politiche ue nel settore vitivinicolo

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CONSUMI E SEGMENTI DI MERCATO (1) Secondo i dati IRI, nel 2013 le vendite di vino sono calate di oltre il 6%, dopo una riduzione del 3,6% registrata nel 2012. Negli ultimi cinque anni, il volume degli acquisti domestici di vino è diminuito da 9,65 a 8,57 milioni di ettolitri.

In Italia sono crollati gli acquisti di vino delle famiglie, e i consumi nazionali sono scesi intorno a 20 milioni di ettolitri dall’inizio della crisi nel 2008. Inoltre la media di consumo è al di sotto di 37 litri a persona, solo il 21% degli italiani beve vino quotidianamente e quasi la metà degli italiani (48,4%) non lo beve mai durante l’anno.

La spesa mensile pro-capite è passata da 5,2€ a 5€. Dall’inizio della crisi è sparito dalle tavole italiane un bicchiere di vino su cinque, facendo scendere i consumi di vino al minimo storico.

Un’indagine di Wine Monitor Nomisma2 rivela che il problema non è legato al calo della penetrazione del consumo di vino ma soprattutto al modello di consumo che si è trasformato profondamente.

Quindi il calo dei consumi di vino deriva soprattutto dai nuovi stili di vita e dai nuovi modelli di consumo. Infatti, analizzando i consumi pro-capite per fascia d’età, è possibile comprendere cosa sta accadendo: le quantità medie consumate in un anno dalle vecchie generazioni sono il quadruplo rispetto a quelle consumate dai giovani. Più precisamente, la fruizione quotidiana, soprattutto durante i pasti, degli over 60 si contrappone a un consumo dei giovani legato a occasioni specifiche, a momenti conviviali ed è quindi meno frequente.

Il grafico seguente mostra come, tra il 2007 e il 2014, le fasce con la minore penetrazione di consumo sono quelle dei giovani con meno di 30 anni, mentre sono stabili i dati relativi ai 65-74enni che si attestano intorno al 58% nel 2014 contro un livello di massimo storico del 62%.

La quota dei forti bevitori sta ormai scomparendo riducendosi al 2,4% del totale nel 2014. È possibile scomporre il dato in: 1-2% dei giovani e 4,5-5% delle persone anziane. Analizzando il consumo per aree geografiche si nota che nelle regioni del Nord il 55% della popolazione è bevitore di vino, contro il 44% nelle regioni del Sud. Più precisamente, nel 2014 le regioni con la massima penetrazione del consumo di vino sono la Valle d’Aosta, l’Emilia Romagna e il Friuli Venezia Giulia (tutte al 58%), seguite dal Trentino Alto Adige al 55%.

CONSUMI E SEGMENTI DI MERCATO (2)

Fonte:Inumeridelvino.it, 2014

CONSUMI E SEGMENTI DI MERCATO (3) Nel 2015 il consumo di vino si è orientato sulle bottiglie DOC e sul vino biologico (+4% per un valore di 5 milioni), ma si è spostato anche su formati meno costosi come quello del vino da tavola e il vino con la marca del distributore.

La tipologia di vino più amata dagli italiani resta quella del rosso fermo (236 milioni di litri venduti nel 2013), seguita dal bianco fermo (184 milioni di litri). Si trovano poi a grande distanza il rosso frizzante (34 milioni di litri), il bianco frizzante (30 milioni di litri), il rosato fermo (26 milioni di litri) e il rosato frizzante (6 milioni di litri).

Facendo un confronto con il 2014, si registra però una flessione più pronunciata nelle vendite dei vini rossi mentre tengono maggiormente i bianchi. La tabella successiva mostra i dati nel dettaglio.

Vendite in Valore Var. % Val. Vendite in

Volume Var. %

Vol. Prezzo

Medio in Volume

Var. % Prezzo Litro

% vendite Vol. in Promo

Tot Rosso Fermo 722.963.904 2,1 236.612.448 -7,7 3,06 10,6 38,7

Tot Bianco Fermo 503.581.312 4,8 184.073.312 -5,7 2,74 11,1 30,4

Tot Bianco Frizzante 112.149.992 3,8 30.604.564 -3,0 3,66 7,0 47,3

Tot Rosso Frizzante 97.134.256 1,2 34.161.540 -5,2 2,84 6,8 42,8

Tot Rosato Fermo 59.262.080 4,7 26.148.032 -6,3 2,27 11,7 28,6

Tot Rosato Frizzante 20.708.088 -1,1 6.111.802 -6,6 3,39 5,8 49,8

Fonte: Osservatorio del Salone del Vino, 2014

CONSUMI E SEGMENTI DI MERCATO (4) I vini più venduti in assoluto sono: Chianti, Lambrusco, Vermentino, Barbera, Bonarda, Montepulciano d’Abruzzo, Nero d’Avola, Muller Thurgau, Morellino, Dolcetto.

Tra i vini con il maggiore tasso di crescita si registrano il Pignoletto e il Cannonau: il primo spinto da una presenza sempre maggiore sugli scaffali di tutta Italia e il secondo favorito da una considerevole spinta promozionale. La tabella successiva mostra il dettaglio della classifica.

Fonte: Osservatorio del Salone del Vino, 2014

CANALI DISTRIBUTIVI (1) Secondo l’indagine Mediobanca, i trend del 2014 mostrano che la crisi delle vendite nel canale Ho.Re.Ca. continua; qui viene veicolato solo il 15% del vino, principalmente dalle aziende private. In secondo luogo, si evidenzia un livello mai registrato in precedenza per la vendita diretta, superiore al 10% per il totale dei vini e oltre il 15% per i grandi vini. Questo è segno che anche in Italia le cantine si organizzano per ricevere gli ospiti e vendere il loro vino. All’incremento della vendita diretta si contrappone la riduzione del canale all’ingrosso e di altri intermediari. Infine, la grande distribuzione subisce anch’essa un calo e sembra aver abbandonato i vini oltre i 25 euro, che in tempi di crisi sono ovviamente difficili da vendere.

Fonte:Inumeridelvino.it, Indagine Mediobanca, 2014

CANALI DISTRIBUTIVI (2) Secondo la stessa indagine, le cantine hanno dichiarato che il 42% dei prodotti è veicolato attraverso la grande distribuzione organizzata, una quota comunque inferiore rispetto al passato. La GDO rimane ugualmente il primo canale distributivo in Italia.

Il secondo per importanza diventa quello dei grossisti/intermediari con una quota del 16%, mentre passa al terzo posto la ristorazione, che per la prima volta scende al 15% dal 18-20% degli scorsi anni.

Il quarto canale diventa la vendita diretta (11%) che, per la prima volta sopra la soglia del 10%, supera il canale enoteche e wine bar (7%), al livello più basso di sempre.

Le percentuali cambiano per le cooperative, dove sta calando in modo importante il ruolo della grande distribuzione, che scende dal 52% dello scorso anno al 47%. Anche in questo caso sale molto la vendita diretta, al 14%.

IL VINO NELLA GDO

La maggior parte degli operatori sono cooperative; il primo operatore privato e posseduto da privati è Caldirola, al numero 5.

Il 2014 è stato il primo anno in cui le vendite a valore in GDO di vino sono calate; il più importante player è Caviro, che in GDO ha venduto per 126 milioni di euro, oltre il doppio del fatturato del numero 2 della classifica, Cantine Riunite/CIV. Caviro è anche l’azienda con il miglior ritmo di crescita sul triennio, +6% annuo, che si confronta con una crescita del mercato del solo 1-1.5%.

Fonte: inumeridelvino.it

1° produttore

2° esportatore in volume

2° esportatore in valore

L’Italia è dal 2015, dopo il sorpasso della Francia, primo produttore di vino al mondo.

Con 20 milioni di volume di esportazioni nel 2015, l’Italia si conferma secondo esportatore dopo la Spagna (24,7 milioni).

Con un totale di 5,352 milioni di euro, l’Italia segue la Francia, leader con 8,267 milioni.

PRODUZIONE

Insieme alla riduzione delle superfici vitate, la produzione di vino e mosti (ettolitri), come mostra il primo grafico, è tendenzialmente in flessione. Sono molti i motivi che concorrono a questo risultato, spesso legati al nuovo assetto normativo che regola il settore. Un esempio è rappresentato dal nuovo Regolamento 1943/99, spiegato più dettagliatamente in seguito, che introduce le estirpazioni con premio e dalla fine delle reti di protezione quali la distillazione. Le stime di ISMEA/UIV hanno individuato però un dato del valore di 47 milioni di ettolitri per la produzione di vino e mosti nel 2015, con una crescita di 5,5 milioni dal 2014 (dati ISTAT). Il secondo grafico mostra la produzione italiana di vino per regione media tra il 2009 e il 2014 (milioni di ettolitri).

EXPORT (1) Nel 2015 l’Italia si attesta al secondo posto nel commercio di vino mondiale, sia per quanto riguarda il valore (seconda alla Francia) che per quanto riguarda il volume (seconda alla Spagna). Nel grafico a fianco si nota come, se paragonati all’export dei primi 11 paesi esportatori, l’Italia è passata dal 22.1% al 21.6% dopo diversi anni di crescita quasi costante.

Fonte:Inumeridelvino.it, 2015

L’export dei primi 11 paesi esportatori mondiali è cresciuto da 23 a 24.8 miliardi di euro (+7,7%). La causa principale è da ricondursi alla svalutazione dell’euro contro le maggiori valute mondiali che ha determinato un robusto effetto sui prezzi e sui cambi. In termini di volumi invece si è assistito nel 2015 a una lieve crescita dell’1% rispetto all’anno precedente. Il miglior risultato tra i paesi a «valuta euro» è ottenuto dalla Francia, che, mantiene la leadership assoluta con 8.3 miliardi di euro di export (+6,8%). L’Italia invece chiude l’anno a 5.35 miliardi di euro (+5%) ma subisce una riduzione delle esportazioni a volume dell’1%.

EXPORT (2) La performance migliore del 2015 è stata quella della Toscana che registra un +19%. Sono in crescita anche le esportazioni venete (+10% per un valore di 1.83 miliardi di euro). La terza regione per importanza è il Piemonte, che nel 2015 ha subito una battuta d’arresto (-2%). Infatti il territorio piemontese è cresciuto in 5 anni solo del 5%, un valore molto inferiore rispetto al dato nazionale (+7%).

Nel 2015 sono stati molto positivi anche i dati relativi al Friuli Venezia Giulia, mentre sono peggiorate le esportazioni della Lombardia che diminuiscono del 5%. Tra le grandi regioni, è stabile il Trentino Alto Adige.

Si attesta inoltre un andamento molto positivo dei vini IGT che realizzano una crescita dell’8% per un valore di 1.4 miliardi di euro. Anche i vini DOC migliorano, registrando un +4% (1.9 miliardi di euro). Sono invece i vini da tavola a ottenere un risultato negativo, calando del 2%.

I dati per colore sono controversi: vanno bene i bianchi DOC rispetto agli IGT e i rossi IGT rispetto ai rossi DOC. Ma le tendenze sono molto difficili da leggere.

Fonte:Inumeridelvino.it, 2015

IMPORT Le importazioni italiane hanno chiuso il 2015 con un incremento del 10% a 317 milioni di euro. Il principale prodotto importato è rappresentato dai vini spumanti francesi, le cui importazioni sono cresciute del 13% a 137 milioni di euro. Per quanto riguarda il vino sfuso, il principale fornitore dell’Italia è la Spagna con 55 milioni di euro (+9%), seguito dagli USA a 40 milioni di euro, in calo del 9% presumibilmente per il problema del rafforzamento del cambio. Il terzo fornitore diventa invece l’Australia con 15 milioni di euro di importazione (+62%), che scavalca la Francia calata del 26% a 6 milioni di euro. Questi quattro mercati rappresentano 116 dei 122 milioni di import totale.

Relativamente ai vini imbottigliati, l’Italia importa soltanto 58 milioni di euro, principalmente dalla Francia (23 milioni di euro, +5%). Ma a guidare la crescita della categoria (+11%) sono stati i prodotti provenienti dalla Germania (9 milioni, +15%) e dalla Spagna (9 milioni, +21%).

Fonte:Inumeridelvino.it, 2015

1,50%5,00%9,00%14,70%19,90%20,70%23,00%26,10%30,70%

59,20%150,00%

USAAustraliaSvizzera

CinaRussia

GiapponeUcrainaBrasileMalesiaTailandia

India

Dazimediall’importdeiviniitalianineiprincipalimerca2

%sulvalore,2012

Fonte:WineMonitor

PerquantoriguardalaquesLonedeivincolitariffari,si traNa di una barriera all’ingresso che, per molLmercaL «emergenL», discrimina in manierarilevante l’accessoaiproduNori italiani.È il casoadesempio del Brasile, dove l’appeal dei vinimade inItaly è sicuramente significaLvo, ma dove alcontempoiviniitalianisoffronodiunacompeLzioneimpariconquellicilenieargenLniacausadiaccordibilaterali che permeNono a quesL ulLmi di entrarenelmercatobrasilianoadaziozero.

LA STRUTTURA E LA FORMA DEL MERCATO (1)

Il mercato dei vini è caratterizzato da:

•  Concorrenza monopolistica;

•  Fortissima differenziazione di prodotto, sia orizzontale che verticale;

•  Asimmetria informativa tra produttori e consumatori.

In particolare, un’impresa vinicola monopolista ha una rendita posizionale che la mette al riparo dalla concorrenza altrui quando è unica per specificità del

prodotto o per localizzazione. Può, quindi, fissare prezzi e conseguenti margini industriali in maniera diversa.

Dunque l’obiettivo dei produttori è intercettare una o più nicchie di mercato ed essere per questa/e insostituibile, diventando quindi monopolista. Ogni bottiglia di vino è unica, sia oggettivamente che soggettivamente.

LA STRUTTURA E LA FORMA DEL MERCATO (2)

In un contesto di concorrenza monopolistica ogni singola etichetta è percepita come distintiva dal consumatore. È facile quindi prezzarla per il produttore sfruttando la rendita monopolistica e il costo marginale di produzione. In questo caso il produttore di vino può beneficiare del guadagno dato dalla differenza tra prezzo di vendita e costo medio.

In tale contesto, un’impresa si assicura extra-profitti anche nel lungo termine.

Nonostante ciò la struttura monopolistica del mercato del vino è messa a rischio dalla globalizzazione. Questo è causato dal fatto che i consumatori dei paesi emergenti potrebbero essere molto meno sensibili o interessati a pagare un prezzo diverso per un dato terroir. Potrebbe quindi crearsi un fenomeno di massificazione del vino, che darebbe vita ad una situazione di concorrenza perfetta.

I NUMERI DELLA FILIERA

Nel 1982 c’erano 1.6 milioni di viticoltori, nel 2010 sono scesi a 383mila, cioè circa un quarto. Nel frattempo, la superficie vitata italiana si è praticamente dimezzata, generando quindi il raddoppio della superficie media da 0.7 a 1.6 ettari per azienda.

Fonte: ISMEA 2014

DIMENSIONE AZIENDE E SUPERFICI VITATE

Il mercato del vino è dominato da piccolissime realtà, alla quale afferisce una piccola quota di produzione. Le poche grandi realtà sono quelle con più di 50 mila ettolitri. Queste producono quasi il 60% del prodotto totale. Le dimensioni delle strutture cooperative sono nettamente superiori alla media. A livello nazionale afferisce a strutture cooperative oltre il 50% della produzione totale di vino.

Fonte: ISMEA 2014

L’Italia è il terzo paese per superficie a vite da vino. L’inventario relativo al 2014 conta: o  341.070 ettari a vite DOP; o  123.066 ettari a vite IGP; o  177.606 ettari vite per vino comune.

DIMENSIONE MEDIA (ETTARI) DELLE AZIENDE

Dal grafico notiamo che la dimensione delle aziende varia da regione a regione, non da Nord a Sud. È evidente che le regioni vocate alla viticoltura (perlomeno dal punto di vista commerciale o per dimensione del vigneto) siano sopra la media italiana (1.6 ha) per dimensione degli operatori. Quindi il Friuli-Venezia Giulia guida la classifica con 3 ettari, seconda è la Sicilia con 2.7, poi viene la Lombardia a 2.5 (impatto spumanti). Ancora sopra la media sono Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Puglia e Veneto. In Trentino Alto Adige la spinta a concentrare le aziende è presumibilmente ridotta per la eccellente salute finanziaria del settore.

BARRIERE DIMENSIONALI La produzione è sottoposta ad economie di scala con livelli di produzione minima efficiente che si aggirano intorno ai 100.000 hl, alle quali sono soggetti soprattutto i produttori di vini da tavola. Per chi produce vini di qualità questi livelli minimi sono invece superabili grazie alla differenziazione di prodotto, con la quale si riesce a superare le inefficienze della scala produttiva.

Fonte: ISMEA 2014

LA FILIERA

Fonte: ISMEA 21/10/2015

LA FORMAZIONE DEI PREZZI (1) Il settore del vino è caratterizzato da una notevole variabilità dell’offerta; di conseguenza il prezzo è un indicatore di qualità. Per fissare il prezzo del vino si possono utilizzare due approcci: •  approccio top-down: si parte da un margine che si vuole riservare come remunerativo

dell’attività imprenditoriale e, a cascata, si arriva al prezzo della bottiglia; •  approccio bottom-up: si stimano i costi di produzione, quelli commerciali e di marketing, le

tasse, gli ammortamenti, e si applica un mark-up. Nelle politiche di prezzo bisogna tener conto della risposta del pubblico nei confronti delle modificazioni di tale variabile: l’elasticità della domanda rispetto al prezzo varia in funzione della tipologia di prodotto.

VINI DA TAVOLA •  soddisfano un bisogno base; •  non vengono percepiti come differenti dal

punto di vista qualitativo; !leva promozionale e comunicativa •  vino fortemente esposto alle spinte di

m e r c a t o e s o g g e t t o a d e l e v a t a concorrenza.

PREZZO: remunerativo esclusivamente dei costi di produzione.

VINI DI QUALITA’ •  cliente meno sensibile al prezzo e

disposto a pagare un premium price. PREZZO: si allontana dal puro costo di produzione, riflette il margine assegnato alla remunerazione dell’immaterialità ceduta al cliente.

LA FORMAZIONE DEI PREZZI (2)

Esistono due gruppi di variabili che concorrono a definire il prezzo dei vini:

Fattori riguardanti il profilo produttivo del vino e le dinamiche competitive che si generano tra i diversi soggetti che intervengono nella fase produttiva e distributiva: •  costo di produzione; •  pressione competitiva; •  livelli reali e potenziali di assorbimento del mercato, da valutare anche in relazione all’elasticità della domanda.

Fattori che contribuiscono a definire il livello qualitativo del prodotto: •  qualità intrinseca del vino; •  qualità dinamica, che risulta dalla capacità del vino di subire processi di invecchiamento/affinamento; •  qualità assegnata con riferimento a giudizi di esperti; •  rarità, per i vini di elevato pregio.

LA FORMAZIONE DEL PREZZO (3)

Fonte: ISMEA 2015

COORDINAMENTO (1) Oggigiorno le aziende hanno bisogno di un coordinamento sempre maggiore. Per questo motivo, nel mercato vinicolo si stanno verificando i seguenti fenomeni:

1.  Creazione di nuove forme di reti contrattuali, con lo scopo di creare partnership per:

1.  produzioni di alta gamma;

2.  accesso a nuovi mercati;

3.  forme di internazionalizzazione.

2.  Creazione di società cooperative come risposta all’elevata frammentazione;

3.  Creazione di reti di servizi per raggiungere le soglie necessarie per economie di scala e per promuovere l’innovazione organizzativa;

4.  Proposta di costituzione di fondazioni associative per lo sviluppo tecnologico per coordinare le attività di R&S (FAST);

5.  Presenza di reti di imprese vitivinicole che promuovono il coordinamento sia a livello della produzione sia a livello dell’intera filiera.

COORDINAMENTO (2) La questione centrale è l’evoluzione del coordinamento tra produzione e distribuzione, per risolvere il problema di asimmetria di potere contrattuale. A tal proposito, la necessità è quella di valorizzare il prodotto e ampliare l’assortimento.

Sono infatti emerse reti tra produttori dirette ad integrare i prodotti finali attraverso accordi contrattuali e reti tra produttori e imbottigliatori. Queste hanno avuto due effetti differenti:

1.  Risultato immediato: ampliamento del portafoglio di prodotti;

2.  Risultato di medio-lungo periodo: stimolare un processo di apprendimento reciproco, sensibilizzando la produzione alle esigenze del mercato e alla tutela del consumatore finale.

Attualmente si rileva però un problema di mancanza di un adeguato supporto da parte del governo, in particolare sul piano societario e contrattuale (esistono pochi modelli europei, tutti costruiti per le società quotate).

CARATTERISTICHE DELLA COMPETIZIONE

Il mercato vitivinicolo è formato da un limitato numero di imprese che rappresentano la maggior parte delle vendite e da nuove realtà che rendono la concorrenza sempre più dinamica.

Mercati tradizionali come quelli di Francia e Italia puntano sulla differenziazione di prodotto, che permette di mantenere un prezzo più alto. I paesi emergenti invece puntano su una strategia di prezzo, anche se nell’ultimo periodo si cerca di valorizzare il territorio anche in queste aree.

Nell’ultimo periodo, lo scenario competitivo in cui operano le aziende del comparto vinicolo è stato interessato, da una progressiva SPINTA AL CAMBIAMENTO proveniente sia dal mercato estero, a causa della crescente affermazione di vini provenienti da paesi emergenti, sia dal mercato interno, caratterizzato da uno spostamento della domanda verso i vini DOC-DOCG.

In questo scenario, i soggetti più svantaggiati sono le aziende di piccole e medie dimensioni, che non riescono a sostenere i costi necessari per l’ottenimento delle principali certificazioni. Per avere un futuro nel mercato quindi, esse stanno cercando di accrescere le dimensioni aziendali e ampliare la gamma dell’offerta.

SUPERFICIE VITATA MONDIALE Calcolando anche le zone non ancora in produzione o dove non si è effettuata la vendemmia, la superficie viticola mondiale diminuisce leggermente, attestandosi a poco più di 7 milioni e mezzo di ettari nel 2012.

I tre maggiori produttori di vite da vino al mondo sono: 1.  Spagna (poco più di un

milione di ettari); 2.  Francia (800.000 ettari); 3.  Italia (più di 750.000

ettari).

REGOLAMENTO CE N. 1493/99

Tra i paesi dell’Unione europea si nota una chiara diminuzione delle superfici vitate, frutto della politica comunitaria per l’abbandono definitivo dei vigneti introdotta dal Regolamento CE n. 1493/99, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo. La normativa prevede infatti l’introduzione di premi per l’abbandono dei vigneti e un sostegno alla ristrutturazione e alla riconversione degli stessi. La riduzione effettiva è stata però superiore a quella prevista: in tre anni, infatti, la Spagna è scesa dell’8,5%, l’Italia del 5% e la Francia del 4%. Al di fuori dell’Ue, invece, la situazione si presenta abbastanza stabile. La Cina cresce con costanza di 5.000 ha ogni anno, così come il Cile, anche se con minore incremento.

Fonte: dati Oiv

SUPERFICIE VITATA ITALIANA (1) L’Italia è il terzo paese per superficie a vite da vino.

La coltivazione della vite da vino è fortemente diffusa, interessando poco meno del 23% della aziende agricole del nostro paese e occupando una porzione della SAU (superficie agricola utilizzata) intorno al 5% (Istat, Censimento 2010). Il dato è però in costante declino da ormai alcuni decenni, in particolare dopo l’introduzione del Regolamento n. 1493/99 descritto in precedenza. Dall’inizio degli anni 2000, l’Italia ha perso circa 150.000 ettari di vigneti per uva da vino, con una riduzione di circa il 19% rispetto al 1999. Ciò non di meno, il comparto ha conquistato una posizione sempre più dominante rispetto alle principali variabili economiche dell’agroalimentare.

La regione con la maggiore superficie vitata è la Sicilia con 101.000 ettari seguita dalla Puglia con 88.000 e dal Veneto con 80.000 (dati inventario 2014). In Italia si assiste a una sempre più marcata specializzazione dell’orientamento produttivo nazionale verso prodotti con una denominazione geografica con una netta distribuzione dei volumi di prodotto realizzato tra le 3 diverse tipologie: Dop, Igp e vini da tavola.

SUPERFICIE VITATA ITALIANA (2)

DENOMINAZIONI GEOGRAFICHE Guardando all’inventario del potenziale produttivo del nostro paese, su un totale di circa 642.000 ettari nel 2014 di superficie impiantata, emerge la netta predominanza assunta dagli investimenti in vigneti atti alla produzione di vini con una denominazione di origine. L’inventario relativo al 2014 conta: •  341.070 ettari a vite DOP (circa 53%); •  123.066 ettari a vite IGP (circa 19%);

•  177.606 ettari per vino comune (circa 27%). Si configura così un panorama della composizione del vigneto estremamente differenziato. La Toscana, con 51.000 ettari è la regione con la superficie maggiore a DOC-DOCG (dop), seguita dal veneto con 50.000.

PRINCIPALI VITIGNI IN ITALIA Il patrimonio varietale italiano è particolarmente ricco oltre che, come risulta evidente dalla precedente slide, «regionalizzato». L’inventario sul potenziale produttivo 2014 menziona circa 90 varietà di uva che coprono il 77% della superficie totale.

La tabella mostra le 7 varietà che superano i 30 mila ettari. Queste, insieme alle 8 tra i 10 e i 20 mila ettari, rappresentano il 52% dell’intero patrimonio vitato in produzione (dati inventario 2014).

Vitigno Ettari (HA) Sangiovese 53.000 Trebbiano 37.000

Montepulciano 27.000

Glera 26.000 Merlot 23.000

Pinot grigio 22.000 Catarratto 22.000

PREZZI DELLE UVE DA VINO I vini hanno prezzi molto differenti che sono basati su canoni molto precisi. Uno dei costi che incide maggiormente su questo valore è il prezzo delle uve da vino, la materia prima della vinificazione. Questo dato dipende a sua volta da numerosi fattori, variabili nel tempo, quali: •  I terreni su cui vengono coltivati i vigneti; •  I costi di coltivazione; •  Le condizioni ambientali; •  Le condizioni climatiche; •  Eventuali decisioni legislative. A seconda che il produttore sia o meno coltivatore e proprietario dei vigneti, dovrà adeguare il prezzo del suo prodotto finito in modo da comprendere anche il costo della materia prima. Infatti, nonostante il risparmio di costi legati alla coltivazione (es. costo dell’energia, della manodopera, ecc.), acquistare l’uva sul mercato fa lievitare il costo generale di produzione, il cui valore si rifletterà sui prezzi finali. Un altro elemento che incide sul prezzo del vino è la denominazione di origine. Infatti il prezzo delle uve utilizzate per la produzione di vini di qualità è generalmente più alto rispetto a quello dei vini da tavola e di vini con certificazioni minori (es. DOCG rispetto a DOC). Questo aspetto sarà messo anche in evidenza dall’analisi dei prezzi delle uve nelle provincie di Piacenza e Asti (in relazione ad alcune delle referenze da noi analizzate). Per le uve “normali”, i prezzi oscillano tra i 40 e i 60 centesimi al chilo sul mercato libero, mentre le uve utilizzate per la produzione di vini di qualità hanno spesso prezzi superiori a 50 centesimi al chilo. Esistono poi alcune uve particolarmente costose come quelle della Franciacorta (1 euro e 50 al chilo) e del Sangiovese DOCG (tocca anche i 2 euro al chilo).

PREZZI DELLE NOSTRE REFERENZE

Camera di commercio Piacenza €/q.le Anno 2015

Val Nure Minimo (€/q.le) Massimo (€/q.le)

Sauvignon DOC 60,00 65,00

Val Trebbia Minimo (€/q.le) Massimo (€/q.le)

Gutturnio DOC 65,00 70,00

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

Minimo Massimo Minimo Massimo Minimo Massimo Minimo Massimo

VALTIDONE VALTREBBIA VALNURE VALD'ARDAeValchero

Prezzi uve da vino Provincia di Piacenza

VINIDOC VINIDATAVOLA

Fonte: grafico elaborato da dati Camera di Commercio Piacenza

PREZZI DELLE NOSTRE REFERENZE Camera di commercio Asti €/q.le

Anno 2015

0,00

0,50

1,00

1,50

MediaprezzimassimieminimiuvadavinoProvinciadiAsL

VINIDOC VINIDOCG

Asti Minimo (€/q.le) Massimo (€/q.le)

Barbera d’Asti DOCG 55,00 75,00

Barbera d’Asti DOCG (uve diradate e selezionate) 80,00 100,00

Fonte: grafico elaborato da dati Camera di Commercio Asti

IL MERCATO DEL VINO ITALIANO Il settore vitivinicolo italiano è uno dei comparti principali dell’economia italiana. A livello agricolo, infatti la viticoltura rappresenta circa il 5% dell’intero valore dell’agricoltura italiana, mentre i produttori industriali di vino garantiscono circa il 5% del Prodotto interno Lordo e il 4% degli occupati dell’intera industria alimentare. Questi risultati derivano da un tessuto produttivo molto ampio e fortemente integrato lungo le varie fasi della filiera. Nel primo stadio sono oltre 380.000 le aziende agricole che lo producono e che in alcuni casi integrano a valle anche altre fasi del processo produttivo. Tali aziende sono però di piccolissime dimensioni (la dimensione media viene stimata intorno a 1,6 ha). Le aziende agricole specializzate nella vitivinicoltura di rado lavorano le proprie uve. Spesso la loro produzione viene venduta come materia prima o semilavorato (principalmente mosto) ad imprese industriali che non gestiscono direttamente vigneti e che quindi non possiedono la materia prima agricola. L’aggregato di imprese trasformatrici in questione conta circa 1.800 imprese, da cui scaturiscono più di 40 milioni di ettolitri di vino, di cui circa 29 milioni con denominazione di origine.

Nonostante negli ultimi 20 anni questo comparto abbia visto una riduzione del numero di imprese operanti (tipicamente quelle meno efficienti e produttive) a fronte della crescita della dimensione media aziendale e quindi di una maggiore concentrazione, il mercato del vino si presenta ancora molto frammentato e segmentato. Esiste infatti un elevatissimo grado di differenziazione tra i prodotti omogenei da un punto di vista territoriale, soprattutto per i segmenti di più alta gamma (denominazioni di origine) e uno spiccato orientamento all’export anche da parte delle aziende di più ridotte dimensioni. Poche sono, quindi, le grandi cantine o i gruppi leader che possono essere considerati come gruppi strategici.

GRUPPI STRATEGICI Analizzeremo alcune delle maggiori imprese per fatturato:

•  GIV (Gruppo Italiano Vini) SPA;

•  Caviro;

•  Cantine Riunite & CIV;

•  Marchesi Antinori SPA.

Negli ultimi due anni sono state soprattutto le aziende private (Antinori) a spingere il fatturato del settore, mentre le grandi cooperative hanno mostrato segni negativi.

Fatto pari a 100 il fatturato di aziende e cooperative nel 2008, le aziende sono cresciute di circa il 10% in più delle cooperative. Se invece ci si focalizza sul 2014, il campione delle cooperative ha un fatturato stabile (-0.4% per la precisione), mentre le grandi aziende private sono cresciute del 2.9% rispetto allo scorso anno.

GRUPPO ITALIANO VINI (GIV) SPA

FATTURATO 2014 349 milioni € VARIAZIONE 2013 +0,3% % FATTURATO ESTERO 74% NUMERO MARCHI 15 ETTARI VITATI 1.340 NUMERO BOTTIGLIE 92 milioni

FATTURATO 2014 314 milioni € VARIAZIONE 2013 -2% % FATTURATO ESTERO 30% NUMERO CANTINE SOCIALI

32 (15.000 soci viticoltori)

ETTARI VITATI 30.000 NUMERO BOTTIGLIE 150.000

CAVIRO COOPERATIVA AGRICOLA

Fonte: nostra elaborazione di dati inumeridelvino.it

FATTURATO 2014 200 milioni € VARIAZIONE 2013 -0,1% % FATTURATO ESTERO 50% NUMERO CANTINE SOCIALI

24 (1754 soci viticoltori)

ETTARI VITATI 4.000 NUMERO BOTTIGLIE 126 milioni

CANTINE RIUNITE/CIV COOPERATIVA AGRICOLA

FATTURATO 2014 185 milioni € VARIAZIONE 2013 +8% % FATTURATO ESTERO 68% ETTARI VITATI 1.700 NUMERO BOTTIGLIE 20 milioni

MARCHESI ANTINORI SPA

Fonte: nostra elaborazione di dati inumeridelvino.it

CONSORZIO TUTELA VINI DOC E DOCG

Interessante per l’analisi del mercato del vino italiano è la valutazione dell’operato dei diversi consorzi di tutela dei vini DOC e DOCG. A questo proposito, è necessario mettere in luce la recente tendenza delle aziende a non aderire o ad uscire da essi, poiché li considerano enti molto spesso prettamente politici che non riescono a rappresentare a fondo gli interessi degli attori della filiera. Questi ultimi, inoltre, a fronte della quota associativa pagata ricevono in cambio ben pochi benefici, sia di immagine che economici.

La disciplina dei Consorzi è descritta all’art. 17 del d.lgs. 61/2010.

Gli obiettivi del Consorzio sono i seguenti:

-  Tutelare, promuovere, valorizzare, informare il consumatore;

-  Curare gli interessi della relativa denominazione;

-  Monitorare la presenza di eventuali frodi in commercio.

Il Consorzio ha ottenuto il suo riconoscimento e l’incarico dal Ministero delle Politiche Agricole Ambientali e Forestali (MiPAAF).

Tra i consorzi riconosciuti, molti non sono più attivi o non hanno mai iniziato la loro operatività istituzionale.

La situazione dei consorzi incaricati è attualmente aggiornata al 1 giugno 2014, secondo i dati forniti dal MIPAAF.

CONSORZIO TUTELA VINI DOC COLLI PIACENTINI

Il Consorzio è stato costituito nel 1986 per volontà dei produttori piacentini, il suo obiettivo è quello di collaborare per promuovere, valorizzare e tutelare l’eccellenza dei vini locali a denominazione di origine. Questo ente è l’unico riconosciuto dal MIPAAF a livello normativo in ambito di disciplinari di produzione, ha anche il compito di vigilare sui prodotti a marchio DOC immessi sul mercato, al fine di verificare che i campioni rispondano alle condizioni richieste dal disciplinare.

CONSORZIO BARBERA D’ASTI E VINI DEL MONFERRATO

Nel 1946, presso la Camera di Commercio di Asti, sette imprenditori piemontesi fondano il Consorzio per la difesa dei vini tipici Barbera d’Asti e Freisa d’Asti, con lo scopo di garantirne la genuinità e diffonderli con marchi distintivi sui mercati nazionali ed esteri.

Nel 2007 viene incaricato dal MIPAAF di gestire i controlli dei vini DOC tutelati; nell’anno successivo, Barbera d’Asti e Barbera del Monferrato superiore conquistano la DOCG.

Il Consorzio raccoglie circa 175 aziende appartenenti ad ogni fase della filiera, a partire dall’azienda agricola fino ad arrivare agli imbottigliatori.

CANTINA SOCIALE Si tratta di un’alternativa alla classica azienda vitivinicola, ultimamente svantaggiata della bassa valutazione delle uve. La cantina sociale funziona come una cooperativa, basata sulla condivisione, collaborazione, divisione degli utili e regolamentata sulla base di una serie di norme stabilite all’atto della sua costituzione. All’interno di una cantina sociale collaborano molteplici produttori al fine di unire i mezzi e le risorse a disposizione per diminuire l’impatto dei costi sulla marginalità.

STRATEGIE DI PREZZO Nel mercato del vino, il prezzo è strettamente correlato alla qualità del prodotto. Il consolidamento di questo meccanismo crea delle alte aspettative nel consumatore che sceglie di acquistare un vino da lui considerato di alta qualità, dato il prezzo elevato, con il rischio però di peggiorare il livello di soddisfazione, in caso di mismatching nel rapporto prezzo/qualità.

L’elasticità della domanda di vino al relativo prezzo varia in funzione della tipologia di prodotto. Per i segmenti varietali, l’elasticità molto elevata favorisce una maggiore competizione di prezzo; nei segmenti alti vi è, invece, una maggiore rigidità che consente agli operatori di manovrare il prezzo con meno vincoli.

STRATEGIE NON DI PREZZO: INDICAZIONI GEOGRAFICHE

L’Indicazione Geografica Tipica (IGT) è un riconoscimento di qualità attribuita ai vini da tavola, anche denominati varietali, caratterizzati da aree di produzione generalmente ampie e con disciplinare produttivo poco restrittivo. L’indicazione può essere accompagnata da altre menzioni, quali quella del vitigno. Si tratta in sostanza di vini ottenuti da uve determinate e provenienti da territori ben definiti. Tale qualifica, comunque, non obbliga i viticoltori ad apporre altre menzioni sull’etichetta (come ad esempio il vitigno di provenienza), né li costringe a vincoli di produzione troppo restrittivi.

La Denominazione di Origine Controllata (DOC) è un riconoscimento di qualità attribuito a vini prodotti in zone limitate di piccole o medie dimensioni, recanti il loro nome geografico. Di norma il nome del vitigno segue quello della DOC e la disciplina di produzione è rigida. Tali vini sono ammessi al consumo solo dopo accurate analisi chimiche e sensoriali. Il disciplinare di produzione dei vini DOC è più rigido rispetto ai vini IGT.

La Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) è un riconoscimento di particolare pregio qualitativo attribuito ad alcuni vini DOC di notorietà nazionale ed internazionale. Questi vini vengono sottoposti a controlli più severi, devono essere commercializzati in recipienti di capacità inferiore a cinque litri e portare un contrassegno dello Stato che dia la garanzia dell’origine, della qualità e che consenta la numerazione delle bottiglie prodotte e la sicurezza di non manomissione delle bottiglie. Oltre alle condizioni previste per la certificazione DOC è obbligatorio l’imbottigliamento nella zona di produzione ed altre condizioni più restrittive.

QUESTIONARIO (1)

VINI TOP OF MIND

1.  LAMBRUSCO 2.  GUTTURNIO 3.  BARBERA 4.  PROSECCO

Dal questionario è emerso che soltanto il 43% di tutti i rispondenti è stato in grado di identificare la regione di provenienza del vino da loro indicato.

Abbiamo sottoposto un questionario ad un campione significativo di circa 300 rispondenti, segmentati per fasce di età e per provenienza. Abbiamo quindi indagato le abitudini di acquisto e di consumo del vino, analizzando nello specifico alcuni temi. È stato chiesto in primis di indicare il primo vino che venisse in mente:

FREQUENZA D’ACQUISTO

OCCASIONE DI CONSUMO

Analizzando l’acquisto per fasce d’età: -  Gli over 50 si dividono in due

categorie: coloro che bevono vino molto frequentemente (tutti i giorni o più di una volta a settimana) e chi mai;

-  I giovani (16-35 anni) consumano vino in misura minore (più di una volta al mese).

Analizzando il consumo per fasce d’età: -  Gli over 50 consumano vino a

casa o al ristorante; -  I giovani consumano vino fuori

casa (come aperitivo o dopo cena).

QUESTIONARIO (2)

FATTORI CHE INFLUENZANO LA SCELTA DELL’ACQUISTO

Dai risultati si evince che i fattori principali che guidano la scelta d’acquisto sono: -  Certificazioni IG; -  Prezzo. Mentre l’annata di produzione e il packaging sono gli elementi meno considerati.

SCELTA D’ACQUISTO VINO BIO

L’interesse per il vino biologico è ancora molto basso: solo il 6,5% dei rispondenti si è dimostrato molto interessato al tema del vino biologico, mentre il 64% è poco o per niente interessato. Nonostante ciò, è prevede un aumento della quota di mercato dei vini bio.

QUESTIONARIO (3)

LIVELLO DI CONOSCENZA DEL MONDO DEI VINI

Il livello di competenza e conoscenza del mondo vitivinicolo è ancora basso: -  Meno del 50% dei rispondenti ha una corretta conoscenza delle certificazioni IG.

Infatti, alla domanda «quale certificazione indica il più alto livello di qualità?», solo poco più del 40% degli intervistati ha dato la risposta corretta.

-  La maggior parte dei rispondenti si giudica poco o per niente esperto della materia (90%).

QUESTIONARIO (3)

NORMATIVA COMUNITARIA Regolamento (CE) n.1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, è relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, si tratta cioè della regolamentazione unica dell’UE che norma il settore vitivinicolo. Gli obiettivi dell’OCM sono: •  Conseguire un migliore equilibrio tra domanda e offerta sul mercato comunitario; •  Rendere il settore più competitivo a lungo termine; •  Consentire ai produttori di trarre profitto dai mercati in espansione; •  Eliminare il ricorso all’intervento come sbocco artificiale per la produzione eccedentaria; •  Mantenere tutti gli sbocchi tradizionali dell’alcol per uso alimentare e dei prodotti della vite; •  Tener conto delle diversità regionali; •  Riconoscere il ruolo delle organizzazioni di produttori e di quelle interprofessionali (o equivalenti); •  Semplificare notevolmente la legislazione in questo campo, proseguendo il processo di chiarimento

della politica agricola comune avviato nel 1995 e ripreso nell’agenda 2000. L’OCM vino è anche la misura che concede finanziamenti e contributi per i produttori vitivinicoli. In Italia opera con bandi annuali emessi dal Ministero per le Politiche Agricole e da ogni regione o provincia autonoma, con contributi a fondo perduto dal 40% all’80%. La prima organizzazione comune del mercato vinicolo risale al 1962, con il regolamento (CEE) n. 24/1962. Dopo la sua entrata in vigore, essa ha subito profonde riforme nel 1979, nel 1987 e nel 1999, con il regolamento qui illustrato. Dopo numerose modifiche apportate a partire dalla sua entrata in vigore nel 2006, la Commissione ha aperto il dibattito sulla riforma dell’OCM del vino (FR), arrivando così all’adozione del regolamento (CE) n. 479/2008 che introduce una vasta riforma dell’OCM vitivinicola. Il regolamento (CE) n. 1493/1999 è abrogato dal 1° agosto 2008.

NORMATIVA NAZIONALE La legislazione delle Denominazioni d’Origine e delle Indicazioni Geografiche in Italia ha attraversato varie fasi: 1.  Dpr n. 930 del 12 luglio 1963; 2.  Legge n.164 del 10 febbraio 1992, “Nuova disciplina delle denominazione

d’origine”; 3.  Reg. 479/2008, in vigore dal 1 agosto 2009: riforma della normativa con l’avvento

della “Nuova OCM del vino” e l’istituzione delle DOP e IGP dei vini che aggregano le precedenti denominazioni d’origine;

4.  D.Lgs n. 61 dell’8 aprile 2010, disciplina l’enologia italiana di qualità, classificando i vini in tre categorie:

1.  Vini da tavola; 2.  Vini di qualità prodotti in regioni determinate (VQPRD): DOC e DOCG; 3.  Vini speciali (liquorosi, passiti, spumanti, aromatizzati).

L’obiettivo di questa normativa è di migliorare le tutele per i consumatori e semplificare l’apparato burocratico, ridefinendo anche il ruolo del Comitato Nazionale ”vini d’origine” per la tutela e la valorizzazione delle DOP e IGT dei vini. La legislazione sancisce anche l’istituzione del Comitato Nazionale DOP e IGP, organo del MIPAAF con competenza consultiva e propositiva.

VALORITALIA Valoritalia è un’azienda che si occupa di certificazioni vini, certificazioni biologiche e certificazioni volontarie.

La sua mission è quella di «contribuire alla crescita del sistema vitivinicolo, per il tramite di una politica improntata ad una sempre maggiore inclusione di risorse e funzioni».

Valoritalia è nata nel 2009, ad oggi ha certificato 1,6 miliardi di bottiglie e può contare su 200 collaboratori.

Dal 2001 l’azienda svolge controlli erga omnes, che in passato erano di competenza dei consorzi.

Le bottiglie certificate VALORITALIA offrono ai consumatori la massima sicurezza e tracciabilità.

Tuttavia, molte aziende vitivinicole ritengono che tale ente non incentivi la produzione o la volontà di ottenere certificazioni, in quanto rappresenta un costo non indifferente per i produttori. Questi ultimi ritengono infatti che le analisi vengano svolte troppo frequentemente e con regole eccessivamente severe.

TRACCIABILITÀ (1) La certificazione di rintracciabilità di filiera agroalimentare, secondo la norma UNI 10939 del 2001, attesta che, con ragionevole attendibilità, viene garantita e documentata la rintracciabilità del prodotto lungo tutte le sue fasi della sua elaborazione: partendo dai viticoltori che conferiscono l’uva, passando alle cantine che trasformano l’uva in vino e per finire con l’agente che confeziona il vino, coinvolgendo quindi tutti i soggetti della filiera.

I vantaggi di questo sistema si traducono in un valore fondamentale: la trasparenza verso i consumatori. Più precisamente i vantaggi della certificazione di rintracciabilità sono:

•  La certificazione rappresenta un’ulteriore garanzia per l’acquirente perché gli si offre un prodotto alimentare con un processo gestito e controllato fin dall’origine e luogo della filiera;

•  La gestione per lotti permette di identificare in ogni momento i flussi materiali e le attività che hanno contribuito alla produzione del prodotto finito;

•  La possibilità di richiamare agevolmente il prodotto in situazione di emergenza, riuscendo a identificare l’ente responsabile, evitando che il sospetto si allarghi a tutti i soggetti coinvolti nell’ottenimento del prodotto;

•  La maggiore responsabilizzazione comune tra fornitori e intermediari, accomunati dalla condivisione dei principi della filiera.

TRACCIABILITÀ (2) Il Regolamento CE n. 436/2009 dell’UE, relativo alla tracciabilità dei prodotti vitivinicoli, afferma che occorre fornire agli Organismi responsabili di controllare la detenzione e l’immissione sul mercato dei prodotti vitivinicoli gli strumenti necessari per eseguire un controllo efficace. Questi strumenti sono:

•  Lo schedario e dichiarazioni vendemmiali;

•  Documenti di trasporto;

•  Registri.

CONTROLLO INTERNO VOLONTARIO Le attività di controllo interno possono riguardare:

•  Auto-controllo interno: garanzia dei livelli di sicurezza e di qualità dei prodotti ottenuti;

•  Filiera controllata: garanzia sulle responsabilità dei diversi attori della filiera (GDO e altri).

ETICHETTATURA Per quanto riguarda le indicazioni obbligatorie e facoltative riportate nel sistema di etichettatura, il Regolamento CE n. 607/2009 specifica che:

•  Le indicazione obbligatorie sono: titolo alcolometrico volumico, volume nominale recipiente, imbottigliatore, provenienza, tenore di zucchero, numero lotto, allergeni.

•  Le indicazione facoltative sono: annata, varietà di vite, tenore di zuccheri residui, simboli comunitari DOP e IGP, nome dell’azienda, metodo di produzione.

Le quattro immagini successive rappresentano esempi di etichettatura delle bottiglie, con l’inserimento delle indicazioni obbligatorie e di alcune facoltative, le più frequenti.

VinosenzaDOPoIGP VinoIGP VinoDOPoIGP VinoDOCoDOCG

ETICHETTATURA (2) Esempio di etichetta sbagliata e corretta

CERTIFICAZIONI (1) La classificazione della Comunità Europea suddivide i vini in due tipologie: 1.  Vini con denominazione geografica: i vini con una correlazione stretta con il

territorio di coltivazione delle uve con cui sono prodotti e che si inseriscono in un percorso di vinificazione regolamentato. Appartengono a questo gruppo i vini corrispondenti alle classificazioni europee IGP (Indicazione Geografica Protetta) e DOP (Denominazione di Origine Protetta);

2.  Vini senza denominazione geografica: i vini non necessariamente riconducibili a vitigni specifici o a zone di produzione definite e non vincolati da regolamenti per la vinificazione. Sono i vini numericamente più diffusi in Italia, quelli comunemente noti come “vini da tavola” sebbene tale dicitura, inquadrata dalla vecchia normativa, oggi non sia più legale poiché la Comunità Europea ha voluto sfrondare il più possibile le denominazioni. Si distinguono oggi tra vini varietali (si rivendica l’utilizzo di particolari vitigni e/o dell’annata di produzione) e vini generici (o vini comunitari).

Tuttavia la normativa italiana ha introdotto alcune varianti rispetto alle linee guida europee: 1.  La sigla IGT (Indicazione Geografica Tipica) può

essere utilizzata in luogo della sigla IGP; 2.  Le classificazioni DOC (Denominazione di

Origine Controllata) e SOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) in luogo della classificazione DOP introdotta dall’Europa.

CERTIFICAZIONI (2) Le regole che normano i vini a denominazione di origine sono raccolte nei disciplinari che definiscono gli standard qualitativi di produzione per i vini DOC e IGT, di produzione e imbottigliamento per i vini DOCG. I disciplinari definiscono per ciascuna denominazione di origine: le zone di produzione dell’uva, la resa massima per ettaro, il titolo alcolometrico minimo e alcune caratteristiche fisico-chimiche e organolettiche distintive. Ogni anno, apposite commissioni verificano che il vino di ogni singolo produttore soddisfi tali requisiti. Risulta quindi evidente che l’intenzione del legislatore, sia europeo che italiano, è stata quella di valorizzare le tipicità e di tutelare i consumatori rispetto a frodi e sofisticazioni, anche a costo di appesantire, e non poco, gli adempimenti burocratici a carico di produttori e imbottigliatori.

NUMERI DELLA DOP E IGP NEL 2014 Fonte: ISMEA

Totale riconoscimenti Italia: 523

•  73 DOCG; •  332 DOC; •  118 IGT.

*Vini e spumanti venduti prezzo Iper+ Super+ Liberi servizi

CERTIFICAZIONI: PRO O CONTRO?

Nonostante l’attenzione e l’importanza accordata dalla normativa al tema delle certificazioni di origine, non sempre queste sono percepite come significative dai consumatori. Infatti, come sarà evidenziato anche nell’analisi delle referenze, spesso i produttori, per di più di piccole dimensioni, sono dubbiosi sul mantenimento della certificazioni. Queste costituiscono per loro un costo elevato, soprattutto per i prodotti DOC e DOCG, che non li ripaga con un aumento delle vendite, rimaste spesso invariate. Le soluzioni che adottano possono essere: •  Una riduzione del livello della certificazione, passando per

esempio da una DOC a una IGT; •  L’abbandono della denominazione. Il valore delle certificazione è legato perlopiù all’esportazione. Si tratta infatti di un elemento di importanza che influenza l’acquisto dall’estero. Il consumatore straniero si sente rassicurato dalla denominazione, data anche l’impossibilità di conoscere bene il prodotto/produttore. In Italia invece la vendita è spesso legata alla conoscenza del produttore o al prezzo del vino.

CLAIM SALUTISTICI E NUTRIZIONALI Secondo il Regolamento “Claims” (reg. CE n. 1924/06):

Articolo 4

“3. Le bevande contenenti più dell'1,2 % in volume di alcol non possono recare:

a) indicazioni sulla salute;

b) indicazioni nutrizionali diverse da quelle relative a una riduzione nel contenuto alcolico o energetico.”

Problema di grande attualità e che interessa soprattutto l’enologia biologica. Finora c’è stata una forte opposizione dell’opinione pubblica europea, dei consumatori e di molti viticoltori, addirittura superiore a quella presente in altri settori dell’agricoltura. Esempi: il manifesto contro le viti OGM promosso in Italia dall’Associazione Città del Vino, sostenuto da molte associazioni e produttori, e poi, passando alla Francia, il movimento di opposizione alle sperimentazioni in pieno campo sulle viti OGM da parte dell’INRA (Institute National de la Recherche Agronomique), sostenuto da alcune tra le più prestigiose cantine del mondo (come Romanée Conti e Chateau Latour, riunite nell’associazione Terre et Vin du Monde).

OGM

VINO BIOLOGICO (1) Il Regolamento Europeo 203/2012 della Commissione, dell’8 marzo 2012, modifica il regolamento (CE) n. 889/2008 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio in ordine alle modalità di applicazione relative al vino biologico. Tale modifica ha permesso finalmente di regolarizzare il settore del vino biologico, soggetto da anni a controversie.

In primo luogo la normativa stabilisce nuove regole per quanto riguarda la produzione di prodotti vinicoli biologici, delineando anche le modalità di vinificazione. Il Regolamento stabilisce infatti le pratiche enologiche ammesse, identifica l’uso di alcuni prodotti e sostanze durante la fase di vinificazione e chiarisce che il vino biologico si produce solo con uve biologiche.

Inoltre i viticoltori, dal primo agosto 2012, possono utilizzare la dicitura «vino biologico» e apporre il logo europeo in etichetta. Il Regolamento specifica anche che i vini delle annate precedenti al 2012 possono usufruire di questi vantaggi, purché si possa dimostrare che le tecniche di vinificazione utilizzate abbiano rispettato le specifiche del Regolamento 203/2012.

L’azienda vitivinicola produttrice necessita di una certificazione di conformità da parte di un ente certificatore. Ogni produttore biologico certificato, all’interno dei limiti e delle disposizioni imposte dalle normative, seguirà la propria condotta specifica, utilizzando le pratiche enologiche che più si avvicinano al concetto personale di “agricoltura sostenibile”.

VINO BIOLOGICO (2)

Per quanto riguarda gli ingredienti e i coadiuvanti, la normativa prevede che:

•  Siano ammessi quasi tutti i coadiuvanti di origine naturale, con la raccomandazione di preferire l’origine biologica quando disponibile, e siano limitati quelli di sintesi. Un produttore biologico può infatti usare la metà del numero di coadiuvanti che può utilizzare un produttore convenzionale.

•  Sia obbligatorio l’uso di lieviti enologici biologici solo se sono della tipologia/ceppo adeguata alla vinificazione che si può condurre. Negli altri casi si può ricorrere a lieviti selezionati convenzionali, purché non OGM, o alla fermentazione spontanea o con i propri lieviti.

•  Sia fissato il tenore massimo di solfiti, tema oggetto di numerosi dibattiti in Italia e che, nell’ambito di questa ricerca, sarà approfondito in seguito. Il Regolamento ha posto il limite di solforosa totale per i vini rossi a 100 mg per litro (150 mg/l per i vini convenzionali) e per i vini bianchi/rosé a 150 mg per litro (200 mg/l per i vini convenzionali).

VINO BIOLOGICO IN ITALIA L’Italia è ai primi posti nel mondo per la produzione di vino biologico, e al secondo posto in Europa per la superficie vitata, dopo la Spagna. I valori relativi al biologico sono però tuttora in aumento sia in termini di superfici sia in termini di attenzione da parte dei consumatori. Inoltre, il dato in crescita relativo al vino biologico è in controtendenza rispetto al dato relativo alla superficie convenzionale che continua invece a diminuire.

Le cantine biologiche certificate in Italia sono circa 1.300 e vinificano circa 4,5 milioni di ettolitri di vino biologico. La regione con la maggiore produzione è la Sicilia dove quasi un ettaro su quattro coltivato a vite è bio, seguita da Puglia e Toscana.

A tre anni dal Regolamento 203/2012, il vino biologico è diventato, grazie a una maggiore chiarezza comunicativa, molto più attraente per i buyer della GDO e anche per i responsabili acquisti delle enoteche. Infatti nel 2014 si è assistito a una crescita del vino bio di 14 punti percentuali (Nomisma) nella GDO, a fronte di un calo di quasi l’1% del convenzionale. Il bio ha finito per rappresentare lo 0,4% del food venduto presso la GDO. Inoltre nel 2015 la percentuale di italiani che hanno acquistato almeno una bottiglia di vino biologico è aumentata di quasi il 15% , passando dal 2% nel 2013 al 16,8% nel 2015. Questo risultato è stato frutto del boom di vendite proprio presso la GDO e le enoteche/negozi specializzati.

Nonostante i risultati positivi, il vino biologico ha un ancora un enorme potenziale inespresso. Secondo Wine Monitor Nomisma, il 38% dei consumatori non beve vino biologico ma ha dichiarato di non farlo perché non trova il vino a marchio bio nei negozi/ristoranti che frequenta. Di questi, il 90% ha dichiarato di avere interesse ad acquistare il brand del vino preferito se questo inserisse una linea a marchio bio.

Infine, l’indagine condotta nel 2015 da Wine trend conferma il successo del vino biologico: il 4% dei consumatori italiani si fa guidare nella scelta del vino dalla presenza di un marchio bio (nel 2014 tale tasso non superava l'1%) e il 49% dei consumatori ritiene che i vini bio siano di qualità superiore rispetto ai vini convenzionali (quota che impenna al 68% tra chi già lo consuma).

SOLFITI I solfiti sono una categoria di sostanze chimiche impiegate comunemente nell’industria agroalimentare come conservanti. I loro compiti principali sono:

1.  Inibire l’azione di microorganismi (batteri) che potrebbero deteriorare il prodotto;

2.  Agire su alcuni enzimi che si trovano comunemente negli alimenti e che, insieme all’ossigeno, determinano un deterioramento delle caratteristiche organolettiche, facendo perdere al prodotto il sapore e il gusto originale.

Nel caso del vino non vengono aggiunti solo artificialmente ma la fermentazione alcolica del vino ne produce in modo naturale. Spesso però la loro quantità non è sufficiente e si rende necessaria l’aggiunta di solfiti da parte del produttore, già al momento dell’arrivo in cantina. Infatti la loro presenza nel vino è in genere riconducibile ad additivi e trattamenti utilizzati nel processo di vinificazione per una migliore conservazione del vino.

Le quantità e le modalità di utilizzo dei solfiti dipendono da diverse variabili, quali il varietà di uva, le sue caratteristiche e il tipo di vino. Per il vino bianco, ad esempio, sono necessarie quantità di solfiti maggiori rispetto al rosso.

SOLFITI: IL DIBATTITO Negli ultimi anni il dibattito sull’impiego dell’anidride solforosa e dei solfiti chimici nella pratica enologica si è riacceso grazie al debutto di una nuova categoria di vini, quelli biologici, che anche l’Unione Europea ha recentemente certificato con un marchio di qualità. Una delle peculiarità distintive di questi vini è quella di abbattere quanto più possibile l’uso della chimica sia in cantina sia in vigna, tagliando per esempio la quantità di solfiti utilizzati nella vinificazione.

I solfiti possono avere infatti effetti tossici e allergenici sull’organismo umano, tanto che , nel 1994, il comitato scientifico per l'alimentazione umana ha stabilito un'ADI (dose giornaliera ammissibile) di 0-0,7 mg/kg bw e ha ritenuto opportuno restringere l'uso di anidride solforosa e altri solfiti in modo da limitare l'occorrenza di reazioni asmatiche gravi. Anche la normativa europea ha preso provvedimenti, imponendo l’indicazione in etichetta della dicitura «contiene solfiti/anidride solforosa» se il contenuto di solfiti del vino supera i 10 mg per litro.

La direzione intrapresa da molte aziende produttrici è quella della limitazione massima del loro utilizzo e, indubbiamente, il futuro tende verso un sempre minore impiego di elementi chimici, a favore di una produzione sempre più naturale. Questo trend è dimostrato dalla crescita del comparto del vino biologico a cui si assiste negli ultimi anni.

LA PIRAMIDE DELLA QUALITÀ DEI VINI

VINI DOCG

VINI DOC

VINI IGT

VINI VARIETALI

Abbiamo deciso di presentare le cinque referenze da noi scelte utilizzando la piramide della qualità, in modo da illustrare i molteplici livelli di gerarchia presenti all’interno del mondo vitivinicolo.

TAVERNELLO Il Tavernello rappresenta uno dei principali prodotti di Caviro, una Cooperativa Agricola che riunisce viticoltori su tutto il territorio italiano. L’azienda, con sede centrale a Faenza, nasce nel 1966 e riunisce oggi 32 cantine situate su tutto il perimetro italiano ed è considerata una realtà leader nel panorama vinicolo nazionale e internazionale. Il consorzio Caviro si focalizza da sempre su innovazione tecnologica e qualità. La loro strategia in continua evoluzione prevede l’acquisizione di stabilimenti, di grandi consorzi e marchi affermati e un forte orientamento al marketing. Questa gli ha permesso di diventare il primo produttore italiano di vini, una posizione importante che però non rappresenta un traguardo ma il punto di partenza per il perseguimento di obiettivi sempre nuovi. I soci produttori coltivano una superficie pari 6 % del totale terreno a vigna italiano.

TAVERNELLO: 1° PRODUTTORE

La fama del vino Tavernello non è sicuramente dovuta alla sua qualità, non percepita presso i consumatori come elevata. Il Formato Brick e il prezzo basso non contribuiscono a formarla. Nonostante ciò, il posizionamento di Tavernello ha permesso alla marca di diventare primo produttore di vino in Italia, con un grande successo presso il pubblico. Dopo il successo di questo formato iniziale, l’azienda ha cercato di risollevare il valore della marca introducendo proposte di vino in bottiglia e puntando su elementi quali la tracciabilità, l’adesione a certificazioni volontarie e l’introduzione di un vino con certificazione europea.

CHARDONNAY-TAVERNELLO

«Tavernello, con lo Chardonnay varietale Bianco d’Italia e Syrah Cabernet varietale Rosso d’Italia ha raggiunto la finale ottenendo punteggi di 85 e 84/100.»

*Risultati delle degustazioni del prestigioso Concorso Internazionale Mondus

Vino varietale Bianco 12% vol.

Lo Chardonnay è un vitigno vigoroso, originario della Borgogna, dalla produzione abbondante.

A differenza di molti vini bianchi, si presta ottimamente alle pratiche enologiche di affinamento ed invecchiamento che permettono ai sentori fruttati, tipici del vitigno, di evolvere verso aspetti olfattivi terziari, con note di frutta secca, tostata.

La scelta di proporre un vino varietale permette di offrire una qualità d’eccellenza italiana ad un ottimo rapporto qualità prezzo.

TRACCIABILITÀ (1)

La marca Tavernello investe nell’intera filiera, dalla vigna al poliaccoppiato, con controlli rigorosi da parte dei tecnici qualificati durante l’intero processo di vinificazione, dalla vigna al magazzino del prodotto finito.

Unico grazie anche alla Filiera Viticoltori Tavernello, “Dalla Vigna alla Tavola”, che offre trasparenza ai consumatori, monitorando ogni fase del processo di preparazione del prodotto, dalle uve al confezionamento, Tavernello è anche conveniente grazie ad un efficiente gestione dei costi, basata sul rapporto diretto con i Soci Viticoltori e sulle notevoli economie di scala consentite dai grandi volumi lavorati salvaguardando le caratteristiche qualitative originarie delle uve Italiane al 100%.

L’azienda Tavernello rispetta quindi il Regolamento CE n. 1234/2007 dell’OCM che assicura la rintracciabilità dei prodotti vitivinicoli.

TRACCIABILITÀ (2) Il Tavernello è all’assoluta avanguardia per quanto riguarda la rintracciabilità: digitando nell’apposita pagina del sito web il codice riportato su ciascuna confezione è possibile conoscere la provenienza del vino (vitigno di produzione e specifica azienda agricola).

L’azienda Tavernello rispetta quindi il Regolamento CE n. 178/2002 che garantisce la capacità di ricostruire la storia di un prodotto e delle sue trasformazioni con informazioni documentate.

TRACCIABILITÀ (3) Il decreto MIPAAF n. 381 del 19 marzo 2010 garantisce un sistema di controllo e certificazione vini dei Varietali e annata di produzione delle uve. Esso prevede:

•  L’applicazione di una procedura di controllo documentale e non un piano di controllo (art. 5 del decreto ministeriale 19 marzo 2010, n. 381);

•  La scelta di uno dei soggetti idonei al controllo e alla certificazione dei vini varietali.

I controlli sono a carico dei soggetti imbottigliatori. È inoltre prevista la trasmissione all’Organismo di controllo della richiesta di imbottigliamento della partita di vino oggetto di certificazione, unitamente alla documentazione atta a legittimarne la provenienza varietale e/o l’annata.

ETICHETTATURA

INDICAZIONI OBBLIGATORIE

•  Titolo alcolometrico volumico: 12% vol.;

•  Volume nominale recipiente: 750 ml;

•  Imbottigliatore: Caviro S.C.A. Faenza, nella cantina di Forlì;

•  Provenienza: Italia;

•  Tenore di zucchero;

•  Numero lotto: 29147;

•  Allergeni: contiene solfiti.

INDICAZIONI FACOLTATIVE

•  Annata: NO;

•  Varietà di vite: uve Chardonnay

italiane;

•  Tenore di zuccheri residui: NO;

•  Nome dell’azienda: Tavernello;

•  Metodo di produzione: NO.

CERTIFICAZIONI VOLONTARIE La globalizzazione dei mercati e l’esigenza sempre crescente per il rispetto dell’ambiente hanno spinto la cooperativa ad adottare un approccio più attento e sensibile verso l’ambiente. Questo impegno si è concretizzato dal 2003 con l’adesione volontaria alla norma UNI EN ISO 14001:2004 e consiste:

•  Nel riciclaggio per la riduzione del consumo di energie non rinnovabili e rifiuti inutili;

•  Nella riduzione del consumo di acqua;

•  Nell’incoraggiamento di tutti gli stakeholders (organico, collaboratori, fornitori e clienti) alla sensibilità e al senso di responsabilità per l’ambiente, attraverso formazione, comunicazione e incentivi.

CERTIFICAZIONI VOLONTARIE (2)

Il logo Viticoltori Tavernello rappresenta la garanzia per i soci viticoltori al Tavernello.

Tutti i viticoltori Tavernello devono superare scrupolosi controlli, che si aggiungono a quelli previsti per legge, e rispettare elevati parametri qualitativi richiesti dal consorzio.

Il processo di filiera viene seguito dal Controllo Qualità, che garantisce il prodotto in ogni fase: dalla coltivazione dell’uva a quando arriva sulla tavola del consumatore finale, il tutto con la garanzia della certificazione ISO 9001.

MARKETING TAVERNELLO Tavernello, è un marchio della Caviro, ed è uno dei cinque vini più venduti nel mondo. Nel 2011, per il Tavernello brik è stata lanciata un’ innovativa campagna, Tavernello nel mondo, che puntava a comunicare il valore dell’italianità, sottolineando la qualità e l’origine controllata delle uve italiane. Tale comunicazione è ben supportata anche dal sito aziendale, nel quale è dedicata una sezione apposita alla rintracciabilità.

PINOT NERO VALLAGARINA IGT

Il Pinot nero è un vino tipico della viticoltura francese, in particolare della Borgogna. Nonostante ciò, la varietà è arrivata in Alto Adige già dal 1838, diventando nel tempo parte del patrimonio enologico della provincia di Trento.

Il vitigno richiede grande impegno: la vinificazione è complessa e rappresenta una grande sfida per l’enologo. Nonostante ciò, è considerato di qualità e spesso tra i vini «selezionati».

Per il Trentino Alto Adige, il quantitativo di uva prodotta annualmente è 20 mila quintali, mentre la superficie vitata è 270 ettari.

L’area di coltivazione comprende le aree collinari più vocate di tutto il Trentino.

Il Pinot Nero nel nostro caso segue il disciplinare «Vallagarina IGT».

PINOT NERO SPAGNOLLI – VALLAGARINA IGT

•  Composizione ampelografica: Pinot Nero;

•  Natura del terreno: Vigneto situato in alta collina – Patone a 500 mt di altitudine in terreni di ricco di scheletro e tendenzialmente argilloso;

•  Colore: Rosso rubino con riflessi granati;

•  Vinificazione: in rosso. Macerazione a 13-15 giorni. 24 mesi in barriques prima dell’imbottigliatura;

•  Gradi alcolici: 9,0% vol. : 11,0% vol. per la tipologia «novello»

•  Prezzo: alto rispetto alla media del mercato. Le ragioni sono l’invecchiamento in barriques, la poca resa di produzione di quest’uva e il fatto che lavorano solo sul fiore

•  Vendita: attraverso il loro punto vendita vendono a privati ai quali possono spiegare il valore del loro vino. A volte anche Ho.Re.Ca, per la quale però non hanno prezzi competitivi.

DISCIPLINARE VALLAGARINA IGT

“I vini devono essere ottenuti da coltivazioni idonee nelle province di Trento e di Verona;

Le condizioni ambientali devono essere quelle tradizionali della zona;

La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata non deve essere superiore, nell’ambito aziendale e per la Provincia di Trento, a 23 tonnellate per le tipologie bianco, rosso e rosato e a 19,5 tonnellate per le tipologie con specificazione di vitigno;

I vini devono provenire per almeno 85% da vigneti idonei, è consentito però effettuare la pratica di correzione con mosti, uve e vini provenienti da vigneti ubicati fuori dalla zona di produzione segnalata;

All’IG «Vallagarina» è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel disciplinare, compresi gli aggettivi scelto, superiore, fine, selezionato e similari;

Le norme sull’etichettatura sono quelle del Regolamento CE 607/2009.”

AZIENDA SPAGNOLLI Spagnolli, parte del Consorzio Vini Trentini, è un’azienda vinicola a conduzione famigliare presente sul mercato da 60 anni e la sua produzione media annua è 85mila bottiglie l’anno.

Per quanto riguarda la rintracciabilità, l’azienda vinifica uva proveniente solo da vigneti coltivati in Vallagarina e dedica particolare attenzione all’esposizione allo stato di maturazione dei diversi cultivar.

Spagnolli ha sempre dato molta importanza ai continui controlli dei processi di vinificazione e maturazione e partecipa a fiere quali Vinitaly e Vinum.

L’azienda ha deciso di non certificare i propri vini come DOC in quanto ritengono che non sia determinante per la qualità del prodotto. Inoltre, la certificazione comporta numerose analisi ma soprattutto degustazioni, molto problematiche in quanto soggettive; I loro vini si dividono tra «Vini Classici» e «Selezioni». Di queste ultime fa parte il Pinot Nero che abbiamo deciso di analizzare.

GUTTURNIO FRIZZANTE DOC

•  Composizione ampelografica: 60% Barbera 40% Croatina (Bonarda), come da disciplinare;

•  Natura del terreno: Medio impasto, sub-alcalino;

•  Sesti d’impianto: 5000 Piante/Ha; •  Colore: Rosso rubino brillante di

varie intensità; •  Gradi alcolici: 12,5% vol.; •  Zone di produzione delle uve:

Suddivise in più comprensori in provincia di Piacenza.

ETICHETTATURA

“I vini a denominazioni di origine controllata “Gutturnio” di cui all’articolo 1 del disciplinare devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica: Barbera: dal 55 al 70% Croatina (Bonarda): dal 30 al 45% La menzione “superiore” è consentita per il vino a DOC “Gutturnio”, prodotto nel rispetto del disciplinare, avente un titolo alcolometrico volumico minimo naturale e al consumo del 12,50% vol., immesso al consumo dopo il 1° aprile dell’anno successivo a quella della vendemmia. È consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.”

CANTINE 4 VALLI L’azienda “Cantine 4 Valli” è un gruppo storico formato dalle famiglie Ferrari e dalle famiglie Perini che nel tempo ha sviluppato varie linee di produzione, direttamente o indirettamente. Tra queste si ricordano il Poggiarello, Perini e Perini, Binelli, Borgofulvia e Romagnoli. Il loro mercato è diviso tra un 55% all’estero un 45% in Italia. L’Italia è suddivisa come segue:

•  35% GDO;

•  10% distributori HO.RE.CA. (enoteche, ristoranti).

Il 55% del mercato viene suddiviso come segue:

•  60% Russia (soprattutto GDO);

•  40% Cina, Europa (HO.RE.CA.), Stati Uniti.

L’azienda si sta convertendo al biologico ed hanno cominciato due anni fa il processo di conversione, che consiste nello smaltimento di tutti i prodotti chimici utilizzati per l’agricoltura. Per quanto riguarda le strategie adottate, in Italia per conquistare competitività hanno deciso di concentrarsi sulla qualità e sulla ricercatezza dei prodotti commercializzati. All’estero la battaglia è legata alla concorrenza con gli altri paesi (ad esempio Spagna, Francia, Argentina) ed è quindi focalizzata sul prezzo. Il prezzo viene costituito sulla base delle varie componenti di costo confrontate al commercio e la Camera di Commercio fornisce dei prezzi guida, ma vengono ritenuti dall’azienda inattendibili se non devianti.

Essendo l’Italia uno dei paesi più rigorosi nei controlli, le Politiche Europee non hanno un forte impatto sulla loro produzione vitivinicola. In Italia, il nome dell’azienda corrisponde ad un sinonimo e garanzia di qualità e quindi il consumatore acquista il prodotto se lo conosce. All’estero, nelle zone in cui non è conosciuto il nome dell’azienda, ha un valore preponderante la DOC, anche se non esiste una differenza così evidente tra un prodotto con o senza certificazione. Per questo motivo, per i vini poco conosciuti all’estero, come ad esempio la Malvasia DOC, l’azienda ha deciso di declassarli nel corso del prossimo anno.

SAUVIGNON FRIZZANTE DOC Questo vino naturalmente frizzante, è ottenuto esclusivamente da uve dell’omonimo vitigno, fermentate “in bianco”, ossia, senza le bucce.

•  Composizione ampelografica: Sauvignon minimo 85% - possono concorrere alla produzione uve di vitigni a bacca di colore analogo non aromatiche, idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna fino ad un massimo del 15%;

•  Colore: bianco;

•  Gradi alcolici: 12,00% vol.;

•  Certificazione: DOC Colli Piacentini;

•  Tipologia: fermo (è prevista la tipologia frizzante);

•  Produzione max. per ettaro: 100 q.li con resa in vino massima del 70%.

ETICHETTATURA

“Tutti i vini a denominazione di origine controllata "Colli Piacentini" recanti la menzione di vigna seguita dal toponimo che deve essere scritta immediatamente di seguito ai nomi di vitigno e di vino con caratteri di stampa di altezza, forma e dimensione non superiore a "Colli Piacentini” […]

Alla denominazione di origine controllata di cui all'art. 1 è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, scelto, selezionato, vecchio e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Per tutti i vini a denominazione di origine controllata "Colli Piacentini", è obbligatorio apporre sull'etichetta l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.”

AZIENDA AGRICOLA BARATTIERI – ALBAROLA DI VIGOLZONE (1)

L’azienda agricola Barattieri conta 3 dipendenti fissi (più rappresentanti e stagionali) e possiede 37 ettari vitati (con produzione a lotta integrata), che si trasformano in circa 130.000 bottiglie l’anno. La produzione soddisfa interamente la domanda attuale interna ma non sarebbe in grado di soddisfare l’eventuale domanda di esportazioni.

La suddivisione nei canali di distribuzione avviene come segue:

•  50% clientela privata (con vino sfuso, segmento destinato però a sparire);

•  50% è suddiviso equamente tra GDO e HO.RE.CA. (Regioni: Emilia Romagna e Lombardia).

I prezzi sono decisi in linea con quelli delle altre cantine della zona e con le indicazioni della Camera di Commercio di Piacenza, le quali sono rimaste costanti da 3 anni per GDO e Ho.Re.Ca.. Il prezzo ai privati aumenta ogni anno di 10 centesimi e viene stabilito comunque sulla base dei costi di produzione (trattamenti, mezzi agricoli, manodopera, materiale di imbottigliamento, …).

Negli ultimi anni l’azienda ha cercato di potenziare i canali di comunicazione come il sito internet e profili sui social network. La presenza del marchio DOC in etichetta non è sinonimo di maggiori vendite/miglioramento dell’immagine agli occhi del consumatore; anzi, il consumatore si fida del nome della cantina stessa e della qualità ad essa collegata.

La volontà di differenziazione ed esclusività dell’azienda si traduce nel fatto che le selezioni, i vini barricati e i passiti non sono trattati nella GDO, ma solo nel segmento HO.RE.CA.

L’azienda Barattieri, dopo aver aderito al Consorzio tutela vini DOC Colli Piacentini circa 20 anni fa, è recentemente uscita, in quanto i benefici derivanti dalla partecipazione non sono confrontabili con i costi derivanti dal pagamento della quota associativa e con la mancanza di rappresentatività.

AZIENDA AGRICOLA BARATTIERI – ALBAROLA DI VIGOLZONE (2)

KEY SUCCESS FACTORS AZIENDA BARATTIERI

Sono gli unici nella provincia di Piacenza ad avere un Sauvignon che, a differenza di Trentino, Veneto e Friuli, non è fermo ma mosso. Per mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche dei loro prodotti, inoltre, l’azienda non acquista nuove barbatelle ogni anno, ma riproduce il DNA delle loro viti ottenendo i relativi cloni. La selezione e raccolta dei grappoli avviene manualmente, in base al livello di maturazione e questo consente un alto mantenimento delle qualità organolettiche della materia prima.

BARBERA D’ASTI DOCG Il Barbera (o "la" Barbera secondo la tradizione piemontese) è, per

diffusione sul territorio, il più importante vitigno a bacca nera del

Piemonte, occupando circa il 35% dell’intera superficie vitata della

regione, che è, complessivamente, di circa 50.000 ettari.

•  Colore: rosso rubino tendente al rosso granato con

l’invecchiamento;

•  Odore: intenso e caratteristico, tendente all’etereo con

l’invecchiamento;

•  Sapore: asciutto tranquillo, di corpo, con adeguato

invecchiamento più armonico, gradevole, di gusto pieno;

•  Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

con indicazione di “vigna” 12,50% vol.;

•  Estratto non riduttore minimo: 24 g/l;

•  Acidità totale minima: 4,5 g/l.

RINTRACCIABILITÀ

PROGETTO "WINETRACE” (promosso dalla Regione Piemonte)

Cos’è? Un sistema dedicato alla tracciabilità e rintracciabilità di filiera del settore vitivinicolo e alla garanzia della certificazione delle eccellenze dell'enologia piemontese, come risposta agli interventi normativi emanati dall’Unione Europea, che richiedono la completa rintracciabilità delle produzioni agricole (Reg. CE 178/2002), ossia la “mappatura” della filiera produttiva di ciascuna produzione agricola secondo un concetto “from field to plate”.

Sono state prese in considerazione 6 vini piemontesi di alta qualità D.O.C. e D.O.C.G. (tra cui Barbera d’Asti D.O.C.G.) imbottigliati entro un anno dalla vendemmia 2010.

Obiettivo: supporto informativo ai diversi operatori della filiera e al consumatore finale che, dai codici riportati sulla fascetta di garanzia della bottiglia di vino acquistata, potranno conoscere il percorso compiuto dal vino a partire dalle superfici di origine delle uve da cui è ottenuto.

ETICHETTATURA (1) DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE CONTROLLATA E GARANTITA “BARBERA D’ASTI”. (G.U. n° 236 del 8 ottobre 2010)

La denominazione di origine controllata e garantita (D.O.C.G.) “Barbera d’Asti” è riservata ai vini rossi che rispondono alle condizioni ed ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie, specificazioni aggiuntive o menzioni: “Barbera d’Asti”; “Barbera d’Asti” superiore; anche con l’eventuale specificazione delle seguenti sottozone: “Nizza”, “Tinella”, “Colli Astiani” o “Astiano”.

ETICHETTATURA (2) Nella designazione e presentazione dei vini a D.O.C.G. “Barbera d’Asti”: •  È vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste

dal presente disciplinare di produzione, compresi gli aggettivi “extra”, “fine”, “naturale”, “scelto”, “selezionato”, “vecchio”, e simili;

•  È consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati, purché non abbiano significato laudativo, non traggano in inganno il consumatore e non si confondano con le “sottozone”;

•  La denominazione di origine può essere accompagnata dalla menzione “vigna” seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale purché la vinificazione e la conservazione del vino avvengano in recipienti separati […]. La menzione “vigna” seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale deve essere riportata in etichetta con caratteri di dimensione inferiore o uguale al 50% del carattere usato per la D.O.C.G. “Barbera d’Asti”;

•  È obbligatoria l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.

AZIENDA AGRICOLA BARBERIS, CORTEMILIA (CN)

Azienda famigliare dotata di 6 ettari di vigneti.

Si contraddistingue per i suoi 9 km di terrazzamenti (muretti a secco) che strappano alle ripide colline piccoli lotti di terra coltivabili. Il singolare microclima creato “dalle terrazze”, la vicinanza al mare, il terreno marnoso e la qualità del lavoro creano un terroir unico, che permette di raggiungere e garantire un elevato standard qualitativo, ottenendo un vero e proprio prodotto di nicchia.

Caratteristica dell’azienda: pieno controllo della filiera viticola, dalla barbatella al vino !viene realizzato l’intero processo di filiera

Vino: ottenuto esclusivamente dalle uve aziendali. I vitigni coltivati sono moscato, dolcetto, Chardonnay, barbera (per Barbera d’Asti D.O.C.G.) e Merlot.

La produzione annuale di circa 12.000 bottiglie di vini DOC/G si ottiene trasformando il 25% circa delle uve aziendali, percentuale volutamente mantenuta tale a garantire un elevato standard qualitativo.

I trattamenti in vigneto, sono ridotti al minimo e nel pieno rispetto dell’ambiente; le successive lavorazioni in cantina sono controllate, permettendo la produzione di un prodotto paragonabile ad uno biologico.

Obiettivo principale: mantenere l’artigianalità proponendo vini di carattere e unici nel loro genere.

AZIENDA AGRICOLA BARBERIS, CORTEMILIA (CN) L’azienda è parte del Consorzio di tutela del Barbera d'Asti perché tutela la denominazione, i consumatori e fa attività promozionali in Italia ed all'estero. I clienti si suddividono tra privati (pari al 70%) e canale Ho.Re.Ca. (30%). Le strategie di promozione comprendono i marchi DOC e DOCG che aiutano il canale Ho.Re.Ca. a rivendere il prodotto e la partecipazione a fiere di settore e manifestazioni. DOC e DOCG sono fondamentali per una cantina che non gode di un nome di spicco nel settore vitivinicolo e per agevolare la rotazione dei prodotti nell’Ho.Re.Ca., ma non contano invece nella vendita diretta, dove il consumatore si fida della cantina stessa. La differenziazione dell’offerta si donda sulla disponibilità e sulla consulenza pre e post-vendita (sensibilizzazione del cliente sulla differenza tra vini industriali e di azienda agricola, in termini di provenienza e metodologie applicate tramite visite guidate e wine tours in azienda). La produzione dell’azienda non è biologica, ma è ottenuta limitando il più possibile i prodotti chimici per garantire prodotti sani e genuini.

CHARDONNEY TAVERNELLO

PINOT NERO SPAGNOLLI

POGGIARELLO 4 VALLI

SAUVIGNON BARATTIERI

BARBERA BARBERIS

CERTIFICAZIONE NO IGT DOC DOC DOCG

TRACCIABILITÀ Filiera Viticoltori Tavernello con

sistema di controllo online.

Solo uva di vigneti di

Vallagarina con controllo

continuo lungo la filiera.

Wintrace (supporto informativo per gli

operatori della filiera il consumatore).

ETICHETTATURA Rispetto delle indicazioni

obbligatorie. Indicazioni facoltative:

nome azienda produttrice e

varietà di vite.

Rispetto delle indicazioni

obbligatorie.

Rispetto delle indicazioni

obbligatorie.

Rispetto delle indicazioni

obbligatorie. Per i vini DOC

"Colli Piacentini" è obbligatorio

indicare l'annata di produzione

delle uve.

Rispetto delle indicazioni

obbligatorie. Per i vini DOCG è

obbligatorio indicare l'annata di

produzione delle uve.

CANALI DISTRIBUTIVI

GDO PDV privato e Ho.Re.Ca.

GDO e Ho.Re.Ca.

PDV privato, GDO e Ho.Re.Ca.

CONFRONTO TRA LE REFERENZE (1)

TAVERNELLO: Comunica il valore dell’italianità e l’origine delle uve italiane, grazie alla sezione nel sito dedicata alla rintracciabilità.

SPAGNOLLI: Non ha la certificazione DOC per scelta, ritengono che non sia quello che fa la qualità del prodotto, inoltre per ottenerla sono necessarie analisi e degustazioni: queste ultime sono più problematiche in quanto soggettive. CANTINE 4 VALLI: In Italia il nome dell’azienda vitivinicola rappresenta una garanzia di qualità e ricercatezza per il consumatore; all’estero, dove il nome dell’azienda non è conosciuto, la concorrenza si basa sul prezzo, in quanto la certificazione DOC è sinonimo di qualità. BARATTIERI: Negli ultimi anni è stato avviato un processo di potenziamento dei canali di comunicazione, ad esempio il sito internet e la presenza sui social network). BARBERIS: Offrono prodotti di nicchia e per questo vogliono promuovere valori come l’artigianalità, l’attenzione per la qualità e il rispetto dell’ambiente.

CONFRONTO TRA LE REFERENZE (2)

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