prolusione del cardinale bagnasco, presidente della cei (2013)

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  • 7/29/2019 Prolusione del Cardinale Bagnasco, presidente della CEI (2013)

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    Conferenza Episcopale ItalianaCONSIGLIO PERMANENTERoma, 28 - 31 gennaio 2013

    PROLUSIONE

    DEL CARDINALE PRESIDENTE

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    Venerati e Cari Confratelli,

    ci incontriamo allinizio di un nuovo anno, che immaginiamo cruciale, riconoscendolofin dora quale tempo di Dio, tempo speciale in cui Egli ci parla e ci conferma la sua volontdi salvezza verso tutti gli uomini. Il Vescovo, infatti, devessere preso dallinquietudine di

    Dio per gli uomini. Deve, per cos dire, pensare e agire insieme con Dio. [] Linquietudinedelluomo verso Dio e, a partire da essa, linquietudine di Dio verso luomo devono non dar

    pace al Vescovo (Benedetto XVI, Omelia per la Solennit dellEpifania, 6 gennaio 2013).Presi dentro da questa inquietudine, siamo gi in speciale pellegrinaggio ad liminaapostolorum, toccando infatti allepiscopato italiano compiere il gesto canonicamente

    prescritto, e compierlo per un dono della Provvidenza di Dio proprio nellAnno dellaFede. Sappiamo che si tratta di un incontro di carattere unico, di un distinto evento di Chiesa,che tocca in modo singolare ciascuno di noi, perch non abbiamo a trovarci a nostra volta nelrischio di correre o aver corso invano (Gal2,2). Fin dora, ringraziamo Benedetto XVI perlaccoglienza che ci accorda, e lo ringraziamo in particolare come Vescovi dItalia peraver voluto di recente dichiarare venerabile il Papa Paolo VI: il riconoscimento delle sue virteroiche esemplifica in modo eminente che lautorit episcopale o si sostanzia dellatestimonianza evangelica o difficilmente parla al mondo doggi.

    1. Siamo ancora avvolti dallala del Natale, mistero di sconfinata delicatezza e insieme divigorosa scossa: Abbiamo veramente posto per Dio, quando Egli cerca di entrare innoi? Abbiamo tempo e spazio per Lui? [] La questione che riguarda Lui non sembramai urgente. Il nostro tempo gi completamente riempito. Ma le cose vanno ancora

    pi in profondit. Dio ha veramente un posto nel nostro pensiero? (Benedetto VI,Omelia della Messa di Mezzanotte, 24 dicembre 2012). Non una domanda che ci

    poniamo di passaggio, essa ha ruolo centrale e definitivo nella nostra esistenza: quantoil recente Natale ci ha spinto a purificare il nostro sguardo, a riconsiderare le nostre

    priorit, a scuotere stanchezze, ad affinare i nostri pensieri sulla verit di Cristo?Nellaula del Sinodo esperienza di Pentecoste risuonata dallintero Orbe cheanche nellirrinunciabile compito di annunciare il Vangelo, prima di ogni altraconsiderazione, Lui che dobbiamo guardare sempre di nuovo; Lui, la lieta notizia elannunciatore primo, la verit e il maestro, il seme e il seminatore. Fa parte del

    diventare cristiani luscire dallambito di ci che tutti pensano e vogliono, dai criteridominanti, per entrare nella luce della verit del nostro essere e, con questa luce,raggiungere la vita giusta (J. Ratzinger-Benedetto XVI, Linfanzia di Ges, Rizzoli-Editrice Vaticana 2012, pag. 80). In Ges vi , infatti, il segreto di ogni metodo e diogni vera efficacia: Lui, Ges, la Luce vera che viene nel mondo, il Figlio del Diovivente, il Rivelatore del Dio invisibile, il Prototipo dellumanit, il Centro della storiae del mondo, la Meta del nostro cammino, il compagno di strada, lAmicoindefettibile, il Sostegno sorprendente, il Conforto risanatore, la Speranza affidabile,Egli la nostra ineffabile gioia! S, bench nessuno possa negare che siamo dentro aun travaglio storico delicatissimo e intricato, noi sappiamo di poterci affidare alla

    gioia. Una gioia che reinterpreta e ricolloca le angosce, gioia che spoglia le apparenzee aiuta a riconoscere la vera consistenza dei virgulti positivi che il nostro tempo

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    genera. Gioia che non solo un sentimento, una fragile emozione: una Persona. Lui tutta la nostra gioia, nel senso che le ricapitola tutte, condensandole in S. No, non

    finiremmo mai di parlare di Ges. E se anche stasera o domani, nellopinione pubblicaecheggeranno solo alcune delle nostre parole, e non precisamente queste forse

    perch ritenute ovvie, di maniera, persino scontate , si sappia per che questo, Ges Cristo che noi vogliamo porgere, il Suo nome far risuonare. Non vero che a noiinteressa far politica, noi vogliamo dire Ges. Uomini e donne che ci ascoltate,qualunque sia la vostra interiore convinzione, noi Pastori abbiamo da dirvi una parolaantica che si affida alla nostra povera voce, ma che fa eco a quella poderosa dei secoli:lInfinito fatto bambino, entrato nella nostra umanit (Benedetto XVI, MessaggioUrbi et Orbi, 25 dicembre 2012), cio ha fatto qualcosa di non immaginabile, hacompiuto limpossibile, e comunque qualcosa che va al di l dellumanacomprensione. Eppure, questa Onnipotenza damore ha scelto di non imporsi allanostra libert, ma solo di offrirsi. Egli non vuole entrare nel mio cuore se non apro io

    la porta (ib). S, Porta fidei, ci che cercheremo di sperimentare in questanno digrazia, sperimentare nella gioia (cfr Paolo VI, Gaudete in Domino, 1975)! C unadiffusa mestizia, che si tenta di attenuare con il chiasso e il rumore, ma Lui inesorabile nel suo amore sta alla porta e bussa (cfr Ap 3,20), e ognuno devedecidere se aprirgli, deve soppesare la convenienza anche umana del credere in Lui:Potremmo rimanere spaventati, davanti a questa nostra onnipotenza alla rovescia.Questo potere delluomo di chiudersi a Dio (Messaggio cit.). Abituati a trattare conun altro genere di prodigi della scienza e della tecnica o con un altro tipo di poteri

    politici o giudiziari potremmo forse non cogliere subito lassoluta novit di questo

    impareggiabile Prodigio, di questa ineguagliabile Onnipotenza. Lignoranza praticacirca la fede (Benedetto XVI,Discorso ai Vescovi francesi, 30 novembre 2012) troppospesso ci ottunde e deva. Attenzione, per; chinandosi, Dio ci provoca, ci sfidaamorevolmente a cogliere il vuoto diffuso attorno a noi e dentro di noi, ma proprioa partire da questo deserto, da questo vuoto che possiamo nuovamente scoprire lagioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne (Benedetto XVI,Omelia per lApertura dellAnno della Fede, 11 ottobre 2012). Un germoglio dieternit possiamo impiantare nellumana gestazione della vita, scenario impensabile,soprassalto di orgoglio: un Miracolo quello che abbiamo tenuto tra le mani a Natale,miracolo che ora dobbiamo vivere perch fiorisca il deserto.

    2. I fronti di crisi che pi ci sgomentano, allinizio di questo anno che ancora una volta ilPapa ha voluto inaugurare nel segno della Pace, sono le situazioni di persecuzione incui si trovano i cristiani, situazioni che in buona parte coincidono con i conflitti apertiin diverse nazioni, ma in parte si sviluppano anche l dove apparentemente nondovrebbero esserci motivi di tensione. Oltre ai luoghi ormai noti, emergono in Asianazionalismi razziali che suscitano periodicamente furori intolleranti sotto gli occhidistratti dellOccidente, che proclama s i diritti umani ma poi sembra volerli applicare

    ed esigere con pesi e misure diverse. Bisogna aggiungere le frontiere incresciosedellAfrica: Nigeria, Kenya, Repubblica Democratica del Congo, Mali, in cui le

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    ragioni degli attacchi si mescolano e i motivi pubblici delle violenze sembrano voleridentificare il cristianesimo con il mondo occidentale. Eppure il Vangelo, ovunque siincultura, si fa costantemente accompagnare da esperienze di soccorso alle

    popolazioni, spesso le uniche riscontrabili in loco. Poi ci sono le migrazioni etnichebasate sempre sul fattore religioso, per cui i cittadini che professano il cristianesimo religione che magari storicamente la pi radicata in quellambito geografico debbono andarsene lasciando tutto quello di cui era fatta la loro esistenza, e ci pernon abiurare la fede. Dietro i sommovimenti avvenuti di recente nel Nord Africa,emergono inquietanti tentativi di ulteriore discriminazione, e in troppi Paesi ai cristianinon consentito alcun segno di appartenenza religiosa, salvo mimetizzarsi,nascondersi, dislocarsi. Gli esperti parlano complessivamente di oltre centomilacristiani delle varie confessioni uccisi nel 2012. Una cifra spaventosa, che non pulasciar indifferente nessuno singoli e istituzioni tanto meno in nome di interessieconomici e politici. Quanti soffrono e muoiono per Cristo lo fanno anche per noi, e

    noi li sentiamo nostri fratelli nonostante qualsiasi distanza. Nelleconomia misteriosaattraverso cui si intesse concretamente il regno di Dio sulla terra, la comunione conqueste situazioni di martirio che d verit e vigore al nostro lavoro pastorale,impegnato oggi nella rievangelizzazione delle terre che hanno da tempo conosciuto ilVangelo. Se le nostre parrocchie tenessero viva, anzi alimentassero, una sistematicamemoria dei fratelli che nel mondo sono perseguitati, anche la locale vitalit della fedene sarebbe rimotivata. Chi infatti, se non costoro, possono darci ragioni e convinzionidi slancio autentico?

    Nel contempo, non abbandoniamo mai la preoccupazione per il problema della fame

    nel mondo e limpegno per gli aiuti da prestare alle varie regioni. La crisi alimentare, agiudizio del Papa, ben pi grave di quella finanziaria (Messaggio per la 46a Giornatadella pace, n. 5). Ci sono le istituzioni preposte, ma c innanzitutto la solidariet che maideve venir meno, a livello pratico e anche a livello culturale. Benedetto XVI ha di recentevoluto valorizzare la formula cooperativistica quale strumento efficace per combatterestrutturalmente la fame. Dare impulso al lavoro autoctono e specialmente agricolo unmodo per consentire agli agricoltori e alle popolazioni rurali di intervenire nei momentidecisionali e insieme uno strumento efficace per realizzare quello sviluppo integrale di cui la

    persona fondamento e fine (Messaggio per la Giornata dellAlimentazione, 16 ottobre

    2012). Una circostanza questa che ci induce ad esprimere, per assonanza, vero stupore per unaspecie di improvvisa incomprensione che ha colpito il settore delleconomia sociale: proprioda noi, che storicamente siamo stati tra i primi a sperimentarla e abbiamo cos tante ragioniconcrete per stimarla. Nutrire pi rispetto per leconomia sociale e civile, e per le sueesperienze pi tipiche in quello che chiamato il Terzo settore, condizione per continuare adisporre del cespite di uneconomia prossima a tutti e certamente propizia per la collettivit.

    3. Ma c unaltra emergenza che il Natale, con il suo realismo crudo e implacabile, hamesso sotto gli occhi di chi vuol vedere: la condizione di indigenza che si va

    obiettivamente allargando, e sta intaccando segmenti di societ in cui prima erasostanzialmente marginale. I dati vengono monitorati da varie agenzie, le quali oggi

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    convergono nellassegnare uno spessore crescente al fenomeno. A nessuno deve farcomodo esagerare in termini catastrofici, ma occorre per che il Paese non esorcizzi larealt. Gli schemi sociali classici sono saltati e non si ripristineranno automaticamente.Scongiurato il baratro, il momento decisivo e irrimandabile del rilancio. La ripresa,quando ci sar e segnali di speranza, grazie a Dio, cominciano ad affacciarsi nonsar tale purtroppo da porre rimedio da sola alle emergenze nel frattempo scoperte. il sistema che va posto in discussione il meccanismo consumi-spesa-debito pubblico

    (cfr. Messaggio per la 46a Giornata Mondiale della Pace, n. 5) abbandonando lalogica delle illusioni che ha fatalmente mostrato la propria assoluta inadeguatezzamorale e pratica. C da rivoluzionare il modello grazie al supporto di un pensieronuovo, fermamente convinti che il lavoro definitorio dellumano: esso, infatti, lanobile partecipazione delluomo allopera del Creatore, consente il dignitososostentamento, contribuisce alla costruzione della societ, esprime le potenzialit diciascuno nellarmonia generale, genera futuro per tutti. Giustamente da pi parti si

    evidenzia la nuova rilevanza che ha acquisito la questione sociale in Italia e in Europa,per gli esiti di emarginazione che sta creando. Noi, per la prossimit che ci data conla vita reale della gente, non possiamo che confermarlo con crescente allarme esoprattutto con cuore afflitto: La giustizia chiede di superare lo squilibrio tra chi ha ilsuperfluo e chi manca del necessario (Benedetto XVI, Discorso allAngelus, 16dicembre 2012). E tra quanto pi necessario proprio il lavoro, bene prioritario,anche nei periodi di recessione economica (Benedetto XVI, Discorso a Justitia et

    Pax, 3 dicembre 2012). La disoccupazione giovanile , per ora, una sorta di epidemiache non trova argini, mentre ci si chiede se le iniziative legislative che si sono finora

    succedute abbiano determinato sollievo o aggravamento. Bisogna che le competenzemigliori cooperino in uno sforzo solidale e cos ogni istituzione, affinch si possavedere e toccare il rilancio delloccupazione e delleconomia; rilancio per il quale lagente ha accettato sacrifici anche pesanti. Tanto patrimonio di responsabilit e rigore,di dignit e adattamento, non pu andare sprecato per colpa di alcuno sarebbe uninsulto e invece si deve cominciare a vederne i frutti. Non pu essere il capitaleumano quello che per primo viene messo in discussione quando unindustria insofferenza; se approdata ad alti livelli grazie al lavoro e allapporto delle diversemaestranze, ed ingiusto che proprio queste, per prime, vengano messe alla porta.Vorremmo incoraggiare e sostenere quanti, nei diversi ruoli, vanno per il mondo adassicurare credibilit e aprire nuovi sportelli di mercato. Vediamo lavoratori che sistringono di pi gli uni agli altri, che cercano di appoggiarsi reciprocamente in modogeneroso e intelligente. Vediamo famiglie che solidarizzano, condividendo economie erisorse, scambiando tempo e servizi. Vediamo giovani non sono per noi i nuoviinvisibili non disposti ad arrendersi. A loro siamo particolarmente vicini in ognimomento di disillusione, ma anche in ogni tentativo che conducono: in ognicurriculum che inviano, ad ogni porta a cui bussano, siamo con loro per appoggiare laloro tenacia. Nel frattempo tuttavia bisogna che il sistema sappia migliorare le

    prestazioni e innovare nel senso della sostenibilit, della ricerca, della sicurezza.

    Bisogna affinare le eccellenze, sveltire i processi, alleggerire la macchina burocratica,valorizzare continuamente la creativit e linventiva. E bisogna abbandonare la logica

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    dellessere contro a prescindere, atteggiamento che appare come unoffesaallintelligenza e alla seriet delle questioni. La logica del sospetto ideologico generadivisioni artificiose, contraccolpi indesiderati, ritorsioni a loro volta superficiali edolorose. Servitori di Ges Cristo, noi Vescovi vorremmo annunciare oggi, con

    particolare persuasione, il vangelo del lavoro. Ges ha investito almeno due decennidella sua vita nel laboratorio di Giuseppe, ha conosciuto la fatica del lavoro, lha

    praticata senza sconti o fughe. Anche in quel lungo tratto della sua esistenza, Egliubbidiva al Padre e aveva un programma da indicare a noi.

    Una parola, in questo contesto del welfare, vorremmo dirla a proposito della sanit: dauna parte per condannare gli imbrogli, i maneggi, le astuzie che si consumano in un settore adaltissima vocazione altruistica, dallaltra per prendere le distanze da logiche irrazionalmente

    pretenziose e talora esclusivamente campanilistiche. Dobbiamo allargare lo sguardo.Chiediamo tuttavia che la politica dei tagli sia compensata e guidata dal criterio che al centrovi sia sempre la persona del paziente: quale che sia la sua et e condizione, va prioritariamentesalvaguardata. Per questo ci sono specialit, competenze e ricerche che vanno strategicamente

    preservate. Non ci devono essere privilegi, ma neppure visioni ristrette o punitive.

    Unaltra parola, molto convinta, intendiamo riservarla alle popolazioni del Meridione,non da oggi vessate dalla malavita, i cui tentacoli ormai si allargano allintero Paese.Dobbiamo vigilare, resistere, incoraggiare, denunciare, bonificare e recuperare: tutto in unachiave di educazione e promozione umana che inseparabile dallevangelizzazione.

    4. Queste problematiche sociali, in certa misura antiche ma anche inedite, hanno oggi

    una spigolosit che non lascia certo indifferente la nostra Chiesa, la quale per la suaparte intende rispondervi rinnovando profondamente se stessa e la propria presenza sulterritorio, anzitutto grazie ad un profilo pi missionario delle parrocchie: Ilmessaggio cristiano viene seminato e si radica efficacemente l dove vissuto inmodo autentico ed eloquente da una comunit (Benedetto XVI, MessaggioallAssemblea del CCEE, 8 ottobre 2012). La riduzione del clero non pu coinciderecon laffievolirsi di tali presidi pastorali, anzi semmai il tenerli ancor pi aperti,attenti e prossimi alle persone che pu configurare una fondamentale risposta allasfida della nuova evangelizzazione. noto quello che viene messo in campo dalle

    nostre Diocesi per rispondere allappello dei bisognosi. In tal senso, la sensibilit e lareperibilit, riscattate da pragmatismi farraginosi e connotate da amicizia econdivisione, diventano caratteristiche irrinunciabili della carit evangelica. Ma oltreal territorio, questopera va meglio coniugata con la pastorale degli ambienti, in vistadi un accreditamento reciproco e unintegrazione pi consapevole ed esplicita con la

    presenza dei movimenti e delle aggregazioni, come con proposte che per natura lorosono sovra-parrocchiali. Si pensi alle GMG o ai pellegrinaggi. Una pastorale integrata,dunque, che ponga il proprio baricentro nellEucarestia, e da l si moduli senzaisolazionismi, mirando a ciascun soggetto e ciascun ambito, finanche ai crocicchi delle

    strade. Ma mentre attiviamo una migliore creativit (cfr. Benedetto XVI, Omelia perla conclusione del Sinodo, 28 ottobre 2012), dobbiamo sempre ricordare che non il

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    nostro fare pi o meno esasperato che compie il miracolo della fede, bens ilconsentire attraverso di noi il fare del Signore, il non ostacolarlo e anzi favorire la suaattrattivit. Lui fa nascere figli di Abramo dalle pietre (cfrLc 3,8), Lui dobbiamocollocare sempre pi al cuore della nostra attivit e delle nostre relazioni, Luiriconoscere come il senso vero di ogni iniziativa catechetica e di ogni sforzo perrinnovarla, Lui soprattutto la Presenza palpitante di una liturgia meno pragmatica esciattamente didascalica, perch meglio capace di far incontrare il Signore, non noi. nella cura ai sacramenti, a partire da quelli delliniziazione cristiana, che parrocchie ediocesi mettono in gioco il permanere della loro cattolicit. Non abbiamo un prodottoda imporre come ci avvertiva il Messaggio finale del Sinodo ma una Persona, una

    presenza, unamicizia che cambia la vita. In questo senso la testimonianza e sono itestimoni coloro che concretamente fanno la nuova evangelizzazione. Qui si insinua ladinamica di una nuova devotio di cui pure s parlato, che deve spingerci a ritrovare,nella post-modernit, quei modi e quelle occasioni atte a parlare al cuore. Cercando di

    arrestare ogni processo di involontaria auto-secolarizzazione, le nostre comunitdevono rispondere alla nostalgia di Dio, senza porre in alternativa ci che essenzialecon il clima necessario alla piet, al senso di stupore, allinteriorizzazione. Se si impoverito il lessico della fede ed stato eroso il linguaggio che teneva viva larelazione con Dio, bisogna far s che il tempo della nuova evangelizzazione coincidacon la riscoperta dellidentit cristiana e della sequela personale del Signore. C unatiepidezza che discredita il cristianesimo, osservava il Papa: La fede deve divenire innoi fiamma dellamore [] la verit diventi in me carit e la carit accenda comefuoco anche laltro. Solo in questo accendere laltro attraverso la nostra carit, cresce

    realmente levangelizzazione, la presenza del Vangelo, che non pi solo parola, marealt vissuta (Meditazione alla 1a Congregazione generale del Sinodo, 8 ottobre2012).

    5. Sotto il peso della congiuntura, il popolo italiano si mostrato ancora una volta solido:nella capacit di dedizione e di sacrificio ha rivelato forza di tenuta e di speranza. Manessuno silluda o cerchi spiegazioni ideologiche e parziali: se ci accaduto, primache ai risparmi, alle autoriduzioni, alla revisione di stili di vita, ci dovuto al naturalee insostituibile moltiplicatore di ogni pi piccola risorsa: la famiglia. il suo

    patrimonio di amore, di sostegno e di legami virtuosi, che permette ad ognuno dimantenere quellinvisibile e incomparabile capitale di autostima e fiducia che nessunaricchezza materiale pu comprare, e senza del quale le difficolt diventano massischiaccianti. Neppure possiamo dimenticare che a livello pubblico hannorappresentazione la volatilit degli indicatori economici, la gracilit della sicurezzaeconomico-sociale, limprovvisa friabilit dei nostri argini di garanzia, limperiositdelle disposizioni europee. comprensibile dunque un certo senso di smarrimento.Azioni importanti nellultimo periodo sono state fatte per recuperare affidabilit eautorevolezza, a prezzo anche di pesanti sacrifici non sempre proporzionatamente

    distribuiti. Il Paese ha tenuto duro, avvertendo intuitivamente che stava facendo quelloche bisognava fare. Resta ora da saldare in modo anche visibile la disponibilit della

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    gente con il costume pubblico e politico. Non c un rigore istituzionale degno diquesto nome se non ci sono formazioni politiche che lo assumono su di s, lointerpretano con scrupolo, ciascuna con le proprie sensibilit, ma alla fine su di essosostanzialmente convergono. Si respira uno sbilanciamento tra il desiderio popolare diuscire dal tunnel e ci che viene messo in campo perch limpresa riesca graziealliniziativa dei pubblici poteri. Di qui la percezione di un Paese perennementeincompiuto, che costa molto a se stesso ma non riesce ad ottenere i risultati che merita.Sistema non riformabile?, ci si chiede. Dipende dalla capacit della classe politicacomplessivamente intesa di sfidare i propri vizi storici, mettendo con ci in riga anchei comportamenti popolari che resistono al cambiamento, come il costumedellevasione fiscale o quello delle scorciatoie. Ma finch non si dimostrer vincentela logica del merito, dellobiettivit, del non-familismo, sar difficile confidare. Finchla lotta allevasione non produrr risultati in cifre consistenti, e queste entrate nonserviranno per abbattere la tassazione generale, difficile dar credito alle promesse. Il

    precipitare della legislatura verso una prematura conclusione sembra aver risvegliato,nel panorama politico, una agilit e prontezza sorprendenti. C un professionismoesibito nelle fasi elettorali che palesemente contrasta con la flemma e la sciatteriadimostrate talvolta in altri frangenti, come se si volesse stare a guardare lo svolgersidegli eventi, pronti ad appropriarsi dei meriti ma non a condividere i pesi, pronti acogliere loccasione opportuna. Opportuna per chi? Forse per il Paese? La Chiesanon pu e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare lasociet pi giusta possibile: queste parole normative di Benedetto XVI, espresse nellasua prima enciclica Deus caritas est, al n. 28, sono il binario a cui strettamente ci

    atteniamo. Ma se la Chiesa non chiamata a caricare immediatamente su di s ilcompito politico, non pu e non deve neanche restare ai margini nella lotta per lagiustizia (ib). Per questo, a quanti sono in campo osa oggi richiedere parole chiarecirca le proprie personali intenzioni, e alle formazioni politiche limpegno su

    programmi espliciti, non infarciti di ambiguit lessicali e tattiche. Il Paese sano stanco di populismi e reticenze di qualunque provenienza e comunque vestiti. Leriforme domani saranno realizzate solo se oggi non si fanno promesse incaute econtraddittorie. Gli italiani, a quel che comprendiamo, non chiedono limpossibile,esigono piuttosto che nessuno dei sacrifici compiuti vada deviato o perduto. E che a

    partire da questi sacrifici si allestisca lintelaiatura di una ripresa concreta, diffusa,equa. Ma un simile obiettivo, insieme morale e politico, concretamente sperabile senon manca ora la capacit di autocritica, labbandono di ogni automatico addebito adaltri, la determinazione di non raggirare domani gli impegni assunti con lelettoratooggi. La gente vuole che la politica cessi di essere una via indecorosa perlarricchimento personale. Per questo simpone un potere disciplinare affidabile e unaregolazione rigorosa affinch il malcostume della corruzione sia sventato, tenendoconto per che a poco servono le necessarie leggi se le coscienze continuano arespirare una cultura che esalta il successo e la ricchezza facile, anzich lonore deldovere compiuto.

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    6. Il prossimo vaglio elettorale ci render pi o meno poveri? Ecco un modo, a nostroavviso non banale, per affrontare le scadenze allorizzonte. Va da s che qui stiamo

    parlando di indigenza o di benessere secondo il prevalente profilo antropologico. Se sacrosanto il ciclico appello al popolo, affinch in coscienza e responsabilit questidecida sulla strada da percorrere e sulla classe dirigente a cui per un tratto affidarsi, aci corrisponde il diritto-dovere di ogni cittadino alla convinta partecipazione alla vitacivile e politica del Paese. Per questo merita superare allergie e insoddisfazioni, anche

    profonde: la diserzione dalle urne un segnale di cortissimo respiro. Non bisognacedere alla delusione, tanto meno alla ritorsione: non sarebbe saggio e, soprattutto,sarebbe dannoso per la democrazia. Partecipare dovere irrevocabile, specie se si

    pretende di inserire questa prossima scelta in un quadro pi maturo che coinvolga neidebiti modi lintera vita civile. Tornano qui provvidenziali le elaborazioni sulla societche a pi riprese sono state condotte dalle nostre Settimane Sociali: guardare consufficienza, o peggio ironizzare sullafasia dei cattolici e dei Pastori, quanto meno

    ingiusto come stato anche recentemente riconosciuto. La dottrina sociale cristiana hauna sua precipua originalit rispetto al collettivismo sedicente progressista e alliberismo falsamente egualitario.

    certamente riconosciuto dalla coscienza in generale lesigenza di esprimere ilproprio voto liberamente, cio svincolato da suggestioni e da pressioni spesso veicolate daminoranze che hanno labilit di non apparire tali. La biopolitica oramai una frontieraimmancabile di qualsiasi programma. Francia, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti, per limitarcia questi soli Paesi, ci dicono che non si pu far finta di accantonare i problemi quando sonosemplicemente nodali nelle societ post-moderne. Parlare di vita, salute, malattia, stati

    cosiddetti vegetativi, dolore, previsione infausta, medicina palliativa, invasivit dellediagnosi, disabilit, rapporto medico-ammalato, ma anche di medicina e bilancio dello Stato,obiezione di coscienza, politica dei trapianti significa affrontare temi cruciali che talisaranno sempre di pi. Insieme a quello scandaloso per le evidenze che vorrebbe ignorare dellaborto, della maternit surrogata, delleutanasia attiva o passiva. Andando sul concreto,quanti aborti e quanti tentazioni eutanasiche si verificano a motivo del primato economicista?

    Non ha senso nascondere gli argomenti, riconoscendo invece cittadinanza elettorale soloalleconomia, in quanto fenomeno che obiettivamente brucia. Si parla ovunque di biopoliticae di biodiritto; perch non concepire anche leconomia come bioeconomia? Linee di

    compromesso, o peggio di baratto tra economia ed etica della vita, a scapito della seconda,sarebbero gravi. Senza il primato antropologico non solo la finanza e leconomia sarebberooppressive perch ridurrebbero la persona in termini di costi e ricavi, ma anche lo statosociale nascerebbe su basi anguste e riduttive.

    N ci si pu illudere di neutralizzare in partenza il dibattito, acquisendo allinternodelle varie formazioni orientamenti cos diversi da annullare potenzialmente le posizioni, o

    prevedere al massimo il ricorso pur apprezzabile allobiezione di coscienza. Viene quispontanea una analogia con la famiglia: come questa ha un volto, unidentit fatta dal suomodo di ragionare, di amare e di agire, cos della societ e dello Stato se vogliono essere

    una comunit, e non solo un agglomerato di interessi o istanze particolari. In questa secondaipotesi, lo Stato potr solo cercare di tenere a bada gli appetiti contrastanti dei singoli

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    soggetti o parti, allergici ad un progetto di bene comune. Il suo massimo merito sarebbe inquesto caso di bilanciare non di costruire. Ma la famiglia riferimento principaledellanalogia non questo! La famiglia una scelta damore che in un progetto comune diventa patto tra un uomo e una donna nel matrimonio.

    Similmente, anche la societ deve avere alla base un progetto di bene comune,altrimenti cadr fatalmente in balia di pressioni o interessi contrastanti, dove sar ascoltato edesaudito chi fa la voce pi forte e insistente. Ora, alla radice del bene comune troviamo lerealt primarie della vita, della famiglia e della libert, che si intrecciano e si richiamanouniversalmente perch sono valori fondativi e quindi irrinunciabili dellumano. Si potrebbedire che linviolabilit della vita il principio, la famiglia ne il grembo sorgivo, la libert lacondizione prima di sviluppo. Tutto il resto viene di conseguenza. Quando la Chiesa siinteressa dellinizio e della fine della vita, lo fa anche per salvaguardare il durante, perchci che le sta a cuore tutto luomo, la cui dignit non a corrente alternata. Sviluppando la

    precedente metafora, nella famiglia nasce la vita, viene accudita con amore e dedizione,fedelt e gioia, tanto pi quanto essa si presenta fragile e indifesa. La piccola vita come lavita malata o anziana sentita parte viva e cara del corpo familiare poich ognuno importante, e sta a cuore agli altri per quello che , non per ci che fa o produce. Cos deveessere nel corpo sociale e nello Stato. Lasciar andare alla deriva la vita fragile, che non haneppure la voce o il volto da opporre per affermare se stessa, rivela unautocomprensioneefficientista e arrogante dello Stato, una sua inquietante carta didentit, pur se il tutto spesso motivato con ragioni alte. qui in questione non la sofferenza e il dramma di personeconcrete, ma il porsi e prima ancora il concepirsi di uno Stato verso i suoi membri. Lafotografia realista di una societ determinata anzitutto dal suo rapportarsi virtuoso non verso

    i soggetti efficienti, produttivi e gagliardi, ma verso i pi bisognosi e indifesi. Sta qui la suaprima e incancellabile verit. E non in termini di assistenza, ma di giustizia poich questo loscopo della buona politica. La vita fragile interpella non solo la famiglia, che gi se ne facarico, ma la societ intera. Chiede alla comunit e ai suoi apparati istituzionali di non essereabbandonata ma di essere presa a cuore. evidente che ci rappresenta un impegno per lacollettivit in termini di risorse economiche e assistenziali; come evidente che tali vitespesso non avranno da ricambiare con compensi o consenso. Ma la vera risposta sta nel fattoche la societ avr fatto il proprio dovere, paga di essere umana. Ecco perch quando sigiunge di fronte alla grande porta dei fondamentali dellumano, non possibile il silenzio da

    parte di alcuno, persone e istituzioni: si arrivati al dunque. Reticenze o scorciatoie nonsono possibili: bisogna dire il volto che si vuole dare allo Stato, se una famiglia di persone oun groviglio di interessi; se un agglomerato di individui o una rete di relazioni su cui ciascunosa di poter contare, specialmente nelle fasi di maggiore fragilit.

    7. Certo la difesa dei diritti ha fatto grandi progressi, e dunque in qualche modo puritenersi un dato basilare unificante le diverse formazioni e diversi gruppi. Ma comenon riconoscere una singolare tendenza arbitrariamente selettiva di quanto viene

    proposto come irrinunciabile e innegoziabile? Ecco perch la gi evocata questione

    sociale diventata radicalmente questione antropologica (Benedetto XVI, Caritas inveritate, n. 75). Dobbiamo stare attenti che una certa cultura nebulosa non ci annebbi

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    la vista, inducendoci a non riconoscere pi, tra i principi che mandano avanti lasociet, i fondamenti che non sono confessionali, come si insiste a dire, masemplicemente di ordine razionale. Anzi, necessario che in un momento elettorale sicertifichi dove essi trovano dimora. Si tratta della vita, come ho detto, dal suoconcepimento alla morte naturale, dunque la rinuncia alleutanasia comunque si

    presenti, la libert di coscienza e di educazione, la famiglia basata sul vincolo delmatrimonio tra luomo e la donna, la giustizia uguale per tutti, la pace. Sono ledeterminazioni storico-pratiche o principi basilari, dunque non negoziabili, per i qualic un fondamento, oltre che nella ragione, nella nostra stessa Costituzione, e ai qualitutti gli uomini di buona volont debbono attenersi. Chiunque si rif al bene comuneimmediato non pu non considerarli per ci che sono, ossia valori non derogabili sul

    piano della civilt politica, pena un arretramento antropologico e sociale. Perch laChiesa insiste tanto? Perch ha a cuore luomo! Perch chiamata a rappresentare lamemoria dellessere uomini di fronte a una civilt delloblio, che ormai conosce

    soltanto se stessa e il proprio criterio di misura. [] La Chiesa certamente non hasoluzioni pronte per le singole questioni. Insieme alle altre forze sociali, essa lotter

    per le risposte che maggiormente corrispondano alla giusta misura dellessere umano.Ci che essa ha individuato come valori fondamentali, costitutivi e non negoziabilidellesistenza umana, lo deve difendere con la massima chiarezza. Deve fare tutto il

    possibile per creare una convinzione che poi possa tradursi in azione politica(Benedetto XVI,Discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2012). Su questi principi icattolici sanno che non esiste compromesso o mediazione comunque si vogliachiamare, poich ne va dellumano nella sua radice. Per questo la Chiesa

    avanguardia. Si sente ripetere che questi sono valori divisivi mentre quelli socialisarebbero unitivi: in realt, i valori sociali dei quali abbiamo parlato sopra e che laChiesa conosce e pratica fin dal suo nascere (cfrAt2) stanno in piedi se a monte c ilrispetto della dignit inviolabile della persona. Fa specie che taluno consideri tali

    principi come retaggio clericale quando sono le garanzie ultime per gli indifesi e isenza diritto di parola. In questa cornice, ci pare senza dubbio importante la campagnaUno di noi che partir prossimamente e vuole portare nelle sedi comunitarielistanza della vita, senza pi selezioni. Cos come stupisce che si programmi fin doradi discostarsi da essi, quale passaggio necessario per entrare a pieno titolonellEuropa evoluta. Ma levoluzione e il progresso consistono nel negare i valoriumani? E perch dovremmo noi inseguire e copiare qualcuno che, abdicando ad essi,si allontanato dal circuito valoriale ed entrato in un assolutismo del relativo, del

    precario, del soggettivo, rischiando di congedarsi dalla storia? Gli esiti socialiriscontrabili di quella impostazione ci legittimano a tanto? Perch si dovrebbecontenere lEuropa per altro necessaria quando avanza pretese esigenti sulfronte ad esempio delle regole sul lavoro, ed assecondarla invece quando vorrebbedecidere dellequilibrio esistenziale della nostra umana esperienza? Fa pensare laCaritas in veritate quando avverte: Come ci si potr stupire dellindifferenza per lesituazioni umane di degrado, se lindifferenza caratterizza persino il nostro

    atteggiamento verso ci che umano e ci che non lo ? (ib). Come Vescovi,sentiamo di dover far nostro linvito proveniente oggi anche da soggetti insospettabile,

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    di non lasciarci dividere dal secolarismo piegato in versione nichilista. La crisi in atto che in ultima istanza pu essere vinta solo con la cultura della vita (cfrMessaggioCEI per la Giornata della vita 2013), ci ricorda che senza unapertura al trascendenteluomo diventa incapace alla lunga di agire per la giustizia (cfr. Benedetto XVI,

    Discorso a Justitia et Pax cit.). Dunque, il bene comune immanente che tenacementeva perseguito, deve mantenere i cieli aperti perch questo procura perentoriet ededizione alliniziativa dei singoli.

    8. La madre di tutte le crisi lindividualismo. E questo figlio della cultura nichilistaper cui tutto moralmente equivalente, nulla vi sarebbe di oggettivo e di universalevalido e obbligante. questo il tarlo pi o meno mascherato che sta modificando daldi dentro gli assetti dellorientamento comune e delle prassi sociali. Nel suo congenitoutilitarismo, lideologia individualistica concepisce la persona come un essere fluido,

    senza consistenza permanente, per la quale non c una natura precostituita, ilsoggetto a crearsela (cfr. Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana cit.). In realt, la cultura del limite quella che viene rimossa, in quanto ritenuta negazione dellalibert individuale e dello slancio vitale. Dunque, non conveniente e ingiusta. Si tratta

    a ben vedere di una sorta di moderno delirio di onnipotenza che nella storia umana gi stato pi volte sperimentato. Una distorsione radicale del desiderio di libert e diautorealizzazione, una sorta di fuga dal realismo fattuale e dalla ragione stessa. Di quilincapacit di legami veri, in cui laltro sia non solo la proiezione o lo specchio di s,ma il terminale di una relazione a misura intera dellessere. Si annida qui unidea

    bugiarda e infondata di unautonomia personale che accetta di entrare incomunicazione con laltro solo potendola la comunicazione interrompere in ognimomento (cfr ib). Ovvio che tutto questo abbia una ricaduta pesante sullesperienzafamiliare e le sue possibilit di tenuta, ma prima ancora sulla prospettiva di potervitener fede. Ed uno dei motivi del calo dei matrimoni, di cui pure si parlato negliultimi mesi, ma anche della grave situazione demografica. Peccato che, nei giornisuccessivi, largomento sia rapidamente scomparso dal dibattito pubblico, quasi fosseun tema tra mille altri, e non ci si sia interrogati adeguatamente sulle proiezioni intermini di futuro di questa sottovalutazione. Ed ecco anche uno dei motivi per cui sicontinua a riproporre il tema dei matrimoni omosessuali, quasi si trattasse di un

    approdo inevitabile. La famiglia precede lo Stato, in quanto un istituto dotato di unasua naturalit per nulla convenzionale, perch iscritta nel codice addirittura fisico della

    persona: le differenze sessuali, infatti, si richiamano vicendevolmente in vista di unmutuo completamento nel segno dellamore che accoglienza e dono, grembo dinuove vite da generare e educare. Il diritto del bambino non al bambino viene

    prima di ogni desiderio individuale.

    La famiglia si mostrata ancora una volta come lelemento fondamentale per lacoesione sociale delle diverse generazioni, la cellula primordiale e il patrimonioincomparabile su cui poggia la societ. Per queste ragioni nulla pu esserle equiparata, n

    tanto n poco. N pu essere indebolita da ideologie antifamiliari o simil-familiari, chevorrebbero ridefinire la famiglia e il matrimonio mutando lalfabeto naturale e istituendo

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    modelli alternativi che la umilierebbero alimentando il disorientamento educativo. Si sentedire che dove c amore c famiglia. Mi sembra unaffermazione suggestiva maqualunquista, perch la coppia per fare famiglia oltre lamore richiede anche altri elementicostitutivi: capacit, doveri e diritti, su cui la societ conta e per i quali s'impegna. Tutto ciappartiene a quel senso comune in grado di sfidare qualunque sollecitazione: semmai ha solo

    bisogno di essere confortato e consolidato. Dispiace, a dire il vero, che tutto questo non sivoglia comprendere, come se la Chiesa nutrisse degli ostinati pregiudizi. Ma se esistonolucidit intellettuale e onest morale, perch non dichiarato apertamente ci che ad arteviene taciuto, seppur faccia qua e l capolino? E cio, se la natura delluomo non esiste, allorasi pu fare tutto, non solo ipotizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. La recentesentenza della Cassazione sulladottabilit da parte delle coppie omosessuali, oltre ad esserestata immotivatamente ampliata nella propria valenza, non pu certo mutare la domandainnata di ogni bambino: quella di crescere con un pap e una mamma nella ricca armoniadelle differenze. C in giro una notevole confusione, perch si pensa che la realt sia

    superata, che nessuna verit esista, ma se ci vero avverte Spaemann allora tutto diventaquestione di potere. Ed ci che sta sotto i nostri occhi, ma anche ci che la Chiesa,esperta in umanit (Paolo VI,Discorso allAssemblea dellOnu, 4 ottobre 1965), non potrmai accettare: La verit per noi pi importante della derisione del mondo (Benedetto XVI,Omelia allEpifania cit.). E questo non per opporsi al mondo moderno con le sue luci econquiste, i suoi aneliti giusti e nobili, ma per lo stesso amore che ha spinto il Samaritano delVangelo a farsi umilmente prossimo. Cos come il venerabile Paolo VI disse al termine delConcilio Vaticano II: Lantica storia del Samaritano stato il paradigma della spiritualit delConcilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso []. Questo Concilio tutto si risolve nel

    suo conclusivo significato religioso, altro non essendo che un potente e amichevole invitoallumanit doggi a ritrovare [] quel Dio dal Quale allontanarsi cadere, al Qualerivolgersi risorgere, nel Quale rimanere stare saldi, al Quale ritornare rinascere, nelQuale abitare vivere (SantAgostino, Soliloqui, I,1 3) (7 dicembre1965).

    Cari Confratelli, mi fermo qui, anche se le questioni toccate meriterebberoprobabilmente dellaltro: ma questo verr dal nostro confronto. Continuiamo a stare nellasperanza, cio con il Signore e la sua beatissima Madre. Grazie.

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