una fiorente industria di anfore, costruite proprio per tale scopo. Altra particolarità: già ai tempi degli Etruschi esisteva la pratica di usare il vino come ingrediente per cucinare. Testimonianze del passato, tempi in cui non si conoscevano ancora le tecniche del freddo, raccontano che il vino era utilizzato anche come conservante dei cibi e in modo particolare della carne. Lasciata immersa nel vino per molte ore, talvolta anche giorni, la carne subiva così la tecnica gastronomica conosciuta come marinata. Ben presto si cominciò anche a cuocere con il vino per dare maggiore sapore alle pietanze, e così nacquero alcune ricette che ancora oggi consumiamo sulle nostre tavole, ad esempio il brasato...

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I ROMANI

I romani nei loro rapporti economici, culturali e di incontro e scontro politico con gli etruschi, appresero le tecniche vitiviticole fin dall'epoca dei primi re. la viticoltura si sviluppò (234 - 149 a.C.) e raggiunse livelli molto elevati, al punto che il vino era consumato anche in locali pubblici di vendita "thermopolia". Molto rilevante era l'esportazione, tanto che il porto di Ostia divenne un vero emporio vinario. Agli inizi dell'età imperiale la viticoltura era molto estesa ed era praticata anche in terreni fertili per ottenere più elevate produzioni, necessarie per soddisfare l’esportazione e l’aumento del consumo interno. Il progresso tecnico vitivinicolo venne illustrato e favorito anche da un'ampia letteratura, la quale, arricchita dalle conoscenze ed esperienze di altri popoli del Bacino Mediterraneo, raggiunse livelli significativi con le opere di Marco Porcio Catone, di Publio Virgilio Marone e, soprattutto, di Lucio Moderato Columella. Notevole era anche il patrimonio varietale, suddiviso in vitigni da tavola e da vino, quest'ultimi distinti in tre classi a seconda della qualità del vino ottenibile. Il vino era utilizzato anche in molteplici ricette della cucina romana. Esistevano, inoltre, vini particolari, variamente profumati ed aromatizzati, ottenuti con l'infusione di varie specie di piante e con l’aggiunta di particolari sostanze. Con la crisi dell'Impero iniziò anche il declino della viticoltura il vino e la vite subirono una grave involuzione e resistettero bene solo i monasteri. In seguito grazie a Carlo Magno, grande estimatore, il vino conobbe un nuovo boom. Tecniche di vinificazione nell'antica Roma Secondo le tecniche dell'epoca, i vendemmiatori insieme ai portatori staccavano i grappoli con il falcetto, li raccoglievano in cesti adatti ad essere trasportati sui carri, animali da soma o sulle spalle degli schiavi. Dopo la vendemmia di selezionava l'uva a seconda che venisse impiegata per essere consumata a tavola o per vino di buona qualità o mediocre da destinare agli schiavi. Le uve venivano pigiate all'aperto, solo più tardi fu creato un apposito locale il "calcatorium" in cui le uve venivano schiacciate in vasche di pietra o legno.

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La prima spremitura produceva un mosto "lixitum", che veniva servito con il miele come aperitivo, poi avveniva la vera e propria pigiatura ad opera dei "calcatores" che, reggendosi ad appositi bastoni, saltellavano spesso al ritmo di strumenti musicali. Il mosto ottenuto, il "calcatum", e il "lixivium" venivano raccolti in grandi vasi, mentre le vinacce andavano al torchio dal quale veniva estratto un mosto tanninico con cui si produceva un vino scadente chiamato anche "circumsitum". Dalle vinacce rimaste, con l'aggiunta di acqua, si otteneva invece il vinello. Il mosto raccolto nei "dolium" fermentava e dopo pochi giorni, o a volte anche un mese, i vini pregiati venivano raccolti in recipienti più piccoli, mentre gli altri rimanevano a fermentare fino al momento del consumo. La raccolta dei vini da invecchiamento avveniva in primavera e questi venivano degustati dagli assaggiatori e classificati in base al sapore e al colore. Tali vini erano portati in un locale chiamato "aphoteca". I vini già maturi venivano portati poi nel "tabulatum", generalmente un locale fresco. Il vino di maggio, ancora giovane, veniva versato in anfore dal collo sottile e cilindrico infilato in appositi buchi nella sabbia in modo da mantenere la posizione verticale. Tali anfore avevano una capacità di trenta litri e su di esse veniva riportata l'annata "consolare", il nome del vino e del produttore. Le anfore, chiuse ermeticamente con tappi di sughero o coperchi di cotto saldati con la pece, venivano impiegate dunque sia per il trasporto marittimo che per l'invecchiamento.

IL MEDIOEVO Tra i più famosi vini del Medioevo possiamo citare quelli del nord d'Italia, dell'Istria, i triestini Ribolla (dal latino "rubeolus", rossastro, anche se è diffusa, soprattutto nella zona di Udine, una varietà gialla che dà un vino bianco, leggero e fresco), Terrano (di color rosso carico, con profumo di lampone, frizzante e asprigno), e Malvasia; i vini veronesi, la Vernazza bresciana e i vini della Valtellina. In Liguria era già conosciuto il vino delle Cinque Terre ed erano molto stimati anche i vini del bolognese, del modenese e dell'attuale Romagna in generale. In Toscana vi erano il Trebbiano (la cui denominazione risale al XIV secolo e indicava un vitigno che dava, com'è ancor oggi, un'uva bianca di color giallo-verdastro, usata per la preparazione di numerosi vini), la Malvasia, l'Aleatico (originario della Toscana, ma oggi diffuso anche nel Lazio e in Puglia), il Sangiovese (vitigno famoso per la produzione di celebri vini come il Chianti o il Brunello di Montalcino), la Vernaccia di San Gimignano (forma antica di Vernazza da dove proviene, coltivato anche in Sardegna: da questo vitigno si ricavano sia bianchi secchi, specialmente in Toscana, sia vini liquorosi e dolci, soprattutto in Sardegna) e i vini di Montepulciano. Particolarmente apprezzati anche i Moscati, dolci e piacevoli, e le Malvasie di Lipari, per quanto riguarda le isole tirreniche dell'arcipelago delle Eolie. Fin dalle sue origini, il vino era usato anche a scopi medicinali e Ippocrate (IV secolo a.C.), uno dei più eminenti medici greci dell'antichità, lo prescriveva per curare le ferite, come bevanda nutriente, antifebbrile, purgante e diuretica. Galeno (II secolo d.C.) a sua volta faceva grande uso di vini medicinali e fu grazie alla diffusione delle sue opere in epoca bizantina che l'uso del vino come medicinale riuscì a sopravvivere al crollo dell'Impero Romano d'Occidente. Le “teriache”, una sorta di vini medicati, entrarono così in uso per le

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affezioni più diverse. L'uso del vino a scopo terapeutico, soprattutto nella pratica chirurgica, continuò per tutto il Medioevo.

IL RINASCIMENTO

Nel XVI secolo Lancerio, storico e geografo ma soprattutto “bottigliere del papa” Paolo III, era un attento conoscitore ed esperto di vini, e ha condensato le sue conoscenze in una lettera, scritta molto probabilmente nel 1559 e indirizzata al cardinale Guido Ascanio Sforza, nipote del papa, e in due relazioni sui viaggi e i giudizi enologici di Paolo III, documenti considerati il primo vero e proprio trattato enologico italiano. Questo “sommelier” che aveva la responsabilità sugli approvvigionamenti del vino di sua santità, sia in sede che in viaggio, eseguì il suo compito con capacità e passione, assaggiando, sorseggiando, osservando e consigliando i vari tipi di bevanda. La lunga esperienza pratica venne così tradotta in un memoriale di impressioni gustative controllate sulla base di prove alterne, ora dello stesso papa ora del bottigliere. Nella sua opera Lancerio analizza, con intuito deciso, gusto e retrogusto, aspetto e profumo, con tale competenza da risultare un‘autentica autorità nell’uso e nella conoscenza del vino. Nella terminologia utilizzata, ricca e precisa, riconosciamo molti termini del gergo dei sommelier e degli enologi contemporanei: per definire il gusto egli impiega parole come “tondo”, “grasso”, “asciutto”, “fumoso”, “possente”, “forte”, “maturo”; per il colore utilizza “incerato”, “carico”, “verdeggiante”, “dorato” e così via. Lancerio testimonia che già nel Rinascimento si cominciò a manifestare, seppur sommariamente, la ricerca dei possibili abbinamenti tra vino e cibo. Nei menù dell’epoca si delinea infatti una progressione che va dai vini bianchi leggeri per l’inizio del pasto, ai vini forti o inebrianti per i dessert, passando attraverso i rossi degli arrosti. Come nel Medioevo chiudeva il pranzo l’Ippocrasso, vino aromatizzato alle spezie, considerato anche un ricostituente per malati e puerpere. Bisogna ricordare che all’epoca di Lancerio il vino era anche una componente fondamentale del banchetto, parte essenziale del nutrimento inteso come ricerca di perfezione e di equilibrio, piacere da non perdere e da coltivare con arte e moderazione.

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TECNOLOGIE DI VINFICAZIONE

Vinificazioni in bianco Vinificazioni in rosso

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L'elemento principale per fare il vino è il frutto, ossia una bacca o acino supportato da un pedicello che lo collega ai racimoli e quindi al raspo. Le parti principali del frutto sono:

l'epicarpo o buccia ricco di sostanze coloranti e aromatiche; il mesocarpo o polpa ricco di un succo che costituisce il mosto. L’endocarpo che contiene i semi o vinaccioli

Il mosto è la parte liquida dell'acino e contiene numerosi acidi organici come: l'acido tartarico che è l'acido caratteristico dell'uva, l'acido malico e l'acido citrico che è presente nell'uva per tutto il ciclo biologico dell'acino. Il mosto contiene: • sostanze zuccherine, il glucosio e il fruttosio • sostanze azotate • sostanze coloranti che si dividono in due categorie: per le uve rosse gli antociani o

pigmenti antociani che hanno colorazione rossa e per le uve bianche i flavoni o flavoni che sono pigmenti gialli

• sostanze tanniche • sostanze peptiche che conferiscono una consistenza carnosa al frutto. La prima fase della produzione del vino è la pigiatura che produce la fuoriuscita del mosto dagli acini d'uva e viene eseguita a macchina e prende il nome di ammostatura, ed è effettuata grazie ad apparecchi chiamati pigiatrici. Questi pigiatrici si dividono in semplici, che effettuano il lavoro di ammostatura e composte, le pigiadirasparatrici che separano il mosto dai raspi. I torchi continui eseguono il lavoro di ammostatura e di torchiatura delle vinacce, dei raspi, delle bucce e dei vinaccioli. La fase successiva è la sgrondatura che consiste nel separare una prima parte del mosto dalle vinacce;questa separazione può avvenire anche senza l'utilizzo di macchine facendo sgrondare il pigiato su griglie orizzontali o inclinate; in seguito avviene la torchiatura cioè la lavorazione che con una spremitura delle vinacce ha il fine di sottrarre la maggior parte del mosto che esse contengono.Rappresenta il lavoro più costoso e faticoso della vinificazione. Il torchio a vite è una macchina che serve a torchiare le vinacce ed è costituito da un bacino di acciaio al cui centro è infissa una vite munita di madre vite. Sul bacino poggia una gabbia cilindrica che viene riempita di vinacce su cui sono disposte robuste tavole di legno a forma di mezzaluna,su quest’ultime si dispongono i calastri, parallelepipedi di legno, sui quali si dispone la madrevite. Tramite una leva, la madrevite si abbassa sui calastri e tramite le mezzelune è trasmessa la pressione alle vinacce sottostanti. Ci sono due tipi di vinificazione: una in rosso e una in bianco (o vergine). Con la prima l’uva pigiata è messa nei vini di fermentazione dove avviene la solfitazione e la fermentazione. Le vinacce producono nei mosti una fermentazione più attiva e più rapida perché le parti solide sono apportatrici di ossigeno che facilita la moltiplicazione dei lieviti.Successiva alla fermentazione è la svinatura e la sfecciatura.

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La fermentazione in rosso delle uve ammostate può essere effettuata in tini aperti ed in tini chiusi; in quelli aperti si devono provvedere due volte al giorno le follature cioè rompere il cappello di vinacce emerso grazie alla fermentazione per ossigenare il mosto, per regolarne la temperatura e la fermentazione; in quelli chiusi il mosto si ossigena grazie a delle pompe che prelevano il liquido dalla parte inferiore del tino e lo riportano nella parte superiore (rimontaggio). La vinificazione in bianco avviene con la fermentazione del mosto fuori dal contatto delle bucce. In questo modo si ottengono vini bianchi limpidi e stabili da uve bianche oppure vini rosati da uve rosse. Questa vinificazione è molto delicata perché i vini bianchi sono soggetti a alterazioni microbiche e a fermentazioni anomale, anche qui è operata la solfitazione la sfecciatura e la fermentazione. In seguito grazie al travaso il vino passa da una botte a un’altra per liberarlo dal deposito feccioso formatosi sul fondo. Il travaso ha lo scopo di impedire fermentazioni anomale in primavera e in estate. I travasi avvengono in presenza o in assenza d’aria, avvengono in presenza d’aria per far si che l’ossigeno dell’aria provochi trasformazioni più rapite al vino, mentre i travasi in assenza d’aria si compiono per vini delicati o profumati. Per ottenere vini limpidi il sistema migliore è il tempo ma se si desidera accelerare i tempi si opera la chiarificazione artificiale o filtrazione. I chiarificanti si dividono in due gruppi: le sostanze organiche o proteiche e sostanze minerali. Attraverso la filtrazione i vini sono resi più limpidi in brevissimo tempo perché con il filtraggio bastano poche ore, questa fase si attua con apparecchi chiamati filtri. L’invecchiamento è la fase conclusiva della produzione del vino; in base all’invecchiamento i vini si classificano in vini di pronta beva che non richiedono un lungo periodo di conservazione e vini superiori che necessitano di un lungo periodo di invecchiamento che è un processo naturale molto lento che comprende due periodi: nel primo il vino matura in piccole botti di legno mentre il secondo periodo è quello in cui il vino è imbottigliato. Un vino invecchiato ha un sapore morbido ed armonico, un colore meno intenso e un profumo meno delicato grazie a fenomeni di natura fisica, chimica biologica. L’invecchiamento nei fusti di rovere dona ai vini maggior pregio. Infine grazie all’imbottigliamento gli elementi che costituiscono il vino si affinano. I contenitori in vetro sono più idonei per la conservazione del vino perché privi di odori e sono impermeabili ai gas e ai liquidi. Le bottiglie usate possono avere l’imboccatura a corona per i vini da pasto e un’imboccatura a sughero per i vini pregiati. Anche il colore del vetro è molto importante per la conservazione del vino che è in funzione dell’assorbimento della luce. Il lavaggio delle bottiglie consente di assicurare igienicità ai contenitori. Il periodo migliore per imbottigliare il vino è la primavera o l’autunno mentre le giornate migliori sono quelle asciutte e fresche. La tappatura delle bottiglie avviene con tappi di plastica, con tappi corona a vite o a strappo ma la più importante è quella con i tappi di sughero. La scelta dei tappi di sughero deve essere molto accurata perché da questa dipende l’esito dell’imbottigliamento, i tappi devono essere sterilizzati e lubrificati con olio di vaselina. Infine c’è il confezionamento che consiste nel preparare le bottiglie per la conservazione e il consumo del vino, sulla bottiglia vengono applicate l’etichetta, il collarino e la controetichetta mentre il tappo è soggetto ad una incapsulatura per proteggerlo dalle muffe.

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Pigiatrice Torchio

Presse – Grondatici Travaso

Filtri

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Imbottigliamento Invecchiamento

CLASSIFICAZIONE DEI VINI

La legge 164/1992, che disciplina le Denominazioni d'origine dei vini, classifica i vini nel modo seguente:

vini da tavola: si identificano solo per il colore, il nome dell'azienda agricola o il marchio;

indicazioni geografiche tipiche (Igt): sono caratterizzate da un'indicazione geografica (nome), accompagnata o no da menzioni (vitigno, tipologia enologica, etc.). Le zone di produzione sono normalmente ampie, la disciplina di produzione relativamente poco restrittiva;

denominazioni di origine controllate (Doc): sono vini prodotti in zone delimitate (di solito piccole e medie dimensioni) e portano il loro nome geografico. Di norma il nome

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del vitigno segue quello della Doc. La disciplina di produzione è rigorosa ed i vini sono immessi al consumo dopo analisi chimiche e sensoriali;

denominazioni di origine controllate e garantite (Docg): le Doc con particolare pregio qualitativo, di notorietà nazionale ed internazionale possono essere riconosciute Docg. Questi vini vengono sottoposti a controlli più severi e portano un contrassegno dello Stato che da la garanzia di origine, di qualità e consente di numerare i pezzi.

LA CULTURA DEL VINO IN ITALIA

l'Italia è un paese straordinarimente vocato alla viticoltura (non dimentichiamo che i Greci la chiamavano Enotria, terra del vino). Purtroppo però questa vocazione del territorio non è stata mai sfruttata appieno Da alcuni anni per fortuna qualcosa sta cambiando. Sempre più aziende cominciano a lavorare sulla qualità, sulla bassa resa per ettaro e sull'applicazione di criteri scientifici in fase di vinificazione. Così stanno sorgendo una gran quantità di vini eccellenti che nulla hanno da invidiare ai grandi vini francesi, californiani o australiani. Il potenziale dell'Italia vitivinicola è immenso e le aziende l'hanno capito. D'altra parte i consumatori si dividono ancora in "bevitori" e "degustatori", i primi affezionati al vino della casa e un po' incuranti della qualità, i secondi più consapevoli del fatto che il vino può essere un'opera d'arte.

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CONSUMO DI VINO IN ITALIA

I profondi cambiamenti, che si sono verificati in Italia negli ultimi decenni, hanno mutato radicalmente i costumi, trasformando sensibilmente il modo di vivere delle persone. Si è trattato di una vera e propria evoluzione che ha coinvolto tutti gli aspetti della vita, compresa l’alimentazione. Per quanto riguarda i vini la diffusione maggiore riguarda il vino da tavola, in particolare il bianco (52%) più del rosso (46%). I vini da tavola tuttavia, nel quinquennio preso come riferimento (2000 – 2004) hanno perso quote a favore dei vini doc-docg, in particolare il rosso ha portato la sua diffusione tra i consumatori al 38%, mentre era del 35% nel 2000. Perdono terreno il vino da tavola rosato, il vino sfuso e gli spumanti.

2004 2000 00-04

Vino bianco doc/docg 29% 28,70% 0,30%

Vino rosso doc/docg 38,20% 35% 3,20%

Vino rosato doc/docg 6,60% 5,70% 0,90%

Vino da tavola bianco 52,40% 54,20% -1,80% Vino da tavola rosso 46% 46,40% -0,40%

Vino da tavola rosato 13,40% 16,90% -3,50%

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Vino sfuso doc/docg 2,70% 3,50% -0,80% Vino sfuso da tavola 10,90% 17,20% -6,30% Champagne 2,40% 4,40% -2% Spumante metodo classico 5,90% 6,80% -0,90% Spumante dolce 38% 40,70% -2,70%

LE D.O.C. DEL LAZIO

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LA STRADA DEI VINI DEI CASTELLI ROMANI

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Questa area vicina alla città di Roma, ed è stata una scelta positiva quella di creare e promuovere la DOC CASTELLI ROMANI che anche per il suo nome costituisce motivo di richiamo, sia per la parola "castello" che evoca qualcosa di legato al vino come "chateau" per la Francia e "castello" per la Toscana, che per l'attributo "romano" che la accomuna alla città eterna.

SCHEDA DI DEGUSTAZIONE DEI VINI ANALITICO-DESCRITTIVA

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CATEGORIA DEL VINO : vino da dessert

DENOMINAZIONE DEL VINO : FRASCATI Cannellino DOC GRADAZIONE ALCOLICA : 11 %

ESAME VISIVO Colore :Giallo paglierino tendente al dorato Limpidezza : Abbastanza limpido

ESAME OLFATTIVO

Intensità : Intenso Persistenza :Persistente Qualità : Predominano sentori di frutta matura Descrizione : Sentori anche di banana,mentre al secondo assaggio si gusta un piacevole sentore di miele

ESAME GUSTATIVO

Intensità: Intenso Persistenza: Persistente Struttura generale: Dolce Armonia: Equilibrato Qualità: Morbido,fresco di buona sapidità Sensazioni finali: Il caratteristico residuo zuccherino

ACCOSTAMENTI: Con i dolci

VITIGNI : Malvasia bianca di Candia, Trebbiano Toscano, Malvasia del Lazio.

SCHEDA DI DEGUSTAZIONE DEI VINI ANALITICO-DESCRITTIVA

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CATEGORIA DEL VINO : vino bianco DENOMINAZIONE DEL VINO : Frascati superiore DOC

GRADAZIONE ALCOLICA: 11,5 % TEMPERATURA DI SERVIZIO DEL VINO : 9-12 gradi

ESAME VISIVO

Colore :Giallo paglierino tendente al dorato Limpidezza : molto limpido Persistenza : molto persistente Qualità : Buona Descrizione : sfumature floreali, leggermente erbacee

ESAME GUSTATIVO

Intensità : Molto intenso Persistenza : Molto persistente Struttura generale : Secco Armonia: Equilibrato Qualità : Sapido,morbido,vellutato asciutto

ACCOSTAMENTI : Con tutti i tipi di piatti, primi a base di pesce, carne.

VITIGNI : Malvasia bianca di Candia,Trebbiano Greco, Malvasia del Lazio, Toscano.

BICCHIERE DA DEGUSTAZIONE

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LE FASI DEL SERVIZIO

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LA DEGUSTAZIONE

Esame visivo

Esame olfattivo

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Esame gustativo

ALCOOL ETILICO E SALUTE

L’alcool etilico, detto anche etanolo, si ricava dalla fermentazione alcolica del glucosio, reazione biochimica compiuta da organismi unicellulari, i saccaromiceti; C6H12O6------ 2CH3CH2OH + 2CO2 (glucosio) ------ (alcool etilico) + (anidride carbonica) l’alcool etilico è considerato un alimento accessorio, in quanto, pur non essendo un principio nutritivo è in grado di fornire energia: 1 g di alcool ------- 7 kcal L’energia prodotta dall’alcool non viene subito utilizzata dall’organismo poiché deve subire un complesso processo di digestione a livello epatico, ma puo’ coprire le esigenze metaboliche basali facendo risparmiare nel consumo di altri principi nutritivi. Non è corretto parlare quindi di fabbisogno di etanolo bensi’ di dosi consigliate. Nell’alcolista le grandi quantità di alcool ingerito, richiedono uno sforzo del fegato per metabolizzarlo tale che il

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conseguente consumo energetico è pari alle calorie liberate dall’alcool stesso: ciò è confermato dal fatto che l’alcolista, cui siano fornite calorie sotto forma di alcool, non guadagna peso, al contrario di quanto accade fornendo la stessa quantità di calorie sottoforma di glucidi, lipidi o protidi. L’assorbimento dell’alcool etilico inizia già nello stomaco per poi proseguire, molto velocemente, nell’intestino tenue. Questa velocità si riduce se all’interno dello stomaco c’è presenza di cibo. L’alcolemia (concentrazione di alcool etilico nel sangue) sale pertanto rapidamente e raggiunge il massimo tra i 30 e 90 minuti dall’ingestione per poi diminuire in maniera molto lenta. Due bicchieri di vino bevuti a digiuno possono portare, nel giro di mezz’ora, ad un valore superiore a 0,5 g per mille che rappresenta il limite consentito attualmente in Italia per la guida degli autoveicoli. L’etanolo è metabolizzato nel fegato: l’enzima deidrogenasi lo trasforma in aldeide acetica che ossidata libera energia. La quantità di alcool che l’organismo è in grado di metabolizzare varia da persona a persona.Tra i fattori che influiscono sulla capacità di metabolizzare l’etanolo ce ne sono alcuni di origine genetica (gli esquimesi ed alcuni gruppi di pellerossa tollerano molto poco l’acool) ed altri esterni come l’abitudine al consumo di alcool che induce un aumento degli enzimi detossificanti. L’efficienza di questi sistemi di detossificazione è solo apparente in quanto i prodotti intermedi delle varie reazioni ed i radicali liberi che si formano sono a loro volta dannosi per l’organismo. Nell’adulto la quantità massima accettabile di alcool etilico dovrebbe corrispondere al 10% del suo fabbisogno calorico quotidiano. Ad esempio, per un uomo 300ml circa di vino consumati durante i pasti principali possono esercitare effetti positivi stimolando l’appetito, favorendo la digestione, abbassando leggermente il tasso di colesterolo ed esercitando una certa azione antiossidante. Dosi superiori assunte con continuità inducono nell’organismo un fenomeno di dipendenza psicofisica che prende il nome di alcolismo. Gli effetti dell’alcool possono essere a breve termine (acuti) e a lungo termine (cronici):

- acuti; lesione all’esofago, allo stomaco ed all’intestino (malassorbimento), aumento della diuresi, confusione mentale, sensazione di perdita di inibizione, sensazione di calore (l’alcool è un vasodilatatore) ecc…

- cronici; modificazione della personalità, perdita della memoria ed alternanza dell’umore, aumento della concentrazione dei trigliceridi nel sangue, gravi danni al fegato (steatosi), epatite e progressiva riduzione delle cellule fino al caratteristico quadro clinico della cirrosi epatica (30.000 morti l’anno in Italia).

PREGI DEL VINO NELL’ALIMENTAZIONE Tra le diverse bevande alcoliche, il vino è senza dubbio la piu’ indicata, in quanto l’alcool si trova diluito con acqua insieme ad altre sostanze secondarie (polifenoli, antociani, flavoni ecc..). Sono queste ultime che diminuiscono gli effetti negativi dell’alcool agendo positivamente sull’organismo. Per limitare al minimo gli effetti negativi dell’alcool oltre che limitarne la quantità consumata è bene sapere che la sua azione tossica dipende dal modo in cui viene ingerito:

• quando il vino viene consumato durante o dopo il pasto, la quantità di alcool nel sangue è minore rispetto a quando lo si beve a stomaco vuoto;

• l’effetto del pasto sulle concentrazioni dell’alcool dura circa quattro ore;

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• la quantità di alcool nel sangue è minore quando il vino viene assunto in tre o sei piccole dosi, rispetto ad una singola.

IL VINO: UN CASO A PARTE

Un nutrizionista statunitense, Ancel Keys, che negli anni ’50, avendo notato una bassissima incidenza di malattie delle coronarie presso le popolazioni della Campania e dell’isola di Creta, nonostante l’elevato consumo di olio d’oliva, avanzò l’ipotesi che ciò fosse da attribuire al tipo di alimentazione caratteristico di quell’area geografica. In seguito a questa osservazione prese l’avvio il famoso Seven Countries Study basato sul confronto dei regimi alimentari di 12.000 persone, di età compresa tra 40 e 59 anni, sparse in sette Paesi di tre continenti (Finlandia, Giappone, Grecia, Italia, Olanda, Stati Uniti e Jugoslavia). I risultati dell’indagine non lasciano dubbi: la mortalità per cardiopatia ischemica (infarto) è molto più bassa presso le popolazioni mediterranee rispetto a Paesi, come la Finlandia, dove la dieta è ricca di grassi saturi (burro, strutto, latte e suoi derivati, carni rosse). Una possibile spiegazione può essere suggerita, per analogia, dal cosiddetto “paradosso francese” . La Francia, pur avendo notoriamente un tipo di alimentazione ricca di grassi saturi, ha una bassa incidenza di infarto del miocardio ( inferiore del 36% a quella degli USA e del 39% a quella del Regno Unito). L’ipotesi più probabile per spiegare tale “paradosso” è che a proteggere le coronarie provveda il regolare consumo da parte dei francesi di vino rosso che contiene un potente antiossidante, il resveratrolo. La scoperta del fenomeno “paradosso francese” (1992) è stata decisiva per far conoscere al grande pubblico la correlazione esistente tra prevenzione delle malattie cardiovascolari e consumo moderato di vino. Altri studi hanno mostrato come il rapporto tra consumo di alcool e mortalità per malattie cardiovascolari possa essere rappresentato con una curva a forma di U con il minimo di mortalità per bevitori moderati e valori piu’ alti per astemi e forti bevitori. Un’ulteriore ricerca che ha indagato le relazioni esistenti tra il consumo di bevande alcoliche di diverso tipo e tale mortalità, ha evidenziato come questa effettivamente decresca quando ci si rivolge al vino mentre aumenta per il consumo di superalcolici.

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ALLEGATO 1

I VITIGNI

MALVASIA NOSTRALE, O DEL LAZIO O PUNTINATA

È un vitigno molto antico, diffusissimo nell'area dei Castelli Romani è stato oggetto di un progressivo abbandono dovuto alla sua fruttificazione non abbondante. Questo vitigno conferisce al vino un colore giallo oro e, utilizzato in miscela con altre varietà tende a conferire un sapore rotondo al vino eliminando le possibili asperità. E’ un vitigno bianco di grande valore, dolce nel sapore, segno caratteristico di questa varietà è un puntino nero, molto evidente nell'obellico dell'acino (da cui il termine "puntinata"). La polpa è poco succosa e quindi di scarso rendimento in mosto. MERLOT

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Vitigno a frutto rosso diffuso in Francia particolarmente nella zona di Bordeaux dove insieme al Cabernet forma l'uvaggio base di alcuni dei piu' prestigiosi vini del mondo. Dalla Francia si e' diffuso in tutte le zone in cui esiste la volontà di produrre vini di grande pregio, quali la California, il Sud Africa, la Nuova Zelanda, l'Australia. In Italia e' particolarmente diffuso nelle Tre Venezie, ma la sua coltivazione e' dilagata in ogni regione ed attualmente si contano ben 15 D.O.C. di Merlot. Al di fuori delle D.O.C., il Merlot, soprattutto associato al Cabernet, sta dando origine a vini di grande pregio, molto apprezzati anche all'estero ma classificati per legge come "vini da tavola". TREBBIANO

Il Trebbiano è un vitigno a 'bacca bianca' che produce un vino leggero da consumarsi entro l'anno successivo alla vendemmia. L'origine, in Romagna, risale ai periodi Etrusco e Romano, dove i colonizzatori impiantarono vitigni dopo la bonifica e l’ appoderamento delle terre romagnole. Col passare degli anni, dall’antico ceppo di Trebbiano è nata una famiglia di vitigni, alcuni dei quali strettamente imparentati, altri somigliantisi alla lontana, coltivati largamente in Italia ed anche all’estero (alcune zone di Francia e California). A seconda delle località e dei sistemi di vinificazione, si possono ottenere dall’antico vitigno vini leggeri, delicatamente profumati, sapidi e da bere giovani, freschi di temperature e di ardore giovanile Il Trebbiano ha un colore giallo paglierino, più o meno intenso; il suo profumo ricorda sentori floreali, erbe e fiori di campo. Di sapore secco e sapido. MALVASIA BIANCA DI CANDIA

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Vitigno di origini antichissime, originario della Grecia e delle Isole Egee, diffuso oggi nella maggior parte dei Paesi mediterranei, nell'isola di Madera, nell'Africa del Sud ed in California. Il suo vino, generalmente chiamato in inglese Malmsey, e' dolce con una stupenda tinta dorata. Quello di Madera e' forse il più famoso. In Italia la sua coltivazione e' diffusa dal Piemonte alle Puglie, dall'Alto Adige alla Sicilia, alla Sardegna, ed e' impiegato per la produzione di ben 11 Malvasie D.O.C., e nell'uvaggio di almeno altri 50 vini D.O.C.. Vinificato opportunamente ed affiancato in uvaggio ad altri vitigni, contribuisce ad arrotondare le caratteristiche del vino, stemperandone le spigolosità. CESANESE COMUNE

Vitigno a bacca nera le cui origini sono tutt'ora incerte; viene descritto nel Bollettino Ampelografico del secolo scorso, viene già citato dall'Acerbi nel 1825 che lo descrive come "Cesanese, atto a produrre un vino generosissimo, con acini sferoidi, azzurri nerastri". Il Di Rovasenda (1877) ne afferma la presenza nelle campagne romane, ma è il Mengarini (1888) il primo a distinguerlo dal Cesanese d'Affile. Successivamente viene descritto da altri autori come vitigno coltivato nella zona dei Castelli Romani. Viene chiamato anche Bonvino nero, Nero ferrigno e Sanguinella.

SANGIOVESE

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il vitigno sangiovese è assai diffuso a livello nazionale e concorre alla produzione di vini di grande forza e sapore come, ad esempio, il Chianti ed il Brunello di Montalcino, il sangiovese è tipicamente romagnolo. Le prime notizie storiche sul vitigno sangiovese risalgono al 1600, mentre il suo nome sembra derivare dal “Monte Giove”, una collina che si trova presso Sant'Angelo di Romagna. La tradizione è affidata ad una leggenda locale secondo la quale i frati cappuccini del convento di Sant’Angelo, che tra le altre cose coltivavano la vite e producevano un favoloso vino rosso, un giorno ospitarono nel loro convento, un illustre personaggio. I frati offrirono all’ospite il loro vino. Questi, gradì molto il vino e ne chiese il nome, mettendo i frati in imbarazzo poiché‚ non avevano mai pensato di dargli un nome. Uno dei monaci, però, con prontezza di spirito disse che il vino si chiamava Sanguis Jovis (Sangue di Giove), nome che nei secoli si mutò in "Sangue di Giove" e poi in "sangiovese". BARBERA

Vitigno a bacca rossa importante, molto diffuso, di antichissima origine molto diffuso sul territorio italiano e largamente coltivato anche all'estero. Rappresenta uno dei vitigni base nella viticoltura piemontese. Forse l’uva “Grisa” descritta nel 1304 dal magistrato bolognese Pier de’ Crescenzi nel suo Liber ruralium commodorum, il più famoso trattato di agronomia, viticoltura ed enologia del Medioevo, potrebbe essere proprio la nostra Barbera Se ne ricava un vino non tannico ma di elevata acidità; idoneo all'invecchiamento, può essere secco ma anche amabile, fermo e frizzante. GRECO

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Vitigno diffuso nell'Italia meridionale, sarebbe addirittura stato introdotto in queste aree da un antico popolo proveniente dall'Ellade, ben prima di Cristo (probabilmente VIII sec. a.C.). E' una delle uve bianche più nobili che crescono nel Sud della Penisola e produce alcuni tra i vini più rinomati del Mezzogiorno , quali il Greco di Tufo, nel territorio di Avellino, o il calabrese Greco di Bianco, un meraviglioso e raro vino da dessert prodotto con uve semiappassite: forse il vino di cui si hanno le più antiche testimonianze storiche, se, come pare, questo era il vino "Greco" bevuto dai Locresi, prima di battersi e di sconfiggere l'esercito di Crotone, nella battaglia del fiume Sagra, avvenuta nel 560 a.C. Questa varieta' e' usata anche negli uvaggi che producono i bianchi di Capri e, talvolta, il Fiano di Avellino. MONTEPULCIANO

Diffuso in tutta l'Italia centro-orientale è largamente usato in Toscana soprattutto nella provincia di Siena. Il vino che si ricava rosso è rubino intenso, mediamente tannico e alcolico, buon corpo e adatto all'invecchiamento, corposo, dal sapore asciutto, sapido, morbido. CILIEGIOLO

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Vitigno di probabile origine spagnola; presente in diverse areali dell'ltalia centrale tra cui in Toscana fin dall'ottocento; la sua diffusione risulta limitata a piccole zone indifferenziate e, nel complesso, a produzioni globali contenute nelle zone dell' Italia centrale. E’ un vitigno molto vigoroso, il vino è spesso molto colorato, rosso rubino brillante. aroma fruttato, con contenuto alcolico medio-elevato e acidità medio-bassa. BOMBINO NERO

Le origini e la storia di questa varietà italiana del sud non sono note, ma sembra sia stato introdotto in Puglia in epoca antica. Oggi si trova principalmente in Puglia, Basilicata, Lazio e Sardegna, dove di solito è una componente insieme ad altre varietà rosse come Uva di Troia, Malvasia Nera, Aglianico e Montepulciano nella composizione di altri vini.

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Il grappolo del Bombino nero è grosso e compatto e presenta due ali pronunciate. Gli acini sono grossi, hanno buccia spessa e consistente, di colore blu e pruinosa. La vendemmia di questo vitigno vigoroso avviene verso la prima metà di ottobre. È comunque la principale varietà della DOC pugliese Castel del Monte Bombino Nero e può essere presente come componente nel Castel del Monte Rosato.

ALLEGATO 2

CESANESE DEL PIGLIO FERMO/FRIZZANTE (asciutto/amabile/dolce)

Aree di produzione: Lazio pr.RM/ FR affinamento: fino a 3 anni

caratteristiche: fermo/frizzante abbinamento consigliato: tutto pasto

colore: rubino al granato con l'invecchiamento

odore: delicato tipico del vitigno di base

vitigni:

cesanese di affile e/o comune (90%-100%) sangiovese e/o montepulciano e/o barbera e/o trebbiano toscano(passerana) e/o bombino bianco(ottenese) (%-10%)

sapore: morbido leggermente amarognolo asciutto/amabile/dolce

grad. alcolica min. 12

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CORI ROSSO Aree di produzione: Lazio pr. LT affinamento: fino a 2 anni

caratteristiche: fermo abbinamento consigliato: tutto pasto

colore: rosso rubino

odore: tipico vinoso gradevole persistente

vitigni: montepulciano (40%-60%) nero buono di cori (20%-40%) cesanese (10%-30%) sapore: morbido vellutato fresco

asciutto grad. alcolica min. 11,5

FRASCATI SUPERIORE Aree di produzione: Lazio pr. RM affinamento:

caratteristiche: fermo abbinamento consigliato: tutto pasto pesce

colore: paglierino piu' o meno intenso

odore: vinoso tipico delicato

vitigni:

malvasia bianca di candia e/o trebbiano toscano (70%-100%) greco e/o malvasia del lazio (0-30% con altre uve fino al 10% di questa quota)

sapore: sapido morbido fine vellutato asciutto

grad. alcolica min. 11,5

EST! EST!! EST!!! DI MONTEFIASCONE (asciutto/amabile/abboccato)

Aree di produzione: Lazio pr. VT affinamento:

caratteristiche: fermo/frizzante abbinamento consigliato: pesce d'acqua dolce

colore: paglierino piu' o meno intenso

odore: fine tipico leggermente aromatico

vitigni:

trebbiano toscano (procanico 65% circa) malvasia biaca toscana (20%) rossetto (trebbiano giallo 15%)

sapore:

sapido armonico persistente asciutto/amabile/abboccato

grad. alcolica min. 10,5

CERVETERI BIANCO FERMO/FRIZZANTE

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(asciutto/amabile) Aree di produzione: Lazio pr. VT affinamento:

caratteristiche: fermo abbinamento consigliato: tutto pasto

colore: paglierino piu' o meno intenso

odore: vinoso gradevole delicato

vitigni:

trebbiano toscano e/o giallo (min 50%) malvasia di candia e/o malvasia del lazio (max 35%) altre a bacca bianca ad eccezzione del pinot grigio

sapore: pieno armonico asciutto/amabile

grad. alcolica min. 11

COLLI LANUVINI (asciutto/amabile)

Aree di produzione: Lazio pr. RM affinamento:

caratteristiche: fermo abbinamento consigliato: pesce

colore: dal giallo paglierino odore: vinoso delicato gradevole

vitigni:

malvasia bianca di candia e puntinata max 70% trebbiano toscano giallo verde min 30% altre (0-10%)

sapore: sapido di giusto corpo armonico vellutato asciutto/amabile

grad. alcolica min. 11

GENAZZANO BIANCO (anche novello) Aree di produzione: Lazio pr. RM affinamento:

caratteristiche: frizzante abbinamento consigliato: tutto pasto

colore: bianco paglierino con riflessi verdognoli

odore: delicato piu' o meno fruttato

vitigni:

malvasia bianca di candia (50%-70%) bellone e/o bombino (10%-30%) trebbiano toscano e/o pinotbianco e/o altri (0-40%)

sapore: sapido fresco armonico asciutto

grad. alcolica min. 10,5

GENAZZANO ROSSO Aree di Lazio pr. RM affinamento: fino a 2 anni

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produzione: caratteristiche: frizzante

abbinamento consigliato: tutto pasto

colore: rubino brillante vivace di media intensita'

odore: vinoso fruttato fragrante fresco delicato

vitigni: sangiovese (73%-90%) cesanese (10%-30%) altre (0-20%) sapore: fresco

asciutto amabile(novello) grad. alcolica min. 11

VELLETRI ROSSO RISERVA (asciutto/amabile)

Aree di produzione: Lazio pr. RM affinamento:

2 anni obbligatori quindi fino a 6-7 anni

caratteristiche: frizzante abbinamento consigliato: selvaggina

colore: rubino al granato odore: vinoso intenso etereo

vitigni:

sangiovese (35%-40%) montepulciano (30%-40%) cesanese comune e/o affile e/o bombino nero e/o merlot e/o ciliegiolo (0-10%)

sapore: vellutato armonico giustamente tannico asciutto/ amabile

grad. alcolica min. 12,5

FRASCATI (asciutto/amabile/dolce)

Aree di produzione: Lazio pr. RM affinamento:

caratteristiche: fermo abbinamento consigliato: tutto pasto

colore: paglierino piu' o meno intenso

odore: vinoso tipico delicato

vitigni:

malvasia bianca di candia e/o trebbiano toscano (70%-100%) greco e/o malvasia del lazio (0-30% con altre uve fino al 10% di questa quota)

sapore: sapido morbido fine vellutato asciutto/amabile/dolce

grad. alcolica min. 11

ALEATICO DI GRADOLI LIQUOROSO

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Aree di produzione: Lazio pr. VT affinamento: 6 mesi obbligatori quindi

fino a 6 anni caratteristiche: fermo

abbinamento consigliato: dessert

colore: rosso granato con tonalita' violacee

odore: finemente aromatico tipico

vitigni: aleatico (100%) sapore: fresco morbido vellutato dolce

grad. alcolica min. 15+2,5

SITOGRAFIA

www.vinilazio.org www.vinit.it www.mangibene.it/ www.vinoinrete.it www.lavinium.com www.winezone.it www.vinostore.it www.enoromagna.com

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www.dietameridionale.it www.bisogni.net www.hcmagazine.it/news/salute_e_benessere www.benessere.com www.iss.it www.dica33.it

BIBLIOGRAFIA

Nicodemi L., Vallinotto M., Alimentazione Salute e Vita, Paramond, 2006 Rodato s., Gli alimenti nella ristorazione, CLITT, Roma, 2005 Prato M.,Pellegrino S., Giubergia E.,Laboratorio di sala – bar Vol II, Calderoni Edagricole, Bologna 2000 Donegani G., Moribondo C., Romani R., Vaccarini G., Tecnica e pratica operativa di sala e bar, Franco Lucidano editore, 2002 Macado A., Alimenti e alimentazione, Poseidonia, 2003