pensando nella vita: riflessioni di uno spirito curioso (tascabile)
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Piccoli testi e riflessioni riguardo a diversi temi, diviso in 3 cattegorie: cambiamenti; momenti di riflessioni e, per ultimo, testi riguardo al mio lavoro, o sia, la Psico-oncologia, la Psicosomatica e le Cure Palliative.TRANSCRIPT
RIFLESSIONI E PENSIERI DI UNO SPIRITO CURIOSO
MARIAN DE
SOUZA
PENSANDO
NELLA VITA
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
2
Presentazione
Questo libro non ha alcuna pretesa, se non quella di
raccogliere alcuni pensieri, idee e riflessioni che ho fatto (e
continuo a fare) molte volte nella mia vita. Sono articoli,
pensieri, testi che sembrano magici e altri che sembrano
privi di senso. Alcuni facili da capire, altri, vi chiedo di
leggerli col cuore, piuttosto che con la ragione. Perché
molto di ciò che scrivo deve essere sentito col cuore.
Ho cercato di seguire un ordine, una logica, anche se avrei
potuto organizzare i testi in un modo completamente
diverso. Lo scopo principale di questo libro è di essere
qualcosa di nuovo, di diverso e, soprattutto, divertente. Qui
potrete, quindi, trovare testi scritti in tempi diversi, su
argomenti diversi, e in un modo o in un altro, sempre con
un tanto di personale.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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PARTE I 6
MOMENTI DI RIFLESSIONE 6
DONNA MODERNA, STRESS. TEMA SEMPRE ATTUALE 7
LO STRESS DELLA DONNA MODERNA 8
SENSA ARGOMENTO, OPPURE: RIFLETTENDO 15
SUL SENSO DELLE PAROLE. LA PSICOLOGIA, LA FISICA, LA SPIRITUALITÀ.
16
RIGUARDO AL TEMPO 19
VISIONI: CERVELLO O SPIRITUALITÀ? 25
DELLE OPPORTUNITÀ 27
LE OPPORTUNITÀ I 27
VOGLIA DI SCRIVERE. UN PO’ RIGUARDO ALLA SPIRITUALITÀ. 28
SONNO, SOGNO 30
FAMIGLIA 31
DELLA FELICITÀ 32
DELL’IMPORTANZA DELL’ALTRO 33
RIFLETTENDO CIRCA LA RICERCA (E L’INCONTRO) DELLA
METÀ DELL’ANIMA. 36
MANGIA PREGA AMA. RIFLETTENDO ANCORA 39
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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IL MARE. (UN AGOSTO A CELLE LIGURE) 42
CITTÀ TRAVESTITA 48
A RISPETTO DELLA NEVE 49
SU RISCHI E CORAGGIO 53
NON AVERE PAURA! 54
RISPETTO ALL’INVECCHIAMENTO 56
RIFLETTENDO MENTRE BEVO UN “CHIMA” 67
QUANDO SI È BAMBINO, LE COSE SONO COSÌ SEMPLICI! 74
TRAGEDIE, PERDITE, MORTE PREMATURE. RIFLETTENDO. 83
PARTE II 90
CAMBIAMENTI 90
CAMBIAMENTI 91
CAMBIAMENTI, NUOVI CICLI. 96
CAMBIAMENTI I 98
ANCORA CAMBIAMENTI: RIFLETTENDO CON FRAMMENTI DI CLARICE
LISPECTOR 100
PARTE III 105
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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LA PSICONCOLOGIA, LA PSICOSOMATICA, LE CURE PALLIATIVE 105
LA VITA 106
DOLORE. 108
LARINGECTOMIA E SPIRITISMO 112
EGLI HA IL CANCRO! 118
COS’È PEGGIORE: AVERE IL CANCRO O SCOPRIRE CHE QUALCUNO A CUI
AMIAMO HA IL CANCRO? 125
PARLANDO DI PERDITE 131
LA PAURA DEL CANCRO E LA SUA RELAZIONE CON GLI ASPETTI
CULTURALI 144
XII, LUI HA PERSO L’APPETITO! E ORA? 149
PSICONCOLOGIA: UN VERTICE DELLA PSICOSOMATICA 160
RINGRAZIAMENTI 167
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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PARTE I
Momenti di riflessione
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
7
Donna moderna, stress. Tema sempre
attuale
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
8
Lo Stress della Donna Moderna
Rivoluzione femminile. Donne in lotta per l'uguaglianza,
conquistando spazi, incarichi, diritti. Uguaglianza?
Impossibile. Perché, anche se abbiamo provato a diventare
uguali, non potevamo lasciare fuori un fattore cruciale: non
siamo uomini, non lo saremo mai. Noi siamo, sì, donne.
Non possiamo negare le molte conquiste che abbiamo
avuto nel corso degli anni. Non siamo più "solo" donne
sottomesse, il cui " unico " dovere doveva essere quello di
servire, servire, servire. Ai genitori, il marito, ai figli. Il
dovere era di essere dotata, educata. Era di essere
obbediente, sottomesse, vivendo sempre all’ombra, mentre
cercavamo, timidamente, un posto al sole. Come esseri
umani, però, questo non era abbastanza per noi. Volevamo
di più. Volevamo poter dimostrare al mondo, e a noi stesse,
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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che eravamo molto di più di questo. Che avevamo la forza,
l'intelligenza, i desideri. Che potevamo essere indipendenti,
avere posizioni di rilievo. Essere capi di famiglie,
imprenditrici, politici, qualunque cosa. E ce l’abbiamo fatta,
ma a che prezzo?
Proprio come gli uomini, siamo diventate operai "
workacholics ", esecutive, imprenditrici, impiegate, libere
professioniste. Vale a dire, siamo diventate "quasi" come
loro. Tuttavia, non abbiamo dimenticato i nostri "altri "
compiti. Ciascuno di noi è, soprattutto, DONNA. Che sono
sempre sotto pressione. Sotto la pressione della società,
degli altri, di se stessi. Dopo di tutto, essere dirigente,
imprenditore, professionista non ci basta. Abbiamo bisogno
di qualcosa di più. E insieme a queste posizioni, siamo
ancora compagne, amiche, mogli, madri, casalinghe. Per
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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questo motivo il commento: "Siamo diventate uguagli
uomini? " In un certo senso sì, ma a costo di che cosa?
Beh, io credo che, in realtà, in un modo o nell'altro, gli
abbiamo superati. Il "peso" del lavoro è immenso. Giornate
doppie, triple. Il tempo vola, ventiquattro ore non è
sufficiente per "prendersi cura" di tutti i ruoli che abbiamo
dovuto assumere, dal momento in cui abbiamo fatto questa
scelta. La scelta di un posto più grande al sole. Noi siamo
donne moderne. Siamo fatte così, il mondo ci ha rese così.
Brulicanti di attività, sempre di corsa, a volte abbiamo
l'impressione che anche il tempo libero è diventato un
po’’rigido, obbligatorio e noioso. Come se per vivere, per
sopravvivere, sia necessario, “riempirsi” di cose, compiti e
attività. E tutto questo per cosa?
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Si può notare che il grado di stress delle donne, nei giorni
d’oggi, è piuttosto alto. Lo stress è attivato giorno dopo
giorno, dal modo di vivere la vita, dal modo in cui la si
guarda. Stress fisico, biologico, con sintomi come alterazioni
dell'appetito, del sonno, gastrite, mal di testa, infezioni
virali, influenza, tachicardia, malattie opportunistiche, e
qualche volta anche problemi di salute più gravi come
infarto, cancro, ecc, e lo stress emotivo, con sensazioni di
stanchezza, tristezza, ansia, depressione, panico,
impazienza, ecc.
Può darsi che questa necessità di essere sempre
"sovraccariche" sia un modo che abbiamo trovato per
difenderci, proteggerci. Da noi stesse. Perché così, piene di
attività, non abbiamo tempo per pensare. Per riflettere
sulle cose, per guardare dentro noi stessi e conoscerci
davvero. Con i nostri sogni, desideri, sentimenti,
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risentimenti. Con le nostre gioie, ma anche i nostri dolori,
sofferenze, rabbia. Tuttavia, questo non mi sembra un buon
metodo di protezione. Dopo di tutto, il corpo invia il suo
messaggio. Ciò che non è buono, in un modo o nell’altro,
verrà fuori. Non si può impedire. Allora, quale sarebbe la
soluzione? Lasciare tutto e andare in un rifugio per i
monaci? Buttare via tutto? Dimettersi dall’arduo compito di
essere tre in una? Beh, credo niente di così radicale.
Forse il primo passo sia riconoscere che non siamo “super
donne”. Almeno non nel senso letterale del termine. Siamo
super sì, siamo uniche e molto, molto speciale. Proprio
perché abbiamo difetti, sentimenti, perché siamo "umane"
nel più bel senso della parola. Wonder Woman, solo quella
delle storie. E, qui fra noi, ammettiamo: meglio che sia così.
Ciò di cui abbiamo bisogno, non è lasciare il lavoro, essere
“meno madri”, neppure contro il mondo, contro il sistema.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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È, sì, avere un momento per noi. E che ognuna possa
organizzare la sua vita giorno per giorno, la sua routine, in
modo che abbia "sempre" un po’ di tempo per se stessa.
Per vivere nel senso più pieno, per fare le cose che ama, per
dedicarsi al proprio benessere. Per avere un momento di
svago, di riposo, qualche hobby. Per fare qualcosa che le
faccia piacere. Per ascoltare se stessa e il suo corpo. Ma non
semplicemente ascoltare, ma ascoltare e comprendere.
La corsa del giorno per giorno, ci mostra che non siamo in
grado di "sbarazzarsi" dello stress, o di ciò che lo genera.
Ma noi possiamo affrontarlo, gestirlo, e anche in sua
presenza, possiamo vivere bene, senza essere invasi,
disturbati da lui. Come?
Nel modo di cui ho parlato sopra, vale a dire, imparando ad
ascoltare, prendere tempo per se stessi, realizzando i sogni,
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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facendo quello che amiamo. Non sovraccaricarsi tanto,
permettendosi di dire di no. Accettando i propri sentimenti,
i suoi limiti e, soprattutto, non lasciando mai andare il modo
"umano" di essere. Che lo stress sia un impulso, uno stimolo
nella ricerca della felicità. Felicità questa che si trova nelle
piccole cose, nel giorno dopo giorno e che, con la corsa di
tutti i giorni, finisce per passare inosservata. E che non si
perca mai il grande orgoglio che abbiamo di essere donne.
Esseri razionali, comunque sensibili. Esseri unici, ma che
non smetteranno mai di aver bisogno degli altri, e viceversa.
Uomini, donne, con le loro somiglianze e differenze, ma
tutti speciali.
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Sensa argomento, oppure: riflettendo
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Sul senso delle parole. La psicologia, la fisica,
la spiritualità.
È beh. Oggi non ho nessuna idea di cosa scrivere. Sono
senza argomenti, ma non sarebbe proprio questo
l’argomento? Che cos’è, dopo di tutto, essere senza
argomenti? Senza è uguale a niente? Se ci pensiamo bene,
no, non lo è. Niente è niente, cioè, si tratta già di qualcosa!
Che viaggio, in effetti, ecco un'altra parola a cui si può dare
sensi diversi. Sensi, nel senso di sentire, di capire. Davvero,
la nostra lingua portoghese ci fa tanti scherzi! Riflettendo,
riflettere, riflessione. In che senso? Che cosa ha a che fare
lo specchio con riflessione, nel senso di, vediamo,
(guardare?) pensare su un tema, parlare (riflettere?) su un
argomento? E se proviamo a separare: ri- flessione: sarebbe
“flessionarsi” (fare flessione) un’altra volta? E riflette ri-
flette. Che cosa vuol dire “flette”? Veramente, c’è “molta
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stoffa per manica”1! Hanno(Soprattutto essendo estate,
preferisco le camicette senza maniche)
Tutta questa confusione della nostra lingua diventa ancora
più grande se si comincia a pensare ai concetti della Fisica
Quantica. Tutto al tempo stesso adesso (Titolo di un disco
dei Titãs- quelli ragazzi sono saggi!). Tutto succede, il tempo
non esiste, quello che facciamo ora influenza il futuro
(ovvio, chi non lo sapeva?) e influenza anche il passato.
(Come mai)? Ah, avevo detto che era un cosa da “ far
rizzare i capelli"! E il potere ce esercitiamo sulle macchine?
Per tutto c’è una spiegazione. E non è solo Freud che lo
spiega. Anche Einstein e altri grandi pensatori. E ogni tanto
devono girarsi e rigirarsi nelle loro bare (nel caso ci sia
ancora qualcosa di loro da qualche parte sotto terra). Io
1 “Ter muito pano pra manga”: espressione utilizzata quando un
argomento porta con se molto da parlare, da discutere.
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particolarmente penso che essi siano in un livello molto più
evoluto rispetto al nostro. Ma su quest’argomento
discuteremo in un altro momento. Ah! Ci sono anche i
“MEMES”…Ih, sono tante cose, tutto matto e al tempo
stesso così affascinante!
Fisica, Psicologia, Spiritualità. Metti tutto in una borsa,
mescola bene. Magari metti nel frullatore, e poi cuoce in
una forma per le torte. Anche se non sembra, gli ingredienti
stanno bene insieme. E vi garantisco, il risultato è
buonissimo!
Buon appetito, voglio dire, buoni pensieri, buone riflessioni,
infine, buon tutto, “buon” qualunque cosa!
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Riguardo al tempo
Chi è questo “Essere” così potente chiamato “tempo”?
Perché noi, della società occidentale, siamo così sottomessi
a lui che, tante volte, ci sembra di essere vivi
semplicemente per obbligo? Siamo vivi per compiere un
dovere dove, in tanti momenti, quello che meno importa è
il “piacere”? Deve essere davvero potente il “Signor
Tempo”. E ad agoni giorno il suo potere cresce ancora di
più.
Il tempo sta accelerando, il mondo sembra che giri più
veloce. Oggi, tutto è già diventato ieri. E il domani? Il
domani non arriva mai. E quando arriva, è già passato.
Oggigiorno, le trasformazioni avvengono in pochi
millisecondi. E, in tutta questa fretta, sentiamo anche noi il
bisogno di essere "veloci". Bisogno di vivere tutto allo
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stesso tempo, con intensità, a un migliaio di chilometri l'ora.
Aspetta, ho già sentito questa storia
Non era proprio la "velocità", il "vivere dieci anni a mille
invece di mille anni a dieci", che ha"ispirato" la "Gioventù
Ribelle"? James Dean, sesso, droghe, rock and roll. Vivere il
mito. Morte? Che importava! Il tempo (sì, anche allora)
passava in fretta, bisognava “goderselo” (E quanti giovani
sono morti senza nemmeno rendersi conto che la vita è
molto più di un bicchiere di birra!). Bene, torniamo al fatto.
Il tempo accelerato ci costringe a essere più "dinamici", per
adattarsi alla realtà che c'è. Chiunque non sia disposto ad
accompagnarlo, corre il rischio di diventare specie in via di
estinzione. Milioni, miliardi di cambiamenti si sono
verificati, senza che ci rendessimo conto della "messa la
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metà”.2, ma c'è. Come Janis Joplin, una volta ha detto: " “If
you got a today, you don’t need a tomorrow. Tomorrow
never happens”. Che cosa c'è, in ogni caso? L' adesso? No,
L'adesso non c'è più ormai. È passato. Che confusione, no?
A volte mi metto a pensare a questo che ho chiamato
"Signore del Tempo". Ô ragazzo con comando vocale! Lui è
capace di lasciarci ansiosi, sembra fermarsi quando
abbiamo qualcosa da realizzare. Se aspettiamo qualcuno, lui
trasforma ogni secondo in gocce di eternità. Nei momenti di
piacere, accelera le sue lancette in un gioco perverso,
svolgendo un tipico ruolo di guastafeste. Ma è vero che ci
aiuta anche. Perché anche quelle cose che richiedono molto
tempo, egli ci fa finire. E per quello che vogliamo che duri
2 Senza sapere “della messa la metà” (da missa a metade):
espressione idiomatica utilizzata quando uno sa veramente poco su un argomento, che c’è ancora tanto da imparare!
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più a lungo, ci lascia un debole barlume di speranza che
possa accadere di nuovo. Essere divertente, questo "Signor
Tempo". Esso controlla le nostre ansie, le aspettative,
nervosismo, gioie, dolori. Siamo più vulnerabili a esso di
quanto possiamo immaginare. A volte sembra che "non ci
sarà tempo." Altre, che il tempo "semplicemente si è
fermato."
Mai nel corso della sua vita, in una di quelle giornate
caotiche, ti sei preso una pausa per pensare? Riflettere sul
perché di tanta ansia, su questo bisogno di fare "tutto
adesso, allo stesso tempo", lasciando da parte molte volte
la tua singolarità? Ti sei mai reso conto di quanto sei
controllato da una "forza invisibile" chiamata tempo?
Probabilmente sì. E ti ricordi di aver mai delegato a "egli" (il
tempo) tale potere? E se avete deciso di vivere ogni
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momento "bene" invece di "Passar sopra, travolgere tutto”.
Quali conseguenze ciò avrebbe portato alla tua vita?
Come dico sempre: "No stress"! Siamo, è vero, schiavi del
tempo. Ma possiamo tentare di fare un accordo con il
"miscredente". Che egli possa darci un po’ di libertà per
vivere le nostre vite, ogni momento. Perché il tempo, oltre
ad essere potente, è prezioso. Troppo prezioso per
semplicemente "lasciarlo andare".
Non è vivere "dieci anni come se fossero mille, ma neanche
“laissez faire, laissez passer”. Né otto, né ottanta. Quello
che non si può è restare troppo pacifici davanti a questa
“sovvenzione temporale”. Sai una cosa? Costruisca tu
stesso il tuo tempo. Ricordati dello ieri, pensa nel domani,
ma VIVA l’oggi e CARPE DIEM!
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Visioni: cervello o spiritualità?
In questi giorni ho riflettuto su come il nostro cervello è
capace di cose assurde e mi sono resa conto che non
sempre ciò che si vede è quello che è, e che spesso il nostro
cervello è in grado di creare l'immagine che si desidera
vedere, o che abbiamo registrato, forse nel nostro
subconscio.
Il numero di persone conosciute che vedo camminando per
le strade di Milano è una cosa impressionante! Ho già visto
amiche, amici, pazienti (inclusi già deceduti, provate ad
immaginare!), famigliari. La cosa arriva ad essere
divertente, e mi fa capire quanto queste persone occupano
i miei pensieri e, perché non dirlo, il mio cuore . Certamente
sono persone che sono (o erano) nella mia vita per qualche
motivo e non c'è da meravigliarsi che il cervello commetta
queste"pazzie" .
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Ora, pensa che pazzia, come il pensiero può "viaggiare"! E
perché sono esattamente "queste" le persone? Perché
assomigliano a quelli che ho visto passare? O perché c'è una
certa sincronicità in tutti i fatti della vita? E non sarebbe
possibile che se una persona è in sintonia con l'altra (nella
stessa vibrazione), sia in grado di, con la forza del pensiero,
progettarsi in un'altra figura così da poter fare che l'altro le
possa ricordare, o pensare a lei proprio in quel momento?
Complicato? Ah, chi mi conosce sa che io viaggio in queste
cose! Beh, non rivelerò chi ho visto in giro qui. Se qualcuno
identifica con questo, può essere sicuro di essere una delle
persone che ho visto. E se pensi che "io, nulla a che
vedere", bene, può essere tu stia sbagliando di grosso!
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Delle opportunità
La vita ci offre infinite possibilità di essere felice, ma a volte
siamo così preoccupati in cambiare ciò che non può essere
cambiato, che finiamo per lasciare che le opportunità
scappino tra le nostre mani.
Le Opportunità I
Ci sono volte in cui lasciamo andare una opportunità e,
mentre stiamo lì, a perdere il tempo rimpiangendola,
finiamo per perdere anche quella nuova e ancora più bella
opportunità, che ci guarda "furtiva" dalla finestra!
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Voglia di scrivere. Un po’ riguardo alla
spiritualità.
Perché siamo sempre costretti a mettere un titolo in quello
che scriviamo, o che scriveremmo? Sin dai tempi della
scuola era così . La parte peggiore del saggio, era quando è
arrivato il momento di dare un titolo alla nostra storia
Momento per essere creativi, o semplicemente banale?
Comune o rivoluzionario? Bene, il tema del blog di oggi è
tutto e niente, o, come nella musica di Titãs, "tutto al
tempo stesso ora". In tutti i modi. Primavera, inverno,
primavera. Neve nel fine settimana (in molti posti), il freddo
e la pioggia, otto gradi. Lunedì e Martedì il sole, diciotto,
venti gradi. Segue il Master, settimana con diverse attività
online, domande circa la spiritualità, che cos' è, ciò che
pensiamo a riguardo, come la definiamo. Per me,
“Spiritualità è la capacità di trascendere, di comprendere l’essere
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umano come un essere divino, di credere in una forza maggiore
(Dio), di credere che ognuno di noi abbia una missione, un
compito da fare in questa vita, e che niente succede per caso.
Spiritualità è la capacità di resilienza, è avere una visione di
mondo che ci aiuti a crescere e a diventare persone migliori, è
fede, è religione, ma va oltre a tutto questo, è non solo la ricerca
di risposte, ma è la comprensione e l’accettazione della vita come
sacra e divina”. E la vita? La vita é ogni momento, è ciò che
ognuno di noi sceglie, è la felicità che rinasce ad ogni
istante! Ora vado!
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Sonno, sogno
Mentre il nostro corpo dorme, il nostro spirito viaggia.
Durante il sonno succedono i rincontri, con quelli che si
sono andati, con quelli che sono lontani, e molte volte i
ricordi dei sogni non sono che piccoli frammenti di ciò che
abbiamo vissuto in spirito.
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Famiglia
La nostra famiglia è il nostro rifugio, e quando l’amore è
vero, non ci sono distanze. Lontano è un luogo che non c’è,
già diceva il poeta. Con il pensiero, con lo spirito e con
l’anima, ci si può andare dove si vuole, senza nessuna
barriera, senza limiti di distanza o tempo.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Della felicità
C’è cosa migliore che svegliarsi tutte le mattine accanto alla
persona che ami, ed essere sicuri che il futuro, come il
presente, è un serbatoio pieno d’amore, salute e felicità?
Per questo motivo, ogni sera e ogni mattina, ringrazio Dio
per le opportunità che mi ha offerto, e per tutto quello che
mi ha aiutato a conquistare!
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Dell’importanza dell’altro
Certa volta ho letto che gli amici sono come angeli, e mi
sono pena ricordata di un altro testo, che diceva che tutti
siamo angeli di un’unica alla o sia, che abbiamo bisogno
dell’altro per poter volare. E cosa significa davvero aver
bisogno del altro?
Tanti anni fa, quando eravamo a Ouro Preto, uno scout mi
ha regalato un foglio di quaderno con alcune delle sue
poesie e riflessioni. Una di quelle, non ho mai dimenticata.
Egli diceva che anche per essere soli dipendiamo degli altri.
Perché se non ci fossero gli altri, non saremmo soli, ma
unici. E questo mi fa pensare: Che cosa sarebbe della nostra
vita, senza la presenza dell’altro? Di un “altro” che ci faccia
sorridere, che c’insegne ad amare, che ci permetta
prendersi cura ed essere curato? Senza quell’altro che ci
critica e quello che ci consola? (Che molte volte sono gli
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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stessi). Che vantaggio c’è in essere narcisista fino al punto di
non aver bisogno del altro per niente, assolutamente
niente?
Ammiro le persone che si considerano 100% indipendenti,
che ripetono tutto il tempo, per chi vuole e può sentire, che
si bastano. Che si bastano per se stessi. Io no. Io non mi
basto, e penso che neanche voglia. Io dipendo sì dell’altro.
Dipendo dell’amicizia, dipendo dell’amore, dipendo della
presenza costante dell’altro, anche se questa presenza è nei
miei sogni, nei miei pensieri. Dipendo di un essere che mi
guida, che mi accompagna durante la traiettoria della mia
vita, e che alcuni chiamano angelo custode.
Non capirmi male, non parlo di una dipendenza che ci
rimette al vizio, ma una dipendenza salutare, che ci fa
diventare quello che siamo davvero. Sono d’accordo che sia
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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importante, cioè, fondamentale, camminare con le proprie
gambe. Ma da solo? Mai!
Nella camminata della vita, portiamo sempre qualcosa
dentro di noi. Portiamo cose, luoghi, persone, ricordi, sogni,
pensieri, e questi, ci accompagnano sempre. Essendo così,
mai siamo soli. Ed io dico: per fortuna!
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Riflettendo circa la ricerca (e l’incontro)
della metà dell’anima.
Io ho sempre sentito parlare che, di solito, nell’amore, nella
ricerca della metà dell’anima, abbiamo la tendenza, sia
cosciente sia incosciente, ad avvicinarci, nel caso di noi
donne, a un uomo che abbia delle caratteristiche simili al
nostro padre. E questa non è una scelta cosciente, lo so. E
credo che sia una scelta di cuore, e che non succede solo
perché, come dicono alcuni psicanalisti, cerchiamo la figura
del padre (noi donne), o della madre (gli uomini). Penso
che, in verità, Dio abbia “messo” nel nostro vero amore
caratteristiche che per noi sono”di casa”, per così facilitare
nostro incontro e la nostra capienza di anime.
Come molto lo sanno già, io non ho convissuto con mio
padre, purché lui sia disincarnato prima della mia nascita.
Questo però non vuol dire che non ho avuto un padre. Anzi,
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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ne ho avute varie! E ho osservato che Stefano assomiglia un
po’ con ognuno di loro.
* Lui è un innamorato della musica classica, gli piace
molto andare ai concerti e sta sempre facendo qualche
scherzo, come lo zio Ruben;
* Quando beve qualcosa, lascia sempre un po’ nella
tazza, come lo zio Waldyr, ed è anche molto meticoloso (Lo
zio Waldyr era così.)
* Come lo zio Chico, é molto organizzato, possiede
la casa piena di “provvisioni” e, quando guarda la tv, cambia
sempre il canale, e guarda tutti i tele-giornali che ci sono.
(Guarda circa cinque volte le stesse notizie, e mi ricordo
che, da piccola, quando andavo da zio Chico, non riuscivo a
capire perché lui guardava vari telegiornali, se le notizie
erano sempre le stesse!)
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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* Come lo zio Paulo, gli piace riunire gli amici, stare
con le persone, e ama cucinare (E fa dei piati divini!)
* Come lo zio Pedrinho, è molto presente, valorizza
la famiglia e gli amici come nessuno lo fa, ed è sempre
disponibile ad aiutare.
Allora, Dio ha o no fatto apposta?
Ho solo una cosa da dire: grazie! Grazie della famiglia
meravigliosa dove mi ha fatto nascere, crescere, ecc e
grazie della dolce anima che ha messo al mio fianco, per che
io potessi dare continuità alla mia missione e con chi, nel
futuro, costruirò una nuova famiglia, che in realtà non sarà
nuova, ma un ramo in più di quest’albero chiamato vita!
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Mangia prega ama. Riflettendo ancora
Una volta ancora stavo pensando a quel libro, nei suoi
messaggi e in cosa, per esempio, questo titolo potrebbe
significare, o meglio, come potrebbe essere interpretato,
poiché credo che ognuno di noi dia un senso proprio e
particolare a tutto ciò che fa, legge e vive.
Prima di tutto, mi è venuta in mente la differenza di
traduzione fra il portoghese e l’italiano. In portoghese, il
libro (e anche il film) s’intitola: Mangiare, pregare, amare.
Proprio così, con i verbi nell’infinito, mentre in italiano, è:
Mangia, prega, ama. Un tempo verbale diverso, che ci fa
pensare quasi a un’imposizione. Hum… sarà perché gli
italiani si trovano in un momento delle loro vite così piena
di stress, che questi “piaceri” (per non dire “doveri”)
devono essere letti come dei doveri, delle obbligazioni?
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Resta l’osservazione, comunque, quello che volevo davvero
commentare, era che questi tre verbi (siano nell’infinito
oppure no) significano, innanzitutto, PRENDERSI CURA.
Prendersi cura di sé. Perche riflettono, secondo me, il
“prendersi cura nella totalità”… la cura del corpo
(mangiare), della psiche (amare), dell’anima (pregare)… Non
so se tutti quelli che hanno letto il libro l’hanno interpretato
nella stessa forma, neanche se sono stati “colpiti” nello
stesso modo in cui è successo a me, però, egli riflette un po’
la mia filosofia di vita, valori fondamentali. L’amore, la
fede, e anche il fisico, perché, qui fra noi, anche questo è
importante, nessuno vive di luce. Almeno, non “solo” di
luce.
Oltre ciò, il libro parla di scelte, di cambiamenti, di presa di
decisioni. Di coraggio, di vita, e torno a “battere” nello
stesso tasto: secondo me, tutto ciò vuol dire CURARE, vuol
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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dire AMARSI. Allora, faccio una domanda: e tu, ti ami
abbastanza?
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Il mare. (Un agosto a Celle Ligure)
Queste fine settimana a Celle Ligure mi ha fatto riflettere
circa alcune cose, e vivere delle esperienze incredibili, che
condivido qui.
Sono sempre stata innamorata del mare, ma non avevo mai
immaginato che “egli” mi sarebbe mancato così tanto. Il
mare che, quando abitavo in Brasile, non vedevo spesso,
ma solo durante l’estate, e in qualche giornata festiva.
Più di una persona mi ha detto che sono figlia di “Iemanjá”,
e penso che abbiano ragione. Perché il mare, il mare mi
affascina, mi trasmette pace, un’energia tutta speciale. E ho
nuotato che, quando parlo di mare, parlo specialmente
dell’oceano. La differenza? Molta. Tante. La profondità, ma
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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non mi riferisco alla profondità delle acque, ma alla
profondità con la quale agisce su di me, sulla mia anima.
Subito nel momento in cui ho avvistato il mare, lì in Liguria,
dal finestrino della macchina, i miei occhi si sono riempiti di
lacrime. E’ stato difficile, molto difficile trattenere le
emozioni. Io non avrei mai immaginato che la visione, la
semplice visione del mare sarebbe stata capace di
esercitare su di me una forza così grande. Il mare, però
(almeno il mare in Liguria), è molto diverso dell’oceano, di
quelle acque che non solo mi hanno sempre energizzato,
ma che hanno condiviso con me sogni, desideri, risi e
lacrime.
Un mare bellissimo, di una tonalità blu meravigliosa, ma,
purtroppo, pieno di sassi. Arrivare fino in acqua per me era
una vera tortura, una sofferenza che, per fortuna, sarebbe
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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compensata dal bagno rinfrescante che quelle acque salate
mi avrebbero propiziato. Salate? Non più di tanto! Il mare è
un po’ “annacquato” (insonso). Non è molto salato,
l’oceano è molto di più! (Non mi ha dato neanche quel
piccolo bruciore in gola, molto meno quella sensazione che
ci rimane sulle labbra, dopo di stare per un lungo tempo in
acqua).
Sassi anche dentro dell’acqua, il che mi obbligava a
“tuffarmi” già del bordo. Nel primo giorno, una “specie di
onda” che scoppiava sulla spiaggia, con una certa forza. .
“Mare mosso”, dicevano. Ed io:?
Pochi passi e già non si riusciva a toccare il fondo. Dicono
che il nostro oceano sia pericoloso ma, sinceramente, il loro
mare è molto di più. Va bene che non ci sono le onde, ma
diventa subito profondo, ha la corrente, e ci fa stancare
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molto di più. Questo perché o ci si muove tutto il tempo, o
ci rischia di annegare. Nell’oceano invece no, lì si può
camminare a lungo, con l’acqua che ci copre pian piano,
ogni parte del corpo. Nell’oceano, se arriva un’onda forte e
sei nel raso, puoi semplicemente tenere i piedi firmati al
suolo, e aspettare che l’onda passe. Se sei con l’acqua
nell’altezza della cintura, per esempio, puoi tuffare, e
lasciare che l’onda ci passi di sopra.
Il mare della Liguria é molto bello, rinfresca, diverte, ma
non è così “magico”. Sembra più una grande piscina salata.
Divertirsi usando le onde per arrivare alla riva, saltare le
onde, assolvere tutta quell’energia. Questo no.
“Saudades” delle “nostre” spiagge, di quella sabbia fina che
sembra massaggiare i nostri piedi, e che è calda solo la su,
molto lontano dell’acqua e che, anche li, si raffredda con
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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facilità; saudades del mare forse non così blu, del mare
sicuramente più freddo, quel mare immenso, con delle
onde che ci fanno cadere, se non si sa il modo di affrontarle.
Un mare che, molte volte, durante la notte, copre tutta la
spiaggia, cercando di purificare il camino per il giorno dopo.
Parlando in spiaggia, lì dove siamo stati, sabbia grossa,
come se avessero messo dei sassi nel frullatore. Sabbia
calda che faceva male ai piedi. La spiaggia era un corridoio
stretto, pieno di sedie e ombrelloni. “Un posto nella sabbia
vale oro”! Neanche pensare in correre per arrivare in acqua,
in giocare a pallavolo o “frescobol”, o a camminare
bagnando i piedi in acqua. Manca lo spazio, questo per non
dire della sabbia che brucia e dei sassi che fanno male.
Correre dalla sabbia all’acqua sarebbe una vera corsa ad
ostacoli.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Non voglio essere fraintesa, io amo il mare, amo l’acqua, e
ho “amato” essere andata in spiaggia. Mi sono divertita
tantissimo, abbiamo vissuto dei momenti meravigliosi, la
spiaggia è bellissima, e tutto questo compensa la
“mancanza di spazio”. Io sentivo MOLTA mancanza del
mare. L’acqua salata mi da energia, mi diminuisce lo stress,
mi “ricarica”. L’unica cosa è che ho scoperto che, quello ciò
che mi fa così bene, non è semplicemente il mare, ma la sua
forza, la forza delle sue onde, il freddo delle sue acque, il
sale che mi brucia in bocca. Essere stata questi giorni in
spiaggia mi ha fatto un bene incredibile. E sicuramente se
fossi stata nell’oceano, sarebbe stato ancora meglio.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Città travestita
Casale Monferrato, una mattina qualunque di gennaio. La
città si sveglia travestita di bianco. Come se volesse
trasformare quel momento in un momento unico, di
cartolina postale. Camminare per le strade, era come essere
dentro di un dipinto, essere un personaggio dei sogni dei
più nobili pittori. E il sole? Il sole si era travestito di luna!
Una bella luna piena e luminosa! Forse voleva scoprire
perché la sua cara sorella risveglia nell’uomo tanti
sentimenti contrastanti. Forse lui, il grande Re, nella sua
saggezza, ha così acquisito una sensibilità unica. Chi lo sa.
Forse, da questo giorno in poi, con i loro raggi, oltre a
calore, trasmetterà agli uomini raggi di sensibilità ed
emozione.
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A rispetto della neve
In questi ultimi giorni, Milano si è ricoperta di bianco. Come
se Dio l’avessi avvolta in una dolce e bella copertura di
zucchero glassato, come quello che si trova in quei dolci
fatti con la pasta sfoglia e che a me da bambina piaceva
mangiare “da sola”. Chissà se Dio non voleva proprio
lasciare le nostre vite più dolci!
La neve è veramente una cosa magica e molto interessante.
In ogni posto dove decide di fermarsi, ci fa immaginare una
cosa diversa. Sopra i rami degli alberi, per esempio.
Sembrano dei fiochi di cotone. E ci fanno pensare a quelli
“lavoretti” che facevamo in scuola, nella scuola materna,
nell’asilo. Le lezioni di arti!
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E la neve che si ferma sopra i cespugli, sopra le piante più
piccole, ecc.? Sembra schiuma! Come se la città stessi
facendo uno splendido e profumato bagno di schiuma!
Chissà se la neve non è anche venuta per purificare i nostri
cuori!
Dicono che le cose sono come li vediamo, e che è il modo in
cui leggiamo i fatti che può fare tutta la differenza. Nella
neve io vedo bellezza, vedo sogni, vedo emozione e, in una
giornata come quella di oggi, paesaggio ancora bianco, cielo
di un azzurro bellissimo e un sole che brilla in tutto il suo
splendore, diventa impossibile non sorridere alla vita!
Parlando ancora della neve, altro giorno, insieme allo Ste, io
parlavo del fatto che la neve sempre mi emoziona, e dei
ricordi che ho della prima volta che ho visto la neve. E mi
sono accorta, quindi, di come la percezione di un bambino,
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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il suo punto di vista, sia legata alla sua “dimensione”, alla
sua nozione di tempo e di spazio ma che, innanzitutto,
possa dimostrare come noi, quando siamo piccoli, siamo
ancora molto legati al Mondo Spirituali. Questo senza
parlare di come la nostra immaginazione è molto presente!
Io ho un’immagine “marcata”, che credo sia della prima (o
di una delle prime) volta in cui ho visto nevicare. Mi ricordo
che ne avevo tre anni, ed ero sulle braccia di qualcuno, ma
non ricordo se era Ana, Ruben o Renée. Mi ricordo che,
dalla finestra di quella che poi sarebbe diventata la mia
stanza da letto, mi facevano vedere i fiocchi che cadevano.
E il più interessante è che, per me, quei fiocchi erano
grandissimi! Ognuno di loro aveva la misura di un viso. E,
ansi, non solo la misura, ma erano visi! Volti di persone che
avevano già disincarnati e che, dal cielo, avevano trovato un
modo di “farci visita”. Mi ricordo che, in quei fiocchi, ho
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visto vari visi, inclusi quelli del mio padre, della mia nonna,
di Dio e del” Papà del Cielo! Sì, perché per me, Dio e il Papà
del Cielo erano due persone diverse, chissà perché!
Dio, lo immaginavo come credo che tutti lo immagino, un
signore anziano, con i capelli lunghi e la barba bianca, in
tonaca e, a volte, con un bastone. Ma il più interessante era
la figura, l’immagine che facevo del “papà del Cielo”. Un
viso completamente diverso e che solo adesso, dopo tanti
anni, ho potuto rendermi conto di chi si trattava: quello che
io immaginavo come essendo il Papà del Cielo, aveva il viso
di Mozart.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Su rischi e coraggio
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Non avere paura!
Non avere paura di rischiar, molte volte, è quello che
permette alla felicità di rinascere!
È difficile rompere con qualcosa, perché, anche se questa
“cosa” ormai non ci serve più, anche se siamo sicuri che le
cose non torneranno mai a essere come sono state tanto
tempo fa, e che, come dice una vecchia canzone brasiliana,
“quello che è stato, non lo sarà mai più”, cambiare il sicuro
(anche se questo “sicuro” non ci porta più la felicità) per il
dubbioso non è così semplice.
Per quanto la situazione non sia davvero buona, ci
accontentiamo. E crediamo che quello sia così perché è
così. Semplicemente. Fino a quando qualcosa cambia,
passiamo ad avere un nuovo sguardo, e ci rendiamo conto
che la felicità esiste, e stiamo scappando via da lei! E
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perché? Allora, è ora di rischiare. Di prendere decisioni
senza aver paura di fallire. Permettersi "rivivere". E Dio ha
posto sul mio cammino una persona meravigliosa! E sento
che il vero amore è nato, e benedetto, e ringrazio tutti i
tifosi, i nostri angeli custodi, e soprattutto ai nostri antenati!
Sono sicura che i miei nonni, la nona, i miei nonni caro
padre, la madre di Ste, tutti ci proteggono, ci benedicono, ci
hanno a cuore. Grazie dal profondo del mio cuore!
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Rispetto all’invecchiamento
La vecchiaia è considerata come l’ultima tappa del corso
vitale, determinata da eventi biologici, psicologici, culturali,
sociali e spirituali. L’”invecchiare” è un processo di
cambiamenti universali che succede con tutti gli esseri
viventi, e dipende della natura genetica, sociologica, socio-
storica e psicologica.
Le questioni culturali hanno finito per creare diversi termini
con i quali riferirsi a questa fase dello sviluppo. In questo
modo, l’espressione “vecchio” è rimasta associata a
qualcosa d’inutile, spregevole, superato.
Per tanto tempo, questa era la connotazione data a ciò che
noi oggi preferiamo chiamare "anziano" (questa parola è
associata con il rispetto, longevità, tradizione). Invecchiare,
quindi era sinonimo di rifiuto, tristezza e sofferenza.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Malattie comuni a questa fascia di età, come l'osteoporosi,
la depressione, il morbo di Alzheimer e altre, rendevano
questo periodo ancora più doloroso, sia dal punto di vista
fisico sia emozionale. Invecchiare, significava diventare un
"fastidio", soprattutto per i famigliari. E si diventava vecchio
presto! (Con quaranta, cinquanta anni!)
Con l'avvento delle nuove tecnologie, i progressi nelle aree
medica e biologica e lo sviluppo di diverse ricerche sulla
qualità della vita, il ciclo della vita si è allungato, e la gente
vive sempre di più. . È stata creata l'espressione "terza età",
un termine importato dal francese "Age troisème", che ha
cercato di identificare i vecchi (anziani) come un gruppo di
"giovani vecchi". La "terza età" è stata quindi considerata
come quella alla quale appartengono le persone oltre i
sessanta anni, e sono cominciati a essere sviluppati
programmi per questa fascia di età. Sono stati creati club,
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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gruppi, e gradualmente si è creata un'altra visione delle
persone di questa fascia di età. E la vita continua, e
d’improvviso, le persone stano arrivando ai settanta,
ottanta, novanta, cento anni. Si parla della “Quarta età”, e
questa “superpopolazione” di anziani preoccupa. Dopo di
tutto, sono persone che consumano, ma non producono.
Chi l’ha detto, però, che bisogna essere così? Nei giorni
d’oggi, invecchiare non è più sinonimo di ammalarsi!
Investendo nella salute e nella qualità della vita, anche le
persone della terza età possono produrre! E non mi riferisco
al lavoro, al non andare in pensione, ma perché non
approfittarne della loro saggezza?
Secondo Viorst (2002), "gli studiosi del processo di
invecchiamento riconoscono che anche se avere una buona
salute, buoni amici e buona fortuna - e un buon reddito-,
senza dubbio facilita l'accettazione della vecchiaia, è
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l'atteggiamento riguardo alle perdite così come la natura di
queste perdite, che determina la qualità della vecchiaia.
"Delbert (1999) afferma che " (...) Il passato si riferisce al
periodo in cui la vecchiaia era il tempo di attesa della
morte, di retrazione e d’isolamento; il presente è il
momento di trasformazioni della vecchiaia, pieno di
esperienze piacevoli e gioviale, in cui l'avanzare dell'età non
porta problemi per coloro che hanno un atteggiamento
positivo verso la vita; e il futuro presenta paradossalmente
il fuoco oscuro, sostenuto dalle previsioni demografiche, e
l'ottimismo degli esperti, sostenuto della scienza e della
tecnologia”.
Ovviamente, l’invecchiamento della popolazione porta dei
problemi con sé, ma tutto può essere risolto, o almeno
ammorbidito. E, fra i problemi, vorrei discorrere circa uno
specifico: più la popolazione invecchia, o meglio, più si vive,
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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più c’é la possibilità di acquisire un cancro durante la nostra
vita. Le statistiche già dimostrano il cancro come una
malattia con tendenza a diventare cronica. Inoltre, gli studi
suggeriscono che in futuro non ci sarà nemmeno una
persona che non conosca almeno qualcuno che ha vissuto
questa malattia. O se avrà il cancro, o lo avrà un suo
conosciuto. (O entrambi). Dopo tutto il più a lungo si vive,
più tempo si ha per ammalarsi. E in che modo si potrebbe
prevenire questo?
In primo luogo, credo che per permettere a noi stessi di
avere uno sviluppo sano, non dobbiamo lasciare che la
paura di ammalarsi invada i nostri pensieri. Riguardo
specificamente alla popolazione anziana, è urgente investire
nella qualità della vita, e nella ricerca di un invecchiare
sano, tenendo conto degli aspetti fisici, nutrizionali, sociali,
emotivi e spirituali. Sarebbe importante sottolineare che
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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l'armonia tra gli aspetti di cui sopra, ci ricorda Simonton
(1994), è fondamentale per la salute, e che questo vale non
solo per la salute della mente e del corpo, ma anche per i
rapporti con se stessi, con la famiglia, con gli amici e con
tutto mondo che li circonda. E 'anche necessario
riconoscere i propri limiti e rispettare la loro individualità.
Da un punto di vista emotivo, la prevenzione di malattie
come il cancro è direttamente collegata a un potenziare se
stesso. Potenziare se stesso, permettersi di vivere.
Guimarães (1999) pone che l'invecchiare con successo
"comporta un po' di fortuna, ma dipende, soprattutto, dal
desiderio di vivere più a lungo e meglio”. La prevenzione ha
a che fare con l'emozione, e gli effetti della repressione
delle emozioni e della disperazione sulla salute sono stati
descritti in diversi studi, tra cui gli studi degli ospedali
Hopkings John e Kings College (APUD: Simonton, 1994) e ha
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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a che fare con il desiderio! Si tratta di come affrontare e
trattare con le cose che la vita ha da offrire. Il modo più
positivo o più negativo con il quale ogni età affronta la
vecchiaia e le sue limitazioni, è ciò che farà la differenza.
Parlare di ciò che dà fastidio, non "guardare" rabbia o
rancori, imparare a dire di no. Questo è prevenzione! Non
vivere più di tanto per le regole degli altri, ma creare le
proprie. Nn fare attenzione quando o chiamano di “vecchio
rimbambito” perché a deciso di tornare a studiare. Lasciare
stare i pregiudizi, andare dal dottore con frequenza, fare
tutti gli esami sollecitati senza paura o vergogna. Togliere
della testa il pensiero: “Chi cerca trova”, e sostituirlo per:
“Ci cerca trova in tempo di essere risolto” e, così, vincere il
tabù del “check up”. E il più importante, forse, sia ripensare
il significato della parola “prevenzione”. Oppure
comprendere che prevenire non necessariamente significa
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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“non ammalarsi”. Prevenire è anche non tuffarsi nella
sofferenza, e fare, anche dall’ammalarsi, un’opportunità.
Un’opportunità di vivere, e un periodo di apprendimento.
Viorst (2002) scrive che “la vecchiaia porta con sé molte
perdite: tanti sono contro queste perdite. Ma un’altra
opinione, più a velhice traz muitas perdas: muitos são
contra essas perdas. Un’altra opinione più lusinghiera dice
che, se si rimpiangono veramente le perdite, questo
lamentarsi ci liberta e ci può condurre a libertà creative,
sviluppo, piacere e attitudine per abbracciare la vita”.
Anche gli anziani hanno sogni, mete, desideri. E tocca a noi,
professionisti della salute, darli l’autorizzazione ad andare
alla ricerca della realizzazione di questi desideri. Perché
dopo di tutto, la vita è un ciclo, e gli anziani, come i
bambini, tante volte ci implorano, con un semplice gesto o
uno scempio sguardo, una permissione.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Attenzione (Jenny Joseph)
Quando sarò vecchia mi vestirò di viola
con un cappello rosso che non si intona e non mi dona
e spenderò la mia pensione in brandy e in guanti estivi
e in sandali di satin, e poi dirò che non abbiamo soldi per il burro.
E mi siederò sul marciapiede quando sarò stanca
e arrafferò gli assaggi nei negozi e premerò i campanelli degli
allarmi e farò scorrere il mio bastone lungo tutte le inferriate e mi
rifarò della sobrietà della mia gioventù
Uscirò in pantofole sotto la pioggia
e raccoglierò i fiori nei giardini degli altri
e imparerò a sputare.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Potrai indossare terribili camicie e ingrassare
e mangiare tre libbre di salsicce in una sola volta
o solo pane e sottaceti per una settimana
e accumulare nelle scatole penne e matite e sottobottiglia da birra
e cianfrusaglie
Ma ora dobbiamo mettere vestiti che ci rendano sobri
e pagare l’affitto e non imprecare per strada
e dare il buon esempio ai bambini. Dobbiamo avere amici a cena e
leggere i giornali.
Ma forse dovrei cominciare a fare un po’ di pratica adesso?
Così la gente che mi conosce non rimarrà troppo sbalordita e
sorpresa quando d’improvviso sarò vecchia e comincerò a vestirmi
di viola.
Se possibile, sarebbe carino mettere in un quadro questo
testo:
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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“La vita è una sorta di tiro alla fune. Vorresti fare una cosa, ma sei
costretto a fare qualcos’altro. Qualcosa ti fa male, eppure tu sai
che non dovrebbe. Prendi per scontate alcune cose, pur sapendo
che non c’è nulla di scontato. La tensione degli opposti, come un
elastico che si tira. E quasi sempre stiamo da qualche parte, nel
mezzo.” Sembra un incontro di pugilato, commento io. “Già, un
incontro di pugilato”, ride lui. “Ecco, potresti proprio descrivere la
vita così.”Chi vince, domando io? “Chi vince?” Mi sorride, e gli si
formano le rughe intorno agli occhi, gli si scoprono i denti storti.
“Vince l’amore. L’amore vince sempre”.(Morrie Shwartz, APUD:
Albom, 1997)
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Riflettendo mentre bevo un “chima”3
Secondo giorno dell'anno, giornata grigia, io a casa,
pensando a dei piani. Avendo idee, osservando, pensando.
Il clima umido e grigio ci invita al primo “chimarrão” del
2012! Vado in cucina, lo preparo, e decido di mettere su
carta quello su cui stavo riflettendo. Scrivo il testo per pezzi,
perché, come la maggior parte delle donne, non riesco fare
solo una cosa alla volta.
Stavo guardando le gocce di pioggia, che sembravano
essersi solidificate tra i rami degli alberi che vedo dalla 3 “Chima”, modo di dire per “chimarrão”, tipica bevanda del Sud
del Brasile e anche di Paesi come Argentina, Paraguai, Uruguai. Si tratta di una bevanda fatta con un’erba chiamata “erva mate” e l’aggiunta di acqua calda, che si beve in una specie di “coppa” chiamata cuia, fatta di un albero chiamato “porongo”. Nel Rio Grande do Sul, di solito le persone che si incontrano per bere il “chimarrão” fanno una ruota e bevono tutti della stessa “cuia”. Nella tradizione dei popoli Sud Americani, bere il “mate” è un forte simbolo di amicizia.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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finestra del balcone. Non vedevo gocce ma perle. Sì, le
perle! Rotonde, luminose e con un colore che sembrava
argento. Un’immagine divina, che ho cercato di
immortalare facendo una foto con il telefono cellulare.
Tuttavia, esse erano così sottili che non credo sia riuscita a
captarle. Non con la foto. Con i miei occhi, però, le ho
immortalate.
Poco prima di venire a scrivere questo testo, ho parlato con
la cara amica Odessa, che mi ha parlato dei doni che la
madre natura ci offre ogni giorno. E ha ragione. Peccato che
spesso questo ci sfugga! Quante volte facciamo i ciechi per
dettagli così importanti, dettagli che in realtà contengono il
TUTTO!
A proposito, in merito a tali gocce. Forse per gli altri, siano
semplicemente gocce di pioggia, che chissà perché sono
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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rimaste appese sui rami. Per me, sono gioielli. E, come io
credo che il modo di vedere le cose abbia tutto a che fare
con noi, con il nostro momento, con la nostra personalità e
il nostro modo di affrontare la vita, è impossibile non fare la
curiosa e chiedere, chiedere a te stesso (nel mio caso, a me
stessa): "Che cosa significa?". E la risposta, ovviamente, è
all'interno di ciascuno di noi.
Le giornate di pioggia hanno questo "potere", soprattutto
quando siamo a casa. Ci fa o andare in cucina, o andare a
letto a dormire, o leggere, o riflettere, in compagnia di noi
stessi. Essere soli in compagnia dei propri pensieri ogni
tanto fa solo bene!
E un'altra cosa sulla quale vengo riflettendo da un po', è
circa lo stile e la qualità delle relazioni. Ci ho pensato su
parecchio, e in come sicuramente, l'unione ha anche a che
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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fare, e tanto, con affinità, sincronicità e la missione di
ciascuno di questo piano, questo mondo, questa vita.
Ci ho pensato tanto, è vero, perché io e il mio amore (lo Ste)
viviamo in un’intensa armonia. Ogni tanto appaiono alcuni
conflitti, ovviamente, ma questi sono risolti rapidamente.
Abbiamo imparato, nel corso del tempo, a conoscersi e a
gestire le differenze. Io, cercando di essere più organizzata
e meno impacciata, e lui, cercando di perdere meno la
pazienza se per caso ho lasciato la brocca d'acqua con l'ala
girata a sinistra invece che alla destra, o se ho messo il
formaggio sullo scaffale sbagliato del frigo. (Gli esempi non
sono necessariamente specifici ma astratti). Vedo anche il
nostro rapporto con i figli dei nostri amici, e confesso che
mi piace il fatto che il bambino che lo Ste ha sempre curato
, ora non si rivolge solo a lui, ma a me, ai due. Per non
parlare che è super divertente vedere lo Ste con i bambini,
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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abbiamo spesso difficoltà a capire se chi si diverte di più
siano i bambini o sia lui. Un bambinone! (E i bambini si
rendono conto, e, tra di noi, se ne approfittano di esso!)
Beh, ma in realtà sto pensando alla questione "rapporto" 'm
facendo riferimento non tanto a noi. Non riesco proprio a
capire come i nostri vicini possono litigare così! So che
ognuno ha il proprio modo di essere e che le coppie
dovrebbero trovare il loro modo di stare in armonia. Sono
sconvolta di vedere (sentire) una coppia così giovane
litigare (credo che abbiano almeno trenta anni
probabilmente meno) così! Praticamente tutti i giorni, più
volte al giorno. Mattina, pomeriggio, sera, notte. Sempre
"con diritto" alle urla, imprecazioni, porte che sbattono.
Soltanto il primo giorno dell'anno! Mi dispiace per loro ma
quello che posso fare è mentalizzare armonia. Decido, da
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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questo momento in poi, adottare una strategia alla Seicho-
no-ie. O sia, ringraziare.
Parlando di ringraziare, oggi ho anche parlato, tramite MSN,
con un’ex paziente . Che mi ha fatto ricordare del gruppo di
come io faccio del bene alle persone e di come sentono la
mia mancanza. Ho avuto belle notizie, e alcune un po' più
dolorose. E mi sono resa conto che anche le cattive notizie
in un certo senso mi hanno fatto bene. Perché essere
lontano fisicamente non significa essere lontano dal cuore.
E permettersi di vivere, anche se in ritardo, anche alcuni
momenti di dolore e di apprensione sono a mio avviso,
necessario. A proposito, è veramente in ritardo? Il tempo,
che cos'è? Egli esiste, dopo di tutto? Sto cercando di
cambiare il mio concetto di tempo e confesso che pur
avendo fatto molte letture e riflessioni su di esso, la sua
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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esistenza, è, per me, ancora un paradigma che genera dubbi
e porta a grandi sfide.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Quando si è bambino, le cose sono così
semplici!
Quando siamo bambini, le cose sono così semplici! Non
riesco a capire perché, pian piano che si cresce, che si
diventa adulto, cresce anche la nostra abitudine di
“complicare”.
Ok, ok, molti mi diranno: “Complicare, no. Spiegare.”.
Certo, certo. Comunque, perché dobbiamo sempre cercare
delle spiegazioni? Perché tutto deve aver un perché, un
motivo, una ragione?
Perché è così difficile accettare le cose, la vita, così com’è?
Così. Semplicemente semplice.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Siamo sempre alla ricerca di risposte, teorie, spiegazioni,
come se stessimo sempre cercando di costruire un grande
castello di carte. Quando ci sembra che stiamo arrivando
alla fine, succede sempre qualcosa. Un colpo di vento, una
tempesta, o semplicemente qualcuno arriva dal nulla e dà
un leggero colpetto nel nostro castello che, in pochi
secondi, crolla, un’altra volta ancora. Lo stesso accade con
le nostre certezze, con le nostre convinzioni. E qui, mi
riferisco a noi nel senso individuale, di ognuno di noi, e
anche a “noi” in un senso più ampio, di umanità.
Certo, forse i nostri “castelli” non ci mettano così poco a
crollare, anche se, confesso, molte delle conoscenze della
fisica quantica hanno incasinato le mie stanze, mi hanno
lasciato un po’ in agitazione, o che vuol dire che, anche se in
questo momento io mi senta già UNA in questo
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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“Holographic Universo”, molte volte sorprendo me stessa,
in giro da qualche parte, con la testa in giù.
Vedermi come un riflesso del mondo, e vedere, nel mondo,
il mio riflesso. Impossibile immaginare questo, credere in
questo, senza credere in Dio. Che i più scettici possono
perdonarmi, ma ogni volta di più, scienza, fisica e
spiritualità camminano insieme e, molto presto, altri
paradigmi saranno disfatti, altri castelli crolleranno.
Sto cercando di lanciare una sfida a me stessa. Cercare di
non costruire questo castello, non circondarmi dalle mura di
protezione. Perché le mura ci proteggono, è vero, ci fanno
sentire più sicuri in mezzo a un mondo che, da bambini,
sapevamo essere di facile comprensione, ma che adesso, da
adulti, crediamo sia un mondo confuso in tutti i sensi. Se le
mura ci proteggono, perché non le voglio? Perché essi ci
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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bloccano, ci separano, ci impediscono. Impediscono la
possibilità di vivere, impediscono la VITA in tutta la sua
pienezza. Perché le mura fanno che la vita, il mondo, si
trasformi in una telenovela, ed io, tu, ognuno di noi,
diventiamo semplici spettatori. Ed io, scusatemi, io sono
ambiziosa! Io voglio il ruolo da protagonista!
Il bambino è il protagonista della sua vita, sia quella reale,
sia nel suo mondo immaginario, sia nel mondo spirituale,
del quale porta con sé dei ricordi, i quali poi spariscono,
pian piano che egli si “adultifica”. Mi ricordo che c’è stato
un poeta, forse Chaplin, che aveva detto che il ciclo della
vita dovrebbe essere al contrario. Che dovevamo nascere
vecchi e morire “neonati”. La vita, quindi, sarebbe finita con
la concezione. Sarebbe, come minimo, curioso. Anche
perché, in verità, molte volte il bambino è uno spirito più
vecchio, saggio ed evoluto rispetto a quello che è incarnato
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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nei suoi genitori. La differenza, però, è che, anche se a
livello evolutivo il bambino stia, per dire, “sopra” i suoi
genitori, nessuno “torna indietro”, nessuno regredisce. Gli
spiriti si aiutano a vicenda e, insieme, cercano il cammino
dell’evoluzione. I più “avanzati”, servono di guida e come
fonte d’ispirazione. E perché, quindi, vivono in corpi così
“fragili”?
Bene, bene. Non è molto più facile farsi convincere dalla
tenerezza che dalla dittatura? Senza contare che la
dittatura, le cose fatte a forza, non hanno niente a vedere
con l’evoluzione, giusto?
Quante volte la curiosità ci fa questionare la vita, i perché, e
quante volte cerchiamo di immaginare come stiamo
realizzando la missione a essere compiuta in questa
esistenza, missione che è stata scelta da noi per noi stessi!
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Credo che in certi momenti della vita, davanti a
determinate situazioni, alcuni si lamentano, altri affrontano,
altri si rassegnano. Devono però esserci anche quelli che,
avendo la conoscenza della legge Maggiore, della legge
Universale, domandano a se stessi: “Sono stato io a
scegliere di vivere tutto ciò? Dov’ero con la testa”? Mi sa
che ho esagerato, no? Hum, forse io volevo dare una spinta
nel mio processo evolutivo”! Oppure: “Wow, è probabile
che io sia stato una persona cattiva. Che fortuna che mi
hanno dato quest’opportunità, perché così potrò
sicuramente diventare una persona per bene”!
Va ricordato che, sì, abbiamo scelto il nostro cammino, la
nostra strada, il nostro destino. È anche importante
ricordare che l’oblio è essenziale per riuscire a compiere il
nostro “compito” e, il più importante (e che è spesso
soggetto a interpretazioni sbagliate): no, non è tutto
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predeterminato, non è detto che se facciamo “questo”
succede per forza “quello”! Non è vero che non importa ciò
che facciamo, alla fine non cambia nulla! C’è una cosa
chiamata LIBERTA’. Una cosa chiamata libero arbitrio!
Le strade ci sono date. Il percorso, lo creammo noi. Ed esse
può essere attraversato a partire di una strada già fatta,
oppure si può scegliere di costruire una nuova strada. O,
altro ancora, si possono scegliere entrambi. Esistono sì delle
regole, e queste sono registrate da qualche parte dentro di
ognuno di noi. Quello che non c’è, a patto che seguiamo i
nostri obiettivi con il cuore puro, sono dei limiti.
Ora non so nemmeno come finire questo testo, perché non
ricordo neanche esattamente com’è iniziato. Credo che,
come il solito, sia partito da un’idea, e alla fine si sia
completamente trasformato. Mas, in un certo senso, non è
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proprio su questo che io stavo vagante? Sul permettersi
costruire, distruggere e (ri)costruire? Sull’elaborazione e la
(ri) elaborazione dei propri sogni, del proprio destino, della
propria vita?
Ci sono tante metafore per la vita che, se per caso decido di
mettere una, rischio di diventare ripetitiva. Lasciamo stare,
quindi, le metafore e le altre figure di linguaggio! Il fatto è
che, ognuno che leggerà questo testo (penso) arriverà alle
sue conclusioni. Per alcuni, quello che ho scritto sarà, forse,
logico. Per altri, strano. Altri ancora, lo giudicheranno
“carino”, o “un viaggio totale”. Può anche darsi che alcuni
pensino che sia completamente impazzita, o che ero sotto
l’effetto di droghe. Altri, che io ho deciso di diventare zen,
non lo so. Quello che forse non tutti si rendono conto è che,
come proiettiamo molto di noi stessi in ciò che produciamo,
per esempio, in ciò che scriviamo, c’è anche molto di noi
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stessi nel modo in cui comprendiamo ciò che vediamo,
sentiamo, ascoltiamo, leggiamo.
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Tragedie, perdite, morte premature.
Riflettendo.
Ogni persona, ogni essere umano ha il suo modo di
affrontare, far fronte, sopportare e convivere con la morte,
la perdita, la sofferenza e il dolore. Alcuni preferiscono
piangere, altri urlano, altri si rivoltano, e altri ancora,
rimangono in silenzio. Alcuni la vedono come il punto finale.
Disperazione, rabbia, perdita della capacità di sognare.
Dolore, tanto dolore. Soprattutto quando la perdita accade
tragicamente. Conosco molte madri che hanno perso i figli
ancora giovani, e so di molti giovani che hanno perso amici,
fidanzati, e che in un primo momento, hanno avuto una
“sensazione”, come se, insieme (accanto) a loro, fossero
stati sepolti sogni, sorrisi e speranze. La maggior parte di
loro (ma naturalmente non si può generalizzare), vede
questi tributi ai loro figli / amici molto positivamente. Per
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una madre, avere il suo figlio ricordato attraverso una
canzone, e rendersi conto di quante persone s’importano,
che, anche se, entrando nella stanza del figlio, è difficile
controllare l'emozione e impossibile non sentire il peso
della solitudine, vedere l'affetto, l'emozione, e soprattutto
l'amore che le persone trasmettono (o almeno cercano di
trasmettere) attraverso una canzone, aiuta, sì, a diminuire il
dolore. Aiuta ad avere l'atteggiamento di fare un respiro
profondo e andare avanti, rendendosi conto che se "noi"
siamo ancora qui (e loro non più), è perché abbiamo ancora
cose da fare, compiti da svolgere. Naturalmente, per chi ha
subito una perdita, vedere che praticamente tutto il tempo,
ovunque si guardi, qualunque cosa si legga, porta in primo
piano tanti ricordi, può fare che le lacrime siano ancora più
difficili da contenere. E chi ha detto che contenere le
lacrime è buono? Quasi tutto nella vita è fatto di scelte. Se
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una canzone mi fa stare "male" e aumenta il dolore, cerco
di evitarla. Se una pagina creata sul Facebook (come il
Memoriale alle vittime della tragedia di Santa Maria, per
esempio) mi dà fastidio, basta non accenderla o anche di
più, se possibile, cercare di bloccarla. (Come faccio con
molte applicazioni di gioco).
Un'altra questione che vorrei affrontare, per quanto
riguarda tributi á e ricordi, riguarda ci scrive, chi condivide,
chi "vive" tutto ciò. Contrariamente a quello che molti
pensano o immaginano, anche questo è un modo per
aiutare. Un modo "virtuale" di abbracciare forte ogni
genitore, ogni madre, ogni fratello … Un modo di inviare
amore, luce e di speranza a tutti quelli che sono rimasti, ma
soprattutto a quelli che non ci sono più.
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Tutti questi spiriti, disincarnati così giovani e così
all'improvviso (sia quelli sono andati via in modo tragico, sia
coloro che sono partiti dopo una lunga sofferenza causata
dalla malattia) ci hanno preceduto, sono “andati” prima di
noi, perché il loro compito "il ruolo "in questa vita è stato
compiuto, ed è arrivato il tempo di seguire il loro viaggio.
Alcuni spiriti erano certamente già “chiariti”, cioè, avevano
più conoscenze rispetto alla vita spirituale e, quando sono
arrivati sul piano spirituale, hanno subito capito che il
dolore e la sofferenza erano rimasti indietro. Altri, meno
“informati”, o forse meno preparati, probabilmente hanno
sofferto di più, hanno sentito difficoltà di respirazione,
sentito il dolore delle ustioni, i sintomi delle malattie o di
tanti trattamenti che, qui sul piano terreno, hanno dovuto
affrontare. Pian piano però, con l'aiuto di amici, spiriti buoni
e simili che si trovano sul piano spirituale, che noi
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chiamiamo "soccorritori" sono stati meglio. Bisogna
ricordare che, ognuno di noi, spirito incarnato o
disincarnato, sente (e vive) il dolore e l'amore. Vedere la
sofferenza di chi ci vuole bene, ci fa soffrire insieme a loro.
Cos, ì tributi che sono fatti con amore ed emozione, al posto
della rivolta, non può che fare del bene. Fanno del bene a
chi li ha creati, a chi è rimasto e, in particolare a coloro che
si sono andati.
Tutto ciò, per non parlare nella mobilitazione che è stata
generata, nella grande "CATENA DI BENE" che si è formata,
nel lato "umano" di ciascuno di noi che è stato“ritrovato”.
Nella revisione di valori, priorità, nell’importanza data a
ogni istante, ogni giorno, ogni momento della vita terrena.
Comunque, come ho già detto prima, ognuno affronta, vive
e sente le cose a modo suo. Nella vita, abbiamo
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sicuramente una missione da compiere, siamo qui per un
motivo, e, nello stesso modo, tutto accade per una ragione,
e nulla è per caso. Vale la pena ricordare, tuttavia, la cosa
più importante di tutto: noi abbiamo un "percorso" da
seguire (percorso che è stato tracciato e scelto da noi
stessi), ma, soprattutto, abbiamo uno dei "diritti" più
importanti di tutti: il "libero arbitrio". In altre parole, le
nostre scelte, coscienti o no, le facciamo noi. E questo in
tutto, nelle azioni, atteggiamenti, pensieri. Noi siamo il
risultato delle nostre scelte, e ciò che accade a noi, ciò che
siamo diventati, ciò che viviamo, è direttamente legato a
questo. Molte cose, per noi, sono difficili da spiegare, da
capire , fino a essere in grado di rendersi conto che ciò che
conta non è saper spiegare, ma poter capire come tutto
questo possa contribuire a rendere ognuno di noi una
persona migliore.
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PARTE II
Cambiamenti
Spazio dedicato ad alcuni testi che ho scritto
circa il tema “cambiamento”, sia personale,
professionale, spirituale.
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Cambiamenti
La vita, tante volte ci propizia molti cambiamenti. Alcuni
buoni, altri non più di tanto. Alcuni desiderati, mentre altri
semplicemente ci prendono all'improvviso. Cambiare città,
scuola, quartiere. Cambiamenti di comportamento,
cambiamenti di vita. I fatti ci fanno cambiare, gli eventi ci
fanno cambiare. Cambiamenti semplici, cambiamenti
dolorosi, ma sempre "cambiamenti".
E quando ci troviamo a dover affrontare, per esempio, una
grave malattia come il cancro, in noi o in qualcuno vicino a
noi? Sarà che, insieme con la sofferenza, questo fatto
potrebbe innescare qualche cambiamento? Qualche
cambiamento per il meglio? Sarà possibile che tutta questa
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sofferenza non abbia nulla, assolutamente nulla di positivo
del quale poter trarre vantaggio?
Osservando e lavorando con le persone con il cancro, mi
sono resa conto che sì. Sia i pazienti che i loro familiari (in
particolare quelli più vicini a) riportano, durante le sedute,
sia individuale, di gruppo, o nelle sale di chemioterapia,
momenti di intensa riflessione. Sulla malattia, sulla vita, sul
giorno per giorno. La maggior parte riesce, alcuni subito,
altri un po' dopo, a fare sì che la malattia porti dei
cambiamenti. Cambiamenti positivi.
In più delle volte, il cancro sembra, oltre ad una malattia, un
grande segno di allerta. Come se la persona, gli amici, i
familiari e a dirittura noi, professionista della sanità,
ricevessimo una “spinta” della vita. Come se l’organismo,
prima così silenzioso, decidesse di urlare: “Fermati, guarda
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dentro di tè, pensa a te stesso, prenderti cura di te”.
(Sembra testo di musica “sertaneja, ma è, più che altro, una
grande lezione).
Alti livelli di stress, ansia, difficoltà a dire di no, sovraccarica
nel lavoro, sia fuori che a casa Storie di perdite (nei più vari
modi), sofferenza. Quella vecchia abitudine di pensare
sempre prima agli altri, e lasciare se stesso in secondo
,terzo, quarto piano. Caratteristiche che la maggior parte
dei malati di cancro, quando ricevono la diagnosi,
possiedono. Almeno alcune di queste. E forse una delle
grandi lezione che può avvenire insieme alla malattia, sia
proprio questa: Cambiare.
Per alcune persone, questo succede presto, mentre per
altri, ci mette un po’ di più. Il tempo è individuale. Anche se
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siamo tutti simili in alcuni aspetti, tutti esseri umani, siamo
diversi. E unici.
Fra i cambiamenti, fra quello che si può imparare, c’é il
guardare se stesso, pensare a se stesso. Permettersi, dare a
se stesso il permesso di essere un po’ egoista, in senso
buono. Vedere se stesso come essere umano, e lasciare che
vengono fuori quei sentimenti che, nell’obbligo di
mantenere una certa pace e un’armonia “per finta”, erano
tenuti “sotto i pani”, nascosti. Rabbia, crepacuore, disgusti.
è poter vedere a se stesso come una persona “normale”. È,
dopo tanto tempo aiutando, combattendo, concedere il
permesso di essere aiutato. E aiutare se stesso. È cambiare,
anche, il modo di guardare la vita, di affrontarla, di viverla. I
valori cambiano. Quello che importa è il giorno dopo giorno.
La vira è ciò che succede adesso. Piccole cose, che prima ci
sfuggivano, ora hanno un valore inestimabile. E cose
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“poche”, stupide, banali, che prima generavano sofferenza
e stress, non hanno più importanza.
Dopo tutto, si può dire che il cancro provoca, in ognuno di
noi, dei cambiamenti. Che può farci crescere, e che questi
cambiamenti ci fanno diventare, prima di tutto, più
“veritieri, più umani
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Cambiamenti, nuovi cicli.
È necessario che ci rendiamo conto quando un ciclo è
completato, e un altro comincia. Un sacco di volte, anche in
presenza di molta sofferenza, scegliamo di rimanere lì,
stagnante, pensando che "male con esso, senza di esso."
Speriamo sempre che qualcosa possa migliorare, che le
cose tornino di nuovo a essere com’erano prima, ma il
tempo non torna indietro!
Arriva un momento nel quale, o ci pensiamo noi, o ci
pensiamo noi. Noi abbiamo scelte, sì, ma tocca a noi farle o
no. Prendere decisioni, rompere con ciò che è stato e dare a
se stesse il permesso di vivere. Permettere a se stesse di
tornare a essere felice. (Avevi davvero capito che non eri
felice?) Che mania di posticipare la felicità! Di gettarla nel
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passato che è già stato, o in un futuro che non si sa
nemmeno se verrà.
Un ciclo della mia vita si è concluso qualche tempo fa, ed io,
mi sono anche accorta, il problema è stato accettare. Ora,
finalmente, pian piano, sto riuscendo, concedendomi il
permesso, e una nuova fase sta per arrivare!
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Cambiamenti I
Sempre mi hanno detto che la vita è fatta di cambiamenti.
Ci sono varie testi che parlano di quest’argomento. Ed io mi
sono resa conto che sì, noi abbiamo bisogno dei
cambiamenti. E che, molte volte, cambiare è come fare il
passaporto per essere felice. Io ho imparato che ogni
momento nella
vita vale la pena, e che cambiare, può farci diventare
persone migliori. E sai cosa ho scoperto? Ho scoperto che
piccoli i cambiamenti non mi bastano, che è delle cose
grandi che la mia vita è fatta! Cambiare Paese, cambiare
lingua, "perdere" un pezzo del mio cognome. Cambiare la
vita, trovare il vero amore. Essere felice. Cosa mi sarebbe
successo se io non avessi dato il primo passo?
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Cambiamenti radicali. Altri, non più di tanto. Adesso, un
cambiamento d’aria, un nuovo modo di vedere a me stessa:
la settimana prossima cambierò il taglio dei capelli!
Coraggio! Ci sono cose, però, che devono restare sempre
come sono. (Almeno che sia per crescere, per migliorare).
Sono queste: carattere, personalità, rispetto, l’amore per
me stessa e per gli altri, specialmente la mia famiglia, lo Ste
e per i miei amici d’oggi, di ieri e di sempre. La sensibilità, la
fede, l’amore e la dedicazione ai pazienti. E il desiderio che
tutti possono trovare la pace, l’amore e la felicità!
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Ancora cambiamenti: riflettendo con
frammenti di Clarice Lispector
Ci sono momenti in cui io insisto a resistere ai cambiamenti.
E seguo così, senza capire la ragione, poiché, na maggior
delle volte, i cambiamenti sono necessari, e sono loro che ci
permettono di vivere!
Volete sapere? Cambiare è un bene! E cambiare può sì
significare cambiare casa, indirizzo, relazione. Ma cambiare
può anche significare cambiare attitudine! Può significare
dare una nuova lettura, una nuova interpretazione a un
vecchio testo, un nuovo colore a quella parete bianca, piena
di spazzi vuoti!
Clarice Lispector è stata saggia quando ha detto che:
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“Tutto nel mondo ha cominciato con un sì. Bisogna dire di sì
perché qualcosa succeda”!
Questo è cambiare! E per la vita, io dico di Sì! Per l’amore,
io dico di sì! Per la mia famiglia, i miei amici, il mio amore
Stefano, io dico di sì!
(Questo mi ha fatto ricordare che ieri sera abbiamo visto un
film, chiamato Yes Man, dove il tizio doveva dire di sì per
qualunque cosa). Con i piatti ancora sul lavandino, lo Ste mi
ha chiesto: “Tu non vorresti fare la “Yes Girl” e lavare i piatti
per noi?”- hahaha… come resistere? Come fare a dire di no?
E pensando ancora a Clarice Lispector:
“Le persone più felici non hanno le cose migliori. Loro sanno fare il
meglio con le opportunità che appaiono sulle loro strade”.
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Proprio così: opportunità! La vita è fatta di opportunità, e
mai dobbiamo avere paura di approfittarle!
“Se lei in questo momento si sente infelice, prova a fare qualcosa
a rispetto ora, perché è solo nella sequenza degli “adesso” che lei
esiste”.
Vero. La vita è ora, la felicità è fatta di momenti!
“La vita è corta, ma le emozioni che possiamo lasciare durano
un'eternità”.
Questo è ciò che rimane, quello che ognuno di noi
trasmette agli altri, il nostro modo di essere, la maniera con
la quale li trattiamo, il sorriso che abbiamo dato o lasciato
di dare, lo sguardo sincero, profondo.
“Il futuro più brillante è basato su un passato intensamente
vissuto”.
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Ciò che fra un po’ sarà il passato, è quello che proprio
adesso io chiamo presente! Presente si chiama “presente”4
per qualche ragione, non vi sembra?
“Tu solo avrai successo nella vita quando perdonerai gli errori e le
delusioni del passato” .
Gli errori degli altri, ma in particolare i propri! Così difficile
perdonare se stesso! Abbiamo sempre l’abitudine di cercare
la perfezione! (Io ce l’ho). Auto-critica fa bene, ma se è
troppa, causa dei disturbi!
Volete sapere? Io so benissimo quello che voglio per la mia
vita, voglio è andare sempre avanti, senza paura di
fracassare. Voglio continuare a credere che tutto valga la
4 “presente”, in portoghese, significa anche “regalo”.
Metaforicamente, quindi, si dice che il momento “presente”, è come un regalo, ed, in un certo senso, è l’unico che esiste veramente, nel senso che può essere sentito, vissuto, modificato.
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pena, perché so che la mia anima non è piccola, come
Fernando Pessoa5 avrebbe detto.
Io sono la “proprietaria" delle mie scelte. Non ci sono
pentimenti, farei tutto un’altra volta, nello stesso modo.
Fino le farfalle nello stomaco sentirei di nuovo, perché è
proprio questo il bello!
Tutti i cambiamenti che sono successi con me mi hanno
fatto particolarmente conoscere a me stessa, e percepire il
vero significato di amare. E le persone che amo, credo
hanno potuto percepire tutto ciò.
5 Fernando Pessoa, poeta portoghese, ha una celebre frasi, che
dice: “Tudo vale a pena, se a alma não é pequena”.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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PARTE III
La Psiconcologia, la Psicosomatica, le Cure
Palliative
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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La vita
La vita è fatta di momenti belli e momenti brutti. Anche i
momenti chiamate "brutti", però, possono diventare belli.
Dipende di come riusciamo a capirgli, a interpretargli.
La perdita, la morte, è vissuta per ogni persona di un modo
molto diverso e particolare. La morte di una persona che
vogliamo bene può trarre sofferenza, ma anche un grande
sollievo. Specialmente quando questa persona, forse non
più con le parole, ma molto con lo sguardo e con il respiro,
prova a dirti: "Sono stanca", o quando hai la nitida
impressione che lei ti chiede una specie di autorizzazione
per andar via. "Sì, sì, stia tranquilla, va tutto bene"!
C’è una frase molto conosciuta, che adesso non mi ricordo
bene di chi è, che dici: "The beauty is in the eyes of the
beholder". Bellissima metafora per la vita! E, come esistono
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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vari modi di dire la stessa cosa, ci sono anche vari modi di
vedere le cose.
Cercare di vere il bello, il "buono" anche nei momenti
brutti, è una sfida, ma vale la pena! Aiuta a tornare la vita
più bella. E poi, ci fa’ crescere, come persona, come
"anima"!
Dobbiamo cercare di fare di ogni momento vissuto una
lezione, cercare d’imparare sempre, sia con gli accerti, sia
con gli errori. Secondo me, la parola "se" non dovrebbe
esistere nel nostro "vocabolario della vita". Perché la vita è
certezza, e non dubbi! Certo che non è facile, ma dobbiamo
provare a VIVERE davvero. E, per che questo sia possibile,
bisogna rischiare, bisogna "tuffarsi" nei sogni, nei desideri.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Dolore.
(Riflessione dopo una lezione sul tema “dolore”,
svolta al Master di Cure Palliative al Termine
della Vita, a Milano)
Passare tre giorni parlando di dolore mi ha fatto riflettere su
il dolore "totale" che non solo un paziente, ma ognuno di
noi può avere.
Abbiamo parlato molto del dolore fisico, e di come "curarlo.
E, secondo me, questo dolore deve essere curato, guarito.
Io, nella mia esperienza come Psiconcologa, devo dirvi che,
quando un paziente aveva un dolore, la prima cosa che
facevo era cercare un modo di aiutarlo, parlando con i
medici, infermieri, ecc.
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Non vedevo senso in fare una psicoterapia, in "cercare le
cose nascoste", se il paziente, per il dolore, non riusciva a
stare seduto, o non camminava, o non riusciva a dormire
alla sera! Quante volte i pazienti sono venuti da me perché
sembravano depressi, ma ditemi, chi non si deprime, chi
non diventa ansioso se ha un dolore insopportabile? Bene,
ma parlavo di dolore totale.
Credo che esista anche un dolore emozionale, un dolore
dell’anima e un dolore spirituale. E, a volte, anche un dolore
sociale.
Per il dolore fisico, ci sono i medicinali, le varie tecniche
presentati durante le nostre lezioni. Ma, e il dolore
dell’anima? Molte volte non bastano gli antidepressivi (che
aiutano, ma non risolvano). Serve uno spazio di ascolto, uno
stare vicino. Serve un permesso per che la persona possa
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piangere, possa arrabbiarsi, possa stare in silenzio, possa
esprimere i suoi desideri, le sue paure, ecc. Può sembrare
strano, ma molte volte il dolore dell’anima porta più
sofferenza che il dolore fisico. E qui, mi rivolgo anche ai
familiari che, molte volte, soffrono di un dolore intenso, una
sofferenza che non si può descrivere (Pensate in una
mamma che ha "perso" un figlio, per esempio).
Per dolore sociale, penso, per esempio,a quelli che vivono a
margine, che non possono comprare le medicine, che non
hanno soldi, che a volte non riescono nemmeno a
mangiare. O quelli che soffrono di pregiudizi, come gli HIV+.
Sicuramente tutti questi dolori causano sofferenza, e, se
vengono insieme, è ancora peggiore. Per chi ha un dolore
dell’anima, è più difficile curare il dolore fisico. Lo stesso al
contrario, molte volte il dolore fisico sviluppa anche un
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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dolore emozionale. Penso molto in come sarebbe bello un
gruppo per il controllo del dolore dove potessero lavorare
insieme non solo i medici delle più diverse specialità , ma
anche gli infermieri, psicologi, fisioterapisti, nutrizionisti,
educatori e assistenti sociali! E voi cosa ne pensate?
Utopia?
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Laringectomia e Spiritismo
Da un po' di tempo che mi faccio delle domande sulla
questione della laringectomia totale, dal punto di vista dello
spiritismo. Quali spiegazioni ci sarebbero, secondo questa
dottrina, per la perdita della voce?
Anche se sono nata e cresciuta all'interno della Dottrina
Spiritica, col tempo, ho finito per, allontanarmi da essa,
senza tuttavia smettere di credere in essa e,
indirettamente, di applicare, nel mio giorno per giorno, i
suoi principali precetti (amare il prossimo e fare del bene,
senza tener conto ha chi).
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Da qualche tempo, però, ho ripreso le consultazioni
"passes6" e soprattutto le letture. E vorrei capire un po' di
più alcune cose con le quali, nel momento attuale, sono più
coinvolta. Tra queste, la questione dei laringectomizzati,
perché fin dall'inizio del 2004, io sono una volontaria in un
gruppo di pazienti che sono stati sottoposti a chirurgia di
laringectomia totale. (Per chi non lo sapesse, laringectomia
totale è la rimozione chirurgica delle pieghe (corde) vocali a
causa di cancro e porta con sé la perdita della voce). Quindi,
mi sono domandata: "Dal punto di vista dello spirito, cosa
può portare a questo?"
6 Passe: Il passe, conosciuto anche come fluidoterapia, è l’atto di
trasmettere energia magnetizzata dal mondo spirituale, direttamente o con l’aiuto di un medium passista (attraverso l’imposizione delle mani), in beneficio dell’uomo incarnato. Dai tempi più antichi, l’imposizione delle mani è una delle formule utilizzate dalle persone per aiutare gli ammalati o per allontanare da essi le cattive influenze spirituali.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Ho cominciato, io stessa, a elaborare delle ipotesi, le quali
segnalerò in seguito. Rilevo che queste "teorie" non le ho
trovate sui libri (almeno non di forma diretta), né mi sono
stati segnalati da spiriti superiori, sotto forma di sogni o
messaggi psicografici. Anche se siamo tutti medium, non ho
sviluppato tali qualità. Non posso, tuttavia, per così dire,
affermare, con assoluta certezza, che le ipotesi sono tratte
derivante esclusivamente dalla mia immaginazione o
deduzione. Le domande che mi vengono spesso in mente
sono le seguenti:
1. Avrebbero queste persone, in
incarnazioni precedenti, fatto cattivo uso
di un dono così ricco come la voce?
Avrebbero usato la sua voce per parlare
male degli altri, spettegolare,
danneggiare i loro simili? Avrebbero
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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usato la voce per praticare discorsi che
incoraggiavano la controversia, la rabbia,
la violenza? Avrebbero cominciato la
guerra? Avrebbero usato la voce come
uno strumento che ferisce, come arma,
spesso letale?
2. Sarebbero, in altre vite stati decapitati?
E, a causa della brutalità e della violenza
della loro morte, sarebbero tornati per
finire un compito incompiuto, ma
portando con sé una conseguenza, un
segno della vita precedente?
3. Sarebbero questi spiriti che si sono
suicidati, che "hanno fatto fuori" la
propria vita, " mediante l'impiccagione?
Spiriti che sono venuti ora, al fine di
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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"riscattare" qualcosa, imparare, redimere
il più grande crimine di tutti, che è quello
di uccidere se stesso, atteggiamento che
va contro le leggi della vita e del
Creatore?
Ci penso spesso in tutto ciò, e confesso che a volte questi
pensieri mi fanno venire l'ansia. Dopo tutto, le persone che
conosco che sono state sottoposte a tale intervento
chirurgico, hanno commesso degli errori, soprattutto contro
se stessi (le bevande, le sigarette, sono suicidi mascherati).
Tuttavia, sono persone di carattere, che hanno un cuore
enorme, e che m’insegnano, ogni giorno, nuove lezioni. A
causa di questo, io preferirei pensare che, in realtà, siano
spiriti che prima di entrare in questa vita hanno fatto questa
scelta per portare lezioni, apprendimento, a tutti noi.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
117
Perché attraverso le loro esperienze diamo più valore alla
vita, passiamo in rassegna i valori, ecc. È difficile però non
pensare alle ipotesi precedenti. E, quindi, Dio ha dimostrato
ancora una volta la sua bontà e sapienza infinita,
regalandoci il "dono della dimenticanza". In caso contrario,
come affrontare il dolore, la rabbia, il senso di colpa?
Forse non troverò mai una risposta a questa domanda.
Almeno non in questa incarnazione. Una cosa, comunque,
lo so. Le nostre strade si sono incontrati per qualche
motivo. E in questa convivenza imparo, ogni giorno, una
nuova e grande lezione.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Egli ha il cancro!
Esiste in un libro una frase che dice più o meno così:
“Quando qualcuno ha il cancro, tutta la famiglia si ammala.
Ed è proprio su questo che vorrei discorrere nel presente
articolo. Per un familiare, non è facile sapete che qualcuno
della sua famiglia, qualcuno che egli ama, ha il cancro.
Come il paziente, che al momento della diagnosi si sente
come “invaso” da migliaia di sensazioni e pensieri di tanti
tipi diversi, anche ai famigliari succede qualcosa di simili.
Domande, rabbia, tristezza, colpa. La sensazione
d’impotenza è grande, e disturba. Alcune volte, i famigliari
arrivano al punto di domandarsi: Perché egli, e non io?
Perché con lui, e non con me? Arrivano anche ad affermare
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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che, in questo modo (o sia, con l’altro essendo il “malato”),
la sofferenza è ancora maggiore.
Difficile per un malato di cancro comprendere la ragione
per cui, molte volte, qualcuno che li è vicino (di solito un
famigliare) si mette a lamentarsi, a verbalizzare: Perché hai
fatto questo con me”? Oppure: “Tu non puoi immaginare
come vederti così mi fa soffrire”. “Preferirei che fosse con
me”, tra altri commenti e affermazioni. Infatti, per chi sta
affrontando un trattamento difficile, pieno di effetti
collaterali e tante volte doloroso, in particolare dal punto di
vista emozionale, è complicato aver a che fare con queste
lamentele in più.
Spesso si parla di “mettersi nei panni degli altri”. Troviamo,
quindi, delle persone che consigliano ai famigliari e amici di
mettersi al posto di quello che è in trattamento, per miglior
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
120
comprenderlo. E il contrario? Qualche paziente avrà mai
pensato di mettersi nei panni del famigliare? Per poter
rendersi conto che anche per lui questo è un momento
d’intensa sofferenza?
Anche se non è malato, il famigliare condivide col paziente
momenti di gioia, dolore, tristezza. Egli, oltretutto, ha anche
le sue dolori, dubbi, incertezze, le quali, in generale, finisce
per guardare dentro di sé, per non far preoccupare ancora
di più quello a cui tanto ama. Oltre a questo, tante volte
vede se stesso ad ascoltare (e conservare) dolori e sfoghi di
altri, come altri membri della famiglia, amici, persone
conosciute. In altre parole, subisce un "accumulo" di dolore,
rabbia, tristezza, sentimenti e risentimenti che in qualche
modo invadono il suo essere. E c’é un’altra cosa ancora: il
paziente, anche se soffre l’impatto della diagnosi, riceve,
insieme con questa, una “strada”, una “via d’uscita”: il
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
121
trattamento. Oltre ciò, egli (il malato) sa come si sente, se si
sente bene oppure no, cosa fare, a chi (o a cosa) rincorrere
nel caso ci sia bisogno.
Il famigliare, invece, diventa impotente. Egli è obbligato a
riconoscersi come una persona con dei limiti. Si sente con
le mani legate, e si rende conto di poter sì fare qualcosa per
aiutare, ma forse non con tutta l’intensità che gli sarebbe
piaciuta. Il famigliare si sente insicuro, perché non sa quello
che il paziente sente davvero, se sta veramente bene, o se
dice così semplicemente perché la famiglia non diventi
ancora più tesa o preoccupata. È una grande sfida, per tutti
i membri della famiglia, riconoscere i loro limiti. E a vere, in
particolare col paziente, un accordo di mutua fiducia. Che il
paziente dica quando non sta bene, e quando no.
Ricordando sempre che questo varia da una persona
all’altra, ed è sì possibile stare bene sempre!
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Tornando all’inizio del testo, dove ho scritto una frase
affermando che, quando un paziente ha il cancro, tutta la
famiglia si ammala, sottolineo che l’ammalarsi è un
processo, e comincia nell’anima. Ci ammaliamo nel cuore,
ed è sì possibile morire di tristezza, di ansia, di
preoccupazione. La tristezza, rabbia, il dispiacere, senso di
colpa e il risentimento ci ruminano dall'interno, ci fanno
male, abbassano la nostra immunità. Tutto questo, però, è
passibile di essere curato. Passibile di guarigione e
prevenzione. Riconoscere tali sentimenti è il primo passo.
Dopo tutto, avere rabbia, dolore, preoccupazione, sono
cose normali. Il problema non è averli, ma darli troppa
attenzione. Dobbiamo lavorare il pensiero in questo senso,
cercando di "espellere" ciò che ci fa male, e attrarre le cose
buone (la scienza ha già dimostrato l'efficacia di questo).
Bene, questo è importante sempre, però, nei momenti in
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
123
cui un famigliare sta affrontando una grave malattia come il
cancro, questo esercizio diventa ancora più necessario.
Questo è un momento di estrema delicatezza per tutti i
membri della famiglia, che devono ricordarsi che anche loro
hanno bisogno di essere curati.
Una delle forme di fare questo, è avendo sempre un tempo
per se stessi. Un’altra, è attraverso la psicoterapia e la
partecipazione in gruppi di supporto per famigliari, dove
potranno convivere con altre persone che vivono in una
situazione simile. Lo scambio di esperienze, gli sfoghi,
identificarsi uno con l’altro, sono cose che contribuiscono
significativamente al miglioramento delle condizioni
generali. Sia il paziente, sia il famigliare, l’importante è
sempre riconoscere se stessi come umani, e credere nel
proprio potenziale. Dopo tutto, anche se ci sono ostacoli
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
124
che si frappongono, meritiamo che la felicità si faccia
presente. Per questo occorre, soprattutto, avere fiducia.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
125
Cos’è peggiore: avere il cancro o scoprire che
qualcuno a cui amiamo ha il cancro?
Difficile discutere di quest’argomento con la profondità che
merita. Per rispondere "bene" a questa domanda, sarebbe
necessario collocarla all'interno di un contesto più ampio.
Dopo tutto, il cancro è una malattia di per sé piena di paure,
insicurezze, stigmi. Io in particolare, non so cosa sia
peggiore. O meglio, "c'è" un peggio? In realtà, considero la
questione sopra un po' "macabra". Tuttavia, osservando i
pazienti, le famiglie e gli operatori sanitari, sia in gruppi di
sostegno, sia li accompagnano durante le sedute di
chemioterapia o consulenze individuali, mi autorizzo a dare
una risposta a questa domanda, anche a rischio di
precipitare me stessa: peggiore è sapere che "l'altro" ha il
cancro!
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
126
Da un po’ che accompagno da vicino l’intensa sofferenza di
famigliari e caregiver, sia nel gruppo di supporto, sia nelle
terapie individuali. La sensazione d’impotenza, la voglia di
aiutare, e il reclamo dei pazienti, che dicono di sentirsi
“soffocati” con l’eccesso di cura. Le paure, la sfiducia (“Non
è che egli mi nasconde qualcosa”?). Al tempo stesso,
ascolto il racconto dei pazienti, che affermano: “Meno male
che è successo con me, e non col mio figlio”, oppure: “Se
fosse successo col mio marito (o moglie), credo che egli non
sarebbe stato in grado di sopportare”
Anche se il cancro, in un certo senso, fa che la persona
perca un po’ il dominio sulla propria vita, è come se il fatto
di succedere con se stesso le desse un’opportunità, anche
se remota, di “mantenere il controllo”, mentre se chi si
ammala è l’altro, questo “controllo” li sfugge
completamente.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
127
Un altro fattore importante da essere preso in
considerazione quando affermiamo che la malattia
“nell’altro” è peggiore, riguarda la perdita, il lutto, la morte.
Ogni volta di più, la morte è vista dalla nostra società come
un tabù. Piangere la perdita di qualcuno è piangere per
quello che amiamo, ma sopratutto, è piangere per noi
stessi. É andare d’incontro alla propria perdita. Quindi, si
cerca di evitare al massimo questo momento, investendo in
trattamenti e ancora altri trattamenti, senza domandarsi
fino a che punto tutto ciò vale la pena.
Fortunatamente, da qualche tempo si sta parlando un po’ di
più nelle “Cure Palliative”. Minimizzare il massimo possibile
la sofferenza, investire in una morte più degna e umana.
Bisogna guardare con più “affetto” quest’area della
Medicina, perché, se facciamo attenzione, questa minimizza
non solo la sofferenza dei pazienti, ma anche dei famigliari.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
128
Bene, tornando alla questione se è peggio avere il cancro o
sapere che chi amiamo ce l’ha. È importante enfatizzare che
tante volte il “cuidador” (cuida a dor)7 diventa così
coinvolto nel prendersi cura dell’altro, che rischia di soffrire
un esaurimento, sia fisico sia emozionale. L’alto livello di
stress predispone alla discesa dell’immunità, e da margine
alla comparsa, anche, di malattie opportunistiche.
Non mi piacciono molto i “cliché”, ma questo considero
valido: “Prendersi cura per poter prendere cura” (Prendersi
cura di sé, per poter prendersi cura dell’altro). Niente di più
ovvio. Essere ovvio, però, non vuol dire essere facile!
Credo che noi, professionisti della sanità, abbiamo, in un
certo senso, una grande carica di responsabilità nei
7 Cuidador (caregiver, in portoghese)- fa pensare a qualcuno che
“cuida a dor”, o sia, che si “prende cura del dolore”
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
129
“cambiamenti” che affettano il paziente e finiscono per
riflettere sui caregiver di modo generale. Un esempio di ciò
è quando il paziente, a partire dalla malattia, inizia, tante
volte nel decorso della terapia, a rivedere le sue priorità e,
per la prima volta in vita sua, impara a “dire di no”.
D’improvviso, ecco il caregiver principale, di solito la sposa,
la madre, il marito, davanti ad una sfida: “Cosa fare? Come
affrontare”?
Qui un suggerimento: come i pazienti hanno bisogno, nel
giorno dopo giorno, di avere dei momenti per loro stessi,
hobby, momenti per fare quello che li piace e,
specialmente, rendersi conto che il trattamento è parte
della routine, ma non è “LA” routine di per sé, e che questo
non deve essere vissuto come se fosse l’unica cosa della
vita, anche il caregiver ha bisogno di questo! Egli ha bisogno
di ricordare che anche lui ha una vita, e che questa deve
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
130
essere vissuta. Aver cura di non cominciare a vivere sempre
in funzione dell’altro o, peggio ancora, cominciare a vivere
la vita dell’altro! È importante amministrare il tempo! E,
una delle maniere per riuscire a fare questo, riuscire a
prendersi cura di sé, è cercando un supporto!
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Parlando di perdite
La mia intensione, in questo testo, non è quella di parlare di
perdita nel senso di morte. Voglio dire, non ho l’intensione
di parlare di perdita “solo” in questo senso, con questa
connotazione. Voglio, sì, parlare della perdita in un senso
più ampio, più complesso, delle piccole perdite, delle
perdite concrete, simboliche, astratte, infine. Parlare delle
perdite con le quali viviamo e conviviamo sempre, nel
nostro giorno dopo giorno e che, tante volte, non ci
rendiamo neanche conto. (Forse per poter affrontarle
meglio, forse, al contrario, il “non rendersi conto” non sia
sempre un nostro alleato). Voglio parlare delle più diverse
delle perdite, incluso quelle “necessarie”.
Inizialmente, forse io stia dando un’impressione sbagliata,
impressione che io sia un po’ sadica o almeno un po’
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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“pazza”… perdite necessarie, cosa vuol dire? Da quando è
che perdere è necessario? Per saper valorizzare le
conquiste? E vado oltre: se è necessario, potrei rischiare e
affermare che, in alcuni casi, “perdere è buono”? Dio,
questo ci spaventa! Ma è più o meno così, però, con
qualche riserva.
Fin dalla nascita, conviviamo con le perdite. “Perdere” quel
posto caldo, confortevole, dove non avevamo bisogno di
fare nessun tipo di sforzo per essere alimentati, dove non
avevamo freddo, influenza, coliche, dove non soffrivamo
nessun tipo di sconforto, sicuramente non deve essere
stato facile. Dicono che la peggiore (o una delle peggiore)
dolore che l’essere umano sente è nel momento della
nascita. Per questo che si piange alla nascita. I medici e
scientisti, con i loro studi, hanno già comprovato questo. E
hanno le giustificative per ciò che occorre, che hanno a che
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
133
vedere, fra altri fattori, col funzionamento dei polmoni.
(Impariamo a respirare “a forza”!). Però, insieme a questo
pianto, c’è anche il pianto per la perdita, la perdita di un
posto, di una sicurezza. E così affrontiamo la nostra vita,
imparando a convivere e amministrare le perdite.
La perdita del grembo della madre che, forse, se non ci
fosse stata, non avremmo mai imparato a gattonare, e
molto meno a camminare. La perdita del primo dente,
qualcuno si ricorda? E apparire “col portone aperto”8 nella
scuola? La perdita della prima insegnante, la perdita del
gruppo dell’asilo all’andare alla Prima Elementare. Le
perdite come conseguenze di cambiamenti, di indirizzo, di
città, di palazzo.
8 Apparire “de porteira aberta”: termine utilizzato quando al
bambino è caduto il dente davanti, e, questo, quando sorride, fa vedere a tutti quel “buco” in mezzo alla bocca.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
134
Ci sono anche le perdite doloranti, difficili, le quali
sicuramente lasciano delle marche più profonde. La perdita
di un ente caro, di qualcuno a cui vogliamo bene. La morte.
Forse una delle perdite che noi, esseri umani, abbiamo più
difficoltà ad affrontare. In particolare noi occidentali,
specialmente nella cultura attuale, dove la morte non è più
vista come qualcosa di naturale, di umano, del ciclo della
vita. Ella è vista come qualcosa di sinistro, misterioso,
spaventante. Un tabù. Qualcosa da cui vogliamo scappare.
E, più rinforziamo questa visione, più difficile diventa vivere
il lutto ed elaborare la perdita. Sì, perché il lutto è un
processo naturale e necessario. Un processo fondamentale.
Pensiamo ora alla questione del cancro, e della
chemioterapia, punti centrali in un ambente come quello
dove era editato il giornale dove questo testo è stato scritto
per la prima volta.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
135
La perdita dei capelli nelle sessioni di chemioterapia
provoca sensazioni varie, che si differiscono da una persona
all’altra. Però, in un modo generale, è comune lo shock, lo
spavento, il “nel profondo, avevo pensato che con me
sarebbe stato diverso”. È un processo per il quale alcuni
hanno bisogno di un maggior preparo, e ci mettono un po’ a
guardarsi allo specchio; altri, nel tentativo di ritardarlo, si
rifiutano di tagliare i capelli, e accompagnano la loro caduta
“a mazzette”. Ognuno reagisce a modo suo. Utilizzando una
parrucca, una sciarpa, un cappello. Non usando niente,
oppure facendo un tatuaggio. Non importa come ognuno
andrà ad affrontate la “sua” perdita dei capelli, o con la
perdita dei capelli dell’altro. Importa ciò che è lì
rappresentato.
E perché, per alcune persone, è così difficile brigare con
questo? Perché la caduta dei capelli ha finito per diventare
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
136
uno stigma, un “etichetta” per cancro. (E quindi, cogliono
“proteggersi” degli sguardi degli altri, sguardi inquisitori,
strani, che si vuole evitare). Perché, a volte, fino lì, è
successo tutto in un modo così veloce, che non hanno avuto
il tempo di pensare alla malattia, a tutto ciò che stava
accadendo davvero. Perché è lì che “a ficha cai”9. E “ci
rendiamo conto a forza”. Quindi, migliaia di pensieri
vengono in superficie, tutti aspettati, con maggiore o
minore intensità, dipendendo di ogni persona (non
dobbiamo mai dimenticare le individualità). Sentimenti di
rabbia, tristezza, paura, dubbi, ecc. Perché lì, sui capelli, ci
sono tante cose proiettate E, simbolicamente, non è il
capello di per sé (quello ormai prima o poi rinasce), ma
9 “a ficha cai”: modo di dire che significa che è da quel momento
che le persona “si rende conto” di ciò che è successo.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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tutto ciò che possa essere lì rappresentato. E andiamo oltre
a questo.
La “perdita” di un organo, che è dovuto essere ritirato per
un tumore, o la perdita di solo una parte di esso, è vissuta,
per ogni persona, in un modo particolare. Oltre a ciò che
questo o quello organo rappresenta per ognuno di noi, ci
sono anche altri fattori da essere presi in considerazione,
come cosa quest’organo rappresenta, cosa è stato lì
proiettato, cosa “di fatto” viene perso, ritirato, lacerato.
Appare, anche, la capacità che ognuno ha di ricostruirsi a
partire di tale perdite. E questa è una cosa che dipende da
innumerevoli fattori, interni ,esterni, strutturali, infine.
Non c’è persona che non si senta scossa con la perdita di
“un pezzo” di se stessa. Tanto che è molto comune per la
donna, quando ha un figlio, sentirsi leggermente triste, una
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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tristezza alla quale lei non sa spiegare. Questa tristezza, nei
giorni d’oggi, è compresa e accettata dai professionisti della
salute. Infatti, “guadagnare” un figlio è, al tempo stesso,
“perderlo”. Perché prima, in pancia, era come se egli
“appartenesse, fosse “parte” di quella madre. Ma ora...
Molte volte, le persone non riescono a capire perché
“perdere” l’utero infastidisce tanto quanto perdere la
mammella, se la donna non ha più intensione di avere figli,
o perché diventano schioccate, scosse, con la ritirata (nel
caso della mammella) di solo “un settore”. Bene, per chi
guarda da fuori, forse, quello che è “apparente”, che non si
può nascondere,è quello che provoca più dolore, più
commozione. Quello che “spaventa” di più sono le cose che
ci sono a vista d’occhio. E può darsi che questo nostro
sguardo, di pietà, senza dubbi uno sguardo che tante volte
non riusciamo nemmeno a nominare, finisca per rafforzare
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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tale visione, tale comportamento, e per aumentare la
sofferenza di chi non ha modo di nascondere che è o è stato
malato. (Caso, ad esempio, di chi ha un tumore di testa e
collo, visto la rappresentazione di tali organi)
Questo per non dire che, molte volte, uno “sguardo di
pietà” è ciò di cui loro meno hanno bisogno. Hanno
bisogno, invece, di uno “sguardo di ascolto”, uno sguardo
che sia in grado di dimostrare che sebbene la malattia, o il
trattamento, loro sono ancora esseri umani.
E i tumori che non sono visibili? Sono meno importanti?
Ovviamente no. Può darsi che, in questi casi, il più difficile
sia proprio affrontare questa questione: il nascosto.
Imparare a convivere con un senso di vuoto, carico di
emozioni, contenuti simbolici, che finiscono spesso per
andare inosservati da coloro che lo circondano . Per chi li è
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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vicino, chissà, forse sia meno difficile" da gestire. O forse è
proprio il contrario, perché poi la sensazione di impotenza
davanti al "nemico" è ancora maggiore. Ebbene, in realtà,
non c'è modo di generalizzare. Dopo di tutto, ci sono le
differenze, similitudini, peculiarità e, soprattutto,
l'individualità di ciascuno. Di ogni essere, ogni caregiver,
infine.
E noi, professionisti della sanità come affrontiamo le
perdite? Siamo pronti per questo? Dal punto di vista della
formazione accademica, credo di no. Culturale, può darsi,
ma, oltretutto, noi, come qualunque essere umano,
utilizziamo dei meccanismi e delle risorse, molte di essi
interne, per affrontare tali questioni. E molte di queste sono
personali, sono risorse che ognuno cerca a modo suo.
Anche dentro di sé. Perché non siamo dèi, e le nostre
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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professioni non ci proteggono dalla sofferenza. Ma questo è
un argomento per un altro articolo.
Riprendendo quanto visto in precedenza, forse possiamo
pensare alle "perdite" derivanti da un trattamento del
cancro come "perdite necessarie", ma non per questo
indolori.
Perdite che evitano altre perdite, chi lo sa. E, pensando
circa la malattia, la chirurgia, la chemioterapia, facciamo
riferimento a pensare alla vita, in quello che è stato, in
quello che abbiamo conquistato fin qui, in quello che
abbiamo vinto, in quello che abbiamo perso. E finiamo,
tante volte, per renderci conto che c’è molto di più tra le
righe delle nostre proprie storie. Che, molte volte, ci siamo
dimenticati che siamo i protagonisti delle storie delle nostre
vite, e viviamo come se fossimo degli attori secondari. E lo
stress, la corsa giorno dopo giorno, il lavoro, le
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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preoccupazioni, sono gli attori principali. Ci incontriamo
davanti a perdite ignorate, cose mal risolte. E decidiamo di
cambiare. E ci rendiamo conto che non è una cosa così
facile. Che ciò richiede saggezza, apprendimento. E che
queste sono le questioni più difficili da affrontate. Perché
quelle organiche, sono concrete, tangibile, si trattano. Le
questioni emozionali coinvolti, invece, sono molto più
difficile da essere lavorate. Quello che è rimasto “custodito”
dentro di noi, rabbia, crepacuore, colpe, frustrazioni, parole
non dette, desideri ignorati, sono tutto lì, in attesa di essere
riconosciuti. Per poter, quindi, trasformarsi. Perciò,
impariamo a prenderci cura di noi stessi! Che possiamo
assumere il nostro vero ruolo, che è quello di protagonisti
delle nostre vite! E che possiamo permetterci di non essere
di buon umore tutti i giorni, di non essere tutto il tempo
felici, avere momenti di gioia, ma anche momenti di
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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rabbia, di tristezza, di resinazione. Che possiamo essere,
prima di tutto, umani, e che possiamo prenderci cura di sé
in tutti o sensi, corpo, mente, spirito. Nel organico, nel
fisico, nel emozionale, nel spirituale.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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La paura del cancro e la sua relazione con gli
aspetti culturali
Il cancro è una malattia che “tocca” molto con l’essere
umano, sia quello che è da lui colpito, come gli amici, la
famiglia e le persone che gli sono vicine. E, quando mi
riferisco a “tocca”, non penso solo agli aspetti fisici,
organici, ma anche negli aspetti psicologici, emozionali.
Davanti a una diagnosi di cancro, tutti hanno una reazione.
Paura, rabbia, tristezza, resinazione. Non importa quale,
neanche quando lei succede. Ma che tocca, tocca. Che
colpisce, colpisce. E uno degli aspetti che è molto presente
quando si parla di una malattia come il cancro, è quello che
io avrei chiamato di “Aspetti Culturali”.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Il cancro è una malattia dalla quale le persone, in modo
generale, hanno molta paura. Paura questa che, molte
volte, finisce per intralciare, e molto, sia la diagnosi sia il
trattamento. Avendo paura, le persone temono investigare,
cercare aiuto, non vogliono “trovare”, “scoprire” il cancro. E
finiscono per non rendersi conto che, in realtà, il primo
passo per il trattamento, o sia, per trovare una strada, una
via da seguire, è appunto questo: investigare, pur di avere
una diagnosi. È poter riconoscere la malattia per, da quel
momento, poter curarla.
“Chi cerca trova” è una frase che si sente con frequenza.
Trova? Può darsi di sì. Ma la trova in tempo, di curare, di
“fare qualcosa”. Ma allora, perché tutta questa paura, in un
momento in cui le ricerche sono sempre più in avanti, nuovi
farmaci sono collaudati e approvati costantemente e che,
sempre di più, si sa che quanto prima è fatta la diagnosi,
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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meglio è? Perché il timore, in un momento in cui la grande
tendenza è che il cancro sia ritenuto come una malattia
cronica, con la quale i pazienti, quando non guariti,
potranno conviverci quotidianamente, come succede nei
giorni attuali con dei mali come il diabete e l’ipertensione?
Qui è che, tra l’altro, interferiscono gli aspetti culturali.
Il cancro, per molto tempo, è stato direttamente legato alla
questione della morte. Ricevere una diagnosi di cancro, era
come ricevere una sentenza di morte. Parlare di cancro era
proibito, lo “attirava”, “portava sfortuna”. E le persone che
ne erano colpite morivano in silenzio, in sofferenze, perché
non potevano condividere i loro dolori, il loro dramma.
S’isolavano, erano guardate con pregiudizio, con timore.
Avevano “quella malattia”. Molti morivano, senza che se ne
sapesse la ragione. Senza che potessero avere l’opportunità
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
147
di parlare della malattia, di riconoscerla, e, dunque curarla.
E, con ciò la paura si faceva (e si fa) presente.
Inoltre esistono altre questioni importanti da rilevare,
quando ci riferiamo agli aspetti culturali. Tra cui il proprio
pregiudizio o pre-giudizio10 che riguarda sia la malattia
stessa che la propria questione della prevenzione. Un
esempio molto presente è la resistenza che, ancora oggi,
molti uomini presentano se devono fare l’esame di tocco
rettale e altri, pur di prevenire il tumore della prostata.
Anzi, forse quando si pensa agli aspetti culturali, questo pre-
giudizio che è intimamente in rapporto con la cultura, sia
uno dei motivi principali perché gli uomini siano non
soltanto colpiti dal tumore di prostata, ma specialmente,
10
La parola “pregiudizio” è fatta dal radicale “pre”+ giudizio: o sia, un giudizio fatto previamente, come un giudicare qualcosa prima di conoscerla veramente.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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che quando scoperto, la malattia abbia raggiunto gradi
elevati. Infine si sa, nei giorni di oggi che il tumore di
prostata quando scoperto precocemente ha alti indici di
guarigione. Che cosa fare, dunque?È ben vero che, come
menzionato prima, i tempi sono altri, le cose sono evolute,
la medicina ha fatto molti progressi. Però dal punto di vista
storico-culturale, i cambiamenti sono appena cominciati.
Non è facile rompere un concetto, con dei pregiudizi che
hanno forti radici e che si sono formati negli anni. Sono
concetti, credenze, timori che furono trasmessi da
generazione a generazione. Ora, a poco a poco sono
superati. Sono pure cambiamenti di paradigmi e questo ci
mette molto tempo.
Il primo passo tuttavia fu fatto. È appunto poter
riconoscere che, in generale, ogni essere umano quando
colpito da una malattia considerata grave com’è il cancro,
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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ha le sue particolarità. E che molto di tutto ciò è collegato a
questioni di ordine culturale. A partire da questo fatto, si
devono orientare e ricercare, a poco a poco, dei nuovi
concetti, aiutare a capire meglio e affrontare le paure e
lasciar stare i pre-giudizi. Credo che se ognuno farà la sua
parte, il suo piccolo passo, ce la faremo a distruggere
queste questioni che sono radicate nella nostra società da
secoli. E dunque il cancro diventerà una malattia che non
causerà tanto timore e tanta apprensione.
Xii, lui ha perso l’appetito! E ora?
Ricevere una diagnosi di una grave malattia, di per sé,
genera paura, angoscia, stress, rabbia, insicurezza, tensione
e tante altre reazioni, alcune difficile da essere spiegate con
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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le parole. Anche i famigliari, quando vedono che un essere
da loro amato si è ammalato, reagiscono a modo suo, con
rabbia, angoscia, paura, negazione, infine, presentano,
anche loro, sintomi, siano fisici, siano emozionali.
L’angoscia, l’ansia che accompagnano una malattia come,
ad esempio, il cancro, comincia molto prima della diagnosi,
Sintomi, esami, test, tante volte, il processo per riuscire a
diagnosticare “qual è il problema”, di per sé, già genera
stress. Ma la risposta arriva. E, per più difficile che sia la
realtà della malattia, con la diagnosi, arriva anche il
trattamento, “l’uscita”, la possibile soluzione. E il rinascere
della speranza.
Come se questo non fosse abbastanza, il paziente dovrà
anche affrontare, oltre ai cambiamenti “normali” di routine
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
151
nella sua vita (e in quella dei famigliari più vicini), gli effetti
dello sviluppo della malattia e del trattamento stesso.
Chirurgia, radioterapia, ormonoterapia. Effetti collaterali.
Effetti questi che sono molto individuali, e, anche se esiste
un “elenco” di effetti che si può aspettare, questi possono
variare da paziente a paziente. Molti di questi effetti
possono essere "visti da davanti, affrontati, minimizzati. Ma
ancora una volta ripeto: dipenderà da ogni soggetto, ogni
organismo, da una serie di fattori combinati, ricordando che
la malattia generalmente ha aspetti bio-psico-sociali-
spirituali.
Il paziente e i suoi famigliari cercano, come li è stato
raccomandato o dal medico, o dalla psicologa, o anche da
quel amico più vicino, vivere la vita “il più normale possibile,
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
152
senza cambiare tanto la routine del giorno. E arriva il
momento di mangiare.
Ora di mangiare, e il paziente non ha fame! Egli
semplicemente non riesce a mangiare! E ora, cosa fare?
L'atto del mangiare, nella nostra società, è associato a
questioni relative al piacere e alla soddisfazione nel senso
più ampio di tutti. Basta notare come, tutt'oggi, le madri
che non riescono, per un motivo o un altro, allattare i loro
bambini al seno, si sentono, molte volte, incomplete,
colpevoli, non "sufficientemente buone". (Questa teoria, in
realtà, si è “sbriciolata” molto tempo fa, ma purtroppo
molte madri l’hanno introiettata in tal modo da continuare
a soffrire dentro di sé) .
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
153
Il cibo e, ancor più, l'alimentazione ha a che fare non solo
col soddisfare un bisogno biologico, ma anche (e
soprattutto) con una funzione affettiva e sociale.
Affettiva, come la madre che nutre il bambino, come uno
scambio di affetto, cure.
Sociale, bene, basta pensare al fatto che spesso scegliamo
bari o ristoranti per i nostri incontri, questi siano questi
incontri di lavoro, incontri con gli amici o quando vogliamo
sorprendere qualcuno. (Chi rifiuterebbe un invito a cena in
un bel ristorante?)
Tornando quindi al nostro paziente. Gli manca l’appetito,
egli non ha nessuna voglia di alimentarsi. E i famigliari? Il
famigliare, ansioso e angosciato con quella situazione,
sentendosi con le mani legate per non poter fare qualcosa
di più per il paziente, tende a come una madre, piena di
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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buone intenzioni, ma non sempre completamente cosciente
dei suoi atti, insistere per che egli mangi. E cosa succede?
L’appetito del paziente e la sua voglia di mangiare non è che
tornano così, come per miracolo!
Insistere sul fatto che il paziente si nutra, potrebbe non
essere la soluzione migliore. Questo potrebbe in ultima
analisi, aumentare ulteriormente l'ansia e lo stress,sia il suo,
sia quello del familiare che, non vedendo un "vero
cambiamento" nell'atto di mangiare, si sente ancor più
impotenti davanti alla situazione.
L’atto di insistere può generare ancora più angoscia, sia nel
paziente che, sotto pressione, può persino arrivare ad avere
reazioni di rabbia, pianto incontrollato o anche reattanza,
vale a dire, se prima mangiava almeno un po’, ora
semplicemente si rifiuta di mangiare. Altre reazioni alla
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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pressione sofferta possono essere a carattere psicologico,
che se riflettono nel fisico, come ad esempio un aumento
della nausea, malessere, vomito, per non parlare di
insonnia, nervosismo e agitazione.
E il famigliare? Sì, non possiamo dimenticare il famigliare!
Tutto questo può aumentare ulteriormente l'ansia,
l’insicurezza e il senso di "inutilità". "Io non so cosa fare per
aiutare!" Ma allora, come gestire questa situazione?
Prima di tutto, da un punto di vista nutrizionale, è
importante una buona valutazione con un nutrizionista,
preferibilmente del ramo dell'oncologia, al fine di ricevere
un'adeguata guida su come gestire l'alimentazione del
paziente e, se necessario, fare uso di integratori alimentari
specifici.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
156
Dal punto di vista emozionale, bisogna, inizialmente,
rendersi conto che le “funzioni” date all’ato di mangiare
sono state simbolicamente rappresentate dal cibo, ma
possono essere sostituite o gestite in un modo diverso.
L '"affetto", per esempio, non è nel 'atto di "pulire il piatto",
ma nel cambio di carezze, nel contatto occhio con l'occhio,
nella sola presenza. Più che essere spinti a mangiare, forse
quello che potrebbe aumentare non dico tanto l' appetito,
ma la "voglia"" di alimentarsi sia poter stimolare non solo la
"fame", ma tutti i sensi! Un tavolo ordinato, elegante, con
decorazioni, piccoli dettagli , Un piato colorato, appetitoso,,
di quelli che "si mangia con gli occhi" , Se possibile, decorati
e realizzati con gli ingredienti più importanti: affetto e
amore.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Forse un sottofondo di musica soft. Tutti a tavola insieme,
TV FUORI! Trovare il modo per stimolare la visione, olfatto,
udito, gusto . Che ne dite di suggerire al paziente
semplicemente provare a sperimentare le cose ? E insieme
a lui, cercare di trovare nuove spezie, nuovi accostamenti,
nuovi sapori? (Spesso il farmaco altera il gusto del cibo e,
tra di noi, una carne che sa di carta non deve essere un
gran ché)!
Il momento del pasto, può (e deve) essere anche un
momento di scambio, di affetto, di socializzazione. Oserei
dire che il "cibo" qui non vi è la causa ma la conseguenza!
Lo vediamo come “causa", come se, per stare insieme,
avessimo bisogno di una "scusa". In realtà, però, forse il più
importante di questi momenti siano esattamente gli
scambi. Di affetto, di idee, di conoscenze, infine .
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Anche se il paziente non sente fame, è importante che sia
presente, e partecipe di questi momenti. Sedersi a tavola
tutti insieme. pizzicare una o l'altra cosa. Osare, rischiare.
Se non ce la fa, bene. Niente di insistere troppo, perché,
come visto in precedenza, questo può finire per peggiorare
la situazione. Parlare. A proposito della vita, delle cose, circa
quello che sta andando bene, quello che è migliorato,
infine, dimenticare un po' i problemi, la malattia, la
sofferenza, il dolore. Aiutare il paziente a sentirsi, ancora,
non un paziente, un malato, ma un essere umano. Una
persona semplicemente. Con paure, insicurezze, ma anche
sogni, speranze, e con una vita che supera, che va oltre, ben
oltre la diagnosi!
E i famigliari? Questi possono essere rassicurati sul fatto che
hanno fatto, che stanno facendo la loro parte. Senza
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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angosce supplementari, senza stress , riconoscendo i limiti
del paziente, ma anche (e soprattutto) le proprie limitazioni.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Psiconcologia: un vertice della Psicosomatica
La medicina psicosomatica si propone di trattare il soggetto
nel suo insieme, corpo, mente, spirito, ambiente, cultura,
società, vale a dire un essere completo,complesso, che
influenza ed è influenzato dall'ambiente in cui vive.
Fin dall’antica Grecia, è nota l'influenza che gli aspetti
emotivi hanno sulla salute e sulla malattia, e viceversa,
rendendo impossibile trattare il corpo senza pensare
nell'anima. Socrate (,Zalmoxis, in Carmide) dice: “non
bisogna cercare dì guarire gli occhi senza la testa né la testa senza
il corpo, allo stesso modo il corpo senza l'anima, ma questa
sarebbe anche la causa del fatto che molte malattie sfuggono ai
medici greci, perché trascurano il tutto, di cui bisognerebbe aver
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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cura; e se il tutto non sta bene, è impossibile che la parte stia
bene”.
Tuttavia, col passare degli anni e le nuove scoperte,
soprattutto nel campo della scienza, è sorta, con Cartesio,
una tendenza alla frammentazione. Dividere per ridurre, in
modo da poter conoscere. Questa, che era una pratica di
altre aree di conoscenza, è stata spostata anche alla
medicina. È stato istituita la dicotomia corpo-mente e anche
il corpo è stato diviso in pezzi più piccoli. Quando si parla di
salute / malattia, quella che viene trattata è la malattia,
non il paziente. E l’eredità di ciò rimane ancora,e può essere
vista, ad esempio, nel grande numero di specializzazioni
che ci sono nel campo medico.
Un oftalmologo tratta gli occhi del paziente, un oncologo
andrà a trattare il cancro, e così via. Ciò che si vede è più la
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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malattia che il soggetto stesso. Tuttavia, tutto avviene in
cicli, e c'è un movimento che tende a riscattare quello
modo di vedere gli esseri umani che c’era in precedenza:
l’essere umano come un essere uno, indivisibile. E questo
anche grazie alla scienza, alla ricerca e alle nuove scoperte
tecnologiche, le quali rivelano molte asserzioni degli antichi
filosofi.
Le teorie di Einstein, siccome gli studi nell’area della
Psiconeuroimunologia dimostrano l’influenza non solo
dell’ambiente sull’essere umano, ma anche l’influenza di
esso (l’essere umano) sull’ambiente in cui vive. Oltre a
questo, gli studi dimostrano la capacità che ognuno
possiede di agire ed influenzare direttamente sul suo
sistema immune stresso, e che in tutto nell’universo, la
parte contiene il tutto, ma l’unione delle parti orma
qualcosa di diverso del tutto. Confuso? Sono cambiamenti
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di paradigmi! E, con questa visione, abbiamo la Medicina
Psicosomatica, che è volta a comprendere l'essere umano
nel suo complesso, considerando i sistemi psicologici,
somatiche, sociali e culturali. E, come un suo “vertice”, c'è
la Psiconcologia.
La Psicooncologia mira alla comprensione globale dei malati
di cancro e il loro processo di malattia, oltre a fornire
supporto emotivo alle famiglie e operatori sanitari, i quali si
occupano di questa malattia.
Il cancro è una malattia la cui causa è una somma di fattori.
Non si può negare l'influenza che i fattori emotivi, sommati
a molti altri, esercitano sulla malattia e sul percorso che
avverrà.
Leshan dice che: “Il cancro può avere le sue origini in tensioni o
disturbi emotivi. La depressione e la disperazione possono lasciare
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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segni non solo nella mente, ma anche nel corpo”. Tuttavia,
quando si parla dell’influenza dell’emozionale, bisogna
sempre ricordare che questo è “un” fattore, e non “l’unico”!
E che l'influenza delle emozioni in relazione al cancro non
arriva così diretta, vale a dire, non è che quella angoscia che
è “tenuta dentro” si trasforma in un cancro al seno, o che la
rabbia repressa si manifesta attraverso un tumore al
pancreas. Questo può succedere, ma in un altro modo. In
realtà, pensieri e sentimenti agiscono direttamente sul
sistema immune, rafforzandolo (quando sono positivi) o
indebolendolo (quando sono cattivi). Questo, in aggiunta a
altri fattori preesistenti, può contribuire per l’insorgenza
della malattia. Lo stesso succede con gli effetti collaterali
della chemioterapia, che finiscono per variare d’accordo
con la sensibilità di ogni paziente, siccome al modo in cui
egli decide di affrontare il trattamento, se come una
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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sofferenza, o qualcosa che contribuirà per farlo stare
meglio.
Nella misura in cui i fattori emotivi influenzano il processo
della malattia, si può pensare nella relazione fra
prevenzione ed emozione e, da lì, capire il lavoro di
Psicooncologia, anche con una particolare attenzione alla
prevenzione.
Alcuni studi, come quelli realizzati dagli ospedali John
Hopkings e Kings College, descrivono gli effetti della
repressione delle emozioni e della disperazione sulla salute.
Simonton, medico americano, essendo interessato agli studi
di biofeedback, ha scoperto che alcune tecniche di
visualizzazione aiutavano le persone a influenzare i loro
processi interni. Quando insegnate ai pazienti con tumore,
aiutavano se stessi a rilevare e distruggere la malattia, di
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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conseguenza, rafforzare le difese naturali del corpo. Il suo
lavoro mostra il quanto il modo come reagiamo allo stress e
altri fattori emotivi possono contribuire all’insorgenza e alla
progressione del cancro e come le aspettative positive, la
consapevolezza e la cura di se stessi possono contribuire a
controllare e anche curare la malattia. In questo lavoro, il
soggetto è visto come il guaritore stesso. Oggi, ci sono corsi
di formazione nel metodo Simonton negli Stati Uniti,
Germania, Polonia, Giappone e Italia.
Conoscere la Psiconcologia è un modo di comprendere a noi
e agli altri in un senso più ampio (avendo il cancro oppure
no). È un modo per demistificare il cancro, lasciando dietro
i sensi di colpa, le paure e le insicurezze.
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Ringraziamenti
Il momento d ringraziare forse sia il momento più
importanti di tutto il libro. Perché se certe persone non
fossero passati nella mia vita, sia nel ruolo di amico,
paziente o famigliare, io probabilmente non avrei fatto
molte delle riflessioni che appaiono qui.
Nello stesso modo, se la mia vita, fino ad oggi, non fosse
stata esattamente così come è stata, forse i miei articoli
sarebbero stati su altri argomenti, o non esisterebbero
neanche.
Essendo così, sono innumerevoli le persone alle quali dovrei
ringraziare. Partendo dalla mia madre, al “Bibi”, alle zie, zii,
cugini, cugine, amiche e amici di tutti i periodi e
generazioni. Ho bisogno di ringraziare a chi è stato, c’è e ci
sarà sempre al mio fianco, in particolare col cuore.
Ringraziare ai colleghi, di studi, di lavoro, siccome ai
pazienti, per avermi insegnato tanto!
Pensando nella Vita: riflessioni di uno spirito curioso.
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Ringraziare al mio amore. Perché è sufficiente un suo
sguardo perché io stia bene. E perché un oceano di distanza
non ha impedito al nostro amore di crescere e diventare
una bellissima realtà.
Ringraziare alla vita, alla missione che mi è stata concepita
e, sì, ringraziare anche me stessa, perché molto di quello
che sono , o del posto dove sono arrivata, è collegato agli
altri. Ma grande parte ha a che vedere con me stessa.