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ì Il funzionamento dei gruppi Professor Mauro Cozzolino
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Definzione
ì Il gruppo è l’unione di due o più persone che si trovano in uno stesso posto in uno stesso momento
ì Gruppo non sociale: quando si è circonda? da altri con i quali tu@avia non si interagisce
ì Gruppo sociale: insieme di due o più persone che interagiscono reciprocamente e che sono interdipenden? , ossia spin? dai bisogni e obieCvi ad affidarsi l’un no all’altro e reciprocamente influenza? nei propri comportamen?
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La presenza degli altri determina:
ì ECCITAZIONE: Uno stato di par?colare aCvazione nell’individuo che creare par?colare a@enzione e par?colare apprensione per il giudizio degli altri
ì RILASSAMENTO: Può generare rilassamento o distrazione , in quanto trovarsi in mezzo ad altre persone ci perme@e di diventare meno visibili
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Perché le persone si uniscono in gruppo?
Entrare in relazione soddisfa mol? bisogni umani fondamentali:
ì È u?le alla sopravvivenza
ì Soddisfa il bisogno di appartenenza
ì È un’importante fonte di informazioni
ì Stare in gruppo aiuta il nostro processo di costruzione dell’iden?tà
ì Stare in gruppo ci aiuta a stabilire quali siano i comportamen? acce@abili
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Come sono fatti i gruppi sociali?
In genere si compongono al massimo di 20 membri con similitudine per età sesso, credenze e opinioni:
ì I gruppi tendono ad a@rarre l persone che sono già simili fra loro prima che si uniscano
ì I gruppi tendono a operare secondo modalità che incoraggiano la somiglianza tra i membri
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Lewin
ì In psicologia, una definizione fanodamentale è quella di Kurt Lewin (1948):
ì Un gruppo è una totalità dinamica, cioè un’en?tà diversa (non superiore) rispe@o alla somma degli individui che lo compongono
• Il criterio fondamentale per la definizione di gruppo è l’esistenza di interazione o altri ?pi di interdipendenza fra gli individui che lo compongono; ad esempio, essi condividono uno scopo o un des?no comune
• La somiglianza fra i componen? non è sufficiente a definire un gruppo
• Non c’è nessuna limitazione numerica
Esempio: un insieme di persone con un obieCvo condiviso
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Come funziona
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I temi della dinamica di gruppo
ì Sistema di status
ì I ruoli
ì Le norme di gruppo
ì Le re? di comunicazione
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Lo status
ì Esso comporta sia degli obblighi che dei benefici
ì Ogni status comporta numerosi ruoli (ex. Lo status di professore universitario comporta il ruolo di docente, ricercatore, collega, autore di pubblicazioni accademiche ecc.)
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2.1 Il sistema di status
ì Definizioni
• Si riferisce alla posizione occupata dall’individuo nel gruppo, unitamente alla valutazione di tale posizione in una scala di pres?gio (Scilligo, 1973)
• Il pa@ern generale di influenza sociale fra i membri di un gruppo (Levine e Moreland, 1990)
• Uno status elevato è rivelato da due indicatori fondamentali:
• Tendenza a promuovere inizia?ve (idee ed aCvità)
• Consenso sulla valutazione del pres?gio connesso alla posizione dell’individuo nel gruppo (Brown, 1988)
• Le differenziazioni di status sono funzionali rispe@o al bisogno di prevedibilità e ordine
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Metodi di studio dello status
• Osservazione dei comportamen? verbali e non verbali • Indicatori non verbali di status elevato: postura ere@a, voce
ferma, conta@o visivo • Indicatori verbali di status elevato: turni di parola più lunghi,
cri?che, comandi, interruzioni frequen? degli interlocutori
• Raccolta delle valutazioni dei membri del gruppo: • Ciascun appartenente al gruppo valuta gli altri in termini di
popolarità, influenza, competenza • Come evidenziato da Sherif (1948) esiste una maggiore
concordanza rispe@o alle valutazioni dei livelli estremi della stru@ura gerarchica
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Come si produce un sistema di status?
• Due spiegazioni teoriche:
• Teoria degli “sta? di aspe@a?va” (Berger et al., 1980)
Sin dai primi incontri, le persone si formano aspe@a?ve, in base alle cara@eris?che personali esibite, rispe@o al possibile contributo di ogni individuo al raggiungimento degli scopi di gruppo; le posizioni vengono a@ribuite in base a tali aspe@a?ve
• Corrente etologica (Mazur, 1985)
L’assegnazione di status avviene in base ad una dis?nzione iniziale fra ipote?ci “vincitori” e “perden?”, effe@uata valutando la forza di ciascuno a par?re da cara@eris?che quali statura, muscolatura, espressione facciale.
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2.2 Il ruolo
ì Insieme di aspe@a?ve condivise rispe@o al modo in cui dovrebbe comportarsi un individuo che occupa una certa posizione nel gruppo
ì A che cosa serve una divisione in ruoli?
• Perme@e una vita di gruppo prevedibile e ordinata; è funzionale al conseguimento degli scopi di gruppo (Brown, 1988)
Levine e Moreland (1990): in quasi tuC i gruppi è possibile dis?nguere alcuni ruoli: leader, gregario, nuovo arrivato, capro espiatorio
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Conflitti legati al ruolo
• ConfliC a livello personale: • Incompa?bilità fra ruolo giocato nel gruppo ed altri ruoli sociali • Assenza di mo?vazione a sostenere il ruolo
• ConfliC a livello di gruppo: • Assenza di accordo nel gruppo rispe@o alla persona che ricopre un
determinato ruolo • Assenza di accordo rispe@o al modo in cui un ruolo viene
interpretato • Jackson e Schuler (1985):
• i confliC di ruolo nei gruppi di lavoro comportano un aumento della tensione e un decremento di produCvità
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2.3 Le norme di gruppo
ì Definizioni
l Le nome cos?tuiscono aspe@a?ve condivise rispe@o al modo in cui dovrebbero comportarsi i membri del gruppo (Levine e Moreland, 1990); riguardano un set di comportamen? e opinioni cui ci si aspe@a che i membri si uniformino
l Perme@ono di definire la “la?tudine” entro la quale sono acce@ate le differenze individuali
l Non hanno lo stesso cara@ere di obbligatorietà per tuC i membri: le persone di status elevato sono più vincolate alle norme centrali
ì Che cosa succede a chi non rispe9a le norme?
l I devian? ricevono più comunicazioni; questo stato termina quando essi si riavvicinano alle opinioni della maggioranza. Se invece persistono nella posizione assunta, il gruppo finisce per abbandonarli a se stessi
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A che cosa servono le norme?
ì Cartwright e Zander (1968) individuano qua@ro funzioni:
• Avanzamento del gruppo: le pressioni verso l’uniformità possono servire al raggiungimento degli obieCvi
• Mantenimento del gruppo: alcune norme, come ad esempio le richieste per incontri regolari, perme@ono al gruppo di preservarsi
• Costruzione della realtà sociale: formazione di una concezione comune della realtà sociale, u?le per fronteggiare situazioni non familiari e come riferimento per l’autovalutazione individuale
• Definizione dei rappor? con l’ambiente sociale: perme@ono di definire le relazioni con altri gruppi, organizzazioni, is?tuzioni, e stabilire quali gruppi siano “allea?” o “nemici”
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Studi sulla interazione intergruppi
Quali sono le cara@eris?che del comportamento intergruppi?
Tajfel (1981): si può immaginare che il comportamento interpersonale e il comportamento intergruppi siano pos? su un con?nuum teorico
ì Comportamento interpersonale: principalmente basato sulle cara@eris?che individuali degli a@ori in interazione
ì Comportamento intergruppi: principalmente basato sulle appartenenze a gruppi o categorie sociali degli a@ori in interazione
Esempio: scontro fra comba@en? di due eserci? oppos?
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Studi sulla interazione intergruppi
ì Comportamento intergruppi: prevarrà in presenza della credenza secondo cui i confini tra due gruppi sono rigidi: per modificare la propria condizione, l’individuo deve operare come membro del gruppo per perseguire un cambiamento sociale
ì Comportamento interpersonale: prevarrà in presenza della credenza secondo cui i confini tra i gruppi sono permeabili: per modificare la propria condizione, l’individuo può passare da un gruppo all’altro.
ì La percezione di una situazione sociale come rilevante per l’appartenenza di gruppo dipende ì dalla consapevolezza di tale appartenenza ì dall’ampiezza delle valutazioni posi?ve e nega?ve ad essa associate ì dall’estensione dell’inves?mento emozionale ad essa associato
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Studi sulla interazione intergruppi
ì In quali condizioni si genera animosità fra i gruppi? ì Sherif et al. (1961): i fenomeni intergruppi non possono essere spiega?
invocando esclusivamente problemi di personalità o frustrazioni individuali
ì E’ necessario considerare le proprietà dei gruppi e le conseguenze dell’appartenenza di gruppo sugli individui
Ricerche nei campi es?vi (1948 -‐ 1952) ì Partecipan<: adolescen? americani, non consapevoli di partecipare ad
una ricerca, che trascorrevano due seCmane in un campo es?vo dire@o da Sherif e collaboratori
ì Procedura: introduzione di diverse fasi, nel corso delle quali i ricercatori concentravano l’a@enzione su aspeC diversi del gruppo e del comportamento intergruppi
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Studi sulla interazione intergruppi
ì Fase I: le aCvità riguardavano tuC i partecipan?
ì Fase II: dopo una seCmana, divisione in due gruppi dis?n?, Rossi e Blu, apparentemente al fine di organizzare le aCvità del campo. Separazione degli amici più streC. Fine delle aCvità comuni.
ì Evoluzione delle abitudini e delle gerarchie intragruppi
ì Fase III: introduzione di compe?zione fra i due gruppi
ì Rapido deterioramento delle relazioni intergruppi, cara@erizzate da os?lità e formazione di stereo?pi nega?vi dell’altro gruppo. Forte coesione all’interno di ciascun gruppo. Le tensioni intergruppi non cessavano nemmeno al termine delle situazioni compe??ve
ì Fase IV: introduzione di uno scopo sovraordinato per i due gruppi
ì Diminuzione dell’os?lità e della tensione fra i gruppi
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Studi sulla interazione intergruppi
ì Conclusioni di Sherif:
ì il confli@o di interessi, anche rappresentato da giochi compe??vi, è all’origine del confli@o intergruppi.
ì scopi compe??vi conducono dunque a confli@o intergruppi
ì scopi sovraordina? conducono a cooperazione fra gruppi
ì Ma è davvero necessario, come indicato da Sherif, che sia presente un interesse materiale concreto per originare una tensione intergruppi?
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Studi sulla interazione intergruppi
Linea di ricerca di Rabbie ed Horwitz (1969): quali sono le condizioni minime sufficien? a generare discriminazione intergruppi?
ì è sufficiente la mera classificazione in gruppi? ì o è necessaria l’esperienza di un des?no comune?
ì Procedura sperimentale: divisione di soggeC estranei fra loro in Blu e Verdi, seguita o meno da un’esperienza di des?no comune di gruppo. Ai soggeC era chiesto di valutare i membri dell’ingroup e dell’outgroup rispe@o a alcune cara@eris?che quali cordialità, sincerità ecc.
ì Risulta<: l’esperienza di un des?no comune, posi?vo o nega?vo, è la condizione necessaria e sufficiente per osservare a@eggiamen? posi?vi verso il gruppo di appartenenza
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comunicazione
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2.4 Le reti di comunicazione
ì Tre corren? di studio sulle comunicazioni nei gruppi: l Bales e al. (1951): studiano le stru@ure di comunicazione nei gruppi di
discussione; evidenziano che la quan?tà di comunicazioni date e ricevute riproduce la gerarchia di status
ì Esempio: in una stru@ura centralizzata il leader riceve e trasme@e più comunicazioni di tuC
l Fes?nger (1950) e Schachter (1951): analizzano i processi comunica?vi in rapporto ad altri fenomeni di gruppo.
ì Esempio: studi sulle comunicazioni verso i devian? l Bavelas (1948) e Leavi@ (1951): propongono un modello di descrizione
delle re< di comunicazione che riprende l’idea lewiniana di rappresentazione del campo psicologico mediante mappe topologiche
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ì Alcuni ?pi di re? di comunicazione
ì A = rete centralizzata
ì B = rete a Y
ì C = rete a catena
ì D = rete circolare
ì Due indici quan?ta?vi per descrivere diversi ?pi di rete:
ì Indice di distanza: il numero minimo di legami di comunicazione che un individuo deve a@raversare per comunicare con un altro
ì Indice di centralità: la misura in cui un flusso di informazioni nel gruppo è centralizzato in una persona [Leavi@, 1951]
A B C D
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Il tipo di rete di comunicazione influenza:
ì L’efficienza di gruppo nella risoluzione di compi?
� La natura del compito è una variabile fondamentale: i gruppi centralizza? risolvono più rapidamente compi? semplici, i gruppi decentralizza? i compi? complessi
ì La soddisfazione o il morale dei membri del gruppo
� Nelle re? decentralizzate il morale medio del gruppo è più elevato; nelle re? centralizzate la persona in posizione centrale è più soddisfa@a.
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Conduzione di un gruppo
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Conduzione
ì Il funzionamento di un gruppo può essere differenziato in termini di obieCvi, modalità e strumen? u?lizza?
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Tipologia A.enzione Obie2vo
Gruppo di Lavoro A@enzione dire@a alla produzione di azioni
Raggiungimento di obieCvi e risulta? stabili? e condivisi
Gruppo di Formazione
A@enzione centrata sulle aree dei rappor?, dei confliC, della negoziazione e della comunicazione in toto
Produzione di apprendimen?. Potenziamento del sé professionale
Gruppo di Terapia Gruppo di Dinamica
A@enzione centrata sugli aspeC di iden?tà personale, iden?ficazione ed appartenenza rispe@o al gruppo, sui vissu? di autorità, sul processo di differenziazione, sulle strategie affeCvo-‐emozionali messe in a@o
Intervento e risoluzione su aree avver?te dai soggeC come problema?che. Individuazione e risoluzione di dinamiche emozionali-‐relazionali
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ì Ques? differen? livelli di funzionamento possono, quindi, comunque
essere osserva? indipendentemente dalle ?pologie gruppali in cui ci si
trovi ad operare, prevalendo in misura maggiore o minore gli uni rispe@o
agli altri a seconda dei contes? di riferimento, degli obieCvi persegui?,
della capacità del gruppo e di chi lo conduce di rimanere centrato rispe@o
agli obieCvi che si propone di raggiungere (Celia, 2014)
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Conduzione
ì I livelli opera?vi di intervento richies? dalla differenziazione tra i gruppi, richiedono dunque una par?colare competenza del condu@ore
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Conduzione
ì Il condu@ore deve essere consapevole dei livelli di interazione e coerenza tra obieCvi e ?pologia del gruppo in cui si trova ad operare, ciò implica una conoscenza approfondita dei processi gruppali, del sé professionale rispe@o ai contes? di gruppo, e del sé personale (Celia, 2014).
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Conduzione
Le finalità perseguite all’interno di gruppi di lavoro, trovano espressione
in un percorso riflessivo cara@erizzato dalla capacità di porsi domande
rispe@o ad una serie di variabili connesse al contesto dell’intervento:
ì gli obieCvi prioritari che il gruppo in ques?one ha bisogno di
perseguire ed il piano delle esigenze e bisogni espresso
implicitamente od esplicitamente dal gruppo
ì gli strumen? a propria disposizione per promuovere il processo
gruppale, in termini di tempo e contenu? funzionali al
raggiungimento dell’obieCvo
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Contingentismo di Hersey e Blanchard
ì Un elemento nuovo: la valutazione del livello di maturità dei collaboratori;
ì L’idea implicita: il leader deve aiutare i propri collaboratori a crescere (se lo vogliono)
ì Quindi deve adattare il suo stile alle loro capacità
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La teoria della contingenza
Hersey e Blanchard (1982)
Quattro stili:
1. Telling (direttivo): molta guida e poco sostegno, gruppi poco maturi
2. Selling (persuasivo): molta guida e molto sostegno, gruppi con media-bassa maturità
3. Participating (partecipativo): poca guida e molto sostegno, adatto con gli individui con buona maturità
4. Delegating (delegante): poca guida e poco sostegno, indirizzato solo a gruppi con alta maturità ed esperienza
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ì E’ un modello di leadership tra@o dai celebri studi sul comportamento condoC in molteplici organizzazioni internazionali, private e governa?ve dagli studiosi Kenneth Blanchard e Paul Hersey.
ì • Si focalizza sull’acquisizione di modelli e strumen? per:
ì • INFLUENZARE efficacemente i comportamen7 di altre persone in funzione degli obieCvi da realizzare;
ì • VARIARE il proprio s7le di leadership coerentemente con il Livello di Prontezza dei collaboratori;
ì • INDIRIZZARE il proprio team verso gli obieCvi strategici dell’organizzazione;
ì • MOTIVARE i collaboratori a dare il meglio di sé e svilupparli in funzione delle proprie capacità, perseguendo obieCvi ambiziosi e realizzando performance d’eccellenza.
ì Fonte: Hersey, P., Blanchard, K.H. (1982)
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TIPOLOGIE DI COMPORTAMENTO DEL LEADER
Comportamento dire2vo, o orientato al compito
ì • dare ordini su cosa va
fa@o, come, con che mezzi, in che tempi ecc.
Comportamento di supporto o orientato alla
relazione ì • coinvolgere il
collaboratore • incoraggiare a fronte di difficoltà o ?tubanze • apprezzare l’impegno • riprendere gli errori e le negligenze
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Degenerazione degli stili
ì Uno s?le eccessivamente direCvo rischia di diventare autoritario
ì • Uno s?le troppo suppor?vo rischia il paternalismo e uno eccessivamente persuasivo diventa facilmente manipola7vo
ì • uno s?le eccessivamente coinvolgente/partecipa?vo diventa assemblearismo, non si decide nulla se non con il consenso di tuC quelli coinvol?
ì • Uno s?le troppo delegante può degenerare in “scarica barile”, cioè l’eccessiva autonomia può diventare abbandono oppure al contrario può sfociare in lassismo (come se il capo non ci fosse)
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Principali errori
ì Dirigere collaboratori ado@ando uno s?le centrato su di sé (autocentrato) invece che centrato su di loro e sulla loro crescita organizza?va
ì • Tenere uno s?le coerente con un livello di maturità inferiore a quello effeCvo: ad esempio, uno s?le direCvo con collaboratori di maturità medio alta, potrebbe portare a una sorta di involuzione nella maturazione delle persone
ì • Avere uno s?le delegante nei confron? di collaboratori con maturità bassa o medio bassa. In ques? casi le persone si sen?rebbero abbandonate e tenderebbero a vivere la delega come uno scarico di responsabilità da parte del capo
ì • Credere che la collocazione virtuale di un collaboratore in un quadrante valga per sempre.
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Conclusioni
ì Il modificarsi dello s?le di leadership deve essere graduale nel tempo e deve monitorare con a@enzione e costanza i segnali di evoluzione di cambiamento di ogni singolo collaboratore.
ì Lo stesso ?po di a@enzione risulta importante da tenere in conto per una buona conduzione di gruppi.