orfani di patria

6
Fu una delle più grandi ondate migratorie di tutti i tempi: alle popolazioni meridionali, sconfitte e colonizzate altro non rimaneva che battere la via dell’oceano: “Partetemmo mmare, eravamo sciumme!” [partimmo per mare ed eravamo un fiume]: i porti di Napoli e Palermo diventarono i più grandi centri di espatrio dei meridionali (Genova lo fu per gli emigranti settentrionali). Pasquale D’Angelo così descriveva il suo commiato dalla madre: Mi gettò le braccia al collo singhiozzando e mi strinse a sè. Serrato nel buio di quell’abbraccio stretto, chiusi gli occhi e piansi. Piangevamo entrambi, fermi sui gradini, ed ella mi baciava e ribaciava le labbra. Sentivo le sue lacrime calde irrigarmi il volto. “Tornerò presto”, le dicevo singhiozzando “Tornerò presto” Ma non fu così. I timori della mamma presagivano la verità. Non ritornai mai più. Mi strinse ancora fra le braccia, quasi volesse farmi addormentare sul suo petto. E tornò a baciarmi. Così rimanemmo a lungo finchè su di noi discese una gran pace” Gli emigranti vittoriosi, Mondadori, Milano, 1972 . . Tratto da: copyright Rosanna Gadaleta

Upload: partito-sud

Post on 23-Mar-2016

214 views

Category:

Documents


2 download

DESCRIPTION

La tragedia dell'emigrazione meridionale

TRANSCRIPT

Page 1: Orfani di Patria

Fu una delle più grandi ondate migratorie di tutti i

tempi: alle popolazioni meridionali, sconfitte e

colonizzate altro non rimaneva che battere la via

dell’oceano: “Partetemmo pè mmare, eravamo

sciumme!” [partimmo per mare ed eravamo un

fiume]: i porti di Napoli e Palermo diventarono i più

grandi centri di espatrio dei meridionali (Genova lo fu

per gli emigranti settentrionali).

Pasquale D’Angelo così descriveva il suo commiato

dalla madre:

“Mi gettò le braccia al collo singhiozzando e mi strinse

a sè. Serrato nel buio di quell’abbraccio stretto, chiusi

gli occhi e piansi. Piangevamo entrambi, fermi sui gradini, ed ella mi baciava e ribaciava le labbra. Sentivo le sue

lacrime calde irrigarmi il volto. “Tornerò presto”, le dicevo singhiozzando “Tornerò presto”

Ma non fu così. I timori della mamma presagivano la verità. Non ritornai mai più. Mi strinse ancora fra le braccia,

quasi volesse farmi addormentare sul suo petto. E tornò a baciarmi.

Così rimanemmo a lungo finchè su di noi discese una gran pace”

Gli emigranti vittoriosi, Mondadori, Milano, 1972

.

.

Tratto da:

copyright Rosanna Gadaleta

Page 2: Orfani di Patria

Racconta Bevilacqua: partirono “gruppi e famiglie, e talora

interi quartieri di piccoli e grandi paesi, attraverso le catene

dei richiami”.

Ha aggiunto lo scrittore Domenico Porzio: “I cafoni del Sud si

imbarcavano fissi come sardelle sui tremendi bastimenti

delle rotte oceaniche. In gran parte analfabeti, non

possedevano che la cultura della povertà”. I rapidi ed

elegantissimi piroscafi decantati dalla società di navigazione

erano spesso “vechie carcasse sulle quali si

viaggiava stipati come bestie, accampati sui ponti o, quando

il mare era mosso, chiusi nel fetidume delle stive”. Frequenti

erano durante le traversate, le epidemie, sopratutto di

morbillo. I barcaioli portavano i parenti lungo le fiancate

delle navi del porto di Napoli per l’ultimo saluto. Altri le

accostavano per vendere l’ultima pizza e l’ultimo babà. Chi

stava sulle banchine per lo straziante addio aveva nelle mani

il capo di un filo di cotone e l’altro capo era stretto da chi

partiva: quando suonava la sirena, e i motori cominciavano

ad ansimare, quel filo che sfuggiva di mano era una piccola

morte. Se ne andavano figli “belli come bandiere”, orfani di

La Veloce

una patria crudele che li aveva voluti o “briganti o emigranti”. E tutti partivano, e non “c’era casa che non piangesse. Pareva la

guerra, e come quando c’è la guerra, le mogli restavano senza marito e le mamme senza figli”.

Tratto da: Fuoco del sud di Lino Patruno

copyright Rosanna Gadaleta

Page 3: Orfani di Patria

Gli emigranti arrivavano sulla costa orientale degli Stati Uniti

dopo a vapore

(prevalentemente in terza classe), in terre “assai luntane” di

cui ignoravano la lingua parlata; la maggior parte di loro non

aveva mai visto una grande città e l’

. Nonostante ciò la

gran parte si trasformò in operaio dell’industria, delle

miniere o delle ferrovie (che erano in rapidissima

espansione) per due motivi: spesso erano quasi

completamente privi di denaro (il costo del viaggio in nave

poteva già costituire un problema) e impossibilitati ad

acquistare le terre. Ma le origini non si dimenticavano per

cui, dopo qualche anno, un buon numero di loro lasciò le

grandi metropoli della costa orientale americana portando

con sé la classica valigia piena dei pochi effetti personali, fece

il gran salto verso le terre sconfinate del Far West.

Il , coltivato in Patria per secoli, finalmente

t renta g iorn i d i nav igaz ione

85% dichiarava all’ufficio

dell’immigrazione di essere agricoltore

sogno della terra

diventava realtà e con esso arrivava il benessere economico tanto che i meridionali riuscivano, insieme ai “pacchi alimentari e di

vestiario”, ad parte dei per aiutare le famiglie di origine. L'emigrazione non era, quindi, solo una

per liberare la Penisola da un numero eccessivo di disoccupati ma anche uno strumento che permetteva di

per far fronte ai problemi di bilancio dello Stato italiano, sono cifre alte:

.

inviare in Italia risparmi valvola

di sfogo rastrellare

denaro all'estero due miliardi di lire all'anno dal 1896 al

1900, più di quattro miliardi all'anno dal 1909 al 1914

Tratto da: Le Monografie storiche di Giuseppe Ressa

copyright Rosanna Gadaleta

Page 4: Orfani di Patria

Poco si sa dei benefici che l’immigrazione dalle regioni del

sud, porta all’ .

Una ricerca dell’Accademia Nazionale dei Lincei, guidata da

Giuseppe de Meo, valuta in in

trent’anni, il contributo allo sviluppo del paese da parte dei

meridionali trasferitisi al nord, il prodotto lordo

del centro-nord, quello che la cassa per il

mezzogiorno spende nello stesso periodo“

Dall’Unità d’Italia al 1913, la percentuale di meridionali che

abbandona la propria terra aumenta del 600%

In questo periodo se ne vanno sei milioni di persone.

Al momento dell’emigrazione, un bel viatico, la

, quasi esclusivamente

meridionale. Con quei soldi viene costituito un fondo per

rimborsare parzialmente il biglietto agli italiani che

emigrano nel nord europa, e solo a loro.

Essi sono per 4/5 settentrionali.

tassa per

l’emigrazione oltre oceano

economia del centro-nord

3mln e 300.000 miliardi di lire

cinque volte

trentadue volte

Tratto dal documentario “Viaggio nel Sud

di Sergio Zavoli (1958)

copyright Rosanna Gadaleta

Page 5: Orfani di Patria

Per quanto riguarda il numero degli emigrati, sebbene vi siano

dati ufficiali solo a partire dal 1875, le tabelle di Nitti ci offrono,

comunque, per il periodo precedente, una eloquente

panoramica:

1861: ; 1862: ; 1863: ; 1864: ; 1865:

; 1866: ; 1867: ; 1868: ; 1869:

; 1870: ; 1871: ;

1872: ; 1873: .

Percentualmente, in quei primi anni, l’85% degli emigrati

proveniva dalle regioni del Nord Italia, fu solo dopo la crisi

agraria degli anni ’80 che i meridionali presero il sopravvento

raggiungendo il 56% nel 1920. Nell’anno 1900 l'emigrazione

italiana complessiva aveva già raggiunto la enorme cifra di 8

milioni di individui di cui 5 milioni provenivano dalle ex Due

Sicilie, espatriò dal Sud oltre il 30% della popolazione.

“Nel 1901 il sindaco di Moliterno, in Lucania, porgendo il saluto

della città al capo del governo, venuto a visitarla, diceva: ”

5.525 4.287 5.070 4.879

9.742 8.790 18.447 18.120

23.325 15.473 15.027

16.256 26.183

La

saluto in nome di ottomila concittadini, tremila dei quali risiedono in America, mentre gli altri cinquemila si preparano a seguirli”.

Nel successivo decennio 1901-1910 partirono per nave più di 350.000 persone all'anno, poi aumentarono negli anni successivi e

nel solo 1913, che fu l'anno della più forte emigrazione, lasciarono l'Italia per le Americhe 560.000 persone, cui si devono

aggiungere 313.000 partenze per Paesi europei. Ancora negli anni '50 e '60 del Novecento altri sei milioni di meridionali

emigrarono, ai giorni nostri la diaspora continua e, a 150 anni dall’unità, ben 90mila meridionali sono costretti a lasciare ogni

anno le loro terre: la eterna “ ”.questione meridionale

Tratto da: Le Monografie storiche di Giuseppe Ressa

copyright Rosanna Gadaleta

Page 6: Orfani di Patria

“Imparate le lingue e andate a lavorare all’estero

“Fateli entrare nell’ordine di idee di emigrare, vadano a far carbone in

Belgio”

”, diceva

quando gli prospettavano il problema della disoccupazione.

, disse rivolgendosi ai sindaci Abruzzasi. Il 23 giugno

del '46 De Gasperi firmò un accordo di tipo con il Ministro

belga Van Hacker che prevedeva l'impegno italiano di mandare 50

mila uomini, sotto i 35 anni, in buono stato di salute, per 12 mesi di

lavoro, duro e pericolosissimo in miniera. Il Belgio in cambio avrebbe

fornito all’Italia 200 kg di carbone al giorno, per le industrie del

triangolo Torino-Genova-Milano, la nostra locomotiva. In quegli anni

partirono per il Belgio 140.000 lavoratori, 18.000 donne e 29.000

bambini, moltissimi di loro erano di San Giovanni in Fiore, Caccuri,

Cerenzia, Castelsilano, Santa Severina, Rocca Bernarda, Savelli,

Scandale, di tutta la Sila e dell'intero Marchesato di Crotone. Un fiume

di Calabresi giunse in Belgio con i convogli ferroviari che partivano da

Milano. A causa di un errore umano, l'8 agosto 1956 il Belgio venne

scosso da una tragedia senza precedenti, un incendio scoppiato in uno

dei pozzi della miniera di carbon fossile del Bois du Cazier, causò la

morte di 262 persone di dodici diverse nazionalità, soprattutto

italiane, 136 vittime, poi belghe, 95; fu una tragedia agghiacciante, i

De Gasperi

Fanfani

schiavistico

minatori rimasero senza via di scampo, soffocati dalle esalazioni di gas. Le operazioni di salvataggio furono disperate fino al 23 agosto quando uno

dei soccorritori pronunciò in italiano: "Tutti cadaveri!”

Fiore, Caccuri, Cerenzia, Castelsilano, Santa Severina, Rocca Bernarda, Savelli, Scandale, di tutta la Sila e dell'intero Marchesato di Crotone. Un

fiume di Calabresi giunse in Belgio con i convogli ferroviari che partivano da Milano.

A causa di un errore umano, l'8 agosto 1956 il Belgio venne scosso da una tragedia senza precedenti, un incendio scoppiato in uno dei pozzi della

miniera di carbon fossile del Bois du Cazier, causò la morte di 262 persone di dodici diverse nazionalità, soprattutto italiane, 136 vittime, poi belghe,

95; fu una tragedia agghiacciante, i minatori rimasero senza via di scampo, soffocati dalle esalazioni di gas. Le operazioni di salvataggio furono

disperate fino al 23 agosto quando uno dei soccorritori pronunciò in italiano: "Tutti cadaveri!”

Tratto da: La Storia Siamo Noi e

http://www.emigrati.it/Tragedie/MARCINELLE.asp

copyright Rosanna Gadaleta