presenze transalpine nella pittura del duecento … · 2010-12-02 · bero quelle vicine al mare ed...

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PRESENZE TRANSALPINE NELLA PITTURA DEL DUECENTO IN BASILICATA L 'epoca sveva-angioi- na, ricca di fermenti storici, politici, so- ciali, ha cOJHtassegnaw la storia culturale del meri- dio ne d'Italia, in lerteratu- ra COD l'adozione del vol- gare siciliano per dar voce, . ... . nel compOOlmenn pOetiCi, al sentimento amoroso, nell'ane con la singolare ripresa della scultura e delI' 3. rch i te erma in scn so gotico. Per quanto riguarda la pittura, invece, è opinione corrente che, nel corso del '200, essa n011 muti 50- $(aozialmenre i modi del- l'arida maniera bizantina. Il disegno, il colore, la tec- nica compositiva e figura- tiva sembrano esprimer5i in maniera del nmo origi- nale soltanto nella minia- rura che riflette, a questa epoca, )0 stile gotico fran- cese. Eppure, a fronte di una ricca produzione miniaro- ria facente capo agli "scrip- •» •• , tona svevo-anglollll, eS1- stono, in Basilicata, dei rari e splendidi esempi di affreschi, che costituiscono i Ia cerri sopravvissuti di una pirwra monumentale angioi oa di più vasta por- tata. Mi riferisco, in partico- lare, agli affreschi duecen- teschi, presenti nelle chie- se rupestri vulwrine di Sanra Margherita (Con- trasto dei tlivi e dei morti e Martirù) c di Santa Lucia (Storie di Santa Lucia) a Mel e a quelli trecente- schi di Sant'Antuono a Oppido Lucano (Scene delLa Sacra Infimzia e Cic/o cristologico), che per mo- dernità di linguaggio e .spirito laico appaiono enonnemente lomani dal- Ia temperie culturak bi- zannna. La critica d'arre, a causa dell' isolamento, del cani- vo stato di conservazione e del limitato numero delle opere, ha pressoché igno- rato tal i di pi nti che, gi à scoperti da Giovan Bat- tista Guarini l all'inizio del secolo, solo in anni recen- ti, so no sta t i oggeno di una pi ù accu r:tta analisi stilis(ica da parte degli .stu- diosi che, oltre a metterne a fuoco il carattere schiet- tamente "occidentale", hanno individuaw, come een tra pro paga core della loro impronta culturale, la Catalogna. Emetgono, infani, negli affresch i vuiruri ni, degli infl uss i catal ano- ro ussillo- nesi da connettere a una pa r (icalare co ngi un tu ra storica (seconda metà del XliI secolo), che ha lascia- to tracce fìgurative di que- 5(0 segno anche in altri cemri del Regno di Sicilia. Valgano, a tirolo di esempio, la (avola con San Domenico benedicente in San Domenico Maggiore a Napoli, il San Domenico con dodici storìe della stia vita nel museo di CJpO- dirnon te, la CrocifiHione nella cripta della chiesa del Crocifisso a Salerno. Benché poco numerose, le testimonianze pittoriche delle "moderne" cripte vulturine costirniscono un documento prezioso, che c'illumina sulla reale por- tafa del ruolo giocatO dalla cultura gotica rransalpina in rapporro, sia al movi- men tO svevo-federiciano, già in crescita per quel che concerne l'architettura e la scul tura, sia alla fase ao- giaina, che rappresenta la prosecuzione e l'approfon- dimemo di quegli orienta- menti culturali. LE CRIPTE VULTUR1NE Le pendici del Monte VuJ(Ure, in Basilicata, sin da tempi antichissimi ap- paiono disseminare di cri- pte, ovvero grotte scavate nella roccia o nel tufo vul- call1CO. Tali cosuuzioni, nume- rose non solo in Lucania, e soprattuno nel matera- no, ma anche in altre te- gioni dell'Italia meridiona- le, come la Puglia e la Ca- labria, spesso, conreneva- -89-

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Page 1: PRESENZE TRANSALPINE NELLA PITTURA DEL DUECENTO … · 2010-12-02 · bero quelle vicine al mare ed ;"Ii . luoghi di approdo, ad esempio . ... San Giovt/llni Brtt tist(l, Cristo m

PRESENZE TRANSALPINE NELLA PITTURA DEL DUECENTO

IN BASILICATA

L'epoca sveva-angioi­na, ricca di fermenti storici, politici, so­

ciali, ha cOJHtassegnaw la storia culturale del meri­dione d'Italia, in lerteratu­ra COD l'adozione del vol­gare siciliano per dar voce,

. ... .nel compOOlmenn pOetiCi,

al sentimento amoroso, nell'ane con la singolare ripresa della scultura e delI' 3. rch i te erma in scn so gotico.

Per quanto riguarda la pittura, invece, è opinione corrente che, nel corso del '200, essa n011 muti 50­

$(aozialmenre i modi del­l'arida maniera bizantina. Il disegno, il colore, la tec­nica compositiva e figura­tiva sembrano esprimer5i in maniera del nmo origi­nale soltanto nella minia­rura che riflette, a questa epoca, )0 stile gotico fran­cese.

Eppure, a fronte di una ricca produzione miniaro­ria facente capo agli "scrip­

• » •• , • tona svevo-anglollll, eS1­stono, in Basilicata, dei rari e splendidi esempi di affreschi, che costituiscono i Iacerri sopravvissuti di una pirwra monumentale angioi oa di più vasta por­tata.

Mi riferisco, in partico­lare, agli affreschi duecen­teschi, presenti nelle chie­se rupestri vulwrine di

Sanra Margherita (Con­trasto dei tlivi e dei morti e Martirù) c di Santa Lucia (Storie di Santa Lucia) a Mel fì e a quelli trecente­schi di Sant'Antuono a Oppido Lucano (Scene delLa Sacra Infimzia e Cic/o cristologico), che per mo­dernità di linguaggio e .spirito laico appaiono enonnemente lomani dal­Ia temperie culturak bi­zannna.

La critica d'arre, a causa dell' isolamento, del cani­vo stato di conservazione e del limitato numero delle opere, ha pressoché igno­rato tal i di pi nti che, gi à scoperti da Giovan Bat­tista Guarini l all'inizio del secolo, solo in anni recen­ti, so no sta t i oggeno di una pi ù accu r:tta analisi stilis(ica da parte degli .stu­diosi che, oltre a metterne a fuoco il carattere schiet­tamente "occidentale", hanno individuaw, come een tra pro paga core della loro impronta culturale, la Catalogna.

Emetgono, infani, negli affresch i vuiruri ni, degli influss i catal ano-ro ussillo­nesi da connettere a una pa r(icalare co ngi u n tu ra storica (seconda metà del XliI secolo), che ha lascia­to tracce fìgurative di que­5(0 segno anche in altri cemri del Regno di Sicilia.

Valgano, a tirolo di esempio, la (avola con San Domenico benedicente in San Domenico Maggiore a Napoli, il San Domenico con dodici storìe della stia vita nel museo di CJpO­dirnon te, la CrocifiHione nella cripta della chiesa del Crocifisso a Salerno.

Benché poco numerose, le testimonianze pittoriche delle "moderne" cripte vulturine costirniscono un documento prezioso, che c'illumina sulla reale por­tafa del ruolo giocatO dalla cultura gotica rransalpina in rapporro, sia al movi­men tO svevo-federiciano, già in crescita per quel che concerne l'architettura e la scul tura, sia alla fase ao­giaina, che rappresenta la prosecuzione e l'approfon­dimemo di quegli orienta­menti culturali.

LE CRIPTE VULTUR1NE

Le pendici del Monte VuJ(Ure, in Basilicata, sin da tempi antichissimi ap­paiono disseminare di cri­pte, ovvero grotte scavate nella roccia o nel tufo vul­call1CO.

Tali cosuuzioni, nume­rose non solo in Lucania, e soprattuno nel matera­no, ma anche in altre te­gioni dell'Italia meridiona­le, come la Puglia e la Ca­labria, spesso, conreneva­

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no, alloro imerno, nume­rosi cicli di affreschi -oggi deterioratì e in gran parte distrutti- che hanno in­dotto alcuni studiosi a considerare le crirce come insediarnenci eremitici di "monaci basiliani".

Scrive, infatti, Edoardo GaJ!j2; "accanro al clero secolare che si elevava e si esaltava, partecipando alla vita politica del tempo, vivevano mrtavia apparr3ti e modesti taluni nuclei del vecchio Ordine Basili.Ulo, i quali erano ligi alle proprie rraelizioni, e per (d11(O in condizioni di spirito da Far perdurare nelle grotte, comecché riccamente de­corate di pitwre, l'esercizio del culto".

Il G i! beieli 3 attri bu isce l'origi n<: di queste grotte all'emigrazione di religiosi orientali verso la fascia Ji­tOranea del basso Adùa­cico, in conseguenz.a delle lotte iconoclaste dell'V1IJ secolo e, ancora, al movi­lllenco migrarorio di mo­naci dalla Sicilia verso la Calabria e zone limitrofe, quando le vittorie dei mu­sulmani li costrinsero a cer­care luoghi più sicuri e a spingersi, vi;]. vi;"l, verso le regioni interne,

Di qui la rigida classifica­zione cronologica operata dallo studioso: le più ami­che cripte basiliane sareb­bero quelle vicine al mare ed ;"Ii luoghi di approdo, ad esempio Orranco, Brindisi, San Viro dei Normanni, Taranro: ad epoca più tarda apparterrebbero, invece, g uelle interne, ossia Alta­mura, Gravina e Matera, mentre le ultime in ordine cronologico sarebbero quelle del Vulture.

Tuttavia, basta prendere in considera7-ione l'enorme quanriri\ delle cripte esi­stenti per escludere la resi

dello studioso secondo la quale esse apparterrebbero turte ad'un epoca posterio­re agli avvenimenti politici ddl'V1Il e del IX secolo,

Sembra, infarti, pill vero­simile l'ipotesi, ;lV;1M.<lta per Mas!;afra da Fonseca\ dell'esistenza di una civiltà rupestre che i monaci non :'Ivrebbero deternlinato, perché già esistenre alL, loro venura, ma della quale si sarebbero serviti per inse­diarvisi.

Ménager', focalizzando la sua attenzione sul­l'imrinseca debolezza, nel periodo i n esame, del­]' aura ri tà dell' im pero di Bisanzio Dei "them i" di Calabria e di LongobardiJ, tesrimooiata dalle coIlfinue e malfrenate incursioni saracen e, ri cl i 111 e1l5 io n a l'influenza del monachesi­mo greco, ovvero basiliano, in Basilicata. Egli aggiunge, inoltre, che l3asijio di Cesarea non fondò lllai un ordine monastico e che questa impropria csp res­sione -ordine basilianI)-- fu coniara pitl lardi, nel XVI secolo, dalla curia romana.

In aggiunta, Pia Viva­rellj!' ri leva l'assa i precoce sorromissione del Vulture aj Normanni che fecero di Melft, nel 1041, il puntO di partenza della loro con­quisra dell'haI ìa meridio­nale e la. politica religiosa dei Normanni Stessi, tesa a sostenere la chiesa occiden­tale dopo l'3.Ccordo con il ponrefìce Niccolò 11.

Da ciò si deduce elle se anche vi fu un'influenz.a greca nel monachesimo vulrurino. questa occupò un lasso di tempo piuc(Qsto breve, estendendosi dalla seconda metà del X secolo alla prima del successivo.

Del resro, le testimonian­ze fìgu(Jtlve, contellute nelle chiese rupesrri, con­fermano tale oriemameJlto storico presentando la coe­sistenz..1 e, spesso, la sovrap­posizione delle due diverse culture, l'oriemJk e l'occi­elencale.

LA CRTPTA DI SANTA M,\R­

GIIFRITA

Santa Margherita è Llna

chieSi! rupesrre, scavata nel tufo vuionico, il cui im­pianto archileuonico è im­prontato, con molra evi­denza, ad u n guSto occi­dentale.

È [unga Ill. 11.50, larga m. IO e alta 111. Il.50.

Dall'ingresso ampio si accede nell'unica /lavata

dIvisa in due moduli, co­perta do. crociere a sesto acuto c fiancheggiara da quatrfO c3ppelle di diversa profondità, con volte :'I barre,

Nella second:'l cappella di destra un'apntura ogivale, qualltunque irregolare, pum C(te ]'accesso ad lJ Il

piccolo vano quadrilarero. Due alrari, ricavati nella

roccia, oecu pana il fondo dell'abside e delb prima cappella di sinistra, mentre due sedili di pietra fiJn­cheggiano la parete esterna delle due cappelle più Ion· tane dall' ingresso.

Dal pUlitO di vista pitfo­rico la chiesa presenta numerosi affreschi databili ad epoche differenti. La maggior parte di essi è di .~til<: bizantino come il San Michele arcangelo, la Ma-

Flg l - Melfi (pz), chies<:> di S Morghertlo' Con/m>/o de; YI'i e de, morli, partico­

lare. (fola Soprintendenza per i ~enl ArtlSllCI e Stoncl, MOlerai

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donna in crollo con Bam~

bino, ii San GIOvanni Evange/ista, Santa Mar­gherita, San Giovt/llni Brtt­tist(l, Cristo m trono, Si.m Benedetto, Sa 11 tI! Lucia e Santa Guerina, Stm Basilio e San Vito, San Guglielmo e 5,1ilta Elùabettcl, Santa Orsoia, San Paolo, Sama Nfargherita con otto storie de!&, SIla vita, Sa 11 Pietro c, infìne, il Cristo Prmtomttore con due angeli: altri, invece, come il Contrasto dei viu i e dei morti, il Martirio di Sant'Andrea e il /viartirio di San Lorenzo s'inserivono in un ambiw culrurale e J-ìgu­rativo che. ha ben poco da sparrire con l'Orieme,

:t su questi ultimi che sin dai tempi del Guarini e del Berraux la maggior parte degli studiosi ha concen­trato la propria <lrrenzione,

Gli "ffteschi in questio­ne, i nfatri, obbedendo a criteri :lffatto diversi ris­peno a quelli dei dipinti bizamini sopra menzionari, si poogono problematica­mente come il punto di nlga verso Cu) convergono i eliversi orien ta m.emi Cl] ltu­rali, di ma[rice occidentale, p res en t i n et Me r id io n e

d'lralia, nella seconda metà del XIII secolo, a segui ro del passaggio del Regno di Sicilia dalla dominazione sveva a quella angioina.

Il "Contrasto dei vivi c dei morti"

Lo schema tipico del "Contrasto" raffIgura l'in­contro tra tre scheletri, <irti in piedi o disresi nella

Fig 2, Melfi (f"L1, chiesa di S. Margherita: CenlrClSle dei V!VJ e dei morti, portlCO­

lare. (Foto Soprintmd~~zo per ì Ben, ArtisticI e StOriCI, Moler",)

bara'. e (re falconieri. Occorre, tuttavia, preci­

sare che gli scheletri visi bi­Ii nel)' affresco vulturino Sono due, non ree: già Guarini~, agli inizi del '900, imravede, sulla pare­re della grotta, soltamo "due orribili scheletri bianchi deformi".{Fig, 1)

Gli studiosi successiVI hanno convalidato e, in tal uni casi, dato per scon­talO rale assunto, ma per­sonalmente non ritengo di escl udere categoricamente la presenza del terzo spet­ero che, a mio parere, avrebbe potutO occupare, in origine, il pll nro preciso in cui l'arco voltavJ.~,

Passiamo a descrivere l'affresco: a sinistra si col­lOC;1 un gruppo di tre per­sone elcgJntemente abbi­gliate, di cui due adul re e uno tànciullo (Fig. 2), in­dossan ti vesti eli foggia iJ.entica: U oa tun ica rossa borela ta di una pelI iceia bianca con disegni geome­trici neri che sembrerebbe ermellino, un cappuccio giallo foderato di 'l'aio al­l'interno, un a borsa gialla su cui è raffigurato un fiore con orro grandi petali e sul cui fermaglio è dipjn~

tO un giglio stilizzato, e in­fine lIna daga, Sulla mano guantata della prima f-ìgura è appollaiato un falcone variopinto. A destra del­l'affresco, cl inro una rom­ba apert;t, sì ergono mos­truosi due schelerri,

Ciò che maggiormente colpisce l'attenzione dello spenaro te so no i reschi, raffìgur:ni cl i profì lo, con l'unico occhio tondo e ne­ro, con la frame aha e con la p'Hte mandìbolare note­volmente sviluppata, dalla quale fuoriesco no le cl ue

arcate dentali, AJLJ.ltezza dell'addome e

dello stomaco si escende una macchia nera, a forma di pera, in cui si scorgono dei pumi bianchi "imit~n­ti", secondo Guarini 'o , "i vermi della putrefazione",

Gli scheletri sono calci nel!' :nro cl i apostrofare i "vivi" e, infatti, volgendo i loto crani a sinistra, ten­dono gli arti superiori verso questi ul [j m i, rap­presentati con grandi oc­chi neri contornati d,l evi­denri occhiaie e folte so­pracciglia, visi lunghi, nasi aC]ui] ini e capelli ondulati,

Il motivo iconografico dell'''Inconrro dei tre vivi e dei tre morti"

Manifesta'lioni pittori­ch e dell' rneontio dei tre vivi e dei tre morti appaio­no, per la prima volta, in Italia, nel corso del XIll secolo.

Si fa luce, con questo cema, il gusto del macabro che fissando la sensibilità su di un oggetto, che di per sé stesso non ha alcun significato cristi;lno, si esplica in un interesse per il destino fisico, per la raf­figurazione di re([a di ciò che reSIa dci corpo umano.

Per ciò che concerne l'origine temarica della sensibilità macabra, il Baltrusaitis ll sostiene che i "Cydes de la J'vfon" giun­gano nell'Occidenre cri­stiano dai mondo arabo, attraverso i francescani che aveVJJ10 installato una loro sede a Pechino.

In particolare lo studio­so pone alla base del Contrasto dei vii); e dei morti una pittura eli poco anteriore al secolo j X esi­stente a Zizil, nell'Asia centrale, raffigurante uno scheletro a colloquio con Utl monaco.

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Dello stesso parere è il Kunstle\2 secondo il quale

in un componimento poe~

dco di Adi ibn Zaid, un arabo pre-islamieo arrivo alla fine del VI secolo, il poeta sresso cavalcando in un cimitero con Noman, re di Hira, fa parlare i defunti.

MelHre il Ba1rrusairis l '< si mostra scetrico riguardo a una dìrena derivazione del Contrasto dal componi­mento di Adi, Liliane G uerry l4 e Ferdinando Bologna ') accettano que­sta tesi e i ndividuano nella corre di Federico II il ca­nale di trasmissione del tema dall'Oriente all'Oc­cidente.

Il Bologna 1(, osserva, in­fatti, che vi fu, nel corso dell'VIII secolo, una mas­siccia penetrazione delle dottrine buddistiche nel­l'Isiam favorira dall'espan­sione territoriale islamica che si estese fì no all'I od ia.

Inolere, Al-Asha, altro grande poeta delle rovine, nel corso dei suoi numero­si viaggi giunse uell'Oman c in Siria, a Gerll5alemme e in Etiopia, in Mesopo­(arnia e in Persia, tÌno al Nagran e allo I-iadramawt e conobbe la cultura, gli usi, la rei igione dei popoli orientali.

Secondo Bologna "per queste vie il mondo arabo­ìslamico poté divenire be­nissimo un mediatore del­le idee e della (emarica fì­gurativa di cui si è occupa­to il Balnusaitis".

Se si aggiungono, poi, rallini movimenti insiti nella relìgìosità islamica denominati "sufismo", fondati sull'idea della ca­ducità della yita terrena e inglobanti temi cristiani e gnostici oltre a quell i della poesia araba pre-islam ica, "i rapporti di Federico II e

della sua corte con i cenrri politici e culturali islamici della Siria e della Palestina offrono la soluzione pill piana", secondo Bologna, che adduce, come ulterio­re esempio, la presenza alla corre federiciana del sufì ibn Sab' in chiamaco a rispondere ai "quesiti sici­Iian i" dell'imperatOre SI' t'­

vo sull'eternità della mJ.(C­

na. Tunavia, se è vero che vi

fu, al tempo di Federico lI, li na trasm igrazione di remi dall'Orienre atl'Oc­cidente, è pur lecitO pen­sare che l'Incontro dei vivi e dei morti sia un qualcosa che la sensibilità religiosa può riscoprire senza deter­minare sollecitazioni di precise fonti iconografì­che,

Concordo in pieno con il Tenenti 17 quando OSSet'­

va: "Anche qualora venisse provata più solidamemc non se ne potrebbe inferi­re in maniera semplicistica lln'iden(i(à profonda di

significati (ra i temi del­l'oriente buddista e quelli clell'Occidenre cristi;] no".

Ritornando al Contrasto In elfi tano, si oss erva i Il esso un cipo d'impianto ico nografìco risconttabile nella mìniawra e, in pani­colare, nel codice parigi no ms. 3142 della Biblioreca dell'Arsenal l$.

li fol. 311 del suddetto codice mostra una minia­tura che presenta, a sini­stra tre cavalieri appiedati, riccamente abbigliati -il primo a destra regge sul dorso della mano il falco­ne- d destra tre schelecri, di cui i primi due avvolti in un lenzuolo.

Tale schema iconografi­co, che vede le sei figure allineate e affrontate e i falconieri eleganremente vestiri, di cui il primo reca il falcone sul guanto, ritOr­na a Melfì carico di un più inrenso potere suggestivo.

L'agitnione che pervade il gruppo dei tre cacciatori di Melfi traspi ra da i loro

volti e si (ra~mette diretta­mente allo spettatore che, (] 11' unisono con j ne pec­catori, partecipa commos­so al dramma insolubile della morte che da sempre scuore l'umanità.

Sì è di fronre ad una opera di al ro livello stilisti­co dove, accanto alla cura del deoaglio, all'atren­7..ione "laica e gotica" per il dato estetico -vesti elegan­ti, guarni, daghe, borse, falcone- emerge, i n II na atmosfera drammatÌca, una vitalir-J espressiva ed "esp ress ion is tica" ch e, a prescindere da finalirà meramente religiose, fa leva sul gusro del nuca­bro, sul destino fisico del corpo limano, sull'alone cupo e spetuale, così abil­mente evocato dal frescan­te melfitano.

l Martirii Il Martirio di Sant'An­

drea presenta, in posizione centrale e [TOmaie, il santO con braccia apene, in pro­cinto di essere legato ad un palo. (Fig. 3)

La sua figura è caratre­4

Fig. 3 • Melfi (Pod, chie,Q di $, Mcrghe"lo Moclòt>o d,S, And,eo

(Foto Soprintendenzo per i Beni Arli.tiCI e SIOrlCI, Motera)

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rizzata da una ,esta aureo­lata, enorme e sproporzio­nata rispetto al corpo, dai capelli bianchi, folti e lun­ghi come, del resro, la barba, che poggia sul petro. Indossa una tunica bianca e corra che gli sco­pre le gambe "legnose" e i piedi dalle pian (e larghe, poggianti su un masso di pIetra.

Jl suo corpo è, in più punti, artraversato dai legacci della fune che due aguzzini stanno annodan­do al tronco. Questi ulti­mi, l<l cui mobilità data dalle gambe arcuate con­trasra violentemente con la staticirà del martire, indossano calze nere e tuniche corte di color rosso manone le cui mani­che terminano COn polsini chiusi da una lunga serie di bottoni bianchi. Un cappuccio scuro dalla lunga estremità complera l'abbigliamento.

La particolare iconogra­fia del I'affresco è es rranea all' arte iraliana del lempo e rrova riscontro in minia­tllre' ge'rmaniche de\l'ini7io

del XIIl secolo, per esem­p io, nel cod ice vari canQ Ross n. 181, foglio 126.

Il lvJartirio di San Lo­1'e!lZO mostra, a sinistra, il sanro ignudo e supina­menre disteso sulla grati­cola rovente (Fig. 4). La nudità deI suo corpo è evi· denziara da forti linee nere che segnano le coscole, lo srerno, i contorni della figura.

Il carnefice che lo affìan­ca, vestito con una tunica nera simile a quella dei due sgherri del Martirio di Sant'Andrea, preme ii corpo del santo con un Iungo bastOl1 e dall' estre­mirà ricurva.

A destra si scorge, di profìlo, la figura dell'im­peratore Valeriano che, avvolto in una ricca veste, siede in trono con scettro e corona e mostra di dare un ordine ad un personag­gio attempatO dalla bar­berta e lunga tunica, il quale reca nella mano sini­srra lIn:! spada e indica,

con la deStra, il martire. Sullo sfondo scuro di un

ci el o trapun tO di s celle, campeggiano un angelo a mezzo busto con asperso­rio e una mano usceme da una manica alanata di feswni concentrici.

In basso s'intravedono appena le teste incappuc­ciare di altre due fìgure che potrebbero appartene­re al soCtostante Marririo di Santo Stefàno, oggi il­leggibile.

L' iconogra Ba del M ar­tirio di San Lorenzo melfi­tana pertiene, senza oser­ve, all'area italiana ed è risconrrabile, sia nel1'<un­bito della miniatura che in quello della pittura.

Stile e datazione degli affreschi

A froore di colorol~ che attribuiscono i /vfdrtrii ad una "mano" e ad un'epoca d ive rse cispe tto a quelle del Con tras to, conco rdo con il Boiogna2U nel sosre­nere la sosrallZiale omoge-

Fig. <1 - Melfi (pzJ, chie$o dì s. Margherilo: Martirio di S. (orenzo

(Foto Soprìnlendenzo per I Beni ArtISlicl e SIO"CI, Maiera}

neità stilisrica dei tre affre­schi.

A conforto di quesra resi si consideri la tipologia dei volti dei tre falconieri ~ la si confronti con quelle del­l'angelo con aspersorio e delJ'imperarore Valeriano nel Martirio di San Lorenzo o con quella degli aguzzini di Sanr'.Andrea nel]'omoni­mo JvJart-irio: la forma delle sopracciglia, accentuate e non molto arcuaTt, è la stessa, così q udla degli occhi che, delimitati da un trattO nero, si prolungano all'escerno, verso le tempie, o delle occhiaie che, se appena accennate negli altri perso n aggi, i n Sa n Lorenzo divengono srriatll~

re nere consonanti con le coswle del corpo rilevare di bruno.

Altre analogie interessa­no il caratterisrico naso aquilino, le labbra al di sono delle qllali una piega scura, convergente verso il basso, rende a delineare il mento, le mani eleganti e affusolate dalle lunghe dita contornate di nero.

Si è certamente di fronre ad tino stesso artisra che privilegia, nel caso dei /v!artirii, una narrazi o ne "sgram mati Clfa", ove voi u­tamente accentuata è quel­la "stravaganza b rurale e stralunata" di cui parla il Bologna a proposito dei rre dipinti rnelfìc<lni.

Il Contrasto, infarti, po rta figurarivamen te a ma tu ti tà la com ponen te

. .gotlca, presente In em­brione nei Martirii, quale logica conscguenz,l della scelra di un rema che, sin dall e ori gini, co m e si è visto per la miniatura, pre­dilige il daro esrerico, la cura mi nuziosa del detta­glio -risconrrabili, nelle vesti eleganti, nelle borse decorate, nelle daghe e nel

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ralco ne- piuttoSIO ch e il daro emotivo.

I falconieri, sema 01111;1 perdere della loro COnte­gnosa eleganza, si mosrra­no mOSSI ma non com­mossi, spaven ran ma non agìrari laddove Ilei li1ar­tirii la mobilirà delle figu­rè, la vivacità delle posizio­ni, la secchezza del dise­gno, la marcata lì llea di contornO e la totale assen­za della prospettiva si esprimono in funzione di un linguaggìo in cui pre­domina, non già la forma, ma la sostanza nel suo pìù elementare e "WZ:lO" svì­luppo narrativo.

Accomunati gli affreschi in quesrione, SI pone, ora, il problema di Ulla loro precisa collocazione nel vasro pa norama arflStiCO medìevale.

Se la temarica iconogra­fica del Contra5to rimanda all'area francese, da cui provengono in età angioi­na molti manoscritti mi­niatì, c parallelamenre, ]' iconografia del Martirio di Sant'Andrea uae origine daUa miniatura germanica, l'analisi stilìstica dei dipin­ti induce a ravvisare, quali celltri propagatori dell'aree gOtica documentata in 'santa Margherita, le regio­ni iberiche della Cnalogna e del Roussillon, come ha, per primo, intravisto il BolognaL!.

lnnanzitutro, secondo lo studioso, lo stacco nettO cl i zone di colore blu e giallo rinvia alla più tipica [[adi­zione spagnola facente capo a San Clememe é a Santa Maria di Tahull, come anche l'isolamento delle fì gurc "seq ues tra te impenetrabilmente nella loro forma e mantenute eStranee tra 10m e rispetto <lI fondo: valga, come esempio, la fìsìonomia del

vecchio ponacore di spa­da, accanto al tiranno".

U Bologna osserva, an­(ora, come la lllano uscen­te dalla manica <1lO1l3ta cJi fes[Qni concentrici, pre­seme nel lVfl1rtirio di St1n Lorenzo, sìa riscontrabile negli affreschi di Sant Joan de Bohì, presso leriJa, di Santa Maria di Tahull, della "Messa di San Mar­tino" neJl"'anrependium" di Chi?!, e -aggiungo io- di San Clememe dì Tahull.

Altri confronti, da me proposri, imeressano la tipologia del!' angelo co Il <lspersotio che ricorda, per iI tagho del viso e per la fisionomia, il San Miguel pesando la.\ a!mas del mae­Stro di Soriguerola (ivfuseo

Fig 5· Borçelono, Mv'eo de CotolvRa, Mae,tro de SOrlgverola Franta! de Sorigverolo. [folo RO$o Villonl)

di Vich) e, per il rratta­menw cromatico delle ali e delle pieghe del m2nto e della veste, l'angelo presen­te nell'affresco di Adamo ed Eva di SìgenJ.. Inoltre, il volto degli agU'l,zini di Sant'Andrea è riscontrabile nella fìgura presente al­l'estrema sinistra del "rara­mento Iateral de San M)­guel de Berluenga" e la fì­gura del vecchio portawre di spada è dd tutto idenri­ca a quella del San Pablo del maestro di Soriguerola (Museo di Vich) sia per g \lama l'i glia l'da i traai del volw oblungo che per la forma del collo e delle mani. (Fig. 5)

Ancora, se la fìgura mar­(irinara di San Lorenzo

Ti nviJ <l. Il e "a lm as" pesate cb San Michele nelle tavo­

le del maes([o di Sori guerola e alla orame fìgura ign uda presente nel fton­ral di Toses ((;erona), la ieraticità e la frontalità di Sant'Andre;'! rich iamano le famose pale d'alure spa­gnole, nella fattispecie, il "frontar' di San Giovanni 8anisra di Cesera da cui il S<lnto trae la forma dci piedi dalla pianta larga e dalle gambe rìgide e le­gnose, oltre che dei capelli e della b<lrba ispida21

.

Tal i e tanti riscontri, a cui si aggiungono la deco­razione dello sfondo con stelle a otto pun te, le per­ti ne Dia nelle imOrDO aJle ,lUreole e il ca ppuccio a punta c1egl i aguzzini, pos­tulano una visione diretta delle opere spagnole da parre del pittore operance a Melfi c inducono a rav­visare, in quest'ultimo, un maestro proven iente dalle 1011 rane terre ca talan e e roussillonesi.

Con ogni probabilità egli giunge nei Regno di Napoli nel 1291, a segui­ro, cioè, delle vicende poi i rich e e personali che vcdono coinvolto, per OttO anni, Carlo II c la sua fJ.miglia 13.

E a tale data a Melfi, imporrante sede degli svevi prima e degli angioi~

ni poi, -ove, tra l'altco, nel 1283 si era tenuto un

sinodo, presieduto dal Legato Pomifìcio, che de­liberava la concessione di notevolì sussidi fìnanziari a Carlo II, divenuto da poco Vicario del Regno, per p rosegu i re Ia gu erra dei Vespri siciliani 21 - in una piccola chiesa rupe­stre, già affrescata "all'anti­ca maniera", l'anonimo pinme dà prova della sua maestria innestando sul

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localt ttSSutO svevo-federi­ciano una sovrastruttura culrurale iberiGl e creando un'opera, quale il Con­trasto, stilisticamente ete­rogenea.

LA CRIPTA DJ SANTA LUCIA

J ·,1 chieserta, si[llJ.ta tra i comuni di Melfi e Ra­polla, ~ cos ti tui ta da Ull

avancorpo Ln muratura e

da una grOtta conrigua Sc.1Vat<t nel tufo vulcanico.

La facciata è di forma irregolare con tetto a dop­pio spiovente su cui s'eleva un campanile a vela. Un ampio portale, leggermen­te decemraw sulla sinistra, è sormontato da una fine­stra dì forma re((angola re.

[interno consta di una unica navata lunga In.

9 ,SO. Il soffitto della grotta

è più basso rispetto a quel­lo piano dell'avancorpo.

La parete cii tondo della cripta accoglie, entrO un arco, una serie di affreschi rafJ-ì gura 11 ri, a parti re da si n istra, un ahate com m it­tente i nginocch iato, una Madonna con BJrnbino, SalHa Lucia e nove storie della sua vita.

Un'ìscri~.ìone brina, assai rovinata ci difficilmente leg­gibile, -MIL SIMO NO­NAGESIMO SECVN­00- i n terpretata oramai come J292"5, sovrasra tal i dipinti.

La Madonna con Bam­bino c Santa Lucia obbe­discono, al pari delle a'tre icone presenti in ternrorio meridionale, a dei criteri dì stretta osservanza bizan­tina: immagine frontale e ieratica, capo ci rcondato dal nimbo cotHornaro di perii ne bianche, pomi colorati di rosso, bocca breve e fine, naso lungo e soni le, sopraccigl ia lungne e fortemente arcuate SOttO

una fronte breve, quasi

Fig. 6 . Melfi (pzL chiesa di S LUCIO Siono di s. Lucia IFoto Rasa Villan I)

tur[a copena dal manto. La figura d'dbate com­

mittente, la cui iconogra­fia -mani giunte e tese in avanti in aneggiamenw di p(eghiera- allcora si ispira all'artc di Bi~anzio, è, invece, caratterizzara cl::! un linguaggio che privile­gia un plasticismo riseIlti­

. . . w c vJgoroso entro CUI SJ

sciolgono gli sti!e:mi bizan­tini.

Tale franamento srilisri­co e formale è in sintonia con quello deI le storie di S:!nta Lucia che si dispon­gono in tre fasce orizzon­tali 50vrapposre, di lun­ghezza via via crescenre verso il basso. (Fig. 6)

La prima contiene solo cl ue r iquaclri, la second a

tre e la terza, più lunga perché posta alla base della parete arcuata, quauJ"O.

TI primo riquadro, in zdro, raffigura Lucia e sua madre Eutizia inginoc­chiate e con le mani giun­rc c tese in atteggiamentO di preghiera accanto ad un ediIìcio dalla cui ~ìnestra

ad arco si sporge San ta Agara.

Le due donne indossano tuniche semplici dalla maniche lunghe, rispetti­vamemc di color marrone scuro e di color marrone chiaro, Sant'Agala un;! veste bianca e marrone dalle larghe maniche. Tuue e tre portano sul capo un velo bianco oma­ro da fasce m.uranÌ.

Il riquadro rappresenta [a visi ta cl i Lucia ed Eu­tizia, quest'ultima arrena da una grave ma la ((ia, al sepolcro di Sant'Agara per invocarne ~a guarigione.

Nel secondo riquadro, sullo sfondo di un ricco palazzo, Eu tizia, In iracolo­sameme guarita, dona un pan no bianco, simboleg­gi:mte la dote, a Lucìa.

Ma poiché quesr'u!rima -smndo alla leggenda1b

- ha giuratO sul sepolcro di Sanc'Ag<ua di divenire, al pari di lei, sposa di Cristo e di rinunciare alle ric­chezze rerrene, appare, nel terzo riquadro, nell'atto di donare le sue sosranze a due anonime tìgure.

Nel quarto riquadro è rappresentata un'altra do­nazione di Santa Lucia ai poveri della ci trii.

A questo pu 11 ro la leg­genda c'informa che il promesso sposo di Lucia, venuro a conoscenza del voro da lei Fano, deòde di denunciarla, in quanro cris riana, al p refetro Pa­scaslO.

Nel quinto episodio, infatti, Lucia è sospinta dl un uomo, il suo promesso sposo o un suo emlssano, verso J,J"scasio, figura tOvi­n:J(issim<l di cui s'intrave­de solo llna mano, tesa in gesro ;t[locutorio. (Fig. 7)

Nel riquadro successivo appaio Ila Pascasio cbe, dall'alto di una fìnesrra del castello decreta b condan­na della santa, immobile, e un gruppo di uomini e cl ue C::l. v;d l i P resen ti a Ilo scopo cl i [fasci na r vi:! la manne.

Nel settimo episodio un emissario di Pascasio versa sul capo di Lucia -COme

vuole la Jeggenda- dell'olio bolleme fram misto a pece, contenuto in un'cnorme gIara nera.

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L'ottavo episodio raffi­gura la decapitazione della

santa ad opcr?. di un aguz­zino di Pascasio che, assiso in trOIlO, assiste all'esecu­vone.

Nell'ultimo riquadro Santa Lucìa, che ha ormai subito ogni sona di suppli­zio, persino la decapitaz:io­ne, appare inginocchiata e nell'atto di prendere l'ostia consacrata allertale da due frati dal saio bianco.

Secondo la leggenda la san ra m tiare immediata­menu:: dopo.

Stile e datazione degli affreschi

Nelle storie della martire siracusana si è, ormai, lon­tani da Bisanzio: fìgure sorrili e sperticate, dalle tuniche semplici, domina­no la scena, inquadrara da q ui n re archi tetto niche, esprimendosi jn un lin­guaggio d'impronta occi­ranlCa.

Ci troviamo di (rame ad una pittura che, come scrive Prandi2

:, "racconta i farri, non presenta Ì prota­gonisti della pia istoria", lIna pittura che si emanci­pa da una rappresenrazio­[le in chiave bizanrina della realtà dove l'aureola che contraddistingue le raffinate icone oriencali viene soscituita in Santa Lucia, come in Santa Agata, da Ila carane rist ica, q llanro mai comune "guimpe", velo che stringe il capo delle donne di bassa estraz.ione sociale.

Si coglie nelle storie della santa un'attenzione rivolta al racconto nd suo rapido disporsi episodico.

LI narrazione è, invero, il pumo di forza del fre­scallre, essa procede con ritmo sciolto e vivace, pri­vilegia le tinte tenui e calde e smorza l'irruenza

del dramma, propria dei iV!artirii della vicina grorr:! di Santa Margherita, a favore di una trattazione scattante e rapida della forma con forri accenti dialeuali che è possibile . ..

nnvelllre m mmlature co­me l'Exu IcC( II d i Troia (prima metà del XlI seco­lo), già accoS[aro dalla Vivarelli20 alle sroriene in questione.

L' affres co de Ila man ire siracusana s'i nSCflve, a mio avvi so, nello stesso am­biente di cultura degli affreschi di Santa Mar­gherita.

La figura del commit­tente, inginocchiato ac­canro alla Madonna e a Santa Lucia, presenta spic­cate affinità stilistiche e formali con i personaggi presenti nel Còntri1sto e nei j\1artirii. Si guardi, arale proposiro, il volto di mez­zo profilo della fìguretta inginocchiata, gli occhi il

mandorl a, le sopracciglia allungare, il naso ;lquiliuo,

la piega delle labbra, la pieg:l del collo al di SOttO

del menro, le mani deli­neate con ì tipici contorni neri e, in ulrimo, la corpo­sid della fìgura, trani che

o • " •• " •ntornano nel VIVI e ncl

carnefici di Santa Mar~

gherira e che rinviano decisamente all' area cata­lana.

Le stesse storierre di Sanra Lucia, inoltre, pre­sen tano strette analogie con le assai rovinate Sto­

riette di Santa Margherita, disposte ai due lati del­l'immagine della santa nella omonima grona melfìtana.

Malgrado la scarsa leggi­bilità di queste ultime, infatti, tali analogie ap­paiono evidenti nelle sago­me delle fìguretre sottili e allungate, negli edi fìci che fanno da sfondo alla scena e nella disposizione dei vari episodi in riquadri contigui, delimitati da una fascia di color marrone.

A mio p~r(Te il frescmrc

di Santa Lucia è un locale che esegue gli affreschi

nell'anno immediatamen~ te successivo a q uello in cui il pinore caralano, arri­vo in Sanra Margherita, dipinge il Contrasto e j

Martirù~ derivandone uno srile personale che fa fatica a liberarsi da inf1essioni dialenali e spunti popola­reschi -nelle figure di Caterina, Eutizia e Santa Agata, vestite, per esem­pio, alla stregua di umili plebee- presenri in larga misu ra nelle storicHe.

LA CRIPTA DJ SANT'A ­

TUONO

Nelle immediate vici­nanze di Oppido Lucano, in provincia di Potenza, sorge j' an rica ch iese tra

dedicara a Sant'A11tuono. E.sternamente si presenta

con un tetto di tegole ad un unico spiovelHe, di recen re costruzione, pog­giaott: sulla primieiva suunura in picrra viva, e con una facciata entro cui si apre un portale renan­golare, sormontaro da una J-ì Ilesrrelh rmontl;).

Fig_ 7 - Melfj (P2), chiesa di S. LUCIO 51ono di 5 LuCIO, particolare

IFoto Rosa Villani)

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La parete SJrllstra della chiesa s'innalza a ridosso di una collina di tufo entro la quale si apre una grana, con renen re affre­schi, alla quale si accede dall' in ter no della chiesa, mediante due arcate.

La grotta è costituita da un'unica, ampia navata alta m. 2, 57, larga m. 3, 80 e lunga m. 5,70, da un piccolissimo vano a destra, alto m. 2, 38, largo m. l, 05 e lungo m. 2, 80 e da ulla diramnione lacerale a sinistra, alta m. 2, 66, larga m. l, 50 e lunga m. 4, alla quale si può accede­re pure dall'interno della chiesa, mediante il primo arco.

Due cicli di affreschi adornano la cripta: l'uno, dedicaw alla PtlSSione, si d ispon e Su Ile pareti del­l'ampia naVata, l'altro dedicato alla Sacra ln­fitnzia, occupa le pareti del cunicolo laterale di si­nistra19

.

Il ciclo crisrologìco della Passione comincia, a parti­re da sinistra, con l'Ultima CenLl.

I commensali sono [Uui cl isposti, in posi:òone fron­tale rispetto allo spettato­re, dietro una tavola ret­tangolare imbandita il cui ripiano, appianiw sul fondo, non ha alcuna in­tenzione prospen ica. Le tO nali tà prevalenri sono l'ocra e la rossasua.

N ella scena seguente è raffì gu rata Ia Catturil di Cristo ad opera di Giuda che, sullo sfondo di soldati

.. .armatl, strlllge un capplO attorno al collo di Gesù mentre Pierro, in primo pia no, taglia l'orecchio a Maleo (si nori il particola­re del volto insanguinato di Ma1co). (Fig. 9)

Nel riquadro sottostante s'intravede appena una figura sulla sinistra che, con l'indice proteso in avanti, ordina a Crisw di portare la croce.

Il riquadro sllccess iva occupa, in alto.za, l'imera parete e raffigura un enor­me Cristo alla colonna.

Segue Ia raffì gu razio Ile

del buon ladrone DIMAS -come confe1"ma la scritta­con le braccia legate dietro le t raverse della croce a tau, secondo un modulo ico nogr,{fico, i. capelli biondi a (".azzera e i con­torni del corpo ben deli­nean.

Sulla parete dì fondo della grotta campeggia, entro un'arco, un'enorme Crocifissione. (Fig. 8)

AJla destra del Crisro si dispone un gruppo di sol­dati con lance, scudi ed armature, alla sinistra San Giovanni, Maria e un'aJua figura femminile aureolata.

Dietro questi ultimi si scorge, disposro in profon­dirà, un gruppo di anoni­me Ggure con vesti arabe­scate.

Il cielo, ben delimitato da una zona di colore scuro nella pane superiore della parete arcuara, acco­glie, in perfetta simmerria, due angeli, il sole, la luna e quanro srelle delimirate da cerchi bianchi.

Fig. 8 - 0pp,de Luccno (pzJ, ch'e.o di S Anlueno: Crecifi55ione [Foto Soprinte~denzo per i Be~1 ArtIStiCI e StoriCI, Mctera)

In basso s'intravedono, ancora, due angeli imenti a raccogliere il sangue di Crisro.

Segue, sul la parere di desua, 1:J. raffigu razione del cattivo ladrone GES­TAS, con i lunghi capelli castani e la corporatura longilinea del compagno.

I segue mi affreschi, rovi­natissimi e semidistrutti a causa dell'umidità, non co nsen t o n o allo stato attuale una corretta lerrura iconografìc'l.

Nel piccolo vano che s'apre, a destra della gror­ta, vi è un unico affresco raffigurante una Madonna con Bambino, in perfetto srile bizantino.

Di maggior interesse gli affreschi del cunicolo di sinistra, dedica ri a!t'In­fanzia di Gesù,

A parcire da sinistra è l'affresco della Natillità, ìnterro rro dall a costru1-io­ne dell'arco.

La Madonna, distesa su un giaciglio di forma ret­tangolare coperto da una sto ffa cl i color rosso dal bordo ocra con fregi neri, raglia in due l'affresco.

ella parte superiore del dipinto, infatti, si colloca­no il Bambino in fasce col nimbo crucesignaco, gia­cente in una sorta di man­giaroia, e UD pasrorello seduro che suona UI1 tlaurQ.

Nella parre inferiore due donne lavano il Bambino ­di cui oggi non tesra rrac­cia- una immerge realisti­camenre il braccio nel­l'acqua per assicurarsi delia temperatura, l'al tra versa l'acqua con un cari­no mentre Maria porge un panno per asciugare il pic­colo; a destra, condotto da un angelo ormai mutilo, avanza un vecchio pastore.

La 5cena è cOlnornara da una fascia onci ulata che

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(S. ORTOLANI, Inediti meri­dionali det Duecento, in

"Bollettino d'Arie del M.P.I.", 1948) come Mll (LESIMO CENTE)5IMO NONAGESI­MO SECVNDO -1192-, ma lale datazione, in contrasto con lo stle protogotico del dipinto, fu respinta prima dalla Medea (A. MEDEA, Lo piUvra bizanfina nell'Italia meridionale del Medioevo, in "L'Oriente Cristiano nello Storia della Civiltò", AHi del Convegno Internazionale dell' Accademia Nozionale dei Lincei, Roma, 1964, p. 741) e, poi, dallo Vivarelli (P. VIVARELU, Montalbano-Ma­tera, 1972, Galatina \ 976, p. 37) che integrò lo lacuna inserendo DVE tra LESIMO e CENTE in modo do leggersi MILLESIMO DVECENTESIMO NONAGESIMO SECVNDO ­1292-; 16 Per le fonti dello leggendo di Santa Lucio cfr.: P. GUE­RIN, 1880; A. LEVASTI, 1924; L. REAU, 1959; G. KAFTAL, 1965; 27 A. PRANDI, Arie in Basi­

licata. Milano, 1964, p. 96; 28P. VIVARElll, 1973, p. 569; 29 A. MEDEA, Resti di un ciclo evangelico, a ffre 5cll i della cripfa di Sant'Antvono o Oppido Lucono, in "Archivio storico per lo Calabria e lo Lucania", l 962; 30 P. BORRARO, Brevi consi· derazioni svlla piHuro medie­vale in Lucania, in Atti del Convegno "Dante e lo cultura sveva", Melfi, 1969, p. 49.

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