passi erratici 2015 - cervino

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Pass Da avere con sé per trovare e capire le opere esposte, conoscere gli artisti che le hanno realizzate, visitare i luoghi e leggere le storie della Valtournenche

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The second edition of Passi Erratici took place from July 10th to September 21st at the Turin Nation Mountain Museum. The works exhibited were conceived after a residency in Breuil-Cervinia.

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Passi

Da avere con sé per trovare e capire le opere esposte, conoscere gli artisti che le hanno realizzate, visitare i luoghi e leggere le storie

della Valtournenche

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Passi Erratici

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2 Il lavoro di Vittorio è dedicato alle marginalità sia geografiche che sociali. In questo caso la marginalità è soprattutto tempora-le. Questi scatti sono stati realizzati tra inizio e fine maggio, nel periodo in cui la montagna cambia pelle. In questo mese l’am-biente non è attraente per il turismo perché tutto ha un senso di precarietà che corrisponde ben poco all’idea familiare che abbiamo della montagna popolata, pulita e profumata nel bianco dell’inverno o nel verde dell’estate.

In questo limitato limbo temporale gli alberghi e i bar sono de-serti, le piste da sci sono chiuse, le seggiovie sono mosse solo dal vento, la neve si scioglie creando pantani e rivelando l’erba bruciata dal gelo mentre più in basso i prati riprendono vigore e si riappropriano degli spazi (parcheggi, monumenti, campi da tennis, sentieri) da cui a breve saranno costretti a scomparire sotto le lame delle falciatrici, i pneumatici delle automobili e le suole dei turisti e degli escursionisti. È anche il momento per i lavori di manutenzione: si riparano ponti e strade, si mettono in sicurezza le frane, si disgaggiano i blocchi e le lastre di roccia pericolanti, si tagliano gli alberi spezzati dalla neve.

Per chi vive in montagna tutto l’anno questo è un momento di pausa. Le guide alpine, gli istruttori di sci, i ristoratori e gli alber-gatori ne approfittano per fare le vacanze, per riposarsi in vista della stagione estiva o per riaprire le porte che sono state chiuse durante la stagione invernale: Roberta Gyppaz e Luisa Perotto riaprono il Musée Petit Monde di Torgnon dopo che la strada che porta al museo è stata per mesi sbarrata da una frana; Flavio Bich aspetta che la neve si sciolga per riuscire ad arrivare ai 2.909 me-tri del rifugio Perucca-Vuillermozal che gestisce nel periodo esti-vo; Yvonne Barmasse approfitta del tempo ballerino per rimanere in casa a tradurre in patois i canti iniziali della Divina Commedia, mentre Antonio Carrel, preso dagli impegni che ha nel coordina-mento italo-svizzero delle celebrazioni di Cervino 150, non cono-sce sosta e usa tutti i mezzi possibili (auto, treno, piedi, sci) per muoversi tra i vari appuntamenti che ha in valle (Valtournenche), Vallè (Valle d’Aosta) e altre valli (quella di Zermatt). Le perso-ne appena citate compaiono nei ritratti della pagine successive assieme alle fotografie in bianco e nero di oggetti legati alla loro vita o storia famigliare. Isolati su un fondale nero questi frammenti mostrano istanti di vita alpina passata e presente. Corde, picozze, zaini, occhiali, cappelli, trofei di caccia e strumenti rurali racconta-no chi vive e ha vissuto a contatto con la montagna tutti i giorni, per tutta la vita.

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“Pour un Valtournain son village à Val-tournenche sera toujours le centre du monde” Amè Gorret

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Cappello da guida e occhiali da montagna di Gino Barmasse, maestro elementare, guida alpina del Cervino e compagno di spedizioni di Guido Monzino, anni ‘50

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Seggiovia Cielo Alto, Breuil Cervinia

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Campo da tennis del condominio Circus e condominio I dadi, località Cielo Alto, Breuil Cervinia

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Vettovaglie da campo di Gino Barmasse, anni ‘50

Grattugia in ferro, Musèe Petit Monde

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Gino Barmasse, corno di caribou, 1ª Spedizione Monzino alle Alpi Stauning, Groenlandia orientale, 1963

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Antonio Carrel, guida alpina del Cervino, nella sua casa di Cretaz, Valtournenche

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Pensione Carrel, Cheneil, Valtournenche

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Zaino da montagna di Gino Barmasse, anni ‘70

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Corda da arrampicata di Flavio Bich, anni ‘90

Piccozza di Gino Barmasse, anni ‘60

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Flavio Bich, guida alpina del Cervino e gestore del rifugio Perucca-Vuillermozal. Cretaz, Valtournenche

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Yvonne Barmasse, figlia di Gino Barmasse, ex insegnante ed esperta di patois e storia locale. Cretaz, Valtournenche

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Roberta Gyppaz, assessora all’agricoltura, ambiente e territorio del comune di Torgnon

Luisa Perotto, referente per il Musèe Petit Monde, Torgnon

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Pilotis del rascard, Musèe Petit Monde

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Torre Escargot, località Cielo Alto, Breuil Cervinia

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Ricostruzione del ponte pedonale sul torrente Cheneil

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Modda, agitatore per il latte usato per rimestarlo nel momento della cagliata

Collezione di ardèillón, prima parte della tséa, la corda per legare le mucche alla mangiatoia

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Passi Erratici

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VALLE d’AoSTA •

2015CERVino

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Per il secondo anno, la Compagnia di San Paolo presenta il Festival To-rino e le Alpi, un cartellone di iniziative culturali che si propongono di mo-strare, attraverso esperienze di partecipazione e coinvolgimento diretto, le potenzialità innovative e creative dell’ambiente alpino nel suo duplice profilo di contesto ispiratore e luogo di produzione culturale. Attraverso spettacoli teatrali, concerti, esposizioni, reading, il Festival desidera offrire una prospet-tiva sulle Terre Alte lontana dagli stereotipi, un’immagine della montagna di-namica e vivace, capace di esprimere cultura contemporanea e stimolare la creatività.

L’iniziativa è realizzata nell’ambito di Torino e le Alpi, il programma triennale della Compagnia di San Paolo che dedica ai territori montani, con l’obiettivo di incrementare conoscenze, sensibilità e opportunità di scambio e favorire la presenza delle Terre Alte nel dibattito pubblico torinese.

Oltre venti località alpine di Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, sono sedi di interessanti proposte culturali, selezionate a seguito di un bando promosso dalla Fondazione nei primi mesi dell’anno. Nel contempo, a Torino si propone un ricco calendario di eventi, tra i quali l’esposizione Cervino – Passi Erratici 2015, a cura di Stefano Riba, rappresenta uno degli appuntamenti più signifi-cativi. La mostra, che costituisce il secondo momento della riflessione avvia-ta lo scorso anno dal giovane curatore sul rapporto tra montagna e creativi-tà, nasce da un breve periodo di residenza svolto da alcuni artisti ai piedi del Cervino. Incontrando le persone che vivono nelle borgate della Valtournenche, parlando con le guide alpine e con coloro che difendono e tramandano la sto-ria e il folclore della valle, sono nate le opere d’arte allestite ed esposte in dia-logo con le collezioni del Museo Nazionale della Montagna di Torino.

Coerentemente quindi con l’obiettivo della Fondazione di sostenere lo sviluppo civile, culturale ed economico del territorio e della comunità in cui opera, l’auspicio che anima tale impegno è che la visione dell’ambiente alpino e delle sue genti proposto dalla mostra contribuisca a superare la retorica di cui spesso la montagna è schiava, nella convinzione che la diffusione presso un pubblico più ampio, urbano e non, di una nuova immagine delle Terre Alte sia necessaria per comprenderne le ricchezze, le opportunità e le esigenze.

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LucaRemmertPresidente della Compagnia di San Paolo

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Anche nel 2015 Torino e le Alpi torna sul Monte dei Cappuccini, nella sede del Museo Nazionale della Montagna, con il festival e gli eventi ad esso collegati organizzati dalla Compagnia di San Paolo.

La mostra Passi Erratici è di nuovo un elemento di rilievo nel program-ma: l’esperienza dell’anno passato ha portato a proporre nuovi lavori di giova-ni artisti, integrandoli nelle collezioni permanenti del Museo. Una scelta che abbiamo condiviso e riproponiamo con regolarità, a fianco delle molteplici iniziative su cui spazia l’attività della nostra istituzione.

Le collezioni toccano tutti i temi, spesso i più disparati, comunque le-gati alla montagna e sono la nostra grande ricchezza, centinaia di migliaia di pezzi che ci rendono un caso unico nel panorama mondiale di settore. Espo-sizioni, incontri, spettacoli e pubblicazioni sono quanto proponiamo al pub-blico da decenni e sono sempre stati il risultato di ricerche svolte “in casa”, per condividere e valorizzare il nostro patrimonio.

Passi Erratici quest’anno “dialoga” con i 150 anni della prima ascensio-ne al Cervino. La storia del 1865, con la competizione tra Edward Whymper e Jean Antoine Carrel è nel DNA del Club Alpino Italiano, fondato appena due anni prima, quindi anche nel nostro, essendo il Museo attività statutaria del Sodalizio. E il Cervino è senza dubbio una tra le montagne meglio rappre-sentate nelle nostre collezioni, con film già dei primi anni della storia del ci-nema, fotografie di ogni epoca e autore, manifesti, plastici, dipinti e mille al-tri oggetti, insieme naturalmente ai tantissimi e preziosi volumi e documenti dell’archivio alpinistico.

Per questo siamo particolarmente curiosi di vedere come questa mon-tagna, con quanto ha rappresentato fino ad ora nell’immaginario di generazio-ni di alpinisti o amanti delle vette, abbia influenzato (o meno) le scelte di un gruppo di giovani artisti, che probabilmente hanno conosciuto solo di recente tanto il suo “ingombrante” passato quanto la bellezza unica delle sue linee.

Torino, Monte dei Cappuccini,luglio 2015

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AldoAudisioDirettore Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

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Passi Erratici 2015 si presenta, fin dal titolo, con una forma diversa rispetto al 2014. Quest’anno il pro-getto ha una localizzazione geografica ben precisa, il Cervino e la Valtournenche, e la formula del trekking è stata limitata per dare più spazio alla scoperta dei luoghi e delle persone.

Meno passi e più parole, una scelta dovuta al pe-riodo di residenza in montagna, trascorso con gli artisti Paola Angelini, Mario Tomè, namsal Siedlecki, Fabrizio Perghem, Giuseppe Abate, Fabrizio Prevedello e la desi-gner Claudia Polizzi, anticipato di due mesi rispetto allo scorso anno per adattarsi allo spostamento, da settembre a luglio, del Festival Torino e le Alpi nel cui programma ri-entra la mostra. Come sa chi è appassionato di montagna, un trekking alpino tra luglio e agosto è ben diverso da uno tra aprile e maggio e difatti, quando siamo stati a Cervinia tra il 25 e il 30 aprile, il clima non era poi così diverso da quello dicembrino. Con una differenza però, la stagione turistica invernale era finita. La nostra breve residenza è caduta nel limbo temporale in cui non si scia più e non si fa ancora trekking (anche se una gita sulla neve ce la sia-mo concessa). un momento in cui non c’è turismo (difatti Breuil è deserta o quasi) e che precede i mesi in cui sul Cervino si accenderanno i riflettori, e sarà davvero così visto che dal 10 al 19 luglio sarà illuminato anche di notte per celebrare i 150 anni dalla prima ascesa.

Questa calma è stata utile per incontrare le perso-ne che a Valtournenche vivono tutto l’anno. Abbiamo par-lato con le guide alpine, i custodi della montagna che con-ducono le ascese ai 4.478 metri della vetta, e con uomini e donne che difendono e tramandano la storia e il folclore locale. da questi incontri sono nati il progetto fotografico di Vittorio Mortarotti che trovate nelle prime pagine del catalogo e i lavori di Paola Angelini, Mario Tomè, namsal Siedlecki, Fabrizio Perghem, Giuseppe Abate e Fabrizio Prevedello esposti fino al 20 settembre in dialogo con gli spazi e le collezioni del Museo nazionale della Montagna.

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StefanoRibaCuratore di Passi Erratici

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i due mesi di anticipo nella residenza sono stati funzionali anche per andare oltre il punto in cui eravamo arrivati con Passi Erratici 2014 il cui progetto era dedicato, anche in prima persona visti i chilometri percorsi sulle no-stre gambe, alla ricerca di ciò che spinge l’uomo alla salita. Quest’anno affrontiamo ciò che arriva dopo la conquista: la mitizzazione, la colonizzazione, il turismo, la cementifica-zione, ma anche, al contrario, la difesa delle tradizioni e le storie di chi in montagna ci vive tutto l’anno.

Breuil-Cervinia è l’esempio di tutto questo. nata negli anni ‘30 su un pianoro ricco d’acqua (Breuil significa pro-prio questo), prima di allora era conosciuta solo con il nome patois e frequentata come alpeggio estivo e campo base per quei temerari che tentavano l’ascesa al Cervino. Erano soprattutto inglesi, come Edward Whymper, il primo scala-tore (ma dal versante svizzero) dell’ultimo quattromila delle Alpi che nel 1865 era ancora rimasto da espugnare. una vet-ta mitica la cui prima ascesa è concisa con una serie di altre prime volte che hanno segnato la storia dell’alpinismo: la prima scalata a non esser stata accompagnata anche da fini scientifici 1, la prima a essere concepita come una faccenda di Stato 2 e la prima a diventare una tragedia che ebbe eco mediatico in tutta Europa 3.

inizia così il 14 luglio 1865 (per gli italiani la conquista avverrà tre giorni dopo) la fama internazionale del “più no-bile scoglio di Europa” 4 che quest’anno viene celebrato con una fitta serie di eventi 5 che affrontano i temi della storia della montagna e della vita passata e presente attorno al Cervino. Questi sono gli stessi temi che abbiamo affrontato anche noi scegliendo però di allontanarci dal clima di festa e celebrazione perché l’arte è un linguaggio mediato e me-ditato. Ciò che vedrete in mostra e leggerete in queste pagi-ne sono quindi le nostre visioni dei luoghi e delle persone che ci hanno accolto.

3Sulla via del ritorno morirono quattro compagni di Whymper: Lord Francis Douglas, Douglas Robert Hadow, il reverendo Charles Hudson e la guida au-striaca Michel Croz.

5Per il programma completo degli eventi consultare il sito: www.cervinia.it

4Come lo definì il poeta inglese John Ruskin

2Dopo l’Unità d’Italia e la fondazione del CAI – nato nel 1863 dopo la prima salita italiana al Monviso, la cui cima era stata conquistata due anni prima dagli inglesi – per Quintino Sella il primato italiano sul Cer-vino era diventato una questione nazionale.

1Soli due anni prima Quintino Sella era sali-to alla cima di Monviso con due barometri per “trarre qualche conclusione di che po-tessimo avvantaggiare l’ipsometria alpina”.

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Museo nazionale della Montagna duca degli Abruzzi – CAi Torino

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Piano terra

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ingresso

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Artisti in mostra

Quando10.07 – 20.09

A che oraMartedì – domenica dalle 10.00 alle 18.00 Chiuso il lunedì

QuantoDal 10 al 12 luglio: ingresso gratuito

13.07 – 20.09 Intero: 10,00 €Ridotto: 7,00 €Soci CAI: 6,00 €Promozionale: 1,00 €

DoveP.zzale Monte dei Cappuccini,Torino

ChiMuseo Nazionale della Montagna Duca degli Abruzzi – CAI TorinoTel: +39 011 6604104 www.museomontagna.org

Festival Torino e le Alpiwww.torinoelealpi.it

Primo piano

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3 Fabrizio Perghem4 Fabrizio Prevedello5 namsal Siedlecki

1 Giuseppe Abate2 Paola Angelini4 Fabrizio Prevedello6 Mario Tomè

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Luoghi e persone della Valtournenche3 Fabrizio Perghem

4 Fabrizio Prevedello5 namsal Siedlecki

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Enrica PellissierStudiosa della preistoria in Valtournenche ed esperta di storia locale

Cervino4.478 m

I vecchi di Valtournenche la chiamavano semplicemente “Gran Becca”, in patois val-tournain “grande montagna”. In quasi tutto il resto del mondo è conosciuto come Matterhorn, non per gli italiani e i francesi per cui invece è il Cervino, con e senza o finale. Niente a che vedere con i cervi però, ma con le selve visto che la volgarizza-zione della lingua latina ha tra-sformato “Silvanus” in “Servin” che poi è stato trascritto con la C iniziale. Toponomastica a parte, il Cervino è stato conqui-stato dal versante svizzero il 14 luglio 1865 da Edward Whymper mentre il 17 luglio Jean Antoin Carrel è salito dal crinale italiano. I 150 anni della prima ascesa cadranno quindi quattro giorni dopo l’inaugurazione di questa mostra, un evento che sia Zermatt che Breuil Cervinia si preparano a festeggiare degnamente con la serie di appuntamenti di Cervino 150.

Colle del Teodulo3.290 m

Riprendendo la toponomastica lasciata prima da parte, tutto sta a dimostrare che il nome Cervino in realtà si riferisse in passato a quello che oggi chiamiamo colle del Teodu-lo. Fin dall’epoca preistorica (nelle vicinanze è stata trovata la lama di un’ascia neolitica), passando per quella roma-na e poi per tutto il periodo medievale (caratterizzato dal caldo dell’optimum climati-co) il valico era, nonostante l’alta quota, il più frequentato delle Alpi Pennine e, assieme al Gran San Bernardo, costi-tuiva l’arteria principale per le carovane mercantili in transito tra la pianura padana e i grandi poli commerciali dell’Europa centrale. Era il passo e non il monte ad essere chiamato Cer-vino, infatti, in passato tutto il territorio improduttivo dell’alta montagna veniva ignorato. Vette e ghiacciai non avevano nome, mentre numerosi erano i toponimi dei poderi, dei boschi, degli alpeggi e dei valichi. Per questo motivo quello che oggi chiamiamo Teodulo (dal nome del primo vescovo di Sion) appare in numerosi documenti e cartografie del 1500 come “Certinus maximus mons” o “Mons Servin soi Roèse”, dove il termine “mons” è usato con il significato di “valico”. Il colle oggi è raggiunto dagli impianti sia del comprensorio sciistico di Breuil-Cervinia che di quello di Zermatt.

Antonio CarrelGuida alpina, ex- sindaco di Valtournenche, ex- presidente Associazione internazionale Guide Alpine, presidente del Cervino CineMountain Festival

il 29 aprile abbiamo fatto una gita sulle racchette da neve. dal villaggio di Cheneil siamo saliti al Colle di Fontanafredda. da lassù si vedeva tutto.

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Breuil CerviniaCervinia nasce idealmente nel 1934 quando la prima strada e la prima macchina arrivano a Breuil. Prima di allora questo pianoro usato come pascolo estivo era raggiungibile solo a piedi o a dorso di mulo e si com-poneva di una chiesa, due piccoli alberghi, due malghe e quattro case (tra cui la celebre Maison de Saussure). La prima funivia viene inaugurata nel 1936 e tre anni dopo ne apre una seconda che porta a Plateau Rosa. Ma è dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale che inizia il vero boom edilizio. La nuova Cervinia viene costruita in un luogo vergine, è quindi esente da vincoli architettonici preesisten-ti. Viene così applicato il modello che aveva invaso l’Italia durante la ricostruzione postbellica e gli anni del boom economico, quello del condominio.

Albergo-rifugio PirovanoArch. Franco Albini1946

Giuseppe Pirovano, famosa guida alpina di inizio e metà Novecento e maestro di fiducia di Albini, commissiona al celebre architetto milanese un’abita-zione per la sua famiglia con annessa la sede della sua scuola di sci. L’individuale e il collettivo convivono in una struttura che è sia casa unifamiliare che alber-go-rifugio per ragazzi. Il punto di partenza è una semplice baita di legno dal sapore tradizionale, che Albini la trasforma in un esercizio di scomposizione in livelli diversi. In primo deck di legno è supportato da quattro alte colonne cilindriche di pietra sormontate dai classici pilotis, i funghi di legno e pietra che sollevavano da terra i rascard favorendone la ventilazione e evitando che i roditori accedes-sero alle dispense.

Casa del SoleArch. Carlo Mollino 1947 - 1955

È un condominio che si erge nel paesaggio come un’esile torre di nove piani. La struttura in cemento armato è sormontata da una sorprendente capanna di legno che fuoriesce a sbalzo dal coronamento. Gli elementi dell’architettura tradizionale sono accennati ma realizzati con strutture e proporzioni com-pletamente diverse. I venti ap-partamenti della Casa del Sole sono progettati con i criteri del moderno residence con diverse parti comuni: servizio di risto-rante, lavanderia, market, garage e portineria. Una cura speciale è dedicata agli elementi di arredo, realizzati su disegno dello stesso Mollino: attorno a surre-ali camini a forma di pipa sono disposte sedie e tavoli curvilinei ricavati da un unico blocco di legno. Il letto matrimoniale è composto da una coppia di letti singoli che possono anche esse-re impilati a castello mentre gli armadi a muro scompaiono nelle boiseries. “Dalla Casa del Sole si entra cittadini e si esce sciatori” diceva lo stesso Mollino.

Rosanna Berthod,Rappresentante dell’Associazione commercianti di Breuil

Flavio Bich,Guida alpina e gestore del rifugio Perucca-Vuillermoz

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La Grand’ourseLocalità Cielo AltoBreuil Cervinia

È nelle stanze 603 e 713 del condominio La Grand’Ourse che siamo stati nei giorni trascorsi in Valtournenche. L’edificio fa parte del complesso di Cielo Alto ed è stato costruito tra il 1972 e il 1978 nel pieno dell’era dello ski total, in cui intere città autosufficienti erano create perché fossero a disposizione dello sci dodici mesi all’anno e soddisfacessero anche un uso stagionale. A Cielo Alto l’intervento dell’architetto Fran-cesco Dolza prova a risolvere il problema dell’impatto visivo del complesso cercando il dialogo con la morfologia dei rilievi cir-costanti. L’interno degli edifici offre, invece, un’organizzazione spaziale e temporale totalizzan-te come in una città in cui tutto è accessibile e strutturato: le abitazioni, i servizi, lo sport, il tempo libero, la vita mondana. Noi ci siamo stati quando non c’era nessuno, di vita (mondana e non) nemmeno l’ombra, c’e-rano solo i corridoi vuoti come nell’Overlook hotel.

Società delle Guide Alpine del CervinoVia Circonvallazione, 2Breuil Cervinia

Dal 17 luglio 1865, data storica della conquista italiana del Cervi-no, le guide sono a disposizione di chi vuole avvicinarsi all’alpi-nismo. In 150 anni di esperienza ne hanno fatta tanta: migliaia di salite alla Gran Becca, tante altre sul territorio valdaostano a cui sono seguite le prime avventure di Jean Antoine Carrel in Sud America e le decine di spedizioni in tutto il mondo sostenute dal mecenatismo di Guido Monzino. La società oggi organizza le sa-lite al Cervino, che si affrontano con la sicurezza di avere una guida per ogni cliente, ma anche trekking himalayani e spedizioni d’alta quota in Nepal, Patagonia, Africa e a Alaska. Dall’agosto 2012 la sede della Società ospita il Museo delle Guide del Cervino che l’11 luglio inaugura la mostra “Creste e pareti del Cervino. 150 anni di storia alpinistica”. Dal 2004 nel giardino esterno è invece visitabile la Capanna Luigi Amedeo di Savoia, costruita nel 1893 e portata a valle dopo che la frana dell’estate del 2003 (la stessa che causò la caduta del diedro Cheminée) aveva reso inagibile la struttura.

Gérard ottavio,Presidente Guide del CervinoAdriana Pession,

Segretaria Guide del Cervino

Luca Bich, direttore artistico del Cervino CineMountain Festival

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ValtournencheJean Antoine Carrel, Jean Baptiste Bich, Jean Augustin Meynet e Amé Gorret, i primi quattro italiani a salire il Cer-vino erano tutti di Valtournen-che. Basta questo a chiarire il rapporto della città con la Gran Becca. Vivono a Valtounenche, con precisione a Cretaz, anche i principali interlocutori che abbiamo avuto per questo cata-logo Antonio Carrel, Flavio Bich, Yvonne Barmasse ed Enrica Pel-lissier. Portandoci a spasso tra antichi rascard, forni e mulini ad acqua ci hanno raccontato la storia del paese e le loro storie. Poi ci hanno aperto le porte del-le loro case e sono seguiti altri racconti alcuni dei quali sono entrati nel progetto fotografico che apre questo catalogo.

Musée Petit MondeFrazione Triatel, Torgnon

Costruiti tra il 1462 ed il 1700 in posizione fantastica sulla Créta de Triaté, un rascard a schiera, una grandze e un grenier, formano il complesso architettonico di grande valore storico che nel 2004 è diventa-to il Musée Petit Monde, il più completo ecosistema museale della Valle d’Aosta. Il rascard a schiera, costruito con tronchi di larice su pilotis, oggi ospita le sale espositive dedicate alle at-tività agricole e pastorali. Nella grange sono invece esposti gli oggetti utilizzati per la prepa-razione dei prodotti tipici della cultura contadina, gli attrezzi boscaiolo e del falegname. Mentre nel grenier è proposto l’interno di un’abitazione tipica del luogo.

Luisa Perotto,Referente Musée Petit Monde

Roberta Gyppaz,Assessora agricoltura, ambiente e territorio comune di Torgnon

Myriam Hérin,Bibliotecaria Valtournenche

Yvonne Barmasse,Ex insegnante e esperta di patois e storia locale

Manuela Perrin,ufficio turistico del comune di Torgnon

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Le montagne sacre e proibite, la vita alpina nel neoli-tico, i primi viaggiatori, gli imperatori alla guida di eserciti che attraversano le Alpi, le vette conquistate nel nome del Re e della Madonna, poi della scienza e della Patria e infi-ne degli annali e delle foto sui giornali. Tra i tanti: Ötzi, Ero-doto, Giulio Cesare, Annibale, Carlo Magno, Blaise Pascal, david Livingstone, Quintino Sella, Luigi Amedeo di Savo-ia, Lionel Terray, Walter Bonatti, Cesare Maestri, Reinhold Messner, Conrad Anker e Patrick Sweeney. Lo scorso anno il testo che occupava queste pagine era dedicato ai personag-gi che possono definirsi, ciascuno per meriti (o demeriti) di-versi, esploratori.

oggi ripartiamo da qui e aggiungiamo qualche passo. dai conquistatori passiamo ai conquistati, non più le perso-ne ma i luoghi. un passaggio dovuto al fatto che a ogni con-quista deve seguire un ritorno, perché le montagne bisogna salirle e anche scenderle 1, e una volta tornati quello che è ri-masto alle spalle cambierà per sempre. Viene così da chie-dersi come avvenga questo cambiamento e cosa cominci quando finisce il primato della natura.

La risposta a questa domanda richiede circa sette mi-nuti di lettura che, se volete, cominciano adesso con la pre-sentazione di un caso specifico che, tra tre minuti e mezzo, porterà alla riflessione generale sul significato dei termini

dopo la scoperta

1 Una regola non scritta dell’alpinismo non permette di convalidare una prima assolu-ta in caso di morte durante la discesa.

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“montagna” e “alpino”. il caso in questione è quello sulla na-scita del mito del Cervino e di come Breuil sia diventata Cer-vinia. Le tappe di questo cambiamento sono, in estrema sin-tesi: scoperta, mitizzazione, conquista, emulazione, turismo, costruzione, multiproprietà, stile alpino.

Ma andiamo con ordine. Per secoli Breuil è uno tsà, uno spazio comune fruibile come pascolo e conosciuto solamen-te con il toponimo che in patois indica un prato ricco di ac-qua. Agli alpeggi si sale a fine giugno e si scende a settem-bre, durante questi mesi uomini e animali vivono assieme negli chalet. Anche i primi turisti (anche se più che turisti sono scienziati o artisti) che a fine Settecento visitano que-sta conca si trovano a dormire sugli stessi pagliericci che ospitano gli arpiàn, il personale dell’alpeggio. il primo stra-niero a passare da queste parti, per lo meno quello di cui si è conservata la memoria, è lo scienziato ginevrino Horace-Bénédict de Saussure che tra il 1789 e il 1792 soggiorna più volte a Breuil “in una piccola e povera camera senza letto e senza finestra, di fianco a una cucina senza camino” 2. de Saussure, che si è anche fatto costruire al Colle del Teodu-lo una capanna da cui conduce i propri esperimenti, tra cui la prima misurazione trigonometrica del Cervino, ama que-sti luoghi e la sua presenza è così importante che, 70 anni dopo, le persone del luogo sono ancora così legate alla sua memoria da salvare dal “cadere sotto il martello di un mo-derno livellatore” 3 la casa di cui è stato ospite. Forse il moti-vo di tanta gratitudine è anche dovuto al fatto che nel 1796 de Saussure pubblica il quarto volume di Voyages dans les Alpes in cui rivela al mondo degli scienziati e dei viaggiatori

2 Guido Rey, Il Monte Cervino, Hoepli Editore, pag. 72

3 Georges Carrel, Bollettino del Club Alpino Italiano, semestre 1868

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le bellezze, allora semisconosciute, del Cervino e della Val-tournenche.

Vent’anni dopo la pubblicazione di Viaggio nelle Alpi la presenza straniera in valle è aumentata, ma l’accoglienza turistica non si è evoluta di pari passo. L’artista londinese William Brockedon trascorre a Breuil la notte tra il 19 e il 20 agosto 1825 e nel suo diario annota: “Gettarono una coper-ta sul fieno, una sistemazione che prometteva bene. il luogo era estremamente sporco, ma la stanchezza non chiede giu-stificazione agli alloggi sudici, ed io, avvolto nel mio mantel-lo, mi gettai sul letto. immediatamente venni assalito da mi-gliaia di pulci e dormire fu impossibile”. 4

nonostante la pessima recensione, negli anni successi-vi il fascino del Cervino cresce fino a diventare mito. nel 1841 James david Forbes, scienziato legato alla prima generazio-ne di alpinisti inglesi, lo descrive come “unscaled and unsca-lable”. nel 1849 l’artista e poeta John Ruskin lo fotografa per la prima volta da Zermatt e lo proclama “il più nobile scoglio d’Europa. Mentre nel 1861 John Ball, presidente del Club al-pino inglese, annuncia che la piramide di roccia “avrebbe conservato il suo epiteto di inaccessibile ancora per molto”.

Simile al canto delle sirene il mito dell’inaccessibili-tà 5 del Cervino richiama sempre più avventurieri e fa sì che nascano le prime forme di accoglienza organizzata. Que-sti tentativi non sono però sono molto apprezzati e nel 1853

4 Piero Malvezzi, Viaggiatori inglesi in Valle d’Aosta, Edizioni di Comunità, p. 85

5 Nel 1492 il re di Francia Carlo VIII, durante un giro tra i suoi possedimenti, scoprì che nel suo regno esisteva un Mont Inacces-sible. Turbato dall’esistenza di un luogo inaccessibile sotto la sua corona, ne ordinò subito la scalata. Il ciambellano Antoine de Ville condusse l’impresa, una delle prime nella storia dell’alpinismo, e il monte venne ribattezzato Aguille. La scalata venne ripe-tuta per la seconda volta solo nel 1834.

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la Guida Murray, la prima guida turistica a parlare della Val-le d’Aosta, definisce le stanze di Valtournenche “esecrabi-li” mentre quelle di Breuil sono “migliori, per il semplice fatto che non possono essere peggiori”. Passano due soli anni e Sa-muel William King in The Italian Valleys of Pennine Alps, edito sempre da Murray, riporta che a Valtournenche si trova ormai un vero albergo, non più di una piccola casa, l’Hôtel du Mont Cervin gestito da nicolas Pession. King lo definisce “homely but clean and cheap”, mentre a Breuil, alcuni chalet si sono dotati di stanze arredate con le comodità sufficienti a “quan-to un alpinista possa desiderare”. Sempre qui, ma un po’ più in alto al Giomein, inizia nel 1855 la costruzione del primo al-bergo di Breuil. L’Auberge du Mont Jumont è inaugurato l’an-no successivo e ribattezzato, due anni dopo, Hôtel du Mont Cervin. È da qui che, tra il 1861 e il 1864, Whymper e Tyndall partono per i loro primi assalti alla vetta e che nel luglio del 1865 si prepara la spedizione di Quintino Sella guidata da Jean Antoin Carrel. dal 1865 al 1934 non succede poi molto a livello di sviluppo locale. il Cervino è stato conquistato dal-la Svizzera, la gloria ricade su Zermatt mentre il versante ita-liano rimane sostanzialmente immutato. Poi nell’ottobre del 1934 arriva a Breuil (che in epoca fascista è ribattezzata Cer-vinia) la prima macchina, nel ‘36 viene inaugurata la prima fu-nivia che porta a Plan Maison e nel 1939 una seconda arriva a Plateau Rosa. il grande cambiamento inizia allora e riprende di gran lena dopo la guerra.

oggi, nella sola Cervinia, ci sono 60 strutture alberghie-re (alberghi, residence, pensioni, resort e affittacamere) con 3.683 posti letto totali che, nel corso del 2014, hanno ospita-to 363.190 persone (+ 4,2 % rispetto al 2013). in poco più di 80 anni Breuil è passata da pascolo con una chiesa, due mal-ghe e quattro case a essere, nei periodi di maggior afflusso

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turistico, una città che può ospitare fino a 15 - 20mila perso-ne al giorno. Sono cifre gigantesche se si pensa che la popo-lazione residente a Cervinia è di 804 persone e che oltre ai posti letto nelle strutture alberghiere sono da contare anche gli occupanti delle seconde case 6 e delle multiproprietà.

Quello di multiproprietà è un concetto che, esteso in forma di metafora, può essere usato per affrontare l’idea contemporanea di una montagna in cui non sono solo gli al-loggi a essere acquistati da più persone, ma è tutto il ter-ritorio alpino a essere lottizzato in proprietà multiple 7. La montagna è frazionata secondo scopi d’uso che hanno reso il suo terreno: edificabile, percorribile, tutelabile, disbosca-bile, sbarrabile, ingabbiabile, perforabile, scavalcabile, pro-sciugabile.

Anche l’idea dell’ “andare in montagna” è ormai codi-ficata da una serie di azioni ed espressioni comuni: fare va-canza, camminare, arrampicare, sciare, prendere il sole, respirare aria buona, riposarsi, osservare il paesaggio, stac-care dalla città. L’utilizzo dell’ambiente alpino in funzione di qualcosa di diverso dal quotidiano avviene però senza un reale distacco dalla vita cittadina. Se su un qualsiasi sito di prenotazioni online si cerca un hotel in una qualsiasi località alpina, le parole chiave usate nelle descrizioni delle camere saranno sempre le stesse: comoda, equipaggiata, comfort, relax, parcheggio, Wi-Fi, panorama, divertimento, famiglia. Gli stessi termini che ciascuno di noi userebbe per definire

6 Nel comune di Valtournenche le seconde case sono oltre 5mila, mentre le abitazioni dei residenti poco meno di mille. Facendo due calcoli, solo il 16 % del totale della abitazioni appartiene a chi a Valtournen-che vive tutto l’anno. In altre località come Sestriere, Limone Piemonte, Sauze d’Oulx, Pragelato e Cesana la percentuale è ancora minore e scende sotto il 10 %.

7Anche il Cervino è una multiproprietà. Da molti secoli la famiglia Maquignaz ne possiede la cima e il lato sud-ovest, mentre alla fine dell’Ottocento i Frassy acquisirono il diritto sulla parte restante della montagna. Questa divisione è segnata sulle piante catastali e le due fa-miglie pagano regolarmente i contributi per la singolare proprietà.

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la propria abitazione. Le stanze 8 che ci hanno ospitato a Cer-vinia, ad esempio, erano proposte così: “Coperte dalla con-nessione Wi-Fi gratuita e provviste dell’accesso diretto alle piste sciistiche, le stanze sono caratterizzate da uno stile al-pino con arredi e pavimenti in legno. Le sistemazioni pre-sentano una TV a schermo piatto, un angolo cottura com-pletamente attrezzato con anche la lavastoviglie, un bagno privato con asciugacapelli e un balcone con ampia vista”.

Eccoci arrivati allo “stile alpino”, un ideale di gusto cre-ato per coinvolgere ogni settore (architettura 9, design, arti-gianato, grafica, cucina, abbigliamento) e soddisfare (come la multiproprietà) ogni tipo di esigenza senza necessaria-mente legarsi al rispetto dei vincoli della storia e delle tradi-zioni locali 10. uno stile dove l’importante non è l’autenticità, ma il rispetto di un modello universalmente riconosciuto che fa sì che tutte le località turistiche si somiglino rifacendosi al all’idea comune di “stile alpino”.

in fondo però questa è una storia che va avanti dal-la notte dei tempi. La montagna, che sia quella da temere e venerare o quella da conquistare e costruire, ha sempre se-guito gli ideali che l’uomo ha imposto agli ambienti in cui è arrivato. Anche il turismo non è una scoperta recente e nem-meno le seconde case che già esistevano ai tempi dei patrizi

10“Volere un’architettura folkloristica vuole dire ripetere un modo che gli stessi costruttori di baite, gli stessi artigiani che con il legno e la pietra costruirono queste antiche architetture, oggi non vorrebbero più accettare”. Questo scrive nel 1954 Carlo Mollino riguardo il progetto della Casa del Sole che fu tra i primi condomini a essere realizzati in una Cervinia ancora senza un piano regolatore (e lo resterà fino al 1985). La tesi di Mollino genera scandalo e ancora una volta il mondo della montagna si divide fra “tradizionalisti” e “modernisti”.

8 – 9Vedi sezione “Luoghi e persone della Valtournenche”

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romani che duemila anni fa si facevano costruire le ville per le vacanze al mare, in campagna o nei pressi delle terme. il problema non è quindi il modello turistico, ma la scala che ha raggiunto senza quasi conoscere sosta 11.

“oggi molti dei nostri comuni turistici non vivono più di turismo, ma di edilizia”, è il sindaco di un comune france-se ad aver colto l’essenza della questione. È la montagna che diventa città il problema. Ma non tutto è perduto perché per scoprire luoghi e persone fantastiche non è necessario iso-larsi nella natura. Lo scorso anno, durante il trekking attor-no al Monviso, è stato fin troppo facile riconoscere la bel-lezza che ci stava attorno. Lo scenario dell’ideale romantico quest’anno è stato sostituito dal panorama antropomorfiz-zato, ma abbiamo scoperto che anche partendo dai comodi letti delle camere con la connessione Wi-Fi, lo stile alpino e la lavastoviglie in cucina di Cielo Alto si può arrivare a scopri-re la vera essenza della montagna. Basta osservare tutto con curiosità e sensibilità e sentire la sveglia la mattina. È questo lo spirito che ha guidato Passi Erratici 2015 e spero lo ritro-verete nelle opere degli artisti di cui leggerete nelle pagine successive e di cui vedrete il lavoro al Museo nazionale della Montagna di Torino.

11 L’acquisto di seconde case in quasi tutte le località di alta montagna continua a crescere: + 2,9 % a Cervinia, + 5,5 a La Thuile e Gressoney, + 13,5 a Macugnaga. Così come le presenze turistiche, il febbraio di quest’anno per la Val d’Aosta è stato il migliore degli ultimi sette anni.

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Il nuovo, incredibile e avventuroso, non privo di colpi di scena, Giuoco del Monte Cervino (completo di tavolo e sgabelli, su consiglio di Alessandra Messali)

pag. 58

Giuseppe Abate

A guardare il cielo si diventa cielo, resoconto di una salita mai discesa

pag. 62

Paola Angelini

Le centre du monde pag. 2

Vittorio Mortarotti

Le cose da lontano appaiono migliori,l’invenzione della montagna

pag. 68

Fabrizio Perghem

Primo, quinto e sesto innesto in cavaAccumulazione per scomparsa (124)

pag. 72

Fabrizio Prevedello

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Mario Tomé

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58 Negli archivi del Centro Documentazione del Museo Nazionale della Montagna la sezione dedicata ai giochi sull’alpinismo, lo sci, le esplorazioni e le spedizioni polari costituisce una colle-zione unica per la consistenza e la rarità dei pezzi conservati. Questi giochi sono testimonianze che, attraverso il divertimen-to, hanno permesso a generazioni di conoscere, o scoprire, la geografia delle vette del mondo, le grandi avventure, la fauna e la flora alpina, i rischi e le trappole della montagna e i nomi di chi le ha sfidate.

Il lavoro di Giuseppe parte da questa antica tradizione ludica per creare un nuovo gioco da tavola legato alla conquista del Cervino, in cui quattro giocatori hanno la possibilità di sfidarsi a chi raggiunge per primo la vetta. Oltre alla sorte determinata dal tiro dei dadi, saranno i personaggi del folklore valdostano, gli agenti atmosferici e gli alpinisti diventati leggenda ad aiu-tare od ostacolare la scalata a una tra le più celebri montagne del mondo.

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1Disegno dell’autore

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3Jeu du Cervin, Edition Spes (Säuberlin et Pfeiffer S. A. Vevey), Losanna, CH, 1925 ca.Gioco di percorsoTavola: cm 47,5 x 37,5. Courtesy: Centro Documentazione del Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

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Matterhorn-spiel, Editions Spes (Säuberlin & Pfeiffer S. A. Vevey),Losanna, CH, 1925 ca.Gioco di percorsoTavola: cm 47,5 x 37 Courtesy: Centro Documentazione del Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

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4Disegno dell’autore

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62 Paola è cresciuta in una città sulla costa adriatica e ha quasi sem-pre vissuto in città di mare. Questo lavoro nasce dal suo primo vero contatto con la montagna, un’esperienza che l’ha portata a scoprire l’ancestrale paura dell’inesplorato e di ciò che viene dopo la salita.

Resoconto di una salita mai discesa, il sottotitolo del suo lavoro, non vuole indicare un fallimento, ma la volontà di nascondere cosa si è visto o capito in vetta. Mentre il titolo principale, A guardare il cielo si diventa cielo, pone l’attenzione sull’atto precedente all’arrivo in cima: l’ascesa. Un momento segnato dalla volontà di annullare la propria identità e andare oltre i propri confini fisici per appropriarsi di qualcos’altro. Paola finge allora di calarsi nei panni dello scalatore. Lo fa attraverso la realizza-zione di un falso storico. Dipinge il suo autoritratto nelle vesti di alpinista come se ad averlo eseguito fosse stato il bisnonno di Antonio, Victor Carrel, un artista nato in una famiglia di conqui-statori di vette, le cui commissioni principali erano i ritratti di quegli alpinisti e guide alpine alla cui categoria aveva scelto di non appartenere.

In maniera del tutto simile a Victor, che aveva trovato il suo modo di avvicinarsi alle vette non scalandole ma dipingendo scalatori e guide del luogo, anche Paola si appropria di un’identità non sua attraverso una serie di lavori a olio e di oggetti legati all’attività alpinistica realizzati in plastilina, un materiale inusuale per la scultura che non ferma l’oggetto nel tempo rimanendo sempre in uno stato di possibile cambiamento. A ristabilire un legame con la realtà è esposto l’autoritratto originale di Victor Carrel per il cui gentile prestito ringraziamo Antonio.

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4Victor Carrel, (1835 - 1915) AutoritrattoOlio su tavola56 x 65 cm

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1 - 3, 5 - 8Fasi di preparazione dell’opera

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68 Il lavoro di Fabrizio è una ricerca su come l’artigianato ligneo sia diventato uno degli strumenti dell’attuale rappresentazione della montagna. Da sempre legato alla creazione di oggetti utili alla vita agro-pastorale, in età moderna il legno è stato il materiale più usato, assieme ai prodotti culinari e tessili, nel diffondere l’ideale di monta-gna. Tanto nell’architettura, quanto nell’arredamento e nell’industria dei souvenir si sono sviluppati dei veri e propri pattern riproducibili all’infinito che condensano la complessità della montagna in una semplificazione grafica e concettuale applicabile in ogni campo.

Una seconda ricerca presente nel lavoro esposto affronta pro-prio il tema della rappresentazione grafica della montagne. Una rappresentazione che nasce con la trigonometria, lo strumento fondamentale della topografia. E furono proprio i topografi, mossi dall’ambizione di misurare le vette, a inventare l’alpinismo. A questa categoria apparteneva Horace-Bénédict de Saussure, lo scienziato ginevrino che, dopo aver nel 1786 dato il via alla conquista del Mon-te Bianco, tre anni dopo diventò una celebrità anche a Breuil dove comparve scendendo dal colle del Teodulo da cui aveva per la pri-ma volta stabilito l’altitudine del Cervino. Ed è sempre grazie a lui, e al quarto volume del suo Voyages dans les Alpes pubblicato nel 1796, che la Gran Becca divenne celebre e iniziò ad attirare i primi stranieri. Azzardando una conclusione possiamo dire che la moder-na Cervinia nasce grazie a de Saussure. È invece senza pericolo che possiamo affermare che la rappresentazione grafica della montagna è oggi passata dal campo della topografia a quello della pubblicità e che, per la sua semplicità geometrica, il Cervino è diventato il logo di sé stesso.

Il lavoro di Fabrizio fonde questi due aspetti e lega la tipicità dell’in-cisione lignea alla rappresentazione e ricostruzione geometrica del territorio alpino. In un tronco di legno è stata scolpita in negativo la rappresentazione grafica della montagna. A ulteriore negazione di ogni manualità anche la figura dell’artigiano scompare, sostituita dal lavoro di una macchina a controllo numerico che segue gli input dati da un disegno fatto al computer.

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1Mappa mentale del panorama dal colle di Fontanafredda, 29 aprile

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2Studio della forma, astrazione grafica ispirata alla rete geodetica italiana

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72 Fabrizio è uno scultore. Vive ai piedi delle Alpi Apuane, una zona famosa per l’estrazione del marmo, ed è proprio la vicinanza alle origini della materia che lavora ad averlo reso familiare all’idea e all’immagine del sottrarre alla natura.

Nel rapporto quasi sempre unilaterale tra uomo e ambiente, Fabrizio ha scelto di agire secondo una forma di restituzione, che ha chia-mato “innesti”, iniziata nel 2010 quando trova un pezzo di Nero del Belgio tra gli scarti di una segheria. L’artista prende questo marmo quasi estinto, lo porta in studio e lo lavora, poi sale in montagna dove lo restituisce inserendolo in un incavo scolpito in una cava abbandonata sul Monte Corchia. Il piccolo intarsio dialoga con le dimensioni smisurate della montagna che per la prima volta, dopo aver per secoli offerto il marmo che conservava, riceve un dono. Nei mesi e anni successivi seguono altri innesti collegati tra loro. Un pezzo di Fior di Pesco del Monte Corchia è lavorato e inserito in una cava di Bardiglio alle Marmitte dei Giganti, il Bardiglio si fonde in una parete di Arabescato. Nella quinta e sesta azione (i cui video sono presenti in mostra assieme al primo della serie) gli innesti tornano a essere creati partendo da frammenti di risulta. Fabrizio trova le lastre abbandonate di marmo Cipollino e Portoro che hanno subito un doppio distacco, quello dal loro ambiente naturale e da ogni funzionalità, e le riconduce nuovamente alla montagna, in una cava sul Monte Sella e in una sul Monte Sagro.

Fabrizio è uno scultore e da millenni gli scultori usano la materia estratta dalle montagne. Da un semplice sillogismo ne deriva che gli scultori scolpiscono le montagne. Come vedete nell’opera che sta all’esterno del museo, è una deduzione che funziona. Però la mon-tagna di Fabrizio sembra reale, non ha la freddezza del plastico o della riproduzione in scala, non è imitazione di qualcosa che esiste, è creazione, è la scomparsa di un’ideale e la nascita di un’idea.

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1–4L’artista recupera un pezzo di marmo tra gli scarti di una segheria e dopo averlo lavorato in studio, lo inserisce in un incavo scolpito in una cava abbandonata raggiunta dopo una camminata solitaria. Il piccolo intarsio rimane a testimonianza di un’azione che si è svolta in assenza di pubblico.

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1–2Bozzetti preliminari

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3–5Alcuni elementi in cemento armato e marmo sovrapposti uno sull’altro si elevano verticalmente. Sono legati tra loro da una corda e poggiano su due travi di legno. L’intera composizione è delimitata da due tracce di gesso dipinte sul pavimento.

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78 L’antico cappello da caccia della Transilvania, il boomerang, un me-teorite, un’ascia, un elmo, l’argilla, gli sci. Il lavoro di Namsal parte da oggetti e materiali che appartengono alla storia minerale e cosmica (i meteoriti, l’argilla, il rame) o, più limitatamente, a quella umana (il boomerang, l’ascia, gli sci) e approfondisce il tema della ricerca della forma legata alla funzionalità. Una sintesi che può arrivare alla perfezione in fretta, come nel caso del boomerang rimasto iden-tico per 30mila anni e diffusosi da allora in tutto il mondo, o che può impiegare secoli e millenni a trovare una stabilità che segue le evoluzioni delle leggi dell’ergonomia, dell’aerodinamica o più sempli-cemente dei ritrovati delle nuove tecnologie. È il caso degli sci che sono considerati il piú antico mezzo di trasporto umano (l’incisio-ne rupestre ritrovata in una grotta sull’isola norvegese di Rødøy li renderebbe antecedenti alla ruota) ma che dalla loro invenzione sono cambiati, e continuano a cambiare, tanto nei materiali quanto nell’aspetto.

L’opera esposta unisce elementi esistenti nel primo “prototipo” assieme alle caratteristiche presenti negli ultimi modelli per creare un oggetto che in sé racchiude la storia di questa invenzione. La nascita dello sci è rappresentata dal legno, con il quale sono stati realizzati i primi modelli, sulla cui superficie è sciolto uno strato di sciolina, odierna miscela sintetica usata per migliorarne la scor-revolezza. Le due sostanze si fondono, il legno assorbe la sciolina diventando un’unica entità che ingloba due epoche lontane tra loro.Ø

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5Sci scandinavi tradizionali di tipo Finmark, 1860 - 1870 e sci di tipo norvegese con bastoncino in bambù, 1880 - 1890. Courtesy: Centro Documentazione del Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

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82 Il trofeo Mezzalama è una maratona scialpinistica. Quest’anno è partito all’alba del 2 maggio da Gressoney ed è arrivato ai piedi del Cervino tra le 5 ore e le 12 ore dopo (5 ore e 10 il tempo dei vincitori, 11 e 50 quello degli ultimi arrivati).

I giorni che abbiamo trascorso a Cervinia hanno preceduto di 48 ore l’evento e in città si potevano trovare ovunque i poster e le bro-chure del Mezzalama. In uno di questi dépliant era rappresentato il percorso che avrebbero affrontato gli atleti: Gressoney (1.637 m), rifugio città di Mantova (3.498 m), Passo del Naso del Lyskamm (4.150 m), Ghiacciaio del Felik (3.719 m), Castore (4.226 m), Passo di Verra (3.848 m), Colle del Breithorn (3.826 m), Breuil Cervinia (2.050 m). Quarantacinque chilometri di percorrenza e a un dislivello di 2.862 metri in salita e di 3.145 metri. Mario sì è portato a casa un po’ del materiale informativo sul trofeo e, come vedrete nella pagina successiva, ha ridisegnato la grafica del percorso. A dire il vero non ha reinterpretato solo il disegno, ma anche il percorso che però è partito da più lontano per concludersi prima. Ha avuto inizio nel punto in cui Mario nel 2012 ha per la prima volta visto il Cervino, dalla Capanna Margherita sul Monte Rosa (che ha raggiunto da Ala-gna Valsesia). Da qui, passando per il Naso del Lyskam, il ghiacciaio del Lys e il ghiacciaio Felik ha raggiunto il rifugio Quintino Sella per poi scendere a Gressoney. Un percorso durante il quale il Cervino non era la Montagna ma era una montagna tra tante, un anello nella grande catena delle Alpi. L’idea iniziale di ripercorrere un cammino già fissato è stata messa da parte per seguire la volontà di muoversi tra il ghiaccio, le cime e il cielo con l’anarchia di cui parla il titolo del suo lavoro.

La serie di diapositive che vedete in anteprima al Museo Nazionale della Montagna è stata scattata durante il trekking e non è inclusa nel catalogo perché il ritorno di Mario è stato successivo alla stam-pa di queste pagine. Un secondo motivo è che la regola fondamen-tale di ogni anteprima è che le immagini esposte non siano mai state pubblicate altrove, nemmeno qui.

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Posizione: piano terra, area 3 “Il turismo e l’alpinismo”

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1Gianluigi (?) Colonnetti, Trofeo Mezzalama: alpinisti in vetta al Castore, [I edizione], 28 maggio 1933. Courtesy: Centro Documentazione del Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

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2Anarchy in the mountain with my orange bivouac tent, rielaborazione grafica del percorso del trofeo Mezzalama, tecnica mista su carta 30 x 150 cm, 2015

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Vittorio Mortarotti nasce a Savigliano (CN) nel 1982. Nel 2005 si trasferisce a Parigi per studia-re fotografia e frequenta il Centro Iris. Nel 2008 tie-ne la sua prima mostra personale al festival Photo-month di Cracovia in cui espone la serie Focus Nord Kapp. Lo stesso anno espone al Fries Museum di Leeuwarden (Olanda) nella mostra collettiva Behind Walls. Nel 2010 Laura Serani lo inserisce tra i 13

fotografi segnalati in Italian Emerging Photography, il progetto e il relativo catalogo vengono presentati al Mois de la Photo di Parigi. Nel 2012 espone il progetto These Are the Days nell’ambito della nona edizione di Manifesta a Genk (Belgio). Nel 2015 tie-ne la sua personale Disparition(s) al Museo Arsenal di Metz (Francia), vince il Leica Prize al festival di arti visive Images di Vevey (CH) e viene seleziona-to tra i 10 finalisti del First Book Award di Londra. Nel 2014 esce il documentario Aprés di Anush Hamzehian dedicato al suo progetto fotografico The First Day of Good Weather, il film è presentato a Le Cube e al MEP di Parigi e successivamente a Metz, Torino, Padova e Vicenza. Lo stesso anno vince il premio Photodays di Rovigno (Croazia) e partecipa al SiFest Savignano Immagini con una sua mostra personale.•  www.vittoriomortarotti.com

Vittorio Mortarotti

Fabrizio Prevedello nasce a Padova nel 1972. Si diploma in Scultura all’Accademia di Carrara (MC). Dal 1995 al 2002 vive e lavora a Berlino, dal ritorno in Italia a oggi vive e lavora in Versilia (LU). Ha da poco tenuto la sua personale Erste Episo-de: Dachboden Scheidswaldstrasse 5 al Mobiles Zentrum für ästhetische Avantgarde di Francoforte, mentre tra 2014 e 2015 la CAMeC, Centro Arte

Moderna e Contemporanea di La Spezia, gli ha dedi-cato la grande monografica Luce. Nel 2014 espone e realizza interventi site specific nella collettiva I baffi del bambino a Milano, BG3 – Biennale Giovani all’Accademia di Belle Arti di Bologna e in seguito al Museo della Città di Rimini, Blueshift presso Localedue di Bologna e Il collasso dell’entropia, installazione permanente realizzata negli spazi del Museo d’Arte Contemporanea di Lissone (MB). Negli anni precedenti partecipa, tra le tante, alla collettiva Apologia, Museo Civico del Marmo di Carrara (MS); al 13° Premio Cairo al Museo della Permanente di Milano e tiene Verde, la sua seconda personale alla galleria Cardelli e Fontana di Sarzana (SP) con cui collabora dal 2010.•  www.fabrizioprevedello.com

Fabrizio Prevedello

Giuseppe Abate nasce a Bari nel 1987. Nel 2012 ha conseguito il Diploma di Laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 2012. Tra il 2014 e il 2015 è stato selezionato tra gli artisti che hanno partecipato alla residenza presso la Fondazione Bevilacqua la Masa sempre a Venezia. Nel biennio precedente ha lavorato a Milano presso lo Studio d’Arte Cannaviello. Tra le sue mostre

personali ricordiamo la serie di personali curate da Enzo Canaviello allo Spazio A quadro di Roma, la galleria Interno 18 di Cremona e lo Studio d’Arte Canaviello di Milano e Il giudizio universale delle scimmiette tenutasi alla galleria Le Muse Factory di Adelfia (BA). Tre le collettive a cui ha partecipa-to nel 2015: Rob Pruitt Flea Market presso la A+A gallery di Venezia, Fluxbooks presso Palazzetto Tito, Fondazione Bevilacqua la Masa, Venezia, Mostra di fine residenza Bevilacqua la Masa presso la Galleria di San Marco, Venezia. Nel 2014: New Italian Painting, galleria Michael Shultz, Berlino; The inner outside (bivouacs), Dolomiti Contemporanee, Casso (PN); Piccolo Mondo Antico, Vivai Capitanio, Monopoli (Bari); Residenza#6 Lago del Duro, Serra dei Giardini, Venezia. •  giuseppeabate.tumblr.com

Giuseppe Abate

Paola Angelini nasce a San Benedetto Del Tronto nel 1983. Nel 2008 si diploma in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel 2011 frequenta il laboratorio di Arti Visive presso l’università IUAV di Venezia sotto la guida dell’ar-tista norvegese Bjarne Melgaard, lo stesso anno espone all’interno del padiglione Norvegese alla 54° Biennale di Venezia, nella mostra dal titolo

Baton Sinister curata dallo stesso Melgaard. Nel 2012 inaugura la sua prima mostra personale ad Oslo nella Galleria Rod Bianco. Ha ricevuto diversi riconoscimenti tra cui il Premio Level 0 – ArtVe-rona 2014, selezionata da Cristiana Collu per una personale al MART di Rovereto (TN) che si terrà nell’autunno 2015. Nel 2014 è stata in residenza per tre mesi presso Nordic Artists Centre Dale (NKD, Norvegia), da cui è nata la sua ultima mostra per-sonale dal titolo Regio alla Galleria Massimodeluca di Mestre. Da Febbraio 2014 per un anno è stata in residenza presso La Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia. Vive e lavora a Venezia.•  www.paolaangelini.com

Paola Angelini

Biografie di artisti e autori

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Namsal Siedlecki nasce nel 1986 negli Stati Uniti ma si trasferisce presto in Italia. Si diploma in scultura all’Accademia di Carrara (MC) dove nel 2008 fonda, assieme a Helena Hladilova, l’artist run space Gum Studio, la cui sede nel 2012 si sposta a Torino dove rimane fino al 2013 quando l’artista si trasferisce a Seggiano (GR). Tra settembre 2015 e l’agosto 2016 sarà a Roma dove lavorerà con il

sostegno dell’Italian fellowships presso l’Accademia Americana. Durante l’ultimo anno ha esposto in Still-Live Remix all’Antinori Art Project di Bargino (FI), è stato tra i vincitori del Premio Moroso la cui mostra si è tenuta a Villa Manin a Udine, ha partecipato alle collettive Time dreaming itself e Club of matinée idolz, entrambe a Torino, la prima allo Spazio Barrie-ra di Torino, la seconda alla galleria CO2. Nel 2014 ha partecipato a: Keep It Real, Ventura XV, Milano; Così Accade, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; The Remains of the day, Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno (AR) e ha tenuto la personale Group show al Museo Apparente di Napoli.•  namsalsiedlecki.blogspot.it

Namsal Siedlecki

Fabrizio Perghem nasce nel 1981 a Rove-reto (TN) dove si diploma presso l’Istituto d’Arte Fortunato Depero. Nel 2008 si laurea all’Accademia di Belle Arti di Bologna in Pittura con una tesi in antropologia culturale curata da Roberto Daolio. Nel 2014/2015 è stato selezionato tra gli artisti che han-no partecipato alla residenza presso la Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia durante la quale ha

partecipato a Fluxbooks presso il Palazzetto Tito, al Premio Stonefly e alla mostra di fine residenza entrambe tenutesi nella Galleria di Piazza San Mar-co. Durante l’anno corrente ha esposto i suoi lavoro in Jenga presso la galleria Localedue di Bologna, mentre a Milano ha partecipato a Quanto mi dai se mi sparo? presso Workbench e in Mal di montagna presso lo spazio Mars. Nel 2014 ha esposto nella collettiva Afterimage presso il MART-Galleria Civica di Trento e in Errare humanum est alla Galleria Civi-ca Segantini di Arco (TN). Negli anni precedenti ha esposto in Die Lightung presso la Kunsthalle Hotel Eurocenter di Lana (BZ); Hic et Nunc project alla Fiera d’Arte Contemporanea di San Paolo (Brasile) e Amarelarte al Porto di Bari, progetto successiva-mente ospitato ad Artissima Lido a Torino.•  www.fabrizioperghem.com

Fabrizio Perghem

Claudia Polizzi nasce nel 1986 a Napoli ed è grafica e illustratrice. Studia all’Isia di Urbino e allo Iuave e si laurea nel 2013 in Design e comunicazio-ne per l’editoria. Nel 2012 il progetto Panorama 4, Arte Nuova in Alto Adige sviluppato con Nike Auer, vince il primo premio Aiap Woman in Design Award

ed è esposto all’International Festival of Poster di Turun in Polonia e alla Turkish Graphic Designers Association di Istanbul. Nel 2014 il libro Cinderella, (ed. Milimbo) illustrato con Michele Galluzzo, è se-lezionato a Ilustrarte 14 – Biennale internazionale di illustrazione per l’infanzia. Vive e lavora a Bolzano.

Claudia Polizzi

Mario Tomé nasce ad Agordo (BL) nel 1980. Laureato in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia dove nel 2007 è stato tra i borsisti presso gli atelier alla Fondazione Bevilacqua la Masa. Nel corso degli ultimi anni ha preso parte con installazioni e performance a molti degli appunta-menti curati da Dolomiti Contemporanee presso il Cubo di Palazzo Crepadona a Belluno, il Nuovo Spa-

zio di Casso a Casso (PN), il Villaggio ENI a Borca di Cadore (BL), il museo GAL dell’Alto Bellunese, la Città di Glorenza (BZ), la Comunità Montana della Carnia, il Museo Etnografico Al Pojat di Zoppè di Cadore (BL), il padiglione Sass de Mura presso l’ex cartiera di Vas (BL). Vive e lavora a Agordo (BL).

Mario Tomé

Stefano Riba nasce nel 1981 a Verzuolo. Si fa 10 anni di gavetta (Fondazione Sandretto Re Rebauden-go, Fondazione Merz, Museum Ludwig, galleria Giorgio Persano e collaborazioni con Flash Art, Il Manifesto e Artribune) prima di iniziare la propria attività indipen-

dente. Nel 2012 apre lo spazio espositivo Van Der. Nel frattempo collabora con il progetto editoriale Prin-tAboutMe, crea (assieme a Pepe fotografia) la serie di incontri sulla fotografia secondo e dal 2014 cura la mostra Passi Erratici.•  www.vandergallery.com

Stefano Riba

Biografie di artisti e autori

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CervinoPassi Erratici 2015

A cura di

Stefano Riba

Artisti

Giuseppe Abate, Paola Angelini, Vittorio Mortarotti, Fabrizio Perghem, Fabrizio Prevedello, namsal Siedlecki, Mario Tomé

Testi

Stefano Riba

Fotografie

Vittorio Mortarotti

Illustrazioni

Giuseppe Abate

Progetto grafico

Claudia Polizzi

Stampa

Lanarepro – Lana (BZ)

Carta

GardaMatt Art, 115 grFedrigoni Freelife Vellum, 100 grFedrigoni ispira, 250 gr

Font

Marr Sans, Commercial typeCalibre, Klim Type Foundry

Finito di stampare

Luglio 2014

Tiratura:

1.850

Mille grazie aFrancesca Gambetta, Sara Leporati, Aldo Audisio, Marco Ribetti, Gérard Ottavio, Adriana Pession, Flavio Bich, Antonio Carrel, Luca Bich, Yvonne Barmasse, Enrica Pellissier, Rosanna Berthod, Myriam Hérin, Manuela Perrin, Claudia Polizzi, Roberta Gyppaz, Luisa Perotto, Maurizio Dematteis, Dario Rabbia, tutti gli artisti e, per i preziosi dati, un ringraziamento agli uffici del Turismo di Breuil - Cervinia e Valtournenche, all’Ufficio Tecnico e all’Anagrafe del Comune di Valtournenche.

Mostra e catalogo realizzati con il sostegno della Compagnia di San Paolo nell’ambito del Programma Torino e le Alpi.

Responsabile del programma Torino e le Alpi: Sara LeporatiResponsabile del Festival Torino e le Alpi: Francesca GambettaSegreteria organizzativa: Daria Rabbia

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Vittorio Mortarotti Paola AngeliniMario TomèNamsal SiedleckiFabrizio Perghem Giuseppe AbateFabrizio Prevedello

Mostra e catalogo realizzati con il sostegno della Compagnia di San Paolo nell’ambito del Programma Torino e le Alpi.