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SCUOLA DI SCIENZE SOCIALI Dipartimento di Scienze Politiche Master in Innovazione nella Pubblica Amministrazione (MIPA) VIII Edizione – anno accademico 2014/2015 PERFORMANCE BASED HEALTH BENEFITS La proposta della tessera sanitaria a punti Un piccolo esperimento pilota che sondi le possibilità di implementazione di una rivoluzione contrattuale delle professioni Relatore: Candidati: Dott. Mauro Occhi Dott. Giovanni Di Marco Dott. Michele Fardin Dott.ssa Margherita Vacatello Anno accademico 2014/2015

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SCUOLA DI SCIENZE SOCIALI

Dipartimento di Scienze Politiche

Master in Innovazione nella Pubblica Amministrazione (MIPA)

VIII Edizione – anno accademico 2014/2015

PERFORMANCE BASED HEALTH BENEFITS La proposta della tessera sanitaria a punti

Un piccolo esperimento pilota che sondi le possibilità di implementazione di una rivoluzione contrattuale delle professioni

Relatore: Candidati: Dott. Mauro Occhi Dott. Giovanni Di Marco Dott. Michele Fardin Dott.ssa Margherita Vacatello

Anno accademico 2014/2015

PERFORMANCE BASED HEALTH BENEFITS la proposta della tessera sanitaria a punti. Un piccolo esperimento pilota che sondi le possibilità di implementazione di una rivoluzione contrattuale delle professioni

Dott. Giovanni Di Marco – Dott. Michele Fardin- Dott.ssa Margherita Vacatello

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Introduzione

1) Il contesto di applicazione, le malattie croniche e le nuove urgenze organizzative del Sistema Sanitario…………………………………………………………………………………………………………………………………4

2) La sanità d’iniziativa……………………………………………………………………………………………………………..17

2.1 Malattie croniche, tendenze demografiche ed epidemiologiche

2.2 Dalle indicazioni del PSR all’organizzazione dell’Azienda ASL 3 di Genova

2.3 L’invecchiamento della popolazione ed il peso delle malattie croniche

2.4 Come migliorare le risposte specifiche al problema su tutto il territorio

2.5 Come si applica il Chronic Care model ,l’empowerment del cittadino

2.6 I principali obiettivi del programma Il lavoro in team e la qualità dell’assistenza

3) La Performance in sanità e la valutazione partecipata

(empowerment)…………………………………………………………………………………………………………………….36

3.1 Criteri di valutazione dell’empowerment

3.2 Definizione degli indicatori

3.3 Gli indicatori: scelta, numero e tipo

3.4 La finalità della valutazione e la valutazione come confronto

4) Lo strumento di valutazione: Credit Wellness Card (CWC)………………………………………………………63

4.1 Il modello assistenziale

4.2 Strumenti di incentivazione

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Introduzione L’azione valutativa è ormai parte integrante dei processi di elaborazione, sviluppo e implementazione delle politiche sanitarie, organica al disegno e al funzionamento dei modelli di governance che tali politiche definiscono. Infatti i sistemi sanitari si caratterizzano per una forte tendenza allo sviluppo della qualità e sicurezza dell’assistenza dovendo basarsi sul principio fondante dell’accountability, ovvero rendere conto delle proprie decisioni e del proprio operato sia agli attori interni (operatori e pazienti) sia agli attori esterni al sistema. Per realizzare tale azione di accountability, funzionale al modello di funzionamento che il nostro SSN sta implementando, diviene elemento centrale l’attuazione di politiche sistematiche di valutazione delle performance mediante l’utilizzo di strumenti e metodologie in grado di rendere misurabile e documentabile le modalità adottate dai professionisti nell’affrontare i problemi assistenziali ed i risultati di salute ottenuti. La valutazione delle performance cliniche deve pertanto essere intesa non più come un’azione rivolta esclusivamente ai professionisti, ma ha assunto un carattere sistemico, è diventata elemento fondamentale per il funzionamento del sistema sanitario e rappresenta un collante tra le sue diverse componenti. Parallelamente a questa si sta sviluppando un’altra tendenza, di discendenza europea, che vede nel loro futuro la prospettiva di un progressivo rafforzamento del ruolo delle cure primarie. In un quadro, tante volte descritto, di continua crescita della prevalenza delle patologie croniche nella popolazione anziana originata, come noto, da un miglioramento dell’aspettativa di vita, la non equità nell’accesso alle cure determina contemporaneamente un elemento di ingiustizia sociale ed una minore qualità delle cure. Nella pianificazione strategica di alcune regioni italiane, prima tra tutte la Toscana, è stato introdotto un forte antidoto a quanto sopra descritto attraverso la promozione della Sanità d’iniziativa che, diretta alla presa in carico dei malati cronici, punta sostanzialmente a fornire maggiori “strumenti di lavoro” ai medici di famiglia (MMG) e conseguentemente a incidere sul SSN in termini di efficacia, efficienza ed economicità. Sappiamo, però, che anche questo eccezionale elemento di sostegno non sarà sufficiente se i medici di medicina generale non sapranno organizzarsi, raccordandosi fra loro e se il Sistema Sanitario sarà lasciato unico attore di fronte a questa nuova emergenza epidemiologica rappresentata dall’Active Ageing. Occorre, infatti, che le altre istituzioni che possono avere un ruolo nel determinismo dei fattori di ineguaglianza mantengano sempre elevato il loro livello d’attenzione al fenomeno della fragilità sociale. Il presente elaborato propone una lettura poliedrica della tematica sanitaria in Liguria, sia sotto il profilo specifico sanitario sia sotto quello della valutazione della performance medica al fine di offrire una concreta e percorribile soluzione attraverso l’utilizzo del Chronic Care Model (CCM). Nella proposta che si vuole sviluppare tale modello viene integrato da un nuovo strumento, la “Credit Wellness Card” (CWC) che consentirà sia la misurazione della performance del personale sanitario sia il riscontro sui pazienti in termini di mantenimento del proprio patrimonio di salute “selfhealth”.

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Il profilo innovativo che il modello si propone risiede nel suo carattere premiante che coinvolge medico curante ed assistito, ovvero lega parte della retribuzione variabile del personale sanitario agli obiettivi di performance raggiunti in termini di mantenimento del patrimonio di salute dei pazienti, i quali per converso, sono coinvolti nel processo attraverso l’accumulo di “Punti Salute” sula propria CWC che gli permetteranno di ottenere vantaggi/agevolazioni per l’accesso ai servizi sanitari.

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1-IL CONTESTO DI APPLICAZIONE, LE MALATTIE CRONICHE E LE NUOVE URGENZE ORGANIZZATIVE DEL SISTEMA SANITARIO Una delle caratteristiche più rilevanti e forse più sottovalutate del nostro sistema sanitario - incentrato sui principi di universalità ed equità, che devono restare intangibili è la sua dinamicità, con la conseguente necessità di dover prevedere e anticipare i bisogni assistenziali emergenti e, quindi, di adattare gli assetti strutturali e organizzativi e la correlata offerta di prestazioni e servizi alle nuove esigenze della popolazione assistita. La condivisione dei principi e il livello di consenso sono in stretta relazione con la capacità dei sistemi sanitari pubblici di prevedere e rispondere a nuovi fabbisogni e, altresì, di superare contingenze e criticità. Per sua natura, un sistema sanitario è, dunque, in continua evoluzione, il che ne rende ancora più complessa, ancorché imprescindibile, la “governance”. Sono ampiamente noti e studiati i fattori di dinamicità insiti nel nostro sistema sanitario: a) l’invecchiamento della popolazione (dal quale discendono prevalenti necessità di presa in carico complessiva dei pazienti con polipatologie, cronici e fragili, rispetto alla cura degli eventi acuti); b) l’innovazione scientifica e tecnologica (che impone la concentrazione dell’offerta assistenziale, sia per ricercare economie di scala sia per maggiori necessità di specializzazione); c) una sempre maggiore “pressione” da parte degli assistiti (favorita anche dalla facilità di accesso alle informazioni internet, media, ecc); d) la valenza, sia in termini economici sia di consenso, delle scelte di politica sanitaria; Le caratteristiche di instabilità sommariamente prospettate e i conseguenti rischi di una sempre maggiore divaricazione tra le risorse disponibili e le maggiori nuove richieste assistenziali (e, dunque, di un crescente “spread” tra le attese e i servizi resi) sono state affrontate dalla nostra Regione, come peraltro dalle altre, con scelte incentrate su: • Governance: volta ad orientare e guidare i diversi attori (pubblici e privati) del sistema verso il conseguimento di obiettivi, prima condivisi, poi fissati e, infine, rilevati in termini di maggior o minor conseguimento; • Integrazione: orizzontale all’interno dell’azienda (già la legge istitutiva dal SSN definiva le UUSSLL come “l’insieme dei presidi di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione”) e verticale tra Regione e Aziende da un lato, e Aziende tra loro , dall’altro ; • Appropriatezza delle prestazioni erogate: perseguendo l’efficacia delle cure in ragione dei principi e dei criteri dell’Evidence Based Medicine e delle linee guida internazionali; • Efficienza ed economicità della gestione: ricercando il miglior rapporto possibile tra risorse disponibili e prestazioni rese. In buona sostanza, a fronte dei bisogni sanitari emergenti vi è la necessità di adottare nuovi modelli assistenziali caratterizzati da:

- un approccio per processi (percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali); - una maggiore integrazione tra assistenza ospedaliera ed extraospedaliera; - un’organizzazione “ a rete”;

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- la continuità assistenziale tra i servizi sanitari e socio – assistenziali; Il quadro epidemiologico emergente, che vede il prevalere di patologie croniche e cronico-degenerative, richiede, in particolare, la definizione di percorsi assistenziali e una maggiore integrazione e continuità di cura, conseguentemente, si impone:

- una adeguata risposta a importanti fabbisogni di coordinamento tra i nodi delle reti di cura (infra e inter-aziendali);

- una tempestiva presa in carico; - una gestione di lungo periodo del paziente e, quindi, la conoscenza e la condivisione delle scelte

terapeutiche e riabilitative. A tal fine occorre, anche, potenziare gli strumenti informativi, spostando l’attenzione dalla rilevazione delle attività rese dalle strutture aziendali alla rilevazione delle prestazioni e dei servizi erogati ai singoli assistiti, anche al fine di poterli correlare ai fabbisogni delineati nei singoli progetti assistenziali.

Le scelte programmatorie effettuate dalla nostra Regione per rimodulare l’offerta assistenziale verso nuovi assetti e modelli organizzativi, che meglio possono rispondere ai fabbisogni delineati, hanno avuto le ricadute più rilevanti, da un punto di vista quantitativo, ma anche culturale, sull’organizzazione ospedaliera. Un’organizzazione che è da sempre, prevalentemente e fisiologicamente, abituata a conformarsi in funzione delle diverse competenze e professionalità, laddove, come già detto, le necessità emergenti, assistenziali e organizzative, richiedono un riassetto dell’offerta ospedaliera stessa, incentrato su differenti percorsi assistenziali e un’efficiente gestione dei correlati processi sanitari di supporto (laboratorio, logistica dei farmaci e dei dispositivi medici ecc.) e gestionali (acquisti, pasti ecc.).

Schema di riferimento generale del sistema sanitario

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1.1 Il contesto sanitario ligure

- 1.616.788 abitanti al 1/01/2011

- 4 Province, 235 Comuni

- 5 Aziende Sanitarie Locali (Asl 1 Imperiese, Asl 2 Savonese, Asl 3 Genovese, Asl Chiavarese, Asl 5 Spezzino)

1.1.1 Inquadramento demografico Dal 1971 ad oggi la popolazione regionale, dopo un lungo periodo di continua e costante crescita, ha subito un netto decremento (-13%), passando da 1.854.000 unità registrate nel 1971 alle attuali 1.616.788.

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Dati demografici estrapolati da “Profilo di salute dei liguri” – Sito ARS Liguria, 2012-2014

Andamento popolazione della Liguria dal 1861 al 2001 (Fonte: Istat)

L’indice di vecchiaia, che indica il numero di soggetti ultra 65enni ogni 100 giovani al di sotto dei 14 anni, ha invece mostrato un costante aumento, superando di gran lunga il dato medio nazionale e raggiungendo valori tra i più elevati in ambito europeo. In alcune valli dell’entroterra genovese, tale indice raggiunge valori superiori a 500 (746.9 in alta Val Trebbia, cioè 746 anziani ogni 100 ragazzi).

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Indice vecchiaia regionale dal 1981 ad oggi (Fonte: Istat)

Tali mutamenti demografici sono resi ben evidenti dalle piramidi dell’età degli ultimi 40anni (vedi sotto): dalla distribuzione tipica di un territorio in espansione (1971) si è gradualmente transitati ad una distribuzione cosiddetta “a botte” (1981) per poi giungere alla forma di distribuzione attuale che ha non solo ha perduto completamente la forma iniziale ma che mostra una spiccata tendenza a capovolgere l’orientamento della piramide.

Piramide dell’età 1971 Piramide dell’età 1981

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1.1.2. Analisi di contesto In Liguria si registra la più bassa natalità in Italia dopo quella del Molise: 7,4 nuovi nati per 1.000 abitanti/anno, con un numero medio di figli per donna in età feconda di 1,19. La mortalità grezza è pari a 13,3 decessi per 1000 abitanti/anno, più elevata rispetto al contesto nazionale, di conseguenza il saldo naturale assume valori fortemente negativi (-9.491). − L’aspettativa di vita alla nascita è pari a 78,75 anni per gli uomini, 84,4 anni per le donne; - L’aspettativa di vita in buona salute è di 56,9 anni per gli uomini e 51,7 anni per le donne; l’aspettativa di vita libera da disabilità è di 75,5 anni per gli uomini e di 79 anni per le donne; − Il livello di istruzione è superiore a quello medio italiano: il 78,84% della popolazione ha conseguito almeno un titolo di scuola secondaria di primo grado, il 35,1% un diploma di scuola secondaria di secondo grado ed il 10,77% possiede un titolo universitario; − L’età media di 47,2 anni è la più alta di tutto il Paese (valore medio in Italia di 42 anni); - L’indice di vecchiaia (rapporto tra >65 anni e under <14anni) è pari a 231,96, ma in alcune zone dell’entroterra raggiunge valori due 2 (Val d’Aveto) o tre volte (Val Trebbia) superiori: - L’indice di invecchiamento è pari a 237,47, il valore nazionale è pari al 143,08. Si registra una generale tendenza all’aumento del numero di famiglie ed alla diminuzione dei loro componenti: numero medio di componenti per famiglia: 2,12 e le famiglie composte da anziani soli risultano essere il 34,08% (soprattutto vedove sole: 43,58% contro il 20,48% degli uomini);

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− Limitazione autonomie: è innanzitutto doveroso segnalare che i dati dello studio PASSI d’Argento qui riportati sono riferiti esclusivamente alla popolazione ultra 64enne della ASL 3 Genovese, dove è stata condotta un’indagine su un campione rappresentativo della popolazione (320 intervistati). La capacità di autonomia dei soggetti intervistati è stata misurata rispetto alle capacità riferite nello svolgere le attività di base e più complesse della vita quotidiana (Activities of Daily Living -ADL e Instrumental Activities of Daily Living - IADL). Il 10% del campione risulta disabile (non autonomo in una o più ADL) ed il 15% con segni di fragilità (non autonomo in almeno 2 IADL); il 43% del campione è classificabile come soggetto in buona salute e a basso rischio; − la Liguria presenta una mortalità generale inferiore rispetto all’Italia e alla ripartizione geografica del Nord-Ovest nei maschi; rispetto a Italia e Nord-Ovest i tassi risultano inferiori in entrambi i sessi per le malattie dell’apparato respiratorio, le malattie respiratorie cronico-ostruttive e le malattie ischemiche del cuore. Rispetto all’Italia i tassi sono inferiori in entrambi i sessi per il diabete e le malattie dell’apparato circolatorio, inferiori nei maschi per tutti i tumori, inferiori nelle donne per le malattie dell’apparato digerente; rispetto al Nord-Ovest i tassi risultano inferiori in entrambi i sessi per tutti i tumori, nei maschi per le malattie dell’apparato circolatorio; nell’ambito dei tumori, rispetto a Italia e Nord-Ovest i tassi risultano superiori in entrambi i sessi per tumori maligni (T.M.) colon – retto – intestino, nelle donne per T.M. mammella, inferiori in entrambi i sessi per T.M. stomaco; rispetto all’Italia i tassi risultano superiori nelle donne per T.M. polmone; − per quanto riguarda la salute materno - infantile il 32,6% dei parti è stato effettuato con taglio cesareo (trend in diminuzione); abortività spontanea in diminuzione (rapporto standardizzato di abortività spontanea pari a 96,31 per 1.000 nuovi nati), tasso grezzo di abortività volontaria (IVG) pari a circa 10,3 per mille (fenomeno stabile), la classe di età che più frequentemente ricorre a IVG è quella 30-34 anni, circa il 50% (44,6%) è effettuato da donne straniere; tasso di mortalità infantile pari a 2,93 x 1.000 nati vivi, al di sotto della media nazionale; − la popolazione immigrata regolarmente registrata (anno 2010) ammonta a 125.320 soggetti, rappresentando circa il 7.8% della popolazione; apporta un deciso contributo alla natalità (affluenza di donne prevalentemente in età fertile, caratterizzate generalmente da una fecondità più accentuata); età media della popolazione immigrata: 32 anni; origine geografica: l’Ecuador è il paese più rappresentato (il 20% della popolazione straniera in Liguria e il 32,3% di quella presente nell’area genovese). Le patologie maggiormente rappresentate in questa fascia di popolazione sono quelle ostetrico ginecologiche (aborti e parti) e quelle di origine traumatologica. Il numero di aborti registrato nei soggetti extracomunitari (oltre il 40% del totale) è di poco inferiore a quello delle donne liguri.

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1.1.3 Patologie croniche Cronicità epidemiologicamente rilevanti: il 39% dei soggetti del campione del sistema di sorveglianza PASSI, di età compresa tra 18 e 69 anni, dichiara di essere affetto da almeno una delle seguenti patologie: ictus, IMA, altre patologie cardiovascolari, diabete, patologie respiratorie, insufficienza renale, neoplasie maligne. Tale dato è confermato dallo studio “Nocchiero” dell’Agenzia Regionale Sanitaria, dal quale risulta che oltre un terzo della popolazione è affetto da una o più delle patologie croniche epidemiologicamente più rilevanti BPCO, cardiopatie, diabete, insufficienza renale cronica); tra queste le cardiovasculopatie risultano le più frequenti, essendo pari a circa il 50% sul totale.

Studio Nocchiero “ARS” Liguria in merito all’affezione della

popolazione di sulle malattie croniche

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Cardiovascolare: si stima che sia iperteso il 22% della popolazione tra i 18 e 69 anni di cui il 70% è in trattamento farmacologico; al 12% non è mai stata misurata la pressione arteriosa. Il 26.5% della popolazione dichiara di avere valori elevati di colesterolemia e, tra questi, 1 su 4 dichiara di essere in trattamento farmacologico. La carta del rischio cardiovascolare è ancora scarsamente utilizzata: solo il 6% degli ultraquarantenni intervistati riferisce che un operatore sanitario ha valutato il loro rischio cardiovascolare 1.1.4 Stili ed abitudini di vita (Sistema di Sorveglianza Passi Liguria, quadriennio 2008-2011) - Situazione nutrizionale e abitudini alimentari: il 28% del campione ligure è in sovrappeso, mentre gli obesi sono il 9%. L’eccesso ponderale è trattato nel 29% dei casi con dieta. Il consumo di frutta e verdura risulta diffuso, anche se solo il 18% aderisce alle raccomandazioni internazionali consumandone cinque volte al giorno. Dall’indagine OKkio alla salute 2008 si evidenzia che il 22% di bambini frequentanti la classe terza elementare risulta sovrappeso, mentre il 7% è obeso. - Attività fisica: è completamente sedentario il 22% della popolazione tra i 18 ed i 69 anni (PASSI 2008) e il 51% della popolazione ultra64enne (PASSI d’Argento ASL 3 Genovese); il 40% della popolazione18-69 anni aderisce alle raccomandazioni sull’attività fisica. - Consumo di alcol: il 61% della popolazione tra 18 e 69 anni consuma bevande alcoliche e complessivamente il 20% ha abitudini di consumo considerate a rischio. - Abitudine al fumo: il 28% si dichiara fumatore e il 21% ex-fumatore. Quasi tutti gli ex-fumatori hanno smesso di fumare da soli e nessuno di loro ha dichiarato di aver fatto ricorso all’aiuto di operatori sanitari.

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1.1.5 La responsabilità del governo della domanda A fronte dell’attuale contingenza s’impone, dunque, da un lato la necessità di un riequilibrio dell’offerta ospedaliera verso l’assistenza territoriale e, dall’altro, di una maggiore sovrapposizione delle aree della domanda e dei bisogni assistenziali con l’area delle prestazioni e dei servizi erogati dal Servizio Sanitario. Il superamento di tali contrapposizioni richiede l’individuazione e l’attribuzione di una responsabilità diretta di “governo della domanda” e, ancor prima, l’individuazione delle criticità che, ad oggi, non hanno reso effettivo tale governo. Il mercato persegue l’equilibrio tra domanda e offerta attraverso la determinazione del prezzo; per contro, i sistemi sanitari pubblici devono ricercare un equilibrio tra domanda e offerta compatibile con i costi sostenibili e, quindi, con le risorse disponibili. Il quadro economico e normativo sopra descritto dà atto che la sola leva sulla quale attualmente le Regioni possono sostanzialmente agire è quella della “domanda”. I nuovi parametri di dotazione di posti letto e di strutture assistenziali, ai quali le Regioni sono tenute ad adeguarsi, incideranno in modo ulteriore sulla capacità produttiva e, quindi, sull’offerta di assistenza ospedaliera delle strutture sanitarie pubbliche. L’individuazione dei fattori produttivi da ridurre/trasformare, al fine di adeguarli ai nuovi parametri di offerta ospedaliera, non può, tuttavia, che essere successiva alla definizione, da un lato, di più incisive modalità di governo della domanda e, dall’altro, dall’offerta sostanziale di prestazioni “alternative” ai ricoveri ospedalieri non appropriati o non rispondenti ai bisogni assistenziali E’, peraltro, opportuno precisare fin d’ora che l’ulteriore manovra di rimodulazione dell’offerta ospedaliera dovrà tenere, altresì, conto della necessità di concentrare le funzioni ospedaliere per ragioni d’economia di scala ma, soprattutto, per poter garantire adeguati standard di professionalità specialistiche e tecnologiche. Ciò impatterà in particolare su: • l’organizzazione dei distretti; • l’assunzione della responsabilità e della direzione dei distretti; • la presa in carico e la gestione integrata delle patologie croniche; • i criteri di attribuzione diretta al distretto delle risorse -economiche, professionali e tecnologiche, anche in relazione ai pazienti cronici assistiti. E’ facilmente intuibile come la gestione della cronicità preveda l’alternarsi di diverse fasi, risposte e cicli assistenziali caratterizzati da differenti necessità e intensità di cure (assistenza distrettuale, ricovero a fronte di eventuali episodi acuti, successiva riabilitazione e, quindi, eventuale supporto domiciliare alle dimissioni); è responsabilità del distretto, in sinergia con il medico di medicina generale, valutare i fabbisogni e il corrispondente livello di risposta assistenziale e, di conseguenza, garantire all’assistito l’accesso e l’utilizzo alle prestazioni e ai servizi. Deve essere, dunque, superata la contrapposizione tra “ospedale” e “territorio” e, a maggior ragione, la contrapposizione tra il profilo professionale “medico specialista ospedaliero” e “medico specialista territoriale”, non solo e non tanto, perché tale distinzione può erroneamente prefigurare una qualche gradazione di competenze e di professionalità ma perché tale classificazione imporrebbe un’inevitabile cesura nell’auspicato continuum territorio – ospedale - territorio. La distribuzione delle competenze

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specialistiche (anche attraverso, ove possibile, lo svolgimento da parte dei singoli professionisti dell’ attività sia ospedaliera sia territoriale) deve precostituire un’efficiente rete di risposta assistenziale garantendo“… uno standard orizzontale di assistenza per livello di complessità delle cure e uno standard omogeneo di progressione verticale tra i livelli di intensità delle cure”. In questo senso si inserisce la normativa ministeriale di riferimento. In particolare, il Decreto Ministeriale n. 70 del 2/04/2015, recante il regolamento per la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, stabilisce come tutte le strutture sanitarie che concorrono a garantire gli obiettivi assistenziali debbano operare secondo il principio della efficacia, qualità e sicurezza delle cure, dell'efficienza, della centralità del paziente e dell'umanizzazione delle cure, nel rispetto della dignità della persona. Il riequilibrio dei ruoli tra ospedale e territorio e una più adeguata attenzione alle cure graduate costituiscono oggi gli obiettivi di politica sanitaria verso cui i sistemi sanitari più avanzati si sono indirizzati per dare risposte concrete a nuovi bisogni di salute determinati dagli effetti delle tre transizioni epidemiologica, demografica e sociale che hanno modificato il quadro di riferimento negli ultimi decenni. Un tale cambiamento strutturale e organizzativo determina una inevitabile ridistribuzione delle risorse che può essere oggettivamente ed equamente effettuata attraverso la valutazione dei volumi e della strategicità delle prestazioni, delle performance e degli esiti clinici. In tal senso l’art.15, comma 13, lettera c) del d.l. 95/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 135/2012, ha previsto la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’ assistenza ospedaliera, al fine di rendere la rete ospedaliera in grado di rispondere in maniera adeguata ai nuovi bisogni e alle nuove modalità del loro estrinsecarsi. In questa logica, per promuovere la qualità dell’assistenza, la sicurezza delle cure, l’uso appropriato delle risorse, implementando forme alternative al ricovero, quando le stesse rispondano più efficacemente ai bisogni di una popolazione anziana e/o non autosufficiente, gli obiettivi di razionalizzazione devono riguardare prioritariamente quei servizi e quelle prestazioni che maggiormente incidono sulla qualità dell’assistenza sia in termini di efficacia che di efficienza. La conseguente riduzione del tasso di occupazione dei posti letto, della durata della degenza media ed del tasso di ospedalizzazione, consentirà che gli attesi incrementi di produttività si possano tradurre in un netto miglioramento del SSN (Sistema Sanitario Nazionale) nel suo complesso, nel rispetto delle risorse programmate. Il raggiungimento di tali obiettivi richiede di costruire un modello in rete e la condivisione di strumenti

tecnico-informatici e di interazione tra diversi mondi (distretto e territorio, 118, ospedale, pronto soccorso,

trattamenti ambulatoriali) in un percorso condiviso che può portare a importantissimi risultati anche

qualitativi oltre che a dare risposte metodologico - organizzative condivise. La parola d’ordine è

“multidisciplinarietà”, ma anche dialogo e scambio continuo delle informazioni cliniche tra diverse reti

apparentemente separate e allocazione dei pazienti e dei loro bisogni nella fase appropriata di un percorso

condiviso e noto a tutti a seconda del livello di gravità e di complessità di trattamento, evitando percorsi

tortuosi e spesso fuorvianti e inappropriatamente costosi per il sistema, come per il cittadino. E poi, non

ultimo, definisce oltre che comportamenti clinico - organizzativi, anche parametri e bacini di utenza

propedeutici alla garanzia di volumi di attività quantitativamente confortevoli per i pazienti.

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Non c’è dubbio che il grande ambito delle cronicità sia quello in cui si gioca oggi tutta la sostenibilità di un

sistema di tutele della salute dei cittadini, in Italia, come in tutto il resto del mondo sviluppato e in via di

sviluppo. Le malattie oncologiche, cardiovascolari, respiratorie e metaboliche rappresentano ormai più del

90% dei problemi che riguardano i Sistemi Sanitari: esse hanno in comune lo stato di cronicità, la

progressività, l’incidenza di complicanze invalidanti e acute e la potenzialità di prevenzione primaria e

secondaria.

1.1.6 Assistenza territoriale: principi e indirizzi Nella sua accezione più moderna, al sistema salute non viene più chiesto di rincorrere record di longevità. L’obiettivo deve focalizzarsi nel garantire la qualità degli ultimi anni di vita mentre ai professionisti è chiesto di sviluppare strumenti e abilità diverse: quelle che consentono di mantenere il più a lungo possibile l’esercizio delle autonomie. Quando queste siano ridotte o nulle, dignità e comfort dovranno comunque essere garantiti. Le aspettative sono per una prevenzione e una cura personalizzate, continuative nel tempo, disponibili secondo il bisogno reale, comprese dal paziente e concordate. Il momento della cura, la presa in carico, considera centrale la persona per quello che è, ma anche per quella che è stata la sua vita produttiva e l’interezza delle sue potenzialità prima del bisogno. La cura migliore è preventiva della disabilità e domiciliare di facile accesso, solidale, rassicurante ed educativa. Non abbandona e segue fino alla morte, lasciando immutata nell’imminenza della stessa la facoltà di scelta tra il domicilio e le strutture del sistema. Nel complesso, questa visione non contempla per l’ospedale altro ruolo che la sola gestione delle acuzie (o riacutizzazioni) e dei gesti tecnici più sofisticati o serviti dalla tecnologia pesante. Alla grande parte dei bisogni di prevenzione e cura dovrà badare il complesso dei servizi territoriali, configurati modernamente come servizi di comunità, termine che associa valenze non strettamente professionali alle competenze messe in offerta dalle aziende. In questa accezione diventeranno premianti le dimensioni dell’integrazione e della versatilità. Secondo questa visione il paradigma della qualità non sarà più la prestazione del medico “solista” quanto piuttosto la capacità di gestire con approccio di team le varie vicende cliniche, in ciò superando differenze contrattuali e di categoria in nome di una continuità assistenziale che protegge e garantisce il cittadino nel suo percorso di diagnosi e cura. Al ripensamento dei servizi territoriali, di comunità, e alla necessità che vengano orientati secondo la visione prima esposta dovranno contribuire: • la considerazione della dimensione salute nel suo significato più ampio, comprensivo delle dimensioni psicosociali e non solo organiche, come da definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità; • l’adozione di modelli organizzativi validati in contesti nazionali e internazionali; • la promozione delle dimensioni domiciliare ed ambulatoriale per l’erogazione dei servizi attraverso un’azione continuata di indirizzo e coinvolgimento delle professioni mediche e non; • il superamento dell’equivoco eccellenza = intensività; • la comunicazione strutturata con il sistema dell’emergenza urgenza per la prevenzione e il governo dei quadri di riacutizzazioni;

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• la promozione dell’integrazione e della continuità tra livelli di assistenza, indipendentemente sia dalle necessità logistiche, sia dai diversi regimi contrattuali dei professionisti, siano essi dipendenti o in convenzione; • la partecipazione a piani attuativi integrati, sociali e sanitari; • la centralità dei Distretti Sanitari nell’architettura di sistema, con speciale riferimento al profilo professionale e culturale dei loro dirigenti.

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2.LA SANITÀ D’INIZIATIVA

La Sanità d’iniziativa e l’Expanded Chronic Care Model: i due pilastri del SSN sono l’Ospedale ed il

Distretto; questi corrispondono a due diversi paradigmi.

L’ospedale si identifica con il paradigma dell’attesa che è quello tipico delle malattie acute: attesa di un

evento su cui intervenire, su cui mobilitarsi per risolvere il problema, applicare alle malattie croniche il

paradigma assistenziale delle malattie acute provoca danni incalcolabili; infatti ciò significa che il “sistema”

si mobilita davvero solo quando il paziente cronico si aggrava, si scompensa, diventa “finalmente” un

paziente acuto. Questo modo di operare porta a rinunciare non solo alla prevenzione, alla rimozione dei

fattori di rischio, ma anche al trattamento adeguato della malattia cronica di base. L’attesa è il paradigma

classico del modello bio-medico di sanità, quello su cui da sempre si fonda la formazione universitaria e

non deve stupire che sia il paradigma dominante anche nell’ambito della medicina territoriale e delle cure

primarie.

Il Distretto si identifica invece nel paradigma dell’iniziativa è quello che meglio si adatta alla gestione delle

malattie croniche, perché i suoi attributi sono:

- a) la valutazione dei bisogni della comunità e l’attenzione ai determinanti della salute (anche quelli

cosiddetti “distali”, ovvero quelli socio-economici, che sono alla base delle crescenti diseguaglianze

nella salute, anche sul versante dell’utilizzazione e qualità dei servizi, nei portatori di malattie

croniche);

- b) la propensione agli interventi di prevenzione, all’utilizzo di sistemi informativi e alla costruzione

di database, alle attività programmate e agli interventi proattivi (es: costruzione di registri di

patologia, stratificazione del rischio, richiamo programmato dei pazienti, etc);

- c) il coinvolgimento e la motivazione degli utenti, l’attività di counselling individuale e di gruppo,

l’interazione con le risorse della comunità (associazioni di volontariato, gruppi di autoaiuto, etc.);

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2.1 Malattie croniche, tendenze demografiche ed epidemiologiche (diabete, scompenso cardiaco)

Valutazione epidemiologica, strumenti per raccolta dei dati, gestione flussi informativi e utilizzo del

dato a fini assistenziali, linee guida e protocolli, implicazioni organizzative e gestionali, competenze

e ruoli dei professionisti, aggiornamento professionale, funzionamento e gestione del team, lavoro

multi - professionale, ruolo del coordinatore, audit;

La conoscenza del problema: con l’aumento della longevità della popolazione aumenta anche il

numero di persone con malattie croniche ma la cosa importante è che in tutto il mondo le malattie

croniche stanno aumentando a un ritmo superiore dell’incremento della longevità (caso obesità;

caso diabete). Una questione di responsabilità condivisa e che coinvolge la responsabilità

a) delle persone patrimonio di salute

b) della comunità il contrasto dello sviluppo delle malattie croniche è innanzitutto una questione

di responsabilità che riguarda sia la qualità della vita delle persone ma anche la sostenibilità

economica e quindi il futuro del nostro sistema sanitario nazionale

c) delle istituzioni trovare un modo per sensibilizzare alla preservazione del patrimonio di salute ,

aiutare i cittadini a fare le giuste scelte per la loro salute attraverso leggi e norme che

proteggano i cittadini (es. divieto di fumare) politiche sociali = riduzione delle disuguaglianze di

reddito con conseguente aumento della coesione sociale politiche agro-alimentari che

penalizzino i consumi di cibi e bevande dannosi favorendo invece il consumo di frutta e verdura

nonché di politiche urbanistiche che riducano il traffico urbano e l’inquinamento incentivando

la mobilità a piedi e in bicicletta

d) dell’organizzazione sanitaria sanità d’iniziativa = strategia d’intervento che si è dimostrata

efficace nel contrastare il dilagare dell’epidemia delle malattie croniche si basa su tre

fondamentali obbiettivi 1) evitare che le persone siano esposte a fattori di rischio (fumo, obesità

etc.) 2) evitare che le persone a rischio si ammalino (attraverso la modifica dello stile di vita) 3)

evitare che le persone ammalate vadano incontro ad aggravamenti e scompensi (controlli

periodici)

e) dei professionisti (maggior tutela del paziente, idea che lo stesso sia seguito da un’unica figura

al fine produrre diagnosi congruenti e monitorare il precorso di guarigione e prevenzione);

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Proattività degli interventi

2.2 Dalle indicazioni del PSR all’organizzazione dell’Azienda ASL 3 di Genova

2.2.1 Funzioni e competenze I compiti del Distretto derivati dalla normativa vigente sono: a) osservazione epidemiologica e gestione dei servizi per la salute, per il territorio di competenza b) cure primarie e assistenza specialistica ambulatoriale c) attività per la tutela della salute dell'infanzia, della donna e della famiglia d) attività o servizi rivolti a disabili ed anziani e) attività o servizi di assistenza domiciliare integrata f) predisposizione programmi atti a garantire la continuità assistenziale. Con la D.G.R. n. 809 del 08/07/2011 si è voluto rafforzare tali linee di indirizzo, indicando un modello organizzativo che preveda l’attribuzione al Distretto Sanitario delle risorse economiche e del personale, fatta eccezione per le articolazioni organizzative del Dipartimento di Salute Mentale e SERT e del Dipartimento di Prevenzione. Tale riorganizzazione delle attività territoriali mira essenzialmente, da un lato, a rafforzare la figura del Direttore Sanitario del Distretto, unico referente delle attività distrettuali, dall’altro, ad individuare con precisione la struttura in cui si realizza la presa in carico globale del cittadino. Obiettivo finale è quello di assegnare un budget alla Direzione del Distretto, articolato per quota capitaria similmente a quanto avviene per il riparto nazionale e regionale.

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2.2.2 La valutazione dei bisogni Una corretta conoscenza dei bisogni della comunità si ottiene mediante l’elaborazione di profili di salute in cui, tramite un ristretto set di indicatori, siano identificate:

le caratteristiche salienti della popolazione di riferimento

gruppi di popolazione a maggior rischio (soggetti affetti da patologie croniche epidemiologicamente rilevanti)

eventuali disuguaglianze nella salute e nell’assistenza sanitaria. Il ciclo virtuoso della progettazione e della messa in pratica di qualsiasi azione prevede che in primo luogo siano identificate le priorità esistenti nel proprio territorio, lo scostamento tra bisogno, domanda e offerta ed in seguito si disponga di validi strumenti per la valutazione - di processo e di esito - delle azioni poste in essere. Per soddisfare tale esigenza le Direzioni Distrettuali potranno avvalersi di figure professionali reperite a livello Aziendale (Dipartimento di Prevenzione, Staff della Direzione Aziendale) e, per taluni aspetti, della collaborazione dell’Agenzia Regionale Sanitaria e dei documenti da questa prodotti. 2.2.3 Integrazione sociosanitaria: Distretto Sanitario e Distretto Sociale La complessa situazione finanziaria, cui si aggiunge la necessità di coordinare al massimo risorse tecniche, umane ed economiche, obbliga ad un “valore aggiunto” nei confronti dell’integrazione sociosanitaria tra servizi e prestazioni distrettuali, nonché all’unitarietà e la completezza degli interventi svolti con la massima economicità. Tutto questo, peraltro, non fa che rafforzare gli indirizzi delle norme regionali e le indicazioni nazionali, che vedono al centro dei sistemi di tutela e cura la “presa in carico”. La presa in carico delle fragilità e delle cronicità ha necessità che alle prestazioni di cura si accompagnino anche servizi di tutela personale, di aiuto e di assistenza che debbono essere offerti secondo la strutturazione del Sistema sociale ligure ed in base alle indicazioni del Piano Sociale Integrato Regionale, attualmente in avanzata fase di stesura. Le direzioni del Distretto Sociale e del Distretto Sanitario debbono promuovere iniziative e trovare soluzioni per migliorare al massimo la presa in carico del cittadino, ma soprattutto per garantire quella continuità di cura che non può prescindere da azioni di supporto personale e famigliare assicurate dalla rete dei servizi sociali e dal volontariato.

2.3 L’invecchiamento della popolazione ed il peso delle malattie croniche

2.3.1 La gestione integrata delle patologie croniche L’aumento delle patologie cronico - degenerative sta progressivamente assumendo le caratteristiche di una “pandemia”, rappresentando un’emergenza che se non adeguatamente gestita potrà assumere aspetti destabilizzanti per il Sistema Sanitario. S’impone, quindi, la necessità improrogabile di rivedere il sistema dei servizi sanitari territoriali, fornendo una risposta integrata e forte ai bisogni di prevenzione e cura, garantendo la continuità assistenziale ai soggetti affetti da malattie croniche, alle persone ”fragili” e ancora più a quelle non autosufficienti. Il Distretto in tale contesto epidemiologico assume pertanto un ruolo nodale nella gestione della cronicità, esso infatti è il luogo ove: Il “Protocollo per la gestione integrata delle patologie croniche

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epidemiologicamente più rilevanti (diabete, scompenso cardiocircolatorio, broncopneumopatiacronicaostruttiva)” adottato recentemente dalla Regione Liguria con DGR n. 518 del 4/05/2012 quale modello di riferimento per l’assistenza dei soggetti affetti da malattie croniche, individua nel Distretto Sanitario la struttura che ne deve garantire l’implementazione e la realizzazione; il Distretto rappresenta, infatti, la sede naturale delle funzioni indicate perla gestione integrata costituendo:

il naturale raccordo tra l’attività del Medico di Medicina Generale ed il Pediatra di Libera Scelta e le strutture specialistiche territoriali e ospedaliere;

il soggetto in cui si realizza l’integrazione operativa dei piani di intervento aziendali nei confronti delle patologie croniche;

il luogo in cui viene consolidato il metodo di lavoro in “rete” tra gli altri Dipartimenti territoriali (Prevenzione e Salute Mentale) e quelli ospedalieri, nel perseguimento di obiettivi di salute comuni;

la struttura alla quale è affidata l’individuazione delle modalità organizzative atte a garantire la regolare effettuazione dei follow-up periodici ai pazienti presi in carico.

Gli obiettivi principali del Protocollo per la gestione integrata delle patologie croniche sono:

porre al centro del processo assistenziale il paziente affetto da patologia cronica;

favorire l’appropriatezza delle prestazioni e l’equità dell’accesso sulla base del livello di complessità;

ottimizzare l’utilizzo delle risorse migliorando la presa in carico ambulatoriale;

limitare l’accesso al Pronto Soccorso e il ricovero ospedaliero;

ottimizzare la gestione delle risorse disponibili attraverso la prevenzione delle complicanze e la minor spesa conseguente alla riduzione di assistenza ospedaliera.

Per perseguire e realizzare tali obiettivi, con il protocollo allegato alla succitata delibera sono stati messi a disposizione delle Direzioni Distrettuali le modalità d’azione necessarie per la gestione delle cronicità individuate, i responsabili della presa in carico, le loro interazioni primarie, gli indicatori utilizzabili e le fonti possibili dei dati per gli indicatori. Pur nel rispetto delle autonomie di ogni singola Azienda, le Direzioni dei Distretti sono tenute a far riferimento agli schemi forniti e ad avvalersi dell’Ufficio di Coordinamento delle Attività Distrettuali, al quale può essere affidato il compito dell’applicazione a livello locale del protocollo di Gestione Integrata, potendosi avvalere del contributo congiunto degli Specialisti di riferimento, ospedalieri e ambulatoriali e dei Medici di Medicina Generale. 2.3.2 Strumenti per la valutazione di alcune attività territoriali in tema di cronicità Per monitorare l’attività distrettuali in tema di presa in carico della cronicità e della fragilità si è elaborata una lista di indicatori di cui alcuni sono presenti nei singoli percorsi del Protocollo, altri invece sono adottati da tempo nell’ambito del Sistema di valutazione delle performance dei sistemi regionali realizzato dal MES della Scuola Superiore S. Anna di Pisa, altri ancora sono riferiti all’assistenza domiciliare integrata, alla residenzialità ed alla gestione della fragilità e della non autosufficienza. Per consentire un uso efficiente delle risorse, occorre favorire l’identificazione di un riferimento unico, collegialmente riconosciuto come ufficiale per la fruizione delle informazioni relative agli indicatori di qualità del Sistema sanitario nazionale, accessibile ai professionisti e alla cittadinanza. A tal fine, i documenti ed i rapporti devono essere disponibili nei formati più disparati e maggiormente fruibili esplorabili in formati interattivi, con file di dati, fogli elettronici, rapporti stampabili, ecc.

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Occorre evitare che le migliaia di pagine derivate da analisi statistiche si trasformino in documenti di difficile accesso, di difficile rintracciabilità all’interno di sottopagine o ambiti di riferimento non chiaramente collegati ai segmenti di utenza effettivamente interessati all’uso delle informazioni. Relativamente agli enti centrali, occorre chiaramente separare i materiali normativi/legislativi (Qualità ed Accreditamento) da quelli statistici e di descrizione della progettualità infrastrutturale. Al fine di realizzare gli obiettivi sopra presentati, Agenas ha intrapreso un programma specifico volto a realizzare i seguenti obiettivi:

revisione dei quadri concettuali esistenti a livello internazionale;

identificazione di un insieme di partenza di indicatori di qualità del SSN;

progettazione e realizzazione di un protocollo permanente per la disseminazione dei risultati e lo scambio aperto degli strumenti di analisi statistica;

progettazione e realizzazione di un protocollo di pubblicazione dei rapporti di performance per diverse classi di utenza, inclusi decisori, professionisti e cittadini;

attivazione di un processo di confronto continuo con le classi di utenti evidenziate, teso a favorire l’applicazione comune dell’insieme di indicatori di qualità identificati.

Lo schema di lavoro identificato dal team Agenas per condividere la realizzazione degli obiettivi è il seguente:

Scelta dei primi indicatori disponibili a partire dalle SDO (“fase zero” e identificazione di gruppi di lavoro (“fornitori”) responsabili della produzione di tali indicatori a livello nazionale;

Calcolo degli indicatori da parte dei “fornitori” e consegna secondo i livelli convenuti (Regioni, Asl, ospedali, ecc.) contestualmente ai metodi applicati per realizzarli;

Analisi delle procedure di calcolo (es. riskadjustment), confronto dei metodi con criteri nazionali ed internazionali ed eventuali proposte di miglioramento con ricalcolo degli indicatori;

Progettazione e sviluppo del portale nazionale per la reportistica sugli indicatori di qualità. Implementazione di diverse rappresentazioni fruibili da diverse fasce di utenti ed inserimento progressivo dei risultati relativi al primo set di indicatori;

Realizzazione di schede indicatori in un’apposita repository denominata Italian Clearing house of Quality Measures e recepimento e pubblicazione aperta di metodi e software messi a disposizione da enti e Regioni;

Conduzione di una consultazione pubblica con istituzioni ed utenti sul prototipo realizzato per la valutazione della qualità dell’assistenza sanitaria. Sulla base di un confronto oggettivo, si espliciteranno quindi i modelli alternativi attraverso una procedura di consenso che utilizzerà i risultati degli indicatori della “fase zero” per giungere ad una prima stesura condivisa.

Adozione della prima piattaforma ufficiale per la valutazione della qualità del SSN.

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2.4 Come migliorare le risposte specifiche al problema su tutto il territorio

2.4.1 Continuità assistenziale: Territorio – Ospedale

Si è molto insistito sulla necessità di ricomporre e interconnettere le prestazioni e i servizi resi ai cittadini

non tanto in ragione delle risorse, sulle quali, peraltro, sono stati imposti pesanti limitazioni e tetti, quanto

in funzione di garantire una risposta assistenziale complessiva. D’altro canto, porre esclusivamente

attenzione all’efficienza e all’efficacia delle singole strutture, trascurando, al contempo, di perseguire

l'efficienza e l'efficacia delle interconnessioni e dei processi aziendali, può comportare significative

contrapposizioni e disfunzioni.

2.4.2 SCI - strutture di cure intermedie tra ospedale e territorio

Pare opportuno attivare in via sperimentale una o più strutture di cure intermedie (SCI): tali strutture sono

classificate come “strutture residenziali ad elevata valenza sanitaria e a breve durata”. Di seguito si

delineano, pertanto, le principali caratteristiche e funzioni di tali strutture caratterizzate, da un lato, da una

risposta assistenziale che si pone a cavallo tra la riabilitazione/lungodegenza ospedaliera e la residenzialità

e, dall'altro, da un approccio multidimensionale che prevede una presa in carico globale dell'assistito.

Le SCI sono destinate a ricoveri brevi, prevalentemente delle seguenti categorie di dimessi dagli ospedali:

dimessi da reparti per acuti i quali, pur non richiedendo un intervento di riabilitazione intensiva, non possono essere dimessi al proprio domicilio;

dimessi da reparti per postacuzie che hanno terminato il ciclo di riabilitazione intensiva ma che non possono ancora essere dimessi al proprio domicilio;

dimessi dai reparti di emergenza/pronto soccorso per i quali il ricovero in reparto per acuti potrebbe essere inappropriato in quanto risponderebbe più a bisogni di emergenza sociale che clinica.

Per tale motivo le SCI possono essere previste sia in ambito ospedaliero sia extraospedaliero, il paziente

che deve essere accettato nelle suddette strutture deve essere preventivamente preso in carico dal

Distretto e deve avere un Piano di assistenza individualizzato ed un percorso successivo al ricovero in SCI

(condiviso con la famiglia).

La dimissione dalle SCI deve avvenire:

1. a domicilio con o senza l’attivazione delle cure domiciliari;

2. verso strutture residenziali o semiresidenziali;

3. verso strutture per acuzie o postacuzie a seconda delle necessità;

L’assistenza prevista è prevalentemente di tipo assistenziale e riabilitativo di mantenimento con

conduzione medica ad orientamento geriatrico e degli specialisti delle patologie a lungo termine. E'

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necessario prevedere un collegamento con la continuità assistenziale e con l’ospedale di riferimento

nonché con la rete dell’emergenza 118. Per quanto attiene i criteri di accreditamento, devono essere tali

da permettere che le strutture abbiano nuclei da uno o più livelli assistenziali per tipologia di pazienti, con

conduzione medica a livello geriatrico o specialistico di malattie a lungo termine.

In sintesi:

i posti letto sono rilevati come extra-ospedalieri anche se attivati in ambito ospedaliero stante la tipologia di prestazioni erogate;

i costi di gestione si collocano tra quelli della lungodegenza ospedaliera e quelli delle strutture residenziali socio-sanitarie;

è possibile prevedere la partecipazione al costo da parte degli utenti, eventualmente solo in caso di durata del ricovero superiore ad un valore soglia.

2.4.3 L’informatizzazione

I sistemi informativi computerizzati svolgono tre importanti funzioni:

1) sistema di allerta che aiuta i team delle cure primarie ad attenersi alle linee-guida;

2) feedback per i medici , mostrando i loro livelli di performance nei confronti degli indicatori delle malattie

croniche, come i livelli di emoglobina e di lipidi;

3) registri di patologia per pianificare la cura individuale dei pazienti e per amministrare un’assistenza

“population-based” (i registri di patologia, una delle caratteristiche centrali del chronic care model, sono

liste di tutti i pazienti con una determinata condizione cronica in carico a un team di cure primarie).

Inoltre l’informatizzazione può svolgere una duplice rilevante funzione rispetto alle necessità di

integrazione e di continuità assistenziale più volte ribadite: una più ovvia, cioè quella di strumento di

conoscenza complessiva dello stato di salute di ciascun paziente. Tale prerogativa consente alle strutture di

erogazione di disporre dei dati sanitari antecedenti e di integrarli e completarli in relazione alle prestazioni

e ai servizi resi precostituendo così, quantomeno “in nuce”, un percorso di continuità assistenziale.

Un secondo aspetto, forse ancora più rilevante, è legato alla possibilità di ampliare l’oggetto di

osservazione e, quindi, di ripensare gli accadimenti aziendali rispetto ai quali sono raccolti, misurati ed

elaborati i dati. In altre parole, è l’occasione per allargare le attuali prospettive incentrate,

prevalentemente, sulla rilevazione e sulla misurazione dei costi e dell’efficienza delle singole strutture in

relazione all’opportunità di rilevare anche la capacità delle articolazioni aziendali di creare un “valore” in

termini di salute.

In particolare, è opportuno focalizzare l’attenzione sia sul fascicolo sanitario elettronico, quale strumento

di snodo per il cittadino tra l'emergenza, l`ospedale e il territorio, sia sulla ricetta elettronica,

dematerializzata, quale strumento di verifica e monitoraggio delle prescrizioni sanitarie.

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Il Fascicolo Sanitario Elettronico, è un insieme di dati e documenti digitali e socio-sanitario generati da

eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l’assistito, che ha scopo di:

a) agevolare l’assistenza al paziente; b) offrire un servizio che facilita l’integrazione delle diverse competenze professionali; c) fornire una base informativa consistente e direttamente accessibile, fermo il rispetto delle

normative per la protezione dei dati personali; E' possibile identificare i seguenti principali ambiti di utilizzo:

supporto a scenari e processi di cura: in quanto rende disponibile la storia clinica del paziente a tutti gli attori coinvolti;

supporto all’emergenza/urgenza in quanto permette ad un operatore sanitario di inquadrare un paziente a lui sconosciuto durante il contatto in emergenza/urgenza;

supporto per la continuità delle cure: in quanto permette a diversi operatori che hanno già in carico un paziente di essere consapevoli delle iniziative diagnostiche e terapeutiche portate avanti dai colleghi;

supporto alle attività gestionali ed amministrative correlate ai processi di cura: in quanto permette di condividere tra gli operatori le informazioni amministrative;

Parallelamente sono stati fissati a livello centrale le scadenze per la messa a regime del procedimento di

dematerializzazione della ricetta cartacea. Le Regioni sono tenute a provvedere alla graduale sostituzione

delle ricette cartacee per almeno il 60% dell’anno 2013, l`80% nell`anno 2014, il 90% nell'anno 2015.

2.4.4 La situazione ligure

Allo stato attuale Regione Liguria ha realizzato e reso operativi sia il Sistema di Accoglienza Regionale delle

Ricette in formato elettronico sia il Fascicolo Sanitario Personale, già istituito con la legge regionale n.

41/06.

La ricetta elettronica non è la ricetta “dematerializzata” in quanto prevede ancora la coesistenza con la

ricetta rossa cartacea, ma e solo un primo passo verso la completa dematerializzazione come prevista dal

DM 02.11.2011 e dal decreto “Digitalia”. Per quanto concerne i prescrittori pubblici e convenzionati è

ancora da completare il processo di adeguamento che deve condurre tutti i prescrittori a inviare la ricetta

in formato elettronico. D'altro canto, la diffusione del Fascicolo Sanitario in Liguria è sostanzialmente

limitata alla ASL 4 e anche in questo contesto in modo parziale. L’alimentazione del FSE regionale ad oggi è

garantita solo per alcune tipologie di referti da parte di alcune aziende sanitarie.

2.4.5 Azioni da sviluppare

A fronte delle resistenze all'utilizzo dei due strumenti e della loro rilevanza strategica la Giunta regionale ha

fissato l’obiettivo di incrementare significativamente la diffusione della ricetta elettronica entro fine anno e

di rendere effettivo e di avviare l’utilizzo del Fascicolo Sanitario.

La realizzazione di tali obiettivi richiede la realizzazione delle seguenti azioni:

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definizione del catalogo unificato delle prestazioni ambulatoriali, per uniformare il comportamento dei sistemi di prenotazione ed erogazione, non potendosi più applicare correttivi “manuali”; l’attività è in corso di completamento con il coordinamento dell'ARS;

aggancio automatico tra prescrizione e CUP, in fase di realizzazione a carico di Datasiel. Deve essere, altresì, garantito un livello di assistenza e tempi di risposta del Sistema di Accoglienza Ricette

molto più alto (e quindi con maggiori costi) di quello finora garantito, in quanto la mancanza di risposte del

sistema sarà ostativo alla gestione dematerializzata della ricetta. I sistemi aziendali dovranno, pertanto,

tutti essere adeguati, entro due anni, a gestire la ricetta elettronica. Solo al termine di questo processo si

può ipotizzare una riduzione dei costi connessi alla gestione della ricetta: al contrario si ha la certezza che i

costi per l’avvio la messa a regime del progetto, saranno sicuramente importanti. In particolare, per quanto

attiene il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) la Regione Liguria , in collaborazione con le Aziende Sanitarie,

dovrà completare il processo di adeguamento del Fascicolo Sanitario realizzato in Liguria alle indicazioni

contenute nelle Linee Guida Nazionali. Le Aziende Sanitarie, da parte loro, sono chiamate a definire e

attuare piani di diffusione del FSE a supporto dell'attività clinica e di programmazione adeguando

progressivamente i propri sistemi informativi al fine di alimentare del FSE regionale con tutte le tipologie di

referti e documenti di cui è prevista la presenza nell'FSE.

2.5 Il Chronic Care Model (CCM), l’empowerment del cittadino L’empowerment è un termine inglese che risulta ancora impossibile, a causa della sua complessità semantica, tradurre con una sola parola in italiano e con il quale in questo testo ci si riferisce alla partecipazione consapevole del cittadino e della comunità alla gestione della sanità e della salute. Rispetto a tale tema, che negli ultimi decenni ha assunto un ruolo di crescente rilevanza nell’ambito dei servizi sanitari, l’Agenas ha ricevuto dalla Conferenza Unificata del 20 settembre 2007 un preciso mandato, in virtù del quale “l’Agenzia favorisce e supporta la pianificazione, la gestione e la valutazione di strategie, ricerche e percorsi formativi finalizzati all’empowerment degli amministratori locali, delle comunità ed allo sviluppo delle competenze del personale dipendente degli enti locali coinvolto nelle attività di integrazione socio sanitaria, in linea con gli indirizzi internazionali, nazionale delle Regioni in tema di sviluppo di competenze” Con tale deliberazione, la Conferenza Unificata ha inteso recepire una serie di indicazioni provenienti dal contesto internazionale e nazionale. Il gruppo di lavoro interregionale sull’empowerment, promosso dall’Agenas, ha avviato il primo confronto nazionale su tali quesiti riuscendo, come primo risultato, a concordare un significato comune nel campo della sanità pubblica. Ciò è stato possibile grazie al report sull’evidenza dell’efficacia dell’empowerment nel migliorare la salute che l’Health Evidence Network (Hen) dell’Ufficio Regionale Europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Who Regional Office for Europe) ha commissionato nel 2006 a Nina Wallerstein , Professore e Direttore del Master in Public Health Program dell’Università del New Mexico (Usa).Nel documento è riportata la seguente definizione di empowerment, assunta a definizione condivisa a livello nazionale dal gruppo di lavoro interregionale: “l’empowerment è un processo dell’azione sociale

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attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita”. L’empowerment così definito discende dalle elaborazioni teoriche dei due principali studiosi della materia: Julian Rappaport e Marc A. Zimmerman. A Rappaport dobbiamo la prima definizione nell’ambito della psicologia di comunità, secondo la quale l’empowerment è un processo che riguarda non solo i singoli individui, ma anche organizzazioni e comunità: empowerment viene definito “costrutto multilivello” proprio per la caratteristica di potersi sviluppare a tre diversi livelli: il controllo, la consapevolezza critica e la partecipazione;

il “controllo” si riferisce alla capacità, percepita o attuale, di influenzare le decisioni che riguardano la propria esistenza;

la “consapevolezza critica” consiste nella comprensione del funzionamento delle strutture di potere e dei processi decisionali, di come i fattori in gioco vengono influenzati e le risorse mobilitate;

la “partecipazione” attiene all’operare insieme agli altri per ottenere risultati desiderati e condivisi;

Lo sviluppo del controllo, della consapevolezza critica e della partecipazione può essere osservato a livello individuale, organizzativo e di comunità, laddove ciascuna componente assume caratteristiche distintive a seconda del livello. Con i suoi lavori Zimmerman giunge, quindi, a definire un preciso modello di analisi dei processi di empowerment, che permette di chiarire in maniera decisiva che tale processo non si esaurisce nella mera capacità di controllo o nella sola partecipazione: l’empowerment comprende in maniera imprescindibile sia il controllo, sia l’azione collettiva, che la consapevolezza critica quale capacità di identificare, ottenere e gestire le risorse (personali e del contesto).Quanto appena descritto, costituisce il modello di analisi dei processi di empowerment condiviso a livello nazionale dal gruppo di lavoro interregionale. In primo luogo, con empowerment si può indicare sia un processo che un risultato. I processi empowering sono quelli nei quali è fondamentale il tentativo di acquisire controllo, ottenere le risorse di cui si ha bisogno e comprendere criticamente il proprio ambiente sociale. Il processo è empowering se aiuta le persone a sviluppare competenze tali per cui possano diventare indipendenti nella risoluzione dei problemi e nella presa di decisioni. Alcune attività, opportunità o strutture possono essere intese come empowering e l’esito di tali processi consiste nel fatto che i soggetti siano in qualche misura empowered. L’empowerment come risultato si può riferire, quindi, alle conseguenze dei tentativi dei cittadini di avere un maggior controllo nella comunità o agli effetti degli interventi progettati per promuovere l’empowerment dei partecipanti. La riflessione sulla differenza tra processi ed esiti ha rappresentato uno snodo importante nel percorso del gruppo interregionale che ha deciso di considerare l’empowerment come processo ai fini della costruzione dello strumento di rilevazione delle esperienze regionali. Tutte le persone hanno competenze relative al controllo, alla partecipazione e alla consapevolezza critica che possono presentarsi con diversi gradi di sviluppo. Promuovere empowerment non significa, dunque, dare “potere” a chi non ne ha, ma favorire il pieno sviluppo delle competenze e delle risorse che sono presenti nelle persone e nei contesti. L’empowerment, inoltre, è una variabile che può cambiare al variare del tempo e delle situazioni, poiché si realizza attraverso una interazione dinamica tra l’acquisizione di

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maggiori competenze interne e il superamento degli ostacoli esterni per accedere alle risorse; in questo senso costituisce una buona mediazione tra dimensioni individuali e socio- politiche. L’empowerment, infine, si specifica in relazione al contesto ed alla popolazione, assumendo forme differenti per persone diverse (età, fascia sociale, bisogni ecc.), in contesti diversi (differenze culturali, confini nazionali ecc.). Per tale motivo, le azioni di promozione dell’empowerment non possono essere “calate dall’alto” o essere replicate con modalità standardizzate, ma devono partire da una attenta analisi del contesto, dei vincoli e delle risorse disponibili ed essere costruite insieme alla persona/organizzazione/comunità a cui sono rivolte. Tale specificità rende conto della diversità delle esperienze rilevate nei diversi contesti regionali. Sulla base della definizione e del modello di analisi condiviso, il gruppo di lavoro interregionale nell’ambito del percorso operativo previsto dal progetto di Ricerca Corrente “Metodi e strumenti per la partecipazione attiva dei cittadini alla valutazione dei servizi ed alle decisioni locali in materia di organizzazione dei servizi sanitari” ha messo a punto una scheda di rilevazione delle iniziative di empowerment, che sin dal principio è stata indirizzata alla raccolta delle esperienze ritenute significative.

Criteri di selezione delle esperienze di “empowerment”

La scheda di rilevazione non è stata concepita ai fini di un puntuale censimento ma come strumento utile ad avviare una riflessione nei contesti regionali. La scheda è composta da una guida alla compilazione, dalla sezione “A”, in cui sono rappresentate le informazioni identificative dell’iniziativa e dalla sezione “B” in cui sono richiesti gli elementi informativi tipici per la rappresentazione di un’esperienza progettuale (contesto; problematica; obiettivi; destinatari; percorso operativo; risultati; diffusione ed esperienze di trasferimento; costi e benefici; riflessioni sull’iniziativa: punti di forza e punti di debolezza; allegati).

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2.6 I principali obiettivi del programma, il lavoro in team e la qualità dell’assistenza Partendo dal bisogno della medicina d’attesa alla domanda di Sanità di iniziativa, si giunti è alla creazione

di percorsi specifici per le patologie croniche ad elevato impatto attraverso un modello assistenziale

integrato con le altre strutture sanitarie del territorio e l’ospedale.

I principali elementi del CCM(Sanità di iniziativa)

Il team assistenziale è costituito da medici di famiglia, infermieri ed educatori. All’interno del team deve

essere introdotta una chiara divisione del lavoro e separato l’assistenza ai pazienti acuti dalla gestione

programmata ai pazienti cronici. I medici trattano i pazienti acuti, intervengono nei casi cronici difficili e

complicati. Gli infermieri supportano l’auto-cura dei pazienti, svolgono alcune specifiche funzioni (test di

laboratorio per i pazienti diabetici, esame del piede, etc.) e assicurano la programmazione e lo svolgimento

del follow-up dei pazienti. Le visite programmate sono uno degli aspetti più significativi della prassi

operativa del team. L’interpretazione del percorso clinico deve avvenire attraverso le integrazioni delle

attività eterogenee seppur interdipendenti, soprattutto se di elevata specializzazione e che quindi

richiedono un elevato scambio di informazioni e di risorse organizzative ed economiche e al centro di un

processo , piuttosto che la singola prestazione, e di meccanismi di coordinamento piuttosto che la struttura

organizzativa. La necessità di considerare la globalità della persona è alla base del superamento della

settorialità dei servizi e dell’introduzione dei servizi integrati e lo scambio ineguale tra ospedale e territorio

porta sovra offerta di carattere ospedaliero che assorbe impropriamente gli spazi della domanda di salute,

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impedendo di fatto per la limitatezza delle risorse, lo sviluppo dei servizi territoriali e gli esempi di buona

prassi nella costruzione di percorsi non fanno sistema come incertezza nelle procedure di dimissione.

Gli obiettivi sono:

Stabilizzazione della patologia

Recupero delle abilità perse

Miglioramento della qualità della vita

Riduzione dell’ospedalizzazione Si rendono pertanto necessarie risposte di tipo organizzativo a seconda delle patologie:

- Chronic care model per malati affetti da patologie croniche ad alta prevalenza: continuità di cura su tempi lunghi, follow up ravvicinati, collegamenti con ospedale nelle fasi di riacutizzazione, banca dati, percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (PDTA), formazione;

- Long term care malati affetti da patologie croniche in condizioni di fragilità: protezione sociale, monitoraggio continuo del bisogno, counseling personale e familiare, continuità di cura su tempi lunghi, collegamenti con ospedale nelle fasi di riacutizzazione, banca dati, formazione;

- Home care per malati con bisogni assistenziali complessi: piano di intervento individualizzato, multiprofessionale, con individuazione del gestore dell’assistenza, orientato verso la domiciliarità e con la necessità di coinvolgimento del contesto familiare: UVM / PAI /DP/ integrazione/ coinvolgimento e formazione care giver.

L’adozione di linee-guida basate sull’evidenza forniscono al team gli standard per fornire un’assistenza

ottimale ai pazienti cronici. Le linee-guida sono rinforzate da un’attività di sessioni di aggiornamento per

tutti i componenti del team. L’ elemento caratterizzante è la centralità del medico di riferimento che si fa

carico dei problemi di salute della persona, garantendo il coordinamento, la continuità e la globalità degli

interventi.

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Le caratteristiche che rendono efficace un team multidisciplinare sono: • la passione con cui si opera • l’empatia tra i membri del team • il rispetto del lavoro dell’altro • la coscienza della propria professionalità

Il team multidisciplinare è composto da uno staff di persone ciascuna con compiti specifici:

1) Medico di comunità/Medico del Distretto Il responsabile del percorso diagnostico-terapeutico a livello territoriale:

- Verifica le condizioni generali del paziente - Verifica l’adesione al trattamento farmacologico e non (dieta, esercizio fisico, stile di vita,

assunzione di liquidi, vaccino antinfluenzale) - Ottimizza la terapia con progressiva titolazione dei dosaggi, monitorando gli effetti collaterali - Attua la profilassi dei fattori precipitanti (diagnosi e terapia delle patologie concomitanti) - Chiede le consulenze specialistiche - Il medico di famiglia partecipa quindi al governo clinico del sistema, garantendo l’appropriatezza e

la qualità delle cure ed orientando l’attività del team verso obiettivi condivisi.

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2) Medici specialisti (geriatra/neurologo/psichiatra):

- Valutazione e follow-up dei pazienti dementi (spesso anziani “fragili”, o disabili, ultraottantenni) - Valutazione delle comorbidità (demenza, depressione,confusione, Parkinson, incontinenza, rischio

di cadute,etc.) (Rich et al., Am. J. Med., 2005) - Collaborazione con il MMG - Collaborazione con l’assistente sociale.

3) Infermiere professionale:

- Effettua la presa in carico del paziente; - Si assicura che il paziente assuma la terapia e la dieta; - Dovrebbe individuare precocemente le instabilizzazioni, segnalandole tempestivamente al medico

responsabile dell’ADI ed al MMG; - Dovrebbe esercitare un’azione di “counseling”, rassicurare il paziente; - Effettua i prelievi domiciliari per gli esami emato-chimici; - Somministra le terapie infusionali; - l’infermiere coordinatore, ad intervalli preordinati o non programmati, telefona alla famiglia

dell’utente per verificarne le condizioni, avvisando tempestivamente responsabile dell’ADI e MMG; - l’infermiere assume autonomia e responsabilità per funzioni specifiche attinenti alla gestione

assistenziale del paziente, individuate in maniera concordata con il medico di famiglia sulla base dei percorsi assistenziali aziendali, quali il supporto all’auto-cura, la gestione dei sistemi di allerta e richiamo dei pazienti e lo svolgimento delle attività di follow-up.

4) L’assistente sociale:

- Accoglienza e primo colloquio; - Potersi/sapersi mettere dalla parte dell’altro, esercitare la propria capacità (razionale, cognitiva,

emotivo affettiva, con conoscenza e controllo di sé) per capire fino in fondo la posizione e “le ragioni degli altri”;

- Esigenze del paziente e del familiare; - Intervento di aiuto diretto a mantenere od a sviluppare benessere per aiutare ad usufruire di

determinate prestazioni; - Personalizzazione degli interventi secondo un’ ottica detta “service led”.

5) L’operatore Socio Sanitario

- L’operatore socio sanitario costituisce a sua volta una risorsa di supporto per lo svolgimento delle attività assistenziali previste dal modello, svolgendo allo stesso tempo le funzioni di assistenza alla persona al domicilio del paziente nei casi di non autosufficienza o laddove risulti comunque necessario.

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6) Lo psicologo

- Ruolo dello psicologo; - Contenimento del disagio emozionale; - Mantenimento della migliore qualità di vita possibile; - Ripartizione del carico assistenziale tra le varie figure coinvolte; - Individuazione precoce dei problemi depressivi o cognitivi da parte del MMG (eventuale richiesta di

consulenze geriatrica, psichiatrica, neurologica); - Sviluppo di competenze di screening da parte del personale infermieristico; - Passaggio di competenze ai familiari e/o ai care givers dei pazienti (supporto per il loro disagio

assistenziale). I ruoli professionali nel modello della sanità d’iniziativa hanno il ruolo attivo nella comunità in cui operano,

hanno il compito di valutare i bisogni de le risorse ella comunità, offrire un supporto all’autocura e di

proattività negli interventi inoltre danno un supporto alle decisione e sostengono l’utilizzo dei sistemi

informatici come mezzo di comunicazione e monitoraggio.

Valutazione dei bisogni della comunità

Elaborazione profili di salute:

Identificazione di gruppi di popolazione/aree a

rischio: analisi delle disuguaglianze nella salute e

nell`assistenza sanitaria.

Medici di comunità (ruolo di coordinamento) medici

di famiglia.

Epidemiologi, ricercatori sociali

Rappresentanti delle comunità locali.

Risorse della comunità

Valorizzazione e sviluppo di gruppi di volontariato.

gruppi di auto-aiuto,centri per anziani autogestiti.

Attività fisica adattata. etc.

Medici di comunità (ruolo di coordinamento) medici

di famiglia. Infermieri, operatori sociali

rappresentanti delle istituzioni e delle comunità

locali.

Supporto all’auto-cura

Aiutare i pazienti e le loro famiglie ad acquisire

conoscenze, abilità e motivazioni nella gestione della

malattia,procurando gli strumenti necessari e

valutando regolarmente i risultati e i problemi.

Prevalente molo degli infermieri,dietisti,

fisioterapisti, con il supporto di medici di famiglia e

specialisti.

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Proattività degli interventi Le consuete attività cliniche e assistenziali sono integrate e rafforzate da interventi programmati di follow-up con sistemi automatici di allerta e di richiamo.

Ricade sul medico di famiglia la responsabilità complessiva nei confronti del paziente l’ordine alla diagnosi, la terapia, la prevenzione e la riabilitazione Il MMG assume il ruolo di coordinatore degli interventi del team. Nell’ambito delle attività programmate nel contesto del lavoro di team e sulla base delle linee-guida condivise l’infermiere componente del team gestisce i sistemi di allerta e di richiamo e svolge le attività di follow-up,ne assume la responsabilità professionale inerente agli atti messi in essere e si relaziona con il MMG.

Supporto alle decisioni L’adozione di linee-guida basate sull'evidenza forniscono al team gli standard per fornire l’assistenza ottimale ai pazienti cronici. Le linee guida sono rinforzate da un’attività di sessioni di aggiornamento e di audit per tutti i componenti del team.

Le linee guida sulla patologie oggetto del CCM vengono elaborate dal Consiglio Sanitario Regionale con il coinvolgimento di tutte le professioni e saranno successivamente adattate al contesto locale dalle aziende sanitarie.

Sistemi informativi I sistemi informativi computerizzati devono funzionare come: 1. sistema di allerta che aiuta i team delle cure Primarie ad attenersi alle linee-guida 2. feedback per i medici ,mostrando i loro livelli di performance nei confronti degli indicatori delle malattie croniche: 3. registri di patologia per pianificare la cura individuale dei pazienti e per amministrare un'assistenza "population-based” 4. strumenti per il monitoraggio e la valutazione dei progetti e degli interventi

Medici di famiglia, infermieri epidemiologi, medici di comunità ,statistici ed economisti sanitari.

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3. La Performance in Sanità e la valutazione partecipata (empowerment)

L’empowerment è proposto nella letteratura sotto due punti di vista, diversi ma sempre più integrati: come strumento e come obiettivo. Lo sviluppo dell’empowerment, visto come strumento per raggiungere gli obiettivi di salute individuati da coloro che progettano l’intervento, viene perseguito perché ritenuto necessario per ottenere nella comunità i cambiamenti desiderati. Quando invece l’empowerment diventa l’obiettivo dell’intervento, la tensione di coloro che sono coinvolti nella progettazione è per lo più rivolta alla costruzione e mobilitazione, attraverso processi partecipati, delle risorse interne ed esterne, che sono necessarie perché i soggetti della comunità possano mettere in atto scelte autonome e responsabili: partecipazione e controllo sugli eventi della propria vita rappresentano infatti gli elementi costitutivi della definizione di promozione della salute proposta dall’Oms (Oms 1998). Coerentemente con l’impostazione seguita nei due approcci, per verificare l’impatto degli interventi, diversi saranno gli elementi che verranno osservati e “misurati”. Nel primo caso verrà per lo più verificato il solo raggiungimento degli obiettivi di salute mentre le valutazioni di processo rendiconteranno le azioni condotte (riunioni effettuate, collaborazioni attivate, ecc.) e, al più, si darà ragione delle informazioni acquisite o della soddisfazione dei partecipanti agli interventi. Meno diffuse le esperienze di valutazione nel secondo approccio e, quello che segue, sono i suggerimenti emersi dal documento prodotto dagli esperti della Conferenza di Nairobi e dalla letteratura del settore. Visto che il processo per raggiungere gli obiettivi di salute e quello per incrementare l’empowerment sono due sentieri che variamente si intrecciano, la prima indicazione che appare utile accogliere è quella di individuare costantemente, nella progettazione e nella valutazione, elementi osservabili che segnalino il progredire lungo i due percorsi (Oms: Laverack 2009;Wallerstein 2006); solo così sarà infatti possibile cumulare conoscenza sul ruolo svolto dallo sviluppo dell’empowerment nel raggiungimento degli obiettivi di salute. Per quanto riguarda poi le indicazioni su quali possano essere gli elementi osservabili da monitorare, la letteratura internazionale ha, negli ultimi anni, dedicato uno spazio crescente all’individuazione di quegli elementi di capitale sociale e di quelle capacità che possono operativamente aiutare a delineare lo sviluppo dell’empowerment di una comunità. Per valutare l’efficacia degli interventi condotti è necessario descrivere non solo ciò che si sta introducendo nel sistema, quindi l’insieme delle azioni condotte, ma anche quanto accade nell’interazione tra le differenti azioni messe in campo e i diversi elementi interni. Occorre cioè descrivere il continuo mutare dell’equilibrio interno del sistema e le condizioni in cui cause esterne e interne hanno agito. Aprire la “scatola nera” dell’intervento vorrà allora dire sì indagare sui nessi causali che sostengono l’ipotesi di cambiamento, ma nella convinzione che in ogni situazione si debba scoprire il modo particolare in cui un determinato programma può funzionare. Questo richiederà anche accettare che, in ogni situazione, il legame tra un input (il programma di intervento) e un risultato (lo sviluppo dell’empowerment) può essere ottenuto attraverso strade diverse, e quindi anche non ottenuto, in relazione al modo con cui gli attori reagiranno al programma e come lo interpreteranno (Pawson e Tilley, 1997). L’obiettivo non sarà quindi più quello di confermare, una volta per tutte, l’efficacia di una determinata azione nel produrre il risultato atteso, attraverso un definito meccanismo, ma ci si dovrà invece sforzare di capire perché, con un determinato gruppo di persone e in un determinato contesto, in presenza di quell’input si sia ottenuto un

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certo risultato. L’attenzione sarà tutta centrata sul processo, alla ricerca dei meccanismi che hanno prodotto quel risultato. Va da sé che la complessità del “sistema empowerment” trovi una naturale conseguenza in una complessità metodologica che permetta di monitorare e valutare, coerentemente con quanto affermato, sia i risultati ottenuti, sia i processi che hanno permesso il raggiungimento o meno dei risultati. Incidenza e prevalenza non costituiscono infatti, a questo proposito, dei parametri sufficienti e, tra l’altro, potrebbero non essere identificabili e misurabili nel breve periodo. Il monitoraggio, così come il processo di valutazione, non può, e non deve, basarsi solo su indicatori oggettivamente reperibili e quantificabili, ma è altresì imprescindibile rilevare la percezione dei risultati ottenuti e la valutazione che gli attori coinvolti danno dello stesso processo. Ricerca qualitativa e ricerca quantitativa, dati/indicatori oggettivi e dati/indicatori soggettivi costituiscono allora gli “ingredienti” a disposizione di un sistema di valutazione il più possibile partecipato, che permetta di registrare i processi, i risultati ottenuti, le criticità rilevate, al fine di poter riprogettare e rilanciare nuove iniziative facendo tesoro dell’esperienza. Si tratta, in sintesi, di operare una valutazione partecipata, questo non significa prescindere dall’utilizzo di strumenti e metodi qualificanti, ma è necessario che questi siano anche funzionali a reperire i risultati così come sono percepiti e a restituire la dinamicità del processo. Le ragioni per assumere una valutazione dell’empowerment hanno una triplice valenza:

pratica, nel senso che si basa sugli aspetti pragmatici dei professionisti coinvolti;

politica, nel senso che si prefigge anche di offrire un mezzo ai politici e ai funzionari preposti alla promozione della salute nella comunità di partecipare al dibattito locale strategico;

epistemologica, poiché pone un focus particolare sulla conoscenza relativa al contesto della valutazione.

In sintesi la valutazione partecipata racchiude in sé elementi sia pragmatici sia trasformativi, con l’obiettivo, tra gli altri, di dare pieni poteri ai professionisti di comprendere e produrre evidenza. Inoltre, in aggiunta alle considerazioni sin qui riprese, si deve considerare che le iniziative di empowerment sono intrinsecamente situate e contestualizzate. La valutazione di un processo di empowerment deve quindi obbligatoriamente essere una valutazione situata, che consideri anche le caratteristiche contestuali e deve inoltre rintracciare le basi di un’epistemologia della ricerca scientifica che non si propone né la possibilità di una generalizzazione dei dati, né di una loro applicabilità secondo un riduzionismo causa-effetto. L’obiettivo non è quello di postulare forze ed entità che esistono indipendentemente dal punto di vista degli investigatori, è pertanto necessario che tutte le fasi di empowerment, dalla sua attivazione ai cicli di valutazione (in itinere e finale), siano copartecipate secondo una modalità dialogica: “ogni processo conoscitivo è un impegno di trasformazione della realtà da parte dell’uomo. I significati che emergono nel corso di esso, cioè i concetti, delineano nuovi metodi di trasformazione e di operazione in vista di rendere la realtà più conforme agli scopi umani”(Dewey, 1961). A partire dall’impianto teorico prima delineato è possibile proporre un percorso metodologico, articolato in più fasi, che abbia come finalità la valutazione di processi di empowerment (vedi tabella 1), individuato un insieme di progetti di prevenzione e promozione della salute, che dichiarino di perseguire obiettivi di salute adottando strategie di sviluppo di “empowerment”, se ne osserverà e descriverà sia il processo che l’impatto.

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Per ciascun progetto selezionato si prevedono:

momenti di confronto con i responsabili e gli operatori del progetto, con opinion leader e rappresentanti dei cittadini della comunità coinvolta nel progetto, per verificare il cambiamento in termini di sviluppo di capacità (attraverso griglie di riferimento) e di impatto sulla salute;

interviste narrative, focus group e questionari per ricostruire gli elementi di capitale sociale della comunità coinvolta nell’intervento, accresciuti o modificati durante l’intervento;

analisi del contesto attraverso le informazioni raccolte;

produzione della documentazione descrittiva degli interventi effettuati, dei processi e risultati osservati, sia in termini di sviluppo di empowerment sia di impatto sulla salute.

Percorso metodologico

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3.1 Criteri di valutazione dell’empowerment

Per delineare un modello per la valutazione, è necessario chiarire lo scopo della valutazione dei processi di empowerment, i risultati del processo valutativo devono indicare la strada per il miglioramento continuo della qualità e della sicurezza degli interventi e dei servizi sanitari. Nella progettazione della valutazione dell’empowerment vanno considerate tutte le dimensioni del processo valutativo, in relazione alle diverse fasi: progettazione, applicazione (raccolta ed elaborazione dei dati), conclusione (interpretazione dei risultati) e formulazione del giudizio (ed eventuali inferenze) e vanno individuate: le variabili da valutare (il modello di empowerment), gli indicatori relativi, i metodi di rilevazione dei dati, le modalità di elaborazione dei dati e i criteri di valutazione, in relazione agli standard. Il processo di controllo va quindi declinato in base ai momenti in cui viene applicato, e cioè:

prima di implementare un’attività, un progetto: valutazione prospettica;

durante l’applicazione di un’attività, di un progetto: verifica funzionale/monitoraggio;

valutazione finale ed inferenziale;

valutazione d’impatto. In ogni fase vanno considerati gli scopi della valutazione, i soggetti coinvolti nel processo, i tempi e i metodi della raccolta dei dati. Per la valutazione è fondamentale la disponibilità di un pertinente, mirato e specifico sistema informativo, definito come l’insieme dei soggetti, delle strutture, degli strumenti e delle procedure aventi per scopo la rilevazione, l’elaborazione e la diffusione dei dati.

Visione generale del sistema, che dovrà essere declinata per ogni specifica situazione.

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La valutazione deve tenere in considerazione se il processo di facilitazione dell’empowerment riguarda: a) la singola persona in un processo di prevenzione, diagnosi precoce, cura o riabilitazione e se ciò riguarda il coinvolgimento (informazione, scelta, educazione) oppure la partecipazione sociale, ossia il suo contributo al miglioramento dei servizi (valutazione dei servizi, partecipazione a progetti di miglioramento) o la partecipazione alle scelte generali di politica sanitaria (consultazioni, comitati, assemblee); b) un gruppo/associazione per la partecipazione ai processi di miglioramento a livello istituzionale o nella più ampia programmazione sanitaria; c) la popolazione, relativamente ai processi programmatori e di valutazione. Il modello di valutazione dei processi di empowerment è multidimensionale, riguarda cioè i diversi assi. 1. Scopo a. Singola persona-Propria salute 1. Promozione/educazione a stili di vita; 2. Adesione allo screening; 3. Cura/riabilitazione; 4. Autocura; b. Cronicità-Partecipazione sociale 1. Contributo al miglioramento dei servizi; 2. Feedback (focus group, questionari); 3. Partecipazione alla programmazione/valutazione delle politiche sanitarie; 4. Comitati/gruppi di consultazione e sviluppo; 5. Incontri per: Programmazione, Valutazione ,Bilancio sociale; 2. Processo La valutazione deve accompagnare i processi di empowerment, sin dalla fase di progettazione degli interventi e considerare risorse, processi, prestazioni 3. Risultati Molto complessa è la valutazione degli esiti, soprattutto per quanto riguarda la loro stabilità nel tempo, i processi di empowerment dovrebbero portare infatti al protagonismo ed alla progettualità delle persone, alla responsabilizzazione rispetto a se stessi o ai processi sociali complessivi, i quali devono pertanto rimanere nel tempo. a. Risultati/esiti. b. Impiego dei risultati per il miglioramento e lo sviluppo. Nella valutazione va anche considerato come i risultati dei processi di valutazione vengano utilizzati nelle istituzioni per migliorare i processi di empowerment e, più in generale, le istituzioni stesse. Va sottolineata l’importanza di utilizzare un approccio sistemico alla valutazione, perché per comprendere un aspetto è necessario inserirlo nel complesso degli elementi da cui è influenzato ed analizzare il sistema nel contesto più generale, con particolare attenzione alla cultura della partecipazione.

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3.2 Definizione degli indicatori

In relazione alle variabili del modello di empowerment oggetto di valutazione è necessario identificare appropriati indicatori. Volendo valutare un’azienda sanitaria sarà utile identificare se l’empowerment fa parte della politica aziendale ed è quindi trasversale a tutte le unità operative oppure se dipende dalla buona volontà di qualche dirigente o coordinatore; se le azioni sono occasionali o parte integrante di tutti i processi, se riguardano solo le singole persone relativamente ai processi di cura o considerano anche la partecipazione sociale ai processi di miglioramento e sviluppo dei servizi, alle scelte di programmazione; se, infine, le azioni si rivolgono anche alle associazioni (la cui partecipazione è peraltro prevista dal decreto legislativo 229 del 1999) e più in generale alla comunità. A livello esemplificativo si riportano i seguenti indicatori: a) risorse

- n. medio di ore per operatore dedicate alla formazione per l’empowerment / n. medio delle ore per operatore dedicate alla formazione nell’anno;

- n. operatori impegnati nell’ empowerment/ n. operatori; - n. di riviste con contenuti relativi all’empowerment / totale riviste disponibili in abbonamento

Aziendale; b) processo

- n. di incontri pubblici finalizzati al coinvolgimento/ totale interventi aperti al pubblico nell’anno; - n. medio equivalente di ore operatore dedicate all’empowerment / n. medio ore operatore

lavorate nell’anno; - n. pazienti nella cui documentazione clinica figura la registrazione di attività finalizzate

all’empowerment/ totale pazienti dell’unità operativa nell’anno; c) esito

- n. di pazienti che sono in grado di gestire in autonomia la propria condizione alla dimissione / n. di pazienti con analoga condizione clinica nell’anno;

- n. di richieste di follow-up informativo telefonico, con accesso diretto all’unità operativa da parte di pazienti dimessi (o loro famigliari) / n. di pazienti dimessi nell’anno;

- n. di pazienti che compilano i questionari proposti / n. di pazienti nell’anno. Il processo di valutazione si conclude con un giudizio che si dovrebbe basare sul confronto tra la situazione analizzata (dati raccolti con riferimento agli indicatori scelti) e gli standard di riferimento (come ci si aspettava dovesse essere la situazione). Si rende necessario, quando si scelgono gli indicatori, stabilire anche i relativi standard che dovrebbero fare riferimento alla letteratura e considerare lo specifico contesto. Vanno, quindi, scelte le elaborazioni da effettuare sui dati e le relative modalità di rappresentazione, al fine di facilitare l’interpretazione e la formulazione dei giudizi. Tra le metodologie, qualitative e quantitative, per la raccolta dei dati utili per la valutazione dell’empowerment, da scegliere in relazione agli obiettivi conoscitivi ed alla loro efficacia differenziale, ma anche alla fattibilità, si citano:

a) analisi di documentazione: dati clinici, assistenziali, educativi, gestionali, amministrativi; fotografie, video;

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b) indagini: interviste, focus group, questionari; c) osservazione; d) studio dei casi.

La tecnica statistica da utilizzare per l’elaborazione dei dati va accuratamente scelta in relazione al modello ed alle variabili, con riferimento agli scopi. Si intende qui sottolineare l’importanza ma soprattutto la strumentalità della tecnica, laddove talvolta vengono applicate tecniche sofisticate senza una effettiva scelta da parte di chi ha promosso ed effettuato la valutazione e che deve interpretare i risultati. Vanno identificate con cura anche le modalità di rappresentazione (diagrammi e tabelle), in relazione ai fini e ai destinatari dei risultati. La valutazione è un processo complesso e con valore anche educativo e formativo, quindi è utile coinvolgere tutti i soggetti che concorrono (nel caso della verifica funzionale) o hanno preso parte al processo di empowerment, ma anche chi dirige e chi sceglie le politiche, sia per assicurare che tutti gli elementi vengano considerati, che per favorire il successivo utilizzo dei risultati per il miglioramento. È importante anche riconoscere le implicazioni e le difficoltà per chi facilita i processi di empowerment ed è necessario creare le condizioni migliori perché ciò avvenga; soltanto infatti se gli operatori sono a proprio agio nell’applicazione del processo lo stesso sarà efficace. La rilevazione delle iniziative di empowerment, ad oggi, ha portato alla raccolta di 71 esperienze esemplari, segnalate da 14 Regioni e Province Autonome attraverso la scheda di rilevazione (Tabella 1).Tutte le schede sono state classificate secondo il modello di analisi condiviso e pubblicate sul sito dell’Agenas dove saranno inserite le ulteriori esperienze che le Regioni segnaleranno. La maggior parte delle iniziative attiene prima al livello individuale, poi organizzativo ed infine a quello di comunità, le esperienze esemplari segnalate dalle Regioni rappresentano iniziative rivolte agli “attori” del sistema (dai cittadini ai professionisti, dall’organizzazione alla comunità) e sono state ricondotte per ciascun livello (individuale, organizzativo e di comunità) ad una serie di ambiti specifici, grazie al fondamentale contributo metodologico offerto dalla Regione Emilia Romagna a tutto il gruppo di lavoro. Gli ambiti entro i quali si possono ritrovare esperienze di empowerment individuale sono:

1.Acquisire stili di vita e comportamenti più corretti: ad esempio, movimenti/campagne informative per la prevenzione/educazione a stili di vita sani;

2.Gestire e prendere in carico la propria malattia- cronicità: ad esempio, gruppi di auto-aiuto in ambito sanitario e socio-sanitario;

3.Accedere all’organizzazione dei servizi: ad esempio, servizi come l’URP, gestione reclami e numero verde, “Carta dei Servizi”;

4.Accedere al processo decisionale di cura: ad esempio, il consenso informato, la cartella clinica integrata.

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Le iniziative di empowerment rilevate

Gli ambiti entro i quali si possono ritrovare esperienze di empowerment organizzativo sono: 1. condividere il processo decisionale di cura: ad esempio mediazione dei conflitti, mediazione culturale nel rapporto medico-paziente; 2. condividere la pianificazione dei servizi: progetti e/o contesti che coinvolgono i cittadini nell’analisi, progettazione, valutazione dei bisogni come, ad esempio, l’Audit civico, i Laboratori del cittadino; 3. condividere la gestione dei servizi: per esempio l’inserimento dei caregivers e dei volontari nella gestione di alcuni aspetti dell’organizzazione nell’accoglienza e guida.

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Empowerment organizzativo

Gli ambiti entro i quali si possono ritrovare esperienze di empowerment di comunità sono: 1. fare ascoltare la propria voce: ad esempio i movimenti di difesa, pressione e stimolo dei diritti del malato verso le istituzioni sanitarie, le reti di ospedali che cooperano per realizzare e implementare pratiche di umanizzazione dell’assistenza; 2. contribuire al governo locale della comunità: processi/strumenti di governo locale capaci di coinvolgere i cittadini e le organizzazioni nelle scelte in merito a problemi, bisogni, domande come, ad esempio, i Patti di solidarietà o i Forum dei cittadini, gli strumenti di programmazione strategica. La definizione degli ambiti sopra elencati non solo ha permesso di organizzare l’eterogeneità delle esperienze pervenute, ma ha fornito anche una concreta esemplificazione di come un costrutto complesso come l’empowerment possa essere tradotto in azioni specifiche all’interno dei servizi sanitari. Il lavoro svolto dal gruppo interregionale, caratterizzato da una costante attenzione a tradurre la teoria nella pratica, ha fornito una prima risposta agli interrogativi rispetto a cosa significhi promuovere empowerment nell’ambito della sanità pubblica.

Empowerment di comunità

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3.2.1 Esperienze di empowerment individuale - promozione e sviluppo della partecipazione Progetto finalizzato a migliorare l’accesso ai servizi ospedalieri attivando la funzione di accoglienza ed accompagnamento del cittadino/utente e a favorire l’ascolto e la partecipazione. Tale iniziativa ha come obiettivo anche quello di realizzare le seguenti azioni:

la revisione partecipata del regolamento di pubblica tutela;

l’individuazione condivisa dei diritti e dover dei pazienti;

l’istituzione della Commissione Mista Conciliativa;

l’individuazione e destinazione di spazi per attività socio culturali e di educazione alla salute, utilizzare congiuntamente o disgiuntamente con le associazioni di volontariato;

la preparazione di materiali per l’attivazione di un sistema di valutazione della qualità percepita agli utenti;

la formazione del personale del front-office in materia di comunicazione interpersonale e conseguente attribuzione di funzione di accompagnamento dei cittadini anche con l’ausilio di volontari;

l’aggiornamento delle informazioni per la revisione del sito web aziendale e per la carta dei servizi.

3.2.2 Continuità assistenziale tra ospedale e territorio I vari progetti mirano alla definizione di percorsi protetti di assistenza a garanzia della continuità e della completezza degli interventi assistenziali per i pazienti anziani o fragili con patologie croniche, per creare una rete a supporto dei reparti ospedalieri e dei servizi territoriali per la creazione di un modello assistenziale di continuità delle cure che garantisca e fornisca risposte appropriate, concrete, sicure ed efficaci ai bisogni assistenziali. Obiettivi misurabili previsti sono costituiti dalla riduzione dei tempi di degenza ospedaliera, dalla riduzione dei ricoveri ripetuti per stessa patologia, dall’attivazione di una valutazione multidimensionale, dalla definizione del piano di dimissione protetta e presa in carico territoriale e dalla formazione del personale coinvolto. L’iniziativa consta delle seguenti fasi/attività:

creazione del centro interaziendale tra ospedale e Azienda territoriale;

definizione del processo di continuità assistenziale con valutazione multidimensionale dei pazienti ricoverati;

definizione del piano di attività assistenziale alla dimissione;

presa in carico dei pazienti dopo la dimissione;

formazione del personale;

valutazione degli indicatori per il monitoraggio ed il controllo delle dimissioni protette. 3.3 Gli indicatori: scelta numero e tipo

Il sistema che risiede alla base del sistema di valutazione proposto si compone di cinque dimensioni, rispetto alle sei caratteristiche del sistema MES.

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Le dimensioni sono: • La valutazione dello stato di salute della popolazione; • La capacità di perseguimento delle strategie regionali (screening, copertura vaccinale, etc.); • La valutazione socio-sanitaria; • La valutazione esterna; • La valutazione economico-finanziaria ed efficienza operativa. La dimensione che non è stata riportata nella valutazione ligure riguarda il clima interno delle strutture sanitarie; questa dimensione non è stata oggetto di una campagna specifica di rilevazione dati.

Sistema di valutazione della performance regione Liguria

Nell’ambito delle malattie croniche si riscontra quanto segue: «In assenza di un intervento urgente, i

crescenti costi finanziari ed economici delle malattie croniche raggiungeranno livelli tali da essere al di là

delle capacità di farvi fronte anche da parte dei Paesi più ricchi del mondo. Eccellenze, voi avete il potere e il

dovere di fermare e invertire il disastro rappresentato dalle malattie non trasmissibili. Voi avete il potere e il

dovere di proteggere il vostro popolo e di far si che i vostri sforzi di sviluppo non siano vanificati.»

L’attuale contesto economico è tale da non consentire errori o incertezze e impone la ricerca della massima appropriatezza nella programmazione e messa in atto delle azioni del Sistema Sanitario, le scelte di policy e la conseguente valutazione di efficacia degli interventi realizzati debbono quindi basarsi sull’uso di informazioni precise, tempestive e territorializzate relative alle caratteristiche e alle dinamiche dei fenomeni di interesse per la salute pubblica. Il sistema di sorveglianza di popolazione PASSI (acronimo di Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) fornisce le informazioni per l’azione che il sistema salute deve utilizzare per svolgere la funzione di “advocacy” e per pianificare, implementare, monitorare e valutare programmi e interventi di salute. Essendo un programma nazionale al quale aderiscono tutte le regioni con oltre l’85% delle ASL italiane, è

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inoltre possibile utilizzare i dati per eseguire confronti fra singole ASL, a livello sia intra che extra regionale. Il Sistema di sorveglianza PASSI ha tra i suoi obiettivi quello di monitorare lo stato di salute della popolazione adulta (18-69 anni) delle ASL, attraverso la rilevazione sistematica e continua delle abitudini, degli stili di vita e dello stato di attuazione dei programmi che le ASL stanno realizzando per modificare i comportamenti a rischio. Facciamo pertanto una breve carrellata sugli indicatori utilizzati in merito allo stile di vita dei liguri. 3.3.1 L’attività fisica

Secondo la definizione adottata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’attività fisica è: «… qualsiasi forma di lavoro prodotta dalla muscolatura scheletrica che determini un dispendio energetico superiore a quello a riposo.» Il termine active living (traducibile come “vita attiva”) descrive appunto uno stile di vita raccomandabile che include la pratica dell’attività fisica, almeno mezz’ora al giorno. A questo concetto si aggiunge quello di health-enhancingphysicalactivity che descrive “qualsiasi forma di attività fisica che favorisca la salute e la capacità funzionale senza danni o rischi” e che, riconducendosi ai livelli di intensità, corrisponde ad “almeno un’attività fisica moderata”, cioè che raggiunge la soglia dei 3-6 MET. Il MET è l’unità di misura utilizzata per esprimere il lavoro muscolare: 1 MET corrisponde al metabolismo energetico in condizioni di riposo.

Intensità dell’esercizio fisico in MET

L’attività fisica svolta con regolarità induce numerosi benefici per la salute, aumenta il benessere psicologico e previene una morte prematura. In particolare, chi pratica regolarmente l’attività fisica riduce significativamente il rischio di avere problemi di: • ipertensione; • malattie cardiovascolari: malattie coronariche e ictus cerebrale; • diabete tipo 2; • osteoporosi; • depressione; • traumi da caduta degli anziani; • alcuni tipi di cancro, come quello del colon retto, del seno e dell’endometrio; Inoltre il sovrappeso e l’obesità, problemi ovunque in aumento, sono causati essenzialmente dalla combinazione di sedentarietà e cattiva alimentazione. Per essere fisicamente attivi è sufficiente incrementare la cosiddetta “mobilità attiva”.

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In Liguria: Sedentari e attivi • Dai dati del sistema di sorveglianza PASSI 2009-2012, il 40% degli intervistati di 18-69 anni può essere classificato come attivo (cioè effettua un lavoro pesante oppure 30 minuti di attività moderata per almeno 5 giorni alla settimana oppure attività intensa per più di 20 minuti per almeno 3 giorni), il 37% come parzialmente attivo (non svolge un lavoro pesante ma fa qualche attività fisica nel tempo libero, senza però raggiungere i livelli raccomandati) e il 23% come sedentario (non fa un lavoro pesante e non pratica attività fisica nel tempo libero). • Rispetto al Pool di ASL PASSI la Liguria ha una percentuale di sedentari significativamente inferiore: il 30,8 degli intervistati del Pool PASSI risulta essere sedentario. Attenzione degli operatori sanitari e distribuzione geografica • Troppo bassa appare l’attenzione degli operatori sanitari al problema della sedentarietà: nel periodo 2009-2012, meno di un intervistato su tre (32%) riferisce che un operatore sanitario si è interessato alla attività fisica che svolge. È dello stesso valore (32%) la percentuale di persone che dichiarano di aver ricevuto il consiglio di effettuare una regolare attività fisica. • I dati liguri sono sovrapponibili a quelli del Pool di ASL PASSI dove il 31% degli intervistati riferisce che un operatore sanitario si è interessato alla attività fisica che svolge e sempre il 31% dichiara di aver ricevuto il consiglio di effettuare una regolare attività fisica.

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3.3.2 Sovrappeso e obesità La situazione nutrizionale di una popolazione è un determinante importante delle sue condizioni di salute. In particolare l’eccesso di peso, favorendo l’insorgenza o l’aggravamento di patologie preesistenti, riduce la durata della vita e ne peggiora la qualità. In Italia, come nella gran parte dei Paesi a medio e alto reddito, l’eccesso ponderale è uno dei principali fattori che sostengono l’aumento delle malattie croniche non trasmissibili (cardiopatie ischemiche, alcuni tipi di neoplasia, ictus, ipertensione, diabete mellito). Per

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questo, si compiono molti sforzi per monitorare l’andamento dell’eccesso ponderale nei bambini, negli adulti e nella terza età. In Liguria Eccesso ponderale: caratteristiche di sovrappeso/obesi, distribuzione geografica e trend temporale • Dai dati del sistema di sorveglianza PASSI 2009-2012 emerge che più di un adulto su tre (36%) è in eccesso ponderale, con il 27% in sovrappeso ed il 9% di obesi. • Per il periodo di rilevazione 2009-2012, l’eccesso ponderale è significativamente più frequente in alcune categorie: nella fascia di età 50-69 anni (eccesso ponderale 47%), fra gli uomini (45%), fra le persone con molte difficoltà economiche (43%) e fra quelle con un titolo di studio “nessuno/elementare” (55%). L’analisi multivariata condotta separatamente per genere conferma queste associazioni.

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3.3.3 Consumo di alcol

Il consumo di alcol è associato a numerose malattie croniche e può creare dipendenza; provoca, inoltre,

come effetto immediato, alterazioni psicomotorie che espongono a un aumentato rischio di incidenti

stradali, comportamenti sessuali a rischio, infortuni sul lavoro, episodi di violenza. Il danno causato

dall’alcol, oltre che alla persona che beve, può estendersi quindi alle famiglie e alla collettività, gravando

sull’intera società. Si stima che in Italia siano almeno 30.000 le morti causate dall’alcol, che risulta essere la

prima causa di morte tra i giovani fino ai 24 anni di età, in relazione principalmente agli incidenti stradali.

Anche l’impatto economico è notevole: i costi indotti dal consumo di alcol, nei Paesi ad alto e medio

reddito, ammontano a più dell’1% del PIL.

I rischi di danni alcol-correlati variano in funzione di diversi fattori:

• la quantità di alcol bevuta abitualmente • la quantità assunta in una singola occasione

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• le modalità e il contesto di assunzione dell’alcol • le caratteristiche individuali, come età, sesso, condizioni patologiche preesistenti, etc., che determinano una differente suscettibilità agli effetti nocivi dell’alcol. Attenzione degli operatori sanitari • Ancora troppo bassa appare l’attenzione degli operatori sanitari al problema alcol: nel periodo 2009-2012 solo il 16% degli intervistati riferisce che un operatore sanitario si è informato sul consumo alcolico e solo il 5% di coloro che sono considerati a maggior rischio (secondo i dati 2010-2012) riferiscono di aver ricevuto il consiglio di ridurne il consumo.

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3.3.4 Abitudine al fumo Il fumo di tabacco è un’abitudine che provoca dipendenza (legata alla nicotina) e causa l’insorgenza di numerose patologie croniche, in particolare oncologiche, cardiovascolari e respiratorie, e numerosi altri disturbi. Il tabacco ha inoltre conseguenze sulla salute delle persone esposte passivamente al fumo, un impatto negativo per la società in termini economici e un impatto negativo per l’ambiente. Il fumo di tabacco, oggi in Italia, costituisce la prima causa evitabile di morte prematura. In Liguria II dati sul fumo di sigaretta e le caratteristiche dei fumatori • La maggioranza degli adulti in Liguria non fuma sigarette di tabacco (52%) o ha smesso di fumarne (20%); la prevalenza di fumatori è pari al 28% e tra questi uno su tre fuma più di un pacchetto di sigarette al giorno. • La prevalenza di fumatori è più alta fra le persone che riferiscono maggiori difficoltà economiche (40%), è maggiore fra gli uomini (32%) rispetto alle donne (24%) ed è minore fra i laureati (23%). L’analisi multivariata, condotta separatamente per genere fra uomini e donne, mette in evidenza che in entrambi i sessi il fumo di sigaretta è più frequente tra i 18-24enni rispetto ai 50-69enni, tra chi riferisce molte difficoltà economiche e tra le persone con cittadinanza italiana.

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3.3.5 Capacità di governo della domanda Nel corso degli ultimi anni, la Regione Liguria ha assunto provvedimenti al fine di adeguare gradualmente il tasso di ospedalizzazione agli standard nazionali, attraverso l’attuazione di un insieme di interventi finalizzati a garantire il progressivo potenziamento delle attività alternative al ricovero ordinario e alla riduzione dei ricoveri impropri. Questo obiettivo è stato perseguito in modo da assicurare risposte assistenziali appropriate alle specifiche esigenze delle persone in condizione di bisogno, promuovere l’umanizzazione dell’assistenza e facilitare il percorso assistenziale del cittadino, garantendo la continuità delle cure e la concentrazione temporale delle prestazioni sanitarie.

3.3.6 Qualità clinica Uno degli obiettivi del Sistema Sanitario è quello di fornire prestazioni di elevata qualità al maggior numero possibile di pazienti. Gli indicatori di qualità clinica indagano alcuni processi dell’attività ospedaliera cercando di individuare e monitorare le variabili che riguardano l’adozione di tecniche strumentali e procedure diagnostiche, la tempestività e la correttezza di esecuzione delle prestazioni. Il cluster di indicatori che sono stati calcolati all’interno del sistema di valutazione delle performance del Laboratorio MES, che riprendono una serie di indicatori fondamentali molto diffusi in Italia, e di cui offriamo l’elaborazione comparata del triennio 2010-2012 per la Liguria, rappresenta il primo passo verso la costruzione di un sistema capace di rilevare il complesso degli elementi significativi nell’ambito della qualità clinica. Il Ministero della Salute ha affidato all’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari la realizzazione del Progetto Nazionale Esiti (PNE) per valutare l’efficacia dei servizi sanitari ospedalieri attraverso l’analisi delle SDO. Regione Liguria, sulla base di questi progetti, intende ampliare il proprio sistema di indicatori regionali, in modo da rendere disponibili agli ospedali liguri informazioni fondamentali sull’efficacia e sugli esiti dei trattamenti, e sostenere l’applicazione e la diffusione di protocolli e tecniche che possano garantire migliori performance cliniche. In particolare, anche sulla base degli stimoli

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provenienti dagli indicatori di esito pubblicati nel PNE 2011 e 2012, gli interventi in laparoscopia alla colecisti sono monitorati all’interno del sistema regionale in termini di tecnica utilizzata, ricoveri ripetuti e complicanze. Alcuni dei valori degli indicatori di qualità clinica sono solo apparentemente imputabili all’organizzazione ospedaliera e spesso possono indicare debolezze delle strutture territoriali. Esempi di questo genere possono costituire un determinante di rilievo nell’interpretazione dei ricoveri ripetuti, sia nel caso di insufficiente capacità di presa in carico del paziente da parte del territorio, quanto nella Mortalità Ospedaliera per Infarto, dove la qualità e la tempestività dell’apparato di emergenza urgenza rappresentano un fattore importante sull’esito del ricovero ospedaliero. Un indicatore ospedaliero internazionale di primaria importanza per quanto riguarda la qualità clinica è la presenza di SOP (Standard Operating Procedure) relativamente a ogni situazione clinica che si possa presentare. 3.3.7 Integrazione Ospedale – Territorio Uno dei principali obiettivi del SSR è garantire la continuità delle cure sia tra i diversi professionisti intra ed extraospedalieri in modo che la frammentazione nata dallo sviluppo di competenze ultraspecialistiche si integri in un quadro unitario - sia tra i diversi livelli di assistenza, soprattutto nel delicato confine tra ospedale e territorio. Il modello assistenziale orientato alla continuità delle cure prevede il disegno di appositi percorsi e la presa in carico costante nel tempo da parte di un team caratterizzato da competenze sociali e sanitarie (PSN 2011-2013). La carenza di strumenti e processi di integrazione può comportare conseguenze rilevanti, sia per i pazienti sia per le organizzazioni, come per esempio la riduzione dell’efficacia della cura, la percezione da parte del paziente e dei suoi familiari di mancata presa in carico e, non meno importante, un utilizzo inappropriato delle risorse. L’indicatore per l’integrazione fra ospedale e territorio intende, pertanto, valutare l’efficacia sanitaria delle attività territoriali e il loro grado di integrazione con le attività ospedaliere, fondamentale nell’assicurare una buona continuità assistenziale. L’efficacia del territorio viene misurata in termini indiretti attraverso le ospedalizzazioni di lungo periodo o ripetute o attraverso le ospedalizzazioni per patologie specifiche che tendenzialmente possono essere ben seguite sul territorio. Dal prossimo anno potrà essere inoltre monitorata e valutata la presa in carico dei soggetti affetti da alcune rilevanti patologie croniche; la nostra Regione infatti ha formalizzato con la DGR N° 518/2012 i protocolli per la gestione integrata delle patologie croniche epidemiologicamente più rilevanti (diabete, scompenso cardiocircolatorio e BPCO) ed ha individuato un set di indicatori rivolti essenzialmente a monitorare le attività distrettuali in tema di presa in carico della cronicità e della fragilità e la verifica della corretta applicazione dei protocolli operativi. Tutti gli indicatori sono di valutazione, fatta eccezione per la percentuale di ricoveri ripetuti entro 31-180 giorni e il tasso di concepimento per minorenni, che vengono forniti come indicatori di contesto. L’integrazione ospedale - territorio è stimata attraverso la lettura integrata dei seguenti indicatori: • Tasso di ospedalizzazione dei ricoveri oltre 30 gg. per 1000 residenti;

• Percentuale ricoveri ripetuti a 31-180 giorni; • Tasso di ospedalizzazione per polmonite per 100.000 residenti (20-74 anni);

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3.3.8 Efficacia assistenziale delle patologie croniche I principali fattori di rischio, come l’ipertensione, l’obesità, i livelli elevati di colesterolo e glicemia sono modificabili mediante interventi, in ambito sociale, mirati a promuovere la competenza dei cittadini a conservare e migliorare la propria salute. La prevenzione e la terapia delle malattie croniche rappresentano, pertanto, strumenti fondamentali per assicurare alla popolazione una vita più lunga e un invecchiamento in buona salute. L’indicatore si propone di misurare indirettamente la capacità di intervento preventivo e continuativo delle cure erogate a livello territoriale. Le misurazioni di efficacia indiretta delle cure primarie attraverso i tassi di ospedalizzazione per patologie croniche ad alta prevalenza sono integrate con rilevazioni sulla capacità di presa in carico e compensazione della malattia sul territorio stesso. Efficacia assistenziale delle patologie croniche viene stimata attraverso la lettura integrata dei seguenti indicatori: • Tasso di ospedalizzazione per scompenso per 100.000 residenti (50-74 anni); • Tasso di ospedalizzazione per diabete globale per 100.000 residenti (20-74 anni); • Tasso di amputazioni maggiori per diabete per milione di residenti; • Tasso di ospedalizzazione per BPCO per 100.000 residenti (50-74 anni);

3.3.9 Appropriatezza prescrittiva diagnostica La tendenza a diminuire il numero dei posti letto ospedalieri (tasso di ospedalizzazione), seppure associata a una complessiva contrazione dei tempi di degenza, comporta un aumento delle attività di diagnosi da parte delle strutture territoriali. In sostanza, negli ultimi anni, una consistente parte di attività diagnostiche che venivano tradizionalmente eseguite in ospedale vengono sempre di più effettuate all’interno del contesto ambulatoriale. Questo processo è certamente evidenziato da indicatori tipicamente ospedalieri, come il “Tasso di ricovero in DH medico con finalità diagnostiche”, che tendono a diminuire i loro valori e che caricano al territorio ulteriori richieste di prestazioni. Macroscopicamente la tendenza verso una migliore appropriatezza dei ricoveri ospedalieri dovrebbe comportare un aumento dei tassi di prestazioni territoriali con finalità diagnostica. 3.3.10 Costo sanitario pro-capite L’indicatore è costruito come rapporto fra il costo totale sostenuto dalla ASL per i propri residenti e la popolazione di riferimento pesata secondo i criteri di riparto utilizzati a livello nazionale (delibera CIPE 2011). I costi sono calcolati come differenza fra i costi totali e i ricavi della mobilità attiva, ipotizzando che i costi sostenuti dall’azienda per erogare servizi ai non residenti siano pari ai ricavi da mobilità attiva. L’indicatore non prende in considerazione i costi complessivi sostenuti dalle Aziende Ospedaliere ma soltanto il valore (riconosciuto) delle prestazioni da queste erogate ai residenti nei vari territori delle ASL regionali. In questo modo le ASL sono valutate per la loro capacità di contenere i costi per i servizi erogati ai propri residenti senza considerare la struttura e le scelte organizzative di altre aziende (come le AO). Per poter comprendere invece quanto costa non solo l’erogazione/produzione ma anche l’organizzazione dei

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servizi sanitari è necessario considerare anche i costi delle AO ed altri enti del servizio sanitario regionale: tale informazione è contenuta nel dato complessivo regionale. Il dato regionale quindi non è dato dalla media dei costo delle ASL ma dai costi complessivamente sostenuti a livello regionale per i residenti. La fonte dei dati è il flusso CE dell’anno 2011. All’indicatore complessivo seguono indicatori di osservazione che riportano il dettaglio dei costi sostenuti per i residenti nei livelli essenziali di assistenza; sono presenti anche dettagli maggiori per l’assistenza ospedaliera e distrettuale. Gli indicatori di costo procapite si basano prevalentemente sul modello LA (livelli di assistenza) che viene compilato dalle aziende sanitarie sulla base della contabilità analitica. Tale modello prevede, ad esempio, il ribaltamento dei costi generali sui vari livelli di assistenza sulla base del costo del personale. I dati indicati, riferiti al 2011, potrebbero pertanto presentare delle disomogeneità di compilazione tra un azienda e l’altra sui diversi livelli di assistenza. Negli ultimi anni il Dipartimento Salute ha avviato un lavoro al fine di migliorare l’elaborazione dei dati aziendali, comprendere le cause di eventuali anomalie e correggere le disomogeneità con azioni a livello regionale e aziendale anche rivedendo le modalità di compilazione degli LA.

Costo sanitario pro-capite

Costo pro-capite assistenza ospedaliera

Costo pro-capite dei ricoveri per acuti in degenza volontaria DH/DS

Costo pro-capite dei ricoveri in riabilitazione (ordinari e diurni)

Costo pro-capite per assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro

Costo pro-capite assistenza distrettuale

Costo pro-capite assistenza specialistica

Costo pro-capite diagnostica strumentale per immagini

Costo pro-capite assistenza sanitaria di base costo medio assistenza • Costo medio per punto DRG Min. dei ricoveri acuti

Costo pro-capite per assistenza distrettuale L’indicatore è costruito come rapporto fra il costo per l’assistenza distrettuale sostenuto dall’Azienda Sanitaria per i propri residenti e la popolazione di riferimento ASL. In questo caso la popolazione è stata pesata considerando solo i pesi del riparto nazionale relativi all’assistenza distrettuale. Analogamente all’indicatore del costo sanitario procapite, i costi sostenuti per l’assistenza distrettuale dall’ASL per i propri residenti sono stimati sottraendo ai costi dell’assistenza distrettuale i valori della mobilità attiva relativa a questi servizi. La fonte di riferimento è il modello LA (modello Livelli di Assistenza). Anche qui il dato regionale considera i costi di produzione per i servizi erogati ai propri residenti ma anche costi sostenuti per l’organizzazione complessiva dei servizi sia delle aziende territoriali e sia degli altri enti presenti nella regione di riferimento.

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Costo pro-capite per assistenza sanitaria di base Questo indicatore, dettaglio dell’assistenza distrettuale monitora i costi indicati nel flusso LA riferiti all’assistenza della medicina generale (medici di medicina generale e pediatri di libera scelta) ed alla continuità assistenziale (ex guardia medica). In questo caso la popolazione pesata coincide con la popolazione grezza. Per la stima dei costi per residente valgono le osservazioni degli indicatori precedenti.

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3.4 La finalità della valutazione e la valutazione come confronto

Quella che definiamo “qualità dell’assistenza” è un insieme di diverse dimensioni che attengono a vari

aspetti dell’attività dei professionisti e delle organizzazioni sanitarie nel loro insieme:

• Accessibilità: facilità con cui i pazienti accedono all’assistenza necessaria in funzione dei propri bisogni; • Continuità: grado di coordinamento ed integrazione tra servizi ed operatori coinvolti nella gestione di determinate categorie di pazienti; • Efficacia: capacità di un intervento sanitario di ottenere i risultati clinici desiderati;( per noi sarà la capacità del programma CWC di diminuire i ricoveri, certificare che le terapie siano state seguite = punti) • Efficienza: capacità di ottenere i risultati desiderati con il minimo impiego di risorse; •Appropriatezza clinica: utilizzo di un intervento sanitario efficace in pazienti che ne possono effettivamente beneficiare in ragione delle loro condizioni cliniche;(per noi sarà il risultato del lavoro del medico nell’accompagnare il paziente nel suo percorso di guarigione/mantenimento = pazienti con molti punti); • Appropriatezza organizzativa: erogazione di una prestazione in un contesto organizzativo idoneo e congruente, per quantità di risorse impiegate, con le caratteristiche cliniche e sociali del paziente; • Sicurezza: erogazione dell’assistenza in contesti organizzativi che riducono al minimo le condizioni di rischio( di un nuovo ricovero) per i pazienti e per gli operatori;

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• Tempestività: erogazione di un intervento in tempi congrui con il bisogno assistenziale del paziente; • Centralità del paziente: capacità di tenere conto, nella definizione dei percorsi assistenziali, dei bisogni, delle aspettative e delle preferenze del paziente e dei suoi familiari, rispettando la sua cultura, la sua autonomia decisionale e la sua dignità; • Sviluppo delle risorse umane: capacità di conservare e sviluppare le competenze dei professionisti, offrendo opportunità di continuo apprendimento ed addestramento, in un ambiente consono a mantenere la soddisfazione dei professionisti per il contesto lavorativo in cui operano; Criteri di struttura: criteri riferiti alla disponibilità di risorse tecniche, organizzative, strutturali necessarie ad una appropriata espletazione dell’assistenza. Rientrano in questa classe anche i requisiti che fanno riferimento alle competenze dei professionisti ed al loro grado di integrazione e coordinamento. Ad esempio, dal momento che una delle caratteristiche delle strokeunit è la multidisciplinarietà, un criterio per valutare in che misura quest’ultima sia effettivamente presente potrebbe essere la frequenza con cui vengono organizzate riunioni tra le diverse competenze e figure professionali. Criteri di processo: si riferiscono alle azioni o alle decisioni adottate dagli operatori clinici, quali ad esempio prescrizioni, interventi chirurgici, indagini diagnostiche. Un tipico criterio di processo è rappresentato, ad esempio, dalla proporzione di pazienti con infarto miocardio acuto e tratto ST elevato che accedono alla angioplastica primaria. Sono in particolare i criteri di processo e di esito ad avere rilevanza nella valutazione delle performance cliniche, potendo fare riferimento, a loro volta, a diverse dimensioni della qualità dell’assistenza. Criteri di esito: si riferiscono tipicamente alla risposta ottenuta da un intervento, lo stato di salute, la mortalità, la morbosità, la qualità della vita e la soddisfazione del paziente. I criteri di valutazione dovrebbero riferirsi ad aspetti assistenziali misurabili/quantificabili e quindi traducibili in indicatori che rappresentano la misura quantitativa del grado di adesione ad un certo criterio, a loro volta distinti in indicatori di struttura, processo ed esito. 3.4.1 Requisiti dei criteri di valutazione I criteri di valutazione devono riflettere le conoscenze scientifiche disponibili acquisite (evidence-based) ed essere condivisi (ad esempio recepiti da linee-guida),pertinenti agli aspetti assistenziali che si intende valutare ed essere traducibili in indicatori che rispondono alle seguenti caratteristiche:

Misurabili in modo riproducibile (inter ed intra rilevatori)

Accurati, cioè rilevati secondo modalità che assicurino che effettivamente l’indicatore misuri il fenomeno che si intendeva valutare, con una sensibilità e specificità tale da discriminare correttamente tra assistenza di buona e cattiva qualità, minimizzando falsi positivi e falsi negativi;

Sensibili al cambiamento, cioè in grado di rilevare variazioni del fenomeno misurato nel corso del tempo e nello spazio (cioè tra soggetti diversi);

Di facile comprensione

Di semplice e poco costosa rilevazione

Studio del contesto: delimitazione del campo di azione e individuazione delle figure coinvolte (campione pazienti, personale medico, uffici amministrativi, etc.);

“Assessment” iniziale e mappatura delle criticità e finalità della valutazione (rischi ed opportunità);

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Destinatari delle informazioni che possono essere interni o esterni al sistema;

Obiettivi, potendosi riconoscere contesti in cui la finalità principale della valutazione è di carattere formativo come nel caso di iniziative di audit clinico rispetto ad altre in cui l’enfasi è soprattutto sulla rendicontazione e sulla verifica da parte di soggetti interni od esterni;

Natura delle azioni adottate in conseguenza del giudizio espresso in sede di valutazione; Laddove la finalità della valutazione è la formale rendicontazione, le implicazioni potranno essere forme di ricompensa o sanzione. Qualora lo scopo della valutazione sia di stimolo al miglioramento, le azioni conseguenti avranno la connotazione di indirizzo e supporto al cambiamento necessario;

Individuazione, selezione e classificazione degli indicatori di performance (Out Put e Out Come) in funzione della tipologia di criticità;

Identificazione delle variabili e delle modalità di gestione del Data Entry;

Correlazione tra intervento – obiettivi – indicatori.

Tra le classi di indicatori sono principalmente quelli di processo ed esito ad essere chiamati in causa nel contesto della valutazione delle performance cliniche. Le misure di processo: queste misurano direttamente l’assistenza erogata al paziente, sono, quindi, un indicatore più diretto ed immediato di quanto effettivamente è stato fatto. Hanno generalmente una maggiore sensibilità al cambiamento, essendo rappresentative di decisioni adottate in ambito clinico nella gestione di specifiche categorie di pazienti. Inoltre, sono generalmente di più facile attribuzione, poiché rendono più chiaro quale professionista o quale team sia responsabile dell’attività misurata e pongono il

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problema del riskadjustment in termini meno rilevanti di quanto non accada per quelli di esito. Di contro, hanno lo svantaggio di richiedere per la loro rilevazione informazioni spesso difficili da recuperare, se non avvalendosi direttamente della cartella clinica. Gli indicatori di esito: hanno l’indubbio pregio di evidenziare direttamente i risultati ottenuti, tipicamente rappresentati dalla mortalità conseguente a specifiche procedure.

Road Map della valutazione della performance

4.Lo strumento di valutazione: Credit Wellness Card (CWC)

Una proposta per favorire l’incentivazione dell’assistito/paziente alla prevenzione può attuarsi attraverso un nuovo strumento, la “Credit Welness Card” (CWC) ovvero la possibilità di accumulare “punti salute” sulla propria tessera sanitaria che consentano, una volta raggiunti determinati valori, di ottenere agevolazioni sui servizi sanitari e strutturare la misurazione della performance e gli incentivi economici ad essa collegati anche attraverso l’efficacia che il personale medico dimostra nell’assistere i propri

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assistiti/utenti mediante i percorsi di cura e di prevenzione. Il medico curante che riduce il numero di ricoveri, che riesce a portare i propri pazienti in un regolare cammino preventivo fin dall’età della giovinezza è giudicato più performante e parte della sua retribuzione accessoria dipenderà direttamente da questo fattore. In quest’ottica i temi riguardanti la promozione della salute (attenzione allo stile di vita), la partecipazione dei cittadini (empowerment del cittadino) alle scelte strategiche per la salute della comunità e le stesse raccomandazioni relative agli stili di vita salubri dovranno essere promossi in ambito distrettuale, anche attraverso i Piani Integrati, i quali rappresentano l’altro grande elemento indispensabile per la quadratura del cerchio, ineludibile ai fini del potenziamento dell’azione verso l’universalità e l’equità, quali principi cardine su cui si fonda il nostro Sistema Sanitario Regionale. In linea con tali principi ispiratori occorre dunque percorrere un nuovo modello assistenziale basato sull’iniziativa affidata ad un team multiprofessionale (CCM), all’interno del quale sia centrale la figura del medico di medicina generale, che prende attivamente in carico l’assistito e lo segue, razionalmente, lungo l’iter clinico ed il percorso-assistenziale. Con questa proposta di progetto si intendono raggiungere diversi risultati sia per gli outcome sanitari sia per i pazienti che per l’Azienda Sanitaria: -Outcome sanitari : i pazienti si relazioneranno con il medico di famiglia MMG ed un unico staff

multidisciplinare usufruendo quindi di un percorso sanitario più fluido e semplice. Inoltre saranno

supportati in maniera diretta dall’MMG il quale avendo la propria valutazione legata tale sistema sarà

incentivato al miglioramento del proprio operato. L’accumulo dei punti sulla CWC premierà in maniera

concreta i pazienti attenti alla propria salute producendo così un progressivo miglioramento dello stato di

salute generale.

-Azienda Sanitaria: l’AS si troverà innanzitutto con medici più efficienti e pazienti più motivati. E’

ragionevolmente prevedibile una riduzione dei ricoveri per i pazienti affetti da malattie croniche, con una

conseguente ottimizzazione nell’impiego delle risorse economiche. Il personale medico si troverà in mano

un indicatore immediato dell’efficienza del paziente attraverso la CWC.

Si può quindi strutturare un monitoraggio in itinere del nuovo approccio organizzativo che meglio evidenzi

come la garanzia dell’appropriatezza e di un metodo strutturato in materia di gestione delle malattie

croniche, porti benefici al paziente (outcome sanitario) e all’Azienda sanitaria (appropriatezza, equità

d’accesso, efficienza, risparmio). Per i pazienti tale beneficio si realizzerà in termini di miglioramento del

servizio, di riconoscimento all’impegno sostenuto nel processo di cura di efficienza e del miglioramento

della prospettiva di vita. Altresì l’Azienda sanitaria si ritroverà ad operare con un paziente meglio

predisposto alle cure, un sistema più efficace e meno dispersivo in merito alla diagnostica nonché con un

indicatore semplice e misurabile dei risultati ottenuti concretamente attraverso i punteggi accumulati dalle

tessere sanitarie.

Nell’ambito della ASL 3 "Genovese" è stato proposto un progetto finalizzato alla realizzazione di nuove

forme di aggregazione tra MMG (medici di Medicina Generale) e Distretti; tale progetto nasce in

considerazione delle evidenze demografiche ed epidemiologiche della regione Liguria ed in particolare

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dell’area genovese, che evidenziano la tendenza all’invecchiamento della popolazione e il conseguente

progressivo aumento delle patologie cronico degenerative ad andamento progressivamente invalidante,

questo tipo di progetto ben si sposa con i principi che stanno alla base della CWC.

In particolare:

- con Deliberazione di Giunta Regionale n°518 del 4.5.2012 è stato approvato il “protocollo per la gestione integrata delle patologie croniche epidemiologiche più rilevanti (diabete, scompenso cardiocircolatorio broncopneumopatia cronica ostruttiva)" il quale, sulla base delle raccomandazioni formulate a livello nazionale e internazionale, prevede la realizzazione di percorsi assistenziali per la gestione clinica integrata della BPCO, del DIABETE e dello SCOMPENSO CARDIACO, intesa come la partecipazione congiunta del medico di medicina generale e dello specialista in un programma strutturato di assistenza;

- per una migliore gestione del paziente affetto dalle suddette patologie croniche è fondamentale passare da una medicina sostanzialmente diagnostico-terapeutica a una di tipo preventivo che veda l’impegno dei Medici di Medicina Generale unito a quello degli Specialisti del settore e di Sanità pubblica, nella logica proattiva della medicina d'iniziativa propria del Chronic Care Model.

Obiettivo del modello di gestione integrata è mettere al centro dell'organizzazione assistenziale il paziente

affetto da patologia cronica, favorire l’appropriatezza delle prestazioni e l'equità dell'accesso sulla base del

livello di complessità, ottimizzare l'utilizzo delle risorse migliorando la presa in carico ambulatoriale e

limitando l'accesso al Pronto Soccorso e il ricovero, ottenendo risparmi attraverso la prevenzione delle

complicanze e la minor spesa conseguente alla riduzione di assistenza ospedaliera.

Si prevede che ASL 3 “Genovese” ed i Medici di Medicina Generale (MMG) condividano un progetto

finalizzato alla realizzazione di nuove forme aggregative, con l’individuazione di alcuni distretti pilota.

Si evidenzia infatti come la strategia efficace per dare risposte al fenomeno delle cronicità, passi anche

attraverso lo sviluppo delle forme evolute di aggregazione dei MMG (Aggregazioni Funzionali territoriali

Evolute, Unità Complesse di Cure Primarie ecc.) , che adottano modelli di cura quali la medicina di

iniziativa, finalizzati alla prevenzione ed alla cura secondo i condivisi PDTA riguardanti le patologie

croniche.

4.1. Modello assistenziale

Il MMG, oltre ad essere il primo contatto dei cittadini con il SSR, è anche l'interlocutore di fiducia del

paziente e affianca nel tempo gli assistiti nei loro percorsi terapeutici ed assistenziali socio-sanitari

(monitoraggio, problem solving, educazione terapeutica etc.). Il MMG ha la responsabilità diretta nel

promuovere la comunicazione con i pazienti finalizzata alla responsabilizzazione ed alla condivisione delle

scelte terapeutiche da operarsi ogni qualvolta se ne presenti la necessità, nonché quella di fare in modo

che il paziente diventi parte attiva nel processo di cura che lo riguarda.

Oltre alla MG l’attuazione di tale modello assistenziale, finalizzato alla prevenzione ed al miglioramento

gestionale delle malattie croniche riguarda tutte le parti che operano ai vari livelli del sistema sanitario e si

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attua attraverso una ulteriore integrazione dei vari modelli organizzativi (rapporto Ospedale/ Territorio,

integrazione con Specialisti ecc.).

4.1.1 Strumenti

Gli strumenti sono quelli del modello di Sanità d’Iniziativa , aggregazioni funzionali composte dai MMG

partecipanti a tale progetto, che verranno definite come: Aggregazioni Funzionali Evolute della medicina

generale (AFE).Il lavoro di team fra MMG, medici di Continuità Assistenziale, Infermieri, Specialisti ed altri

professionisti nella gestione del paziente, comporta l'uso delle proprie cartelle cliniche informatizzate dalle

quali poter trarre le informazioni necessarie per:

il monitoraggio delle patologie croniche, attraverso un set predefinito di informazioni relative agli assistiti in carico concordate e condivise(patientsummary)

la pianificazione degli interventi;

l’educazione terapeutica ed il supporto al self-management;

la verifica degli indicatori specifici condivisi e concordati;

il monitoraggio dell’andamento del progetto;

lo sviluppo e l`utilizzo continuo dell'audit nell`ambito del gruppo dei MMG partecipanti.

4.1.2 Modalità di attuazione generali

A livello territoriale, il modello di riferimento per l’attuazione della sanità d`iniziativa è costituito dal

Chronic Care Model (CCM). Tale modello prevede, a livello di cure primarie, un team multiprofessionale

proattivo, nel quale il medico di famiglia, nello svolgimento del proprio molo clinico decisionale, è

affiancato e supportato da personale infermieristico, riabilitativo e specialisti di riferimento. Il team ha il

compito di attuare, sotto la supervisione del medico di famiglia, gli interventi resi necessari dai bisogni

inerenti la specifica patologia e dal livello di rischio invalidità ed ospedalizzazione, con modalità che

garantiscano il coordinamento degli interventi (sia all'interno del team, sia nei confronti di altri livelli del

sistema sanitario) e la continuità del percorso di salute del paziente sul territorio e nei passaggi

ospedale/territorio e territorio/ospedale. Il coordinamento e la continuità sono realizzati mediante

l’applicazione di protocolli operativi per le diverse patologie croniche (percorsi diagnostico – terapeutico -

assistenziali), condivisi a livello aziendale e coerenti con le linee di indirizzo regionali. Un aspetto di

primaria importanza per la corretta attuazione e valutazione del modello e per l’adozione di interventi

appropriati e programmati, è l’integrazione dei dati sanitari contenuti negli archivi informatici dei MMG tra

i partecipanti al progetto e i sistemi informativi aziendali/regionali (patient summary).

La partecipazione è volontaria e si prevede un numero di MMG aderenti (da individuare a seconda del

distretto) rispettivamente appartenenti a:

- Medicina di gruppo

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- Medicina in Rete

- Singoli

4.1.3 Dimensione Operativa

Operativamente si deve prevedere :

a) una sede unica o principale (tra due o più sedi) per lo svolgimento dell`attività del team

b) la presenza di un infermiere

c) una infrastruttura informatica in grado di consentire la registrazione dei dati di attività da parte di tutti i

componenti del team

d) la formazione specifica del personale di cui al punto precedente sui percorsi assistenziali condivisi a

livello aziendale, con la partecipazione della Medicina Generale

e) il supporto da parte dell`azienda di altre figure professionali coinvolte, secondo quanto previsto dai

percorsi assistenziali (GTM)

f) il supporto dell'Ambulatorio Geriatrico di Comunità

g) la stesura di un protocollo operativo con le specifiche operative, il timing e gli indicatori di riferimento

I requisiti di cui alle lettere a) b) c) e g) sono pregiudiziali all’avvio dell'attività progettuale.

Il progetto interesserà i pazienti in carico ai medici partecipanti. L’organizzazione delle AFE, concordata e

condivisa con l'Azienda è attribuita ad un MMG Coordinatore. Il MMG Coordinatore viene individuato dai

MMG dell`AFE e comunicato all`Azienda ed al Distretto di appartenenza. L`attuazione del progetto della

Medicina d’iniziativa da parte delle AFE sarà articolata in tre fasi:

Fase 1) Start up

Lo Start Up avrà durata di 2 mesi dall’approvazione del progetto, a cui seguirà una fase “pilota”, della

durata di 6 mesi.

Fase 2) Fase Pilota

Una prima verifica dell’andamento dei progetti sarà effettuata con particolare riferimento alle criticità

riscontrate ed ai risultati raggiunti in base alla soddisfazione degli indicatori concordati.

Fase 3) Fase a regime

Sarà effettuata una seconda verifica con relazione analitica sui risultati raggiunti in base alla soddisfazione

degli indicatori concordati ed avvio della fase a " regime". Nel corso della fase a regime si deve valutare

l`ipotesi di implementazione di eventuali nuovi PDTA. In base ai risultati raggiunti nel corso del progetto.

L’Azienda, compatibilmente con le risorse economiche a disposizione, potrà coinvolgere ulteriori Distretti

organizzando i MMG in AFE.

4.1.4 Gli indicatori

Con riferimento alla DGR 518/2012, l’Azienda, di concerto con il GTM di ciascun progetto, può definire

ulteriori set di indicatori coerenti con gli obiettivi e con le Deliberazioni Aziendali relative ai PDTA oggetto

del progetto. Per ogni indicatore dovranno essere definiti i seguenti aspetti:

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Descrizione dell'indicatore;

Fonte di rilevamento;

Dati di partenza;

Descrizione puntuale dell'obiettivo da perseguire numerico/rilevabile;

Modalità e tempi del rilevamento e della trasmissione dei dati;

Modalità e tempi della elaborazione e del ritorno ai soggetti coinvolti.

Gli indicatori per la valutazione delle perfomance delle AFE dovranno essere:

di sostenibilità economica/appropriatezza;

di processo; Gli indicatori e le specifiche operative verranno indicati in un documento definito Protocollo Operativo. La

stesura del Protocollo Operativo, l’analisi e la valutazione dei dati sono effettuate da un gruppo tecnico-

scientifico costituito da rappresentanti dei MMG partecipanti alle AFE ,da rappresentanti aziendali della

Direzione Sanitaria, della S.C. Cure Primarie, del Distretto oggetto del progetto, dal Dirigente responsabile

dell'Ambulatorio Geriatrico di Comunità e delle professioni coinvolte.

Il Gruppo Tecnico-Scientifico ha anche il compito di presidiare il processo di attuazione della sanità

d`iniziativa, svolgendo un`attività di monitoraggio e indirizzo. Le parti concordano che gli indicatori per la

valutazione della MG dovranno essere:

di sostenibilità economica/appropriatezza

di processo Gli indicatori di processo dovranno riguardare sia la parte della prevenzione che quella della diagnosi e

cura . Gli indicatori per le varie patologie saranno definiti in coerenza con quelli indicati dalla DGR

518/2012 CSR.

4.1.5 Sviluppo di Attuazione del Progetto

La finalità è quella di sperimentare la costituzione di una formula evoluta di MEDICINA DI GRUPPO (Super

Gruppo) tra MMG anche appartenenti ad AFT diverse. “Il team", formato da più figure professionali, è in

grado di mettere in atto una medicina di iniziativa su gruppi omogenei di soggetti, cercando di ottenere

risultati sia in termini di continuità, corrispondenti ai traguardi che si sono proposti, sia in termini di

“produzione di salute”. Ogni MMG partecipante al progetto potrà utilizzare i dati di tutti i pazienti

INDIPENDENTEMENTE dal fatto che i software usati per raccoglierli o per visualizzarli siano differenti. La

centralizzazione dei dati delle cartelle cliniche informatizzate dei MMG potrà così essere interfacciata con il

sistema di attribuzione dei punti sulla CWC.

Il medico di continuità assistenziale del polo di riferimento sarà in grado di consultarli al momento

dell'intervento domiciliare, accedendo via web all'archivio centrale. L’Azienda mette a disposizione dei

medici di Continuità Assistenziale del polo di riferimento gli strumenti necessari al collegamento con gli

archivi sanitari dei MMG partecipanti al progetto (previo consenso privacy di 3° livello , consenso che verrà

raccolto dai MMG ).Per la realizzazione sono necessari i seguenti elementi:

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1) ogni singolo MMG , partecipante al progetto, sarà dotato di un software in grado di aggregare i propri

dati per gruppi omogenei di problemi e di interventi , capace di fornire quindi tutti gli elementi per

programmare una medicina di iniziativa condivisa;

2) messa a disposizione da parte del “Team” di almeno due ambulatori dislocati strategicamente sul

territorio e idonei a mettere in atto, per 4 ore al sabato mattina, gli interventi già condivisi;

3) in queste due sedi i medici di C.A., insieme al personale infermieristico in carico alle medicine di gruppo,

mettono a disposizione 4 ore di lavoro per implementare le iniziative concordate mediante la convocazione

dei pazienti al di fuori della routine settimanale (Medicina proattiva);

4) nelle stesse sedi e negli stessi orari i MMG aderenti (a turno) sono a disposizione di tutti i pazienti

afferenti al “Super Gruppo” per interventi non procrastinabili e comunque supportati dalla consultazione

delle loro cartelle cliniche aggiornate in tempo reale. MMG e CA iniziano, quindi, a collaborare lavorando

insieme sugli stessi pazienti. Al progetto partecipano volontariamente 20 MMG appartenenti a 6 medicine

di gruppo (con un bacino stimato di circa 25.000 assistiti). Per quanto riguarda l’attività di medicina di

iniziativa si concorda di dedicarla, almeno nel primo anno, all'implementazione e alla relativa valutazione di

esiti del PDTA aziendale sulla BPCO. Per quanto attiene alla individuazione degli indicatori specifici si

rimanda al protocollo operativo che verrà redatto dal GTM. I Medici di Continuità Assistenziale potranno

consultare gli archivi sanitari dei MMG partecipanti al progetto qualora ricevessero chiamate di intervento

presso pazienti i carico ai suddetti MMG. L'Azienda mette a disposizione dei medici di Continuità

Assistenziale del polo di riferimento gli strumenti necessari al collegamento con gli archivi sanitari dei

MMG partecipanti al progetto (previo consenso privacy di 3° livello, consenso che verrà raccolto dai MMG).

4.1.6 Attività e verifica

A livello Distrettuale viene istituito un Gruppo Tecnico di Monitoraggio (GTM) delle attività composto da:

Direttore del Distretto (o suo delegato), Direttore S.C. Cure Primarie (o suo delegato), due rappresentanti

MMG partecipanti al progetto ed il Coordinatore dell'AFE, Dirigente Medico.

Responsabile dell`Ambulatorio Geriatrico di Comunità, un rappresentante degli infermieri e, all’occorrenza

da altre figure. I compiti del GTM sono quelli relativi a :

1. Predisposizione del Protocollo Operativo

2. Verifica periodica e finale progetto

I pazienti interessati alla Medicina di Iniziativa sono quelli affetti dalle seguenti patologie croniche : BPCO

(DGR 518/2012). ln prima battuta saranno quantificati i pazienti affetti da BPCO in carico a ciascun MMG

partecipante utilizzando tre fonti di dati: l’archivio elettronico del MMG , le esenzioni per patologia e il

consumo di farmaci specifici. La metodologia operativa verrà descritta nel protocollo operativo.

Gli obiettivi specifici, concordati e condivisi, sono diversificati a seconda delle fasi del progetto e verranno

dettagliati dal GTM nel protocollo operativo come precedentemente specificato:

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Fase 1) Start up

Fase 2) Fase Pilota

Fase 3) Fase a regime

Indicatori :

Attività dei MMG il sabato mattina finalizzata ad attività “non procrastinabili”, di seguito definita come

“codici bianchi” :

- Indicatore di processo - N. assistiti che accedono ad ogni ambulatorio ogni sabato mattina: atteso 5 per ambulatorio

per ogni sabato di attività

Indicatore di risultato

- Differenza tra accessi con “codici bianchi" nel periodo di attività del progetto rispetto a stesso periodo anno precedente

4.1.8 Costi

Schema dei costi stimati per attuare questa tipologia di progetto nel Distretto 8-Ponente

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4.2 Strumenti di incentivazione

4.2.1 Sistema attuale

L’attuale sistema retributivo ed incentivante del personale sanitario di medicina generale trova la sua

disciplina nell’”Accordo Collettivo Nazionale Per La Disciplina Dei Rapporti Con I Medici Di Medicina

Genarale ai Sensi Dell’art. 8 Del D.lgs. N. 502 Del 1992 E Successive Modificazioni Ed Integrazioni,

quadriennio normativo 2006-2009, biennio economico 2006-2007”.In particolare l’art.8 comma 2 lettera c

stabilisce come :” […2. Concorrono alla costituzione del compenso dei medici di cui al presente Accordo:

a) quota capitaria ponderata per assistito e/o quote orarie; b) incentivi di struttura, di processo, di livello erogativo, di partecipazione agli obiettivi e al governo della compatibilità, nonché incentivi legati al raggiungimento degli obiettivi di qualificazione e appropriatezza; c) quota per servizi e prestazioni aggiuntive, per medico singolo o per gruppi, calcolata in base al tipo ed ai volumi di prestazione; d) aumento previsto per rinnovo nella misura di cui al successivo articolo 9; e) incentivi legati al trasferimento di risorse alla luce del perseguimento del riequilibrio di prestazioni e ospedale – territorio derivanti da azioni e modalità innovative dei livelli assistenziali per l’assistenza primaria….]” Il successivo art.59 comma 1 lettera c,stabilisce come il trattamento economico dei medici convenzionati

per l’assistenza primaria, secondo quanto previsto dall’art. 8, comma 1, lett. d), del D.L.vo n. 502/92 si

articola in :

a) […]

b) […]

c) quota per servizi calcolata in base al tipo ed ai volumi di prestazioni, concordata a livello regionale e/o aziendale comprendente prestazioni aggiuntive, assistenza programmata, assistenza domiciliare programmata, assistenza domiciliare integrata, assistenza programmata nelle residenze protette e nelle collettività, interventi aggiuntivi in dimissione protetta, prestazioni ed attività in ospedali di comunità o strutture alternative al ricovero ospedaliero, prestazioni informatiche escluse quelle di cui agli artt. 59 bis e 59 ter, possesso ed utilizzo di particolari standard strutturali e strumentali, ulteriori attività o prestazioni richieste dalle Aziende L’art.14 ACN al comma 4 lettera a) prevede la possibilità di specifiche erogazioni per prestazioni aggiuntive.

A riguardo l’allegato D, punto C dell’ACN citato prevede come:

[…”C - Tipologie di prestazioni di norma eseguibili nell'ambito degli accordi regionali e aziendali. 1. Gli accordi regionali possono prevedere lo svolgimento, da parte del medico o della associazione di

medici, di prestazioni aggiuntive retribuite, sia singole per il chiarimento del quesito diagnostico od il monitoraggio delle patologie, che programmate, nell'ambito di un progetto volto all'attuazione di linee guida o di processi assistenziali o di quant'altro venga concordato, correlato alle attività previste dall'art. 25…”]

In tale ambito è quindi possibile individuare la possibilità di riconoscere nuove ipotesi di incentivazione collegate alle professionalità coinvolte nel CCM e nel suo team multidisciplinare.

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4.2.2 Proposta

La proposta innovativa della CWC consente l’individuazione di meccanismi incentivanti sia per la

componente sanitaria così come individuata nel modello del CCM sia per gli assistiti. Al fine di ottimizzare

l’efficienza delle risorse per migliorare il rapporto costo beneficio si propone di la seguente ripartizione tra

criteri di cura e loro possibili indicatori.

4.2.2.1 Care standard model • Diagnosi precoce • Interventi tempestivi • Cure personalizzate ed evidence-based • Guidate dai bisogni individuali demand-oriented • Soluzioni efficaci per i bisogni insoddisfatti Il personale sanitario, applicando le metodologie organizzative declinate nel modello prescelto di Care Standard Model (vedi 2.5), potrà accedere al sistema di incentivazione stabilito dalla contrattazione decentrata di cui una quota parte sarà direttamente rapportata ad un range di punteggio acquisito dall’assistito nella propria CWC (con un punteggio da definirsi e misurabile attraverso un’ implementazione dei i sistemi informativi già operativi per la tessera sanitaria elettronica e le ricette elettroniche). 4.2.2.2 Care benefit ( cura dell’assistito) • prevenzione (selfmade e programmata) • seguire scrupolosamente le indicazioni terapeutiche (rispetto scadenze e appuntamenti) • stile di vita • alimentazione I cittadini /assistiti aderendo attivamente al programma Care Benefit avranno la possibilità di accumulare punti elettronici (CWC) detti ”punti salute” (in un range da definirsi) che consentiranno di accedere a varie agevolazioni legate al raggiungimento di una determinata soglia di punteggio. Le agevolazioni proposte fanno riferimento al “sistema salute” come prima delineato:

a) snellimento dei tempi d’attesa per le prenotazioni al CUP (più punti hai meno fai la coda); b) riduzione quota ticket (con riferimento agli indicatori di reddito); c) convenzioni per l’incentivazione del mantenimento di uno stile di vita attivo ( es. sconti tessere per

palestre); d) convenzioni per l’incentivazione all’alimentazione responsabile (formazione, acquisto prodotti

biologici). Per quanto riguarda gli indicatori si evidenzia come oltre a quelli già citati precedentemente (con particolare riferimento alla prevenzione dei ricoveri ospedalieri e alla loro possibile posticipazione) si suggeriscono i seguenti: • accesso all’assistenza e terapia domiciliare • mantenere/migliorare la qualità di vita (QoL- Quality of Life)

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In particolare questi ultimi hanno il pregio di evidenziare l’elemento innovativo proprio dell’approccio del

CCM.

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