problematiche delle fratture da fragilità ossea. la nostra esperienza nella gestione delle...

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12 Ortopedia Reumatologia e archivio di M et al (2010) The incidence of hip, forearm, humeral, an- kle, and vertebral fragility frac- tures in Italy: results from a 3- year multicenter study. Arthritis Res Ther 12:R226 6. NSIS - sistema informativo EMUR - Regione Lazio anno 2010 - Ministero della Salute - Direzione generale del sistema informativo e statistico sanitario e NSIS - Scheda di dimissione ospedaliera - Regione Lazio an- no 2010 - Ministero della Salu- te - Direzione generale del si- stema informativo e statistico sanitario 7. Panneman MJ, Lips P, Sen SS, Herings RM (2004) Under- treatment with anti-osteoporo- tic drugs after hospitalization for fracture. Osteoporos Int 15:120-124 8. Kanis JA, Borgstrom F, De Laet C et al (2005) Assessment of fracture risk. Osteoporos Int 16:581-589 9. Gallacher SJ, Gallagher AP, McQuillian C et al (2007) The prevalence of vertebral fracture amongst patients presenting with non-vertebral fractures. Osteoporos Int 18:185-192 10. Cooper C (1997) The crippling consequences of fractures and their impact on quality of life. Am J Med 103:12S-19S 11. Bouee S, Lafuma A, Fagnani F et al (2006) Estimation of direct unit costs associated with non- vertebral osteoporotic fractures in five European countries. Rheumatol Int 26:1063-1072 12. “L ’Out of Pocket sanitario nelle regioni italiane”. Analisi dei da- ti dell’indagine Istat, Multisco- pio, 2005 13. Quaderni del Ministero della Salute (2010) Appropriatezza diagnostica e terapeutica nella prevenzione delle fratture da fragilità da osteoporosi, vol. 4. Istituto Poligrafico dello Stato 14. Tarantino U, Resmini G (2010) La gestione delle fratture da fra- gilità ossea. Raccomandazioni per chirurghi ortopedici. Sprin- ger-Verlag Italia, Milano 15. Genant HK, Wu CY, van Kuijk C, Nevitt MC (1993) Vertebral fracture assessment using a se- miquantitative technique. J Bo- ne Miner Res 8:1137-1148 16. Chinese Orthopaedic Associa- tion (2009) Diagnosis and treat- ment of osteoporotic fractures. Orthopaedic Surgery 4:251-257 17. Tarantino U, Cannata G, Ce- rocchi I et al (2007) Surgical approach to fragility fractures: problems and perspectives. Aging Clin Exp Res 19[4 Suppl.]:12-21 18. Giannoudis PV, Schneider E (2006) Principles of fixation of osteoporotic fractures. J Bone Joint Surg Br 88:1272-1278 19. Pinheiro MM, Schuch NJ, Ge- naro PS et al (2009) Nutrient in- takes related to osteoporotic fractures in men and women— the Brazilian Osteoporosis Study (BRAZOS). Nutr J 8:6 20. Bischoff HA, Stähelin HB, Dick W et al (2003) Effects of vitamin D and calcium supplementa- tion on falls: a randomized con- trolled trial. J Bone Miner Res 18:343-351 21. Nuti R, Brandi ML, Isaia G et al (2009) New perspectives on the definition and the management of severe osteoporosis: the pa- tient with two or more fragility fractures. J Endocrinol Invest 32:783-788 22. Gaston MS, Simpson AH (2007) Inhibition of fracture healing J Bone Joint Surg Br 89:1553- 1560 Introduzione Le fratture da fragilità ossea sono eventi molto frequenti soprattut- to nei pazienti anziani a causa del- l’osteoporosi, patologia che nella sua forma primitiva viene consi- derata un processo parafisiologi- co legato all’invecchiamento. Spesso cadute banali o traumi lie- vi nei soggetti di età avanzata pos- sono provocare conseguenze che richiedono un trattamento chi- rurgico e una lunga riabilitazione, con in primo luogo profondi di- sagi e una diminuzione dell’aspet- tativa di vita per il paziente, e in secondo luogo elevati costi per il Sistema Sanitario Nazionale [1,2]. L’osteoporosi è una condizione morbosa in cui variazioni meta- boliche e ormonali provocano la progressiva diminuzione della massa ossea e modificazioni del- la microarchitettura sia dell’osso spongioso sia dell’osso corticale. Alcune zone dello scheletro di- mostrano una maggiore sensibili- tà e presentano quindi una mag- giore predisposizione alle frattu- re. Il femore prossimale (FP) nel- la regione trocanterica e cervica- le, le vertebre e le ossa dell’avam- braccio (radio e ulna) sono le os- sa maggiormente colpite da frat- ture patologiche secondarie a osteoporosi [3]. È significativo che una frattura vertebrale o di femore prossimale siano eventi sufficienti a porre diagnosi di osteoporosi con accesso ai costo- si farmaci della Nota AIFA 79. Le fratture vertebrali e dell’avam- braccio vengono spesso trattate in maniera incruenta con presidi ortopedici come busti e apparec- chi gessati e raramente richiedo- no un trattamento chirurgico, in particolar modo in pazienti di età avanzata e che presentano altre problematiche di origine interni- stica. Al contrario, le fratture di fe- more nella quasi totalità dei casi necessitano di un intervento chi- rurgico, sia per evitare l’alletta- mento prolungato, importante causa di morbilità e mortalità, sia per ripristinare il più presto pos- sibile le normali funzioni deam- bulatorie e quindi una adeguata qualità della vita. Epidemiologia Le fratture prossimali di femore (FFP) sono molto comuni in tut- to il mondo, in accordo con l’au- mento dell’età media di sopravvi- venza. I dati della letteratura scientifica riportano un’incidenza mondiale di 1,7 milioni di frattu- re di FP all’anno, di cui più di 500.000 in Europa, ed è stato cal- colato che questa cifra salirà a 750.000 nel 2030 e a 1 milione nel 2050. È stato anche eviden- ziato che nei Paesi occidentali la mortalità in seguito a fratture di femore ha superato i tumori ga- strici e pancreatici e che l’inci- denza di FFP è maggiore rispetto al carcinoma mammario nella donna e al tumore prostatico nel- l’uomo [4-7]. Tutto ciò comporta un importante dispendio di de- naro, sia nel trattamento medico- chirurgico sia nella riabilitazione. Nel congresso SIOT del 2004 a Napoli, Prisco Piscitelli ha evi- denziato come i costi di gestione di una FFP siano maggiori dei co- sti di un infarto del miocardio, raggiungendo globalmente il mi- liardo di euro all’anno. I dati re- lativi all’attuale incidenza di FFP in Piemonte sono stati sviluppati in uno studio del 2011 [8], in co- operazione tra le divisioni orto- pediche di tre ospedali: l’Ospe- dale Umberto I-Mauriziano di To- rino, l’Ospedale Cardinal Massaia di Asti e l’Ospedale S. Lazzaro di Alba. In questo studio retrospet- tivo sono stati presi in considera- zione i dati dei registri regionali relativi ai pazienti affetti da FFP durante l’anno 2003, per un totale di 5386 pazienti, registrando e suddividendo gli stessi in gruppi per età, sesso, tipo di frattura e trattamento. I dati statistici sono stati ottenuti standardizzando il campione e la popolazione di ri- ferimento per età; si è ottenuta così un’incidenza annuale di FFP nelle persone di età superiore a 60 anni pari a 126,13/100.000, di cui 76,69% donne. Nelle persone con un’età inferiore a 60 anni le FFP sono invece poco comuni, con un’incidenza di 9,72/100.000 e con un rischio più elevato per il genere maschile; viceversa, nella popolazione con età superiore a 80 anni l’incidenza raggiunge ad- dirittura 1757/100.000 ogni an- no, cioè l’1,7%. Una sottopopolazione del cam- pione è stata poi studiata più ap- profonditamente per ottenere da- ti riguardanti le modalità di in- fortunio, i giorni di degenza ospe- daliera, le comorbilità, l’assun- zione di farmaci, le complicanze post-operatorie, l’incidenza di nuove fratture, l’autonomia deam- bulatoria e la sopravvivenza, va- lutando le differenze tra i gruppi. Nel 61,34% dei casi la FFP è sta- ta causata da una caduta acci- dentale in casa, nel 30,1% da ca- dute fuori casa e solo nel 9% da altre situazioni, come incidenti stradali, infortuni sul lavoro o frat- ture patologiche. Il 47,18% delle fratture coinvolgeva il collo fe- morale propriamente detto (frat- ture cosiddette mediali), il 52,81% la regione trocanterica (fratture definite pertanto latera- li). L ’osteosintesi (riparazione di- retta della frattura con chiodi, placche e viti) si è resa possibile nel 57,88% dei pazienti, nel 25,7% dei casi è stata impiantata una protesi parziale d’anca (so- stituzione del solo versante fe- morale dell’articolazione) e solo nel 6,79% dei pazienti è stata im- piantata una protesi totale d’anca (sostituzione sia del versante fe- morale sia di quello acetabolare). In meno del 10% dei pazienti è stata percorsa la strada incruenta, che diventa una possibilità con- creta solo nel caso infrequente di fratture particolarmente stabili e/o quando le condizioni cliniche ge- nerali del paziente controindichi- no l’intervento chirurgico: è mol- to importante notare come nella casistica presentata nessuno dei pazienti così trattati sia tornato a camminare, con una conseguen- te drastica diminuzione dell’a- spettativa di vita. In questi pa- zienti l’obiettivo non è un ritorno alla deambulazione (sovente for- temente deficitaria già prima del- l’evento traumatico), ma solo il sollievo dal dolore [9,10]. Le at- tuali linee guida raccomandano un trattamento precoce delle FFP entro le prime 24 ore, rendendo questo tipo di infortunio urgenza vera, visto il significativo aumen- to di complicazioni internistiche immediate e chirurgiche a breve e medio termine quando l’inter- vento venga procrastinato per più di 48-72 ore [11-17]. Nel 2003 in Piemonte la media di attesa è sta- ta di 2,67 giorni, ma il dato è in- ficiato da valori limite fino a 60 giorni, tempo necessario in alcu- ni pazienti per la stabilizzazione clinica prima della sala operatoria. Solo nel 56,42% dei casi, co- munque, l’intervento è stato ese- guito entro le 48 ore. Elevato è il numero di comorbilità presenti prima e dopo l’intervento, circo- stanza facilmente giustificabile dalla tipologia demografica dei pazienti trattati. Solo il 35,15% dei pazienti, infatti, non presen- tava patologie associate e godeva di buona salute, mentre il 38,78% dei pazienti ha mostrato compli- cazioni post-operatorie come san- guinamento e successiva necessi- tà di trasfusione, infezioni e le- sioni vascolo-nervose di entità va- riabile. In particolare, l’assunzio- ne di farmaci anticoagulanti e an- tiaggreganti è considerata fattore prognostico negativo, sia perché rallenta il percorso che porta il paziente in sala operatoria sia per il drastico aumento di compli- canze post-operatorie, in partico- lare il sanguinamento [17,18]. Interessanti sono i dati riguardanti la mortalità: il 6% dei pazienti è deceduto durante la degenza, la sopravvivenza a 3 mesi è stata del 94%, a 1 anno del 71,32%, a 2 anni del 66,59% e a 3 anni del 60,21%, dati che sottolineano co- me la FFP sia da un lato un even- to che incide negativamente sul- l’aspettativa di vita, dall’altro una manifestazione di scompenso di una situazione patologica sottesa alla frattura stessa, soprattutto di natura neurologica o cardiova- scolare. Importante è anche il dato riguar- dante le nuove fratture nei tre an- ni successivi all’intervento: ben il 13,01% dei pazienti ha contratto una nuova frattura, mostrando co- me una FFP sia indice di ridotta massa ossea ed evento sufficiente per porre diagnosi di osteoporosi. Nonostante ciò, meno dell’1% dei Tarantino continua da pag. 11 Problematiche delle fratture da fragilità ossea. La nostra esperienza nella gestione delle fragilità ossee nella Regione Piemonte P. Rossi 1 , A. Pastrone 2 , M. Bruzzone 2 , F. Dettoni 2 , G. Collo 1 , F. Castoldi 2 1 Azienda Ospedaliera CTO – Maria Adelaide, Università degli studi di Torino; 2 Ospedale Mauriziano Umberto I Torino, SCDU Ortopedia e Traumatologia, Università degli Studi di Torino DOI 10.1007/s10261-011-0037-z P. Rossi ABSTRACT The problem of osteoporosis-related fractures. Our experi- ence in the management of bone frailty in the Piedmont Region Osteoporosis-related fractures are extremely common among elderly people throughout the world and Piedmont makes no exception, with an high incidence of hip fractures (HF) (126.13/100,000) in people aged more than 60 years. HFs cause a decrease of the patient’s life ex- pectancy and high costs for the National Health Service. Almost all cas- es require a surgical treatment that is chosen according to the type of bone fracture and the functional requirements of the patient. The choice is between arthroplasty (PHA or THA) and osteosynthesis (in- tramedullary nail, cannulated screw, DHS). It is interesting that in our Region the incidence of new fractures in patients that sustained a pri- or HF within 3 years was 13.01%, but only 1% of them was taking an appropriate anti-osteoporotic therapy, underlining its importance.

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OrtopediaReumatologiae

archivio di

M et al (2010) The incidenceof hip, forearm, humeral, an-kle, and vertebral fragility frac-tures in Italy: results from a 3-year multicenter study. ArthritisRes Ther 12:R226

6. NSIS - sistema informativoEMUR - Regione Lazio anno2010 - Ministero della Salute -Direzione generale del sistemainformativo e statistico sanitarioe NSIS - Scheda di dimissioneospedaliera - Regione Lazio an-no 2010 - Ministero della Salu-te - Direzione generale del si-stema informativo e statisticosanitario

7. Panneman MJ, Lips P, Sen SS,Herings RM (2004) Under-treatment with anti-osteoporo-tic drugs after hospitalizationfor fracture. Osteoporos Int15:120-124

8. Kanis JA, Borgstrom F, De LaetC et al (2005) Assessment offracture risk. Osteoporos Int16:581-589

9. Gallacher SJ, Gallagher AP,McQuillian C et al (2007) Theprevalence of vertebral fractureamongst patients presentingwith non-vertebral fractures.Osteoporos Int 18:185-192

10. Cooper C (1997) The cripplingconsequences of fractures andtheir impact on quality of life.Am J Med 103:12S-19S

11. Bouee S, Lafuma A, Fagnani Fet al (2006) Estimation of directunit costs associated with non-vertebral osteoporotic fracturesin five European countries.Rheumatol Int 26:1063-1072

12. “L’Out of Pocket sanitario nelleregioni italiane”. Analisi dei da-ti dell’indagine Istat, Multisco-pio, 2005

13. Quaderni del Ministero dellaSalute (2010) Appropriatezzadiagnostica e terapeutica nella

prevenzione delle fratture dafragilità da osteoporosi, vol. 4.Istituto Poligrafico dello Stato

14. Tarantino U, Resmini G (2010)La gestione delle fratture da fra-gilità ossea. Raccomandazioniper chirurghi ortopedici. Sprin-ger-Verlag Italia, Milano

15. Genant HK, Wu CY, van KuijkC, Nevitt MC (1993) Vertebralfracture assessment using a se-miquantitative technique. J Bo-ne Miner Res 8:1137-1148

16. Chinese Orthopaedic Associa-tion (2009) Diagnosis and treat-ment of osteoporotic fractures.Orthopaedic Surgery 4:251-257

17. Tarantino U, Cannata G, Ce-rocchi I et al (2007) Surgicalapproach to fragility fractures:problems and perspectives.Aging Clin Exp Res 19[4Suppl.]:12-21

18. Giannoudis PV, Schneider E(2006) Principles of fixation ofosteoporotic fractures. J BoneJoint Surg Br 88:1272-1278

19. Pinheiro MM, Schuch NJ, Ge-naro PS et al (2009) Nutrient in-takes related to osteoporoticfractures in men and women—the Brazilian OsteoporosisStudy (BRAZOS). Nutr J 8:6

20. Bischoff HA, Stähelin HB, DickW et al (2003) Effects of vitaminD and calcium supplementa-tion on falls: a randomized con-trolled trial. J Bone Miner Res18:343-351

21. Nuti R, Brandi ML, Isaia G et al(2009) New perspectives on thedefinition and the managementof severe osteoporosis: the pa-tient with two or more fragilityfractures. J Endocrinol Invest32:783-788

22. Gaston MS, Simpson AH (2007)Inhibition of fracture healing JBone Joint Surg Br 89:1553-1560

Introduzione

Le fratture da fragilità ossea sonoeventi molto frequenti soprattut-to nei pazienti anziani a causa del-l’osteoporosi, patologia che nellasua forma primitiva viene consi-derata un processo parafisiologi-co legato all’invecchiamento.Spesso cadute banali o traumi lie-vi nei soggetti di età avanzata pos-

sono provocare conseguenze cherichiedono un trattamento chi-rurgico e una lunga riabilitazione,con in primo luogo profondi di-sagi e una diminuzione dell’aspet-tativa di vita per il paziente, e insecondo luogo elevati costi per ilSistema Sanitario Nazionale [1,2].L’osteoporosi è una condizionemorbosa in cui variazioni meta-boliche e ormonali provocano la

progressiva diminuzione dellamassa ossea e modificazioni del-la microarchitettura sia dell’ossospongioso sia dell’osso corticale.Alcune zone dello scheletro di-mostrano una maggiore sensibili-tà e presentano quindi una mag-giore predisposizione alle frattu-re. Il femore prossimale (FP) nel-la regione trocanterica e cervica-le, le vertebre e le ossa dell’avam-braccio (radio e ulna) sono le os-sa maggiormente colpite da frat-ture patologiche secondarie aosteoporosi [3]. È significativoche una frattura vertebrale o difemore prossimale siano eventisufficienti a porre diagnosi diosteoporosi con accesso ai costo-si farmaci della Nota AIFA 79. Lefratture vertebrali e dell’avam-braccio vengono spesso trattatein maniera incruenta con presidiortopedici come busti e apparec-chi gessati e raramente richiedo-no un trattamento chirurgico, inparticolar modo in pazienti di etàavanzata e che presentano altreproblematiche di origine interni-stica. Al contrario, le fratture di fe-more nella quasi totalità dei casinecessitano di un intervento chi-rurgico, sia per evitare l’alletta-mento prolungato, importantecausa di morbilità e mortalità, siaper ripristinare il più presto pos-sibile le normali funzioni deam-bulatorie e quindi una adeguataqualità della vita.

Epidemiologia

Le fratture prossimali di femore(FFP) sono molto comuni in tut-to il mondo, in accordo con l’au-mento dell’età media di sopravvi-venza. I dati della letteraturascientifica riportano un’incidenzamondiale di 1,7 milioni di frattu-re di FP all’anno, di cui più di500.000 in Europa, ed è stato cal-colato che questa cifra salirà a750.000 nel 2030 e a 1 milionenel 2050. È stato anche eviden-ziato che nei Paesi occidentali lamortalità in seguito a fratture difemore ha superato i tumori ga-strici e pancreatici e che l’inci-denza di FFP è maggiore rispettoal carcinoma mammario nelladonna e al tumore prostatico nel-l’uomo [4-7]. Tutto ciò comportaun importante dispendio di de-naro, sia nel trattamento medico-chirurgico sia nella riabilitazione.Nel congresso SIOT del 2004 aNapoli, Prisco Piscitelli ha evi-denziato come i costi di gestionedi una FFP siano maggiori dei co-sti di un infarto del miocardio,raggiungendo globalmente il mi-liardo di euro all’anno. I dati re-lativi all’attuale incidenza di FFPin Piemonte sono stati sviluppatiin uno studio del 2011 [8], in co-operazione tra le divisioni orto-

pediche di tre ospedali: l’Ospe-dale Umberto I-Mauriziano di To-rino, l’Ospedale Cardinal Massaiadi Asti e l’Ospedale S. Lazzaro diAlba. In questo studio retrospet-tivo sono stati presi in considera-zione i dati dei registri regionalirelativi ai pazienti affetti da FFPdurante l’anno 2003, per un totaledi 5386 pazienti, registrando esuddividendo gli stessi in gruppiper età, sesso, tipo di frattura etrattamento. I dati statistici sonostati ottenuti standardizzando ilcampione e la popolazione di ri-ferimento per età; si è ottenutacosì un’incidenza annuale di FFPnelle persone di età superiore a 60anni pari a 126,13/100.000, dicui 76,69% donne. Nelle personecon un’età inferiore a 60 anni leFFP sono invece poco comuni,con un’incidenza di 9,72/100.000e con un rischio più elevato per ilgenere maschile; viceversa, nellapopolazione con età superiore a80 anni l’incidenza raggiunge ad-dirittura 1757/100.000 ogni an-no, cioè l’1,7%. Una sottopopolazione del cam-pione è stata poi studiata più ap-profonditamente per ottenere da-ti riguardanti le modalità di in-fortunio, i giorni di degenza ospe-daliera, le comorbilità, l’assun-zione di farmaci, le complicanzepost-operatorie, l’incidenza dinuove fratture, l’autonomia deam-bulatoria e la sopravvivenza, va-lutando le differenze tra i gruppi.Nel 61,34% dei casi la FFP è sta-ta causata da una caduta acci-dentale in casa, nel 30,1% da ca-dute fuori casa e solo nel 9% daaltre situazioni, come incidentistradali, infortuni sul lavoro o frat-ture patologiche. Il 47,18% dellefratture coinvolgeva il collo fe-morale propriamente detto (frat-ture cosiddette mediali), il52,81% la regione trocanterica(fratture definite pertanto latera-li). L’osteosintesi (riparazione di-retta della frattura con chiodi,placche e viti) si è resa possibilenel 57,88% dei pazienti, nel25,7% dei casi è stata impiantatauna protesi parziale d’anca (so-stituzione del solo versante fe-morale dell’articolazione) e solonel 6,79% dei pazienti è stata im-piantata una protesi totale d’anca(sostituzione sia del versante fe-morale sia di quello acetabolare).In meno del 10% dei pazienti èstata percorsa la strada incruenta,che diventa una possibilità con-creta solo nel caso infrequente difratture particolarmente stabili e/oquando le condizioni cliniche ge-nerali del paziente controindichi-no l’intervento chirurgico: è mol-to importante notare come nellacasistica presentata nessuno deipazienti così trattati sia tornato acamminare, con una conseguen-

te drastica diminuzione dell’a-spettativa di vita. In questi pa-zienti l’obiettivo non è un ritornoalla deambulazione (sovente for-temente deficitaria già prima del-l’evento traumatico), ma solo ilsollievo dal dolore [9,10]. Le at-tuali linee guida raccomandanoun trattamento precoce delle FFPentro le prime 24 ore, rendendoquesto tipo di infortunio urgenzavera, visto il significativo aumen-to di complicazioni internisticheimmediate e chirurgiche a brevee medio termine quando l’inter-vento venga procrastinato per piùdi 48-72 ore [11-17]. Nel 2003 inPiemonte la media di attesa è sta-ta di 2,67 giorni, ma il dato è in-ficiato da valori limite fino a 60giorni, tempo necessario in alcu-ni pazienti per la stabilizzazioneclinica prima della sala operatoria.Solo nel 56,42% dei casi, co-munque, l’intervento è stato ese-guito entro le 48 ore. Elevato è ilnumero di comorbilità presentiprima e dopo l’intervento, circo-stanza facilmente giustificabiledalla tipologia demografica deipazienti trattati. Solo il 35,15%dei pazienti, infatti, non presen-tava patologie associate e godevadi buona salute, mentre il 38,78%dei pazienti ha mostrato compli-cazioni post-operatorie come san-guinamento e successiva necessi-tà di trasfusione, infezioni e le-sioni vascolo-nervose di entità va-riabile. In particolare, l’assunzio-ne di farmaci anticoagulanti e an-tiaggreganti è considerata fattoreprognostico negativo, sia perchérallenta il percorso che porta ilpaziente in sala operatoria sia peril drastico aumento di compli-canze post-operatorie, in partico-lare il sanguinamento [17,18]. Interessanti sono i dati riguardantila mortalità: il 6% dei pazienti èdeceduto durante la degenza, lasopravvivenza a 3 mesi è stata del94%, a 1 anno del 71,32%, a 2anni del 66,59% e a 3 anni del60,21%, dati che sottolineano co-me la FFP sia da un lato un even-to che incide negativamente sul-l’aspettativa di vita, dall’altro unamanifestazione di scompenso diuna situazione patologica sottesaalla frattura stessa, soprattutto dinatura neurologica o cardiova-scolare. Importante è anche il dato riguar-dante le nuove fratture nei tre an-ni successivi all’intervento: ben il13,01% dei pazienti ha contrattouna nuova frattura, mostrando co-me una FFP sia indice di ridottamassa ossea ed evento sufficienteper porre diagnosi di osteoporosi.Nonostante ciò, meno dell’1% dei

Tarantino continua da pag. 11

Problematiche delle fratture da fragilità ossea. La nostra esperienzanella gestione delle fragilità ossee nella Regione Piemonte P. Rossi1, A. Pastrone2, M. Bruzzone2, F. Dettoni2, G. Collo1, F. Castoldi21Azienda Ospedaliera CTO – Maria Adelaide, Università degli studi di Torino; 2Ospedale Mauriziano Umberto I Torino, SCDU Ortopedia e Traumatologia, Università degli Studi di Torino

DOI 10.1007/s10261-011-0037-z

P. Rossi

ABSTRACT The problem of osteoporosis-related fractures. Our experi-ence in the management of bone frailty in the Piedmont Region

Osteoporosis-related fractures are extremely common among elderlypeople throughout the world and Piedmont makes no exception, withan high incidence of hip fractures (HF) (126.13/100,000) in people agedmore than 60 years. HFs cause a decrease of the patient’s life ex-pectancy and high costs for the National Health Service. Almost all cas-es require a surgical treatment that is chosen according to the type ofbone fracture and the functional requirements of the patient. Thechoice is between arthroplasty (PHA or THA) and osteosynthesis (in-tramedullary nail, cannulated screw, DHS). It is interesting that in ourRegion the incidence of new fractures in patients that sustained a pri-or HF within 3 years was 13.01% , but only 1% of them was taking anappropriate anti-osteoporotic therapy, underlining its importance.

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OrtopediaReumatologiae

archivio di

primo post-operatorio, con tempidi recupero lenti e maggior rischiodi complicanze da allettamento,mentre un inserimento troppocraniale della vite cefalica pone lebasi per il rischio di “cut-out” (fuo-riuscita della vite cefalica dalla te-sta femorale), specialmente in pa-zienti con significativa osteoporo-si. Nonostante ciò il chiodo endo-midollare rimane il mezzo di sin-tesi più utilizzato nelle fratture la-terali di femore nella nostra prati-ca quotidiana.

Protesi d’anca parziali o totali

La protesi parziale d’anca (PPA)consiste nella sostituzione del seg-mento prossimale (collo e testa)del femore fratturato con uno ste-lo femorale endomidollare in me-tallo, cementato all’interno del-l’osso o a “press-fit” e assemblatocon una testa in metallo o cera-mica che si articola direttamentecon l’acetabolo. La cementazione dello stelo conpolimetil-metacrilato (PMMA) al-l’interno del femore permette unaredistribuzione più omogenea deicarichi tensivi sull’osso corticaleed è particolarmente vantaggiosain pazienti anziani con una sca-dente qualità ossea. Svantaggi del-l’utilizzo del cemento sono unamaggior durata dell’intervento e,sotto il profilo anestesiologico, laconsiderazione che la fase di ce-mentazione rappresenta un mo-mento critico a causa delle eleva-te temperature raggiunte dalPMMA prima della solidificazio-ne, in particolar modo in pazien-ti anziani affetti da patologie car-diovascolari. I picchi ipertensivi

Plate) sono le fratture pertrocan-teriche e intertrocanteriche. Nel-la nostra esperienza è meno fre-quentemente utilizzato rispettoall’inchiodamento endomidolla-re e viene riservato soprattutto al-le fratture intertrocanteriche tipoA3.3 della classificazione AO, incui è possibile ottenere una sintesipiù stabile e dominare meglio lerotazioni dei capi di frattura. Do-po la riduzione della frattura euna eventuale sintesi temporaneacon uno o più fili di Kirschner,viene inserita una vite DHS nellatesta femorale. In seguito il cilin-dro della placca viene inserito sulgambo della vite e fissato al fe-more con viti autofilettanti. Ri-spetto al chiodo endomidollare lavite-placca esercita maggiori for-ze tensive sul collo del femore acausa del maggiore braccio di le-va; inoltre un accesso chirurgicopiù ampio e tempi chirurgici di-latati determinano una sostanzia-le maggiore invasività dell’inter-vento.

Chiodo endomidollareIl perfezionamento del chiodo en-domidollare alla fine degli anniOttanta ha rappresentato unasvolta per il trattamento delle frat-ture prossimali di femore. L’inseri-mento percutaneo del chiodo en-domidollare e delle viti di stabiliz-zazione cefalica e di bloccaggio di-stale guidato dall’amplificatore dibrillanza permette una sintesi ot-timale con tempi chirurgici ridot-ti e minimo insulto dei tessuti mol-li (Fig. 2). La presenza di osso po-rotico, però, limita frequentemen-te il carico concesso al paziente nel

pazienti della casistica presentataera stato sottoposto a terapia an-tiosteoporotica adeguata dopo ladimissione ospedaliera. Nono-stante i bisfosfonati siano farmacimolto costosi, si sono dimostratiefficaci nel prevenire nuove frattu-re, con un taglio degli oneri per ilSSN al netto del bilancio [19], percui si raccomanda un’attenta im-postazione del programma antio-steoporotico nei pazienti affetti dafratture, specialmente del femoree vertebrali.

Tecniche chirurgiche

Il trattamento delle FFP è secon-dario soprattutto al tipo di frattu-ra e si suddivide fondamental-mente in due categorie: protesiz-zazione e osteosintesi. Le fratturemediali, così definite in quanto siverificano medialmente all’inser-zione della capsula articolare, pro-vocano frequentemente un deficitnella vascolarizzazione ossea del-la testa femorale, di cui è respon-sabile in gran parte l’arteria cir-conflessa posteriore. In questi ca-si anche in seguito a una osteo-sintesi corretta la necrosi della te-sta femorale può facilmente veri-ficarsi entro l’anno dall’interven-to: per tale ragione in questa ti-pologia di fratture la scelta pri-maria è la sostituzione della par-te fratturata con protesi d’ancaparziali o totali. Le fratture lateralio trocanteriche, invece, non pre-sentano problematiche di tipo va-scolare e l’osteosintesi è preferibileal fine di preservare l’anatomiaoriginaria dell’anca e limitare nel-la maggior parte dei casi l’invasi-vità dell’intervento, anche se è dasottolineare come in pazienti dietà avanzata e gravemente osteo-porotici la protesizzazione puòessere presa in considerazione an-che nelle fratture laterali per ga-rantire un precoce ritorno alladeambulazione e un minor rischiodi complicanze internistiche le-gate all’allettamento [20].

Osteosintesi

Viti cannulateNella nostra esperienza l’utilizzodi viti cannulate è limitato allefratture Garden I (fratture com-poste ingranate in valgo). Conl’aiuto dell’amplificatore di bril-lanza e di fili guida vengono po-sizionate tre viti parallele all’in-terno di collo e testa femorali se-guendo l’angolo cervicale, con unaccesso chirurgico di dimensioniridotte (Fig. 1). I vantaggi di que-sta tecnica sono l’accesso chirur-gico quasi percutaneo, con mini-mo insulto dei tessuti molli, e lapossibilità di carico precoce: leviti cannulate parallele permetto-no infatti l’impattamento dei mon-coni di frattura lungo l’asse desi-derato. Il rischio di necrosi va-scolare della testa del femore èdel 3,22% per le fratture compo-ste e del 18,87% per le frattureGarden II-III (scomposte), chevengono quindi trattate preferi-bilmente con l’impianto protesico.

Vite-placca (DHS)Le principali indicazioni per il si-stema DHS (Dynamic Hip Screw

raggiunti durante questa fase so-no da alcuni ritenuti responsabi-li dell’elevato numero di “stroke”cerebrovascolari nei mesi succes-sivi all’intervento.Le teste protesiche utilizzate nel-l’impianto di PPA hanno la carat-teristica di avere grosse dimen-sioni poiché, a differenza delle te-ste delle PTA, si articolano diret-tamente con l’acetabolo. Se perragioni biomeccaniche un grandediametro cefalico consente un’am-pia motilità e un basso rischio diepisodi di lussazione, espone pe-rò l’acetabolo a forze d’attrito ta-li da poter provocare sporadica-mente il consumo della cartilagi-ne acetabolare e quindi provoca-re un’anca dolorosa, il cui tratta-mento esita nell’impianto dellacomponente acetabolare, cioè inuna conversione da PPA a PTA.La protesi totale d’anca (PTA) ècostituita da una coppa acetabo-lare in metallo che ospita un in-serto che può essere in metallo,ceramica o polietilene. L’inserto asua volta si articola con una testi-na in metallo o ceramica monta-ta sullo stelo femorale, a sua vol-ta cementato o non cementato. Adifferenza della PPA, riserviamol’impianto di PTA ai pazienti gio-vani con una buona aspettativadi vita. Nei dati precedentemen-te esposti si può notare come so-lo nel 6,79% dei pazienti con FFPla PTA sia stato il trattamento scel-to poiché il rischio di frattura au-menta significativamente per pa-zienti con età avanzata e patolo-gie associate, per i quali propen-diamo per un impianto parzialeanche per ragioni farmaco-eco-nomiche.Da questi dati si evince come nonesista un vero e proprio standarddi trattamento e come la sceltadella protesi debba essere perso-nalizzata e concordata con il pa-ziente tenendo conto delle esi-genze personali. A ogni modo laprotesi d’anca permette un im-mediato ritorno alla deambula-zione, fattore che rende eligibili al-l’impianto anche i pazienti anzia-ni affetti da alcuni tipi di fratturelaterali con conservazione delgrande trocantere e dei punti direpere chirurgici (Fig. 3). Le mag-giori complicanze sono rappre-sentate dall’infezione, dalla lussa-zione e dalla frattura periprotesi-ca, per scongiurare le quali sonofondamentali, oltre alla fase in-tra-operatoria, un corretto iter ri-abilitativo e l’impostazione dellaterapia antiosteoporotica.

Conclusioni

Le fratture da fragilità ossea, inparticolare la frattura di femoreprossimale, sono molto frequen-ti in tutto il mondo e il Piemontenon fa eccezione. I pazienti che nesono affetti devono essere trattaticontinuativamente anche dopol’intervento con terapia farmaco-logica adeguata, esattamente comeper le altre malattie metaboliche,al fine di migliorare l’aspettativa ela qualità della vita del paziente ediminuire i costi per il SSN deri-vanti da nuove fratture.

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Fig. 1. Frattura sottocapitata di femore tipo Garden I trattata con osteosintesi con viti cannulate. Pre-e post-operatorio

Fig. 2. Frattura pertrocanterica di femore trattata con osteosintesi con chiodo Gamma III. Pre- e post-operatorio

Fig. 3. Frattura laterale di femore con distacco del grande trocantere. È stata prima ricostruita l’ana-tomia del grande trocantere con cerchiaggi in metallo e flexidene e successivamente è stata impian-tata una PPA cementata

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Rossi continua da pag. 13

G.A. La Maida

ABSTRACT Management of osteoporotic vertebral compression frac-tures

Vertebral osteoporotic fractures represent a frequent event in elderpatients. Sometimes the fracture is an occasional finding in asymp-tomatic patients, but in many cases it causes not only pain but alsoa series of events that lead to serious inability, up to a shortening oflife. For these reasons it is really important to evaluate carefully,either clinically or radiographically, the elder patient who complainsof back pain. The conservative treatment of vertebral compressionfractures due to osteoporosis is still very useful but can lead to anunsatisfactory result because of persistent pain and kyphosis. Withthe correct indications vertebroplasty and kyphoplasty can lead to asuccessful treatment of this pathology, avoiding the risk of immobi-lization.

Lo studio TAC è molto impor-tante invece nello studio dell’os-so, per la valutazione della fram-mentazione ossea e per lo studiodel muro posteriore, la cui inte-grità è fondamentale per valutarel’indice di stabilità lesionale. Ilmuro posteriore integro, inoltre,è un elemento fondamentale al fi-ne di ridurre al minimo il rischiodi fuga di cemento nel canale ver-tebrale durante le procedure di“augmentation” vertebrale.TAC e RMN insieme sono dueesami fondamentali per la dia-gnosi differenziale. Infatti si trat-ta di metodi molto sensibili nel-l’identificare l’eventuale presenzadi una lesione metastatica secon-daria oppure di una lesione in-fiammatoria-infettiva.

Il trattamento ortopedico delle fratture vertebrali da osteoporosi

Un concetto fondamentale da te-nere in considerazione è che l’ap-proccio terapeutico di questi pa-zienti deve essere multidiscipli-nare e deve prevedere una atten-ta valutazione dello stato meta-bolico, una quantificazione den-sitometrica e quindi una idonea eadeguata terapia farmacologicaper la cura della condizione osteo-porotica alla base dell’evento frat-turativo.Il trattamento conservativo dellefratture vertebrali da osteoporosiha ancora oggi un ruolo impor-tante, avendo come cardini prin-cipali il riposo assoluto e l’utiliz-zo di ortesi spinali più o meno ri-gide associato a terapie antalgi-che minori e maggiori. Le ortesispinali maggiormente impiegatesono i corsetti rigidi a tre punti diappoggio che agiscono in iper-estensione sulla colonna toraco-lombare, tipo “C35”, e i corsettisemirigidi dorso-lombari conspalline, tipo “Taylor”. Entrambii tipi di ortesi hanno una adegua-ta azione stabilizzante sulle frat-ture da T7/T8 in giù, ma hannogrossi limiti nella gestione dellefratture sopra T7, per le quali do-vrebbe essere impiegato un cor-setto con minerva.Il corsetto gessato toraco-lomba-re e la minerva hanno il vantaggiodi essere confezionati su misuradel paziente e di permettere dieseguire una manovra di riduzio-ne della frattura durante la con-fezione dell’apparecchio gessato,ma hanno entrambi grossi pro-blemi di accettazione da parte delpaziente stesso. I pazienti strut-turalmente grossi o obesi presen-

Il rischio di un’ulteriore frattura dacedimento vertebrale è aumenta-to di 5 volte in questi pazienti [1].

Diagnosi clinica e radiologica

Il sintomo principale è il dolorevertebrale correlato alla sede difrattura e quindi la dorsalgia e/olombalgia acuta e persistente a se-conda del livello fratturato. Il do-lore spesso insorge a riposo o do-po minimi sforzi fisici in flessio-ne del tronco, a sottolineare comesi tratti sovente di fratture spon-tanee che si verificano per graveimpoverimento strutturale del so-ma vertebrale. Si tratta di un do-lore molto intenso e difficile datrattare con i comuni farmaci anal-gesici, almeno nei primi giornidopo l’evento fratturativo.Al sospetto clinico di frattura ver-tebrale deve seguire un attentoiter diagnostico strumentale, in-dispensabile per avere una dia-gnosi lesionale precisa, che si av-vale principalmente della radio-logia convenzionale, della tomo-grafia assiale computerizzata edella risonanza magnetica nu-cleare. Infatti, disponendo del so-lo quadro clinico, può spesso ri-sultare difficile correlare il dolo-re al livello fratturato; è necessa-rio quindi l’ausilio di esami stru-mentali che aiutino a discrimi-nare le fratture fresche dagli esi-ti fratturativi e che consentano diidentificare chiaramente il livellodi frattura.Nonostante le radiografie stan-dard siano importanti perché pa-noramiche e di facile esecuzio-ne, hanno il grande limite di nonpoter discriminare in modo sen-sibile le fratture acute dagli esiti.In tal senso, la risonanza magne-tica nucleare riveste un ruolo diparticolare importanza perché èl’unico esame che permette diidentificare in modo molto sen-sibile una frattura recente, graziealle variazioni di intensità del suosegnale nelle diverse immaginipesate T1 e T2: nelle fratture acu-te, infatti, il segnale in T2 appa-re aumentato, a indicare l’edemaperilesionale, mentre esso appa-re ridotto nel caso di fratture in-veterate o già andate incontro aguarigione [2]. La RMN inoltre,con le sue immagini a contrastoT2 con annullamento del grasso(STIR), permette una facile e im-mediata identificazione di tutti icrolli vertebrali recenti o non an-cora guariti. La risonanza ma-gnetica è lo studio fondamentaleanche per la valutazione dellestrutture discali e delle struttureneurologiche (midollo, caudaequina e radici), che devono es-sere sempre molto attentamentevalutate in presenza di una frat-tura vertebrale.

Introduzione

Il dolore dorso-lombare causatodalle fratture vertebrali in osteo-porosi è un frequente evento mor-boso nell’anziano. Accanto aglioccasionali riscontri radiografici inpazienti pressoché asintomatici,esistono casi in cui l’evento frat-turativo, oltre al dolore, innescauna serie di eventi a cascata il cuiesito finale può essere altamenteinvalidante, fino a tradursi in unadiminuzione della sopravviven-za. È dunque necessario effettua-re un’attenta valutazione clinicae radiografica di questi pazienti, alfine di poter impostare un ade-guato trattamento, tempestivo edefficace.Da un punto di vista clinico l’o-steoporosi spesso viene diagno-sticata in occasione di una com-plicanza fratturativa e quindi il

paziente riporta dolore, moltospesso riferito al dorso, al trattolombo-sacrale o alle coste, cherappresentano le principali sedidi localizzazione della malattia.L’esordio clinico è sovente unafrattura vertebrale o costale, cherappresentano solitamente la con-seguenza di un trauma minore odi un semplice colpo di tosse.Non meno importanti sono lepossibili fratture del collo di fe-more e di polso che necessitano diimmediato trattamento ortopedi-co, generalmente chirurgico nelprimo caso e conservativo nel se-condo. Le fratture vertebrali dor-sali sono molto frequenti e re-sponsabili di intensa dorsalgia e ri-duzione di statura, spesso lamen-tata da questi pazienti. Tali fratturenecessitano di un adeguato pe-riodo di immobilizzazione transi-torio in corsetto dorso-lombare

con spallacci, associato a terapiamedica specifica al fine di preve-nire l’insorgere di nuovi eventifratturativi. In determinati tipi difratture (schiacciamento della li-mitante vertebrale superiore conintegrità del muro posteriore) puòessere presa in considerazione lapossibilità di un trattamento chi-rurgico con vertebroplastica o conla più recente e sicura tecnica dicifoplastica vertebrale. La proce-dura consiste nello zeppaggiotranspeduncolare della vertebrafratturata con cemento acrilico(PMMC) al fine di poter ridurre alminimo il periodo di immobiliz-zazione e di risolvere rapidamen-te la sintomatologia dolorosa. Il ri-schio di fuoriuscita di cementodal corpo vertebrale, con gravicomplicanze in caso di invasionedel canale vertebrale, si è drasti-camente ridotto con l’introduzio-ne della tecnica di cifoplastica, laquale a differenza della vertebro-plastica prevede l’utilizzo di unpalloncino che, una volta gonfia-to, riduce la deformità in cifosidel corpo vertebrale creando unacavità delimitata da trabecole os-see compattate. Tale cavità vienepoi riempita di cemento, gra-dualmente e lentamente inseritosotto continuo controllo ampli-scopico; esso non deve più esse-re iniettato sotto pressione, comenella tecnica della vertebroplasti-ca, riducendo dunque il rischio difuoriuscita dello stesso.

Fisiopatologia e biomeccanicadella frattura osteoporotica

Le fratture toraco-lombari daosteoporosi sono tipicamente le-sioni in compressione del corpovertebrale (VCF, “vertebral com-pression fracture”) e sono provo-cate da un indebolimento strut-turale dovuto a una riduzione del-la massa ossea. La lesione dun-que interessa prevalentemente, senon unicamente, la colonna an-teriore ed è caratterizzata da un’e-vidente riduzione dell’altezza so-matica e dalla cuneizzazione delcorpo vertebrale per abbassa-mento del muro anteriore e/o de-formazione in concavità della li-mitante somatica superiore. Il ri-sultato è spesso una deformitàvertebrale in cifosi e quindi unosquilibrio biomeccanico in avan-ti che causa affaticamento mu-scolare, ulteriore dolore, instabi-lità vertebrale e aumentato rischiodi nuovi eventi fratturativi ai livelliadiacenti [1].Le alterazioni biomeccaniche crea-te dalla frattura osteoporotica incompressione aumentano l’affati-camento muscolare, provocano al-gie e instabilità, aumentano il ri-schio di caduta con conseguentifratture aggiuntive in altre sedi.

Gestione delle fratture vertebrali toraco-lombari da osteoporosi G. A. La Maida1, L. S. Giarratana2, A. Acerbi2, B. Misaggi1, G.V. Mineo2

1Divisione di chirurgia vertebrale e scoliosi, 2VI Divisione di Ortotraumatologia, Università degli studi di Milano, Istituto Ortopedico G. Pini, Milano

DOI 10.1007/s10261-011-0038-y