progetto di comunicazione etica

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Università degli Studi di Firenze Facoltà di Architettura C.d.L. Disegno Industriale curriculum Visual Design Tesi di Laurea di Laura Pigneri Relatore Prof. A.Di Cintio Anno Accademico 2010-2011 sessione luglio 2011 Progetto di Comunicazione Etica

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tesi di laurea di Laura Pigneri

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Università degli Studi di FirenzeFacoltà di ArchitetturaC.d.L. Disegno Industriale curriculum Visual Design

Tesi di Laurea di Laura PigneriRelatore Prof. A.Di Cintio Anno Accademico 2010-2011 sessione luglio 2011

Progetto diComunicazione Etica

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A Rosalba, Camillo, Attiliocon amore e riconoscenza

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Università degli Studi di FirenzeFacoltà di ArchitetturaC.d.L. Disegno Industriale curriculum Visual Design

Tesi di Laurea di Laura PigneriRelatore Prof. A.Di Cintio Anno Accademico 2010-2011 sessione luglio 2011

Progetto diComunicazione Etica

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INDICE

1 COMUNICAZIONE VS. PUBBLICITÀ

1.1Ruolo attuale della pubblicità...........................................................91.2Modelli della pubblicità classica......................................................131.2.1 Quattro fasi...............................................................................131.2.2 Modello 4i 4c...........................................................................161.2.3 Marca.........................................................................................21

1.3Tipologie di comunicazione non convenzionale........................271.4Nuovi scenari per la comunicazione pubblicitaria......................33

2 COMUNICAZIONE ETICA

2.1Etica della comunicazione...............................................................382.2Comunicazione dell’etica.................................................................462.2.1 Sviluppo Sostenibile.................................................................472.2.2 Green Economy........................................................................472.2.3 Decrescita Felice......................................................................48

2.3Comunicazione per la sostenibilità................................................512.3.1 Emergency................................................................................ 512.3.2 AltroMercato.............................................................................532.3.3 SlowFood...................................................................................55

3 SMARKETING

3.1Cos’è.........................................................................................613.2Rete Smarketing.....................................................................633.3Come lavora............................................................................643.4I dieci errori............................................................................66

4 PROGETTO4.1Applicativo web per consulenze Smarketing.....................704.2Flow Chart applicativo..........................................................724.3Schema delle funzioni...........................................................734.4Esigenze,strumenti e obiettivi.............................................744.5Screenshot..............................................................................76

5 BIBLIOGRAFIA.........................................................................77

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comunicazione vs.pubblicità

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Ruolo della pubblicità nel mondo attuale

Essere circondati dalla comunicazione pubblicitaria è una delle caratteristiche fondamentali degli anni che stiamo vivendo.Nella vita quotidiana, le nostre case sono sommerse da imballaggi colorati e slogan entusiastici che raccontano i prodotti che utilizziamo.Tutti gli spazi sociali, dalle strade al mondo web, sono costellati d’inviti all’acquisto più o meno invasivi, più o meno arroganti.La storia della pubblicità è legata a doppio filo all’ingresso del consumo nella vita sociale ed economica.Durante la rivoluzione industriale, il messaggio pubblicitario ha svolto il compito di introdurre nella vita quotidiana tutte quelle innovazioni tecnologiche che stavano trasformando il modo di vivere della gente.Il prodotto, per sua natura rivoluzionario, si pubblicizzava da solo e il compito del pubblicitario era di proporlo, tramite l’invenzione creativa, in modo da informare i consumatori che con l’acquisto la loro vita sarebbe inevitabilmente migliorata .L’avvento delle fabbriche allo stesso tempo ha creato terreno fertile per la nascita di un altro fenomeno: il branding.La lavorazione in fabbrica ha portato a un’enorme diffusione dei prodotti in serie, pressoché indistinguibili tra loro.A questo punto la creazione di un’immagine che permettesse di differenziare i prodotti appartenenti a diverse aziende fu un passo necessario, il branding competitivo divenne un’esigenza dell’era industriale1

Prodotti ordinari come zucchero, farina e cereali per la prima volta vengono definiti da nomi propri, come quello della fabbrica ad esempio, o quello di personaggi immaginari che con la loro aria familiare veicolavano il messaggio di aziende amiche, umane che da sole potevano rappresentare un concetto,un’idea di vita.1 N.Klein , No Logo.Economia globale e nuova contestazione, Baldini &Castoldi, Milano 2007 p. 28

L’intuizione, nell’ambito industriale, era che la pubblicità potesse toccare lo spirito della gente e le immagini dei prodotti evocare sentimenti e sensazioni che seducessero gli acquirenti.La comunicazione del prodotto iniziava inevitabilmente a prendere le distanze dal prodotto stesso.La vera scissione avviene però in una seconda fase, con lo stabilizzarsi del consumo come costante della vita quotidiana, come pratica sociale rilevante per la comprensione dell’assetto sociale contemporaneo.2

La necessità di introdurre le novità commerciali e tecnologiche viene meno ed allo stesso modo viene meno la necessità di esporre il prodotto per quelle che sono le sue caratteristiche.L’unica distinzione necessaria diventa quella della marca.Semprini ci parla della comunicazione pubblicitaria degli ultimi decenni come di un fenomeno dominato dagli Enunciatori-Marca.La marca non si limita più a promuovere il suo prodotto, ma inizia a narrare delle storie che in qualche modo riconducano a esso tramite una serie di meccanismi percettivi e strategie enunciative.La comunicazione di marca manca di specificità, i prodotti sono già di uso comune e non è più necessario descriverli o renderli accattivanti.È piuttosto interessante mettere in scena mondi possibili3 nei quali il consumatore da protagonista diviene solo implicito destinatario del messaggio.E sono questi mondi possibili, a rappresentare le immagini e i valori di cui le marche cercano di farsi portavoce.Affinchè ciò avvenga però, è necessario che l’universo di sapere dell’enunciatore (marca) coincida con quello dell’enunciatario 2 A.Semprini,Il linguaggio della marca, inA.Semprini(acuradi),Lo sguar-do sociosemiotico-Comunicazione,marche media,pubblicità, FrancoAngeliMilano2003,p.1023 ibidem 9

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(consumatore), l’indagine socio-psicologica sul destinatario della comunicazione si fa dunque sempre più urgente ed essenziale.A livello socio-semiotico, la legittimazione della marca sostituisce la presentazione dei prodotti. In questo senso viene meno il ruolo secondario di supporto al commercio che la pubblicità rivestiva nella società dei consumi e la comunicazione pubblicitaria si afferma come forma comunicativa della società postindustriale.La pubblicità è ormai una forma culturale diffusa al pari della musica o dell’arte, ma a differenza di queste ultime si fonda sui valori che appartengono al modello economico e a quello comunicativo ed è da questi modelli che la pubblicità trae le sue energie.

Come abbiamo visto, dalla Rivoluzione Industriale in poi la pubblicità ha man mano conquistato gli spazi che le tecnologie sempre più nuove le hanno offerto.A partire dalle semplici inserzioni sui giornali e affissioni sui muri, la comunicazione commerciale si e’ rapidamente impossessata delle confezioni, della radio, del cinema e della televisione, fino a colonizzare il vastissimo mondo di Internet utilizzando i più sofisticati mezzi necessari a creare una pubblicità man mano più personalizzata e creata su misura dell’utente.Quel che non è mai cambiato è la natura del messaggio pubblicitario.L’identità visiva e verbale di un prodotto risulta sempre e comunque un atto compiuto.Un pacchetto d’informazioni,confezionato con massima cura e chiuso a qualunque critica o modifica:

“una manifestazione di senso finalizzata,superficie liscia che articola diversi elementi, nell’ambito di un processo di presa di parola

organizzato e controllato,almeno nella sua fase di emissione.”4

Il messaggio trasmesso dalla comunicazione commerciale però difficilmente vienepercepito come ‘urgente’ o ‘essenziale’ ed è per questo motivo che i pubblicitari tanto si affannano nel trovare nuove strategie e nuovi trucchi per emergere davanti agli occhi di un consumatore sempre meno attento e sempre più circondato da questo tipo di messaggi. Le immagini e le parole necessarie a tale scopo non sono quasi mai frutto del semplice atto creativo di pubblicitari o esperti di marketing.Questi segni devono essere manifestazione delle precise intenzioni della marca o azienda che intende lanciare tali messaggi con più forza e pertinenza possibili. In questo contesto, il perno del processo comunicativo è l’arte della persuasione.Se già vi è nella parola stessa un accento negativo, nel mondo pubblicitario la persuasione è diventata lo strumento principale attraverso cui indurre bisogni e relative soluzioni, ovviamente a pagamento.

“Si trattava di capire come ‘far credere’ al valore degli ‘oggetti di valore’ per capire meglio come ‘farli comperare’.”5

4 E. Bertin, Identità,libertà,ossessione: la comunicazione Playstation,in A.Semprini (a cura di), Lo sguardo sociosemiotico-Comunicazione,marche media,pubblicità, Franco Angeli, Milano 2003, p. 31

5 E. Landowski, Metodi del sentire insieme.Fra estesia e sociabilità, ,in A.Semprini (a cura di), Lo sguardo sociosemiotico-Comunicazione,marche media,pubblicità, Franco Angeli, Milano 2003, p. 4910

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Questo approccio ha segnato finora le linee guida di qualunque progetto pubblicitario,in particolare negli ultimi decenni del novecento.Ma il crescente distacco fra prodotto e marca e l’incentrarsi della comunicazione su quest’ultima ha creato un paradosso:vendere una marca equivale a vendere un’idea e richiede uno sforzo creativo e strategico di gran lunga superiore rispetto alla semplice comunicazione pubblicitaria.Il branding, attraverso le sue forme più originali e accattivanti, ha bisogno di un ingente investimento di denaro. Denaro che viene così sottratto dagli investimenti necessari per la forza lavoro e per i miglioramenti del prodotto, creando situazioni poco trasparenti volte alla crescita incondizionata della marca. Il fenomeno della Globalizzazione ha imposto anche alla pubblicità un cambio di rotta. L’espansione economica e lo sviluppo di economie emergenti, l’aumento degli scambi e la facilità dei trasporti internazionali sono alcuni dei fattori che hanno portato ad un mutamento dello scenario economico e dei consumi.Il modello del branding che tanta ricchezza ha portato è considerato poco etico e troppo distaccato dal prodotto.Le grandi aziende hanno col tempo sviluppato la convinzione di dover vendere il proprio marchio come esperienza, stile di vita. E si sono talmente dissociate dalle proprie merci da delegare la loro produzione a piccole e lontane realtà che consentissero loro il maggior risparmio possibile e, quindi, il maggior introito da reinvestire in pubblicità.

La pubblicità ha dunque finito per vendere se stessa.Il movimento no-global nato negli anni novanta e portato alla ribalta nel

2000 grazie a No Logo di Naomi Klein ha messo in discussione per la prima volta in maniera forte tutti questi meccanismi, portando alla luce tutti i soprusi e mal affari che hanno consentito ai marchi di creare la propria ricchezza.Da allora sono fiorite, in tutto il mondo, attività e associazioni che si sono proposte negli anni di promuovere stili economici alternativi e, soprattutto, etici.Commercio equo e solidale, banche etiche e piccoli artigiani sono solo alcune delle realtà attive in questo campo. La loro forza sta nella sincerità e onestà del loro lavoro che fa si che i loro prodotti e la loro identità coincidano in un sistema di valori etici.La comunicazione di tali valori in questo caso è un’intima necessità ed è naturalmente impossibile credere che il modello pubblicitario fin qui presentato possa ben adattarsi a questi nuovi soggetti.Va dunque ipotizzato per loro un nuovo tipo di comunicazione che tragga dal marketing e dal branding tradizionale quegli elementi di forza necessaria a far conoscere un prodotto che porta dentro di sé valori tanto forti. Sviluppandoli però in un’ottica diversa.In questo capitolo desideriamo analizzare i metodi che la pubblicità classica utilizza per comprendere cosa dei vecchi modelli può essere riutilizzato in questa nuova prospettiva.Verranno descritti i punti critici fondamentali del vecchio paradigma pubblicitario e si passerà poi a marcare la linea di confine fra comunicazione e pubblicità per immaginare quali cambiamenti adottare per la comunicazione etica che è oggetto di questa tesi.

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The handy reference guide to commercialTibor Kalman-I.D. Magazine’s March/April 1987

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Modelli della pubblicità classica

L’analisi dei modelli pubblicitari non può prescindere dal dare una definizione di pubblicità:

“La pubblicità si distingue come una particolare forma di comunicazione che agisce su due piani differenti – il piano comunicativo del messaggio e il piano della situazione d’acquisto – entrambi finalizzati al raggiungimento di obiettivi aziendali concreti.”6

In questo senso, le aziende possono puntare all’accrescimento della notorietà di prodotto/marca, al suscitare atteggiamenti favorevoli, motivare all’acquisto o sviluppare e mantenere la fedeltà del consumatore.Questi obiettivi dettati dalla necessità di vendere sono molto spesso affiancati da obiettivi di tipo comunicativo, come suscitare attenzione, farsi comprendere, creare coinvolgimento, stimolare delle reazioni sul piano affettivo, trasmettere delle emozioni.7

Per ottenere risultati in questo campo sono stati elaborati negli anni vari modelli pubblicitari, sotto la spinta influente di progressivi studi sociologici e psicologici, nessuno dei quali ha però fornito una risposta definitiva alla domanda “come funziona la pubblicità”.8

L’analisi di tali schemi richiede ampie conoscenze in questi campi ed è comunque affrontabile da numerosi punti di vista.

6 A.Abruzzese,Lessico della comunicazione, Meltemi,Roma,2003,p.4447 Cfr.V.Codeluppi,Analizzare la pubblicità, inA.Semprini(acuradi),Lo sguardo sociosemiotico-Comunicazione, marche, media, pubblicita`, FrancoAn-geliMilano2003,p.688 Cfr. G.Fabris, La pubblicità-Teorie e Prassi, Franco Angeli, Milano, 1997, p.339

Per questa ragione restringeremo il campo di ricerca attenendoci alla schematizzazione di Vanni Codeluppi9 che individua nella storia della pubblicità quattro fasi successive corrispondenti a quattro diversi modelli teorici sul funzionamento della pubblicità. Questi paradigmi hanno preparato il campo al passaggio della comunicazione pubblicitaria da strumento commerciale a fenomeno sociale.

Quattro fasi

La prima è la fase ‘persuasiva’ che nasce con una delle prime teorizzazioni sulla comunicazione pubblicitaria: il modello AIDA, (acronimo di Attenzione, Interesse, Desiderio, Acquisto) elaborato da St.Elmo Lewis attorno al 1900.AIDA si basa sull’idea di trasportare il consumatore attraverso varie posizioni mentali che si succedono secondo uno schema logico.Dalla percezione della rèclame si passa alla persuasione appunto e infine all’atto d’acquisto.Questo modello era particolarmente adeguato al periodo già descritto in cui il prodotto, per sua natura rivoluzionario, si pubblicizzava da solo.Il pubblico destinatario di questo messaggio era costituito da pochi privilegiati e a loro ci si rivolgeva adducendo argomentazioni razionali a favore dell’acquisto del prodotto.È di questo periodo anche la nascita di uno degli strumenti di marketing più diffusi: la copy strategy. Si tratta di un modello operativo che definisce le scelte strategiche dell’azione pubblicitaria e in questo modo segna quale dovrà essere l’evoluzione della marca nella memoria

9 V. Codeluppi, La pubblicità-Guida alla lettura dei messaggi, FrancoAn-geli, Milano, 1997 13

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del consumatore durante un determinato arco di tempo, individua i contenuti di base del messaggio pubblicitario che devono sempre essere il consumer’s benefit, ovvero il beneficio che viene promesso al consumatore e la reason why ovvero la peculiarità del prodotto che giustifica tale promessa.

La seconda fase presa in esame è detta ‘meccanicista’ e si sviluppa intorno agli anni ’40 del Novecento.Sotto l’influenza delle teorie di Pavlov sul riflesso condizionato, si considera il consumatore come un soggetto passivo facilmente influenzabile e manipolabile, poiché dotato di una sfera incosciente su cui agire per produrre un effetto di shock, principalmente investendo grandi risorse nei passaggi sui mezzi di comunicazione.Si ricerca dunque l’impatto piuttosto che una razionale esposizione del prodotto e una cosciente persuasione all’acquisto.La ripetizione ossessiva dei messaggi costituiva il mezzo per instaurare un rapporto di causa-effetto col consumatore da ottenere tramite segni verbali e visivi più semplici possibile e di facile comprensione; fondamentale è il mantenimento dell’identità della marca nel tempo e conseguentemente la sua posizione di riferimento.Gli strumenti utilizzati a tale scopo erano le componenti più elementari del linguaggio pubblicitario: i logotipi,i grafismi di marca e gli slogan.Da questo modello consegue l’elaborazione della filosofia del “realismo creativo” all’interno della quale è stato individuato il concetto di USP Unique selling proposition o argomentazione esclusiva di vendita, ovvero la ragione più specifica di beneficio che spinge il consumatore all’acquisto e che deve essere maggiormente evidenziata poiché all’interno del messaggio vi è un’unica cosa che viene correttamente

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memorizzata.La concezione meccanicista ha trovato dei buoni riscontri nel caso in cui l’oggetto della comunicazione era rappresentato da prodotti nuovi o sconosciuti, prevalentemente a basso costo e poco coinvolgenti dal punto di vista emotivo.Questo modello, però, viene assimilato troppo facilmente e perde presto di efficacia nel momento in cui interagisce con modelli d’acquisto già presenti nella mente del consumatore.

La terza fase sviluppatasi fra gli anni ’50 e ‘60 è detta ‘suggestiva’ e applica il concetto di motivazione sotto la spinta delle cosiddette ricerche motivazionali strettamente connesse agli studi psicologici del tempo. Tali ricerche cercano di intercettare i desideri più nascosti ed irrazionali del soggetto producendo sogni e simboli di evasione.Esse si muovono dal presupposto che esistano degli impulsi coscienti i quali sono conseguenza di una fase di razionalizzazione e giustificazione successiva al momento dell’acquisto. Lo scopo di tale fase è preservare l’equilibrio psicologico dell’acquirente alterato in precedenza da una motivazione inconscia indotta.Tale motivazione pone il soggetto in una condizione di tensione interna che lo destabilizza e lo induce a creare un nuovo equilibrio. A questo proposito è utile ricordare le contemporanee teorie sulla Gestalt proposte, proprio in quegli anni da Lewin.I principi della Gestalt hanno dimostrato che la percezione risulta dall’organizzazione delle sensazioni piuttosto che dalla loro associazione. Questo semplice assioma mette in luce il meccanismo sopra descritto: la pubblicità è uno strumento che riesce a creare in un primo momento uno stato di tensione nel consumatore mostrandogli la presenza di

un disequilibrio sgradevole nel suo campo percettivo per poi offrirgli la possibilità di correggerlo attraverso l’acquisto del bene di consumo pubblicizzato.La comunicazione viene dunque organizzata secondo una precisa gerarchia di sensazioni da suscitare nel destinatario.Questo approccio ben si adattava a prodotti di natura coinvolgente,non quotidiana. Eliminando le differenze specifiche tra i prodotti, elevati al rango di oggetti del desiderio, si equiparano le diverse motivazioni all’acquisto rendendole comuni all’intera categoria merceologica. È questo il momento in cui, per la prima volta, la marca e la sua comunicazione iniziano a distaccarsi in maniera forte dal prodotto che tentano di vendere.

La quarta e ultima fase ci introducono alla concezione attuale della pubblicità.Finora abbiamo parlato di consumatore come individuo singolo e non come soggetto sociale inserito in un ambiente culturale o sociale specifico. L’atto d’acquisto, al contrario, ha sempre rappresentato un atto sociale complesso ed è per questo che si è giunti alla fase ‘proiettiva’ o ‘sociologica’, in cui alla pubblicità viene riconosciuto il suo ruolo di valore aggiunto di tipo sociale del prodotto.La caratteristica di questa fase è stata quella di tenere conto di come l’ambiente sociale e le relazioni interpersonali influenzino il pensiero e le reazioni degli individui e, inoltre, ha portato ad adottare una visione di tipo pedagogico che attribuisce un potente ruolo alle norme di comportamento e alle regole d’integrazione, di partecipazione e d’acculturazione.

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Le teorie fin qui descritte hanno continuato a coesistere e negli anni si sono intrecciate e sovrapposte fra loro contribuendo a fornire strumenti e strategie per l’impostazione di una buona campagna pubblicitaria.

Modello 4i 4c

Un modello, o meglio uno schema, che ben sintetizza questo processo è quello proposto da Fabris detto schema 4i 4c.10

Fabris individua le principali variabili di cui tenere conto nell’instaurare un processo pubblicitario.Le quattro i stanno per Impatto, Interesse, Informazione, Identificazione. Sono quattro caratteristiche del messaggio che si relazionano direttamente al consumatore.

L’impatto costituisce lo stato preparatorio all’esplorazione o alla percezione. Catturare l’attenzione è un presupposto fondamentale al fine di far entrare un messaggio nella area ricettiva del suo destinatario. È questo il campo in cui maggiormente si cimentano i creativi pubblicitari.L’impatto è l’unico momento ampiamente condiviso da tutti gli schemi sulla pubblicità, ma troppo spesso viene scambiato per il fine ultimo e non per il mezzo necessario alla riuscita della pubblicità.

Suscitare interesse significa trovare delle ragioni che inducano il destinatario a conservare l’attenzione sul messaggio. Per ottenere questo effetto è spesso necessario infondere una forte carica emotiva nel

10 Cfr. G.Fabris, La pubblicità-Teorie e Prassi, Franco Angeli, Milano, 1997, p.33916

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messaggio e sono fondamentali a questo scopo, lo studio del target e la corretta esposizione dei benefits e della promessa che il messaggio offre a questo target.

L’identificazione è l’empatia che il messaggio riesce a suscitare.Rendere personale il messaggio ne aumenta l’efficacia e attribuisce solide fondamenta all’interesse prima catturato. È fondamentale, perché ciò avvenga, che la pubblicità assuma quanto più possibile il linguaggio dei potenziali destinatari utilizzando meccanismi quali l’Antonomasia per creare una sorta di confidenza.

È stato provato che per il consumatore uno dei requisiti fondamentali della pubblicità è che possa, in qualche modo, essere utile.L’informazione è costituita da ciò che il consumatore può apprendere in relazione al prodotto e alle sue caratteristiche, ma anche a ciò che il prodotto vuole comunicare.È questo il momento in cui vengono tirate in ballo le capacità di elaborazione cognitiva del destinatario, il raffronto con le sue esperienze e il suo bagaglio culturale.Un’informazione ben formulata inoltre costituisce un ancoraggio logico alla decisione d’acquisto11, rassicura il cliente sulla legittimità del proprio acquisto, anche quando questo sia dovuto ad altri fattori indipendenti dall’informazione stessa.

Le 4c stanno per Comprensione, Credibilità, Coerenza, Convinzione e sono caratteristiche proprie del messaggio necessarie perché esso agisca con efficacia.

11 Cfr. G.Fabris, La pubblicità-Teorie e Prassi, Franco Angeli, Milano, 1997, p.339

La prima reazione di un consumatore davanti a un messaggio pubblicitario dovrebbe essere “Ho capito ciò che vogliono dirmi”.La comprensione del messaggio è un fattore imprescindibile per il funzionamento dello stesso. A volte nello sforzo creativo di trovare espedienti spettacolari e riferimenti alti si perde di vista il target della comunicazione che non sempre ha un adeguato per bagaglio culturale che lo aiuti a recepire messaggi complessi e allusivi a particolari conoscenze artistiche o letterarie.Ad esempio contenuti e temi troppo sofisticati rischiano di far perdere l’attenzione e l’interesse, parole di uso non quotidiano possono rendere difficile e insidiosa la comprensione del messaggio.Tutto questo non deve necessariamente comportare la banalizzazione del messaggio, anzi è proprio qui che l’estro del creativo deve maggiormente impegnarsi per produrre messaggi accattivanti e comprensibili coinvolgendo il destinatario:“E non è detto che non si possa chiedere al target un piccolissimo sforzo di decodifica (…)ottenere una cooperazione interpretativa da parte del lettore, cioè la sua disponibilità a colmare con la fantasia e l’adesione emotiva tutte le ellissi del testo” 12

Credibilità,una volta era un must per qualunque azienda.La situazione è diventata più complicata negli anni della maturità della pubblicità.Il destinatario, ormai abituato a comunicazioni di ogni tipo, diventa consapevole del fatto che la pubblicità è una comunicazione di parte, non obiettiva. Nonostante questo indulge nei suoi confronti poiché essa svolge

12 A.Testa,La parola immaginata, citata in G.Fabris, La pubblicità-Teorie e Prassi, Franco Angeli, Milano, 1997, p.366 17

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una funzione consolatoria e divertente. Oltretutto lo scetticismo e l’incredulità possono spesso svolgere il ruolo di stimolante contrappeso nel processo di persuasione. Stimolano la curiosità e l’interesse all’acquisto.Come vedremo in seguito però, la credibilità delle grandi marche, tornerà presto a svolgere un ruolo fondamentale.Ogni prodotto vive in un suo proprio mondo, ricco di simboli e significati.È importante che il messaggio pubblicitario non contraddica questo clima e che sia composto da segni congruenti tra loro.La coerenza con le caratteristiche pregresse che il pubblico associa al prodotto o alla marca diventa fondamentale perché i messaggi inviati dall’azienda ai propri consumatori rispecchino l’immagine che l’azienda stessa e non confondano il consumatore con proposte non congruenti.Il compito della pubblicità è quello di stimolare la propensione all’acquisto e non tanto di incrementare le vendite. La convinzione dunque, è la risultante di tutte le fasi indicate fin’ora.Proveremo a sintetizzare i principali attori del discorso pubblicitario e metodi utilizzati dalle agenzie seguendo le indicazioni date da Bassat e Livraghi13, due riconosciuti professionisti della comunicazione commerciale.Il loro punto di vista ci offre una panoramica delle tecniche e delle strategie di comunicazione che si sono sviluppate negli anni e che costituiscono una base comune per chiunque si trovi a dover pubblicizzare un prodotto.

13 .L.Bassat e G.Livraghi ,Il nuovo libro della pubblicità -I segreti del mestiere,Il Sole 24ore,200518

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Bassat individua tre elementi basilari del discorso pubblicitario:

1) il pubblico obiettivo2) il contesto concorrenziale3) il posizionamento di marca.

Il pubblico obiettivo anche detto target, è costituito da quell’insieme di persone che desideriamo reagiscano alla pubblicitàLo studio del target è stato la base di qualunque campagna pubblicitaria dell’ultimo secolo. Individuare i consumatori che rappresentano il maggior potenziale di mercato per il prodotto che si intende vendere, corrisponde ad un enorme passo in avanti nel raggiungimento dello scopo. Determinando i destinatari della pubblicità diventerà chiaro anche come collocare la marca in modo significativo.A questo scopo nascono gli studi sugli atteggiamenti dei consumatori nei confronti del consumo, sui loro interessi sociali e culturali, sui loro stili di vita e abitudini d’acquisto.Si è sviluppata nell’ultimo decennio una figura professionale specificamente addestrata a tale compito: il Cool-Hunter. Il suo compito è quello di osservare le tendenze e i modelli culturali che si formano o evolvono nei media,nel mondo della moda e in maniera più ampia nelle pratiche quotidiane degli attori sociali.Il contesto concorrenziale è quello che aiuta a capire la situazione del mercato in cui si va a inserire la nostra marca.Conoscere i prodotti e le marche in diretta concorrenza serve ad impostare una comunicazione quanto più possibile originale e distinguibile dalla massa, ad individuare vuoti nel mercato che possono essere riempiti e posti che possono essere sostituiti.Non

meno importante, serve a capire e realizzare ciò che può far prevalere il prodotto sulla concorrenza.Il posizionamento di marca indica il modo in cui il pubblico percepisce la marca e dadelle indicazioni su come si vuole che venga percepita in futuro . 14

Una volta definito il contesto dove andrà a inserirsi la comunicazione,Bassat passa ad elencare i fattori chiave di una buona strategia, ovvero quegli elementi che definiscono la forza dell’offerta commerciale.Innanzitutto troviamo la promessa, l’impegno che la marca si assume nei confronti dei propri clienti.I bisogni e i desideri del consumatore offrono informazioni su come catturare l’attenzione su come soddisfare, in modo razionale o emozionale,la promessa.La giustificazione, anche detta reason why, indica le motivazioni implicite o esplicite che garantiscono che la marca sia in grado di mantenere la promessa.La forma ed il tono, infine, contribuiscono a dare la misura della personalità del prodotto e a mettere in relazione la promessa e la giustificazione con i valori, stili di vita e le attività del pubblico a cui ci rivolgiamo.Mettendo in relazione questi fattori i pubblicitari,ma in senso più ampio, gli strateghi del marketing si pongono l’obiettivo di sviluppare un atteggiamento nuovo nei confronti della marca o del prodotto, nel momento in cui il consumatore non abbia già un’idea formata, di consolidare questi atteggiamenti quando invece la marca è in fase di affermazione sul mercato.

14 Cfr.L.Bassat e G.Livraghi ,Il nuovo libro della pubblicità -I segreti del mestiere,Il Sole 24ore,2005, cap.4 19

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Costruire e modificare l’atteggiamento nei confronti delle marche è stato il proposito basilare dei pubblicitari di tutti i tempi, a cui si sono dedicati cercando di cogliere tendenze latenti del consumatore e le sue esigenze in un continuo rincorrere il perno fondamentale su cui basare il processo di persuasione.Una dimostrazione di questo processo si può cercare proprio nelle agenzie pubblicitarie dove sono fiorite professionalità che lavorano in sinergia per concentrare tutte le competenze necessarie ad attuare gli effetti fin’ora descritti.Per nominarne alcune:Art Director, Copy Writer, Graphic Designer, Cool Hunter, Strategic planner.Queste professioni sempre più specifiche, unite all’evoluzione della pubblicità da forma di comunicazione commerciale a fenomeno sociale hanno contribuito ad ingigantire la macchina pubblicitaria e a richiedere sempre maggiori investimenti in denaro fino a creare un sistema totalmente scollegato dalla realtà in cui il prodotto vero e proprio diventa un minuscolo punto di partenza, quasi più una giustificazione (reason why) a tanto impiego di mezzi.L’autoreferenzialità della pubblicità non avrebbe probabilmente destato scalpore se non si fosse affermata in un periodo di grandi mutamenti in campo sociale ed economico. Nell’ottica dei fenomeni di Globalizzazione, di sfruttamento del lavoro e di delocalizzazione delle attività produttive verso isole felici dove il costo del lavoro diminuisce, tanta attenzione economica nei confronti di marchi e pubblicità ha suscitato non poche polemiche.

Marca

“ Una marca è costituita dall’insieme dei discorsi tenuti su di essa dalla totalità dei soggetti (individuali e collettivi) coinvolti nella sua generazione.”15 La definizione di marca proposta da Semprini ci introduce nel campo più strettamente comunicativo del discorso pubblicità.La marca è lo strumento attraverso cui la comunicazione pubblicitaria ha smesso i suoi panni di mezzo informativo e promozionale, per rivestire il ruolo di attore sociale.A partire dagli anni 80 e 90 le aziende acquisiscono la consapevolezza di poter diminuire i costi di produzione dei loro prodotti, principalmente grazie a due fattori, l’automazione del lavoro e la delocalizzazione di centri produttivi in paesi con un costo del lavoro più basso.Poter produrre di più e a un costo minore porta però l’ovvio inconveniente dell’aumento della concorrenza e del livellamento della qualità del prodotto stesso.Il branding, e quindi il marketing della marca, diventa a questo punto una necessità irrinunciabile. Il logo, grazie alla sua natura schematica e densa di significato, diventa lo strumento principale di questa nuova forma di marketing che si propone di incrementare il valore di un prodotto per la cui produzione si spende sempre meno, attribuendogli un valore significante. All’interno di mercati complessi e variegati i prodotti hanno la necessità di essere dotati di personalità per spiccare e venire a galla, una personalità che sia legata a quegli aspetti legati all’immaginario evocato dal prodotto. La marca facilita la scelta, selezione e l’orientamento dei consumatori

15 A.Semprini,Marche e mondi possibili,FrancoAngeli,Milano,1993,p.55 21

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L’esistenza di una marca a supporto dei prodotti svolge una doppia funzione per il consumatore e per le aziende. La cultura della comunicazione che si è sviluppata prevalentemente nel secolo scorso, impone alle aziende di interrogarsi su come mettere in discorso i propri valori e le proprie idee. Valori ed idee che senza un’adeguata introduzione nei confronti del pubblico rischiano letteralmente di scomparire.L’obbligo di parlare, la moltiplicazione di emittenti e messaggi e l’accrescimento della complessità sociale hanno l’effetto di creare una scena comunicativa affollata e caotica all’interno della quale le aziende devono impiegare ogni mezzo per poter sopravvivere.La marca diventa dunque un caposaldo a cui affidare il compito di preservare l’esistenza stessa delle aziende.Un veicolo di significati forte e coerente con i prodotti che l’azienda propone è stato considerato per anni la base da cui far partire qualunque tentativo di piazzamento pubblicitario.Un mezzo dunque, anche se per molti la marca è in realtà il punto di arrivo di un lungo processo di studio e consolidamento dell’immagine dell’azienda.In poche parole viene da chiedersi, la marca può essere costruita a priori, o è un punto d’arrivo, di un lungo processo comunicativo, fatto di tentativi ed errori?Possiamo affermare senza dubbi che sia la seconda opzione quella più veritiera e qui veniamo al secondo soggetto interessato: il consumatore.La marca consente al consumatore di affidarsi ad un unico soggetto e di rivolgere ad esso la propria fiducia. In poche parole :“La marca sostituisce la relazione che avevamo col commerciante sotto

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casa.”16

La marca, tramite i mezzi di comunicazione è in grado di instaurare una forte empatia col consumatore, e grazie ad essa può trasmettere in modo forte e accattivante i propri valori.La marca moderna non appartiene più all’universo del commercio, quanto piuttosto a quello della comunicazione.In questo esprime le sue nature, come esemplificate da Semprini: semiotica,relazionale ed evolutiva.Semiotica poiché la marca nasce per comunicare e per farlo si avvale oltre che del piano verbale anche di quello visivo, con i suoi livelli figurativo e plastico,ma anche sonoro,gestuale corporeo.Evolutiva in quanto la marca ha l’obbligo di tenere il passo con i cambiamenti e le mutazioni che avvengono a livello sociale e di mercato.Per fare ciò la marca prende in prestito i valori che la società man mano offre e tramite la comunicazione rendetali valori potenti e accattivanti.Infine, la natura relazionale, ovvero la capacità della marca di mettersi in relazione con le persone sia sul piano contrattuale che empatico.Come abbiamo già detto la marca crea un’immagine nota e rassicurante del prodotto, e diventa per i consumatorei un supporto per ridurre i pregiudizi e i sospetti riguardo all’acquisto.La ricerca di quest’empatia passa per la conoscenza approfondita del consumatore, dei suoi gusti,delle sue debolezze ed è proprio su questo punto che si sono espressi i maggiori dubbi riguardo la marca.I meccanismi di cool hunting e la ricerca di strumenti ed espedienti psicologici di persuasione sono da sempre al centro delle più forti critiche espresse nei confronti del branding.

16 M.Ferraresi,Il linguaggio della marca, Carocci Roma 2008, p.47

Strettamente connessa al ruolo del pubblicitario incantatore è la critica di Vance Packard17, autore de “I Persuasori Occulti” che già nel 1958 prendeva di mira i professionisti della pubblicità come “specialisti di una nuova scienza- la ‘psicanalisi del consumatore’- che determinano le scelte di milioni di persone”.La critica, forse un po’ ingenua, di Packard si soffermava sulle cattive intenzioni di pubblicitari disposti a tutto pur di persuadere nuovi consumatori all’acquisto esercitando su di essi un’influenza quasi magica e malvagia. Sosteneva inoltre che l’alleanza sempre più stretta tra analisi e pubblicità minacciava subdolamente, ma scientificamente, la libertà d’opinione su qualsiasi argomento. Packard ovviamente fu tacciato di allarmismo, in un’epoca in cui il boom economico prometteva ricchezza e benessere per tutti.Quasi cinquant’anni più tardi il focus della critica alla marca si è però spostato sull’aspetto più strettamente economico della questione principalmente grazie alla pubblicazione di No Logo di Naomi Klein, bibbia del movimento No Global. Superate fasi di crisi e recessione e in seguito ai mutamenti dei mercati, in particolar modo ai cambiamenti avvenuti con la delocalizzazione delle attività produttive, la marca diventa simbolo della scissione potente fra prodotto e immagine dell’azienda, ma se fin’ora se ne era parlato in termini semiotici e discorsivi, con la pubblicazione di No Logo vengono allo scoperto gli elementi tangibili di questo passaggio.Lavoratori sfruttati nei paesi in via di sviluppo, distruzione dei piccoli centri produttivi in favore di grandi centri dove le aziende hanno concentrato le attività, la ricerca sfrenata del profitto sono gli elementi di fondo che hanno elevato la marca a star del firmamento

17 V.Packard, I persuasori occulti, Einaudi,Torino, 1958 23

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comunicativo.Ed è sulla marca che tutti gli investimenti finanziari si sono concentrati, bypassando lavoratori e materie prime che sono alla base della riuscita di un buon prodotto.Per quanto riguarda i consumatori, superata la fase in cui si è creduto di poterli indurre all’acquisto tramite persuasione, si è trovato un modo nuovo per ottenere quest’effetto.Un raggruppamento di marche forti, presenti sull’intero globo ha avuto il potere di indurre a credere che ci fossero finalmente, all’interno dei mercati, dei capisaldi cui appigliarsi. Comprare Nike, Nestlè, Coca Cola rassicura sulla qualità, rassicura sulla possibilità di essere cittadini del mondo, elimina il gravoso peso di dover operare una scelta tra un prodotto e un altro.Il consumatore, da destinatario di una comunicazione diventa spettatore di una pubblicità spettacolo di cui le marche sono protagoniste:

“Il pianeta rimane sempre diviso in produttori e consumatori e gli enormi profitti realizzati dalle grandi aziende si basano sul presupposto che queste realtà contrapposte rimangano il più possibile separate tra di loro”.18

Una delle accuse principali che la Klein rivolge al sistema del consumo è di rinchiudere la nostra cultura sociale in bozzoli firmati disinfettati e controllati.19

E ancora più grave è lo sfruttamento da parte delle aziende delle critiche sociali e dei movimenti politici come elementi da riutilizzare nell’ottica 18 N.Klein , No Logo.Economia globale e nuova contestazione, Baldini &Castoldi, Milano 2007 p.19 ivip.540

del coolhunting.Sfruttando gli spazi di libera espressione come gli strumenti mediatici, hanno di fattosminuito l’essenza stessa dell’espressione civile.Le grandi aziende, lanciate nell’universo del marchio, hanno abbandonato il loro ruolo di creatori di benessere (tramite la costruzione di nuovi posti di lavoro,oltre che tramite i prodotti) innescando così un meccanismo di collera nei loro confronti, da sostituirsi al precedente sentimento di fedeltà.Nell’epilogo,scritto a due anni dalla prima pubblicazione, la Klein sottolinea come: “I sabotatori pubblicitari non si accontentano piu’ di danneggiare i cartelli,ma lavorano con entusiasmo alla creazione di nuove reti partecipative.Costruire un’azione che migliori nell’immediato la vita delle persone nei luoghi in cui essa si svolge.”20

20 N.Klein , No Logo.Economia globale e nuova contestazione, Baldini &Castoldi, Milano 2007 p. 548

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Guerrilla MarketingAdidas, Tokio 200826

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Tipologie di comunicazione non convenzionale

Finora abbiamo trattato di pubblicità per lo più cartacea, televisiva,cartellonistica.Ma negli anni sono state sviluppate diverse tipologie di comunicazione alternativa a questi mezzi.Alcuni di questi tipi sono stati abbracciati dalle aziende di marca, in particolare quelli più spettacolari.Altre invece sono state adottate da quel tipo di realtà per lo più etiche per la loro sobrietà.Passeremo brevemente in rassegna alcuni di questi modi alternativi di esposizione dei prodotti che sono molto più vicini al mondo della comunicazione piuttosto che a quello della pubblicità.

Guerrilla marketing

Nel 1984 Jay Conrad Levinson, un pubblicitario statunitense, conia la definizione di Guerrilla Marketing nell’omonimo libro:

“It is a body of unconventional ways of pursuing conventional goals.It is a proven method of achieving profits with minimum money”

Una forma di promozione pubblicitaria che mira ad ottenere il massimo del risultato col minimo della spesa da ottenere tramite l’uso creativo di mezzi e strumenti aggressivi che vanno a colpire l’immaginario e i meccanismi psicologici degli utenti finali.Il Guerrilla Marketing è uno strumento particolarmente adatto per

quelle aziende che operano con un basso budget per la comunicazione pubblicitario, giacché richiede principalmente grande fantasia, energia e dedizione nel tempo, ma la sua spettacolarità viene spesso sfruttata anche dai grandi Brand a livello mondiale.Secondo Levinson la misura dell’efficacia della Guerrilla è data dal profitto piuttosto che dal numero delle vendite, in particolar modo contano il numero di nuove relazioni instaurate fra la marca/azienda e i nuovi possibili fruitori del prodotto pubblicizzato.

Il guerriglia marketing deve essere sempre una combinazione di diversi metodi di marketing, ma la sua peculiarità sta nella spettacolarizzazione della proposta pubblicitaria.Si sperimentano nuovi supporti di trasmissione dei messaggi come oggetti di usco comune o l’arredo urbano, o ancora il corpo umano, ma anche si reinventa l’utilizzo di vecchi supporti pubblicitari.Si può quindi incorrere in cartelloni pubblicitari trasformati in campi da calcio con due giocatori appesi (Adidas) o panchine trasformate in stecche di cioccolato con l’immancabile logo (KitKat,Nestlè).In particolare fanno parte del Guerrilla marketing operazioni più complesse come quella della sponsorizzazione del film “The Blair witch Project”, considerato uno dei primi esempi di questa forma di marketing.In questo caso si mise in rete una leggenda metropolitana che raccontava di quattro cineasti scomparsi in una foresta del Maryland, di cui furono ritrovate le riprese. La leggenda venne lanciata dagli altri media e riassunta in un sito internet che trattava del caso. Dopo poco uscì il film la cui trama era evidentemente collegata a questa leggenda.Nell’impostazione di una campagna di Guerrilla vi sono solitamente tre

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fasi.La prima è detta Teaser, in cui vengono lanciati attacchi sporadici e attività propagandistiche con lo scopo di incuriosire.La guerrilla vera e propria avviene nel momento in cui le azioni iniziate col teaser si intensificano e la marca che le promuove esce finalmente allo scoperto. Dalla curiosità si passa alla comprensione di ciò che sta avvenendo.Solitamente poi, laddove ve ne fosse la possibilità, si passa alla trasformazione da azioni di disturbo ad operazioni di marketing convenzionale. Nell’ambito del non-profit si ricorda l’iniziativa di Terra!, associazione ambientalista che collocò maschere antigas e cartelli stradali sulle statue storiche di Roma, per protestare contro le emissioni di Co2 e i gas serra.Possiamo tranquillamente affermare che il Guerrilla Marketing è, in pubblicità, una delle forme più vicine all’arte, specialmente contemporanea.

Marketing Virale

Il viral marketing è un tipo di comunicazione non convenzionale che usa la capacità comunicativa di pochi soggetti per inviare un messaggio a un alto numero di utenti finali seguendo un andamento esponenziale.Si potrebbe definire come un’evoluzione del passaparola, da cui si differenzia per l’intenzionalità volontaria dell’azione virale.Come per il Guerrilla, la base del marketing virale sta nell’originalità dell’idea, nel trovare un punto d’interesse che si espanda molto velocemente in una data popolazione.Genericamente connesso all’idea di rete, il viral marketing una volta lanciato si sviluppa grazie agli utenti di questa rete che in modo più

o meno volontario suggeriscono e raccomandano l’utilizzo di un determinato servizio o prodotto.Affinchè la comunicazione virale sortisca gli effetti desiderati è necessario che vengano soddisfatti tre criteri di base, ovvero dare il giusto messaggio, al giusto portavoce nel giusto ambiente.Vi sono delle personalità adatte a trasformare un normale messaggio in un virale e sono quelle personalità che per lavoro o vocazione hanno un’ampia rete sociale a propia disposizione e godono di una buona influenza sociale.Per quanto riguarda il messaggio, questo deve essere memorabile e sufficientemente interessante da innescare un fenomeno di marketing virale.Anche l’ambiente di diffusione e i relativi tempi di lancio della campagna devono essere ben calibrati per ottenere dei buoni risultati.Alcuni esempi di marketing virale in rete sono le e-mail contenenti storie divertenti, giochi online, siti web curiosi, che nel giro di pochi giorni possono attrarre milioni di visitatori, ancor prima ritroviamo quell’uso degli sms contenenti barzellette che a volte scatenano dei veri e propri fenomeni commerciali (un buffo esempio sono le barzellette su Totti da lui sfruttate poi per la pubblicazione di un libro). Spesso si tratta di fenomeni temporanei, i cosiddetti internet meme (Internet phenomenon), che hanno un picco di visite in un periodo determinato, per poi veder calare la propria attrattiva. L’uso di Internet e dei social network con le loro potenzialità di condivisione dei contenuti hanno amplificato il successo del viral marketing fin quasi a farne perdere le tracce e a trasformarlo in un abitudine, dimenticandone così la primaria funzione di comunicazione commerciale.

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Campagna Pubblicità Progresso “Io lavoro sicuro” 200830

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Pubblicità Progresso

Citiamo come esempio di pubblicità non convenzionale anche l’attività di Pubblicità Progresso, un’associazione attiva dal 1971 prima come Associazione e poi come Fondazione, che ci servirà anche per ricollegarci all’ambito di comunicazione etica che ci riguarda.Pubblicità Progresso è diventata col tempo sinonimo di pubblicità sociale e sotto quest’aspetto ci interessa prenderla in considerazione in virtù dei suoi valori etici.Lo scopo della Pubblicità Progresso è di promuovere l’impiego della comunicazione sociale di qualità come strumento operativo di enti, istituzioni pubbliche, amministrazione e organizzazioni noprofit.Lo stile semplice e diretto dei suoi messaggi accompagnato da immagini evocative ed efficaci, unito all’intento di promuovere campagne sociali di interesse comune ne hanno fatto un punto di riferimento per tutte quelle associazioni che si impegnano a divulgare messaggi di cittadinanza attiva, di informazione sulla salute,lavoro, e su tutti i temi riguardanti l’ambito sociale.Pubblicità Progresso ha dimostrato in maniera tangibile l’utilità di un intervento professionale nel campo della comunicazione sociale.La gratuità della comunicazione e l’assenza di un vero e proprio prodotto da vendere infondono fiducia nei destinatari di questi messaggi, ed inducono i cittadini ad una riflessione critica su valori come l’onestà, il senso di appartenenza alla collettività.Lo scopo ultimo della sensibilizzazione dei cittadini è creare anche un movimento critico che spinga le pubbliche amministrazioni ad agire di conseguenza.

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Nuovi scenari per la comunicazione pubblicitaria

Prima di addentrarci nel mondo della comunicazione etica, tema di questa tesi, é indubbiamente necessario stabilire quali siano i punti di incontro tra Comunicazione e Pubblicità.Abbiamo osservato le caratteristiche principali della pubblicità tradizionalmente intesa e focalizzato i punti chiave che il comunicatore pubblicitario si pone nel creare un messaggio da inviare a un destinatario.Questo destinatario viene studiano nelle sue abitudini, nei suoi costumi e nelle sue tendenze d’acquisto al fine di rendere il messaggio pubblicitario più efficace possibile. L’applicazione di modelli come AIDA o 4i4c, ha aiutato senza dubbio in questo scopo, ma la comunicazione pubblicitaria per lo più valuta il destinatario come un soggetto passivo da sottoporre a stimoli percettivi che lo inducano all’azione d’acquisto ed opera secondo un modello di comunicazione che è tipico del mezzo televisivo, ovvero unidirezionale.Non è un caso che proprio il medium televisivo sia quello che ha contribuito maggiormente alla diffusione e alla crescita della pubblicità e in qualche modo è proprio tramite la televisione che la maggior parte di noi si è abituata alla pubblicità al punto di giustificarla nella sua poca obiettività, nel suo distaccarsi in maniera irrimediabile dal prodotto di cui dovrebbe farsi voce.Occorre spendere qualche parola sul mezzo televisivo, anche perché è stato indubbiamente uno di quei fattori che più ha richiesto impiego di mezzi economici.Trenta secondi di spot televisivo arrivano a costare cifre esorbitanti ed esiste una strategia di piazzamento di questi spot in concomitanza con

determinati eventi che fa lievitare questo prezzo ancor di più.Il mezzo televisivo, come dicevamo, opera secondo uno schema unidirezionale. Per dirla con Negroponte21 una rete televisiva è una struttura di distribuzione gerarchica con una sorgente che invia il segnale e molti bacini omogenei che lo ricevono. È su questa affermazione che occorre fare un passo indietro per cercare i punti d’incontro fra comunicazione e pubblicità: la comunicazione o è reciproca o non è.“Comunicare (…) presuppone un sia pur embrionale riconoscimento intersoggettivo,comporta un patto minimale di non inganno, racchiude persino un germoglio di gratuità di generoso traboccamento in vista di condivisione.”22

Roman Jakobson, il primo linguista ad aver unito semiotica e teoria dell’informazione, ha proposto nel 1966 uno schema a proposito della comunicazione linguistica che può essere preso a prestito anche per la comunicazione pubblicitaria.

“Il mittente invia un messaggio al destinatario. Per essere operante, il messaggio richiede in primo luogo il riferimento a un contesto, contesto che possa essere afferrato dal destinatario, e che sia verbale, o suscettibile di verbalizzazione; in secondo luogo esige un codice interamente, o almeno parzialmente, comune al mittente e al destinatario (o, in altri termini, al codificatore e al decodificatore del messaggio); infine un contatto , un canale fisico e una connessione 21 N.Negroponte, Essere digitali, Sperling & Kupfer, Milano, 199522 A.Fabris (a cura di),Guida alle etiche della Comunicazione- Ricerche,documenti,codici, Edizioni ETS, Pisa, 2004 p.8 33

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psicologica fra il mittente e il destinatario, che consenta loro di stabilire e mantenere la comunicazione”23

Questo schema viene riproposto da Vanni Codeluppi a proposito del sistema comunicativo del consumo24.Nel campo pubblicitario generalmente si intende per mittente il produttore e per destinatario il consumatore. Entrambi sono collegati tra di loro da un medium (il contatto secondo Jakobson) che è rappresentato dal prodotto, ovvero dall’oggetto della comunicazione.Questi tre attori del processo comunicativo si muovono all’interno di un contesto che è rappresentato dal mercato e dalla società.Il codice è formato da quegli elementi necessari a rendere operante il messaggio e può essere definito come un complesso sistema di conoscenze che rende possibile l’attivarsi di un processo comunicativo tra emittente e destinatario, perché comprende al suo interno numerosi elementi: significati culturali, interpretazioni, definizioni, istruzioni25.Nel sistema comunicativo del consumo, però, mittente e destinatario sono ruoli che possono essere ricoperti sia dal produttore che dal consumatore.Il produttore, nel ruolo di mittente, comunica all’esterno, qualcosa su di sé, sul prodotto che vuole vendere o sui valori della marca che promuove e lo fa tramite la pubblicità. Allo stesso tempo però diventa destinatario dei feedback che il consumatore gli invia tramite determinati comportamenti quali l’acquisto, la partecipazione ad iniziative proposte dall’impresa, le risposte fornite ai ricercatori di mercato o le azioni

23 R.Jakobson,Saggi di linguistica generale,Feltrinelli, Milano, 1966, p.18524 V. Codeluppi, La pubblicità-Guida alla lettura dei messaggi, FrancoAn-geli, Milano, 1997, p.15425 ivi, p.160

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dirette di reclamo o protesta.Il consumatore diventa emittente anche nel caso in cui comunica con altri consumatori tramite l’acquisto e l’uso dei beni.Questa bi-direzionalità della comunicazione fra produttore e consumatore non sempre viene correttamente messa in atto per diversi motivi:ad esempio spesso il codice utilizzato per la trasmissione del messaggio , non è sufficientemente condiviso da produttore e consumatore, o l’eccessiva quantità di messaggio in circolo nei mass media contemporanei produce delle forti interferenze che impediscono alla comunicazione di compiersi correttamente.Lo schema monodirezionale di cui la publicità è stata un esempio è ormai sorpassato dalle nuove tecnologie, dall’avvento del web 2.0 e dei social network.La comunicazione ha a disposizione un enorme piazza globale per esprimersi liberamente ed in maniera immediata.La sublimazione di questa novità consiste nel fatto che vengono a cadere le definizioni di genere degli attori comunicativi.Poter eliminare la dicitura di emittenti e destinari della comunicazione ci introduce in un mondo in cui la comunicazione è libera di essere, è pienamente bidirezionale, e per quel che riguarda il sistema comunicativo del consumo, avviene finalmente tra persone piuttosto che tra produttori e consumatori.Una comunicazione commerciale che esce dagli schemi aziendali per diventare sempre più simile alla normale comunicazione interpersonale incrementa la sua efficacia in maniera drastica.Le aziende hanno a disposizione uno strumento insostituibile per mettersi in contatto con i consumatori e creare con essi un rapporto di

informazione e consulenza vicendevole.Perché la rivoluzione vera sta proprio nel fatto che i consumatori tornano al centro del discorso pubblicitario da protagonisti avendo l’opportunità di poter comunicare in modo diretto apprezzamenti,critiche, desideri alle aziende che possono così aggiustare il tiro e migliorare la loro offerta.In particolar modo sono interessate a questa rivoluzione quelle aziende medio-piccole che si prefiggono l’obiettivo di lavorare secondo principi etici e che spesso non hanno un budget abbastanza elevato da sostenere i costi di una campagna pubblicitaria e di una comunicazione aziendale impostata in modo classico.All’interno di queste aziende si ritiene di grande importanza la presenza di una figura addetta appositamente allo smistamento e assorbimento dei feedback dei consumatori e delle altre realtà che possono portare nuova linfa all’interno di processi come la produzione, comunicazione e distribuzione del prodotto.La visibilità e la trasparenza offerta dal web diventa per loro uno strumento indispensabile per propugnare i propri valori e per i clienti, elevati al rango di interlocutori alla pari, si apre la possibilità di operare un’azione di controllo sul rispetto e il mantenimento di questi valori.

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comunicazione etica

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Etica della comunicazione

Analizzato il percorso della comunicazione pubblicitaria, dagli albori fino all’avvento del fenomeno Globalizzazione, è giunto il momento di porsi delle domande.Esiste un’etica della Comunicazione? Può il nuovo modello di comunicazione pubblicitaria auspicato nel primo capitolo, svilupparsi secondo questa linea etica?E infine quali sono alcuni dei movimenti e delle realtà nati in questi anni che impogono una seria riflessione su questo tema?Tanto per iniziare è opportuno dare un’adeguata definizione di etica:

“Dottrina o indagine speculativa intorno al comportamento pratico dell’uomo di fronte ai due concetti del bene e del male.”1

In senso lato l’etica è quell’insieme di norme e comportamenti che forniscono all’uomo la misura del giusto e del sbagliato, nei propri confronti e in particolar modo nei confronti del mondo circostante.In maniera più appropriata si potrebbe definire l’etica come la ricerca di uno o più criteri che consentano all’individuo di gestire adeguatamente la propria libertà nel rispetto degli altri.Oggetto dell’etica sono dunque i valori morali che determinano i comportamenti dell’uomo.Per applicare questa definizione al nostro campo d’indagine, prenderemo a supporto le riflessioni espresse da Fabris nella sua Guida2in cui si

1 DevotoG.,OliG.,Il dizionario della lingua italiana,LeMonnier,Firen-ze,ed.2002-03,voce:etica2 A.Fabris(acuradi),Guida alle etiche della Comunicazione- Ricerche,documenti,codici, EdizioniETS,Pisa,200438

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propone di delineare l’etica della comunicazione, analizzando i modelli di etica elaborati nella storia del pensiero e ricercando le ragioni del bisogno di principi che possano orientare l’agire comunicativo.Perché dunque un’etica della comunicazione?La risposta più banale va cercata nella natura del processo comunicativo visto finora, ovvero nella refrattarietà a indicazioni e dettami di tipo etico e comportamentale che la comunicazione pubblicitaria basata sulla persuasione presenta.Ripercorrendo la storia della pubblicità abbiamo, infatti, visto come i vecchi modelli di comunicazione unidirezionale implicassero l’utilizzo di principi di comportamento poco etici espressi in uno scarso rispetto per l’ascoltatore, declassato al rango di bersaglio/target e in una bassa considerazione delle esigenze di specifici utenti.I due principi di comportamento menzionati sono diretta conseguenza degli obiettivi che il comunicatore deve porsi ovvero la ricerca del conseguimento di utili e lo sviluppo di una maggiore efficienza del sistema cui appartiene.Se questi obiettivi possono tranquillamente dirsi morali (non vi è nulla di male nel cercare vantaggi per sé) gli strumenti utilizzati dal comunicatore per raggiungerli si piegano ai meccanismi del profitto oltrepassando ogni criterio morale e si rifanno proprio ai principi di comportamento di cui si parlava pocanzi. In questo senso questi principi di comportamento poco etici vengono “subiti” sia dagli operatori della comunicazione, sia dai destinatari della comunicazione stessa.Seguendo tali schemi, dunque, i processi comunicativi rischiano di divenire pressoché autonomi rispetto a chi li produce e sempre più refrattari all’applicazione di qualunque principio etico.

L’interazione comunicativa si basa dunque su principi di carattere morale (obiettivi e propositi) e su principi generali di etica, ovvero un certo tipo di comportamenti che utilizziamo nel comunicare.Per stabilire quali di questi comportamenti sono eticamente accettabili, bisognerebbe ritornare alla trattazione filosofica condotta nei secoli sull’etica.Fin qui sono stati elaborati dei modelli di etica dai quali possono essere estrapolati i principi basilari per un’etica della comunicazione.Uno di questi si basa sulla specifica natura comunicativa dell’uomo per giustificare o meno la correttezza di certe sue forme d’interazione linguistica, ovvero è lecito tutto ciò che afferisce alle più strette caratteristiche umane dove l’uomo è visto come animale sociale dotato di linguaggio.Un altro modello detto dialogico è quello che descrive l’interazione comunicativa come un’azione mirata a creare un effettivo spazio comune fra gli interlocutori. In questo spazio il dialogo presuppone il riconoscimento previo delle buone ragioni dell’altro e la disponibilità a ritornare sulle proprie posizioni iniziali.Questo tipo di approccio presuppone un’adeguata attenzione all’interlocutore e una solida base di rispetto per quelle che sono le sue idee.Il terzo modello, detto del relativismo contestuale, tiene conto del fatto che i principi su cui si regolano i vari comportamenti umani, varino inevitabilmente da contesto a contesto. Secondo questo modello, infatti, è basilare l’attenzione alle circostanze che delimitano la comunicazione e la considerazione delle caratteristiche e aspettative dell’audience.Un ultimo modello da menzionare è quello dell’utilitarismo, detto anche etica consequenzialista. L’etica giustificherebbe tutti quei comportamenti

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che hanno come fine il raggiungimento di un utile, ponendo così attenzione ai risultati raggiungibili e alle conseguenze che possono derivare dalle azioni intraprese.Se però, come abbiamo detto in principio, l’etica si occupa principalmente dei nostri comportamenti in relazione agli altri, quest’ultimo modello viene proprio a mancare di quegli elementi che ci assicurino che i metodi e gli strumenti utilizzati per raggiungere tali utili non vadano in conflitto con la libertà e il benessere degli altri.Tornando all’etica della Comunicazione nello specifico, essa rientra fra le discipline nell’ambito delle etiche applicate.Per etica della comunicazione possiamo intendere un approccio deontologico, che fa appello a un insieme di teorie etiche contrapposte al consequenzialismo.La famosa deontologia professionale è costituita da un insieme di regole e codici che stabiliscono i limiti fra giusto e sbagliato in cui si può incorrere nell’esercizio di una professione.Il limite di quest’approccio è proprio quello di pretendere di gestire problemi morali attraverso strumenti giuridici, quando questi problemi morali scaturiscono semplicemente da una più o meno spiccata sensibilità nei confronti delle altre persone.L’etica della comunicazione per l’appunto trova le basi della sua esistenza in un coinvolgimento morale delle persone che intervengono nell’atto comunicativo.La disponibilità all’ascolto critico, all’esposizione sincera dei propri argomenti e al possibile rivedere le proprie posizioni sono gli unici pilastri su cui andrebbe fondata un’etica della comunicazione.E sono questi gli elementi chiave della comunicazione, e volendo scomodare l’etimologia stessa della parola del mettere in comune qualcosa.

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Nell’ambito dell’etica della comunicazione è stata di recente elaborata una teoria secondo la quale la comunicazione stessa contiene già in se una dimensione implicitamente etica. Perché si possa esercitare la comunicazione, è necessario :

“mettere in opera, concretamente, criteri di rispetto degli interlocutori, di solidarietà nei loro confronti e di corresponsabilità per il buon esito dell’interazione comunicativa, che trovano una giustificazione immediata nell’esito della comunicazione stessa.”3

Ricollegandoci al discorso pubblicitario analizzato nel primo capitolo, l’esigenza di trovare dei fondamenti etici in questo campo si fa ancora più forte.Con la perdita del valore comunicativo della pubblicità a favore di un valore persuasivo mirato solo a incrementare gli utili delle aziende ad ogni costo, ogni tentativo di applicare un’etica al mondo pubblicitario è svanito.La pubblicità, poiché fortemente connotata da un’anima creativa, può difficilmente sottoporsi al controllo di codici o regole. In più attribuire valenze etiche alla pubblicità data la sua innata vocazione commerciale e in un contesto di vendite sfrenate e corsa al lusso come quello vissuto nella seconda metà del ‘900, avrebbe significato imporgli una zavorra di buon senso e di morale controproducente ai suoi scopi.Come già descritto, nel sistema comunicativo del consumo non vi è stato finora spazio per un attore fondamentale della comunicazione, ovvero il destinatario.

3 A.Fabris(acuradi),Guida alle etiche della Comunicazione- Ricerche,documenti,codici, EdizioniETS,Pisa,2004,p.15

Al destinatario è stato affibbiato il ruolo di target, di preda dei cacciatori di acquirenti. Al destinatario non è stato concesso diritto di replica o di obiezione nei confronti di messaggi pubblicitari sempre più accattivanti e sempre meno coerenti con il prodotto da loro promosso o con i principi dell’azienda che li diffonde.Se con le proteste contro la globalizzazione sono venute a galla per la prima volta le irregolarità e i vizi della sfrenata corsa verso il profitto delle marche più affermate, dall’altra parte sono fiorite nel commercio attività medio-piccole impegnate a dimostrare che può esistere un altro commercio, che i meccanismi criticati dal movimento no global possono essere scavalcati in favore di nuovi metodi più etici per l’appunto.Sull’onda di questi movimenti anche le aziende più grandi hanno tentato di adattarsi promuovendo stili etici, ecosostenibili, equi e solidali, senza però di fatto cambiare le loro politiche aziendali.Qui sorge la domanda fondamentale che sta alla base di questa tesi.Può la comunicazione diventare uno strumento per distinguere chi agisce secondo criteri etici e chi no?Se promuovere principi etici significa persuadere della loro necessità, quali differenze vi sono fra il pubblicitario e il comunicatore?Per quanto ardue da trovare, le risposte a questi interrogativi si propongono come delle prove del nove piuttosto che come dei veri e propri fattori di giudizio.Potremmo elencare in questo modo i cinque criteri di cui tener conto per una valutazione dell’eticità

1.ComportamentoSe l’etica è costituita da un insieme di comportamenti che regolano il nostro essere in relazione agli altri, è proprio dal comportamento che

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bisogna partire per un’adeguata valutazione dell’eticità di un’azienda. Sebbene non riguardi strettamente l’ambito specifico della comunicazione che stiamo studiando, il comportamento è per sua natura una forma di comunicazione.Coerenza, chiarezza negli intenti e nelle successive azioni sono parametri da verificare con costanza per valutare se il soggetto che abbiamo di fronte agisce secondo principi etici.

2.InformazioneUn’azienda che si preoccupi di informare delle sue azioni con assiduità e sfruttando ogni canale possibile a sua disposizione lancia un chiaro segnale del suo desiderio di trasparenza.Nell’ottica della comunicazione, intesa come dialogo fra due soggetti e non soltanto come trasmissione di messaggi, è apprezzabile il tentativo di raccontare se stessi, rendendosi disponibili all’ascolto dei feedback dei nostri interlocutori.Il feedback restituisce la misura delle proprie azioni e di come queste vengono percepite all’esterno e diventa uno strumento essenziale per la crescita dell’azienda.D’altra parte informare gli interlocutori sulle nostre azioni li pone in un ruolo partecipe e li invoglierà ad ascoltare e informarsi a loro volta sull’esito delle azioni della nostra realtà.

3.Rendere consapevoli Le realtà etiche di cui trattiamo, hanno come loro peculiarità, quella di portare avanti col loro lavoro, un insieme di modi di agire e di atteggiamenti che hanno come scopo il rendere il mondo un luogo più vivibile e accogliente.

Per quanto infantile possa apparire questa espressione, vanno annoverate in essa, realtà che promuovono energie rinnovabili, agricoltura biologica, risparmio energetico e politiche del chilometro zero, ma anche rispetto dei diritti umani, dei diritti animali, delle diversità.L’obiettivo di rendere consapevoli le persone del fatto che si stia agendo in questo senso non è più solo un metodo per incrementare i profitti su un’onda sentimentale, ma riveste un importante ruolo educativo e di divulgazione di notizie e di realtà che non sempre sono sotto gli occhi di tutti.In qualunque ambito si agisca, rendere consapevoli significa contribuire a creare una coscienza critica nel pubblico che gli consenta di relazionarsi alla nostra realtà non più come acquirente, ma come compagno e alleato nel raggiungimento di obiettivi che possano davvero dirsi comuni.

4.Saperlo comunicare

Si arriva qua al fulcro della questione.Tutte le belle parole spese fin qui, sono vane se non ben comunicate.Un’esposizione chiara e semplice, a livello verbale e visivo è fondamentale a questo scopo. Nell’esporre la linea di condotta dell’azienda è opportuno non usare toni urlati,apocalittici o sensazionalistici, tantomeno di superiorità rispetto a un pubblico che magari ne sa meno, ma può capirne di più.Tutto il processo comunicativo deve essere studiato come se fosse lo specchio del cliente e non un abito luccicante. Se il tuo agire è etico, non ci sarà la necessità di presentarlo in maniera vistosa. Per quel che riguarda la comunicazione visiva, i tanti elementi che la compongono sono ottimi strumenti per dimostrare l’eticità del soggetto.

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Un nome e un logo puliti, ben curati e facili da ricordare, sono il primo biglietto da visita che presenta le attività. Una comunicazione cartacea che utilizzi materiali di un certo tipo, comunica sin da subito il tipo di lavoro svolto. E qui ovviamente ci riferiamo all’utilizzo di materiali riciclati ad esempio, materiali che ritroviamo anche nell’eventuale progettazione di stand fieristici, o nel packaging di prodotti solidali.L’immancabile sito web della realtà etica, sarà chiaro nel presentare l’identità e i principi secondo cui la realtà lavora, e fornirà costantemente informazioni e aggiornamenti sui temi di cui la realtà si occupa.Una grafica che non ricerchi gli effetti speciali, ma presenti con semplicità e gradevolezza e, perché no, con la giusta dose di vuoti i contenuti della realtà etica sarà la base ideale per creare uno spazio di dialogo e di confronto sui temi interessati.

5.Raccontare la filiera

Come abbiamo visto, la costruzione di una campagna pubblicitaria di tipo classico richiede l’intervento di numerosi attori e numerose fasi che contribuiscono a incrementare in maniera esponenziale i costi della comunicazione.Allo stesso modo tutti questi passaggi spesso snaturano l’idea iniziale del prodotto, occultano il punto di partenza del processo creativo e produttivo che sta dietro alla presentazione di un prodotto, servizio o idea che sia.L’obbligo etico della sincerità e della trasparenza in questo modo viene meno.Questa filiera, ben somiglia a quella della realtà produttiva che sta a monte della presentazione del prodotto e che impone lunghi passaggi di testimone fra intermediari il cui ruolo è spesso poco chiaro e poco

influente, se non dal punto di vista economico, sulla produzione stessa.Ridurre i passaggi e creare così una filiera corta è uno dei propositi che le realtà etiche si propongono.In questo modo si cerca di tagliare tutte le spese inutili e di concentrare gli investimenti in denaro (che spesso è poco) sulle tecnologie che possono migliorare il prodotto e in particolare sulla giusta retribuzione delle persone che vi lavorano.Nell’ambito comunicativo il discorso della filiera assume così una doppia valenza etica.Se da un lato raccontare la filiera e comunicarla in modo efficace è un importante passo verso la comunicazione puntuale e onesta del proprio lavoro, dall’altro lato ridurre i costi pubblicitari a favore di una comunicazione che sia più aderente possibile ai principi dell’azienda è un’ulteriore testimonianza pratica dell’onestà e della buona fede che l’azienda applica nel diffondere determinati principi. Vale la pena di ribadire il concetto secondo cui il maggiore indizio di eticità di un’azienda che possiamo trarre dalla sua comunicazione è proprio il fatto che questa rispecchi in toto l’azienda, i suoi propositi, le sue azioni e i suoi metodi.In particolar modo, nel momento in cui l’azienda si troverà davvero a comunicare con i suoi interlocutori, questa corrispondenza fra ciò che è e come si comunica sarà un fattore fondamentale per la trasformazione da comunicazione monodirezionale a comunicazione bidirezionale in senso pieno.L’obiettivo è proprio quello di assimilare sempre più la comunicazione fra azienda e acquirenti, a una forma di comunicazione interpersonale che si avvicini a quel rapporto diretto faccia a faccia che avevamo col commerciante sotto casa.

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Comunicazione dell’etica

Esiste una miriade di realtà economiche e sociali che rispondono a questa urgenza di lavorare secondo criteri di eticità.Commercio equo e solidale, aziende promotrici di energia rinnovabile, ritorno sulla scena economica dei piccoli artigiani e massiccia diffusione dell’agricoltura biologica, gruppi d’acquisto solidale sono solo alcune delle pratiche che si stanno diffondendo in tal senso.Sebbene sia difficile raggruppare tutti questi mondi all’interno di un’unica realtà o trovare una ragione unitaria che spieghi la loro nascita, proveremo a sintetizzare alcuni dei movimenti di pensiero ai quali si fa appello nel giustificare scelte di tipo etico.Questi movimenti hanno avuto un grande riscontro in una fase successiva alla rivolta no global che coinvolse in uno scandalo i vecchi draghi dell’economia mondiale, nonostante le loro teorizzazioni risalgano a periodi antecedenti, in particolare alla fase successiva al boom economico in cui era evidente l’insostenibilità di determinati ritmi e metodi produttivi.

Sviluppo sostenibileIl termine sviluppo sostenibile è stato introdotto da un gruppo di lavoro presieduto dall’ex capo di stato norvegese, detta da suo nome Commissione Brundtland, nel 1987.La definizione di sviluppo sostenibile cui si è arrivati è quella di :

“sviluppo in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di fare altrettanto.”4

4 citatoinBleischwitzR.eHennickeP.,L’economia leggera, EdizioniAmbiente,Milano,2005,p.1446

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Vi sono due grandi elementi concettuali da associare allo sviluppo sostenibile. Il primo è costituito dalle quattro dimensioni che stanno alla base del concetto, ovvero quella economica, sociale,ambientale e istituzionale. Elementi questi che non possono che essere considerati insieme in un’ottica di risoluzione dei problemi dello sviluppo.Il secondo è rappresentato dalla prospettiva equa e globale , in particolare riguardo l’equità intergenerazionale fra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo e all’equità intergenerazionale fra la generazione presente e quelle future.Tutti, infatti, hanno uno stesso diritto a un ambiente globale intatto, pertanto occorre riesaminare e modificare le politiche di utilizzo delle risorse da parte delle economie più sviluppate che non possono essere trasferite alle economie in via di sviluppo.Pertanto i sistemi di produzione e consumo non possono essere adottati in maniera simile a livello globale.La caratteristica più indicativa che differenzia l’approccio dello sviluppo sostenibile dalle politiche ambientali tradizionali è quella di riconoscere la necessità di un cambiamento strutturale delle attività economiche, in altre parole introdurre paradigmi di produzione e di consumo sostenibili, anticipando, di fatto, la creazione di danni, piuttosto che cercandone la cura in un secondo momento.

Green EconomyPer Economia Verde s’intende un modello teorico di sviluppo economico che oltre a tener conto dei benefici economici (Prodotto Interno Lordo) si focalizza sul rendere minimo l’impatto ambientale del ciclo produttivo,

dall’estrazione di materiali, passando per il loro trasporto e infine alla trasformazione dalle materie prime al prodotto finito.Gli elementi fondamentali che concorrono ad attuare questa economia sono la tecnologia e la conoscenza scientifica.Sebbene già dagli anni 80 si parlasse di proposte per un’economia verde5, l’allarme sul bisogno di un cambiamento di rotta nell’affrontare politiche economiche ed energetiche si ha nel 2006 ad opera del rapporto Stern6, un’analisi economica che valuta l’impatto ambientale e macroeconomico dei cambiamenti climatici, denunciandone l’impatto sul Pil mondiale.La base principale del modello green economy è il risparmio energetico, e in particolar modo l’utilizzo di energie alternative volto alla riduzione dell’inquinamento e all’uso di risorse rinnovabili.Il proposito secondo cui si opera è quello di creare lavori “verdi” e allo stesso tempo assicurare una crescita economica reale, a tal proposito occorre dire che l’economia green non solo intende rendere le produzioni ecocompatibili, ma ha anche lo scopo di creare un giro d’affari molto ampio, che possa fatturare e promuovere guadagni.Nella pratica però questo approccio ha incontrato non poche difficoltà. La green economy, come abbiamo detto, ha bisogno di ingenti investimenti in ricerca, sviluppo e marketing, per creare quegli strumenti necessari ai propri scopi e nel caso del marketing per poterli comunicare.Questa situazione ha spesso scoraggiato l’entusiasmo imprenditoriale che

5 BarbierE.,MarkandiaA.,PearceD.,Progetto per un’economia verde,IlMulino,Milano,19896 http:��www.ilsole24ore.com�art�SoleOnLine4�Economia�20e�20La-http:��www.ilsole24ore.com�art�SoleOnLine4�Economia�20e�20La-voro�2006�10�md301006rapporto_clima.shtml?uuid=bade4bce-67f8-11db-a21f-00000e251029 47

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a fronte di interminabili spese si trova a dover affrontare lunghi anni di ricerche prima di poter trarre profitto.Per incoraggiare questo approccio sono stati quindi necessarie politiche governative fondate sull’elargizione di incentivi volti ad aumentare il bacino di investimenti in green economy.In realtà specialmente negli ultimi anni, sono molti i paesi in cui l’adozione di metodi della Green Economy è stata inserita a pieno titolo nei programmi di governo.Un altro proposito fondamentale dell’economia verde è quello di assicurare buone condizioni di lavoro per tutti, in questo senso si può considerare anche un’economia solidale che punta al rispetto dell’ambiente anche e soprattutto attraverso il rispetto delle persone.Negli anni l’idea della necessità di un’economia verde si è fatta sempre più diffusa e tante sono le realtà nate con l’intento di portare avanti quest’idea in tutti i campi della produzione. Dall’agricoltura, alla fabbricazione di auto tutti possono avvalersi delle ricerche green per utilizzare energie rinnovabili per il loro lavoro.Come ogni idea diffusa però anche questa viene sfruttata a volte come semplice bollino da applicare ai prodotti di aziende molto grandi che in realtà ancora operano secondo i vecchi criteri del mercato.È bene verificare l’aderenza a questi principi seguendo sempre i cinque criteri di verifica dell’eticità di cui si parlava nel precedente paragrafo.

Decrescita felice

Il  Movimento per la decrescita felice  è un movimento  nato in Italia e sviluppatosi in modo informale a partire dal 2000 che promuove la de idealizzazione dello sviluppo fine a se stesso. La base teorico economica di

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tale movimento è ispirata alla decrescita teorizzata da Nicholas Georgescu-Roegen, fondatore della bioeconomia, e viene trattata da Serge Latouche nel suo Breve trattato sulla decrescita serena.La base del movimento parte dal presupposto che la connessione tra crescita economica e benessere non sia per forza positiva, ma che spesso l’aumento del Prodotto Interno Lordo corrisponda a una diminuzione della qualità della vita.Latouche racconta in una recente intervista durante il programma Chetempochefa7che Decrescita felice è uno slogan provocatorio che indica un progetto politico.Il modello della crescita smisurata, valido fino al secondo dopoguerra, non è più valido, una crescita infinita, infatti, male si adatta a un mondo finito con risorse finite.S’impone la necessità di comunicare un modello diverso dalla crescita, non da intendere come crescita negativa, bensì come a-crescita:

“si tratta proprio di abbandonare una fede o una religione, quella dell’economia, del progresso e dello sviluppo, di rigettare il culto irrazionale e quasi idolatra della crescita fine a se stessa.”8

Per Latouche, la nostra società ha legato il suo destino a un’organizzazione fondata sull’accumulazione illimitata che impone una crescita costante onde evitare momenti di crescita zero che scatenano il panico.Tutta l’istituzione economica di un paese è quindi dipendente da un aumento del Pil, a partire dall’occupazione, fino alle pensioni e alla totalità della spesa pubblica.7 http:��www.youtube.com�watch?v=V3DwCXrueAI8 S.Latouche,Breve trattato sulla decrescita serena, BollatiBoringhieri,Torino,2008,p.18

I fattori che consentono la continuazione di questa spirale diabolica sarebbero proprio la pubblicità, il credito e l’obsolescenza accelerata e programmata dei prodotti.La pubblicità poiché mantiene saldo il desiderio di consumare e insinua nelle nostre menti l’insoddisfazione e la tensione del desiderio frustrato. Il credito poichè è quello che consente a chiunque di continuare a consumare, anche quando non vi fosse la disponibilità economica. E infine l’obsolescenza programmata, la scomparsa degli “aggiusta tutto”, la continua esposizione a prodotti sempre più nuovi e avanzati e l’inevitabile rottura di qualche pezzo insostituibile del nostro televisore, occhiale, frullatore ecc.Con una metafora vegetale Latouche auspica che il modello della decrescita possa svilupparsi seguendo l’esempio di una lumaca che costruisce la sua casa, il suo guscio aggiungendo una dopo l’altra delle spire sempre più larghe per poi interrompersi bruscamente e tornare sui suoi passi a rinforzare ciò che ha costruito piuttosto che creare un’ultima spirale che potrebbe soffocarla.La crescita infinita, infatti, diventa problematica proprio perché diventa insostenibile il suo peso. Il movimento considera dunque auspicabile la riduzione della produzione in primo luogo e dei consumi, ma anche una riduzione del tempo lavorativo che consenta di de-economizzare e de-colonizzare il nostro immaginario.Per quanto simili negli intenti la decrescita felice si pone in contrasto con la Green Economy poiché quest’ultima nel porsi l’obiettivo di limitare i danni della produzione tramite innovazioni tecnologiche, non si impone una seria riflessione sul quadro d’insieme dell’economia dello sviluppo sfrenato.

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EmergencyLogo e Homepage50

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Comunicazione per la sostenibilità

A titolo di esempio di quanto detto finora, presentiamo di seguito alcuni casi di realtà etiche e la loro comunicazione.Nello scegliere i casi da mostrare ho optato per tre diversi ambiti delle realtà etiche e ho preso in considerazione tre realtà importanti che sono riuscite a oltrepassare il muro che spesso si impone fra l’ambiente della sostenibilità e il mercato a più ampio raggio:In ambito sociale, Emergency fondata da Gino Strada.Nell’ambito del commercio equo e solidale, Altro mercato.Nell’ambito della promozione di nuove pratiche per una migliore qualità della vita, Slow Food.Ci concentreremo in particolar modo, sull’analisi del logo, base di qualunque strategia comunicativa, sulla comunicazione dei prodotti e sulle piattaforme web.

Emergency

Emergency è una ONG italiana, fondata nel 1994 a Milano da Gino Strada e dalla moglie Teresa Sarti. Emergency è presente in numerosi paesi in guerra dove ha costruito e gestisce ospedali per i feriti di guerra e per emergenze chirurgiche, centri per la riabilitazione fisica e sociale delle vittime di mine antiuomo e altri traumi di guerra, un centro per la maternità, posti di primo soccorso per il trattamento immediato dei feriti, centri sanitari per l’assistenza medica di base. L’attività di Emergency in Italia è finalizzata alla creazione e diffusione di una cultura di pace, solidarietà e diritti umani. Questo lavoro è possibile grazie all’impegno sul territorio italiano di 166 gruppi e venti riferimenti

locali, con un numero di circa 4000 volontari; ogni gruppo territoriale promuove nella propria zona incontri rivolti a sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sui temi della pace e della solidarietà: interventi nelle scuole di ogni ordine e grado, presenza con banchetti informativi e di raccolta fondi a mostre, concerti, spettacoli, partecipazione a incontri e dibattiti con la propria testimonianza.Il sostentamento di Emergency è interamente dovuto alle donazioni dei suoi sostenitori, pertanto la cura della comunicazione è elemento fondamentale e imprescindibile per la sua stessa sopravvivenza.Negli anni questa comunicazione si è estesa ulteriormente attraverso canali web, cartacei, presenza fissa di banchetti di promozione in svariate occasioni e vendita di gadget recanti elementi dell’immagine coordinata.Il logo di Emergency è molto semplice e d’impatto, tre linee orizzontali a formare la E che ricordano le bende dei feriti in guerra e la scelta dei colori, bianco e rosso, che richiama immediatamente quelli della medicina e della croce rossa.Anche il lettering, leggermente inclinato verso destra richiama il nome stesso, come se si stesse correndo in aiuto in una situazione di emergenza.Questi due elementi fondanti li ritroviamo ovviamente, nel sito web e in tutti i vari supporti di cui si parlava prima.Il sito in particolare mostra una struttura semplice, bianca, con il logo che compare sulla sinistra, un header di impatto con un’immagine significativa e un semplice slogan che esplicita tutta la forza del progetto.Fondamentali e ben in evidenza le sei sezioni del sito: Chi siamo, Cosa facciamo,Cosa puoi fare tu, Informati, Lavora con noi, Media.Già dalla loro dicitura si nota l’intento di instaurare un forte rapporto con i sostenitori e i semplici curiosi che visitano il sito.Infine il corpo del sito è composto da una griglia contenente informazioni 51

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AltroMercatoLogo e Homepage52

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e novità sull’andamento dei lavori.Altromercato

Il Consorzio Ctm Altromercato, noto anche come Altromercato, è la prima centrale di importazione del commercio equo e solidale in Italia, e la seconda nel mondo, per dimensioni e fatturato . L’acronimo Ctm stava originariamente per “cooperativa terzo mondo”; nel 1998 la società ha cambiato il proprio statuto da cooperativa di persone e associazioni a consorzio di Botteghe del mondo, mantenendo la sua forma cooperativa.La cooperativa è stata fondata nel 1988 a Bolzano da Rudi Dalvai, Antonio Vaccaro e Heini Grandi. Il consorzio attuale comprende 126 soci, di cui 116 associazioni e cooperative che gestiscono circa 500 punti vendita detti Botteghe del Mondo, e dieci tra organizzazioni non governative, e organizzazioni di finanza etica  e di turismo responsabileLa caratteristica principale di Altromercato è l’esplicito obiettivo di fondare la propria attività esclusivamente su processi di economia solidale e consumo responsabile. I prodotti provengono principalmente da America Latina, Asia e Africa, dove Altromercato mantiene rapporti commerciali diretti con circa 150 organizzazioni di contadini e artigiani. In accordo ai criteri previsti dalle organizzazioni di commercio equo e solidale e definiti da IFAT(International Fair Trade Association) e Agices (Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale), Altromercato assicura ai suoi fornitori il pagamento di un prezzo equo, rapporti a lungo termine e trasparenti, prefinanziamento di almeno il 50% del valore della merce all’ordine e del valore rimanente all’arrivo in Europa. Sostiene inoltre attivamente la coltivazione biologica e altre forme di protezione dell’ambiente. I prodotti sono importati in Italia ed Europa, e rivenduti secondo i principi del consumo responsabile; per esempio, il prezzo dei prodotti viene sistematicamente scomposto in modo che l’acquirente sia informato sulla percentuale

destinata a produttori e intermediari. I prodotti Altromercato vengono distribuiti attraverso la rete delle Botteghe del Mondo, ma anche presso diverse catene di supermercati, negozi di alimentazione naturale, circoli, bar e mense scolastiche. I generi vanno dall’alimentare (240 prodotti) all’artigianato (1.500 articoli), fino all’abbigliamento, accessori e cosmetici.Negli anni la forza di Altromercato si è vista proprio nella capacità di sfruttare la comunicazione attraverso un brand che è ormai diventato sinonimo di commercio equo e solidale.Il logo di altro mercato è un lettering spezzato da un’immagine del mondo a separare le due parole e con la parola mercato rovesciata.Con una semplice immagine esprimono il carattere globale dell’associazione e anche l’impegno a rovesciare per l’appunto le logiche di mercato favorendo l’esportazione dai paesi del sud del mondo.Il fondo bordeaux su cui campeggia il logotipo richiama appunto i colori caldi di quelle terre.L’utilizzo di un’immagine coordinata e di packaging studiato appositamente per i prodotti di Altromercato ha consentito l’ingresso nel mercato tradizionale.Negli anni questa attenzione si è focalizzata a tal punto da creare delle vere e proprie linee di prodotti che hanno fatto balzare questo tipo di commercio dalle piccole botteghe del Mondo sparse un po’ ovunque e piene di prodotti per lo più anonimi, nei maggiori supermercati e addirittura, nei distributori automatici di cibo e bevande.Una nota di merito va al packaging dei diversi prodotti, spesso confezionati con materiali come carta e cartone riciclato, rafia, tela che riportano facilmente alla mente l’origine rurale della maggior parte dei prodotti.

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Slow FoodLogo e Homepage54

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Il sito web presenta una struttura complessa con menù di primo secondo e terzo livello.Il primo, nell’header, è dedicato alla realtà Altromercato, con le sezioni Chi siamo, Cosa facciamo,Contatti, Dicono di noi, Lavora con noi.Il secondo, sulla sinistra, parla dei prodotti, dei produttori e fornisce informazioni sui punti vendita, ma anche permette di conoscere più a fondo i partner del progetto e le iniziative di formazione promosse da Altromercato.Infine, sulla destra troviamo un calendario che segna gli eventi promossi da altro mercato e un agevole motore di ricerca per trovare le botteghe.Come per Emergency, il corpo del sito ospita la zona più strettamente informativa, sul modello dei blog.L’immagine offerta da Altromercato risulta estremamente coerente con i principi etici che si impone e col lavoro che svolge, un po’ carente rimane invece la parte di interazione che si dovrebbe creare per instaurare un certo tipo di relazione col pubblico.

SlowFood

Presentiamo Slow Food come un esempio di intenzioni etiche malriuscite. Slow Food  è un’associazione internazionale  senza scopo di lucro nata in Italia, a Bra nel 1986 con il nome di Arcigola.Si pone come obiettivo la promozione del diritto a vivere il pasto, e tutto il mondodell’enogastronomia, innanzitutto come un piacere. Fondata da Carlo Petrini e pensata come risposta al dilagare del fast food e alla frenesia della vita moderna, Slow Food studia, difende e divulga le tradizioni agricole ed enogastronomiche di ogni parte del mondo.

Slow Food, attraverso progetti (Presidii), pubblicazioni (Slow Food Editore), eventi(Terra Madre) e manifestazioni (Salone del Gusto  al Lingotto di Torino, Cheese a Bra e Slow Fish a Genova) si è impegnata per la difesa della biodiversità e dei diritti dei popoli alla sovranità alimentare, battendosi contro l’omologazione dei sapori, l’agricoltura massiva, le manipolazioni genetiche.Attraverso la rete di associati che s’incontrano, si scambiano conoscenze ed esperienze, Slow Food ha inteso fare del godimento gastronomico anche un atto politico, sottolineando come dietro a un buon piatto ci siano scelte operate nei campi, sulle barche, nelle vigne, nelle scuole, nei governi.Il Manifesto Programmatico di SlowFood sottoscritto nel 1989 da delegati di svariati paesi recita:

“Questo nostro secolo ,nato e cresciuto sotto il segno della civiltà industriale, ha prima inventato la macchina e poi ne ha fatto il proprio modello di vita.La velocità è diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la Fast Life, che sconvolge le nostre abitudini, ci assale fine nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei Fast Food. Ma l’uomo sapiens deve recuperare la sua saggezza e liberarsi dalla velocità che può ridurlo a una specie in via d’estinzione (…) ”.9

La lentezza, dunque, come mezzo per riappropriarsi di uno stile di vita sano e libero, lontano dalle imposizioni di un mondo sempre più

9 dalManifestodelloSlowFooddisponibileall’indirizzohttp:��associa-zione.slowfood.it�associazione_ita�ita�manifesto.lasso 55

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veloce e sempre meno attento alla cura degli esseri che lo abitano e delle loro diversità.Questo approccio ci consente facilmente di annoverare SlowFood, fra quel tipo di realtà etiche di cui si trattava nei paragrafi precedenti, ma già dalla sua comunicazione possiamo intuire come questa eticità non traspaia in maniera evidente.Il logo di Slow Food non poteva che essere la stilizzazione di una lumaca, questo animale che tanta saggezza porta con sé e di cui già a proposito della Decrescita avevamo parlato.In varie dimensioni e colori campeggia su tutti i materiali informativi delle attività e degli eventi patrocinati da SlowFood e su tutta la produzione editoriale dell’associazione.Il sito web dominato dal colore arancione, che richiama un po’ il sole e la terra simboli di genuinità, si propone come un contenitore d’informazioni e notizie sulle attività dell’associazione.Sotto la solita e ben in vista barra che racconta la base dell’associazione vi è un banner che presenta tramite slogan e immagini le notizie in primo piano.La grandissima quantità di contenuti presenti sul sito, però, rispecchia un po’ la confusione che ci si trova ad affrontare nel definire esattamente cosa SlowFood faccia, e non sempre questi contenuti sono organizzati in maniera coerente e ben esposta. Come già ampiamente dichiarato, riteniamo che la chiarezza nell’esposizione sia uno dei presupposti basilari di una realtà etica.Tanto più comprensibile agli altri è quello che fai, quanto più affiora la coerenza e l’onestà del tuo lavoro.

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SMARKETING

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Cos’è

Si potrebbe descrivere lo Smarketing come uno dei temi dell’altra economia, strettamente imparentato con quei principi di decrescita felice e filiera corta di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente.Lo Smarketing propone una critica radicale ai meccanismi e agli scopi della pubblicità commerciale e più in generale alle strategie di mercato intese come:

“colonizzazione dell’immaginario, allungamento della filiera e incentivo allo spreco di energia e materia.”

L’idea essenziale dello smarketing è tutta contenuta in quella S iniziale che ne esplica sin da principio le finalità ovvero sovvertire i principi del marketing tradizionale che obbligano le imprese ad affrontare grandi costi per la comunicazione e a proporre poca trasparenza legata ai prodotti che queste imprese vogliono presentare sul mercato.Smarketing è un concetto che è stato sviluppato nell’Italia settentrionale e in Svizzera dagli anni ‘90 sulla base degli scritti di ecologia della comunicazione di Marco Geronimi Stoll e sulla letteratura sui temi complessità (Gregory Bateson, Humberto Maturana, Francisco Varela, Edgard Morin).Nei primi anni del nuovo decennio assimila le novantacinque tesi del Cluetrain Manifesto. Elaborato nel 1999, il Cluetrain rappresenta un primo invito all’azione per tutte le imprese che operano all’interno di un nuovo mercato.Nello stesso periodo Smarketing si avvicina ai temi della decrescita di Latouche.Lo Smarketing è innanzitutto un approccio metodologico alla comunicazione sociale e d’impresa e come abbiamo detto, ha numerosi

collegamenti con i temi della decrescita, chilometro zero, commercio equo e solidale e tutte le altre realtà dell’economia sostenibile.Obiettivo principale delle critiche di Smarketing sono le retoriche e le tecniche dell’advertisement tradizionale, che sono divenute così pervasive da influenzare spesso anche la comunicazione di quei soggetti etici che dovrebbero avere una visione opposta alla logica del consumismo.Un grande errore che si nota nella comunicazione di questi enti, associazioni, imprese non profit è proprio quello di utilizzare mezzi e stili di comunicazione che derivano più specificatamente da quelli usati dalle grandi aziende, i “dinosauri”, che sono stati oggetto delle critiche del movimento no global. Questi modelli, ovviamente non sono adatti alle piccole realtà e soprattutto ai valori che s’impegnano a diffondere e al pubblico cui intendono rivolgersi.Smarketing si propone dunque di mostrare una serie di pratiche di comunicazione che siano più idonee alle aspettative di queste realtà e che le aiuti a farsi raggiungere da quel pubblico sovvertendo di fatto anche il concetto di target tanto caro al vecchio paradigma pubblicitario.L’ottica della decrescita è in questo caso un punto di partenza fondamentale.La comunicazione non deve avere lo scopo di aumentare all’infinito le vendite e i contatti, ma piuttosto partecipa a far trovare una giusta dimensione di scala per le aziende.Le aziende etiche, infatti, possono dirsi tali quando il loro obiettivo principale diventa quello di avere un rapporto tra produzione e vendite che sia il più possibile equilibrato, duraturo nel tempo e coerente col rispetto delle persone e dell’ambiente.Una comunicazione reciproca, aperta e creativa aiuta a orientare la

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produzione verso la giusta proporzione fra le esigenze locali e il mercato.Un altro dei temi caro a Smarketing è quello della filiera corta.Portare i consumatori alla conoscenza della filiera di produzione è uno dei metodi migliori per sensibilizzarli sulla presenza sempre più invasiva dei numerosi intermediari che hanno spesso l’unico ruolo di far incrementare i costi del prodotto finito.Le imprese della decrescita sono impegnate a ridurre questa filiera e a garantire ad ogni persona che interviene “attivamente” nel processo produttivo la giusta retribuzione e il giusto valore.Raccontando la filiera s’innesca dunque un meccanismo che miri a rendere responsabile tanto il cliente quanto ill produttore creando così una filiera colta i cui principi possono così riassumersi: - il consumatore che assume consapevolezza di quanto può influenzare, con le proprie scelte, la micro-economia locale; - la capacità di giudicare un bene per le sue qualità di processo e di prodotto (non è solo una competenza tecnica ma anche lo sviluppo di capacità sensoriali ed estetiche); - la comunicazione dal basso che tutela gli acquirenti sulla veridicità delle affermazioni dei produttori e aiuta i produttori a incontrare gli acquirenti con mezzi low budget.

Infine rendere attraverso un’adeguata comunicazione, la trasparenza del processo, garantisce alle aziende una dimostrazione di eticità difficilmente raggiungibile tramite i vecchi modelli pubblicitari.

Rete Smarketing Dalla fine del 2008 nasce la Rete Smarketing.Inizialmente nata come un’organizzazione informale di professionisti della comunicazione e dell’etica d’impresa (anche se loro preferiscono dirsi artigiani), l’idea della rete si è fatta valere col tempo anche come modello di resistenza alla precarietà del contesto lavorativo attuale.Lavorare in rete consente, infatti, ai membri di Smarketing di collaborare sui progetti, condividendo risorse, conoscenze e contatti.Smarketing riveste allo stesso tempo il ruolo di facilitatore della comunicazione per le imprese etiche e d’impresa etica essa stessa. Da qui ne deriva un rapporto alla pari con i propri clienti che si esprime anche in termini di scambio di visibilità reciproca.Inoltre, poter contare su una rete libera composta da diverse professionalità consente di creare man mano la squadra più adatta al tipo di lavoro richiesto dal cliente.La squadra di Smarketing è attualmente composta da Marco Geronimi Stoll, ideatore e copywriter delle campagne, Guido Bertola progettista grafico, Chiara Birattari attivista sociale e esperta di media e l’economista Paolo Faustini che si occupa di curare la Responsabilità Sociale d’Impresa.A loro si aggiungo Elisabetta Barbaglia illustratrice e Davide Zucchetti web designer.

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Come lavora

La squadra di Smarketing come abbiamo visto lavora all’ideazione di campagne di comunicazione per imprese della Decrescita, ma il loro impegno principale è rivolto a insegnare a queste imprese le tecniche e le metodologie di comunicazione etica in modo che queste siano in grado col tempo di produrre da sole la loro immagine e di trovare i modi migliori per diffonderla.I principi secondo cui Smarketing agisce toccano tutti gli ambiti della costruzione di una comunicazione commerciale.La pianificazione visiva segue il principio dell’eleganza sobria. Sin dall’immagine deve quindi essere creato uno spazio fisico e psicologico che sia diverso da quello del marketing tradizionale. A livello grafico questo principio si traduce in poco ingombro degli spazi, essenzialità minimalista degli elementi visivi, piccole dimensioni e chiara scalettatura dei testi, cura attenta dei dettagli.Trovarsi di fronte ad un’impostazione grafica di questo tipo consente al pubblico di immergersi già in un ambiente diverso da quello che si trova nel flusso mainstream della comunicazione commerciale spesso caratterizzato da elementi di forte impatto sensazionalistico ma privo di contenuti forti.Considerando che sono proprio i contenuti la forza principale delle piccole imprese è quindi fondamentale che questi siano esposti nel modo più chiaro e evidente possibile così da poter percepire immediatamente la differenza di valori e di idee proposte.Il contenuto della comunicazione, infatti, è rappresentato più dalla narrazione del processo, che dalla sterile promozione del prodotto.Anche i metodi utilizzati devono rispecchiare le intenzioni etiche delle 64

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imprese, come ad esempio il rispetto per l’ambiente e quindi l’utilizzo di carta ecologica, inchiostri ad acqua, formati di stampa piccoli e con carta poco grammata prodotti con basse tirature. O, ad esempio, il principio secondo cui la conoscenza è libera e condivisa, utilizzando dunque immagini e testi secondo licenza creative commons.Il grande punto di forza di Smarketing, che per ovvi motivi, lo rende appetibile per tutte le imprese è quello dell’attenzione ai costi tendente alla loro quasi totale eliminazione.Abbiamo visto in precedenza come il processo pubblicitario possa comportare spese altissime che vengono ricaricate sul prezzo finale dei prodotto, senza che questi ne guadagnino in alcun modo in qualità.Per sovvertire questo sistema, Smarketing propone la riduzione dell’acquisto di spazi pubblicitari sui media tradizionali come la televisione o le inserzioni sui giornali, limitandoli al massimo e creando magari dei Gruppi d’Acquisto di Comunicazione che sulla scia dei GAS (Gruppi d’acquisto Solidale) possano contrattare servizi professionali (tecnici, comunicativi, informatici) o spazi di visibilità su media di nicchia o di opinione, a prezzi bassi per ciascuno.La filosofia è di valorizzare i media a costo bassissimo o nullo, fra cui quelli molto nuovi come il web e quelli molto vecchi come la presenza, la voce, la stoffa da utilizzare principalmente durante le fiere e le occasioni d’incontro diretto col pubblico. In queste occasioni è anche auspicabile l’instaurarsi di contatti che consentano scambi di visibilità a costo zero.Nel costruire l’immagine e la comunicazione di un’impresa il punto focale rimane sempre quello di perseguire la manifestazione il più

possibile sincera, immediata e verificabile delle qualità reali dell’impresa, eliminando qualunque tentazione di costruire a tavolino un’immagine falsata ed edulcorata che distoglierebbe l’attenzione dal vero prodotto e soprattutto dai valori che gli stanno dietro.Infine, la più evidente distanza fra il modello smarketing e il modello pubblicitario sta proprio in quello che si considera il fulcro della pubblicità: il target.Smarketing si propone di aiutare l’emittente a essere reperibile, riconoscibile e ritrovabile da chi condivide i suoi stessi presupposti, capovolgendo così il concetto stesso di target, e proponendo quindi l’impresa su quegli stessi media laddove il pubblico la sta cercando, ottenendo il doppio beneficio di un notevole abbattimento dei costi e della sicura scoperta di un bacino di utenti interessati.A conclusione di questa breve panoramica dei principi di Smarketing si può affermare che costruire una buona comunicazione non è tanto questione di mettere un vestito ecologico e sociale alla comunicazione delle imprese, bensì di rispecchiare in ogni azione, in ogni prodotto, tutti i valori che l’azienda intende portare avanti col proprio lavoro.

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I dieci errori

Raccontiamo di seguito il decalogo di regole per il low-budget pubblicitario elaborato da Smarketing per indirizzare i propri clienti verso la comunicazione faidate. Più che di regole si parla di dieci errori comuni che vengono compiuti da chi, per scarso budget o per scarsa conoscenza, non può affidarsi a degli esperti per la propria comunicazioneSi parte dal Nome:Tutte le imprese hanno un nome, spesso però questo viene scelto senza riflettere sulle caratteristiche che dovrebbe avere per rimanere ben impresso nella mente dei clienti.È fondamentale scegliere un nome che sia facile da ricordare e che non somigli a quello dei concorrenti.Il nome deve possibilmente ricordare la tua azienda, i suoi valori e il tipo di prodotti che intende proporre. Il Naming (questo il suo nome tecnico) è un’operazione complessa che richiede molto tempo,ma che , se ben effettuata, pone le basi di una buona comunicazione.

Poiché la maggior parte della comunicazione delle imprese della Decrescita si trova su internet, anche la scelta della Url, dell’indirizzo del sito internet deve essere di facile memorizzazione.Un trucco è quello di sceglierne una che sia facilmente comunicabile a voce, senza sigle,trattini o caratteri stranieri dunque.

Il logo e l’immagine coordinata sono altri due elementi sui quali non è il caso di lesinare energie e tempo. Essi costituiscono il bigliettino da visita e l’imprinting che si intende lasciare ai nostri contatti.

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La loro elaborazione fondamentale per qualunque attività commerciale o culturale, è tanto più importante per chi non ha la forza delle grandi imprese.

Una volta creata la propria immagine è opportuno soffermarsi su quali saranno i mezzi attraverso i quali proporsi.Scegliere una combinazione di media deboli che lavorino in sinergia e si rinforzino l’un l’altro è una buona soluzione per mantenere costi bassi ed agire proprio li dove è più probabile incontrare i propri clienti.

Particolari attenzioni vanno dedicate alla cura dei contenuti e, in particolare, dei testi.Testi e slogan devono essere chiari, sintetici e vanno espressi un argomento per volta.

Lo stile, il linguaggio e i mezzi da usare vanno scelti in base al tipo di persona con cui si intende conversare. Lontani dalla logica del target, questo accorgimento consente però di parlare direttamente alle persone dalle quali vogliamo farci trovare.È importante fargli sapere che l’impresa esiste, risponde alle loro esigenze e indicare come fare a raggiungerla.

Avere, per necessità o per scelta, poco spazio pubblicitario a disposizione implicaun’altra importante scelta. Quella di non abbellire, decorare o creare confusione visiva inutile. L’immagine dell’impresa deve creare un’atmosfera psicologica serena.

Brevità, essenzialità e sintesi sono le tre qualità che assicurano un buon risultato.La semplicità senza un’adeguata coordinazione serve a poco.La coordinazione di tutti gli elementi della comunicazione, dalla grafica ai testi,ai canali impiegati permette di esprimere lo stile dell’impresa ed aiuta ad essere riconosciuti e ricordati, rafforzando la relazione con i propri clienti.

Per concludere:“in pubblicità meno vuoi spendere soldi, più devi spendere tempo per pensare, scegliere e decidere.Vale per tutti, ma specialmente per chi vuole (o deve) risparmiare sul media budget ed affida il successo della propria iniziativa alla qualità della comunicazione. Pensare a questo significa dedizione ed amore per il proprio mestiere.”1

1 Ivirgolettatieleinformazioniriportateinquestocapitolosonotrattedalsitowww.smarketing.it

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PROGETTO

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Applicativo web per consulenze Smarketing

Uno dei servizi offerti da Smarketing è quello delle consulenze.Durante le consulenze vengono esaminati i materiali cartacei e web prodotti per il progetto di comunicazione delle imprese. In più vengono dati dei suggerimenti su eventuali canali di distribuzione, fornitori di materiale per la comunicazione, pensiero creativo.Osservando le consulenze ho cercato di riproporre quest’esperienza anche sul web creando un applicativo che consenta di proporre la propria comunicazione come esempio per gli altri e come occasione per raccogliere suggerimenti.Dall’esperienza delle consulenze è emerso come un processo di confronto partecipato fra le imprese, grandi e piccole che siano, e i membri della rete Smarketing, induca le imprese ad avere nuovi stimoli per la costruzione della propria identità.Durante le consulenze si racconta la propria esperienza in maniera molto sincera e informale.Fattore che indubbiamente è dovuto, da un lato al trovarsi faccia a faccia con i propri interlocutori in un ambiente che è a loro congeniale (Falacosagiusta, Terra Futura), dall’altro lato al fatto che i loro interlocutori non sono agenzie pubblicitarie, ma una rete di professionisti che operano secondo i loro stessi principi.Uno dei problemi principali lamentati dai partecipanti alle consulenze è l’aver incontrato sulla loro strada pubblicitari che hanno dettato loro una linea di comunicazione senza interpellarli sulle loro reali esigenze e sui punti chiave da comunicare.

Di fatto, questi pubblicitari consegnano alle imprese un lavoro finito, difficilmente modificabile (spesso senza file matrice), e difficilmente gestibile (aggiornare un sito richiede costi continui e questo porta spesso all’abbandono).L’ambiente in cui si sono svolte le consulenze è sempre quello delle fiere in cui temi come sostenibilità e solidarietà sono fondamentali.La presenza di moltissime realtà etiche fa si che anche queste si incontrino e si intreccino fra di loro.E anche nel momento delle consulenze è avvenuto questo.Obiettivo principale di questo progetto è, dunque, quello di ristabilire questo tipo di contatto sul web, per poter allargare il bacino di utenza di Smarketing e quindi diffondere un modello nuovo di comunicazione.Dopo aver esaminato i componenti di un progetto di comunicazione, ho estrapolato i principali dividendoli in tre gruppi principali che sono i cardini fondamentali della triade identità/immagine/strategia che sta alla base di un buon progetto di comunicazione.Dopo una schermata introduttiva del progetto dove questi elementi vengono spiegati nell’ottica di Smarketing, si passa al cuore vero e proprio dell’applicativo.Da un lato si può decidere di accedere al form di caricamento di lavori.Per ogni elemento è possibile caricare immagini con didascalie o testi, creando così in maniera rapida, un portfolio del progetto di comunicazione.

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Dall’altro lato si può osservare la galleria dei lavori proposti ed analizzare anch’essi secondo il solito form di elementi.Un apposito form commenti serve per:comunicare apprezzamenti o critiche, comunicare consigli pratici su fornitori,contatti, punti di distribuzione.proporre collaborazioni.

Per il grafico di Smarketing è stata pensata la possibilità di dare consigli pratici lavorando direttamente sulla grafica, fornendogli degli strumenti di base per poter dare delle indicazioni su particolari cambiamenti da fare.

I risultati attesi da questo applicativo sono vari.Primo fra tutti vi è senza dubbio l’intenzione di creare uno spazio collettivo di discussione intorno al concetto di Comunicazione Etica, un ambito ancora troppo poco esplorato dalla ricerca e su cui tanto vi è ancora da dire.Il lavoro che le imprese della decrescita svolgono è di fondamentale importanza in un momento storico in cui il cambiamento di rotta verso pratiche produttive e sociali più sostenibili e solidali diventa urgente.Perchè ciò avvenga è necessario e basilare l’apporto di una comunicazione che valorizzi e rispecchi i valori che queste imprese portano avanti.

Fornendo alle imprese della decrescita uno strumento che abbia la funzione di laboratorio ma anche e soprattutto di base per l’apprendimento di alcuni semplici paradigmi di comunicazione, si vuole sfatare il mito della pubblicità madre di tutti gli inganni e invogliare queste persone a farsi avanti con i loro progetti e le loro idee.

Il confronto con gli altri, in questo spazio, non si limiterà al semplice giudizio degli elaborati, ma vorrà essere il fondamento di una rete attraverso la quale promuoversi, dalla quale attingere suggerimenti e consigli, rinnovando così con forza l’idea che un altro mondo è possibile.

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FlowChart applicativo

Home Smarketing

form con strumenti per upload lavori>breve introduzione

>form con spiegazione elementi

Singolo lavoro

Vedere lavori degli altri

Caricare grafica

Consulenze Online

Galleria lavori

blog?miniature?

form commenti

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Page 73: Progetto di Comunicazione Etica

Schema delle funzioni

FORMELEMENTI

TAVOLO DA LAVORO

COMMENTISTRUMENTI

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ATTIVITÀ

mi racconto

la comunico

mi propongo

definisco la mia identità

costruisco la mia immagine

pongo le basi per la mia strategia

chi sono

dove lo faccio

come lo faccio

cosa faccio

logo

impaginato

font

colori

cartaceo

packaging

social

web

fiere

esigenze strumenti obiettivi

Esigenze, strumenti e obiettivi implicati nella creazione di un progetto di comunicazione

ChiRaccontateci chi siete e come avete scelto il vostro nome.Come siete arrivati a lavorare nel vostro cam-po?

DoveDove si svolge la vostra attività e in che modo il luogo è legato ad essa?

CosaCosa offrite ai vostri futuri clienti?

ComeQuali sono i criteri secondo cui operate?

PerchéQuali sono le motivazioni che vi muovono ad agire in modo etico?

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LogoMostrateci il vostro logo e raccontateci come è nato. Vi soddisfa? Funziona?

ColoriI colori aziendali vi identificano immediatamente in mezzo agli altri.Scegliere dei colori che richiamino il vostro lavoro e la vostra provenien-za o gli scopi che vi prefiggete dà indicazioni chiare sulla vostra impresa.

FontChe tipo di font usate?Un buon uso dei font prevede l’utilizzo di un numero limitato di font, opportunamente calibrati per i titoli e per i testi.Usare font troppo elaborati o decorativi distoglie l’attenzione dal con-tenuto e noi,invece, vogliamo che questo sia chiaro e prefettamente leggibile,vero?

ImpaginatoLa chiarezza passa anche dalla giusta disposizione dei vostri testi e delle vostre immagini.Un’impaginazione pulita e ariosa creerà un ambiente confortevole dove ospitare i vostri futuri contatti.

CartaceoLa scelta dei materiali sui cui riprodurre la vostra comunicazione è im-portante e da valore al vostro progetto.Una carta riciclata o un utilizzo creativo di materiali come stoffa o cartoni restituiranno al tatto una nuova sensibilità e faranno risaltare il vostro progetto grafico.Raccontateci i materiali che avete usato.

WebIl vostro sito è il posto dove più facilmente la gente vi verrà a cercare.Dev’essere accogliente e chiaro nele sue sezioni.Dovrete fornire le informazioni per raggiungervi ma, anche raccontare il vostro lavoro giorno per giorno.

SocialI social network sono un modo immediato per entrare in contatto con voi. Quali usate? Come li gestite?Se il vostro pubblico usa i social network è opportuno che si dedichi il giusto tempo agli aggiornamenti e alla cura dei contatti.

PackagingSe il vostro prodotto prevede una confezione, studiatene una che sia originale e creativa, utilizzando materiali riciclati, magari dal vostro stesso lavoro.

FiereUno dei punti d’incontro fondamentali per le piccole attività sono le fiere.Il vostro stand deve parlare di voi con i materiali, la disposizione e la presenza di materiale informativo.

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Screenshot

Consulenze online

L’esperienza delle consulenze sviluppatasi durante fiere come Falacosagiusta e Terrafutura, ci ha portato ad espandere l’esperimento anche sul web.

Offriamo una piazza virtuale che sia luogo di confronto per verificare ed eventualmente correggere la vostra comunicazione.

Il form sulla destra espone i criteri che abbiamo selezionato, cliccando su ognuno troverete la spiegazione che vi sarà utile sia per proporre i vostri lavori che per esprimere le vostre opinioni.

Speriamo in questo modo di offrirvi un ulteriore passo verso la comunicazione fai da te.Buon lavoro!

Racconto

Comunico

Utilizzo

›chi

›dove

›cosa

›come

›perchè

›logo

›colori

›font

›impaginato

›cartaceo

›web ›social

›packaging

›fiere

Proponi il tuo lavoro

Esplora

Homepage applicativo con il form elementi e realtiva spiegazione76

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Consulenze online

L’esperienza delle consulenze sviluppatasi durante fiere come Falacosagiusta e Terrafutura, ci ha portato ad espandere l’esperimento anche sul web.

Offriamo una piazza virtuale che sia luogo di confronto per verificare ed eventualmente correggere la vostra comunicazione.

Il form sulla destra espone i criteri che abbiamo selezionato, cliccando su ognuno troverete la spiegazione che vi sarà utile sia per proporre i vostri lavori che per esprimere le vostre opinioni.

Speriamo in questo modo di offrirvi un ulteriore passo verso la comunicazione fai da te.Buon lavoro!

I colori aziendali vi identificano immediatamente in mezzo agli altri.Scegliere dei colori che richiamino il vostro lavoro e la vostra provenienza o gli scopi che vi prefiggete dà indicazioni chiare sulla vostra impresa.

Racconto

Comunico

Utilizzo

›chi

›dove

›cosa

›perchè

›come

›logo

›social ›web

›cartaceo

›impaginato

›font

›colori

›fiere

›packaging

Proponi il tuo lavoro

Esplora

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Page 78: Progetto di Comunicazione Etica

Racconto ›chi ›dove ›cosa ›come ›perchè

Comunico ›logo ›colori ›font ›impaginato

Utilizzo ›Cartaceo ›Web ›Social ›Packaging ›Fiere

inserisci una didascalia per i tuoi lavori

tavolo da lavoro

inserisci untesto

inserisci immagini

T

Screenshot

Form per uploadprogetti78

Page 79: Progetto di Comunicazione Etica

Commenti

tavolo da lavoro

La pelle che usiamo viene da allevamenti spagnoli; è lavata solo con zolfo e calcio, poi conciata con estratti di mimosa e lossoterigio.

La pelle viene strizzata meccanicamente con rulli, impermeabilizzata con olio d’oliva e grassi naturali, ammorbidita in botti con acqua e sassi.

Il risultato non è solo una pelle più bella esteticamente, è anche più traspirante, più salubre e più compatibile con molte problematiche della pelle del piede.

La pelle non animale in microfibra Lorica è invece dedicata a chi vuole scarpe vegetariane. È la soluzione meno impattante e più sana tra quelle offerte dall’attuale tecnologia.

Racconto

Comunico

Utilizzo

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suggerisci unlink

›chi

›dove

›cosa

›perchè

›come

›logo

›social

›web

›cartaceo

›impaginato

›font

›colori

›fiere

›packaging

Form per commenti.Inserimento testi 79

Page 80: Progetto di Comunicazione Etica

Galleria lavori

Clicca su un progetto per vedere la comunicazione delle aziende.Per commenti e suggerimenti ispirati al form degli elementi.

Screenshot

Schermata introduzione gallery lavori80

Page 81: Progetto di Comunicazione Etica

Commenti

tavolo da lavoro

questa è la prima versione del nostro logo,un po’ troppo artigianale

questo è il nostro logo attuale, richiama la morbidezza della pelle che usiamo per le nostre scarpe.

Racconto

Comunico

Utilizzo

tagga e commenta

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›chi

›dove

›cosa

›perchè

›come

›logo

›social

›web

›cartaceo

›impaginato

›font

›colori

›fiere

›packaging

Form per commenti.Inserimento immagini 81

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Page 83: Progetto di Comunicazione Etica

-A.Abruzzese,Lessicodellacomunicazione,Meltemi,Roma,2003

-ApelK.O.,EticadellaComunicazione,JacaBook,Milano,1992

-BarbierE.,MarkandiaA.,PearceD.,Progettoperun’economiaverde,IlMulino,Milano,1989

-L.BassateG.Livraghi,Ilnuovolibrodellapubblicità-Isegretidelmestiere,IlSole24ore,2005

-Z.Bauman.L’eticainunmondodiconsumatori,LaterzaRoma-Bari2010

-BleischwitzR.eHennickeP.,L’economialeggera,EdizioniAmbiente,Milano,2005

-V.Codeluppi,Lapubblicità-Guidaallaletturadeimessaggi,FrancoAn-geli,Milano,1997

-A.Fabris(acuradi),GuidaalleetichedellaComunicazione-Ricerche,documenti,codici,EdizioniETS,Pisa,2004

-G.Fabris,Lapubblicità-TeorieePrassi,FrancoAngeli,Milano,1997

-M.Ferraresi,Illinguaggiodellamarca,Caroccieditore,Roma,2008

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BIBLIOGRAFIA

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www.emergency.it/

www.slowfood.it/

www.altromercato.it/

www.smarketing.it/

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RINGRAZIAMENTI

Sarò sempre grata agli amici e agli incontri fatti durante questi anni di università.

Alle città che mi hanno cresciuta,ospitata, fatta innamorare.

Alle finestre sempre ben aperte.

Alla musica.

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