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Politecnico di Torino – I Facoltà di Architettura
Corso di Laurea Specialistica in Architettura (Costruzione) – A.A. 2011-2012
Saggio di ricerca I a carattere storico-critico
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
Studentessa: Francesca Serra
Professore: Pierre-Alain Croset
INDICE GENERALE
Il contesto “mitico” degli interventi…………………………………………………………………... 3
Il “Luogo” è generatore del progetto……………………………………………………………….. 4
Architettura e Cinema……………………………………………………………………………….. 6
Il radicamento al suolo ……………………………………………………………………………… 8
Il rapporto con le tradizioni locali e gli artigiani………………………………………………….. 9
Materiali……………………………………………………………………………………………… 10
Il linguaggio architettonico…………………………………………………………………………. 11
Conclusioni………………………………………………………………………………………….. 13
Bibliografia…………………………………………………………………………………………….. 15
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
3
I due progetti oggetto del saggio lavorano entrambi sul
rapporto tra archeologia, paesaggio e architettura.
Lo scopo è quello di confrontare le modalità di approccio e le
modalità progettuali dei due architetti che si sono trovati entrambi ad
operare su un sito archeologico fortemente legato al paesaggio
circostante.
La diversa natura dei due interventi, da un lato un edificio museale e
dal altro un sistema di percorsi, mi ha imposto un metodo di analisi più
legato al confronto per “tematiche” che ad un confronto tra piante,
prospetti e sezioni.
Il contesto “mitico” degli interventi
Il primo elemento di confronto è il contesto territoriale dei resti
archeologici e la scelta di affidare l’incarico a due architetti legati al
contesto nazionale.
L’intervento di Pikionis riguarda i colli intorno ad un sito
archeologico ormai entrato nell’immaginario collettivo come il luogo
mitico per antonomasia e la sua rilevanza è ormai consolidata non
soltanto a livello locale o nazionale ma mondiale: l’Acropoli di Atene.
L’architetto greco aveva dedicato buona parte della sua vita
all’interpretazione e allo studio di quella terra e l’incarico conferitogli
dal responsabile dell’Ente per l’edilizia del ministero dei Lavori
pubblici, Procopis Vassiliades, gli fornì un occasione sicuramente
unica per dare il suo apporto alla vasta opera di recupero e di
risanamento della zona archeologica compresa tra il 1951 e il 1957.
Il progetto pone una piccola isola pedonale all’incrocio delle tre vie
principali che convergono verso l’Acropoli e identifica due sentieri
principali che terminano a "cul-de-sac"(fig. 1) : il primo si dirige verso i
propilei e il secondo verso il colle delle Muse dove si trova il
monumento a Filopappo e da cui si gode una vista straordinaria
dell’Acropoli (fig. 2).
L’intervento a Mont Beuvray, del 1995, si situa in un punto
strategico per gli insediamenti preromani in quanto l’Oppidum di
Bibracte, alla sommità del monte, ospita i resti delle prime civiltà
galliche. Qui il mondo ellenico e quello celtico hanno trovato un punto
di giunzione e hanno resistito fino all’arrivo dei romani.
Fig. 1: L’area dell’Acropoli all’interno del tessuto urbano della nuova Atene
1 – Acropoli 2 – Percorso verso i Propilei 3 – Percorso del Filopappo (colle delle Muse)
Fig. 2: Vista dell’Acropoli dal percorso sul colle delle Muse
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
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Secondo la leggenda Cesare avrebbe scritto proprio in questo luogo
qualche capitolo del suo libro “La guerra gallica”.
La scoperta di questo sito è relativamente recente (XIX secolo) ma
diventò ben presto un luogo simbolo: Napoleone III ne fece l’emblema
del nazionalismo gallico.
La decisione di François Mitterand di istituire un Centro Archeologico
Europeo, un istituzione moderna ed internazionale, in un luogo come
quello del Mont Beuvray che, pur essendo uno dei più bei siti della
Francia centrale, risulta anche uno dei più fragili formato da villaggi e
aziende agricole sparse, risulta quanto mai una questione delicata da
affrontare sia in termini topografici che in termini sociali.
La difficoltà dell’intervento viene amplificata dalla decisione di
distribuire 6 funzioni diverse principali (centro accoglienza, centro
ricerche, museo pubblico, mensa-ristorante e due ostelli) in tre punti
differenti del territorio ponendo il problema di come farli dialogare tra
loro oltre al fatto di dover inserire un architettura moderna nel rispetto
delle tradizioni costruttive locali (fig. 4).
Il “Luogo” è generatore del progetto
Il paesaggio per Pikionis ha sempre assunto un valore
sacrale e rientrò nei suoi interessi molto presto grazie all’attività
pittorica che precedette la sua carriera di architetto.
Esso rappresenta una sorta di parametro obbligato delle scelte
architettoniche e “adeguare il lavoro alle ritmiche del paesaggio”
diventa il primo lavoro dell’architetto. E’ solo ponendosi in consonanza
con il ritmo della natura che le forme architettoniche possono
raggiungere la loro ragion d’essere; di conseguenza, l’individuazione
di una metrica che permetta il raggiungimento di questa sintonia
dando certezza all’opera diventa l’obiettivo costante che condiziona
tutto il percorso progettuale. Si parla dell’importanza di conseguire
l’omoritmia tra opera e natura1.
Nell’intervento in questione l’architetto greco crea un paesaggio nuovo
(fig. 5) evocandone uno antico unendo a distanza diversi luoghi (la
nuova città di Atene, il colle del Filopappo e l’Acropoli) mediante
opportuni dispositivi visivi (sedute orientate, repentini cambiamenti dei
percorsi per evidenziare luoghi lontani nell’orizzonte)(fig. 5).
L’effetto è quello di un susseguirsi di punti di vista che hanno il loro
obiettivo finale nell’Acropoli.
1. Nel libro "Pikionis : 1887- 1968", A. Ferlenga, Milano 1999, si analizza più
approfonditamente il pensiero progettuale dell‘architetto
Fig. 5 Vista area dell’area dell’Acropoli prima e dopo l’intervento di Pikionis
Fig. 3 L’area intorno al Mont Beuvray in Borgogna che forma una triangolazione 1 – Oppidum di Bibracte 2 – Nuovo Museo 3 – Nuovo Centro Ricerche Fig. 4 Vista del nuovo museo inserito ai piedi del Mont Beuvray che rimane sullo sfondo
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
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La ricerca di un paesaggio greco originale e non mistificato lo porterà,
come primo passo, a svolgere un attento studio sui tipi di vegetazione
più rappresentativi (ulivi, mirti, allori, melograni) e a scegliere, in
ultimo, di sradicare tutte quelle varietà che non rientravano
propriamente nei caratteri del luogo (come per esempio i cipressi).
Questa opera di restauro territoriale mirata a recuperare un paesaggio
perduto investe non solo la vegetazione ma anche gli edifici, le
baracche e i percorsi esistenti che non avevano una giustificazione
nella storia e nella natura del luogo2.
Questa minuziosa attività riveste gran parte del progetto tanto da fargli
assegnare l’appellativo di archeologo del paesaggio3(fig. 6).
Una attenzione similare per il paesaggio e il rispetto per i
caratteri ambientali e architettonici del luogo è presente anche
nell’approccio progettuale di Faloci (fig. 7-8).
L’intervento svela infatti un certo rispetto per il paesaggio naturale che
per secoli ha protetto le forme di civiltà celtiche e romane svelate dagli
scavi.
Il progetto nasce dall’interpretazione morfologica del luogo e crea una
triangolazione da nord a sud tra la zona archeologica, il museo e il
centro di ricerca. Questo è uno degli intenti programmatici
chiaramente espresso dall’architetto: “una strategia paesaggistica” per
far “vedere” il paesaggio più che gli oggetti riesumati dal sito
archeologico4 .
Ecco che allora i tre edifici vengono ancorati sui fianchi delle colline
quasi come fossero incisi sulle stesse, mostrano chiaramente un radi-
camento al suolo attraverso una grande base in pietra e assumono i
toni grigi tipici delle cortecce dei faggi, del colore della pietra locale
e del colore dominante del paesaggio legato al clima rigido e piovo-
2. Questa volontà è chiaramente espressa dall’architetto nel punto 9 della lettera rivolta
ai suoi committenti e scritta all’inizio del suo coinvolgimento nel progetto dell’Acropoli
(Pikionis : 1887- 1968", A. Ferlenga, Milano 1999, pag. 226-228) ma purtroppo risulta
poco documentata a livello operativo
3. Definizione data dal Prof. Arch. A. Ferlenga nel libro sopracitato a pag 232
4. Christian Devillers, articolo su
Casabella n° 627, 1995, pag. 8
Fig. 6 Disegno di studio di Pikionis per la corretta collocazione delle sedute del belvedere in relazione alla vista dell‘Acropoli Fig. 4 Vista del nuovo museo posizionato ai piedi del Mont Beuvray che rimane sullo sfondo
Fig. 7 Disegno di studio di Faloci per l’inserimento del museo ai piedi del Mont Beuvray Fig. 4 Vista del nuovo museo posizionato ai piedi del Mont Beuvray che rimane sullo sfondo
Fig. 8 Plastico del Nuovo Museo inserito nel contesto paesaggistico Fig. 4 Vista del nuovo museo posizionato ai piedi del Mont Beuvray che rimane sullo sfondo
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
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so.
Il nuovo museo, in particolare, appare come una serie di piani
orizzontali nel paesaggio, ognuno caratterizzato da un materiale
diverso, che proiettano la vista verso un orizzonte lontano (fig. 9).
L’edificio non viene considerato come fatto isolato ma trae una serie di
spunti dal luogo. Il paesaggio stesso è parte integrante
dell’esposizione e viene introiettato nel museo.
L’architetto “spegne” progressivamente la vista del paesaggio per
orientarla sui contenuti interni dell’esposizione. Proprio come avviene
con Pikionis la forma del museo non deriva da un disegno
programmatico che ha il suo filo rosso nella composizione ma gli
elementi del progetto derivano dal continuo adattamento delle
condizioni dell’intorno e del contenuto interno, rimanendo distinti e
assemblati secondo una logica “filmica” che si approfondirà in seguito.
Faloci, per esempio, sceglie di lasciare completamente trasparente la
parte verso la foresta e la sommità del Mont Beuvray, dove si trovano
i resti archeologici oggetto dell’esposizione museale, e di rendere
opaca la parte verso il paesaggio circostante con un elemento
verticale schermante (fig.10).
In entrambi gli architetti quindi, il paesaggio non è solamente un
elemento con cui confrontarsi ma è forza vitale che muove il progetto
sin dai primi passi.
L’elemento comune è quello di connettere luoghi tra loro lontani
con dei collegamenti visuali che raccontano il carattere unitario del
luogo attraverso gli elementi stessi del contesto.
Architettura e Cinema
Fondamentale per entrambi è anche il carattere narrativo-spaziale
ripreso dal cinema.
Pikionis si rifà alla lezione di paesaggio in movimento di Choisy (fig.
11) che aveva descritto l’Acropoli come se dovesse essere filmata con
una cinepresa, soffermandosi sull’avvicinamento, i punti di vista, gli
scorci.
L’architetto utilizza come personaggi del suo “film” le pietre, gli alberi,
le rocce confidando nella costante presenza di un secondo piano nello
sfondo: l’Acropoli.
La forma dei percorsi e la posizione delle sedute non deriva da un
disegno predeterminato a scala territoriale ma dal continuo adattarsi
all’andamento del terreno e alla volontà di raccogliere le suggestioni
che provengono dal paesaggio circostante (fig. 12).
Fig. 11 Studi di Choisy su pianta e alzato prospettico nell’Acropoli, sopra vista dei Propilei e sotto vista del Partenone (1888)
Fig. 9 La forte orizzontalità dei diversi piani del Museo di Mont Beuvray Fig. 4 Vista del nuovo museo posizionato ai piedi del Mont Beuvray che rimane sullo sfondo
Fig. 10 Trasparenza e opacità al paesaggio nella sezione del museo di Mont Beuvray Fig. 4 Vista del nuovo museo posizionato ai piedi del Mont Beuvray che rimane sullo sfondo
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
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In questo senso il progetto si sviluppa come una sequenza di
fotogrammi proprio come avviene per una pellicola cinematografica.
Dal cinema sembra anche prendere spunto Faloci che, presso
l’Ecole d’Architecture de Paris-Belville, è stato professore di un corso
teorico proprio su architettura e cinema.
La sua visione “cinematografica” del paesaggio5 presente anche
in altri progetti precedenti a quello di Mont Beuvray, lo porta a creare
delle sequenze, delle inquadrature e dei punti di vista privilegiati sia a
livello territoriale che all’interno del nuovo museo.
L’architetto suggerisce di apprendere dalla lezione del cinema, dai
registi che filmano l’architettura utilizzando dei dispositivi ottici e
attingendo alle nozioni di vicino, medio e grande paesaggio.
Così la selezione degli elementi dell’architettura, la loro relazione e lo
spazio che configurano ruotano attorno al concetto di distanza-
prossimità dal contenuto.
In tal senso il muro opaco in granito è quello che ha il compito di
regolare i rimandi visivi verso l’esterno perché ritaglia il paesaggio (fig.
13): percorrendo il museo al piano terra occulta la vista verso
l’orizzonte favorendo una maggiore concentrazione sull’esposizione
museale dal ritmo serrato mentre, percorrendo il percorso alto, il muro
lascia intravedere solo la sommità del Mont Glandure per limitare la
vista della dimensione territoriale. Questo fa sì che mentre si visita
l’esposizione si sia portati a guardare il lato opposto verso la foresta e
la sommità del Mont Beuvray sottolineando l’oggetto dell’esposizione
museale: i resti archeologici.
Anche per l’allestimento utilizza diversi tipi di inquadrature per favorire
svariati livelli di lettura: dei pannelli con foto molto grandi e sfocate
servono da sfondo alla presentazione delle informazioni più
dettagliate e degli oggetti, mentre l’occhio si focalizza sul livello di
lettura che sceglie (fig. 14).
C’è un rapporto costante tra immagine sfocata e immagine nitida,
quest’ultima può trasformarsi in un video o può trasformarsi in un
racconto multi-schermo.
5. Dalla conferenza audio " Architecture et paysage. L'histoire sourde des lieux " del 21 aprile 2009
Fig. 13 Schizzo di studio sul percorso
alto del museo con l’apertura verso la
foresta e la chiusura verso la vallata
Fig. 14 Allestimento museale del piano superiore: la grande immagine sfocata di sfondo, i pannelli trasparenti e le vetrine
Fig. 12 Disegno di studio di Pikionis per la corretta collocazione delle sedute del belvedere in relazione alla vista dell‘Acropoli Fig. 4 Vista del nuovo museo posizionato ai piedi del Mont Beuvray che rimane sullo sfondo
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
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Il radicamento al suolo
Altro elemento comune e fortemente presente nei due interventi
oggetto d’analisi è l’attenzione verso il “suolo”.
I percorsi ideati da Pikionis seguono le variazioni del suolo, infatti, le
loro diverse larghezze (da 5 a 8 metri) sono caratterizzate da bordi
sempre diversi che si adattano di volta in volta all’ambiente naturale
per favorire un inserimento topografico il più possibile discreto. Così i
sentieri inglobano a volte un sasso, a volte le radici di un albero e a
volte una presenza archeologica (fig. 15).
L’attenzione dell’architetto per il suolo può essere riassunta da una
frase presente nel suo libro intitolato “Topografia sentimentale” (1935):
“Oh terra [...] davvero tu sei il modulus che entra in ciascuna cosa”.
Il suolo è un modulo che orienta e scandisce il progetto ed è indagato
quasi fosse egli stesso oggetto di una campagna di scavo
archeologico. In effetti è noto che gran parte del progetto fu disegnata
sul posto perché soltanto con un sopralluogo diretto e continuo si
poteva realizzare quello che possiamo ammirare oggi.
E’ da notare soprattutto il trattamento dei percorsi, studiato in ogni
particolare e frutto anche di una indagine svolta fra mucchi di macerie
nei magazzini del museo archeologico oltre che dai resti fittili o lapidei
rinvenuti nel corso dei lavori.
Sul suolo sono presenti inoltre delle figure simboliche che sembrano
rimandare ad un linguaggio misterioso ancora da decifrare, frutto della
sensibilità artistica dell’architetto-pittore (fig.16-17).
Fig. 17 Figure simboliche sul colle delle Muse
Fig. 15 Disegno preparatorio per un sentiero. Pikionis cerca di cogliere ogni dettaglio presente sul suolo per farne elemento di progetto
Fig. 16 Figure simboliche sul colle delle Muse
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
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Sul tema dell’indissolubilità tra suolo e architettura ha riflettuto
anche Faloci che nel suo progetto per Mont Beuvray perfeziona la sua
teoria della “storia sorda del luogo”.
L’attacco al suolo del museo è enfatizzato da un basamento continuo
in pietra grezza da cui si eleva il resto dell’edificio (fig. 18).
Questo elemento basamentale richiama i fabbricati rurali circostanti
che presentano tutti un attacco a terra caratterizzato da filari di pietra
sovrapposti.
Fig. 18 Il basamento in pietra grezza che corre lungo tutto l’edificio museale
All’interno dell’edificio l’attenzione verso il suolo si traduce in percorsi
dalle pavimentazioni diversificate caratterizzati da vari materiali (pietra
per la circolazione principale e parquet lucido alternato a marmo grigio
scuro per il resto) che guidano il visitatore rendendo chiara la
distinzione tra le zone di circolazione e le zone di esposizione (fig. 19).
In alcuni casi la pavimentazione scompare completamente per rivelare
dei resti di scavi archeologici allestiti in aree compartimentate.
Il rapporto con le tradizioni locali e gli artigiani
Nei due progetti analizzati l’attenzione per le tradizioni costruttive
locali e la collaborazione con gli artigiani del luogo hanno portato a
soluzioni progettuali diversamente non attuabili.
In uno dei punti della sopracitata lettera6 scritta all’inizio del
coinvolgimento nel progetto dell’Acropoli, Pikionis parla dei “pareri
degli artigiani” e di “mestieri specializzati” con i quali l’architetto pensa
di dialogare e di instaurare una auspicabile collaborazione.
Infatti Pikionis vede nella figura dell’architetto il direttore artistico
dell’opera, le sue convinzioni estetiche dovrebbero, a suo parere,
essere trasmesse all’artigiano, il quale si occuperà di fornire i pareri
dal punto di vista costruttivo.
Si parla di circa venticinque artigiani con i quali ha lavorato a stretto
contatto e proprio grazie a questo sono state riscoperte tecniche
antiche altrimenti perdute per sempre.
Il risultato è che la pietra, materiale largamente utilizzato per i percor-
6. Libro “Pikionis : 1887- 1968", A. Ferlenga, Milano 1999, pag. 226
Fig. 19 Il degradare delle pavimentazioni dalle aree di circolazione a quelle di esposizione
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
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si, non è stata semplicemente posata in forme usuali ma è stata prima
attentamente cesellata, martellinata e modellata per creare forme
insolite che si integrano perfettamente nel paesaggio circostante pur
distinguendosi per originalità (fig. 20).
Il fatto stesso che il progetto dei percorsi non avesse disegni
costruttivi dettagliati ha reso ancora più necessaria una stretta
collaborazione con gli artigiani che fornivano in corso d’opera le
soluzioni esecutive.
Nel Museo di Mont Beuvray, l’architetto si è trovato a dover
collaborare con un numero elevato di imprese (64 per la precisione)
con una lunga tradizione costruttiva e ciò è stato cruciale per un
migliore inserimento ambientale del fabbricato date le condizioni
climatiche del luogo molto diverse dall’area parigina dove era solito
costruire l’architetto.
Faloci in un’intervista sulle pagine di Casabella7
tiene a sottolineare:
“Molti dettagli sono il frutto di questo dialogo a più voci, come ad
esempio la soluzione di controventatura della vetrata davanti al muro,
alta 8 metri, resa solidale con il muro stesso e in grado di fissare i
pluviali” (fig. 21)
I tre edifici realizzati sono stati costruiti in maniera quasi artigianale su
muri di pietra e forse anche per questo il museo è stato ben accolto
dalla popolazione del luogo nonostante il linguaggio contemporaneo a
loro non familiare.
Materiali
La scelta dei materiali per la realizzazione del progetto è stata attuata
con molta cura da entrambi gli architetti. Il materiale diventa
strumento di conoscenza del luogo: ad Atene la pietra utilizzata nei
percorsi ha un significato simbolico che rimanda alla fondazione dei
templi greci mentre a Mont Beuvray i materiali utilizzati per la facciata
rimandano alle diverse fasi dell’evoluzione costruttiva attuata
dall’uomo (pietra grezza, pietra levigata, metallo).
Pikionis definisce la trama dei percorsi in base proprio al materiale
utilizzato, la pietra, che subisce trattamenti differenti a seconda che il
supporto fosse costituito da sabbia (preferisce blocchi di piccoli
dimensioni) o da cemento steso per saldare grandi lastre (fig.22-23).
7. “Il Centro Europeo di Archeologia a Mont Beuvray”, intervista a Pierre Louis Faloci in
Casabella 627, 1995
Fig. 21 Dettaglio soluzione di controventatura della vetrata davanti al muro nel museo di Mont Beuvray
Fig. 20 Dettaglio della pavimentazione martellinata di uno dei percorsi dell‘Acropoli
Fig. 22-23 A sinistra i blocchi di piccole dimensioni con supporto in sabbia e a destra gli inserti di calcestruzzi tra le lastre di grandi dimensioni
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
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L’architetto utilizza materiali antichi sottratti al disuso (molti derivano
dagli scarti di lavorazione delle cave della regione) e coinvolti in
disegni che fondono la memoria di un passato che non si vuole
perdere con i contributi della cultura europea più recente che Pikionis
voleva diffondere nel suo paese.
Il materiale è sicuramente un protagonista anche nell’intervento a
Mont Beuvray e partecipano alla lettura di un paesaggio senza tempo:
lo zoccolo in Riolite rimanda allo zoccolo dei bastioni del sito di
Bibracte, l’utilizzo del calcestruzzo assolutamente liscio con giunti
precisi diventa simbolo del progresso tecnico, il granito di Pradesh nei
rivestimenti dei muri ricorda gli strati più profondi del vicino massiccio
montagnoso del Morvan (fig. 24).
Fig. 24 La successione dei materiali in facciata: dal basso pietra, vetro, marmo di Pradesh e Zinco per la copertura
Negli interni la modulazione dei materiali sopracitati, con l’aggiunta del
legno e dell’acciaio della struttura, ricorda il padiglione di Barcellona di
Mies Van der Rohe: l‘attenta modulazione della brillanza e del colore
dei marmi, dei vetri e dell’acciaio cromato riesce a trattare la continuità
e la variazione dello spazio8.
Il linguaggio architettonico
Se finora ho trattato principalmente delle affinità tra i due interventi
analizzati ora vorrei concludere con l’elemento che li distanzia
maggiormente: il linguaggio architettonico adottato.
Fin qui ho analizzato molti degli elementi di continuità che li
accomunano come l’attenzione per i caratteri del luogo, l’attenzione
per il suolo, l’ispirazione narrativa derivante dal cinema, l’uso attento
dei materiali da costruzione ma è chiaro che nonostante il percorso
apparentemente simile l’esito formale dei due progetti sia
profondamente diverso e questo al di là del fatto che ci si trova
comunque ad analizzare due tipologie d’intervento differenti (un
edificio vero e proprio confrontato con dei percorsi di visita).
8. “Il Centro Europeo di Archeologia a Mont Beuvray”, articolo in Casabella 627, 1995
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
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Il linguaggio formale che Pikionis utilizza per i percorsi intorno
all’Acropoli è quello vernacolare frutto delle ricerche portate avanti
dall’architetto sulle tradizioni costruttive della sua terra.
Nel complesso l’intervento è una sintesi dei valori naturali e storici
della regione ed è frutto di una ricerca personale che si discosta dal
dibattito architettonico intorno al Movimento Moderno che negli anni
Trenta era dilagante. Pikionis cerca una via alternativa, convinto che
lo spirito della tradizione sia più importante: “il lavoro dell’architetto
non è inventare forme effimere ma rivelare le eterne figure della
tradizione nella forma determinata dalle forme del presente”9.
Nonostante questo si può notare comunque il bisogno di ideare forme
nuove nelle figure presenti lungo i percorsi. Questa voglia di
innovazione è stata determinata dalle avanguardie artistiche del
Novecento che lo affascinavano e, in particolare, l’opera di Paul Klee
e la ricerca artistica del suo amico Giorgio De Chirico.
Si noti come gli inserti in calcestruzzo dei percorsi ricordino le linee
spezzate utilizzate da Paul Klee in alcuni dei suoi quadri e le
osservazioni di Kandinsky sulla linea (fig. 25-26).
Il linguaggio vernacolare utilizzato da Pikionis riesce, quindi, ad
evitare il rischio dell’anacronismo assumendo il carattere di un
intervento senza tempo grazie ad una fusione tra arte ed architettura.
Tuttavia proprio per l’adozione di questo linguaggio dai toni
vernacolari, non riesce a sfuggire ad alcune critiche come quella
mossa da A. Ferlenga, che parla di un intervento “più simile ad una
sinfonia o a una recita” sulle pagine del suo libro10
.
Nel progetto del Museo di Mont Beuvray, invece, l’adozione di un
linguaggio architettonico derivante dal Movimento Moderno è
chiaramente predominante.
L’intervento rimanda alle architetture di Mies Van der Rohe con
un edificio dalla struttura esplosa.
9/10. Libro “Pikionis : 1887- 1968", A. Ferlenga, Milano 1999, pag. 12 e pag. 228
Fig. 26 Inserti in calcestruzzo nei percorsi dell‘Acropoli
Fig. 25 Paul Klee, Sguardo dal rosso, pastello su cotone bianco (1937)
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
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Nei numerosi articoli comparsi nelle riviste internazionali si parla infatti
di “composizione chiaramente miesiana”11
, che “sintetizza la lezione
del padiglione di Barcellona”12
, che “si è ricordato del padiglione di
Barcellona di Mies: scompone lo spazio interno tramite dei piani
verticali che sembrano fluttuare”13
e che fa pensare “alla melodia di
timbri che Mies ha creato nel Padiglione di Barcellona14
.
Si noti in particolare il setto in marmo verde indiano con il sottostante
specchio d’acqua che ricorda molto il muro del Padiglione di
Barcellona che corre anch‘esso lungo uno specchio d’acqua e si
caratterizza per le venature accentuate del marmo (fig. 26-27).
I richiami ai caratteri formali delle architetture del luogo sono attuati
grazie alla scelta accurata dei materiali come il basamento in pietra
(elemento familiare agli abitanti del posto) e il tetto in zinco di colore
grigio che vuole essere l’interpretazione moderna dei tetti in ardesia
presenti in questa zona.
Conclusioni
Il saggio ha indagato due delle opere architettoniche più
rappresentative di D. Pikionis e di P.L. Faloci, distanti lungo la linea
del tempo di circa cinquant’anni ma, come emerso nell’analisi, affini
per diversi aspetti.
Le metodologie d’approccio adottate dai due architetti appaiono simili
per molti versi eppure il risultato formale sembra portare a due
soluzioni formalmente distanti per via del diverso linguaggio
architettonico adottato. Ad una prima analisi superficiale sembrerebbe
che non vi siano punti in comune tra le due opere architettoniche ma
una analisi comparata approfondita ha svelato altro.
Questo diverso risultato formale può essere attribuito probabilmente
11. “Elementhal Synthesis”, articolo su Architectural Review n°1207, 1997, p. 66-69
12. “Abstraction du lieu, mémoire d’architecture” di W. Curtis, articolo in Architecture
d’aujourd’hui n°301, 1995
13. Musée de la Civilization Celtique, articolo in Moniteur Architecture, n°76, 1996, p.
46-55
14. “Vedere il paesaggio” di C. Devilliers, articolo in Casabella n°627, 1995, p. 9
Fig. 26 Muro del Padiglione di Barcellona di Mies Van der Rohe Fig. 27 Scorcio prospettico del setto sospeso su uno specchio d’acqua nel museo di Mont Beuvray
Restituire il senso del luogo: I percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray
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ad un attaccamento alle tradizioni e al folclore della propria terra
fortemente presenti in Pikionis che non in Faloci e al diverso contesto
storico e nazionale in cui i due architetti si trovano ad operare.
Pikionis infatti è intimorito dal fatto che la nuova Atene stesse
soppiantando la vecchia e cerca di evitare l’oblio delle pratiche e delle
tradizioni costruttive antiche mentre Faloci nel Mont Beuvray si
trovava ad operare in un contesto paesaggistico che non sentiva
come proprio in quanto abituato ad operare intorno all’area parigina e,
ad ogni modo, aveva già compiuto da tempo una scelta aderendo al
linguaggio architettonico del Movimento Moderno.
Pikionis, invece, aveva aderito in un primo tempo a questo linguaggio
ma se ne discostò presto per iniziare una sua ricerca personale che lo
porta a prediligere alcuni accenti vernacolari legati alle sue origini.
In entrambi, comunque, il fine del progetto appare riuscito: far parlare i
resti archeologici e il contesto paesaggistico nel quale sono situati
attraverso un’architettura che travalica il tempo, che non si nutre di
ansie di protagonismo o di velleità stilistiche ma cede il posto al
racconto della storia orchestrando le pause, i ritmi e le vedute
secondo la ricerca paziente del suo architetto.
BIBLIOGRAFIA
Percorsi dell’Acropoli di Atene – Arch. Dimitris Pikionis
A. Ferlenga, “Pikionis : 1887- 1968”, Ed. Electa, Milano 1999
“Dimitris Pikionis: régionaliste des années 50” di Alexander Tzonis, articolo in Moniteur architecture AMC n°99 1999,
pp. 60-69
“Dimitris Pikionis: recinti della visione”, articolo in Casabella n° 638, 1996, pp. 52-69
“The work of Dimitris Pikionis around the hills of the Acropolis and the Philopappus in Athens” di Sēmaiophoridēs
Giōrgos e G. Chiaramonte, articolo in Lotus international n°72, 1992, pp. 6-21
“Centocinquant'anni di idee per l'Acropoli di Atene”, articolo in Casabella n° 585, 1991, pp. 44-49
Centro Europeo di Archeologia a Mont Beauvray – Arch. Pierre-Louis Faloci
M. Galantino, “Architettura per ricordare”, Ed. Mondadori, Milano 2007
“Elemental Synthesis”, articolo in Architectural Review n°1207, 1997, pp. 66-69
“Musée de la civilisation celtique”, articolo in Moniteur Architecture AMC n°76, 1996, pp. 46-55
“Il Centro Europeo di Archeologia a Mont Beuvray”, articolo in Casabella n°627, 1995, pp. 4-17
“Mont Beuvray: Abstraction du lieu, mémoire d’architecture” di W. Curtis, articolo in Architecture d’aujourd’hui n°301,
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“Centre et Musée Celtique du Mont Beuvray”, articolo in Architecture d’aujourd’hui n°277, 1991
“Un architetto della giovane generazione francese: Pierre-Louis Faloci” di P.A. Croset e S. Milesi, articolo in Casabella
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Conferenza audio "Architecture et paysage. L'histoire sourde des lieux" del 21 aprile 2009 (sito internet: http://serveur1.archive-host.com/membres/playlist/1339749800/CONFERENCES/faloci_2009.mp3)
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