palazzolo cividino/ capriolo pontoglio soncino...vita. per tutto il resto, calcetto e dylan dog....

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Ottobre 2019 - n° 16 - rivista gratuita www.valledelloglio.com Vince Lancini e l’Italo Disco Il leader degli «Scotch» fa ballare mezzo mondo Ovidio Tronconi medico e amico Quasi cent’anni spesi per la comunità La tradizione delle radici amare Una specialità da salvaguardare « AL FIENILE », TEMPIO DELLA FELICITÀ LA PIZZERIA DI PAOLO GHIDINI CONFERMATA NELLA GUIDA DEL GAMBERO ROSSO Ephrem, piccolo atleta oltre ogni ostacolo Grazie all’amore di papà Alessio e mamma Sara photo credit:© lucio elio PONTOGLIO PALAZZOLO CIVIDINO/ CAPRIOLO SONCINO

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Page 1: PALAZZOLO CIVIDINO/ CAPRIOLO PONTOGLIO SONCINO...vita. Per tutto il resto, calcetto e Dylan Dog. Marina Cadei. Collaboratrice Nata a Palazzolo, dopo la laurea in Lingue e letterature

Ottobre 2019 - n° 16 - rivista gratuita

www.valledelloglio.com

Vince Lancinie l’Italo DiscoIl leader degli «Scotch»fa ballare mezzo mondo

Ovidio Tronconimedico e amicoQuasi cent’annispesi per la comunità

La tradizionedelle radici amareUna specialitàda salvaguardare

«AL FIENILE», TEMPIO DELLA FELICITÀLA PIZZERIA DI PAOLO GHIDINICONFERMATA NELLA GUIDA DEL GAMBERO ROSSO

Ephrem, piccolo atletaoltre ogni ostacoloGrazie all’amoredi papà Alessio e mamma Sara

photo credit:© lucio elio

PONTOGLIO

PALAZZOLO

CIVIDINO/ CAPRIOLO

SONCINO

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valledell’oglio /magazine

valledell’ogliomagazine

raccontiamo storie differenti.

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04Vince LanciniL’anima della Italo Discosi racconta

Dott. TronconiQuasi cent’annial servizio della comunità

Supercella HPLa Valle dell’ Oglio ci raccontail cambiamento climatico

«Al Fienile»Confermato nella Guidadel Gambero Rosso

11STORIE D’OGLIO

Castelli Calepio

Don Luciano,

tra fede e scienza

12STORIE D’OGLIO

Palazzolo

Tabula Rasa

prende casa in centro

14STORIE D’OGLIO

Cividino/ Capriolo

Ephrem corre

con mamma e papà

15STORIE D’OGLIO

Chiari

Ersilio pedala

contro le malattie

18DAI TERRITORI

Calcio

Nasce l’associaizone

Be.e Young

19DAI TERRITORI

Palazzolo

Apre la sesta stagione

del Cinema Aurora

20AMBIENTE

Parco Oglio Nord

Al via le attività

per le scuole

21CULTURA E SPETTACOLI

Pontoglio

Le sculture

di Daniele Boi

26CHI VIENE...

Palazzolo

Alex, infermiere

dal Burkina Faso

27...CHI VA

Palazzolo

Andrea, fisico

in Australia

28SPORT

Palazzolo

Elena, astro

della velocità

30AGENDA

Valle dell’Oglio

Tutti gli eventi

del mese di ottobre

16SCOPRIAMO IL TERRITORIO

Credaro

Il castello

di Trebecco

22CULTURA E SPETTACOLI

Pumenengo

Silvia e Marco

coppia d’arte

29SPORT

Orzinuovi

Adriana, campionessa

delle arti marziali

17DAI TERRITORI

Soncino

Le radici amare

tradizione da tutelare

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Luca Bordoni Direttore Responsabile

editoriale

A

Luca Bordoni.Direttore responsabile

Giornalista pubblicista, classe 1986, nato a Palazzolo sull’Oglio dove risiede da sempre. Laureato magistrale alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, lavora come corrispondente per un importante quotidiano locale. Appassionato di cinema, di storia, lingue straniere e geopolitica.

Aliuscia Delbarba.Coordinatrice editoriale

Giornalista pubblicista, classe 1982.Laureata magistrale in Scienze dello Spet-tacolo e della Comunicazione Multimediale alla Statale di Milano, è diplomata in Regia e sceneggiatura alla Scuola di Cinema, Tv e Nuovi Media di Milano. Tra le sue attivi-tà: ufficio stampa, redattrice e autrice per blog e tv.

Michele Barbaro. Collaboratore

Giornalista freelance. Laureato in Filoso-fia, collabora con quotidiani e riviste per reportage dal carattere sociale e culturale. Appassionato di viaggi, ha vissuto all’estero lavorando come corrispondente. Tornato a Brescia, segue in maniera attenta le sorti della sua terra. Dirige il magazine online www.callmeishmael.net

Stefania Buscaglia. Collaboratrice

Per gli amici “la Busky” è una delle firme di punta del magazine di cucina di Lorenzo Vinci (ex magazine de Il Giornale). Con il suo sito web MangiareDaDio.it è una dell e food storyteller più seguite in Italia: nella sua carriera ha intervistato i più influenti e noti Chef italiani: da Gualtiero Marchesi ad Antonino Cannavacciuolo.

Gianluca Suardi. Collaboratore

Giornalista pubblicista, classe 1986, di Palaz-zolo sull’Oglio. Laureato in Comunicazione di Massa e Nuove Media all’Università di Ber-gamo. Per anni ha scritto della Franciacorta e della Valle dell’Oglio per un settimanale della provincia di Brescia. Appassionato di cinema, ciclismo e fotografia.

Valentina Gandossi.Collaboratrice

Nata a Brescia nel 1986, cresciuta a Vil-lachiara, con la consapevolezza di aver sbagliato decade ed essersi persa i Pink Floyd a Venezia. Diplomata in un istitu-to turistico, ora vive a Sarnico. Scrive da sempre, spesso di arte e amici artisti. Ha collaborato per anni con un giornale locale bresciano.

Simone Rocchi. Collaboratore

Laureato in Economia Aziendale all’Univer-sità di Bergamo, scrive per passione e col-labora con alcune riviste della provincia di Bergamo. Appassionato di sport e storie strane, con il collettivo di scrittori Gli Im-brattatori ha scritto la raccolta di racconti Lo Scirocco Dura Solo tre Giorni.

Luca Volpi.Collaboratore

Classe 1992, nato a Calcinate, vive a Ca-priolo. Laureato in Filosofia a Milano e studente senza speranza di Comu-nicazione a Bergamo. Corrispondente per giornale locale, aiuto-bibliotecario, scrive per i blog Oltreuomo e ArtSpecialDay, me-scolando cultura e riflessioni ignoranti sulla vita. Per tutto il resto, calcetto e Dylan Dog.

Marina Cadei.Collaboratrice

Nata a Palazzolo, dopo la laurea in Lingue e letterature straniere si trasferisce a Lon-dra dove si dedica all’insegnamento. Lo studio delle scienze e della psicologia unitamente alla passione per la scrittura, il cinema e la musica, riempiono le sue giornate spese tra l’Italia, il Regno Unito e gli USA.

Fabrizio Costantini.Collaboratore

Storico, per passione. Dottore di ricerca in Storia Economica (Università di Verona), ha collaborato con l’Università degli Studi di Milano e con la Bicocca. Ha insegnato nei licei bergamaschi, scritto per giornali e testate locali, lavorato come operatore culturale e correttore di bozze.

Roberta Lilliu.Collaboratrice

Arrivata a Bergamo all’età di quattro anni, ama definirsi “sardorobica”, perché non può fare a meno né del Campidano, né della Bassa. Laureata in Storia dell’arte alla Statale di Milano, si occupa di divulgazione storico-artistica e continua a studiare arte locale, pubblicando le sue conclusioni sul suo blog vademecumturistacasuale.altervi-sta.org/blog/

Roberta Martinelli.Collaboratrice

È nata e cresciuta a Lovere, ma vive a Credaro. Dopo la laurea in Scienze Politi-che ha iniziato a scrivere di cucina e vino come collaboratrice di Luigi Veronelli. Oggi è redattrice per due giornali di Bergamo, addetta stampa e autrice di testi per il web. Le piace raccontare progetti e storie belle. Passioni da sempre, musica, libri e cani. A partire da un meticcio di nome Slash.

Roberto Premoli.Editore

Di Palosco, classe 1980, ha lavorato per anni come corrispondente per l’Eco di Bergamo. Nel 2009 fonda l’agenzia di co-municazione BFIX a Palazzolo sull’Oglio, specializzata in editoria, webmarketing e gestione del social. Appassionato di classic rock, arte, enogastronomia e storia locale.

La felicità è già tra noi:bisogna lottare per farla emergere

muovere il mondo è l’entusiasmo. Non sono i go-verni, le agenzie di rating o i dazi. Se ci fermiamo un attimo a riflettere – cosa sempre più ardua in una società che tende al dinamismo estremo – non possiamo che giungere a questa conclusione.

Ci sono persone che decidono di non sentirsi sconfitte e che rea-giscono alle difficoltà con una sterzata di positività. I nostri lettori lo sanno: per noi è una linea guida non solo nella vita, ma anche nelle pagine della rivista. Infatti, anche questo mese vi raccontiamo storie di chi si è impegnato con entusiasmo per ribaltare condizioni sfavorevoli, senza perdersi d’animo, passo dopo passo. Il clarense Ersilio Ambrosini, a soli 21 anni, era stato colpito da un tumore che

sembrava non lasciargli scampo: invece oggi, a 48 anni, gareggia in bicicletta e ha una famiglia. E cosa si può dire del capriolese Ales-sio Bona che ha adottato un bambino etiope rimasto senza una gamba, donandogli sogni e un futuro? O ancora il dottor Tronconi di Pontoglio, che ha festeggiato 99 anni quasi tutti al servizio di una comunità di cui, al termine della guerra, fu il riferimento? O Vince Lancini, musicista palazzolese che dopo un periodo di suc-cesso internazionale negli anni Ottanta continua a girare l’Europa unendo le generazioni di appassionati. Viviamo alla ricerca della felicità. Ma questa è già in noi. Serve solo trovare il modo per farla emergere.

03

/ valledell’ogliomagazine

la redazione

valledell’ogliomagazine Direttore responsabile: Luca Bordoni.

Stampa: BFIX Agenzia di ComunicazioneRedazione: BFIX Agenzia di Comunicazione a Bergamo e Bresciavia Carvasaglio 4, Palazzolo s/O (Bs). mail: [email protected] - tel. 030/8083390

mensile di informazione locale - copia gratuitaAnno II, n.16 - Ottobre 2019Aut. Trib. di Brescia n. 04/2018 del 12 febbraio 2018.

CONCESSIONARIA UFFICIALEPER LA TUA PUBBLICITÀ EDITORIALESU VALLE DELL’OGLIO MAGAZINE

Tel: [email protected] Brescia - Via della Ziziola 31

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VALLE DELL’OGLIO

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valledell’oglio /magazine

primopiano

Michele Barbaro.Sono bastati pochi minuti per mettere in ginocchio un intero terri-torio. Attorno alle cinque del pomeriggio di mercoledì 7 agosto un temporale di inusitata violenza ha devastato i paesi che abitano la Valle dell’Oglio. Oggi, a distanza di qualche mese, grazie ad alcuni studi che hanno approfondito l’evento, si può spiegare con più pre-cisione cosa sia realmente accaduto.

COSA È SUCCESSO? A pubblicare gli esiti delle loro analisi sono stati per primi i grup-pi di ricercatori di StormNetwork, 3BMeteo e Zena Stormseaker. Tecnicamente quella che ha raggiunto il suo picco di potenza pro-prio lungo le sponde bresciane e bergamasche del fiume Oglio è stata una supercella Hp, un fenomeno metereologico tanto raro quanto pericoloso, dove Hp sta per High Precipitation, precipita-zioni sopra la media, la più devastante tra le formazioni tempora-lesche a supercella. In pochi istanti il cielo si è tinto di nero, i venti hanno cominciato a viaggiare ad oltre centoventi chilometri orari, le nuvole bassissime hanno scaricato diversi centimetri di pioggia in qualche minuto. È bastato un istante per mutare drasticamen-te la faccia del nostro territorio. Case distrutte, tetti divelti, albe-ri centenari spezzati in un battibaleno. Ma cos’è una supercella? Purtroppo questo termine sta diventando sempre più familiare agli abitanti della pianura padana. Per prima cosa bisogna sgom-berare il campo da equivoci: una supercella non è né una tromba d’aria, né un uragano, né tanto meno un tornado. Questo feno-meno atmosferico, non meno pericoloso, fino a qualche tempo fa era solito presentarsi solo nelle grandi pianure americane e negli altopiani indiani. Quest’estate però se ne sono verificati tre solo in pianura padana, due in provincia di Brescia. Questo violento temporale è caratterizzato dalla presenza di un mesociclone che

provoca una deviazione della corrente in rotazione, creando un circolo vizioso di arie calde e fredde che si auto alimentano. Alla vista la supercella che ha colpito la Bassa appariva come un enor-me cumolonembo, struttura imponente come poche se ne erano mai viste in Italia. A provocare i danni maggiori nella nostra terra però è stato sicuramente il fenomeno del downburst, ovvero una forte corrente discendente che raggiunge il suolo, manifestandosi come una violenta raffica in discesa dal cumulonembo. Burst vuol dire appunto «scoppio» ed è questo l’effetto che ha la violenta raffica una volta che raggiunge il suolo. I downburst si dividono in micro e macro a seconda dell’ampiezza della zona colpita e del-la velocità dei venti. Senza alcun dubbio, quello verificatosi nelle nostre zone, così come confermato dai più importanti esperti, è stato uno dei downburst più violenti mai avvenuti in Italia. La su-percella Hp, arrivata da Sud Ovest, ha raggiunto la piena poten-za proprio sopra la Valle dell’Oglio. A distanza di qualche mese i segni della distruzione sono ancora visibili. Il timore è che questo fenomeno, così raro nella nostra terra, possa non essere l’ultimo. I DANNI E LA SITUAZIONE OGGI Basta seguire il corso del fiume per comprendere la portata del-la tragedia. Pontoglio, Urago, Calcio, Rudiano, Roccafranca, Torre Pallavicina, Palosco. La Valle dell’Oglio a distanza di tre mesi non si è ancora del tutto ricoverata da quei trenta minuti di terrore. La supercella Hp ha lasciato dietro di sé la distruzione. Cartelli strada-li e pubblicitari divelti, case e cascine distrutte, tetti scoperchiati, cancelli spazzati via dal vento e alberi spezzati.

I Comuni stanno ancora facendo il conto dei danni. Ad oggi sembra che l’ammontare superi i 400 milioni di euro. Impossibile elencare

CAMBIAMENTI CLIMATICI

LA VALLE DELL’OGLIOSOTTO L’ONDA TERRIBILE

DELLA SUPERCELLA HP

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VALLE DELL’OGLIO

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/ valledell’ogliomagazine

primopianotutti i segni della distruzione. Certo è che l’anima di questo territo-rio ha subito un colpo durissimo. Tanti i posti simbolici della Valle dell’Oglio che hanno irrimediabilmente cambiato i loro connotati. Ad Urago la storica Cascina Castelaro è distrutta, il cedro centena-rio di via Roma caduto, decine di tetti scoperchiati e molte aziende agricole in ginocchio, campi e bestiame compromessi. A Calcio è l’imponente cupola della parrocchiale di San Vittore a dare l’idea della gravità della situazione. Buona parte del rivestimento è ca-duto, sotto la forza delle raffiche di vento. Rudiano e Roccafranca hanno subito ingentissimi danni: si stima che più di quaranta perso-ne abbiano dovuto lasciare le loro case. Anche le sponde del Parco dell’Oglio sono state colpite: a Torre Pallavicina, dove ha sede la direzione del Parco dell’Oglio si è fatta la conta dei danni.

COSA SI STA FACENDO? Tutti i paesi della Bassa bresciana hanno chiesto lo stato di calamità naturale. Le Amministrazioni comunali hanno invitato i cittadini a documentare i danni subiti e a redigere i moduli per la richiesta di aiuti e risarcimenti. Ora i fascicoli sono passati in mano alla Regio-ne, che dovrà stabilire cosa e quanto disporre a favore della co-munità. I tempi per espletare tutte le pratiche sono ancora incerti, si ipotizza che i primi risarcimenti ai Comuni non arrivino prima dell’inizio del prossimo anno. Per ora, a ripulire i paesi ed il parco ci hanno pensato le associazioni, i volontari e i cittadini, coordinati dai gruppi locali della Protezione Civile. Un lavoro immane, fatto con esemplare spirito di dovere e solidarietà che ha permesso ai paesi della Valle di ripartire, superando una prova mai così dura.

IL DIZIONARIO DEL MALTEMPOI violenti fenomeni atmosferici che han-no colpito la Valle dell’Oglio quest’esta-te obbligano a prendere familiarità con i termini e le dinamiche che hanno portato alla creazione della supercella Hp che ha devastato il nostro territorio il 7 agosto. Ecco quindi un piccolo breviario per ca-pire meglio quanto accaduto. Cos’è una supercella? In meteorologia una supercella è un temporale caratterizzato dalla presenza di un mesociclone, ossia di una bassa pressione in rotazione. Nella classificazione dei temporali (supercel-la, superlinea v-shaped, squall line, cel-le multiple e cella singola), le supercelle sono i tipi di temporali meno frequenti, ma anche quelli più potenti e potenzial-mente pericolosi.

Supercella HP. Una supercella HP (high potential, alto potenziale) produce piogge molto pesanti, grandine di grossa dimen-sione, downbursts e tornado. Quando un tornado si forma da questa supercella, spesso precipitazioni lo avvolgono e ne oscurano la vista. Inoltre le supercelle HP sono creative produttrici di fulmini. Inve-ce, la supercella LP (low potential, basso potenziale) è più parca di precipitazioni: i tornado generati da questa sono comu-

nemente più deboli. Diversamente dalle supercelle HP, la severità delle condizio-ni meteo si presenta verso il quadrante di sud-ovest della tempesta, mentre le supercelle HP causano condizioni di mal-tempo in una zona più larga.

Come riconoscerla? La supercella si ri-conosce per la base enorme avanzante del temporale, provvista di moto rota-torio antiorario nell’emisfero nord; per la presenza di una nube a muro che non si presenta mai sul bordo avanzante del temporale, ma per lo più sulla parte po-steriore; per la grossa e persistente cupo-la sopra l’incudine del cumulonembo; per le striature sui fianchi del cumulonembo e sulla parte inferiore degli stessi, indice di rotazione all’interno della supercel-la: tali striature possono apparire anche sul bordo anteriore di una shelf cloud ma queste sono decisamente meno affidabili. Downburst: il vero pericolo. Il downburst è il fenomeno più pericoloso collegato ad una supercella. Chiamato anche raffica di-scendente, è un fenomeno meteorologico consistente in una forte corrente discen-sionale (downdraft o downdraught) che raggiunge la superficie, accompagnata a un violento temporale. Con downdraft o downdraught s’intende una colonna d’aria in discesa veloce che s’imbatte perpendi-colarmente sul suolo e si espande in tutte le direzioni, con moto orizzontale. Le raf-

fiche lineari possono raggiungere anche i 200 chilometri all’ora.

Cambiamento climatico? Nonostante l’as-soluta rarità del fenomeno che ha colpito la Valle dell’Oglio è impossibile ad oggi stabilire una correlazione scientifica fra la supercella Hp e il riscaldamento globale. Certo è che molti dei fattori conseguenti al riscaldamento globale possono concor-rere alla creazione di questo tipo di feno-meno

.Può accadere di nuovo? Non è possi-bile rispondere a questa domanda con certezza. Ad oggi la supercella Hp del 7 agosto viene classificata come evento singolo e raro. Nonostante le probabilità che possa ripresentarsi siano basse, non è possibile escludere a priori l’eventualità. Anche perchè non è possibile prevedere con anticipo il fenomeno: le supercelle hanno un ciclo di vita di poche ore ed è impossibile controllarne la traiettoria e conoscere i momenti di più alta attività. Cosa fare in caso di supercella? Evitare assolutamente di stare all’aperto. Non ripararsi in macchina. All’interno di edi-fici dotati di seminterrato raggiungerlo il prima possibile. Se in abitazioni o edifici pubblici, stare lontano da porte e finestre, ed in caso di particolare violenza non ri-pararsi sotto strutture fisse, come tavoli, sedie, scrivanie.

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primopiano PALAZZOLOl’intervista

VINCE LANCINI

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PALAZZOLO

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/ valledell’ogliomagazine

VINCE LANCINI

l’intervista

Luca Bordoni.

C’era un tempo, attorno alla metà degli anni Ottanta, in cui una manciata di musicisti italiani aveva lanciato un genere che ha fatto ballare tutta l’Europa, poi ribattezzato Italo Disco. Quei momenti, a distanza di oltre trent’anni, stanno prepotentemente tornando alla ribalta, anche se più Oltralpe che in Patria. All’interno di questo af-fascinante panorama musicale si staglia la figura di uno dei massimi esponenti del genere: il palazzolese Vincenzo Lancini, leader degli storici Scotch – sulla cui storia straordinaria è stato anche girato un documentario, premiato al concorso di cortometraggi Palashort nel 2017.

Abbiamo incontrato Vince – così come lo chiamano tutti – nella sua casa, tra dischi celebrativi affissi alle pareti e le fotografie di quella stagione formidabile, unite a quelle più intime e familiari. Già, perché il segreto di questo maestro della musica anni Ottanta, che ancora oggi gira il mondo proponendo un genere che unisce le generazioni di appassionati, risiede anche qui, nella sua Palazzolo, accanto alla moglie Chiara e alle figlie. Ora, diventato nonno, Vince gioca coi suoi 64 anni con lo spirito di un ragazzino che continua ad emozionarsi per la vita, per l’arte e la musica.

Com’è nata la tua carriera musicale? Nel 1976 con alcuni amici palazzolesi abbiamo fondato il gruppo jazz-rock Gyzah, attualmente ancora in attività. Io nasco come bas-sista e cantante, ma nei primi anni Ottanta avevo un negozio di di-schi e gli Scotch sono nati in brevissimo tempo sull’onda del grande spirito di sperimentazione di quegli anni.

All’epoca suonavo tutt’altro: ero influenzato dal prog rock e da gruppi come Kansas, Rush e Led Zeppelin. Poi, nel 1983, un for-nitore passato in negozio mi ha dato un pezzo strumentale e mi ha chiesto se conoscevo qualcuno che poteva scrivere un testo e cantare su quella base, che diventò Penguins’ Invasion. Gli ho detto che lo potevo fare io e in pochissimo tempo, quasi per caso, mi sono ritrovato in studio di registrazione a Milano insieme a Fabio Margutti, col quale è iniziato un sodalizio straordinario con la for-mazione degli Scotch, seguito negli anni da tour in tutta Europa e da ben sette dischi d’oro.

In pochissimo tempo vi siete trovati sui palchi di tutta Italia e so-prattutto d’Europa. Quanti momenti incredibili hai vissuto? Beh, moltissimi! Vi racconto un aneddoto. Un giorno stavamo rilasciando un’intervista ad un giornalista svedese, dal quale ab-biamo scoperto che ogni nostro singolo in Svezia aveva raggiun-to il primo posto in classifica: ne è seguito un tour di un mese proprio in quella magnifica terra. Una sera ci dicono che avrem-

mo dovuto spostare il concerto per non sovrapporci con un’al-tra band, gli Europe, che non erano solo svedesi, ma in quel mo-mento all’apice del successo ovunque nel mondo. Per scherzare, ho detto che lo avremmo spostato, ma che avrei voluto essere in prima fila al loro concerto. Gli organizzatori hanno mantenuto la promessa, ma è successo qualcosa di ancor più straordinario: gli Europe hanno voluto essere in prima fila al nostro. Magnifico! In quegli anni eravamo sul palco con grandissimi artisti, partecipa-vamo a trasmissioni televisive e premiazioni con accanto Depeche Mode, Eurythmics, Johnny Hallyday e tanti altri grandi nomi. Nel 1984 siamo pure finiti sul palco della finale di Festivalbar all’Arena di Verona. Quando ci hanno presentato nessuno aveva capito chi fossimo, ma quando abbiamo cominciato a suonare tutti ci hanno riconosciuto: è stata un’emozione impensabile.

Che cos’è per te l’Italo Disco? Chiariamo subito che l’Italo Disco è un genere molto preciso che si basa su sonorità ben riconoscibili. A volte sorrido quando indicano gli Scotch come il più importante gruppo del settore, perché in real-tà noi abbiamo sperimentato molto. Nei nostri pezzi ci sono anche chitarre (all’epoca bandite nel genere) ed effetti sonori particolari,

Successo europeo inarrestabile

IL LEADER DEGLI «SCOTCH»E MAESTRO DELL’ITALO DISCO

FA BALLARE ANCORA MEZZO MONDO

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Luca Bordoni.

PALAZZOLOvalledell’oglio /magazine

l’intervistatalvolta anche bizzarri, come la mia tosse campionata nel brano Di-sco Band. Noi italiani vendevamo tanto all’estero, ma non solo noi: anche altri nomi che hanno fatto storia, come P. Lion e Ken Laszlo. L’epoca d’oro è durata circa sei, sette anni: dal 1989 in poi anche noi abbiamo preso altre strade.

Arriviamo al 2004. Tutto sembra finito, ma da un momento all’altro un vostro pezzo diventa un tormentone estivo. Com’è successo?

Noi non lo sapevamo neanche! Un gruppo dance italiano, i Paps’n’Skar, aveva rifatto la nostra Mirage, il cui ritornello («Stasera la luna ci porterà fortuna», Ndr) era perfetto per la promozione Le Lune che la TIM aveva proposto quell’estate. La loro versione era pure molto bella! Grazie a loro anche le nuove generazioni cono-scono quel brano, ancor oggi la passano in radio. Insomma, per noi è motivo di orgoglio.

IL NORD EUROPAE L’AMORE PROFONDOPER L’ITALO DISCOIl paradosso del grande successo che l’Italo Disco continua a registrare a livello inter-nazionale è che l’attenzione in Italia è quasi assente, mentre l’Europa continua a ballare su quelle note. Solo il Veneto è l’unica re-gione italiana in cui il genere raccoglie an-cora centinaia di supporter, ma è nel resto d’Europa che Vince Lancini continua a gi-rare, proponendo show che fanno ballare, cantare e anche emozionare i più navigati, che ricordano quelle musiche come un se-gno incancellabile della propria adolescen-za. Così, ogni anno il cantante e bassista palazzolese intrattiene il pubblico di tutto il Continente. Lo fa senza Margutti, che non ha mai amato troppo i riflettori e vive serenamente a Vaprio d’Adda, dove ha un negozio-laboratorio di strumentazioni elet-troniche, ma col quale Vince è in contatto quotidiano.

Già negli anni Ottanta, la musica degli Scotch spopolava in Francia, Germania, Scandinavia, Olanda. Proprio in quest’ulti-ma nazione è nata l’organizzazione I Venti d’Azzurro, punto di riferimento dell’Italo Disco in Europa. «Siamo spesso invitati ad

eventi con centinaia di spettatori, creati ad hoc per il genere – ha spiegato Vince –. Da quelle parti c’è una concezione diversa del-lo spettacolo musicale. In Italia spesso chi suona sul palco è solo un accompagnamen-to ad una serata che ha il proprio nucleo altrove. Là sono gli artisti e i brani i pro-tagonisti assoluti. Almeno due generazio-ni si danno la mano, cantano, ballano.Già, perché i giovani di allora hanno tramandato la passione anche ai figli. Ormai siamo una grande famiglia europea ed è tutto mera-viglioso».

Vince è spesso ospite anche di incontri mu-sicali celebrativi. L’anno scorso ha tenuto un evento grandioso in Danimarca e per l’occasione la TV danese gli ha pure dedi-cato un servizio al telegiornale. Nell’agosto dell’anno scorso è stato invece chiamato per partecipare al concerto per l’anniversa-rio di fondazione di Solidarność (Sindacato Autonomo dei Lavoratori Solidarietà, Ndr) in Polonia. Ventimila persone, due soli italiani: lui e Johnson Righeira. Ed è così che anche Palazzolo ha un suo faro nel panorama mu-sicale europeo.

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La prossima primavera spegnerà cento candeline, ma lui, il dottor Ovidio Tronconi, non si scompone mai e, nonostante l’età, continua ad aiutare la comunità di Pontoglio e ad essere un punto di riferimento per i cittadini.

Abbiamo incontrato il medico più longevo dell’Ovest bresciano nella sua casa in centro al paese, a pochi passi dal Municipio. Qui ci ha accolto e ci ha raccon-tato una carriera che è cominciata a pochi mesi dalla fine della Seconda Guerra mondiale, nel novembre 1945. A quel tempo che Tronconi – giovane medico originario di Palazzolo appena laureatosi all’Universi-tà di Pavia – fu chiamato per il suo primo vero lavoro come supplente a Pontoglio. Da quel giorno, anche se all’epoca non poteva immaginarselo, non se ne sa-rebbe più andato.

Com’era Pontoglio a quel tempo? All’epoca era un paese fortemente agricolo con quel-le gravi difficoltà che l’accomunavano a molti altri piccoli centri di provincia che erano stati devastati dalle conseguenze della guerra. C’erano malati, sol-dati che rientravano dal fronte, invalidi e persone psicologicamente debilitate. Era un mondo che for-tunatamente non abbiamo più conosciuto e che si è evoluto moltissimo nel corso degli ultimi settan-tacinque anni. Io ho sempre cercato di mantenere la schiena dritta e di mettermi al servizio di tutti, indistintamente. Ero cresciuto a Palazzolo da pa-dre romagnolo che era capostazione e da madre piemontese; avevo mosso i primi passi durante la guerra all’ospedale della mia città col dottor Pari-sio. Fu lui a dirmi che c’era bisogno di una supplen-za a Pontoglio. Andai, e non tornai più.

Come ha conquistato la comunità di Pontoglio? Credo che mi abbia voluto bene sin dall’inizio perché mi mettevo al suo servizio senza orari e con massima dedizione. Per molti anni sono stato l’unico medico condotto in paese, finché il sistema sanitario non si è strutturato com’è oggi. Avevo un ambulatorio, ma eseguivo molte visite a domicilio. Mi muovevo in bici-cletta, perché all’epoca a Pontoglio c’erano solo tre o quattro automobili, ai cui proprietari a volte chiedevo aiuto per trasportare malati gravi in ospedale.

È vero che continua ad esercitare? No, ma ho tenuto aperto l’am-bulatorio, pur privato, fino al 2017. Quando sono an-dato in pensione avevo 75 anni, ma dopo poco tempo a casa non sape-vo cosa fare. Volevo ren-dermi disponibile an-cora. Così ho ricevuto pazienti ancora per più di vent’anni. Per me era quasi una vocazione. Ho avuto tanti interessi, ma la mia vita era la medicina. Co-minciavo all’alba e finivo in se-rata.

OVIDIO TRONCONIMEDICO CONDOTTO E AMICO DELLA COMUNITÀ

quasi cent’anni spesi al servizio di tutti

Luca Bordoni.

PONTOGLIO tra passato e presente

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/ valledell’ogliomagazine

tra passato e presente

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tra passato e presente PONTOGLIOAlla vigilia del secolo di vita, come sta oggi? Ho avuto qualche problema di salute una ventina di anni fa, ma l’ho superato. Oggi posso dire che gli ingranaggi, ossia le articolazioni e gli organi, presentano qualche acciacco, ma la centralina, il cervello, funziona ancora come sempre. E non mi posso certo lamentare. Del resto la mia vita è stata intensa e piena di passione. Non mi sono mai sposato, ma ho lavorato tanto e continuo anche oggi a tenermi aggiornato sulle dinamiche del mondo attuale e sulle nuo-ve frontiere della medicina, con riferimenti anche a campi come la bioetica. Leggo e faccio le parole crociate. Ho viaggiato molto e ho

visto mondi lontani e differenti: dall’Europa all’Africa nera e quella settentrionale, fino all’ex Unione Sovietica.

Qual è il segreto per una vita longeva? Me lo chiedono spesso, ma non ho una risposta univoca: tenere la mente lucida, una dieta mediterranea sana e variegata, camminare e fare ginnastica, lavorare ed essere positivi. Certo, poi il mio esse-re medico mi ha aiutato molto a individuare i problemi di salute sul nascere.

«Quando ho cominciato a lavorare l’Italia era un Paese ferito al cuore: ora è cam-biato tutto, ma non vuol dire che non vi siano problemi».

Le analisi di Tronconi sono lucide e decise, frutto di un’esperienza che fa sintesi del contatto con le persone del luogo e col confronto con il mondo intero. «Partiamo subito con un punto fonda-mentale: non c’è paragone tra il 1945 ed oggi sotto moltissimi punti di vista – ha spiegato Tronconi –. La società tecnolo-gica e i progressi della scienza ci hanno portato a decenni di pace e di crescita.

Col passare del tempo, tuttavia, in molti si sono dimenticati come eravamo e cosa ci ha reso quelli che siamo oggi. L’educa-zione dei giovani, per esempio, così come le scuole e il ruolo fondamentale che i genitori rivestono sono diventati temi più complessi. Tutto ciò che concerne gli anziani non è da meno». Per lo storico medico, la vita è ancora difficile, perché c’è chi si confronta male con la realtà. «Ad una certa età assumiamo un atteggiamen-to più realistico nei confronti della vita – ha proseguito il dottore –. Di certo, tra le tematiche sociali che sono emerse nei decenni c’è la stabilità familiare, che ormai è venuta meno. Per quanto riguarda la so-cietà, per chi come me ha vissuto gli anni Trenta e Quaranta, valori imprescindibili sono la pace e l’umanità, l’amore verso il prossimo in quanto tale. E non dovrem-mo mai più tornare indietro o negoziare questi valori».

E ancora: «Non intendo dire che bisogna tornare indietro, perché oggi abbiamo del-le possibilità che un tempo non si poteva-no neanche immaginare. La tecnologia ci ha fatto fare passi da gigante: pensate che quando ho cominciato io le diagnosi erano praticamente solo cliniche. Non avevamo la Tac, la risonanza magnetica e tutti gli strumenti che si sono sviluppati dopo. A malapena potevamo fare qualche radio-grafia. Per non parlare dei medicinali: non avevamo gli antibiotici, ma quando è arri-vata la penicillina ha rivoluzionato tutto, così come le vaccinazioni. Quando sento i no vax mi metto le mani nei capelli: figli delle vaccinazioni che vorrebbero tornare a quando non esistevano... la gente moriva davvero di malattie che ora sono pratica-mente sconosciute! Oppure veniva segna-ta per una vita intera, come con la polio-melite, ma anche il morbillo e la parotite, solo per citarne alcune».

L’EVOLUZIONE DELLA MEDICINADAGLI OCCHIDI UN DOTTORECENTENARIO

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CASTELLI CALEPIO

«Lì c’è bisogno, vai». Sono le parole che il suo superiore ha rivolto a don Luciano Manenti quando era ancora collaboratore spirituale a Casazza. La risposta a questa chiamata, come a tante altre nella sua vita, è stata positiva e dal 2014 don Luciano offre il suo servizio alla comunità di Tagliuno non solo celebrando la messa domenicale, ma vivendo con la sua gente i momenti significativi dell’esistenza umana. «Tengo corsi per fidanzati, celebro matrimoni, battesimi, impartisco i sacramenti e accompagno i familiari durante l’estremo saluto ai propri cari».

Nato nel 1971, dopo gli studi in elettrotecnica consegue la Laurea in Sacra Teologia e viene ordinato sacerdote nel 1997. Originario di Ghisalba, don Manenti ricorda gli anni della sua infanzia e della sua adolescenza in oratorio nel messaggio inaugurale per il periodico In Dialogo - Comunità di Tagliuno. «Le cose belle che ho vissuto in oratorio sono state la base della mia vocazione sacerdotale. A dire il vero c’ho messo un po’ prima di rispondere alla chiamata del Signore o, forse, direi che il Signore ha dovuto pensarci un po’ di più prima di chiamarmi». Una volta abbracciato il cammino della fede, don Luciano non si è risparmiato. Nel 2010 entra nella vita di tanti ragazzi adolescenti come padre spirituale del prestigioso Collegio Sant’Alessandro di Bergamo per poi essere nominato Rettore di tutte le scuole dell’Opera Sant’Alessandro: una fondazione legata al Vescovo che raccoglie circa duemila utenti, dagli asili nido fino alle superiori in città e in provincia.

L’esperienza nella scuola e quella parrocchiale si interfacciano in un dialogo che ha come filo conduttore la conoscenza

del divino e l’integrazione di tale atto di fede con la vita quotidiana, sia essa incentrata sulla scuola,

sul lavoro o sulla relazione con l’altro. «La vita pastorale nella città ha delle caratteristiche frammentarie, incerte. Ma questo rende la sfida molto affascinante. L’oratorio è un luogo meraviglioso anche se pieno di fatiche e qualche

volta di dolori. I bambini e i ragazzi che incontro la domenica cercano qualcuno che gli racconti del

Signore».

La comunità di Tagliuno è grata a don Luciano anche per il suo essere, come lui stesso si definisce, un ‘tecnico’, un uomo interessato ed affascinato dalla scienza, dalle sue applicazioni presenti, future e futuristiche quali la robotica e l’intelligenza artificiale così come dai risvolti etici che essa inevitabilmente porta con sé. Non a caso la scientificità della conoscenza permea la visione delle scuole dell’Opera Sant’Alessandro.

Lo scorso 6 settembre, don Luciano Manenti ha aperto l’anno scolastico proponendo a tutti i docenti delle scuole dell’Opera una riflessione sulla fatica della fratellanza. Riconoscendo che la trasmissione del sapere è a volte faticosa proprio perché passa attraverso la difficoltà della fratellanza, il Rettore ha ricordato che «il desiderio di fraternità attiva il desiderio di conoscenza perché conoscere significa prima di tutto conoscere l’uomo». Uno sforzo e una gioia che don Luciano vive quotidianamente nella comunità di Tagliuno.

Marina Cadei.

FEDE E SCIENZA

DON LUCIANO MANENTIRettore di Sant’Alessandro

e punto di riferimento per Tagliuno

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storie d’oglio PALAZZOLO

Luca Bordoni.

NUOVA REALTÀ IN PIAZZA ROMA

IL COLLETTIVOTABULA RASAPRENDE CASAIN CENTRO STORICO

Il fermento culturale giovanile che Palazzolo sta vivendo negli ul-timi anni si è arricchito di recente di un nuovo soggetto che, se da un lato si inserisce pienamente nel tessuto sociale, dall’altro cerca anche di proporne una visione innovativa.

Stiamo parlando di Tabula Rasa, un gruppo informale fondato da una dozzina di ragazzi poco più che ventenni che dallo scorso 8 settembre ha anche una sede in centro storico ottenuta grazie al progetto Ri–V’Oglio. È proprio qui, in piazza Roma, che i giovani hanno inaugurato (con una mostra di scatti di due fotografi locali emergenti) uno spazio che potrà diventare un punto di riferimento nei prossimi mesi per chiunque non è mai sazio di attività culturali. Tabula Rasa non è però una novità assoluta, dato che si è costituita un paio di anni fa proponendo un modo nuovo di fruire la cultura in città che punta sulla partecipazione attiva. «Ci siamo conosciuti quando frequentavamo l’IIS Marzoli a Palazzolo, ma noi veniamo da diversi paesi del circondario, come Palosco, Chiari, Rovato, Gru-mello e Foresto Sparso, oltre che ovviamente Palazzolo – hanno spiegato i giovani –. Una delle nostre prime iniziative culturali sul

territorio è stata Memorabilia, ossia una sorta di capsula del tem-po in cui abbiamo chiesto alle persone di inserire oggetti che rap-presentano la città oggi. Ma le nostre iniziative non finiscono qui: abbiamo tante idee e diverse già in fase di realizzazione. Di certo, noi non vogliamo creare eventi di superficiale intrattenimento, ma desideriamo che il pubblico sia partecipe e realmente vitale. Inol-tre, punto focale è anche la collaborazione in rete con altre asso-ciazioni e gruppi già esistenti: non intendiamo infatti rinchiuderci in un guscio, ma aprirci alla condivisione per una crescita culturale locale più ampia ed intensa possibile»

I giovani di Tabula Rasa sono tutti studenti di diverse università e accademie artistiche, fatto non secondario se si considera la pro-pulsione degli stessi ad un’offerta culturale che vuole portare nel locale tematiche di ambito globale e un sano confronto sugli argo-menti di più di stretta attualità. Quanto allo spazio di via Roma, che è andato a sostituire quello precedentemente occupato dall’InfOglio Center, resterà certamente fino alla scadenza del bando (a febbraio) con la speranza di poter continuare anche nei mesi – e, perché no, anni – successivi. «Ogni mese nella nostra sede organizzeremo tre attività principali: eventi d’arte, dibattiti e laboratori – hanno com-mentato i membri del gruppo –. Proponiamo esposizioni di vario tipo per esplorare il mondo dell’arte in tutte le sue forme, dalle arti figurative alla fotografia, ma anche cinema, musica e performance. Poi, i dibattiti per noi si devono basare su tematiche attuali: scienza, politica, filosofia, antropologia e altro, ma preferiamo ascoltare voci differenti proponendo così un confronto costruttivo. Infine, i work-shop saranno strutturati come momenti di apprendimento pratico focalizzati su attività artistiche».

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storie d’oglio CIVIDINO/CAPRIOLO

Muoversi tra disabilità e adozioni non è facile. Si rischia di inciampare nella retorica del diverso e di appiattire la vita di qualcuno alla propria condizione. Per fortuna il giovane Ephrem Bona non ha paura di inciampare. Corre, cade, si rialza e fila più veloce di prima, sfrecciando su una protesi in stile Iron Man. Il suo segreto? Solo una frenetica fame di movimento. Lo sa bene papà Alessio, educatore 33enne di Capriolo che con la moglie lo ha adottato in Etiopia nel 2015.

Com’è nata l’idea dell’adozione? Tutto risale al viaggio del 2011, quando io e mia moglie Sara Gastoldi (anche lei educatrice, di Cividino, Ndr) siamo stati al Centro Aiuti per l’Etiopia di Areka per un progetto di cooperazione internazionale durante gli studi universitari. Si tratta soprattutto di un centro per bambini e diversi adulti. Due anni dopo abbiamo colto l’occasione per tornare e provare a gestirlo. In quei sei mesi ci siamo interrogati sull’avere un figlio. Vivere là era un’esperienza umanamente ricca, ma dura, a contatto con la povertà e la sofferenza, in una zona in cui purtroppo anche la morte di bambini rientra nella quotidianità. Quasi un’abitudine, insomma. Affrontare tutto questo ci ha spinto a tornare a casa, sebbene avremmo dovuto fermarci tre anni secondo i piani originali. L’adozione ci sembrava un piccolo, ma valido gesto per offrire a un bambino un futuro migliore.

Ci sono stati ostacoli lungo l’iter? Innanzitutto l’età. Eravamo considerati troppo giovani, fuori dallo standard per le coppie adottive. Ma la nostra era una libera scelta, non dovuta a limiti biologici. Dopo un anno di colloqui con esperti e psicologi, comunque, avevamo ottenuto l’idoneità. Il secondo grosso ostacolo è stata l’opposizione del tribunale. Grazie a un’amica avvocato, abbiamo fatto ricorso riuscendo a vincere. Ephrem è arrivato in Italia nel settembre 2015, allora aveva 4 anni. Siccome io e Sara ci eravamo resi disponibili anche per casi di disabilità fisiche, la commissione aveva abbinato il nostro profilo a un bambino senza una gamba. Siamo andati in Etiopia per un paio di mesi, fino alla

sentenza. Nonostante i primi timori, si è dimostrato affettuoso sin da subito. Guardava sbalordito oggetti che per noi sono banali. È un ragazzino che ti entra nel cuore. Vivace, ma anche testardo e competitivo.

Gli ingredienti giusti per dedicarsi allo sport. Ne è sempre stato affascinato. Ricordo la prima partita di basket seguita dal vivo, a Brescia, nell’inverno 2016. Era letteralmente rapito. Lì ho cominciato a chiedermi quali opportunità ci fossero adatte a lui sul territorio.

Per caso mi sono imbattuto nell’Art4Sport: associazione che segue ragazzi amputati guidata da Teresa Grandis (madre della nota atleta paralimpica Bebe Vio, Ndr) che ho conosciuto. Dal 2017 Ephrem ne fa parte e si butta in tantissime esperienze, dagli sci alla corsa. Quest’anno siamo stati in Germania per il 3° Junior Camp consecutivo agli Europei di Calcio amputati, organizzati dalla FISPES che si occupa di sport paralimpici e sperimentali. Ephrem ha giocato nella squadra del Cividino fino all’anno scorso. Tra gli sport e hobbie provati ci sono il nuoto, saltuariamente l’atletica e la bicicletta. Se penso alle opportunità e alle conoscenze che ha maturato in questi quattro anni, quasi mi spavento!

Ephrem come vive la sua diversità? In modo del tutto sereno. Certo, ci sono momenti in cui può soffrire lo sguardo curioso degli altri, ma non si è mai sentito inferiore per questo. Merito della sua tendenza innata a dare il massimo in ogni ambito.

Nonostante le fatiche, rifarei tutto mille volte del nostro percorso, sono felicissimo. L’attesa può essere sfiancante e occorre mettersi in discussione, sia come singoli, sia come coppia, ma la gioia finale è immensa. Sono orgoglioso di questa mia famiglia mix, a cui si è aggiunta Cloe l’anno scorso. Siamo certi che anche in veste di fratello maggiore Ephrem stia dando il massimo. A breve inizierà la sua avventura nel basket in carrozzella. Troppo testardo per sedersi. Troppo vivace per sentirsi disabile.

«CORRI EPHREM, CORRI!»GRAZIE ALL’AMORE DI MAMMA E PAPÀ

IL PICCOLO ATLETA SENZA GAMBA

VINCE OGNI GIORNO LA SUA SFIDA

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Luca Volpi.

valledell’oglio /magazine

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storie d’oglioCHIARI

Ci sono esperienze di vita che segnano l’essere umano più di quan-to si possa anche solo immaginare. Ci sono persone che purtroppo non ce la fanno, qualcuno si arrende o si isola in se stesso. Ci sono però sempre più persone che invece traggono coraggio dalle sfi-de che la vita sottopone loro e si impegnano per diffondere il loro messaggio. Uno di questi è senza dubbio il 48enne clarense Ersilio Ambrosini, colpito da un cancro a soli vent’anni e oggi impegnato nello sport e nella diffusione della conoscenza dei tumori ossei at-traverso il suo Team Life.

Cosa ti ha lasciato l’esperienza della malattia e come ha condizionato la tua vita negli anni successivi? Nel 1992 avevo ventun’anni e con-ducevo una quotidianità spensierata e tranquilla. Un giorno, dopo un po’ di febbre e dolori sciatici, mi è stato diagnosticato un tumore maligno alle parti molli e un Sarcoma di Edwing con un cinque per-cento di probabilità di vita. Il calvario è stato lungo quasi tre anni, ma con il sostegno della mia famiglia e le cure specifiche al centro Rizzoli di Bologna – chemio e radioterapia, operazioni, attaccato a una flebo per giornate intere – sono rinato. Oggi ho 48 anni, una moglie, allora fidanzata, un’adorabile figlia di otto anni ed il forte desiderio di poter dare un concreto messaggio a chi si trova nella mia situazione: non mollare mai!

Quando hai cominciato a fare sport? E quali sono i motivi che ti por-tano ad allenarsi, a partecipare alle gare? La malattia mi ha lasciato deficit fisici perché ho una gamba priva di forza che utilizzo solo per l’equilibrio, però ho un’irrefrenabile voglia di vivere e una sensazio-ne di immortalità che mi spinge a mettermi in sana competizione. Adoro andare in mountain bike. L’anno scorso, con il sostegno di Roberto Elli, ho partecipato alla gara Hero in Val Gardena e nella mia testa sono nati tanti sogni e progetti per aiutare gli altri.

Come è nata la collaborazione col Rizzoli di Bologna e in cosa consi-ste in concreto? L’estate scorsa ho rincontrato un amico d’infanzia, Claudio Lazzaroni. Entrambi amiamo la mountain bike e la sensa-

zione di libertà che ci pervade quando saliamo in sella e percorria-mo sterrati e vette impervie. Abbiamo così deciso di fondare il Team Life che si fonda su divertimento, libertà e beneficenza. Abbiamo pensato di aiutare il centro Rizzoli di Bologna con l’Associazione Mario Campanacci per lo studio e la cura dei tumori muscolo-sche-letrici. Il progetto consiste nell’informare e sensibilizzare i genitori sul tema, visto che i più colpiti sono gli adolescenti. Abbiamo creato un blog, partecipato alla 24 Ore di Finale Ligure, alla Hero e alla Monte Rosa Prestige cercando di sensibilizzare le persone e rac-cogliere donazioni.

Quali speranze per il futuro? Io sono disabile, ma libero di vivere. La vita dopo la malattia è stata dura, con la paura di morire e di essere ignorato. Poi ho reagito e da due anni gareggio con una gamba e mi alleno almeno quattro volte alla settimana: faccio gare con gente normalissima ed il mio obiettivo è finire la gara e arrivare penul-timo. Il mio sogno è dare grinta a chi è invalido come me e spero che con Team Life offriremo un punto di riferimento ai genitori in difficoltà contro questi tumori muscolari e ossei difficili da diagno-sticare: vorremmo essere un riferimento nel Bresciano. Perciò du-rante l’anno facciamo gare e soprattutto organizziamo eventi per la raccolta di fondi per la ricerca. Mi auguro che la fortuna e la tenacia che ho avuto io l’abbiano anche gli altri ragazzi nelle mie condizio-ni: le cure sono durissime, ci vuole anche fortuna. Ho promesso che sportivamente parlando l’anno prossimo farò ancora tre gare estreme e durissime. Il 17 novembre stiamo organizzando una gara di mountain bike in Villa Mazzotti a Chiari, mentre a febbraio avre-mo una conferenza con gli oncologi di Bologna per genitori, medici, insegnanti e altri.

Luca Bordoni.

DOPO UNA GRAVISSIMA MALATTIA

ERSILIOPEDALA PER SÉE TANTI ALTRICONTRO LE SFIDE DELLA VITA

/ valledell’ogliomagazine

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storie d’oglio

Roberta Lilliu.

CREDARO

Discosto da Credaro di cui fa parte, il Castello di Trebecco si erge su uno sperone roccioso compreso fra il torrente Uria e il fiume Oglio, in un luo-go strategico che permetteva di controllare la piana alluvionale del fiume.

Il Castello non è circondato da un fossato: infatti è protetto dai corsi d’ac-qua naturali che si trovano nelle sue immediate vicinanze. In sostanza, non è altro che un recinto fortificato, molto diverso dai castelli come essi vengono intesi di solito: non possiede una corte rettangolare o quadrata, o torri d’avvistamento in ogni angolo, anzi. Per accedere al Castello di Trebecco ancora oggi si passa al di sotto della sua unica torre d’ingresso a base quadrata posta sul lato est della fortificazione e si attraversa il pic-colissimo borghetto murato seguendo la traiettoria che ancora oggi funge da linea divisiva per i cortiletti irregolari delle case. La torre disponeva di una merlatura nella sua parte più alta, ancora in parte riconoscibile, ma questa risulta essere un’aggiunta successiva perché la torre è stata moz-zata e ridotta a rudere in epoche precedenti.

Essendo stato costruito su uno sperone roccioso, il Castello di Trebecco non presenta una pianta regolare: anche in questo caso la morfologia del terreno ha condizionato la planimetria del complesso, che ha la forma di un triangolo isoscele. Le fortificazioni sono state realizzate utilizzando il materiale reperibile sul posto: è facile riconoscere nella trama muraria i ciottoli provenienti dall’alveo del fiume Oglio e la pietra di Credaro, con cui è stato costruito anche l’arco di accesso della torre. Oltre alle abita-zioni, all’interno del recinto fortificato è documentata l’esistenza di una piccola cappella dedicata a Sant’Andrea, che conservava al suo interno le reliquie di San Celestino Martire (oggi spostate all’interno del Castello di Calepio).

Nonostante l’esistenza di questa chiesa, gli abitanti di Trebecco prefe-rivano seppellire i loro morti nelle vicinanze della chiesa di San Fermo, sempre appartenente al Comune di Credaro, posta a poca distanza: un tempo questo interessantissimo edificio di epoca romanica non era così isolato come appare oggi. Infatti le indagini archeologiche hanno fatto ipotizzare l’esistenza di un insediamento in prossimità della chiesa, posta nelle vicinanze di un’antica strada che costeggiava l’Oglio e che collegava i paesi di Credaro, Villongo, Adrara e Sarnico.

Secondo le fonti il Castello di Trebecco risulta essere uno dei più anti-chi della vallata del fiume Oglio, di fondazione addirittura precedente alle guerre fra i vescovi di Bergamo e di Brescia per il predominio sul territo-rio: infatti, sembrerebbe risalire al X secolo. Trebecco fu scelto dai conti Martinengo come luogo di residenza prima che questi ultimi si trasferis-sero nel Castello di Calepio: infatti, dove oggi si può osservare il castello voluto da Trussardo Calepio risalente al 1430, esisteva una fortificazione di epoca precedente. I Martinengo rimarranno proprietari del Castello di Trebecco fino al 1811 e i successivi passaggi di proprietà porteranno al deterioramento della fortificazione, ristrutturata nel XXI secolo per vo-lontà delle autorità locali.

Dall’alto:Ingresso al castelloStemma dei Conti CalepioVie interne al castello

COSTRUITO SU UNO SPERONE ROCCIOSO

L’INSOLITO FASCINODEL CASTELLODI TREBECCO

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valledell’oglio /magazinescopriamo il territorio

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storie d’oglioSONCINO

La Sagra delle Radici è senz’altro un appuntamento che – assieme alla Rievocazione Storica e Halloween – a Soncino scandisce l’otto-bre del borgo medievale. La quarta domenica del mese stand nelle vie e piazze soncinesi, visite guidate, musica dal vivo fanno da cor-nice all’omaggio organizzato ormai da 53 anni dalla Pro Loco per valorizzare uno dei prodotti più singolari della Valle dell’Oglio: la radice amara di Soncino.

Il suo parente più stretto è la cicoria: dal punto di vista biologico e nutrizionale, infatti, la radice non ha nulla da invidiare al radicchio rosso trevigiano o alla catalogna (altre varianti di Cichorium Intybus). Tutte queste erbe si caratterizzano per le loro virtù depurative e antiossidanti, aiutando anche all’assorbimento del ferro. Un vero e proprio toccasana per la salute, tanto che i nutrizionisti cominciano a proporre la radice amara nel ristretto novero dei superfoods, gli alimenti più ricchi di sostanze benefiche (al pari di quinoa, mirtil-li, avocado, alga spirulina). La stessa radice è in attesa di ottenere il prestigioso marchio IGP (Indicazione

Geografica Protetta). Invece la sua produzione è condotta da po-chissime aziende ed è ridotta ai minimi termini.

Nel comune di Soncino – per la precisione, nella frazione di Galli-gnano – ne è rimasto solo uno: è la Oroverde di Roberto Bosio, atti-va dagli anni Cinquanta e ormai detentrice di una decennale espe-rienza di coltivazione di questo prodotto. Tutta colpa di un drastico calo della domanda, che dagli anni Sessanta ad oggi è diminuita dell’80 percento. «Come agricoltori e imprenditori consapevoli del-la responsabilità verso il territorio e la comunità in cui operiamo – dice l’azienda – parole come sostenibilità e tradizione per noi sono un valore. È come lavoriamo che fa la differenza».

La produzione locale, però, è a rischio e si stima che i coltivatori di radici si contino letteralmente sulle dita di una mano. Si è calcolato che la superficie totale di terreno destinata alle radici amare nella

penisola sia ormai inferiore ai 100 ettari: se si trattasse di una superficie comunale, sarebbe il terzo comune più piccolo

d’Italia, dopo Atrani (in provincia di Salerno) e Miaglia-no (Biella). «Confermo purtroppo – ha riferito Roberto

Bosio – che la vendita di radici sta attraversando an-cora una situazione difficile».

Fino a qualche anno fa, la radice amara compariva ancora sulle tavole invernali dei lombardi, spesso

in insalata, lessata o gratinata. Anche se il vero piatto forte è il risotto alle radici, che compare in molti menù

soncinesi. Oggi si sta tentando di rinnovare il prodotto, sulla scia del successo delle erbe aromatiche e delle spezie orientali, per farne tisane, decotti, amari e digestivi. C’è però chi sta provando a conciliare due tradizioni diverse: la cooperativa Inchiostro di Son-cino ha sperimentato in anni recenti la produzione di torrone alle radici amare, coniugando il prodotto tipico del borgo con il prota-gonista dei dolciumi cremonesi.

Allora chissà che la Sagra delle Radici, che si svolge in un Comune dove il viavai turistico è sempre rilevante, non riesca veramente a essere uno strumento di rilancio per questo ortaggio tipico del territorio soncinate.

PATRIMONIO DELLA CULTURA E DELLA TAVOLA

LE RADICI AMARE DI SONCINO:DA TRADIZIONE A INNOVAZIONE

PER SALVAGUARDARNE LA SOPRAVVIVENZA Fabrizio Costantini.

/ valledell’ogliomagazinedai territori

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dai territori CALCIO

L’associazione Be.e Young – costituitasi ufficialmente a Calcio nel maggio di quest’anno – ha lo scopo di far rivivere il paese non solo con eventi culturali e sportivi, ma anche con attività che possano mettere in comunicazione il piccolo centro della Bassa bergamasca e i suoi giovani abitanti, che già spesso via per motivi di studio o di lavoro non vivono pienamente la vita del piccolo paese. Non solo una realtà che abbia lo sco-po di divertire i cittadini, ma anche uno spazio in cui chi si sente poco compreso o sta attraversando un mo-mento difficile possa trova-re un valido supporto per uscire dalle sue criticità.

Come racconta il presiden-te Nicholas Carbonara, l’associazione è nata come risposta al bisogno di cre-are qualcosa di concreto che potesse sia intratte-nere, ma anche funzionare come spunto di riflessione per la cittadinanza; così, il 28 maggio 2019, è nata Be.e Young. Il nome è un piccolo gioco di parole: be young in inglese significa essere giovani, ma aggiungendo la vocale «e» alla parola be si ottiene bee, ossia ape, e nel logo dell’associazio-ne questo piccolo animaletto è accompagnato da un alveare, a ri-cordare l’operosità di quest’insetto che coopera con i suoi simili per il bene della sua comunità. Operosità e cooperazione sono i prin-cipi fondanti di questa associazione, che si propone come obiettivi più prossimi la creazione di un’aula studio, l’organizzazione di tor-nei di calcio, di pallavolo e di basket, di feste tematiche, di incontri di natura culturale e relativi a tematiche di interesse attuale.

Il direttivo dell’associazione, composto da una ventina di ragaz-zi giovanissimi, rivolge uno sguardo anche ai piccoli cittadini di Calcio, organizzando dei servizi di tutorato per gli studenti delle scuole elementari, per i ragazzi delle scuole medie e delle superiori, oltre che degli incontri di orientamento scolastico rivolti a que-ste due ultime categorie, anche attraverso le esperienze formative

portate direttamente dai membri dell’associazione. In questo momento di crisi nel mondo del lavoro, l’as-sociazione vuole provare ad aiutare chi ne avesse bisogno, creando un ser-vizio di intermediazione tra gli associati e il mondo dell’impiego, oltre a re-alizzare uno sportello di ascolto destinato a chiun-que stia attraversando un momento di difficoltà e fragilità personale.

Un’associazione nata per il territorio che ha già incassato la fiducia dei calcensi: a seguito dell’aperitivo di presentazione e di tessera-mento del 14 luglio, sono già 200 gli iscritti e Nicholas, con una punta di orgoglio, racconta che benché l’associazione sia nata per rispondere ad un bisogno di una determinata fascia di età, sono stati tanti i sostenitori non più giovanissimi che hanno aderito al loro progetto, che si propone inoltre di favorire il dialogo interge-nerazionale e una collaborazione stabile sia con l’Amministrazione comunale, sia con le altre associazioni del paese, in modo da essere più capillari sul territorio e rispondere alle esigenze degli abitanti, che potranno vivere al meglio le potenzialità che Calcio offre.

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Giovani ragazzi al servizio della comunità

È NATA L’ASSOCIAZIONE«BE.E YOUNG»

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Cinque anni fa l’allora curato della parrocchia di Santa Maria As-sunta ed un nutrito gruppo di volontari si erano rivolti alla Fonda-zione Cariplo per ottenere un finanziamento straordinario. L’idea era quella di far rivivere una struttura storica ormai non più al passo coi tempi, il Cinema Teatro Aurora, parte del centro parrocchiale di via Palosco a Palazzolo. Quell’idea si era poi tramutata in un im-portante contributo economico che ha permesso la riqualificazione dell’intero edificio, che nei giorni scorsi ha dato il via alla sesta sta-gione cinematografica.

Durante questi anni la Sala della Comunità – così come viene chia-mata in virtù anche dell’affiliazione all’ACEC – ha già tagliato diver-si traguardi. Dopo il primo triennio, che era stato condizionato (in positivo) dal bando Cariplo, il cinema è andato avanti e continua a proporre film di grande risonanza accanto ad una programmazione di qualità (non a caso ha ottenuto la certificazione di Sala d’Essai) e occasionali festival teatrali. I film da cineforum – da quest’an-no proiettati alcuni sabato all’anno – vengono anche introdotti da esperti (in base alla tematica della pellicola o all’estetica della stes-sa), mentre grande successo hanno sempre le commedie dialettali, che qui trovano una dimensione speciale: tre sono in programma a novembre, mentre altre tre a febbraio. Inoltre, il Cinema Aurora è molto attento anche alla formazione e alla didattica: i rapporti con le scuole sono costanti e, dalle proiezioni mensili in lingua ingle-

se fino alle singole iniziative con gli istituti, numerose le occasioni per studenti e docenti. Il musical Francesco Revolution prodotto e realizzato interamente dai ragazzi dell’oratorio, il Move English by Movie in collaborazione con l’IIS Marzoli, i cicli di film a tematica sociale e religiosa, fino al magico incontro con Emilio D’Alessan-dro, l’assistente personale di Stanley Kubrick, sono solo alcuni dei grandi passi fatti in questi anni. Oltre al fatto che la sala ospita da 5 anni la premiazione del concorso per cortrometraggi Palashort di cui Valle dell’Oglio Magazine è media partner.

La sala, che può contare su una capienza di circa 170 spettatori, è provvista di un videoproiettore digitale di ultima generazione e di un impianto audio di alta qualità per un’esperienza totalizzante nella visione. Tuttavia, i prezzi dei biglietti sono mediamente più bassi rispetto a quelli di altri cinema della zona, più lontani dalla città e raggiungibili solo con l’automobile. Gli sforzi dei volontari sotto il punto di vista della promozione e della pubblicità sono stati intensi. Ciononostante, ci sono ancora molti palazzolesi che non conoscono la grande proposta che viene offerta ogni settimana dall’Aurora, dove giungono film in prima visione proprio come in tante multisala della zona. Per restare aggiornati di settimana in settimana (le proiezioni sono il sabato sera, la domenica pomerig-gio e sera) basta seguire la pagina Facebook «Cinema Teatro Aurora Palazzolo».

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Sesto anno della rinnovata attività

IL CINEMATEATRO AURORADI PALAZZOLOAPRE UNA NUOVA RICCA STAGIONE

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Ora che il nuovo anno scolastico è ormai ufficialmente iniziato e scorre a pieno re-gime, l’ente Parco Oglio Nord propone un ampio programma di interessanti attività di educazione ambientale rivolte alle scuole di ogni ordine e grado. Alcune di queste sono adatte per tutti i livelli scolastici, come ad esempio Ecosistema Fiume: un percorso per conoscere i complessi ambienti acquatici di pianura; o ancora Il Bosco – Un laboratorio vivente, Buono come il Pane (un laboratorio

didattico per capire il legame tra i diversi cereali e il loro utilizzo nella panificazione) e La Lanca di Acqualunga, ovvero la storia di quella parte del letto del fiume rinata grazie ad un progetto di recupero ambientale del 2010.

Altre attività – come Le avventure di una gocciolina d’acqua e Gli Gnomi del parco – sono invece appositamente dedicate ai bambini delle scuole dell’infanzia e mira-no ad avvicinare i più piccoli al mondo di questa importante risorsa, o a portarli a scoprire il parco insieme ai piccoli custo-di della natura.Indicate per gli alunni della scuola primaria sono invece le iniziative che vogliono far conoscere la natura duranti i mesi dell’anno attraverso giochi e osser-vazioni di flora e fauna (Le Stagioni), quelle inerenti la produzione di diversi colori con foglie, bacche e terra (I Colori della Natura), quelle che parlano della nostra società e dell’importanza delle energie rinnovabili e sostenibili (Energia Sostenibile) e quelle re-

lative ai rifiuti e al ciclo di vita dei prodotti di consumo (Ri–Ciclo). Molto interessanti sono anche gli eventi pensati appositamen-te per gli studenti delle scuole secondarie: tra questi il biomonitoraggio delle acque del fiume Oglio, Le origini della biodiversità ali-mentare e Bioblitz: un progetto che prevede la raccolta dati attraverso la ricerca, l’osser-vazione e la pubblicazione delle immagini raccolte con gli smartphone sulla piattafor-ma digitale iNaturalist.org. Una cornice per il Parco, Il fiume in Musica, Il memory del bosco, La merenda è servita, Animali di carta e Orienteering sono invece i nomi dei tanti laboratori di educazione am-bientale che il Parco Oglio Nord propone ai ragazzi degli istituti scolastici del territorio.

Insomma, il fiume Oglio è un immenso mondo tutto da scoprire: farlo fin da piccoli con i propri compagni di classe è un’espe-rienza formativa e divertente che di certo non può lasciare indifferenti gli studenti di qualsiasi età.

dai territori PARCO OGLIO NORD

Gianluca Suardi.

Natura e IstruzioneLE ATTIVITÀSCOLASTICHE DEL PARCOOGLIO NORDDecine di appuntamenti per tutti i gusti

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valledell’oglio /magazineambiente

#SCATTIDOGLIO: LA NOSTRA SELEZIONELa sezione Instagram del Concorso Fotografico

del Parco Oglio Nord: ecco le foto di questo mese!

alberto_monesi

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dai territori

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/ valledell’ogliomagazinecultura e spettacoliPONTOGLIO

Gianluca Suardi.

FILO ROSSO TRA LA SARDEGNA E LA VALLE CAMONICA

L’arte di Daniele Boi: sculture che parlano della cultura mediterranea

L’Arte con la A maiuscola può nascere ovunque, anche in un piccolo garage a due passi dal cimitero di Pontoglio. È qui, sotto la casa di famiglia, che il giovane scultore Daniele Boi crea le sue bellissime sculture: opere d’arte cariche di passione e di significati, frutto di anni di studi e di ricerche, che stanno riscuotendo un ottimo successo in tutta la provincia di Brescia. Nato sulle rive dell’Oglio trent’anni fa da madre bresciana e padre di origini sarde, Daniele scopre ben presto di voler approfondire la sua passione per l’arte e così si iscrive al Liceo artistico Maffeo Olivieri di Brescia. Nel 2012 si laurea in Scultura all’Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia con un’opera in marmo rosa perlino dal titolo Unione, esposta al centro dire-zionale Tre Torri di Brescia; sempre alla Santa Giulia conseguirà anche la laurea specialistica in Scultura Pubblica Monumentale.

Sono proprio le origini sar- do-lombarde che hanno fin da subito caratterizzato le cre- azioni artistiche di Daniele, che fin dal liceo è andato alla ricerca di un filo rosso che unisse queste località così agli antipodi. «Dopo svariati studi - sostiene il giovane artista pontogliese - sono riuscito a capire che le tracce del Neolitico che si trova-no nell’entroterra sardo (ad esempio a Barumini, dove ci sono i resti del primo nuraghe della storia) si possono mettere in relazione con le incisioni rupestri presenti in Valle Camonica. C’è un forte aspetto magico che unisce le civiltà nuragiche con quelle delle Prealpi ed è ben visibile nei segni, nei simboli e nelle forme che sono presenti in ambedue le culture, che sono dentro ognuno di noi». Un linguaggio comune in tutte le culture del Mar Mediterraneo che nasce da un’unica cultura antica e ancestrale.

Daniele scolpisce vari tipi di materiale: ferro, legno, basalto, pietre arenarie, graniti e marmi di vario tipo, come ad esempio quello di Carrara, quello di Botticino o il Travertino. La scelta del-la materia è alla base della sua arte e ovviamente materiali diversi richiedono metodi diversi di lavorazione. Per trattare questi materiali Daniele utilizza diversi attrezzi del mestiere che ha imparato ad usare dai suoi maestri: tra questi su tutti la mazzetta e la subbia, come facevano gli artisti vecchia scuola, ma anche la bocciarda, il martelletto ad aria compressa e i dischi diamantati. I soggetti che il trentenne preferisce scolpire sono volti, forme, vuoti e figure femminili, come veneri con corpi carnosi e opulenti, ma anche soggetti legati alla spiritualità delle persone come sculture che vivono in ogni spazio.

Durante la sua carriera Daniele ha partecipato a diverse mostre in tutto il territorio brescia-no e nazionale. Nel 2013 ha preso parte al Simposio internazionale di scultura Angelo Zanelli all’istituto Rodolfo Vantini di Rezzato, dove in una sola settimana ha realizzato una scultura in marmo di Botticino. Nel 2016 ha partecipato a Il simposio di scultura del Borom in una cava dismessa di Vezza d’Oglio, e l’anno successivo vi ha partecipato in qualità di giudice. Nel 2017 ha vinto il Premio d’Arte per la categoria Under30 a Sarezzo. Una sua scultura in legno dal titolo Angelo è stata esposta per lungo tempo dentro al Duomo Vecchio di Brescia.

Dal 2018 inoltre Daniele è volontario come maestro d’arte alla cooperativa sociale La nuova cordata di Iseo dove tiene laboratori di pittura e modellato. Ed è proprio questa vocazione per l’insegnamento che sta caratterizzando i progetti futuri del giovane scultore bresciano. «Mi piacerebbe molto continuare la mia strada dell’arte e parallelamente portare avanti il per-corso di insegnamento. Trasmettere la passione per l’arte è un qualcosa che mi dà tantissima soddisfazione».

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cultura e spettacoli

Marina Cadei.

PUMENENGO

SILVANA E MARCOCOPPIA NELLA VITA E NELL’ARTETra chitarra e pianoforte

valledell’oglio /magazine

Silvana Facchinetti e Marco Mainoldi vivono di musica. Da anni, in qualità di docenti e maestri dei relativi strumenti, offrono ai loro numerosi allievi in età scolare e non un approccio innovativo e coinvolgente allo studio della musica.

Silvana, nata a Pumenengo, dopo il diploma di programmatrice meccanografica ottenuto all’Istituto Zanoni di Milano, entra al Conservatorio Statale di Musica Giuseppe Nicolini di Piacenza per studiare chitarra classica con il famoso maestro Mauro Storti: au-tore di molteplici libri considerati testi imprescindibili per migliora-re la tecnica e non solo. Marco, originario di Romano di Lombardia, studia al Liceo Artistico Statale di Bergamo per poi diplomarsi in pianoforte al Conservatorio E. F. dall’Abaco di Verona. Entrambi, da vent’otto anni, impartiscono lezioni pomeridiane dello strumen-to prescelto all’Istituto Ancelle della Carità di Palazzolo sull’Oglio, dove Silvana è da quella data anche docente di musica nelle classi della scuola secondaria di primo grado.

Sposati dal 1991 e genitori di Francesca, vivono a Pumenengo; im-possibile sbagliare abitazione, soprattutto d’estate quando nel cor-tile esterno di Cascina Malpaga si diffondono gli armoniosi suoni del pianoforte a coda o dell’ensemble dei giovani chitarristi che si preparano ai saggi di fine anno della scuola, spesso con repliche nei teatri e nelle chiese dei paesi limitrofi. La scelta del repertorio è sempre accurata ed attuale, da Bach ai Beatles, dalle danze ri-nascimentali alle colonne sonore dei film hollywoodiani, perché la musica è una e la passione per quella classica non esclude l’ascolto

e lo studio di quella contemporanea.

Il sodalizio di Silvana Facchinetti e Marco Mainoldi è anche lavo-rativo: la coppia trascrive e adatta pezzi classici e moderni per più chitarre. Inizialmente, questo sforzo era dedicato soltanto ai propri allievi, ma dal 2002 l’editore Casa Musicale Eco ha pubblicato tre volumi con composizioni trascritte e adattate per le chitarre da Sil-vana e Marco, unitamente a Il ritmo…Primi passi nella musica: il me-todo creato da Marco per avvicinare i più piccoli alla teoria musi-cale in maniera ludica ed efficace nella sua comprensibilità. Proprio il maestro Mauro Storti – nella prefazione al volume di pezzi facili tratti dalla tradizione popolare come il Valzer delle Candele e Oh Su-sanna, affiancati all’Inno alla Gioia di Beethoven e alla Cantata 147 di Bach – elogia il lavoro di Silvana e Marco che «si inserisce in quel percorso di logica e graduale continuità che, pur tenendo in con-siderazione il legittimo piacere di far musica insieme divertendosi, non perde di vista la necessità di una corretta tecnica strumentale in previsione di possibili ulteriori sviluppi».

La musica è quindi depositaria sia di un aspetto d’intrattenimento come alternativa per i ragazzi ad altre forme più deleterie dell’occu-pazione del proprio tempo libero, sia come disciplina che insegna la fatica e l’impegno. Fatica ben nota a Silvana e Marco che a tutt’oggi continuano a studiare per non perdere il contatto con lo strumento: per passione, per amore.

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/ valledell’ogliomagazineenogastronomia

«AL FIENILE»IL TEMPIO DELLA FELICITÀDELLA VALLE DELL’OGLIO

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enogastronomia

Che cos’è la felicità? Secondo una recente indagine, condotta in occasione della Giorna-ta Mondiale intitolata a questa emozione, non v’è dubbio alcuno: per metà degli intervistati, la felicità è una pizza margherita!

DOVE TI PORTA IL GUSTO In Italia oggi esistono circa settantacinquemila pizzerie. Di queste, meno di un migliaio rientrano nella prestigiosa Guida del Gambero Rosso: lume di riferimento per tutti gli appassionati del disco di pa-sta più celebre al mondo che, in occasione della sua ultima presen-tazione avvenuta a Napoli lo scorso 23 settembre, ha confermato la pizzeria Al Fienile di Palazzolo sull’Oglio come uno degli indirizzi imperdibili nel nostro Paese in cui degustare una pizza di massima eccellenza.

Bisogna dunque avventurarsi in quel di Palazzolo alla scoper-ta di un progetto speciale: quello nato dall’idea di Paolo Ghidi-ni, autore di un’iniziativa nata nel 2013 grazie a passione, ricer-ca ed esperienza. Elementi carichi di vita che spronano quello che sino ad allora era un affermato manager dell’industria tes-sile ad abbandonare una carriera ormai giunta ad altissimi li-velli per seguire il proprio cuore e, soprattutto, il proprio gusto. RICERCA, DEDIZIONE, TEMPO Ed è così che – all’età di cinquantasei anni – Paolo ini-zia ad assecondare e a intraprendere la sua rinascita, ab-bandonando la via della seta a favore della via della pizza. Visita piccoli produttori biologici in giro per l’Italia, in un momento storico in cui in pochi ancora conoscono il significato di Slow Food e in cui termini come eccellenza e territorio non fungono da slogan

diffusi. Si avvicina all’arte dell’impasto, documentandosi e facendo proprie le tecniche che – col passare del tempo – mutano e si per-fezionano, plasmando di giorno in giorno un prodotto sempre più vicino a quello che era la sua ambizione: una pizza buona, digeri-bile e unica nel suo genere, risultato di incessanti sperimentazioni, inesauribile ricerca e una pazienza inenarrabile, che si traduce tra l’altro in oltre 72 ore di maturazione degli impasti, realizzati grazie una selezione di grano di tipo 1 semi integrale, prodotta apposita-mente sulle sue esigenze dal Molino Belotti.

IL DISCO DEL SORRISO Il risultato? Un menù in cui vivono una trentina di proposte e a cui vanno ad aggiungersi cinque pizze fuori carta ogni mese. Tra queste, la Pizza dell’Alleanza: disco di pasta intitolato a Slow Food (a cui vengono devoluti 2 euro del ricavato) e interpretata dall’Alle-anza Slow Food dei Cuochi, di cui Ghidini rappresenta un importante esploratore. Una pizza in cui vengono resi protagonisti un paio di presidi Slow Food declinati secondo l’estro del pizzaiolo. Eccellente quella realizzata con pecorino fiore sardo DOP, lonzino di fico e filetto lardato di suino nero: una pizza che, per dirla con Ghidini, «crea dipendenza» e che si assicura il podio tra le pizze migliori di sempre, grazie a un accostamento indovinato e a un sapiente bilan-ciamento dei sapori che - oscillando tra dolce, salato e giusta aci-dità - consacrano questa creazione come “meritevole del viaggio”. Altrettanto imperdibile la Capitanata: una pizza realizza-ta con crema di pomodorini secchi bio delicatamente piccan-ti e mozzarella fior di latte biologica che, allo sforno, si arric-chisce di ciuffi di stracciatella pugliese, pomodorini semi dry e gocce di basilico. Un esempio tangibile di come, spingendo sull’acceleratore del gusto, Ghidini riesca a dare il meglio di sé.

Stefania Buscaglia.

PALAZZOLO

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enogastronomiaUn percorso votato alla qualità in cui l’esaltazione di prodotti bio-logici, DOP e IGP è il fulcro del progetto: lo racconta la delicatezza della Kinara, realizzata con crema di carciofi e fiordilatte biologica a cui – una volta sfornata – viene aggiunto un prosciutto cotto DOC d’Allava cotto al vapore a bassa temperatura, e cuori di carciofi; così come le differenti declinazioni della margherita che attraver-so l’accostamento di pochi elementi di grande eccellenza ci mo-stra come la qualità dipenda spesso da piccoli importanti dettagli. Un’esperienza completa che consacra Al Fienile come una delle mi-gliori pizzerie della provincia di Brescia (e non solo) e che localizza in questo luogo speciale il tempio della felicità della Valle dell’Oglio.

Per leggere l’intervista completa e scoprire tutte le curiosità sul Al Fienile, leggi l’articolo completo su valledellogliomagazine.com

Stefania Buscaglia www.mangiaredadio.it

Photo credits © Lucio Elio

enogastronomiaPALAZZOLO / valledell’ogliomagazine

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chi viene...

Luca Bordoni.

Dal Burkina Fasoper amore

ALEX, MARITOE PADRE FELICEHA LASCIATO L’AFRICAPER GEMMA

PALAZZOLO

L’amore porta a sfidare tutto e a vincere su tutto: sulle difficoltà, sulla burocrazia e sulla nostalgia verso la propria terra. È stato pro-prio l’amore a muovere l’animo di Alexan-dre Nana, 39enne originario del Burkina Faso, giunto in Italia nell’ottobre 2014 dopo essersi sposato con la sua dolce metà, la dottoressa palazzolese Gemma Cattaneo. Abbiamo incontrato Alex nella sua nuova casa che condivide, oltre che con Gemma, con la dolce figlia Elisa, di quattro anni. L’impegno nella pur difficoltosa integrazio-ne nella nostra società e il grande desiderio di dedicare l’esistenza alla propria famiglia e all’aiuto degli altri è evidente, tra sorrisi e dichiarazioni di affetto verso una Nazione che ora è la sua casa. Del resto, per Alex questa non è che l’ennesima sfida in una vita che lo ha messo spesso a dura prova.

Com’era la tua vita prima di incontra-re Gemma? Sono nato nel 1981 e cresciuto a Ougadou-gou, la capitale del Burkina Faso: un posto bellissimo che è sempre nel mio cuore. Ero il secondo di sei fratelli e mio padre era un dentista. Ancora adolescente, ho purtrop-po perso mio padre per una tubercolosi che

aveva probabilmente contrat-to da qualche paziente. Io avevo studiato anche in un primo ciclo di scuole superio-ri, ma ho dovuto lavorare per mantenere i miei quattro fratelli minori. Negli anni suc-cessivi ho lavorato come infermiere all’o-spedale Saint Camille della mia città e l’ho fatto con grande passione e dedizione.

Poi è arrivato l’incontro che ha cambiato la tua vita… Già. Ho conosciuto Gemma proprio in ospedale. Lei è una pediatra e stava svol-gendo un progetto in Burkina Faso per lo studio delle malattie tropicali nei bambini. Ricordo benissimo quei momenti: era il 2011 e il nostro amore è cresciuto di giorno in giorno. La nostra unione è diventata spe-ciale e nel gennaio 2013 ci siamo sposati in Africa. È stata una giornata meravigliosa, condita da tanti parenti e amici italiani che sono venuti per l’occasione e hanno parte-cipato ad un matrimonio burkinabè. Anche noi siamo cattolici, ma la cerimonia e la fe-sta è molto differente dalle usanze italiane. Come sei arrivato in Italia? La nostra idea era quella di rimanere in

Burkina Faso per continuare un proget-to con un’organizzazione internazionale, creare una nostra famiglia e vivere a Ou-gadougou. Desideravamo un figlio più di ogni altra cosa, ma abbiamo riscontrato alcuni problemi là. Siamo tornati in Italia e finalmente Gemma è rimasta incinta. Qui mi sono reinventato. La mia istruzione afri-cana non veniva riconosciuta e ho dovuto addirittura fare la terza media, poi un corso ASA e uno OSS. Ora lavoro come assisten-te domiciliare per anziani, malati e disabi-li. Mi piace molto e cerco di dare tutto me stesso per fare il mio lavoro al meglio.

Come ti trovi a Palazzolo? Hai mai nostalgia del Burkina Faso? Mi piace stare qui. Ho un ottimo rapporto con tutti e allo stesso tempo non incontro mai persone invadenti o che mi mettono a disagio, anzi. Finora ho trovato persone molto rispettose ed educate. Il mio Paese mi manca, non posso negarlo, ma a Palaz-zolo ho riposto le mie valige e qui ho la mia famiglia. In più, nel tempo ho conosciuto molte persone che provengono dall’Africa occidentale come me. Ovviamente non tutto è perfetto nemmeno in Italia: la bu-rocrazia, per esempio, è terribile. In ogni caso, continuo ad amare il mio Paese, che è sempre nel mio cuore. Certo, diciamo che abbiamo alcuni problemi con le ingerenze ex-coloniali. Conoscete la storia di Thomas Sankara, il nostro eroe nazionale, ucciso perché voleva aiutare la nostra gente? Lo consiglio a tutti.

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... chi vaPALAZZOLO

Gianluca Suardi.

C’è un giovane palazzolese che dal 2013 ha fatto di Sydney la sua nuova casa e della Fisica quantistica il suo pane quotidiano. Lui si chiama Andrea Tabacchini, si è da poco trasferito a Manly, uno dei quartieri più affascinanti della città, e attualmente lavora per una start–up australiana ad un progetto fondamentale per lo sviluppo del-le automobili a guida autonoma.

Nato a cresciuto nel quartiere di San Giu-seppe – dove fino ai 15 anni gioca a tennis a livello agonistico seguendo le orme del fratello Alessandro e spinto dalla grande passione di papà Bruno – nel 2013 deci-de di trasferirsi nella soleggiata e rilassata città australiana, tra spiagge da sogno e studi universitari. «Per quattro anni ho se-guito un Dottorato di ricerca in Fisica alla Macquarie University di Sydney – raccon-ta il palazzolese classe 1985 –. Ho passato tantissimo tempo in laboratorio ad allinea-re laser, ottiche e rivelatori e questo mi ha permesso di apprendere capacità pratiche molto ricercate nel mondo delle start–up».

Nel 2017, dopo aver presentato la sua tesi di Dottorato, ha lavorato quattro mesi

come Lettore, insegnando Fisica a una classe di venti studenti: esperienza che già aveva assaporato durante gli anni del Dot-torato facendo da esercitatore e assisten-te di laboratorio agli studenti universitari più giovani. Quindi approda a Baraja, una start–up australiana che lavora allo svilup-po del LIDAR: una sorta di camera 3D che crea in tempo reale mappe tridimensio-nali dell’ambiente circostante e che sono l’anello mancante per abilitare i veicoli senza pilota. «Siamo una piccola realtà in forte espansione che in questo ambito va a scontrarsi con colossi come Google, Apple, Ford, Renault. È una concorrenza pazzesca, ma molto stimolante; è un ambiente dina-mico che mi permette di mettere in pratica le skills che ho imparato durante il mio dot-torato».

E pensare che la sua carriera scolastica era iniziata in tutt’altra direzione. «Dopo aver frequentato l’Itis di Palazzolo, decido di iscrivermi alla Facoltà di Astronomia all’U-niversità di Bologna, dove ho vissuto tre anni stupendi. Dopo un anno sabbatico a Londra, ho deciso di cambiare ulteriormen-te e di iscrivermi al corso di Laurea specia-

listica in Fisica Nucleare a Milano, dove nel 2012 ho presentato la tesi magistrale in Ottica quantistica».

Trasferirsi dall’altra parte del mondo non è stato affatto facile per il giovane palazzo-lese, almeno nel primo periodo. «All’inizio ho avuto un rigetto, non volevo stare qui perché non volevo staccarmi dal mio modo di vivere e perdere le mie amicizie. Per i primi sei mesi ho fatto molta fatica ad am-bientarmi anche in università anche per via della lingua». Poi pian piano Andrea ha avu-to modo di essere più sicuro di sé sia con l’inglese, sia nel rapporto con la città. «Sy-dney è fantastica, ha tanti aspetti positivi, le spiagge sono bellissime, lo stile di vita è molto rilassato e ti permette di conoscere tante culture diverse e di stringere amicizie con gente da tutto il mondo».

Oggi sono numerosi i progetti che il 34enne palazzolese ha nel cassetto: «Da un lato mi piacerebbe continuare a lavorare per que-sta start–up in così grande espansione e che ha uffici in America e a Shanghai e pre-sto potenzialmente anche in Europa, dall’al-tro lato mi piacerebbe tornare nel Vecchio Continente il prima possibile per potermi avvicinare alla famiglia e agli amici».

Non possiamo sapere se Andrea riuscirà a realizzare questi suoi due obiettivi, ma sia-mo sicuri che in ogni caso gli andrà benis-simo, o come amano dire gli australiani: No worries, mate, she will be right!

In Australiaper passione

ANDREA,FISICO QUANTISTICOPER I VEICOLISENZA PILOTA

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«L’unico, vero obiettivo che ho in testa è quello di migliorarmi, sem-pre». Inizia così la chiacchierata con Elena Carraro, velocista classe 2001 della società Atletica Brescia 1950 ISPA Group, che a febbra-io 2019, ad Ancona, si è laureata campionessa italiana Junior sui 60 metri ad ostacoli indoor.

Un amore, quello per l’atletica leggera, iniziato non troppo presto, ma cresciuto nel tempo, come racconta la stessa atleta bresciana, la cui famiglia è originaria di Palazzolo sull’Oglio. «Da piccola facevo ginnastica artistica. Poi ho provato anche altri sport. Mi sono avvi-cinata all’atletica ai tempi della scuola media, forse influenza-ta da mia madre. Ma devo ammettere che la vera passio-ne è nata qualche anno più tardi. E, diciamo dal 2015, hanno iniziato ad arrivare i primi risultati importanti».

Naturale quindi chiedersi anche se il passaggio alla corsa ad ostacoli abbia rappresentato una svolta nella carriera di Elena. «Venivo dalla velocità ed avevo già provato anche il salto in lungo. È stato un passag-gio suggerito e concordato con il mio allenatore, Andrea Uberti, che mi conosce e segue da sem-pre. È sicuramente una specialità in cui mi trovo bene, anche a livello di coordinazione». Risultati e successi che hanno permesso alla forte ostacolista di entrare da circa un anno nel giro della Nazionale italiana, con gare e raduni in maglia azzurra: un traguardo non di poco conto, soprattutto in vista dell’imminente appuntamento con i Campiona-ti Mondiali Indoor che si terranno a Nanchino, in Cina, nel prossimo mese di marzo. «Gareggiare con

la maglia azzurra è una sensazione bellissima e anche strana: ti fa sentire più responsabile. Ai Mondiali spero di esserci ed ottenere un risultato migliore di quello ottenuto agli ultimi Europei, che mi hanno lasciata poco soddisfatta».

Atletica, sport, ma non solo per Elena che si definisce «una ragazza con la testa sulle spalle» ed inizia già a pensare al futuro. «Frequen-to il Liceo Artistico a Brescia e credo di essere abbastanza brava nel riuscire a conciliare l’impegno sportivo con quello scolastico. A breve inizierò l’ultimo anno di liceo e poi all’Università: ho un anno per decidere cosa fare».

Per chiudere, infine, la domanda delle domande, quella sul suo so-gno nel cassetto: «Chiunque faccia atletica sogna, almeno

una volta, di partecipare alle Olimpiadi. Se un paio di anni fa avessi immaginato di diventare

campionessa italiana mi sarei data io stessa della pazza: adesso il mio sogno è quello di entrare a far parte di un gruppo sportivo per fare dell’atletica il mio lavoro».

Simone Rocchi.

CAMPIONESSA JUNIORAD OSTACOLI

ELENA,A SOLI 18 ANNIARTISTA DELLA VELOCITÀIN MAGLIA AZZURRA

photo credit:© Brazzale

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ORZINUOVI

Gianluca Suardi.

sport

ASTRO DELLE ARTI MARZIALI MISTE

RISPETTOPER L’AVVERSARIOE GRANDECONCENTRAZIONE:ECCO LEMOSSE VINCENTIDI ADRIANA

La grande grinta e la continua voglia di rimettersi in gioco hanno fatto della orceana Adriana Fusini una campionessa internaziona-le di arti marziali miste. L’atleta 31enne di Barco di Orzinuovi nel mese di maggio a Odessa, in Ucraina, ha infatti vinto la Coppa del Mondo WMMAF nello Shoot–Boxe, una versione più soft, ma non meno tecnica, della più famosa Mixed Martial Arts, disciplina in cui si fondono le varie arti marziali con gli sport di combattimento. «È stata una vittoria totalmente inaspettata – ha commentato la lottatrice bresciana –. Era la mia prima volta in un evento estero così importante portando i colori della Nazionale italiana e non sa-pevo bene come approcciarmi alla gara, ma è andata alla grande. Ci tengo molto a ringraziare la Superbia Management, il Mixed Martial Pro Team Kbjjs, il mio coach Massimo Ferretti e il Gameness Fight Team senza i quali non avrei mai raggiunto questi risultati».

E pensare che la carriera di Adriana nel mondo degli sport da combattimento è iniziata quasi per scherzo: «Qualche anno fa decisi, insieme a delle amiche, di partecipare per divertimento a un corso di difesa personale: da quel momento in poi ho iniziato ad ap-passionarmi e quattro anni fa ho iniziato a praticare Kick Boxing a Brescia». Con i primi calci e pugni sul ring sono iniziate subito anche le prime vittorie; già al primo anno di contatto leggero Adriana si è classificata seconda ai Campionati italiani delle Cinture basse per poi passare già all’anno successivo al contatto pieno dove nel 2018 ha vinto i Campionati regionali, il Criterium e si è classi-ficata seconda ai Campionati nazionali. «E quella è una sconfitta che brucia un sacco ancora adesso», ammette la guerriera orceana.

Sono proprio la sua mentalità vincente e la voglia di com-battere che l’hanno portata, nel novembre del 2018, a fare il grande passo e a cominciare ad allenarsi per poter com-petere nelle Arti Marziali miste. «È stato un passaggio difficile perché ho dovuto integrare le mie capacità di kick

boxer con la lotta a terra e il wrestling – rivela Adriana –. Ma sono felicissima di essere entrata in questo mondo completamente nuo-vo per me, che mi permette di combattere più spesso e con avver-sarie di alto livello». La prima gara internazionale di MMA è stata ad aprile 2019 con la lottatrice portoghese Diana Tavares, ed è finita in pareggio. «Ricordo che è stato un match molto emozionante e adrenalinico, in cui abbiamo puntato tutto sulle mie basi avendo iniziato ad allenarmi sulle altre tecniche di lotta solo poco tempo prima».

Nel mese di maggio a Livorno, Adriana – il cui record ufficiale di MMA è di due vittorie e un pareggio – si è tolta anche l’immen-

sa soddisfazione di vincere la cintura di Campionessa italiana Pro nello Shoot Boxe.

Attualmente Adriana si sta allenando molto duramente in palestra tra Soncino e Lonato, in vista del suo prossimo

incontro che, forse, si svolgerà nel mese di novembre. Ed è proprio sul tatami di queste due palestre di provin-cia che tanti giovani e giovanissimi aspiranti lottatori

iniziano ad approcciarsi a queste discipline: ecco perchè la campionessa orceana ci tiene molto a sfatare il mito che la Kick Boxe o l’MMA siano

solamente delle discipline estremamente violente. «Anzi, sono sport che consiglierei a tutti, anche a ragazzini e ragazzine, perché sono discipline che ti insegnano un grande rispetto per l’avversario e a mantenere sempre alta la concentrazione fisica e mentale. Inoltre ti fanno sfogare e distrarre e personalmente quando combatto e mi alleno mi diverto anche molto».

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Werner Herzog

agenda.

Alle 21.00 nella sala civica del cen-tro culturale di via Roma Michele D’Aquila (letture) e Alberto Vivenzi (musiche) proporranno uno spetta-colo dedicato al racconto autobio-grafico di Werner Herzog Il viaggio di Werner. Ingresso libero.

18

ottobre2019

Sostenibilità

Alpinismo

Al Salone Marchettiano alle 21.00 incontro con Aldo Ungari, vincitore del Premio Microeditoria di Qualità, coordinato da Cogeme e L’Impronta. Ungari, autore bresciano, dialogherà con Paolo Festa sul tema della sal-vaguardia del pianeta.

Per la rassegna bibliotecaria Nelle Terre dell’Ovest 9, alle 20.45 il Teatro Sociale ospita Federico Bario e Luca Radaelli che proporranno un incon-tro in ricordo di Walter Bonatti, uno dei più grandi alpinisti di sempre ve-nuto a mancare di recente.

17.

22.

19 Palazzolo

24Chiari

Cibo di Strada

Nel piazzale Giovanni XXIII tre giorni di Eatinero, seconda edizione palazzolese del festival di cibo di strada con pietanze di qualità, in-trattenimento e musica dalle 18.00 a mezzanotte. Birra artigianale, bar su due ruote, musica e animazione.

6-17.

4-6Palazzolo

agenda del territorio

HalloweenL’associazione culturale Ombre d’Arte organizza dalle 18.00 alla mezzanotte l’evento Soncino Hal-loween alla Rocca. Un evento spa-ventoso interamente dedicato a streghe, vampiri e a tutto ciò che gira intorno a questa notte oscura. Anche l’1 novembre.

31Soncino

Uragod’Oglio

Wu Ming 2

Per la rassegna bibliotecaria Un libro, per piacere, alle 21.00 a Palazzo Fenaroli di Rudiano Paolo Festa dialogherà con Wu Ming 2, pseudoni-mo del bolognese Giovanni Cattabriga, in un incontro dal titolo La via del sentiero. per una prosa etica del pellegrinaggio, in cui lo spirito dei camminatori di un tempo sono un’esortazione per noi, camminatori di oggi.

10 Ottobre Rudiano

Giobbe Covatta

Tra i più noti comici italiani, Giobbe Covatta farà tappa al Teatro Junior di Sarnico in una serata organizzata dalla Pro Loco con il patrocinio del Comune di Sarnico. La divina commediola, questo il titolo dello spet-tacolo, sarà un reading con commento de l’Inferno tratto dalla Divina Commedia di Dante, che per Covatta diventa, in chiave comica, Ciro Alighieri.

12 Ottobre Sarnico

Rinascimento Culturale

Dopo il successo dei tre appuntamenti di settembre con Pierluigi Ros-si, Emanuele Severino, Umberto Galimberti e Vito Mancuso, il festival Rinascimento Culturale si conclude con un evento che vedrà ospiti, alle 21.00 nell’auditorium San Fedele, Pierluigi Rossi e Patrizio Roversi, che discorreranno intorno al tema della buona salute.Ingresso libero.

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