panca - biomeccanica avanzata - parte 2

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1 Panca - Biomeccanica avanzata – Parte 2 Nell’ultimo articolo ci eravamo lasciati con questo schema bidimensionale: Ribadisco che questo è un modello, una semplificazione della Realtà che fa comodo per ottenere risultati “spendibili” senza perdersi in conti astrusi e incasinatissimi. Ma… non è la Realtà! Altrimenti si rischia di dire un sacco di fesserie. Il deltoide e il pettorale sono due muscoli carnosi veramente grandi, provate a immaginare di sezionarveli e di metterli sulla gratella: verrebbero fuori due discrete bistecchine, perciò modellarli come due semplici stantuffi è alquanto riduttivo. Mi spiace distruggere le certezze di molti che pensano esistere i pettorali interni ed esterni ma… questa è una affermazione alquanto bizzarra: il pettorale è uno spesso muscolo di forma triangolare con le fibre che convergono in un robustissimo tendine che si inserisce sull’omero. Le fibre si contraggono secondo la legge del tutto o niente, non è possibile farne contrarre una parte, magari quella “interna” cioè vicina allo sterno per ottenere quelle tette separate da quel solco che ci fa tanto impazzire anche se alle donne non frega una (beep)45Kg 45Kg 45Kg 45Kg 45Kg 45Kg Forza del pettorale Forza peso 10 10 Ton Ton Forza del deltoide Vediamo adesso… Fibre addominali Deltoide anteriore Grande pettorale Fibre sternali Fibre clavicolari Deltoide laterale

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Page 1: Panca - Biomeccanica Avanzata - Parte 2

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Panca - Biomeccanica avanzata – Parte 2

Nell’ultimo articolo ci eravamo lasciati con questo schema bidimensionale:

Ribadisco che questo è un modello, una semplificazione della Realtà che fa comodo per ottenere risultati “spendibili” senza perdersi in conti astrusi e incasinatissimi. Ma… non è la Realtà! Altrimenti si rischia di dire un sacco di fesserie.

Il deltoide e il pettorale sono due muscoli carnosi veramente grandi, provate a immaginare di sezionarveli e di metterli sulla gratella: verrebbero fuori due discrete bistecchine, perciò modellarli come due semplici stantuffi è alquanto riduttivo.

Mi spiace distruggere le certezze di molti che pensano esistere i pettorali interni ed esterni ma… questa è una affermazione alquanto bizzarra: il pettorale è uno spesso muscolo di forma triangolare con le fibre che convergono in un robustissimo tendine che si inserisce sull’omero. Le fibre si contraggono secondo la legge del tutto o niente, non è possibile farne contrarre una parte, magari quella “interna” cioè vicina allo sterno per ottenere quelle tette separate da quel solco che ci fa tanto impazzire anche se alle donne non frega una (beep)…

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Forza del pettorale

Forza peso

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Forza del deltoide

Vediamo adesso…

Fibre addominali

Deltoide anteriore

Grande pettorale

Fibre sternali

Fibre clavicolariDeltoide

laterale

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Viceversa, come rappresentato nel disegno semplificato qua sopra, è possibile suddividere il pettorale in tre regioni: le fibre addominali che si inseriscono sulle costole e sulla parte inferiore dello sterno, quelle sternali ancorate allo sterno, infine le clavicolari che sono agganciate alla clavicola e scorrono sotto il deltoide.

Ho iniziato ad informarmi di queste cose a seguito dell’infortunio che ho avuto: io non ho più le fibre clavicolari del pettorale sinistro, ma inizialmente pensai di essermi strappato il deltoide perché sentii il crack in quella zona.

Esteticamente, la forma “a palla di cannone” del deltoide è dovuta anche alla presenza di queste fibre che premono questo muscolo da sotto: un aspetto poco notato quando si osservano gli Atlanti di Anatomia è che la cassa toracica termina molto più in basso rispetto all’estremita distale della clavicola, quella vicina all’omero: tutto questo spazio è riempito per una buona parte proprio dal pettorale clavicolare che costituisce una sezione estremamente importante dell’intero muscolo perché, come vedremo a breve, è quella che contribuisce alla flessione dell’omero per quasi tutta la sua traiettoria.

Non deve stupire questo tipo di divisione perché è solo una nostra forma mentale che ci porta a pensare al pettorale come ad un muscolo unico mentre al deltoide come ad un muscolo formato da tre capi, anteriore, laterale, posteriore quando l’inserzione sull’omero è unica!

Un muscolo è infatti controllato da un unico nervo, ma all’interno del nervo scorrono milioni di assoni che controllano decine di milioni di placche motrici, perciò nei muscoli grandi è sicuramente possibile (infatti accade proprio così) la contrazione di parti muscolari diverse.

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capo indiano…

Augh!

Sembra un capo indiano…

Augh!

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Fibre clavicolari

Fibre sternali Fibre addominali

Deltoide anteriore

Deltoide laterale

Fascio 11

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Fascio 3

Fascio 1

Fascio 9

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Fascio 3

Fascio 1

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In un raptus di follia meccanica trasformiamo come nei disegni precedenti il nostro modello con due soli pistoni in qualcosa concettualmente identico ma con un numero maggiore di elementi: ogni pistoncino darà il suo contributo alla rotazione del pettorale, a simulare il comportamento dei fasci muscolari.

Il modello potenziato tiene conto della suddivisione dei muscoli in compartimenti diversi e per ogni compartimento è presente una ulteriore suddivisione in più fasci muscolari: nel modello ne vengono utilizzati 11 a muscolo. A sinistra nel disegno una rappresentazione di alcuni fasci per dare un’idea di come questi “tirino” l’omero in avanti e in dentro.

Il procedimento di calcolo è analogo a quello precedente per i due pistoni, solo che qua ce ne sono di più e devono essere minimizzate contemporaneamente molte più forze. Ma tanto, mica li facciamo noi questi calcoli!

Prendendo a prestito un motto di un mio amico, “a noi questi disegni ci fanno una sega!”, oramai abbiamo capito che i grafici sono nostri amici e non dobbiamo averne paura!

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In alto a sinistra lo scheletro che fa la panca, nel solito attimo in cui pettorale e deltoide contribuiscono allo stesso modo alla rotazione dell’omero, a destra il nuovo modello in azione, con tutti i fascetti muscolari.

Ad una data rotazione dell’omero i fasci del pettorale si troveranno angolati in maniera differente rispetto all’omero stesso: i fasci più a destra saranno in condizione di esercitare forza in maniera peggiore rispetto a quelli a sinistra. Con altre parole, la componente di forza perpendicolare all’omero dei fasci a destra è inferiore rispetto ai fasci a sinistra. Il grafico centrale sinistro rappresenta proprio quanto descritto: notate come il contributo del fascio 11 sia ben più ridotto rispetto a quello del fascio 1.

Il grafico centrale destro rappresenta invece le forze generate da ogni fascio del pettorale. Per semplicità non ho riportato i grafici per i fasci del deltoide ma il ragionamento è analogo.

In basso il risultato finale: a sinistra si vede come il contributo delle forze perpendicolari sia dato dalla somma di tutti i contributi, a destra come le forze muscolari dei due muscoli siano date dalla somma di quelle di tutti i relativi fasci.

Bene, yeah! Nice! Cool! Abbiamo ottenuto delle curve simili a quelle con due pistoni: questo un po’ ci conforta, grosse cazzate non ne avremo fatte, ma… che ci dicono queste nuove curve? Mettiamo a confronto le vecchie con le nuove:

Notate come la curva della forza del deltoide in funzione dell’angolo dell’omero sia più “dolce” nella versione a più pistoni rispetto a quella a due soli: il deltoide inizia a dare il suo contributo già a -45° di inclinazione, mentre con due pistoni la sua azione inizia a -17° incrementandosi in maniera più decisa. Analogamente, il pettorale decrementa la sua azione a 80° mentre con due pistoni si ferma a poco più di 65°.

Questo è un primo esempio di utilizzo di un modello muscolare che tenga conto della dimensione e della forma dei muscoli: una conclusione interessante è che muscoli molto grandi, i cui fasci convergono in un unico punto d’inserzione, permettono un controllo su una escursione articolare molto ampio e molto graduale, senza “scatti”.

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Le tre strisce qua sopra mostrano come contribuisce il pettorale alla fase concentrica di una alzata di panca: l’omero ruota ma fino al parallelo con il terreno tutti i fasci del pettorale si trovano in condizioni ottimali per esercitare una buona trazione, poi passato il parallelo il contributo del pettorale inizia a decrementare mentre aumenta quello del deltoide.

I fasci del pettorale che esercitano forza con una leva svantaggiosa, rispetto alle altre presenti in un dato istante, vanno a disattivarsi altrimenti dovrebbero generare troppa forza, consumando energia inutilmente: meglio potenziare la contrazione dei fasci che invece possono “tirare” in maniera più efficiente!

Più l’omero ruota, più i fasci addominali inferiori si trovano in condizioni svantaggiose per esercitare trazione e perciò smettono di contrarsi, mentre quelli sternali e clavicolari continuano nella loro azione!

Fascio 9

Fascio 11

Fascio 7

Fascio 5

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Fascio 1

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In queste altre strisciate il fenomeno iniziate nella fase precedente raggiunge adesso il suo apice: quando l’omero “passa” un fascio del pettorale facendolo rimanere “davanti”, il fascio non può più contribuire alla rotazione, perciò viene “spento” e la forza del pettorale decrementa.

Sono i fasci del pettorale clavicolare contribuiscono alla rotazione fino quasi al completamento dell’alzata, insieme al deltoide che è in questa fase assolutamente determinante.

The sticking point region!

Adesso, una precisazione: ho usato il termine “disattivarsi” per indicare che in un certo punto della traiettoria alcuni fasci non sono più contratti. Questa considerazione è sicuramente vera per il modello proposto, ma… il modello non è la Realtà!

Fascio 5

Fascio 3

Fascio 1

Fascio 9

Fascio 7

Fascio 5

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In una vera esecuzione di panca c’è la terza dimensione, pertanto se un fascio non contribuisce alla flessione del femore e all’elevazione del bilanciere, è comunque necessario per mantenere l’adduzione, altrimenti l’omero si potrebbe allontanare dal torace ruotando anche verso l’esterno oltre che in alto.

Quello che accadrà è che i fasci saranno sempre più o meno attivi, in un delicato equilibrio fra quelli che servono per far flettere e addurre l’omero e quelli che lo fanno solo addurre. La panca è così un movimento estremamente complesso in cui vengono coinvolti non solo moltissimi muscoli, ma anche parti muscolari differenti, il tutto sotto carico.

Vi ricordate il grafico della velocità della panca? Quello dove ad una certa altezza il bilanciere rallentava? Incredibilmente, lo sticking point, il punto debole dove falliscono moltissime alzate è proprio all’altezza in cui nel nostro modello il deltoide prende il sopravvento sul pettorale.

Per correttezza, preciso che non ho le evidenze sperimentali per supportare con dei fatti ciò che dirò, ma io credo che la spiegazione sia plausibile e, se non altro, fornisce una spiegazione coerente di ciò che accade ed è in linea con i modelli di squat e stacco che utilizzano argomentazioni simili.

Il grafico seguente descrive il modello di spiegazione.

In un punto della traiettoria esiste uno svantaggio meccanico duplice: il muscolo che sta agendo come motore primario, il pettorale in questo caso, si trova ad agire con una leva sempre più svantaggiosa, l’altro muscolo coinvolto nel movimento produce forza con una leva che non è ancora così vantaggiosa da compensare la carenza dell’altro, perché questo accadrà solo in una successiva fase del movimento.

Si crea perciò una situazione transitoria in cui deve necessariamente esserci il passaggio da uno schema motorio in cui viene usato principalmente un muscolo a uno in cui ne viene utilizzato un altro, in un punto dove entrambi i muscoli sono in una situazione di svantaggio.

Tutto questo sotto carico e con la necessità sia di stabilizzare l’articolazione della spalla per non far lussare l’omero, sia di mantenere le corrette

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Compito complesso per il SNC

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Svantaggio meccanico

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Sticking Point Region

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angolazioni delle ossa coinvolte per non far ad esempio scappare il gomito da sotto la mano: devono contrarsi altri muscoli in aggiunta a quelli del movimento primario!

Questo è un compito veramente complesso per il sistema nervoso che va in crisi e non riesce a mantenere i livelli di produzione di forza: meno forza muscolare per compensare la forza peso del bilanciere et voilà, la velocità del bilanciere rallenta!

Chiaramente questo rallentamento non è in un punto unico della traiettoria, ma in una fascia di punti: si “entra” in questa fascia quando il pettorale inizia a perdere colpi, se si riesce a mantenere il controllo del movimento si “esce” dalla fascia dato che il bilanciere si innalza quanto basta perché il deltoide possa far proseguire il movimento.

Questa fascia è la sticking point region, la regione del punto debole!

Per quanto non dimostrabile sperimentalmente, la spiegazione è, ripeto, coerente. E nuova. E’ il mio contributo alla causa: sono convinto che in qualsiasi movimento in cui si ha il passaggio da uno schema motorio ad un altro esiste una regione di questo tipo. Nel lento in piedi ad esempio è chiaramente percepibile una altezza in cui il bilanciere arranca, per poi riprendere sparato la sua corsa verso l’alto!

Nel prossimo articolo vedremo come, con l’adduzione delle scapole, sia possibile spostare più verso l’alto lo sticking point. Anche in questo caso il modello proposto spiega ciò che succede, perciò vi prego di dargli una chance.

(continua)