premio scamozzi

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Vi ARTE A rte. R icerca storica. T urismo. E nogastronomia www.viart.it Anno I N.1/2011 VICENZA, CONTRA’ DEL MONTE, 13 - INGRESSO PALAZZO MONTE DI PIETA’ - SEDE ViArt -

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Catalogo della mostra del Premio Vicenza, Palazzo Monte di Pietà dall'8 al 30 Ottobre 2011.

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ViARTEArte.R icerca storica.Turismo.Enogastronomia www.viart.it Anno I N.1/2011

VICENZA, CONTRA’ DEL MONTE, 13 - INGRESSO PALAZZO MONTE DI PIETA’ - SEDE ViArt -

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GUSTUS ITINERIS 2011VICENZA 29/30 OTTOBRESEDE DI ViArtPALAZZO MONTE DI PIETA’Contrà del Monte, 13

L’associazione Strada dei Vini dei Colli Bericiorganizza la VI^ rassegna enologica dei vini doc vicentini che si propone di far conoscere ai vi-centini, e ai numerosi turisti che visitano le ville progettate da Palladio, Scamozzi e dagli architetti del seicento vicentino, una antica tradizione vini-cola che conta ben 17 qualità D.O.C. Oltre a questa realtà in continua crescita, la zona conserva una secolare cultura della distillazione della grappa, di produzione dell’olio extravergi-ne DOP, del rinomato tartufo nero dei Berici, di pregiati salumi quali la sopressa vicentina DOP e il prosciutto Berico-euganeo DOP, di formaggi, miele e di una serie di preziose e uniche produ-zioni ortofrutticole quali i piselli di Lumignano, il radicchio rosso di Asigliano, il broccolo fiolaro di Creazzo e la ciliegia di Castegnero.

Per assaporare questi prodotti, abbinati ai vini dei colli berici, siete invitati al workshop enogastro-nomico di fine Ottobre in cui potrete degustare i migliori prodotti provenienti dalle migliori azien-de vinicole e agrituristiche che aderiscono all’As-sociazione.

All’ingresso verrà consegnato un calice omaggio e una sacca portabicchiere personalizzata dal logo “Strada del vino dei colli Berici” per compiere l’itinerario sensoriale allestito dall’associazione nella bellissima “Sala del Capitolo”, situata al primo nobile del Palazzo del Monte di Pietà.

VIART , CENTRO ESPOSITIVO DELL’ARTIGIANATO ARTISTICO VICENTINO PALAZZO DEL MONTE DI PIETA’- Contrà del Monte,13 - VICENZA Martedì, giovedì, sabato e domenica: 10:00-12:30; 15:00-19:00 mercoledì, venerdì: 15:00-19:00 PREMIO SCAMOZZI Dall’8 al 30 Ottobre GUSTUS ITINERIS 2011Dal 29 al 30 Ottobre

GIOIELLI IN CERCA D’AUTOREfino al 30 Ottobre

Sala del Capitolo e immagini dell’allestimento delle sale espositive.

Palazzo Monte di Pietà, Contrà del Monte, 13 Vicenza - Centro Storco Sala del Capitolo - all’interno di VIART Centro espositivo dell’Artigianato Vicentino

CONCORSO

IL RINASCIMENTO VENETOLE CATEGORIE DELLA PERCEZIONE nelle immagini dell’arte contemporanea

PREMIO SCAMOZZIConcorso di arte contemporanea ispirato alle categorie estetiche del Rinascimento.

Mostra a Palazzo Monte di Pietàsede di ViArt - Vicenza

dall’8 al 30 Ottobremartedì - giovedì - sabato e domenica orario 10 - 12,30 - 15 - 19,00mercoledì e venerdì 15,00 - 19,00

ViArt ospita la mostra delle opere dei24 artisti che si confrontano con le categorie estetiche - cognitive codificate dall’arte rinascimentale.

A ViART, nel luogo in cui gli artisti-arti-giani vicentini mettono in mostra le loro bellissime opere, frutto di una tradizione profondamente radicata nella storia della bottega rinascimentale che vedeva il “maestro” insegnare l’arte della percezio-ne al “praticante”, e istruire il “garzone” alla preparazione dei materiali e degli attrezzi di lavoro, vengono esposte opere di artisti contemporanei al fine di valutare l’ipotesi di un filo di continuità con i principi teorici della percezione formulati direttamente, o implicitamente, dai maestri rinascimentali.

Il Rinascimento Veneto è stato un feno-meno artigianale, artistico, scientifico (architettonico) e intellettuale che ha lasciato in eredità un patrimonio culturale che non ha paragoni nel mondo. L’arte della percezione peculiare di questa terra riesce a coniugare perfezione esecutiva, funzionalità, originalità e valori estetici e sociali attraverso una sintesi creativa di elementi della tradizione e innovazione tecnica, stilistica e tecnologica

Se Andrea Palladio incarna una genia-lità compositiva frutto di un proficuo lavoro di recupero filologico della me-moria classica peculiare dell’approccio umanistico rinascimentale, Vincenzo Scamozzi rappresenta invece il punto di svolta da cui ha origine la figura moderna del “professionista” della percezione, sia esso artista, artigiano, architetto, designer, oppure giornalista, politico, consulente, o comune osservatore della realtà.

Da Scamozzi discende un “modello” caratterizzato da continue soluzio-ni innovative, tipico di chi osserva, metabolizza le immagini, crea, inventa, elabora, “brevetta”, produce e infine esporta il suo prodotto, frutto non solo di talento individuale, ma di una cultura del “vedere” che non si può disperdere, o, peggio ancora, dimenticare di possedere, o cedere a terzi.

24 ARTISTI

BERTONCELLI - GRECO - KACZIBA - BAROZZI TEODOROVA - ADANI - LANA- TROJANOWSKI

MIANI -FIGARA - PANARELLI - MENON PERSIA - MONEY - PACELLI - BORTOLANI

TAMAGNONE - D’ABRAMO - DI BACCO - COSTA MANZINI - MAGNUS - GROTTO - LORENZO

INAUGURAZIONE SABATO 8 OTTOBRE ORE 18.00

IL TEMAispirato dal sociologo Edgar Morin autore del libro “I sette saperi necessari al tempo futuro”

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“Tutto ciò che provoca solidarietà significative tra gli uomini risveglia sentimenti comuni di questo genere, le identificazioni. Su di esse riposa in buona parte l’assetto della società umana, il suo splendore e la sua decadenza” (Freud, “carteggio con Einstein”)

Lo “Splendore o la Decadenza” di una società o di un’epoca dipende principalmente dal sistema di autoregolazione dei costumi morali, dei comportamenti etici e delle aspettative di felicità che l’individuo, o la collettività nel suo insieme, attua tramite

l’identificazione con modelli elevati di coscienza e lo sviluppo della percezione individua-le e collettiva. La disinformazione, la censura della stampa, dei mezzi di comunicazione e di autoespres-sione, l’apatia nei confronti delle problematiche sociali e culturali e l’ignoranza, intesa come scarsa conoscenza di sè in quanto esseri umani dotati di diritti inalienabili (libertà, pace, giustizia), rappresentano i maggiori pericoli per la perdita di valori conquistati san-guinosamente con le rivoluzioni e le guerre di indipendenza del XVIII E XIX secolo.

Oggi più che mai siamo testimoni di un incessante processo di alterazione delle imma-gini e dei documenti su cui si basa, sempre più frequentemente, il fenomeno della sugge-stione e della manipolazione della percezione individuale e collettiva. Ciò avviene a ogni livello e investe il fenomeno “macroscopico” della percezione satellitare che “certifica” in Iraq l’esistenza di depositi di armi chimiche e nucleari inesistenti, sia a livello microscopi-co ogni volta che l’immagine penetra all’interno della coscienza dell’Io per trasmettere una informazione o uno specifico messaggio che altera, in forme inconscia, le nostre decisioni di acquisto o la scelta di votare un politico rispetto ad un altro.

Quotidianamente assistiamo a una forma di iconoclastia alla rovescia, per cui nessuna immagine viene più censurata, ma di fatto possono emergere, farsi vedere e riconoscere quelle scelte dai critici più affermati, oppure dai responsabili di redazione dei giornali, delle televisioni e dei vari mezzi di informazione e comunicazione che le utilizzano in base al loro potere di veicolare una certa informazione meglio di altre. Al resto ci pensano le parole, i commenti e i sottintesi a ridurre l’immagine a semplice veicolo di suggestione emotiva e di istigazione alla battuta, al pettegolezzo o al gossip.

Si può vedere tutto, ma ogni contenuto di conoscenza trasmesso dall’immagine è fil-trato da una recensione, da un commento o dall’opinione di un esperto che veicola la percezione collettiva ed enfatizza determinati aspetti rispetto ad altri. Si potrebbe pensare, nella migliore delle ipotesi, che viviamo all’interno di una gestione democratica dei “punti di vista”, ma non è mai stato così.

L’Arte, in quanto libera e gratuita manifestazione della percezione creativa di un indi-viduo, si colloca quindi al di fuori dei giochi con cui le immagini si sovrappongono e si dispiegano, una dopo l’altra, per essere interpretate in modo diametralmente opposto dai “due schieramenti” attraverso logiche razionali che avvallano il proprio pregiudizio di fon-do o paradigma ideologico. Quando si verifica il fenomeno dell’assoluta inconciliabilità nella valutazione delle immagini provenienti dalla realtà, per cui uno stesso fenomeno di cronaca, sia esso sociale, econonomico o culturale, viene affrontato con criteri strumentali puramente demagogici, oppure finalizzati a mantenere ferme le proprie posizioni e pro-spettive, non si può non paragonare tale situazione a uno stato di schizofrenia e di bipolari-smo cerebrale che rappresenta il segno inequivocabile della malattia mentale e della vera decadenza del pensiero morale e del sentimento etico di una società.

Il concetto di decadenza è già presente sin dal Rinascimento, a dimostrazione di quanto gli artisti siano sensibili a ogni forma di lateralizzazione del pensiero che tende ad esclu-dere ciò che non è pertinente alla cultura egemone, per cui, ciclicamente, vari episodi di iconoclastia hanno impedito il normale sviluppo della percezione critica che si forma attraverso processi di integrazione delle differenze. Peter Brughel schematizza il concetto di Decadenza nella “Grande Torre di Babele”, opera che traduce simbolicamente, in una unica immagine, i due opposti modi di interpretare la realtà: la parte sinistra della torre, metafora del paradigma razionale-scientifico, giunge ad elevarsi fino a un “settimo piano” di conoscenza, mentre la parte sinistra, esplicito riferimento dell’irrazionalità delle con-vinzioni fondata su sistemi di credenze e superstizioni prive di senso critico, deflagra e si sgretola sotto il suo stesso peso dogmatico ed ideologico.

SPLENDORE E DECADENZA LA CULTURA DELL’IMMAGINE

ICONOCLASTIA E CULTURA

Differenti forme di iconoclastia si sono avvicendate nella storia contribuendo a plasmare e definire il nostro modo di guardare il mondo e rappresentarlo; non occorre attendere l’attuale civiltà delle immagini per accorgersi del loro tremendo potere. Platonici e islamici, ebrei e cristiani hanno fomentato dall’interno un pro-cesso di “distruzione e rigenerazione” che giunge a perseguire lo stesso me-desimo scopo: dimenticare la “sco-perta di Dio” generata dai processi di trasformazione della percezione in intuizione, lo strumento cognitivo uti-lizzato dagli artisti, dai filosofi e dai mistici rinascimentali per scoprire il significato simbolico contenuto nelle trame della mitologia e dei testi reli-giosi.

Con l’iconoclastia si vuole ritor-nare alla storia sacra, ma evitando le immagini che parlino da sole, di se stesse, al di fuori del contesto delle sacre scritture che invece designano, con assoluta determinazione di luogo, il nome di Dio di cui devono parlare. Oppure, abbiamo visto con la Riforma, si eliminano le immagini per vincere in partenza una battaglia che è propria di ogni religione monoteista, la lotta all’idolatria delle immagini partorite all’esterno dell’istituzione religiosa, e si censurano i simboli in cui sono racchiusi processi di autotrascendenza che sono propri della natura umana e della gnosi che accompagna da sem-pre, per ragioni squisitamente biologi-che, l’esperienza percettiva dell’allie-vo dell’Arte.

LA PERCEZIONE

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LA GRANDE TORREPARADIGMA DELLA DECADENZA

Solo dal centro della torre, metafora di un processo di integrazione della percezione psi-chica collettiva, generalmente ritenuta inaffidabile e non produttiva, all’interno delle strutture mentali razionali e intuitive, diventa possibile andare oltre la “coltre di nubi” ed emergere a una visione omnicomprensiva, a significa il ruolo dell’Arte di congiungere gli opposti, di integrare le differenze, di stimolare la riflessione morale, il sentimento etico e di risolvere i conflitti, le crisi, le paure le angoscie e la paura della decadenza economica, politica, sociale.

L’arte, così com’è intesa oggi, non ha certamente capacità di modificare la realtà, ma se ricollochiamo, come nel Rinascimento, la produzione artistica, letteraria, poetica e tutte le espressioni creative dell’essere umano, comprese quelle artigianali e industriali, all’interno di un “Unus Mundus” che ha come principio ispiratore le “categorie della percezione”, potrem-mo imparare a collocare le immagini nella giusta prospettiva, chiamata la “Nostra Arte”.

L’identificazione dell’individuo con i modelli di coscienza generati dalla società ha il suo fondamento nella percezione. E’ la percezione che guida l’individuo a soddisfare i bisogni, i desideri, le aspirazioni nel mondo materiale, e a intuire, secondo modalità comuni a tutti gli essere umani, ciò che è utile, buono e giusto per la convivenza civile, il benessere individuale e collettivo e lo sviluppo delle sensazioni e delle opinioni che possono modificare, in un con-testo politico democratico, le regole e le leggi.

In questo ultimo decennio, grazie all’avvento delle nuove tecnologie informatiche e della rete internet abbiamo assistito a una espansione abnorme della percezione della realtà in tutti i i suoi aspetti che ha proiettato ancor di più l’attenzione sul fatto di condivivere una globalizzazione mondiale delle immagini, al punto che gli esperti, i consulenti e i profes-sionisti della politica, del marketing, dei mercati azionari, dell’economia e della produzione sono legati tra loro dalla necessità di prevedere le crisi e intuire le vie di sviluppo vagliando quotidianamente gli indici numerici della borsa, i diagrammi del mercato, e le immagini te-levisive che informano in tempo reale sugli effetti sociali ed economici delle crisi locali sulle opinioni dei consumatori o sugli umori degli investitori. La percezione è sempre stata un fattore determinante per ogni sviluppo della società che riesce ad integrare, come rappresen-tato simbolicamente da Brueghel nella Piccola Torre, le modalità razionali della scienza con le potenzialità emotive e creative che sono implicite in ogni atto di fede, affinchè l’analisi, il vaglio critico, l’elaborazione e la sintesi dei contenuti impliciti in ogni visione non rimanga un inutile esercizio di aggiustamento o ristrutturazione di ciò che prima o poi rischia di precipitare.

Peter Brueghel, La Grande Torre, 1563.

LA PICCOLA TORRE Paradigma dello Splendore

La Piccola Torre dipinta da Brueghel si avvita elicoidalmente verso la sommità, attraverso una strutturazione armoniosa dei piani traforati da ampie aperture che alleggeriscono il peso e permettono alla luce di filtrare al suo interno.La metafora utilizzata dall’artista de-scrive in maniera eloquente un proces-so di evoluzione del sapere e del lin-guaggio specialistico che non può fare a meno di integrarsi con quello che gli è più simile, secondo una linea di con-tinuità ascendente che non rifiuta di dialogare con la memoria storia e l’arte della tradizione, da cui si è sostenuti e “puntellati”. Allo stesso tempo le ipotesi di crescita e le spinte all’innovazione non possono non allacciarsi a quel filo di continuità “spiraliforme” che si proietta verso il futuro, verso la sommità della “torre”, metafora di una società che si radica sulle fondamenta della propria cultura, piano dopo piano, ma non ha paura di costruire nuovi livelli di organizzazio-ne finalizzati alla crescita della qualità e dell’efficenza.Tradizione e innovazione devono dun-que essere collocate all’interno di un medesimo modello di crescita dei saperi necessari al tempo futuro. Tale modello, formato da “due aperture inferiori e due finestre superiori”, si ripete all’infinito, perchè rappresenta un archetipo della comprensione che non si può negare, alterare, modificare, o peggio ancora copiare da altri. La struttura cognitiva e produttiva può crescere fino alla vetta, e rifulgere nel suo splendore, se la luce dell’intuizione continua a filtrare al suo interno attraverso uno schema compo-sitivo razionale che delinea un preciso metodo: analisi, vaglio critico, elabora-zione intuitiva e sintesi delle opinioni, degli umori e delle impressioni prove-nienti dalla realtà esterna.

LA PREMESSA

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IL COMPASSO DI VINCENZOPERCEZIONE ED ESPERIENZA

Vincenzo Scamozzi nasce a Vicenza nel 1548 al culmine di un periodo di straordi-nario fermento intellettuale dovuto a una considerevole pubblicazione di libri stam-pati e alla loro rapidissima diffusione in tutta Europa. Già alla fine del XV secolo

Venezia era diventata il centro tipografico più importante e almeno 150 stamperie avevano già pubblicato oltre quattromila titoli, mentre Parigi ne aveva prodotte appena la metà. Nel 1483 stampare la traduzione di Platone fatta da Ficino costava tre volte di più che farne una copia da un amanuense, ma se ne ottenevano più di mille copie. La crescente disponibilità di libri incrementò in maniera esponenziale la divulgazione del sapere e agì da stimolo per l’erudizione filosofica e religiosa, fino ad allora appannaggio degli studiosi che gravitano all’interno delle biblioteche allestite da confraternite mona-stiche, Accademie e Università. Secondo Frances Yates il Rinascimento italiano deve la propria affermazione all’affermazione della stampa tipografica che diffuse non solo i testi dei filosofi della classicità greca e latina, che ispirò in quegli anni l’idealismo neoplatonico di Giorgione e il naturalismo aristotelico di Tiziano, ma anche numerosi trattati alchimistici che divulgavano, in forme didascaliche ed esoteriche, la nascita di una forma di spiritualità individualizzata in grado di conciliare cristianesimo, filosofia neoplatonica e l’ermetismo allora fiorente nelle Accademie.

La fortuna di Vincenzo Scamozzi fu di essere figlio di un impresario edile originario di Mantova che lo istruì, come dimostrano i documenti di una villa costruita su disegno del pa-dre, alle tipologie edilizie codificate da Serlio, e di incontrare il già celebre Palladio in pro-cinto di dare alle stampe i Quattro libri dell’Architettura con cui influenzerà l’architettura europea e del Nuovo Mondo (1570). Ma la sua vera fortuna fu quella di essere dotato di un talento percettivo che gli permise di trovare soluzioni originali anche in situazioni difficili, al punto di essere chiamato a ultimare lavori iniziati da altri, oppure a rimettere ordine con un rigore ed eleganza, a situazioni compromesse dal tempo o dall’imperizia.

Non si può sapere quanto giovane Vincenzo, appena ventisettenne, abbia tratto ispi-razione da Palladio per realizzare la Villa di Rocca Pisana, considerata la casa padronale più bella del mondo, sia dal punto stilistico che per il confort, l’illuminazione e l’amenità del luogo, La cosa certa è che da quel momento di straordinario estro creativo, ispirato alla più rigorosa geometria tridimensionale (il cubo, la semisfera e la semplicità del bu-gnato angolare), inizia per il giovane Scamozzi una carriera professionale che è frutto non solo dell’ingegno tecnico e scientifico, ma soprattutto da un continuo adattamento della percezione al genius loci, alle esigenze del committente, alla necessità di illumina-re adeguatamente gli spazi e alla incessante ricerca di soluzioni che al quel tempo rap-presentavano scelte innovative, originali, per non dire “impensate”, come quella di fo-rare le cupole per far entrare la luce dall’alto, o di creare grandi aperture di luce sulle pareti per dare risalto agli spazi più rappresentativi, come per Villa Molin a Mandria.

La novità del linguaggio scamozziano sta in volte ribassate, sistemi di illuminazione con lumi ad olio per caratterizzare le prospettive, scenografie di legno a fuoco unico perché lo sguardo di Vespasiano Gonzaga coincida col punto di fuga come nel teatro di Sabbioneta, lo studio quindi minuzioso delle fonti di luce (diretta, indiretta, “lume secondario o partecipa-to, o proveniente di “riflesso”) nella ricerca costante di un effetto di contrasto chiaroscurale che rappresentano, in sostanza, scelte determinate da chi “sa vedere”, e fa della percezione il suo strumento di indagine, di controllo, di misurazione e di calcolo, prima ancora di tradurre il tutto in disegno, utile solo per farsi capire in cantiere dalle maestranze, utiliz-zando così un metodo di lavoro che diventerà una costante stilistica dell’ingegno veneto e in particolare vicentino come quello di Carlo Scarpa e degli straordinari artigiani-artisti di questa terra.

Non si tratta di “fare a ocio”, come dicono ancora ancora oggi i vicentini per rimarcare, senza saperlo una innata destrezza, ma di valutare in anticipo, sul posto e senza mediazioni intellettualistiche, ciò che si deve e si può fare per far funzionare le cose, come ad esempio progettare la soluzione per quella impareggiabile prospettiva ascendente delle “Sette Vie di Tebe”, pensata per fare da sfondo alla prima rappresentazione dell’Edipo Re al Teatro Olim-pico di Vicenza. Un accenno infine ad altri due progetti originalissimi che danno la misura della versatilità dell’ingegno percettivo scamozziano: la sistemazione ed esposizione delle bellissime sculture antiche offerte alla Repubblica dal patriarca di Aquileia Giovanni Gri-mani in cui la luce, il posizionamento e la conservazione delle opere rappresentano forse il

IL MODELL0

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L’ARTE DI VEDERE E CONOSCEREANALISI - VAGLIO -ELABORAZIONE - SINTESI

primo allestimento di tipo museale, e la sofisticata ristrutturazione e ampliamento di una torre medievale a Monselice che diventa, grazie all’invenzione di tre profonde nicchie forate, una villa belvedere. Tutte le opere di Vincenzo Scamozzi testimoniano un percorso evolutivo della percezione che non è così scontato dal punto di vista della professione, poichè richiede non solo abilità tecnica, ma anche la disposizione di voler imparare dagli altri, e non solo da Palladio.

A differenza di Palladio che si recava con Giangiorgio Trissino a “misurare” i siti arche-ologici, Scamozzi era più interessato a misurarsi con le opere dei contemporanei, al punto che, avendo viaggiato per tutta Europa, amava definirsi “cittadino del mondo” e non “pada-no”. Frequenti furono i suoi viaggi di studio in Francia, Germania, Svizzera, Austria, Un-gheria durante i quali Vincenzo produsse un taccuino strepitoso nel formato lungo-stretto, nel percorso da Parigi a Venezia, “al fine di osservare le maniere e forme del fabricare di que’ Regni, comprenderne le strutture, le tipologie di pianta e composizione delle facciate”.

Se pensiamo come fosse difficile viaggiare in Europa, dobbiamo ipotizzare che Vincenzo Scamozzi fosse animato da un desiderio di conoscenza degno di filosofi resi celebri per altri motivi, come Giordano Bruno, suo coetaneo, che girovagò per tutta Europa per diffondere la sua dottrina esoterica basata sull’insegnamento di non basarsi «esclusivamente sul giudizio dei sensi», come faceva, a suo dire, il grande Aristotele, imparando soprattutto che, aldilà di ogni apparente limite, vi è sempre qualche cosa di altro.

Gli straordinari disegni a mano libera a penna e inchiostro documentano lo spirito scien-tifico scamozziano alla ricerca di una solida base teorica che farà del modulo l’elemento fon-damentale della proporzione architettonica. Nei viaggi di lavoro sarà l’arcivescovo Federico Wolfango a commissionargli il nuovo duomo e il palazzo vescovile di Salisburgo, a dimostra-zione di quanto Scamozzi fu davvero interprete della cultura rinascimentale e protagonista di un processo collettivo di sintesi delle conoscenze che investì tutta l’Europa.

Alla crescente libertà di interpretazione delle sacre scritture resa possibile dall’influsso della Riforma protestante, affiorò a tutti i livelli una più feconda capacità di ragionare per immagini, schemi geometrici e simboli. Verso la fine del Secolo si va diffondendo lo studio dell’Alchimia, sintesi di filosofia neoplatonica, ermetismo e tecniche di trasformazione psico-logiche dell’umore particolare in carattere individuale e temperamento spirituale.

Per certo Scamozzi, cultore di libri antichi ed egli stesso collezionista di libri di Platone, Aristotele e Galeno, ebbe modo di confrontarsi con le tematiche umanistiche del suo tempo che vertevano sulla necessità di agire tramite delle “tre potenze” dell’anima: Volontà, Memoria e Intelletto. Per i filosofi la pratica delle virtù e delle potenze dell’anima razionale, conside-rata il fulcro di ogni trasformazione, conduceva il pensiero ad elaborare una sintesi di tutte le operazioni, i metodi, gli strumenti e le tecniche necessarie per portare a compimento qualsiasi opera, sia essa di natura materiale, intellettuale o spirituale.

C’era la convinzione che esistesse un ordine divino a cui ispirarsi e prendere a modello; così come dal caos poteva emergere una unica e preordinata disposizione della materia, così l’intelletto procedeva seguendo un determinato “compasso” compositivo, unico e universale. Tale ordine non trascende la dimensione corporea dell’esperienza cognitiva, poichè è inscritto nella struttura mentale razionale dell’individuo che si colloca al centro della sua psiche, come l’uomo Vitruviano disegnato da Leonardo iscritto nel “rotondum”.

Dalla filosofia atomistica scaturì la fase creativa dei Trattati che attraversò tutti campi del sapere di quel tempo, dalla musica alla medicina, dall’arte alla botanica. Anche Scamozzi, con intenti più professionali che filologici, si cimentò in una straordinaria sintesi dell’architettura costruita scrivendo “L’Idea della Architettura Universale”, composto da una decina di libri che affrontavano tutti i temi del progettare e, indirettamente, le tre fasi dell’esperienza corporea della verità: percezione, coscienza e conoscenza delle immagini. Il maggiore ostacolo alla conoscenza è infatti rappresentato dai processi di razionalizzazione delle informazioni senso-riali che tendono a rinnegare, escludere e depotenziare la capacità della percezione di elabo-rare l’immagine automaticamente, al di fuori dell’influsso della coscienza dell’Io. Il metodo scamozziano è lo stesso che Leonardo aveva codificato seguendo il percorso compiuto dalla percezione attraverso le strutture analitiche (annerimento), razionali (arrossamento), intuiti-ve (ingiallimento) e cognitive (imbiancamento), per cui, ad ogni trasmutazione (il quadrato), la percezione “si colora” acquisendo la “tintura” cerebrale , divenendo così permeabile alle funzioni dell’intelletto aperto ai quattro atti della razionalità creativa: analisi, vaglio critico, elaborazione e sintesi, le quattro “arti” della conoscenza “vitruviana”,

NIGREDO

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ARTE DELLA NIGREDOLA PERCEZIONE SENSORIALE

Per gli artisti rinascimentali la percezione sensoriale della realtà richiede una operazione di “annerimento” delle fun-zioni mentali analitiche coinvolte nell’esperienza. Com-

piere l’Arte della Nigredo significa infatti inpegnarsi nell’ana-lisi della luce riflessa dalle cose al fine di scongiurare il rischio dell’illusione, dell’infautazione e della suggestione provocata dalle immagini che hanno di il potere di eccitare i sensi, di su-scitare emozioni e di distogliere la ragione dai suoi compiti.

I sensi fisici sono soggetti all’errore oggettivo e possono es-sere alterati dal desiderio, dal bisogno, dallo stato di salute e dalle convinzioni personali che modificando continuamente gli scenari, innescano giudizi affrettati e la ricerca di rassicuranti certezze proiettate allo scopo di contenere l’ansia di compiere scelte e prendere decisioni.

La teoria dell’informazione aggiunge che in ogni trasmissio-ne d’informazione, in ogni comunicazione di messaggi esiste il rischio di errore dovuto all’effetto di perturbazioni aleatorie o di rumori “di fondo” (noise), per cui anche le “ricezioni” conside-rati più attendibili sono possono subire delle variazioni ed essere suscettibili alla modificazione.

La conoscenza sensoriale della realtà, per quanto raffinata ed educata alla visione distaccata delle immagini, non è mai spec-chio delle cose o del mondo esterno, poichè i sensi sono im-perfetti, facilmente suggestionabili e soggetti al fenomeno della proiezione psichica e dell’eco emotivo riflesso dagli oggetti in-vestiti dal desiderio (Narciso) e dal sentimento (la ninfa Eco)

A questo proposito il mito di Narciso suggerisce che l’imma-gine percepita dai sensi deve subire una operazione di analisi dei valori psichici (le frequenze di luce riflesse dalle cose), prima di correre il rischio di essere elaborata e trasformata, come la ninfa Eco, in uno “scoglio” reso insensibile alle emozioni del cuore.

L’arte della Nigredo si configura come una operazione di separazione dell’immagine dai contenuti erotici, emotivi, affet-tivi che possono alterare il giudizio, senza per questo rifiutarli o rimuoverli dalla coscienza razionale, atto di cui è colpevole Narciso che rigetta l’amore della Ninfa per il suo bellissimo vol-to. L’immagine estetica, anche quella perfetta e apparentemente neutra, non è mai priva di significati. Occorre introdurre il tempo dell’attesa, della “macerazione” della gratificazione sensoriale,

prima che essere rivelati. L’artista della Nigredo può procedere per anni a dipingere la

natura, il vaso di fiori, il cesto di frutta, il paesaggio o il corpo nudo delle modelle prima di giungere a separare l’oggetto dal suo “spirito”, la quintessenza che rivela il senso del percorso artistico. Quando ciò accade, quando l’artista percepisce lo “spi-rito” (la luce intelleggibile) riflessa dalla superficie delle cose, o proiettata dalle immagini, allora anche la coscienza raziona-le dell’Io inizia a svanire. Narciso, condannato a osservare la sua stessa immagine riflessa nell’acqua generata dalle emozioni, alla fine comprende che ciò che crea errore, illusione, mistifica-zione e quindi sofferenza, è la presenza dell’ego che vorrebbe modellare la realtà a suo piacimento, fino a operare processi di razionalizzazione finalizzati a modificare il senso di ciò che si è percepito per trarne un vantaggio materiale, economico, sociale, utile nell’immediato, oppure proiettato nel tempo futuro. Altre volte invece, attraverso l’esperienza sensoriale concessa dall’ar-te, scopriamo la presenza di “zone d’ombra” che ci impediscono di vedere chiaramente e allora la percezione diventa terapia ana-litica (lo sfondo giallo), indispensabile per risolvere complessi personali, blocchi emotivi e inibizioni inconscie.

A questo punto l’annerimento delle funzioni analitiche non coinvolge più solo la percezione, ma investe la coscien-za dell’individuo, per cui Caravaggio dipinge Bacco intento a centellinare il “vino” della percezione razionale ed aspettare di emettere giudizi fino a che non sia completata la “macerazio-ne” della coscienza sensoriale (la cesta di frutta). Se l’individuo innesca tale contemplazione, inizia un processo di in cui i sen-si vengono gradualmente “purificati” dall’apatia, dall’inerzia e dalla pigrizia (nigredo sensoriale), dalla paura, dalla timidezza, dal senso di inferiorità (nigredo razionale), dall’ignoranza, dal-le false certezze, dalle convinzioni erronee (nigredo intuitiva), dall’arroganza, dalle ideologie o dalla pretesa di possedere la giusta visione (nigredo cognitiva).

Attraverso queste quattro fasi la percezione sensoriale si arricchisce della conoscenza dei simboli indispensabile per evolvere in quell’intuizione “nigrescente” che caratterizzò tut-ta l’Opera al Nero di Caravaggio, capace di distillare l’essenza della percezione sensoriale (Il cesto di frutta), del pensiero razio-nale (La conversione di Saulo), dell’intelletto intuitivo (Davide contro Golia) e i frutti della conoscenza, simbolica e spirituale (Bacco e Bacchino malato)

Caravaggio“La cesta di frutta, dipinta fino al raggiu-gimento di un equilibrio perfetto, diventa un esercizio di educazione alla percezione

ANALISI

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N.1 Giuseppe Persia N.2 Paolo Menon

N.3 Paolo Figara

N.6 Mirco Grotto

N.4 Federica Miani

N.5 Giovanni Bortolani

Rappresentazione analitica:- della relatività della percezioneN.1 I. 378 La verità è negli occhi di chi guarda. L’im-magine di un peperone attira lo sguardo su forme che associamo istintivamente alla sfera erotica. Ma è solo una suggestione sensoriale che può essere modificata ruo-tando il soggetto di qualche grado.

- degli eccessi sensoriali N.2. Bacco Eccedere nei piaceri di Bacco significa am-plificare la percezione sensoriale. Se si im-para a centellinare il “vino”, la percezione trasmuta nel “sangue di Dionisio”, simbolo dell’ebbrezza di conoscere la verità tramite l’euforia, la follia dei sensi divinizzati..

- della “macerazione” sensorialeN.3 Body After Revolution “Tramite l’immagine si aprono finestre sui flussi di sensazioni, ricordi e premonizioni che ci attraversano sotterraneamente. Sono i luoghi di memorie condivise, dove sem-brano accavallarsi sogni e frammenti di vite passate e future.”

- della ri-programmazione sensorialeN.4 Nuove MemorieTutto ciò viene percepito dai sensi può es-sere modificato, rimodellato e riorganizzato attraverso “semplici schede di memoria. Siamo sempre più legati ad una materia che non ci appartiene del tutto”. La memoria sensoriale è soggetta a manipolazione e ri-programmazione.

- della falsificazione estetica N. 5 Fake too FakeLe immagini possono essere ritoccate per eliminare difetti al fine di trasmettere il messaggio della perfezione che non può, e non deve, sollevare critiche, perchè irreale. Tra la realtà dei “tessuti” lacerati dall’inel-luttabile decadenza e l’irrealtà a cui aspira la percezione estetica, si insinua il pensiero dell’autentica bellezza

-dell’identità umana e spiritualeN.6 Senza titolo La ricerca sensoriale della verità sottolinea nelle pieghe espressive dei volti segnato dal tempo e dalle esperienze, rivela la condizione psicofisica, sociale, culturale e persino spirituale del soggetto, andando oltre ogni schema di giudizio e di pregiudi-zio, di inibizione e discriminazione. Tutto è rivelato e accettato senza censure.

RUBEDO

La percezione razionale della realtà in cui si vive, delle condizioni esistenziali e dei rapporti che legano gli individui all’interno della collettività, a partire dalle radici

culturali, dalla memoria storica - sociale e dalla condivisione di culti, miti e tradizioni, formano il patrimonio epigenetico a cui tutti gli individui attingono quando devono formulare motivazioni plausibili del proprio comportamento.

Si tratta di processo razionale istintivo, a dimostrazione che la cultura ha generato nel tempo una modificazione sostanziale degli istinti e delle pulsioni a favore di un atteggiamento che ha ispirato la suddivisione dei ruoli sessuali, la differenziazione delle caste, la nascita delle corporazioni e la contrapposizione tra ambiente urbano e naturale, tra corpo e anima, tra ragione e passione.

Lo sviluppo della percezione razionale conduce generalmente a una concezione conservatrice della realtà e dello status quo, poichè tutto ciò che scalfisce l’ordine razionale delle cose, a cominciare dai bisogni di auto espressione creativa e di libertà, porta con sè uno stato di crisi e di cambiamento che non sempre sono propizi. Chi si assume il compito di guidare gli altri, come sottolinea Brueghel, può agire ciecamente quando non tiene conto delle matrici genetiche, storiche e culturali che hanno determinato i processi di trasformazione della percezione collettiva “modellata” nel tempo attraverso il controllo delle decisioni e il vaglio critico delle possibili alternative.

La razionalità genera ordine, controllo, leggi civili, regole di comportamento e procedure di omogeneizzazione che escludono a priori l’individuo che non si integra, conforma e accetta le norme collettive. La percezione razionale è sostanzialmente una attività del cervello che fa appello al controllo dell’ambiente (rubedo sensoriale), al controllo dei metodi e dei tempi che formano qualsiasi pratica (rubedo razionale), al controllo della cultura in riferimento al sapere comune (rubedo intuitiva), al controllo della percezione altrui e delle operazioni logiche che portano la ragione collettiva a formulare certi propositi o politiche di sviluppo (rubedo cognitiva).

Si sa che la razionalità è la migliore barriera contro l’errore e l’illusione. Da una parte vi è la razionalità costruttiva, che elabora teorie coerenti verificando il carattere logico dell’organizzazione teorica, la compatibilità di idee che compongono la teoria, l’accordo tra le sue asserzioni e i dati empirici a cui essa si applica. Una tale razionalità deve restare aperta a ciò che la contesta, altrimenti si rinchiude in dottrina e diviene razionalizzazione.

D’altra parte vi è una razionalità critica che si esercita in

particolar modo nel rivelare gli errori e denunciare gli orrori procedurali innescati dal sistema delle credenze, delle dottrine e delle teorie considerate infallibili, collaudate e affidabili per ogni tipo di situazione. I filosofi e gli artisti manifestano sempre una certa insofferenza per i sistemi “chiusi”, colpevoli di limitare la creatività la libertà individuale, di inibire le potenzialità critiche e spirituali dell’individuo e di discriminare invece di integrare.

Infatti quando la razionalità si perverte in razionalizzazione finalizzata agli scopi e agli obblighi sociali, magari conseguita tramite l’indottrinamento, la demagogia e la falsificazione delle immagini, allora emerge l’Arte della Rubedo di confutare le proposizioni dogmatiche, ideologiche, politiche, filosofiche, culturali, sociali e sessuali che producono separazione, segregazione, differenziazione e ogni forma di discriminazione.

La Rubedo è una operazione di “arrossamento” della parte del cervello deputata al vaglio critico e cognitivo delle immagini, affinchè possa emerge una visione realistica della condizione umana, così come descritto da Brueghel nel “Paese di Cuccagna”

La razionalizzazione delle risorse umane, naturali e ambientali si crede razionale perchè costituisce un sistema logico perfetto, fondato sulla massima convenienza utilitaristica, e quindi sulla semplice deduzione, induzione e sintesi di ciò che è utile e proficuo per il singolo e la collettività. Questo modo di percepire la realtà si fonda su basi mutilate o false, e si chiude alla contestazione degli argomenti e alla verifica empirica. La razionalizzazione è chiusa, la razionalità è aperta.

La razionalizzazione attinge alle stesse fonti della razionalità, ma costituisce una delle più potenti fonti di errore e illusione, di guerra e di distruzione, di decadenza e di costrizione. Il processo di “arrossamento” delle facoltà critiche fa aprire gli occhi sui pericoli connessi all’esercizio perverso della razionalizzazione di ispirazione meccanicista e determinista.

La razionalità aperta all’integrazione dialoga con il reale che le resiste. Fa incessantemente la spola fra istanza logica e istanza empirica; fra possibilità reale e possibilità immaginata; è il frutto del dibattito argomentato delle idee, e non già la proprietà di un sistema di idee. Un razionalismo che ignora i contenuti dell’Arte ispirata dalla memoria storica e sociale, ignora anche gli esseri, la soggettività, l’affettività, la vita e produce i dogmi, i principi assoluti, le regole del mercato e del profitto che escludono il confronto con il pensiero critico “femminile” capace invece di osservare i suoi devastanti effetti.

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ARTE DELLA RUBEDOLA PERCEZIONE RAZIONALE

Peter Brueghel“Quando un “cieco” guida altri ciechi, finiscono inevitabilmente nel fosso...”

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VAGLIO CRITICO

6.

1.

EGIPTHIAN COSMOGONY2009 basso rilievo su tela100x70 cm

R.1 Bob Money R.2 Alfonso Di Bacco

R.3 Andy Kacziba

R.4 Antonio D’Abramo

R.5 Germana Lorenzo R.6 Marilù Manzini

Razionalità aperta:- alle civiltà del passatoR.1 Egypthian CosmogonyLa percezione razionale della realtà è fondata sulla memoria storica-sociale del passato. La consapevolezza dell’esistenza delle diverse cosmogonie, e punti di vista culturali e religiosi, riduce le certezze che filtrano dalla razionalizzazione. - alla saggezza della tradizione R.2. Dopo La Tempesta I processi di razionalizzazione estirpano il passato e con esso la tradizione religio-sa, la saggezza popolare e la razionalità naturale ispirata dal flusso vitale e dalla differenziazione dei ruoli sessuali. Sullo scoglio si erge la razionalità femminile, biologicamente aperta al tempo ciclico ripetitivo e all’inconscio ereditario

- alla coscienza femminile.R.3 Non Ti Muovere La razionalità femminile è soggetta a cri-si che coinvolgono il valore personale e il significato degli affetti. “Le donne sono più vulnerabili perchè la loro autostima dipende dalle proprie relazioni”; ma da questa “debolezza” emerge una coscienza critica antagonista costretta all’immobili-tà e all’emarginazione culturale.

- alla creatività corporea.R.4 La settima Dal lavoro manuale, artigianale, emerge una razionalità corporea comune a tutti gli individui (Adamo). La settima arte nasce dalla curiosità di andare oltre la percezione comune per “disobbedire” (Eva) e indagare gli aspetti archetipici della creazione (la mela)

- alla saggezza intuitiva dell’oriente R.5 Esodo Così come il pensiero forte “maschile” deve integrare quello “debole” femmi-nile, il pensiero occidentale si rivolge a oriente per apprendere l’arte della sintesi simbolica, per cui anche l’immagine di un fiore riconduce a un percorso di conoscenza.

- all’intuizione estetica delle donneR6. Una famiglia per beneLa famiglia è il nucleo in cui si formano i valori razionali dell’individuo. Dagli anni ‘50, il design, la moda, gli stili di vita e le “cucine” raccontano le fasi di splendore e decadenza della percezione collettiva infatuata dalla pubblicità mediatica.

IOSIS

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La percezione intuitiva della verità procede secondo modalità prevalentemente inconscie. Di solito si perviene a riconoscere gli elementi salienti di una esperienza,

situazione o argomento, tramite un gioco combinatorio di parole e immagini, figure e proposizioni, assunti filosofici e sintesi simboliche, come se l’utilizzo di strumenti di rappresentazione e interpretrazione tra loro contrapposti e antitetici, dischiudesse a nuove possibilità di comprensione. In questo gioco fatto di luci e di ombre, di apertura alla dialettica degli opposti e di elaborazione di alcuni parametri percettivi rispetto ad altri, come ad esempio quello della velocità nella semantica futurista, l’individuo deve tener conto dell’errore intellettuale generato dalla tentazione di interpretare la realtà secondo parametri già stabiliti, codificati e preformati dalla scienza, dall’arte e dalla cultura di riferimento, o dal pregiudizio. Il processo di “ingiallimento” dell’elaborazione intuitiva (Iosis) è di fatto una presa di coscienza dei limiti strutturali del linguaggio idoneo ad esprimere sentimenti non comuni. L’Arte delle Avanguardie può essere interpretata in questo senso come una “tragica” esperienza delle carenze del linguaggio razionale in rapporto a un processo intuitivo inflazionato dalla scoperta dell’inconscio e dalla scoperta di poter attingere alla memoria archetipale in grado di introdurre a forme arcaiche, pre-razionali e di forte suggestione emotiva. La conoscenza che si dispiega sotto forma di concetti, di idee, di teorie è il frutto di una traduzione/ricostruzione attraverso i mezzi del linguaggio e del pensiero, e perciò sperimenta il rischio dell’eccessiva costruzione formale, dell’abbaglio, della sovrapposizione di interpretazioni che conducono infine a una miriadi di rivoli, di correnti, di scuole che a volte straripano in fiumi di significato difficili da contenere, razionalizzare e interpretare.L’interpretazione intuitiva introduce il rischio dell’errore all’interno della soggettività di chi conosce, della sua visione del mondo, dei suoi principi di conoscenza. Da qui derivano gli innumerevoli errori concettuali e intellettuali, che soppravvengono malgrado i nostri controlli razionali e la consapevolezza di scavare pozzi di sapere nel deserto. La proiezione dei nostri desideri o delle nostre paure, le perturbazioni mentali provocate dalle nostre emozioni inconsce

moltiplicano a dismisura i rischi di rimanere intrappolati nella suggestione di linguaggi specialistici, poetici ed esoterici che ci offrono l’illusione della verità, ma ci mantengono distanti dalla ricerca e dalla scoperta personale. L’intuizione è un delicato meccanismo di conoscenza strettamente connesso alla coscienza dell’Io, alla storia personale, la qualità delle esperienze vissute, agli studi e alle specializzazioni conseguite che influenzano il linguaggio e le forme del pensiero. Anche lo status sociale, l’identità sessuale e l’influsso dell’inconscio ereditario (famigliare, sociale e religioso), contribuiscono a modificare la capacità di andare oltre gli schemi di comprensione razionale dei fenomeni e degli eventi in cui siamo coinvolti.Jung descrive l’intuizione come un fenomeno prevalentemente inconscio, un modo di guardare dentro le cose, in attesa che emerga una immagine, una parola significativa, un barlume di luce. Ma affinchè ciò avvenga occorre prendere distacco dalla propria storia personale e cultura di nascita, anche a costo di fare “tabula rasa” degli schemi interpretativi collaudati.Gli artisti rinascimentali concepivano la fase dello Iosis come una operazione di volontaria astensione a farsi influenzare dai libri, dal sapere egemone e dai processi di razionalizzazione dell’intuizione che conducono a moltiplicare i linguaggi della Babele che si erge come una “torre” alla fine di ogni percorso di elaborazione creativa del sapere corporeo. Esiste un sapere parziale che deve sempre fare i conti con l’ignoto, l’inconscio e il mistero della coscienza. La verità rimane un miraggio di ombre per chi permane nella caverna delle menzogne che ripetono all’infinito, pur con aggettivi diversi, una descrizione del mondo che sembra insensibile alle intuizioni dell’anima. Esiste in ogni uomo la tentazione di mentire a se stessi e al prossimo, al fine di fomentare sogni, illusioni o false speranze. L’egocentrismo, il bisogno di autogiustificazione, la tendenze a proiettare sugli altri le cause del male fanno sì che ognuno menta a se stesso senza individuare la menzogna della quale è autore.Lo Iosis delle strutture mentali intuitive individua invece un processo di distacco dell’analisi sensoriale (iosis sensoriale), dal vaglio critico (iosis razionale), dall’elaborazione intuitiva (iosis intuitivo) e dalle conoscenza di sintesi (iosis cognitivo) che procede secondo gli schemi predefiniti dalla contemporaneità che cavalca l‘emozione del momento, ma non l’onda del tempo ciclico ripetitivo che costellò di simboli l’immaginazione razionale di Giorgione e, nel novecento, quella di W. Benjamin.

ARTE DELLO IOSISLA PERCEZIONE INTUITIVA

GiorgioneI tre filosofi studiano la condizione della percezione umana, prigioniera dei pregiu-dizi (mito della caverna di Platone)

ELABORAZIONE

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I.1 Barbara Bertoncelli I.2 Saul Costa

I.3 Remo Lana

I.4 Maria Cristina Pacelli

I.5 Loreta Teodorova I.6 Andrea Marco Panarelli

Presa di coscienza:- della realtà psichicaI.1 InconscioLa percezione intuitiva della verità emerge dalla presa di coscienza della realtà psichica dominata dall’Ombra e celata dalla maschera della Persona.

- dei limiti del linguaggioI.2. Montagna sacraOgni architettura teorica, per quanto sofisticata e suffragata da prove scienti-fiche, sperimenta nel tempo un processo di cedimento dei suoi fondamenti. La montagna di “detriti” intellettualistici è una esperienza tellurica provocato dall’ir-ruzione del tempo ciclico, arcaico, sacro e mitologico nella coscienza razionale.

- dell’ energetismo della psiche I.3 Frammenti nello spazio La dilatazione dello spazio-tempo di-pende dalla “massa” di energia psichica che accumuliamo in ogni singolo istante di tempo. L’intelletto intuitivo annoda frammenti dispersi, rimossi e dimenticati nello spazio mentale della memoria e li ricompone secondo schemi apparente-mente casuali.

- della memoria biologica-culturaleI.4 Memoria del corpo 2 Il memoria corporea si dibatte tra l’archetipo spirituale di costituire il sostrato dell’anima, e quello di divenire un “tronco portato dal mare, consumato, contorto e incrostato di sale”, soggetto alle intemperie del tempo e alla caducità delle facoltà psicofisiche.

- della polverizzazione della veritàI.5 Cacciatori di stelle cadenti La speranza di stabilire un legame di senso tra le vicende umane e i miti, i fe-nomeni evolutivi e i sogni, le vibrazioni di luce e l’intuizione dipende dall’inter-grazione delle funzioni mentali maschili e femminili

- della dicotomia cerebraleI.6 Senza titoloOgni pensiero creatovo è avviluppato dentro schemi di espressione fortemente condizionati dall’umore (animus maschi-le) e dalle opinioni (anima femminile). L’assenza di integrazione della polarità mentale controsessuale riduce l’ela-borazione delle immagini a un inutile esercizio di stile.

ALBEDO

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L a percezione cognitiva è una opera di “imbiancamento” della memoria in cui serbiamo il ricordo della esperienze e di tutto ciò che abbiano appreso durante la fase di

formazione della coscienza razionale. La nostra memoria non è un deposito neutro, esente da manomissioni e o dall’errore. La memoria deve essere costantemente rigenerata dal richiamo altrimenti tende a degradarsi.

Ma a ogni richiamo abbiamo la tendenza ad abbellirla o ad imbruttirla. la nostra mente tende inconsciamente a selezionare i ricordi vantaggiosi, utili, belli, proficui e a rimuovere, se non a cancellare, quelli sfavorevoli, penosi, difficili da accettare e metabolizzare. La mente tende a deformare i ricordi attraverso proiezioni, deformazioni, operazioni di “ripulitura” e durante stati confusionali causati dallo squilibrio psicosomatico. Ci sono talvolta falsi ricordi di eventi che siamo persuasi di aver vissuto, così come ricordi di eventi rimossi che siamo persuasi di non aver mai vissuto.

In assenza di “manutenzione”, la memoria, considerata dai filosofi rinascimentali il “fondo dell’anima”, diventa una “vasca” di contenimento di ricordi, impressioni e ferite emotive che possono indurre all’errore pregiudizievole, oppure diventare il luogo dell’inconscio e del rimosso.Se durante il processo di trasmutazione della percezione nelle strutture sensoriali (nigredo), razionali (rubedo) e intuitive (iosis) si è appreso l’arte di avvertire le zone erronee, di riconoscere le passioni negative e discriminare l’influsso dei sentimenti conflittuali dagli schemi di reazione, comportamento e pensiero che inducono al diverbio, allo scontro e alla manipolazione, allora può emergere la percezione dell’inconscio cognitivo, al di là del bene e del male.“L’inconscio cognitivo - come scrive il prof. Gianfranco Ronconi nel suo libro “Il cervello e la mente” - è il pensiero prelogico e preverbale, l’infanzia del pensiero che si fa; una modalità di pensiero rilassato, di apprendimento implicito o per osmosi, di know-how, che agisce in sfere specifiche di competenza, che sfrutta la serendipità; è la sede in cui avviene un’incubazione, una ruminazione del materiale che diventerà poi pensiero cosciente razionale, e in cui sorgono l’illuminazione e la saggezza, in cui si pensa con il corpo, si sviluppa un senso dell’imminenza di un significato non ancora arrivato. Dall’inconscio cognitivo è possibile la nascita della sensibilità poetica, una conoscenza indiretta, trasversale, allusiva e simbolica.”Se si attua la “pulizia” periodica della memoria emotiva, tramite una continua operazione di sintesi analitica del vissuto emozionale, peculiare dei poeti, degli scrittori e degli artisti che attingono dall’Io autobiografico, allora la percezione coincide con

l’albeggiare (albedo) di una sempre rinnovata consapevolezza di sè e del mondo. L’Arte dell’Albedo identifica un processo creativo inconscio in cui le immagini recepite non vengono, se non in piccola parte, alterate dai sensi, dal pensiero razionale o dall’intelletto intuitivo, per cui le strutture mentali cognitive si conformano unicamente con il “patrimonio” di conoscenze acquisite attraverso una quotidiana operazione di “setaccio” della memoria individuale e della memoria collettiva.Più ampia, profonda e ricca è la memoria visiva di ciò che oggi potremo definire “cultura dell’immagine”, più facile, rapida e feconda di idee sarà la traduzione della percezione di stimolazioni subliminali (inconscio sensitivo) provenienti dal mondo esterno, o dall’inconscio psicodinamico (inconscio psicoanalitco) legato ad eventi rimossi e “parcheggiati” nella memoria in attesa di essere compresi e assimilati. Questa duplice possibilità di trarre ispirazione dalla percezione “sacra” legata a fattori inconsci personali, spesso attivati da fenomeni di sincronicità di eventi tra loro simbolicamente affini, oppure dalla percezione “profana” di immagini recepite dall’ambiente in modalità subliminale, rappresenta l’essenza stessa dell’Albedo rinascimentale che culmina nell’opera di Tiziano “Amor sacro e profano”. Il dipinto sintetizza il significato stesso dell’Arte intesa come un processo di conoscenza automatica che non richiede, se non in minima parte, l’intervento della coscienza. Dal momento in cui il pensiero pre-logico, rappresentato dal putto, affonda le mani nella vasca dell’inconscio cognitivo, iniziano ad emergere “petali” di intuizione da cui deriva un apprendimento esplicito che, se ripetuto e controllato innumerevoli volte, dà luogo ad abilità motorie, progettuali, compositive ed estetiche che non richiedono uno studio prolungato, poichè le soluzioni, le invenzioni e la trasposizioni delle intuizioni in disegni, bozze, simboli e sintesi empiriche hanno un tempo di esecuzione rapidissimi, a volte automatici; di essi ci rendiamo conto solo analizzandoci introspettivamente. L’Arte dell’Albedo lascia libera l’immaginazione di “giocare” con le immagini e la miriadi di sensazioni, emozioni e sentimenti e ad esse associate. Da questo gioco ludico scaturisce il piacere di tradurre le intuizioni in simboli, i pensieri in metafore e i contenuti di conoscenza in opere che con il tempo faranno parte anch’esse di quell’inconscio cognitivo che rappresenta il patrimonio di valori intuitivi, creativi, cognitivi e spirituali su cui si fonda ancora oggi l’arte di vedere e conoscere.

ARTE DELL’ALBEDOLA PERCEZIONE COGNITIVA

Tiziano“Quando un “cieco” guida altri ciechi, finiscono nel fosso...”

SINTESI

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A.1 Giovanni Tamagnone A.2 Cristina Anna Adani

A.3 Michelangelo MagnusA.4 Giovanna Barozzi

A.5 Piotr Trojanowski A.6 Giovanni Greco

Comprensione dell’esistenza:- di piani sovrapposti, indefiniti.A.1 B/N urban e rosa mediaticoLa comprensione dell’indefinita so-vrapposizione delle immagini psichici sperimenta l’angoscia di un’interminabile ricerca di senso, in dimensioni che si chiudono e si aprono alla nostra percezio-ne, lasciandoci i resti di relitti carichi di memorie evocative ma indecifrabili.

- di fili invisibili che riconducano al SèA.2 Penelope La vita è un processo cognitivo che impegna la mente creativa a tessere, come Penelepe, i fili della comprensione simbolica delle immagini in cui affiorano i temi dell’itinerario di trasformazione della coscienza razionale dell’Io (Ulisse) nella coscienza del Sè (Nessuno)

- di percorsi di conoscenza iniziaticiA.3 La soglia L’intuizione che deriva dalla conoscenza dei simboli dischiude alla percezione cognitiva della verità. Il simbolo emerge dall’inconscio collettivo e illumina i “sette scalini” di iniziazione delle verità universali percepite “sulla soglia” dello spettro di luce invisibile.

- della continuità di anima e naturaA.4. Perla dei boschi La cultura mediterranea classica, che va dal mito greco ai recessi della antica reli-giosità propiziatoria, è fecondata dall’ani-ma sensitiva, mediatrice con l’inconscio e del rapporto magico con la natura. La figura diventa primordiale, ancestrale, sintetizzata dalla meditazione filosofica in oggetto ritualistico.

- dell’incarnazione della conoscenza A.5 Metamorphotos, Galata“Galata morente” è una icona antica della metamorfosi della percezione della realtà che procede attraverso prove, crisi, trau-mi, lotte, sconfitte. Ogni sofferenza lascia il segno di una conoscenza “incarnata” che lascia traccia, anche dopo la morte.

- di piani ordinati e finitiA6. Catharsis oppierensLa metafisica descrive l’anelito ad andare oltre l’apparenza fisica della realtà, al di là dell’esperienza dei sensi. Procede tra-mite la purificazione “vulcanica” da ogni contaminazione prodotta dall’ego sen-soriale, razionale, intuitivo e cognitivo, disponendo gli elementi sulla scacchiera

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