prospera osservatorio agroalimentare del piemonte · alessandria. nel tratto torinese-cuneese è...
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PROSPERA
Osservatorio Agroalimentare del Piemonte
Relazione di filiera
COP (focus cereali)
Marzo 2012
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Report di filiera – COP - 2012
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Presentazione Le moderne politiche di sviluppo rurale sono piuttosto complesse e richiedono alle Regioni di
dotarsi di adeguati strumenti conoscitivi. La Regione Piemonte e l’IRES Piemonte, pertanto, hanno
sottoscritto una convenzione pluriennale sulla base della quale l’Istituto assicura un’ampia gamma
di attività volte a supportare le diverse fasi (programmazione, attuazione e valutazione) delle
politiche rurali.
Questo insieme di attività è stato denominato con l’acronimo PROSPERA (Progetto Supporto alle
Politiche Rurali e Agroalimentari). Rientrano nel progetto interventi di consulenza alle strutture
regionali responsabili delle politiche in oggetto, l’esecuzione di studi e l’implementazione
dell’Osservatorio Agroalimentare del Piemonte.
L’attività dell’Osservatorio è finalizzata, in primo luogo, a fornire elementi utili allo sviluppo delle
politiche di settore, senza trascurare tuttavia le possibili ricadute più generali in termini di
contributo conoscitivo rivolto a diverse tipologie di utenti (dalle organizzazioni di categoria agli
enti locali, dal settore della comunicazione a quello della formazione).
L’attività dell’Osservatorio Agroalimentare del Piemonte opera in modo continuativo ed è
strutturata per fornire i seguenti servizi:
realizzazione di analisi congiunturali annuali sull’andamento del settore agricolo e agroalimentare, elaborate in diversi step di avanzamento in relazione alla disponibilità di
dati aggiornati;
realizzazione e aggiornamento periodico delle Relazioni di filiera, per ciascuna delle principali filiere agro-industriali operanti in Piemonte;
elaborazione di studi monografici e analisi di scenario.
Le Relazioni di filiera nascono in occasione dell’istituzione dei Tavoli di Filiera, uno dei momenti
concertativi voluti dalla Regione Piemonte nell’ambito della definizione delle politiche rurali. In tale
occasione (2006) fu redatta dall’IRES una prima serie di report creati per supportare l’attività dei
Tavoli, utilizzando anche il prezioso contributo dei soggetti partecipanti. Le attuali Relazioni di
filiera attingono a questo patrimonio informativo e lo aggiornano periodicamente, in modo da
fornire un panorama articolato e completo sulle dinamiche in atto nel settore.
La presente versione della Relazione si riferisce all’annata 2011 ed è stata elaborata nei primi mesi
del 2012. Pertanto, a causa della nota lentezza del rilascio dei dati statistici ufficiali, potrebbe
presentare alcune informazioni incomplete o non aggiornate.
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INDICE
Presentazione 2
Introduzione 4
1. Le dimensioni della filiera e gli andamenti recenti 7
1.1 Mais 7
1.1.1 Uno sguardo al mondo ed all’europa 7
1.1.2 Italia e Piemonte 12
1.2 Frumento tenero 13
1.2.1 Uno sguardo al Mondo ed all’Europa 13
1.2.2 Italia e Piemonte 19
2. Politiche e aspetti normativi 21
3. Conclusioni e analisi SWOT 26
Fonti consultate 29
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Introduzione La filiera definita con l’acronimo COP comprende l’insieme delle coltivazioni di cereali e
oleoproteaginose: grano tenero, grano duro, orzo, mais, soia, colza e girasole. In tale aggregato
non sono inseriti né il riso né alcune coltivazioni industriali quali la barbabietola da zucchero e il
tabacco. L’aggregato produce essenzialmente materie prime destinate alla trasformazione
industriale o all’utilizzo zootecnico. Si tratta sostanzialmente di produzioni definite commodity.
La coltivazione dei cereali in Piemonte, escludendo il riso, per quanto diffusa in gran parte del
territorio, è concentrata soprattutto nelle aree di pianura delle province di Torino, Cuneo ed
Alessandria. Nel tratto torinese-cuneese è molto legata alle produzioni zootecniche, mentre
nell’area alessandrina assume una specializzazione maggiormente indirizzata alla trasformazione
industriale presentando una buona concentrazione. Tale propensione per le produzioni di tipo
continentale rende l’agricoltura piemontese storicamente legata al sostegno comunitario. La fase
industriale della filiera interessa principalmente due tipologie di produzione: le lavorazioni delle
granaglie e dei prodotti amidacei e la preparazione di prodotti per l’alimentazione degli animali
(industria mangimistica).
Considerato il forte legame con il settore zootecnico che può essere diretto o tramite l’industria
mangimistica, il prezzo, la qualità e la sanità dei cereali hanno un riflesso importante sui costi di
alimentazione e sulla qualità finale dei prodotti zootecnici.
Le operazioni di concentrazione del prodotto dopo la raccolta negli ultimi anni hanno subito
un’evoluzione, dettata dall’innovazione nel settore della meccanizzazione e dallo sviluppo di
servizi da parte di contoterzisti sempre più completi ed estesi oltre la fase di mietitrebbiatura. In
pratica, è sempre più agevole spostare il prodotto appena raccolto per distanze dell’ordine dei 20
– 30 km, in tempi brevi e a costi relativamente contenuti, favorendo la concentrazione in pochi
impianti di grandi dimensioni.
Il principale gruppo imprenditoriale dell’industria molitoria su scala nazionale è situato ad
Alessandria; altri 4 gruppi industriali piemontesi della filiera COP occupano posizioni meno
rilevanti all’interno della graduatoria basata sui dati ASIA. La cooperazione all’interno del
comparto concentra circa una percentuale del 40% sul volume complessivo di prodotto. Il ruolo
delle cooperative è molto importante sia come fornitori di servizi, sia per lo stoccaggio collettivo e
la concentrazione dell’offerta. Per la fase primaria, infatti, è necessario aggregare le produzioni al
fine di disporre di una massa critica sufficiente per confrontarsi con gli acquirenti che richiedono
partite ingenti ed omogenee. Un soggetto di grande rilievo, nell’ambito cooperativo, è costituito
dal consorzio CAPAC, formato da cooperative specializzate nella produzione di mais (80%) e in
misura minore di grano, orzo e oleaginose. La funzione del Consorzio è quella di concentrare le
produzioni e di commercializzarne l’offerta aggregata, ma offre anche assistenza tecnica e svolge
funzioni di ricerca, per orientare i produttori e segmentare le produzioni (mais per i mulini, per
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l’amido e per uso zootecnico). Altri attori rilevanti possono essere gli ex Consorzi Agrari, che in
alcuni casi stanno tornando a giocare un ruolo attivo nel mercato dei cereali.
I cerealicoltori meglio organizzati cercano di cogliere le nuove opportunità di mercato
proponendosi come fornitore affidabile di lotti di prodotto adatti alle esigenze dei trasformatori,
sani, caratterizzati sul piano tecnologico e tracciati. Si tende a privilegiare rapporti diretti con i
trasformatori per eliminare intermediazioni e valorizzare al massimo la qualità ed i servizi
connessi.
Nelle realtà più organizzate la commercializzazione dei prodotti avviene mediante contratti per
quantità rilevanti, in cui sono programmate consegne ripartite nel tempo. I contratti di vendita
comunemente applicati tengono sempre conto delle caratteristiche qualitative dei prodotti.
Il comparto mostra in generale una modesta integrazione verticale, con alcune eccezioni di spicco;
un caso interessante è rappresentato dall’accordo tra CAPAC (divenuta OP) e alcuni Consorzi
Agrari (in particolare sembra assumere sempre più rilevanza il CAP Nord Ovest).
Tutti questi aspetti hanno portato negli ultimi anni alla selezione degli operatori, con la fuoriuscita
anche in Piemonte dal settore di quelli caratterizzati da dimensioni ridotte, impianti obsoleti o
comunque non adeguatamente ristrutturati, scarsa capacità ad investire e ridotta propensione
all’innovazione. Anche molte aziende agricole hanno rinunciato ad effettuare le operazioni post-
raccolta, limitandosi alla coltivazione dei cereali.
Di notevole rilievo è il legame, a monte della filiera, con l’industria sementiera, le cui
caratteristiche (si tratta generalmente di multinazionali estere) e strategie condizionano in modo
rilevante i comportamenti della fase primaria e, di conseguenza, anche le possibili evoluzioni della
filiera nel suo complesso.
Per i cereali sono inoltre ipotizzabili, e tecnicamente possibili, alcuni utilizzi alternativi non
alimentari, ad esempio per uso bioenergetico, o ancora come materia prima per ottenere plastiche
o imballaggi.
Nell’ambito del variegato mondo delle bioenergie che si stanno sviluppando con tassi di crescita
notevoli anche in Piemonte esistono potenziali legami con le filiere che potrebbero nascere, con
una particolare rilevanza di quella del bioetanolo ottenuto dal mais o i sistemi di cogenerazione
con l’utilizzo di oli di origine vegetale.
In termini generali, è possibile identificare alcuni operatori principali attivi all’interno della filiera:
Fase a monte: industria sementiera
Fase primaria: aziende agricole e cooperazione di produzione agricola
Concentrazione dell’offerta: cooperative e relativi consorzi, grossisti
Trasformazione industriale: molto diversa a seconda delle produzioni (industrie amilacee, molini, industria mangimistica, …)
Organismi associativi: Agripiemonte Cereali, Assosoia Piemonte, CAPAC (OP riconosciuta
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D.lgs. 102/05), altri consorzi (CAP NordOvest).
Il comparto si presenta molto ramificato e in questo report si focalizza l’attenzione sulle principali
sottofiliere presenti in Piemonte: quella del frumento, del mais (destinato alla produzione di amido
o all’uso zootecnico).
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1. Le dimensioni della filiera e gli andamenti recenti
Per comodità di esposizione l’andamento congiunturale del mercato sarà analizzato
separatamente per ogni singola produzione
1.1 Mais
1.1.1 Uno sguardo al mondo e all’Europa
Il mais è il cereale maggiormente coltivato a livello mondiale ed è utilizzato per diversi scopi,
dall’alimentazione umana e animale, alla produzione di carburanti (in particolare l’etanolo) fino
alla fabbricazione di materiali plastici biodegradabili. La sua versatilità e facilità di conservazione,
quindi, ne fanno una commodity di prima importanza sul mercato mondiale.
Secondo i dati del Dipartimento per l’agricoltura statunitense (USDA) la produzione a livello
mondiale è stimata in 867.523 migliaia di tonnellate, circa il 5% in più rispetto allo scorso anno1.
Al primo posto nella produzione mondiale di mais si trovano saldamente gli USA che sebbene
abbiano fatto registrare una lieve contrazione rispetto allo scorso anno (-1,1%) hanno prodotto più
di 300 milioni di tonnellate.
Dopo gli USA si colloca la Cina dove quest’anno il buon andamento climatico ha favorito rese
record per il paese (5,74 t/ha) e s’è registrato un incremento di produzione di circa l’8% rispetto
all’anno passato. E’ interessante segnalare che, secondo i dati rilasciati dall’Ufficio di Statistica
Nazionale Cinese, la superficie maidicola cinese è in costante aumento da ormai 8 anni, arrivando
a coprire, nel 2011, circa 33,4 milioni di ettari, il 3% in più rispetto allo scorso anno.
1 Nella lettura dei dati è importante tenere in considerazione che per le produzioni vegetali l’USDA, come Eurostat, si basa
sull’anno di mercato locale del paese di riferimento. Ad esempio per l’Europa a 27 il periodo di riferimento è ottobre-
settembre, per la Cina è aprile-marzo, per Brasile ed Argentina è marzo-febbraio.
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Tabella 1 Produzione mondiale di mais. La data si riferisce agli anni di mercato locali e l’unità di misura è migliaia di tonnellate.
Paese 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12 Δ% 2011-2010
Stati Uniti 331.177 307.142 332.549 316.165 312.687 -1,10
Cina 152.300 165.914 163.974 177.245 191.750 8,18
EU-27 47.555 62.321 56.947 55.795 63.888 14,50
Brasile 58.600 51.000 56.100 57.500 61.000 6,09
Argentina 22.017 15.500 23.300 22.500 29.000 28,89
India 18.960 19.730 16.720 21.280 21.000 -1,32
Ucraina 7.421 11.447 10.486 11.919 21.000 76,19
Messico 23.600 24.226 20.374 21.130 20.500 -2,98
Sud Africa 13.164 12.567 13.420 10.924 12.500 14,43
Canada 11.649 10.592 9.561 11.714 10.700 -8,66
Nigeria 6.500 7.970 8.950 9.340 8.700 -6,85
Indonesia 8.500 8.700 6.900 6.800 8.100 19,12
Filippine 7.277 6.853 6.231 7.271 7.000 -3,73
Russia 3.798 6.682 3.963 3.075 6.300 104,88
Serbia 4.054 6.130 6.400 6.800 6.267 -7,84
Vietnam 4.600 4.432 4.607 5.000 5.400 8,00
Altri 73.526 77.945 78.752 83.104 81.731 -1,65
Totale Mondiale 794.698 799.151 819.234 827.562 867.523 4,83
Fonte: USDA-PSD
L’Unione europea, nel suo insieme, è il terzo produttore e, secondo le stime USDA, ha raggiunto
nel 2011 la produzione record di 63,9 milioni di tonnellate, anche in questo caso grazie a un
andamento climatico favorevole in molti stati dell’Unione nei momenti chiave della crescita delle
piante. All’interno della comunità europea, la coltura del mais è diffusa principalmente in Romania,
Ungheria, Francia e Italia. A livello di rese unitarie si riscontra una netta distinzione tra i paesi che
fino all’89 gravitavano nell’orbita sovietica e quelli dell’Europa occidentale. I primi, come Romania
e Ungheria, hanno un settore agricolo a minor intensità di capitale e di tecnologia e ciò si riflette
in rese ad ettaro sensibilmente minori rispetto a quelle dei paesi Europei occidentali dove gli
investimenti in termini di sementi, concimi, fertilizzanti e macchinari, sono ben più importanti.
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Tabella 2 Superfici, rese e produzione di mais nei principali paesi produttori europei e variazioni dei quantitativi prodotti in valore assoluto e percentuale
Paese
Sup. investita (milioni di Ha) resa (t/ha)
produzione (milioni di t.
VARIAZIONE ultimo anno
2009 2010 2011 2009 2010 2011 2009 2010 2011 mmt %
Austria 0,179 0,180 0,217 10,564 9,400 10,378 1,891 1,692 2,252 0,56 33,1
Belgio 0,055 0,060 0,064 12,582 10,083 11,344 0,692 0,605 0,726 0,12 20
Bulgaria 0,280 0,327 0,376 4,611 6,251 5,511 1,291 2,044 2,072 0,03 1,37
Rep. Ceca 0,091 0,099 0,110 9,780 6,990 8,091 0,890 0,692 0,890 0,2 28,61
Danimarca 0,006 0,006 0,006 6,667 6,667 6,667 0,040 0,040 0,040 0 0
Francia 1,680 1,532 1,570 9,101 9,001 9,809 15,289 13,789 15,400 1,61 11,68
Germania 0,464 0,467 0,470 9,757 9,019 9,894 4,527 4,212 4,650 0,44 10,4
Ungheria 1,180 1,069 1,200 6,356 6,548 6,750 7,500 7,000 8,100 1,1 15,71
Italia 0,930 0,915 1,000 9,301 9,596 9,580 8,650 8,780 9,580 0,8 9,11
Olanda 0,031 0,031 0,031 11,742 9,677 11,419 0,364 0,300 0,354 0,05 18
Polonia 0,274 0,300 0,340 6,230 5,717 6,177 1,707 1,715 2,100 0,39 22,45
Romania 2,350 2,250 2,550 3,192 3,867 4,000 7,500 8,700 10,200 1,5 17,24
Spagna 0,348 0,320 0,370 10,106 10,294 10,270 3,517 3,294 3,800 0,51 15,36
Fonte: Elaborazione IRES su dati USDA
Parallelamente all’incremento globale delle produzioni maidicole sono in crescita anche i consumi
che l’USDA stima essere aumentati del 3% rispetto allo scorso anno, arrivando a quota 868.605
migliaia di tonnellate, poco più di un milione di tonnellate oltre all’ultima produzione annuale.
Tutto ciò si traduce in una leggera erosione degli stock mondiali (-0,8%) in termini assoluti, ma
anche in un’ulteriore contrazione del rapporto stock/consumi, arrivato ad un allarmante 14,64%.
Riguardo alle dinamiche degli scambi, i principali paesi importatori di mais, Giappone e Messico,
hanno incrementato le quote rispettivamente del 3 e del 22%, mentre dal lato dell’export continua
la tendenza alla ritenzione da parte degli Stati Uniti che si stima diminuiscano le quantità di mais
esportato del 13% circa. La tendenza ad esportare di meno da parte degli USA è dovuta anche a
questioni interne. I problemi di siccità, come abbiamo visto, hanno inciso in maniera significativa
sulle quantità prodotte. La grande produzione dei paesi est europei, Ucraina in testa, secondo le
stime dell’USDA ha portato ad un incremento importante dei volumi esportati, ma in ogni caso tali
quantità sono sufficientemente controllate in modo da contribuire al controllo del prezzo
internazionale che è ancora su livelli interessanti per i maidicoltori.
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Tabella 3 Consumi mondiali di mais. La data si riferisce agli anni di mercato locali e l’unità di misura è migliaia di tonnellate.
Paese 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12 Δ 2011-2010
Stati Uniti 261.632 259.272 281.590 284.990 279.540 -1,91
Cina 150.000 153.000 165.000 176.000 191.000 8,52
EU-27 64.000 61.600 59.300 62.500 64.500 3,20
Brasile 42.500 45.500 47.000 49.500 52.000 5,05
Messico 32.000 32.400 30.200 28.700 30.300 5,57
India 14.200 17.000 15.100 18.300 18.900 3,28
Giappone 16.600 16.700 16.300 15.600 16.100 3,21
Canada 13.769 11.687 11.606 11.434 11.500 0,58
Sud Africa 9.600 9.900 10.300 10.300 10.500 1,94
Egitto 10.400 11.100 12.000 12.100 10.400 -14,05
Indonesia 8.500 8.900 8.800 9.200 9.500 3,26
Nigeria 6.550 7.900 8.800 9.200 8.900 -3,26
Corea del Sud 8.638 7.894 8.382 8.223 8.100 -1,50
Argentina 6.800 6.400 6.900 7.100 7.800 9,86
Ucraina 5.750 5.850 5.700 6.550 7.750 18,32
Filippine 7.150 7.300 6.500 7.200 7.300 1,39
Altri 114.817 119.192 121.950 126.136 131.384 4,16
Totale mondiale 773.292 783.433 822.495 843.371 868.605 2,99
Fonte: USDA-PSD
Tabella 4 Principali paesi importatori ed esportatori e quantità di mais scambiato in migliaia di tonnellate.
IMPORTAZIONI ESPORTAZIONI
2010 2011 Δ 2011-2010 2010 2011 Δ 2011-2010
Giappone 15.655 16.100 2,84 Stati Uniti 46.599 40.642 -12,78
Messico 8.000 9.800 22,50 Argentina 15.000 20.000 33,33
Corea del Sud 8.107 8.000 -1,32 Ucraina 5.000 12.000 140,00
Egitto 5.400 6.000 11,11 Brasile 9.000 8.500 -5,56
Taiwan 4.300 4.400 2,33 India 2.800 2.200 -21,43
Colombia 3.600 3.900 8,33 EU-27 1.000 2.000 100,00
Iran 3.500 3.500 0,00 Sud Africa 3.000 2.000 -33,33
Malesia 2.700 3.300 22,22 Serbia 2.000 1.600 -20,00
Cina 979 3.000 206,44 Paraguay 1.400 1.500 7,14
EU-27 7.300 3.000 -58,90 Russia 50* 600 * restrizioni all'esportazione
(Fonte: Elaborazione IRES su dati USDA)
Il prezzo del mais, quotato alla borsa di Chicago (fig. 1) è stato soggetto a forti oscillazioni, ma è
rimasto su valori decisamente elevati tant’è che più di una volta ha superato il suo massimo
storico con punte che hanno sfiorato per la prima volta nella storia gli 8 US $ a Bushel (per il mais
un Bushel equivale a circa 25Kg). I numerosi problemi meteorologici che hanno colpito gli Stati
Uniti avevano fatto prevedere agli operatori una riduzione delle superfici seminate a mais, invece il
rapporto semine uscito a Luglio a cura del Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Unti segnalava
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Report di filiera – COP - 2012
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una superficie investita a mais di oltre 37 milioni di ettari, superficie superata una sola volta dal
1944. La scelta di “sfidare il meteo” e quindi seminare il mais e non la soia , come di norma
succede dopo primavere troppo piovose, è stata ovviamente veicolata dalle prospettive di
guadagno. In ogni caso, le quotazioni del mais hanno subito un calo del 10% nel corso delle 24 ore
dall’uscita del rapporto. A fine Agosto, però, la persistente siccità che ha colpito il Midwest unita
alle indagini su campo effettuate dagli agronomi dell’USDA ha imposto un deciso ribasso sulle
stime per la produzione ed i mercati hanno, naturalmente, risposto con decisi rialzi. Inoltre il
ministro dell’agricoltura statunitense, Tom Vilsack, ha confermato i programmi a favore dello
sviluppo della filiera del bioetanolo. Poco meno del 40% della produzione statunitense di mais è
ormai destinata alle bioraffinerie. Ad aprile il Messico ha annunciato ordini extra per 2,5 milioni di
tonnellate di mais Usa per compensare la scarsa produzione interna. Mentre la Cina ha corretto al
ribasso le stime sulle proprie giacenze interne, contribuendo ulteriormente a surriscaldare i prezzi.
Il mercato italiano (in questo report si fa riferimento alla borsa merci di Bologna) ha seguito la
dinamica internazionale, ma il buon raccolto e la scarsa competizione del prodotto interno in
termini di finalità d’utilizzo hanno spinto le quotazioni a valori inferiori al prezzo internazionale a
partire da Agosto 2011.
Figura 1 - Serie storica delle quotazioni CBOT Floor, in US $ per Bushel ( 1 Bushel equivale a circa 25 Kg di mais)
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Report di filiera – COP - 2012
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Figura 2 Prezzo internazionale (Mais yellow 2, FOB golfo del Messico) raffrontato a quello italiano (Mais ibrido nazionale 14% umidità) nel 2011
Fonte: Elaborazione IRES su dati INDEXMUNDI e AGER
1.1.2 Italia e Piemonte
Nel 2011 in Italia (tab. 5) sono stati coltivati a mais poco più di un milione di ettari (un incremento
di circa il 10% rispetto allo scorso anno) e sono state prodotte quasi 96 milioni di tonnellate (+
11,87% sul 2010). Le principali regioni di coltivazione sono quelle del Nord: Veneto, Lombardia,
Piemonte, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. L’insieme della produzione di queste Regioni
rappresenta (dati ISTAT 2011) circa l’89% della superficie maidicola nazionale ed il 91% della
produzione.
Tabella 5 Superficie (in ettari) e produzione (in quintali) di mais a livello nazionale e nelle principali regioni maidicole
Regione Superficie 2010
Produzione totale 2010
Superficie 2011
Produzione totale 2011
Δ% Superficie
Δ% Produzione
Veneto 229.190 22.180.000 260.115 25.302.579 13,49 14,08
Lombardia 220.579 25.471.673 242.226 28.344.859 9,81 11,28
Piemonte 186.830 12.789.725 199.144 15.061.691 6,59 17,76
Emilia-Romagna 98.370 10.116.350 123.378 11.944.280 25,42 18,07
Friuli-Venezia Giulia 90.461 7.421.496 100.977 8.112.772 11,62 9,31
ITALIA 926.776 85.661.818 1.018.624 95.833.442 9,91 11,87
(Fonte: Elaborazione IRES su dati ISTAT)
100
120
140
160
180
200
220
240
260
280
300
Euro
/to
nn
.
internazionale
italia borsa
bologna
-
Report di filiera – COP - 2012
13
Analizzando le superfici a livello provinciale si nota come queste si siano espanse in particolare a
Padova (+ 43,57%), a Rovigo (+19,38%), a Mantova (+14,06%) ed a Udine (+13,10%). Tra le
province maidicole principali solo in quella di Torino s’è registrata una riduzione delle superfici
coltivate(- 2,10%) ma la buona annata ha fatto crescere la produzione del 35,5%. rispetto allo
scorso anno.
Tabella 6 Superficie e produzione di mais nelle principali province maidicole italiane
Provincia Superficie 2010 Produzione totale 2010
Superficie 2011
Produzione totale 2011
Δ% Superficie
Δ% Produzione
Torino 65.239 4.704.724 63.871 6.376.779 -2,10 35,54
Cuneo 61.181 4.311.231 64.371 4.538.156 5,21 5,26
Udine 56.434 4.305.216 65.535 4.869.251 16,13 13,10
Cremona 55.000 6.600.000 58.100 6.972.000 5,64 5,64
Padova 52.100 4.949.000 74.792 7.105.240 43,55 43,57
Brescia 46.850 5.437.310 49.000 5.923.895 4,59 8,95
Mantova 43.400 4.991.000 49.500 5.692.500 14,06 14,06
Venezia 40.600 3.978.800 42.000 4.200.000 3,45 5,56
Rovigo 40.020 3.601.800 43.000 4.300.000 7,45 19,38
Treviso 40.000 4.000.000 40.000 3.600.000 0,00 -10,00
Fonte: Elaborazione IRES su dati ISTAT
Rispetto agli impieghi, il 18% circa del mais prodotto è destinato all’industria dell’amido, il 2-3% a
uso alimentare e il resto ad uso zootecnico.
In Piemonte, stando ai dati ISTAT, gli investimenti a mais hanno coinvolto il 6,59% in più della SAU
regionale rispetto alla scorsa campagna e la produzione ha di poco superato i 15 milioni di
tonnellate (+18% rispetto al 2010). La resa unitaria s’è aggirata mediamente intorno alle 8
tonnellate ad ettaro, con punte di 11-11,5 tonnellate. Per gli operatori si può parlare di una buona
annata, la qualità del mais è decisamente buona, le rese soddisfacenti ed i prezzi che si
mantengono elevati sia a livello internazionale che locale, un quadro che contribuisce a dare
fiducia al settore all’indomani delle trasformazioni che la riforma della PAC innescherà.
1.2 Frumento tenero
1.2.1 Uno sguardo al Mondo e all’Europa
A livello mondiale, stando ai dati ed alle ultime stime USDA (tab. 7), si dovrebbe registrare un
aumento della produzione di frumento di quasi il 6% rispetto allo scorso anno. Gli incrementi
produttivi hanno riguardato quasi tutte le principali realtà frumenticole mondiali ad eccezione
degli Stati Uniti, dove la persistente siccità ha provocato, rispetto al 2010, una contrazione
produttiva del 9,41%, con punte del 22% per le categorie red-winter.
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Report di filiera – COP - 2012
14
Le tre principali regioni produttive, Unione Europea, Cina ed India hanno fatto registrare degli
aumenti, più moderati in Europa, dove in alcune zone il clima ha creato difficoltà, più consistenti
in Cina (+2,38%) ed in India (+6,35%).
A fronte della scarsa produzione statunitense si segnalano forti incrementi nelle regioni
frumenticole ex-sovietiche extraeuropee. In Russia e in Ucraina la precisa scelta di investire quasi
tutte le superfici seminabili a cereali a paglia è stata ripagata da una produzione rispettivamente di
56 e 22 milioni di tonnellate, un aumento del 34 e 30% rispetto allo scorso anno. In Kazakistan,
dove tradizionalmente più dell’80% della produzione cerealicola è costituita da cultivar primaverili,
s’è registrata una produzione record di circa 21 milioni di tonnellate.
Tabella 7 Produzione mondiale di frumento. La data si riferisce agli anni di mercato locali e l’unità di misura è migliaia di tonnellate.
Paese 2007 2008 2009 2010 2011 Δ 2011-2010
EU-27 120.133 151.122 138.816 135.674 137.486 1,34
China 109.298 112.464 115.120 115.180 117.920 2,38
India 75.810 78.570 80.680 80.800 85.930 6,35
Russia 49.368 63.765 61.770 41.508 56.000 34,91
United States 55.821 68.016 60.366 60.062 54.413 -9,41
Australia* 13.569 21.420 21.834 27.891 28.300 1,47
Canada 20.054 28.611 26.848 23.167 25.260 9,03
Pakistan 23.295 20.959 24.000 23.900 24.000 0,42
Ukraine 13.938 25.885 20.866 16.844 22.000 30,61
Kazakistan 16.467 12.538 17.052 9.700 21.000 116,49
Turkey 15.500 16.800 18.450 17.000 18.800 10,59
Argentina* 18.600 11.000 12.000 16.100 14.500 -9,94
Altri 80.139 71.635 87.633 83.852 83.363 -0,58
Totale mondiale 611.992 682.785 685.435 651.678 688.972 5,72
*Proiezioni
Fonte: Elaborazione IRES su dati USDA-PSD
A livello europeo (tab.8) le superfici investite a grano sono rimaste invariate rispetto allo scorso
anno, sebbene ci siano state contrazioni anche piuttosto importanti in alcuni dei principali paesi
produttori. Infatti, a un leggero aumento in Francia (+0,36%), Germania (+0,92%) e Regno Unito
(+3%) hanno fatto da contraltare le riduzioni delle superfici investite in particolare in Italia (-7,73),
Romania (-8,83) e Bulgaria (-7,96).
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Report di filiera – COP - 2012
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Tabella 8 Superfici, rese e produzione di frumento nei principali paesi produttori europei e variazioni dei quantitativi prodotti in valore assoluto e percentuale
Paese/anno
Sup. investita (milioni di Ha) resa (t/ha)
produzione (milioni di t.)
Var. mmt 2010-2011
%
2009 2010 2011 2009 2010 2011 2009 2010 2011
Francia 5,15 5,43 5,45 7,44 7,04 6,61 6,61 38,32 38,21 -0,11 -0,29
Germania 3,23 3,23 3,26 7,81 7,37 7,06 7,06 25,19 23,78 -1,41 -5,60
Regno Unito 1,78 1,94 2 7,93 7,67 7,68 7,68 14,08 14,88 0,8 5,68
Polonia 2,35 2,41 2,42 4,17 3,87 3,84 3,84 9,79 9,3 -0,49 -5,01
Spagna 1,77 1,94 1,95 2,71 3,02 3,41 3,41 4,81 5,84 1,03 21,41
Italia 1,9 1,81 1,67 3,53 3,59 3,66 3,66 6,7 6,49 -0,21 -3,13
Danimarca 0,74 0,77 0,74 8,04 6,61 6,8 6,8 5,94 5,06 -0,88 -
14,81
Ungheria 1,14 1,01 0,98 3,85 3,76 4,18 4,18 4,4 3,8 -0,6 -
13,64
Romania 2,15 2,15 1,96 2,47 2,69 3,72 3,72 5,3 5,78 0,48 9,06
Bulgaria 1,25 1,13 1,04 3,19 3,62 4,08 4,08 3,98 4,09 0,11 2,76
EU-27 26,11 25,76 25,76 5,2 5,34 5,34 138,8 135,7 137,5 1,82 1,34
(Fonte: Elaborazione IRES su dati USDA)
Anche in termini di rese, il confronto con lo scorso anno restituisce una situazione invariata,
sebbene ci siano state delle flessioni in Francia e Germania. Per ciò che riguarda la produzione,
invece, si registra un lieve incremento (+1,34%) rispetto al 2010, grazie a buoni raccolti in Spagna
e Romania che vanno a bilanciare le perdite che si registrano in particolar modo in Danimarca (-
14,81%), Ungheria (-13,64%) e, in misura minore, in Italia (-3,13).
I consumi mondiali (tab. 10) hanno ricominciato a crescere dopo la flessione registrata nel 2007. A
partire da quella data, infatti l’incremento medio annuale è stato del 2,5%, mentre rispetto allo
scorso anno sono aumentati del 4,21% superando i 681 milioni di tonnellate. Anche le riserve
mondiali sono in aumento. Nel 2006, al momento della prima fiammata dei prezzi internazionali
delle commodity agricole, infatti, il volume delle riserve era a livelli minimi e ciò ha alimentato la
salita dei prezzi. Il quantitativo stoccato a livello mondiale è poi aumentato ed il rapporto riserve –
consumi è passato dal 25% del 2008 al 31% del 2009. Nel biennio 2010-2011 tale rapporto s’è
aggirato intorno al 30% rimanendo stabile e garantendo una copertura di più di 100 giorni.
Riguardo alle scorte e alla loro importanza strategica l’ex direttore dell’INFRI Von Braum ha
avanzato l’idea della necessità di creare una “banca delle scorte” in modo da tenere sotto controllo
il capitale alimentare mondiale in maniera trasparente ed utilizzarlo in caso di crisi contingenti.
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Tabella 9 Consumi mondiali di frumento. La data si riferisce agli anni di mercato locali e l’unità di misura è migliaia di tonnellate
Paese/anno 2007 2008 2009 2010 2011 Δ% 2010-2011
EU-27 116.536 127.000 125.000 122.000 127.000 4,10
Cina 106.000 105.500 107.000 109.500 113.500 3,65
India 76.423 70.924 78.150 81.760 84.700 3,60
Russia 37.650 38.900 39.600 38.600 38.600 0,00
Stati Uniti 28.614 34.293 30.978 30.710 31.613 2,94
Pakistan 22.400 22.800 23.000 23.200 23.400 0,86
Egitto 15.800 17.200 17.900 17.700 18.800 6,21
Turchia 16.800 16.900 17.100 17.200 18.100 5,23
Iran 15.500 15.800 16.100 15.700 15.000 -4,46
Ucraina 12.300 11.900 12.300 11.600 13.000 12,07
Brasile 10.300 10.700 11.000 10.800 11.200 3,70
Kazakistan 7.800 7.500 7.800 6.700 9.900 47,76
Algeria 8.050 8.300 8.550 8.750 8.850 1,14
Canada 6.793 7.977 6.927 7.661 8.800 14,87
Marocco 7.225 7.450 8.100 8.250 8.750 6,06
Uzbekistan 7.000 7.100 7.500 7.900 8.000 1,27
Altri 118.614 125.823 131.111 133.955 138.057 3,06
Totale mondiale 617.676 642.638 650.339 653.874 681.428 4,21
(Fonte: USDA-PSD)
Per ciò che concerne gli scambi (tab.11), è da segnalare la ripresa delle esportazioni russe di
frumento dopo quasi un anno di blocco attuato come contromisura allo scarso raccolto del 2010
causato dalla peggior siccità degli ultimi 50 anni. I problemi climatici occorsi in Russia nel 2010
hanno bruscamente interrotto i piani di Mosca che, dal 2009, aveva intrapreso una politica volta a
incrementare le esportazioni, passate da 10,8 milioni di tonnellate della campagna 2006‐2007
alle 18,5 milioni di tonnellate della campagna 2009‐2010. L’ultima campagna
conferma la strategia russa facendo registrare una quota di frumento esportata di
19,5 milioni di tonnellate. I problemi climatici statunitensi e i minori investimenti hanno fatto
crollare le esportazioni di frumento (-28,23%) e di questo s’è avvantaggiato l’altro grande
esportatore mondiale: l’Australia che sebbene produca per la gran parte frumento di scarsa
qualità, ha incrementato, rispetto al 2010, del 15,25% i volumi esportati. E’ emblematico come la
scarsità di frumenti pregiati, adatti alla panificazione, abbia fatto si che la Thailandia si sia
aggiudicata il primo carico di pregio australiano (35 mila tonnellate) al prezzo di 400 euro a
tonnellata.
Di fronte alle pressioni congiunte dell’offerta in calo e dell’aumento delle quotazioni, a inizio 2011
anche la Francia ha minacciato il lancio di una politica commerciale che limitasse le esportazioni e
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Report di filiera – COP - 2012
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così ha fatto anche l’Ucraina, dove s’è proposto di vietare le esportazioni alle imprese con una
partecipazione statale inferiore al 25% scatenando,ovviamente, le proteste delle multinazionali che
negli ultimi anni stanno acquisendo terreni (si noti che l’Ucraina è tra le nazioni maggiormente
soggette al fenomeno del land grabbing) ed investendo nelle strutture di lavorazione e
commercializzazione dei cereali.
E’ da segnalare che i fornitori russi, per recuperare il terreno perso dopo un anno di blocco, ma
anche per liberare i silos, hanno offerto i loro frumenti a prezzi molto bassi. All’inizio di agosto,
ad esempio, il grano russo era offerto a circa 125 euro a tonnellata, circa la metà di quanto fosse
la quotazione alla Borsa di Parigi, la piazza di riferimento europea che in ogni caso riflette quella
di Chicago. In generale, sul mercato dei futures, per il frumento l’anno è stato segnato da forti
oscillazioni causate sia dalle già citate problematiche legate al clima negli Stati Uniti sia dalle forti
piogge che nel Nord della Germania hanno ostacolato le operazioni di raccolta.
Con i dati dei primi raccolti che hanno confermato le stime di crescita i prezzi sono calati e s’è
giunti a fine anno ad una quotazione sulla piazza di Chicago che si aggirava intorno ai 6 -6,02 US
$ a bushel. L’anno 2011, in ogni caso, sarà ricordato come l’anno in cui per la prima volta il
prezzo del mais, in virtù della domanda sempre più stressata dagli utilizzi non-food (o non feed!),
ha superato a più riprese quello del frumento.
Tabella 10 Principali paesi importatori ed esportatori e quantità di granella e farine scambiati in migliaia di tonnellate
IMPORTAZIONI ESPORTAZIONI
2010 2011 Δ 2011-2010 2010 2011 Δ 2011-2010
Egitto 10600 10500 -0,94 Stati uniti 35.076 25.174 -28,23
EU-27 4712 7500 59,17 Australia 18.655 21.500 15,25
Brasile 6665 7000 5,03 Russia * 3983 19.500 389,58
Indonesia 6611 6700 1,35 Canada 16.575 18.000 8,60
Algeria 6436 6100 -5,22 EU-27 22.850 17.000 -25,60
Giappone 5869 6100 3,94 Argentina 9.500 8.500 -10,53
Corea del Sud
4761 4700 -1,28 Kazakistan 5.519 8.500 54,01
Nigeria 4051 4100 1,21 Ucraina 4.302 7.000 62,72
Messico 3462 4000 15,54 Turchia 3.016 3.700 22,68
Iraq 3632 3700 1,87 Uruguay 800 1.200 50,00
§restrizioni all’esportazione
Fonte: Elaborazione IRES su dati USDA
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Figura 3 Serie storica delle quotazioni CBOT Floor, in US $ per Bushel ( 1 Bushel equivale a circa 27 Kg di grano).
Figura 4 Prezzo internazionale (red winter n°1,) raffrontato a quello italiano (Frumento tenero n°1) nel 2011
FONTE: Elaborazione IRES su dati INDEXMUNDI e AGER
0
50
100
150
200
250
300
350
borsa merci
bologna
internazionale
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1.2.2 Italia e Piemonte
In Italia le superfici investite a frumento tenero nel 2011 sono state leggermente in calo rispetto al
2010 (-3,23%). Anche la produzione totale è leggermente calata, ammontando, secondo i dati
ISTAT, a circa 2,85 milioni di tonnellate (-3,1%). I dati evidenziano maggiori problemi rispetto alla
scorsa campagna per quanto riguarda la fase di raccolta: infatti nel 2010 risultavano perse circa
86.000, mentre nel 2011 il quantitativo è praticamente raddoppiato (- 167.497 quintali).
Le principali regioni produttrici di frumento tenero sono quelle del Nord: Emilia Romagna, Veneto,
Piemonte e Lombardia che insieme coltivano il 70% della SAU frumenticola nazionale, producendo
il 75% del totale. A queste si aggiunge l’Umbria che nell’ultimo anno ha incrementato
ulteriormente le superfici a grano tenero (+3,41%) superando la Lombardia. In tema di superfici e
produzioni regionali emergono negativamente Veneto e Lombardia. In entrambe le regioni la
riduzione delle superfici ed il calo della produzione totale è stato piuttosto importante. Rispetto al
2010 il Veneto a seminato circa 85.000 ettari, cioè il 10% in meno rispetto allo scorso anno, per
una produzione totale di 503 mila tonnellate (-10,52%), mentre la Lombardia ha superato di poco i
45.000 ettari (-22,35% rispetto al 2010), producendo 228 mila tonnellate (-32,64%).
Dal dettaglio provinciale si conferma la tradizionale predominanza della provincia di Perugia dove,
anche nel 2011 s’è registrato un incremento delle superfici (+4% rispetto al 2010). Tra le note più
rilevanti si riscontrano significativi incrementi nella produzione nelle province di Ravenna (+
32,91%); Bologna (+30,56%); e Ferrara (+ 21,96%).
Tabella 11 Superficie (in ettari) e produzione (in quintali) di frumento tenero a livello nazionale e nelle principali regioni produttrici
2010 2011 2011 - 2010
Superficie
(ha) Produzione totale
(q) Superficie
(ha) Produzione totale
(q) Δ%
Sup. Δ%
Prod.
Emilia-Romagna 144.994 8.535.210 142.685 8.978.310 -1,59 5,19
Piemonte 86.515 4.564.636 91.073 4.388.820 5,27 -3,85
Veneto 94.282 5.624.780 84.717 5.033.191 -10,15 -10,52
Umbria 55.058 3.596.399 56.935 3.703.404 3,41 2,98
Lombardia 58.015 3.392.146 45.050 2.284.875 -22,35 -32,64
ITALIA 548.867 29.367.875 531.135 28.456.279 -3,23 -3,10
(Fonte: Elaborazione IRES su dati ISTAT)
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Tabella 12 - Superficie e produzione di frumento tenero nelle principali province produttrici
2010 2011 2011 - 2010
Superficie
(ha) Produzione totale
(q) Superficie
(ha) Produzione totale
(q) Δ%
Sup. Δ%
Prod.
Perugia 50.000 3.400.000 52.000 3.500.000 4,00 2,94
Alessandria 34.539 1.836.596 34.462 1.696.331 -0,22 -7,64
Bologna 26.500 1.670.600 28.700 2.181.200 8,30 30,56
Rovigo 27.180 1.766.700 26.000 1.768.000 -4,34 0,07
Ferrara 24.050 1.346.800 25.665 1.642.560 6,72 21,96
Torino 20.904 1.092.994 21.868 1.158.380 4,61 5,98
Cuneo 17.708 938.216 21.200 939.220 19,72 0,11
Modena 21.134 1.373.710 18.870 1.415.250 -10,71 3,02
Padova 23.500 1.527.500 18.595 1.178.911 -20,87 -22,82
Ravenna 14.000 729.720 15.150 969.850 8,21 32,91
(Fonte: Elaborazione IRES su dati ISTAT)
In Piemonte a causa dell’autunno piovoso le rese di grano sono diminuite di circa il 20% rispetto
allo scorso anno, ma la qualità è stata abbastanza buona con un valore proteico nella media ed un
peso ettolitrico che s’è aggirato intorno ai 76 Kg/hl. In totale, durante la campagna 2011, le
aziende piemontesi hanno investito a frumento 91.073 ettari (+5,27% sul 2010), producendo
438.882 tonnellate, il 3,85% in meno rispetto al 2010. La fase di raccolta s’è svolta senza
particolari problemi: sono stati persi solo 165 quintali contro gli 825 dello scorso anno.
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Report di filiera – COP - 2012
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2. Quadro Normativo L’accordo sull’Health Check della PAC raggiunto in novembre 2009 ha confermato la scelta del
disaccoppiamento ed evidenziato cambiamenti in quattro punti fondamentali: maggiore flessibilità
di gestione, diminuzione progressiva dei meccanismi di gestione dei mercati, introduzione di
misure anti crisi e maggior tutela dello sviluppo rurale.
Il programma di disaccoppiamento è continuato regolarmente e sarà completato nel corso del
2012 con il riso, il premio per le colture proteiche e l’aiuto per le sementi.
Con la nuova PAC 2014-2020, scadrà il sistema storico con cui venivano pagati i titoli a
disposizione degli agricoltori e verrà istituito il nuovo sistema sulla base delle proposte di
regolamento presentate dalla Commissione Europea il 12 Ottobre 2011 e, ad oggi, oggetto di
intesi negoziati tra gli Stati membri e i funzionari di Bruxelles. In riferimento ai pagamenti diretti la
proposta prevede la ripartizione del massimale nazionale in diverse voci sia obbligatorie che
facoltative la somma delle quali formerebbe il contributo destinato a ciascuna azienda agricola. In
breve il nuovo sistema proposto prevede:
un pagamento di base;
un pagamento vincolato alla fornitura di beni ambientali, il cosiddetto greening;
un pagamento compensativo per gli agricoltori che operano in aree che presentano particolari difficoltà dal punto di vista naturale o vincoli di gestione;
un pagamento accoppiato per il mantenimento in produzione di particolari prodotti;
un pagamento aggiuntivo per i giovani agricoltori;
uno schema di pagamento facilitato per le piccole imprese agricole.
A prescindere dalla riduzione generalizzata degli aiuti a causa della fine del modello di ripartizione
stroco, che aveva premiato in passato le produzioni cerealicole rispetto ad altre, la voce che
potrebbe creare più difficoltà d’attuazione per i cerealicoltori è quella relativa al greening. Per
ottenere il sostegno PAC, infatti, le aziende dovranno seguire alcune pratiche obbligatorie che allo
stato attuale (dicembre 2011) sono stabilite in:
La diversificazione delle colture: se l’azienda dispone di più di tre ettari di superficie arabile, ad eccezione dei terreni a pascolo, a riposo o coltivati in ambiente acquatico, la
coltivazione deve includere tre diverse colture, di qualsiasi tipologia, e ognuna di esse deve
avere un’estensione compresa tra il 5 ed il 70% dell’area interessata.
Il mantenimento dei prati permanenti: gli agricoltori si assumono la responsabilità di
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mantenere le colture foraggere pluriennali per almeno 5 anni.
La gestione ecologica: almeno il 7% della superficie ammissibile al pagamento, ad esclusione dei pascoli, deve essere destinata alla gestione ecologica, ad esempio con il set
aside, l’imboschimento, la creazione di corridoi ecologici, il mantenimento od il ripristino
di elementi del paesaggio naturale, ecc.
Sul fronte degli interventi sul mercato cerealicolo si è passati ad un sistema di “rete di sicurezza”:
l’intervento per frumento duro e cereali foraggeri è fissato a zero, per il frumento tenero
panificabile è previsto fino ad un massimo di 3 mln t.
A febbraio la Commissione Europea ha deciso di sospendere fino al 30 giugno 2011 i dazi alle
importazioni di grano tenero di media e bassa qualità e dell'orzo da mangime. Una misura che
secondo l’Unione Europea si è resa necessaria, per alleviare le tensioni sul mercato interno dei
cereali, con prezzi alle stelle in particolar modo per le derrate utilizzate nei mangimi.
La normativa comunitaria pone limiti molto restrittivi circa il contenuto di micotossine dei cereali
destinati all’alimentazione umana. Il Regolamento (CE) 1881/2006, poi modificato dal successivo
regolamento Ce. 1126/2007, definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti, fra cui appunto le
micotossine, nei prodotti alimentari. Stabiliti i limiti delle micotossine, l’Unione Europea ha
individuato, con la Raccomandazione n. 583 del 17 agosto 2006, i principi relativi alla prevenzione
ed alla riduzione della contaminazione da Fusarium-tossine dei cereali. Anche nel settore
mangimistico l’attenzione degli operatori per la sanità del mais è oggi molto elevata e, a livello
nazionale, sono state recepite una serie di direttive comunitarie volte a disciplinare tale aspetto. Il
D. Lgs. n. 149/04 contiene norme sulle sostanze e i prodotti indesiderabili nell’alimentazione
degli animali e definisce, fra gli altri, il contenuto massimo di Aflatossina B1 nei prodotti destinati
all’alimentazione degli animali. Il Decreto del 15 maggio 2006 del ministero della Salute riguarda
invece la determinazione dei limiti di Ocratossina A negli alimenti per animali.
Rispetto all’introduzione di OGM, nel 2011 ci sono stati grandi passi avanti in termini di
deregulation. A Luglio il Parlamento ha approvato a larga maggioranza la proposta della
commissione europea di lasciare agli Stati Membri ed alle Regioni la libertà di scelta sugli OGM. Se
il Consiglio riuscirà a raggiungere un’intesa si potrà risolvere una annosa questione che dura
ormai da dieci anni, ma aprirà sicuramente un altro fronte polemico in sede WTO dove i paesi
produttori, su cui spiccano Brasile, Argentina e Stati Uniti, hanno già vinto un ricorso contro il
proibizionismo europeo.
Attualmente in Europa ci sono solo due prodotti OGM autorizzati per la coltivazione il Mais Mon
810 e la Patata Amflora. Gli ettari a OGM in Europa sono stati stimati nel 2010 da Greenpeace in
circa 83 mila in in forte contrazione (-13%) rispetto all’anno precedente.
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Tabella 13 Coltivazione di Mais OGM in Europa
Fonte: Greenpeace
Tabella 14 - Coltivazione della patata OGM Amflora
Fonte: Greenpeace
Rispetto alle autorizzazioni all’Import è comunque da sottolineare che il nuovo pacchetto
normativo manterrà il potere decisionale a Bruxelles, previa autorizzazione dell’authority e
spetterà agli Stati Membri chiudere eventualmente le frontiere a questi prodotti. A tal proposito,
nel Dicembre 2011, gli Stati Membri non hanno raggiunto la maggioranza qualificata in merito alle
proposte della Commissione Europea sull'autorizzazione di due prodotti di soia geneticamente
modificati (MON 87701, della Monsanto e 356043 della Pioneer). Le proposte riguardavano, nel
dettaglio, l'autorizzazione per uso alimentare e per mangimi, ma non per la coltivazione, di due
prodotti di soia geneticamente modificati che hanno ricevuto un parere scientifico favorevole da
parte dell'EFSA. La Commissione europea ha un mese di tempo per interpellare gli Stati membri e
proporre le possibili date per la convocazione del Comitato d'appello, istituito dal Regolamento n.
182/2011. Il Comitato d'appello deve, quindi, esaminare le due proposte ed esprimersi a
maggioranza qualificata. Nel caso in cui anche in sede di Comitato d'appello non emerga
un'opinione a favore o contro, i due dossier tornerebbero alla Commissione europea per la
decisione finale. I prodotti OGM non hanno mai goduto buona fama in Europa ed in Particolare in
Italia, tant’è che la BASF, fra le prime compagnie chimiche al mondo, sta abbandonando i piani di
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sviluppo e commercializzazione delle colture OGM in Europa in favore dei mercati nord e sud
americani e asiatici. BASF, ha infatti annunciato che concentrerà la sua attività sui mercati
principali del Nord e Sud America, mentre «lo sviluppo e la commercializzazione di tutti i prodotti
mirati esclusivamente alla coltivazione dei mercati europei saranno fermati». Continueranno invece
i processi di approvazione già avviati.
A livello nazionale Il mancato recepimento dell’emendamento “salva essiccatoi” del decreto
legislativo n. 128/2010, quale modifica al decreto legislativo n.152/2006, il cosiddetto “codice
ambientale”, continua a preoccupare gli operatori del settore. L’emendamento intendeva esonerare
dalla procedura di autorizzazione alle emissioni in atmosfera gli essiccatoi di cereali di limitata
potenza e di breve funzionamento annuale, in quanto poco significativi da punto di vista
dell’inquinamento atmosferico. Per effetto della norma, invece entro il 1° settembre 2013 tutte le
imprese agricole che utilizzano per l’essiccazione dei cereali (mais, riso) propri impianti di
essiccazione, dovranno ottenere un’apposita autorizzazione da parte dell’Amministrazione
provinciale, affrontando gravosi ed onerosi adempimenti non solo sotto il profilo amministrativo e
burocratico, ma anche tecnico/strutturale, dovendo provvedere ad adeguamenti impiantistici.
Il persistere del divieto di utilizzare i concianti neonicotinoidi sul mais contro le malattie
(specialmente la diabrotica ed il nanismo) delle piante cerealicole. Secondo il Ministero, tale
sospensione ha quasi azzerato, nel 2009 e nel 2010, i casi di moria delle api che si erano verificati
durante il 2008 (2 casi contro i 185 dell’anno precedente); inoltre, la tesi ministeriale ipotizza la
mancanza di correlazione tra il non impiego dei neonicotinoidi e la comparsa della diabrotica.
Tuttavia, i produttori cerealicoli sostengono che sarebbe opportuno sviluppare tecniche di
rivestimento del seme conciato, invece di vietarne l’utilizzo, in modo da evitare che le polveri
(dannose specialmente per le api) si liberino nell’atmosfera. Inoltre i produttori lamentano il fatto
che nel settore viticolo l’uso dei neonicotinoidi per il contrasto alla flavescenza dorata sia tutt’ora
permesso.
Per quanto riguarda il Piemonte, è importante sottolineare che nel PSR 2007-2013 sono stati
inserite numerose misure a cui possono accedere le aziende produttrici a COP strutturate su due
assi portanti: l’aiuto alla competitività delle imprese e gli interventi per il miglioramento
dell’ambiente e dello spazio rurale.
In relazione al primo aspetto, obiettivi principali delle misure previste sono legati
all'ammodernamento delle imprese agricole, al sostegno ai prodotti agricoli e forestali e
l’accrescimento del loro VA (in particolare per cereali e riso prodotti in aree rurali ad agricoltura
intensiva e specializzata), al sostegno allo sviluppo di organismi di cooperazione di filiera e
all’aumento del livello di integrazione tra i produttori primari, al potenziamento delle
infrastrutture (in particolare quelle irrigue e idriche), al miglioramento della qualità di produzione
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attraverso la partecipazione a sistemi di qualità alimentare e all’investimento in informazione e
promozione delle produzioni nei diversi canali (ristorazione, vendita, GDO).
In relazione al secondo aspetto, le misure che riguardano nello specifico la filiera cerealicola
puntano, da un lato, a fornire sostegno agli agricoltori delle zone montane, che in Piemonte
occupano il 45% della superficie regionale e operano in condizioni climatiche difficili, tramite
l’erogazione di un aiuto in base all’estensione delle coltivazioni; dall’altro, offrono un aiuto alle
produzioni agro ambientali, tramite gli incentivi all’applicazione di tecniche di produzione
integrata e biologica e la conversione dei seminativi in foraggere.
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3. Conclusioni e analisi SWOT
Il mercato mondiale dei cereali è stato segnato profondamente dagli alti prezzi e da una volatilità
troppo vivace delle quotazioni che, se da un lato premiano economicamente gli agricoltori (prezzi),
dall’altro creano situazioni di difficoltà nell’organizzazione e nelle decisioni aziendali (volatilità).
Le cause di queste tensioni sono molteplici: il nuovo paradigma post-produttivista della politica
agricola comunitaria (PAC) impostosi a partire da Agenda 2000 ha spostato il sistema di aiuti al
settore dal sostegno alla produzione a quello del reddito. Il conseguente smantellamento del
sistema di barriere tariffarie ha contributo ad allineare i prezzi comunitari dei prodotti agricoli a
quelli internazionali. A partire dal 2005, il mercato globale delle commodities agricole è stato
investito da un insieme di cause che agendo sinergicamente hanno fatto aumentare notevolmente
la variabilità dei prezzi di prodotti agricoli fondamentali.
Ad esempio, tra il mese di gennaio 2006 e il 2° trimestre del 2008 i prezzi internazionali del riso
Thai B. quotato a Bangkok sono più che triplicati, mentre la soia quotata a Chicago è salita del
200% nello stesso periodo. Dopo un brusco calo delle quotazioni avvenuto nel 2009, dal 2010 a
oggi i prezzi sono tendenzialmente risaliti fino al 3° trimestre 2011, raggiungendo nuovi picchi
storici, come nel caso del mais che ha sfiorato gli 8 US$ a bushel. La “tempesta perfetta” che ha
investito le commodities alimentari, com’è stata definita dal World Food Programme,, quindi, non
è ancora passata e non a caso il tema della volatilità dei mercati agricoli è stato al centro del
recente G20 tenutosi a Parigi ed è uno dei principali punti sull’agenda dell’Unione Europea, che sta
predisponendo un’importante riforma della politica agricola comune.
Tra i principali fattori che causano questa accresciuta volatilità, si può citare in primo luogo il forte
aumento della domanda guidato sia dalle mutate abitudini alimentari di paesi popolosi, primo fra
tutti la Cina, sia dall’incremento della produzione di bioenergia e biocarburanti. In particolare,
riguardo al mais, sono stati sicuramente determinanti l’Energy Policy Act ed il successivo Energy
Independency and Security Act approvati dal Congresso statunitense, tramite i quali si definiscono
crescenti quantità crescenti di bioetanolo da impiegare come additivo ai carburanti. Inoltre,
l’incremento di domanda, in particolare nel 2005-2006, ha avuto un effetto amplificato sui prezzi
a causa del basso livello delle riserve strategiche e di un andamento climatico sfavorevole in più
parti del globo. A tutto ciò si sono uniti altri fattori: il deprezzamento del dollaro, che ha
ulteriormente accresciuto l’acquisto di partite di cereali da parte dei grossi player, l’aumento del
prezzo del petrolio, che ha profondamente inciso sui costi di produzione e soprattutto l’eccessiva
speculazione finanziaria tramite gli Hedge fund e i fondi sovrani che hanno intensificato la
diversificazione del portafoglio concentrandosi sulle commodities agricole.
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A tutto ciò si aggiunge l’elevato potere concentrato in mano alle agenzie, come l’USDA, e private
come l’International Grain Council che tramite le stime su semine e raccolti influenzano
notevolmente l’andamento delle quotazioni.
La futura riforma della PAC ed in particolare le regole del greening sono un fattore di
preoccupazione per la capacità produttiva del settore cerealicolo italiano e piemontese.
Trasformare la PAC da politica agricola a politica ambientale, anche se molti dei cambiamenti sono
stati imposti dal WTO, non pare una scelta completamente condivisibile, anche tenuto conto del
grave momento di crisi nel quale si dovrebbe stimolare la produzione, anche in ottica delle
opportunità offerte dal mercato delle bioenergie e dei biocarburanti. In merito a quest’ultimo
tema,in Piemonte sta nascendo un impianto di produzione di etanolo a Crescentino ma non sarà
alimentato a cereali, mentre continua la crescita del numero degli impianti per il biogas
largamente alimentati da insilati e scarti di lavorazione di cereali.
Dalla fase industriale si colgono crescenti segnali tesi a stimolare una maggiore articolazione e
organizzazione dell’offerta primaria; i trasformatori hanno bisogno di materie prime adeguate in
termini di quantità e qualità (assenza di micotossine, specifiche caratteristiche merceologiche), che
sono costretti a procurarsi all'estero a causa dell'andamento qualitativamente e quantitativamente
discontinuo della produzione italiana. Il recente rapporto sull’approvvigionamento dell’Industria
molitoria a cura di ISMEA e Italmopa, infatti, segnala che la produzione nazionale di frumento
continua ad essere carente per i frumenti teneri di forza, destinati a prodotti ad alta lievitazione, e
per frumenti teneri ad uso biscottiero. A tutto ciò si lega la strutturale polverizzazione dell’offerta
che continua a essere un punto di debolezza della complessa filiera cerealicola nazionale.
In merito a ciò dal Piemonte giungono segnali positivi, infatti in regione si evidenzia un’offerta
abbastanza aggregata grazie a realtà cooperative come il CAPAC che da solo aggrega il 10-12%
della produzione regionale. La questione dell’aggregazione dell’offerta è di fondamentale
importanza per la fase agricola di tutte le filiere ed infatti anche la Commissione Europea, nelle
bozze di regolamento sullo sviluppo rurale, prefigura la creazione di misure dedicate alla
costituzione ed al sostegno delle organizzazioni di produttori. L’aggregazione dell’offerta si rivela
un elemento che per il mondo della cerealicoltura regionale è sia un punto di forza che
un’opportunità, in quanto i grossi gruppi tendono a stipulare contratti d’acquisto per quantitativi
sempre crescenti di materia prima (Il gruppo Veronesi, ad esempio stipula contratti a partire da
10.000 quintali). In Piemonte l’industria di trasformazione dei cereali (mais e frumento) è ben
rappresentata da industriali importanti come, ad esempio, La Roquette, che è una multinazionale
con sede italiana a Cassano Spinola, in provincia di Alessandria e che per la sua produzione di
amido assorbe 20.000 quintali di mais al giorno, la gran parte del quale è di produzione locale.
Altra realtà importante per il mais è il Molino Peila di Valperga che produce mais alimentare ed è
uno dei principali molini italiani per questo derivato. A questi vanno aggiunti i numerosi
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mangimifici (ad es. Ferrero, Purina, Veronesi). Anche per il grano, in regione si registra una
presenza significativa di molini, quali in particolare Bongiovanni di Santena e lo stabilimento della
Kraft di Alessandria.
Di seguito, l’analisi SWOT relativa alla filiera cerealicola.
Minacce Opportunità Punti di Forza Punti di Debolezza
Rischi di collocamento
della merce legati
a scadenti
caratteri sanitari
del prodotto
Estensivizzazione delle colture e
sostituzione con
colture a bassa
intensità di
capitale in
risposta alla
riforma PAC
Instabilità del mercato
Competizione con utilizzi non
alimentari
Crescita dei consumi su scala
mondiale e
nazionale
Valorizzazione dell’origine locale
Segmentazione dell’offerta in
base a specifici
utilizzi
Accordi di filiera supportati da
tracciabilità
Legame con le produzioni
zootecniche di
qualità
Bioenergie
Integrazione contrattuale fra
coltivatori e
industrie molitorie
Presenza di aree e di aziende
agricole con
elevato livello di
specializzazione
Presenza di alcune imprese di
trasformazione di
rilevanti
dimensioni e ben
posizionate sul
mercato
Parziale concentrazione e
segmentazione
dell’offerta ad
opera di realtà
consortili
Elevato livello di capacità tecniche
Scarsa integrazione
verticale della
filiera
Ancora insufficiente
segmentazione e
valorizzazione
della produzione
primaria
Problemi igienico-sanitari
(micotossine,
concianti) e scarsa
attenzione alla
ricerca scientifica
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Fonti consultate
Rassegna stampa
Per il presente rapporto sono state consultate le seguenti testate:
AGRISOLE
IL SOLE24ORE – NORDOVEST
LARGOCONSUMO
L’INFORMATORE AGRARIO
TERRA E VITA
Siti
AGER (Associazione granaria emiliano romagnola) - http://www.agerborsamerci.it/
CIA (Confederazione italiana agricoltori) - http://www.cia.it/
CME group - http://www.cmegroup.com/
COLDIRETTI - http://www.coldiretti.it/
COLDIRETTI Piemonte - http://www.piemonte.coldiretti.it/
CONFAGRICOLTURA - http://www.confagricoltura.it
CONFAGRICOLTURA PIEMONTE - http://www.confagricolturapiemonte.it/
EUROPARLAMENTO24 - http://www.europarlamento24.eu
EUROSTAT - http://epp.eurostat.ec.europa.eu
FAO (Food and Agriculture Organization), servizio statistico - faostat.fao.org
GREENPEACE Italia - http://www.greenpeace.org
INDEX MUNDI – www.indexmundi.com
INTERNATIONAL GRAIN COUNCIL - http://www.igc.int
ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) – www.ismea.it
ISTAT – www.istat.it
REGIONE PIEMONTE (Direzione Agricoltura) www.regione.piemonte.it/agri
SISTEMA PIEMONTE – www.sistemapiemonte.it
http://www.agerborsamerci.it/http://www.cia.it/http://www.cmegroup.com/http://www.coldiretti.it/http://www.piemonte.coldiretti.it/http://www.confagricoltura.it/http://www.confagricolturapiemonte.it/http://www.europarlamento24.eu/http://epp.eurostat.ec.europa.eu/file:///C:/Users/AISRE2/Documents/faostat.fao.orghttp://www.greenpeace.org/http://www.indexmundi.com/http://www.igc.int/http://www.ismea.it/http://www.istat.it/http://www.regione.piemonte.it/agrihttp://www.sistemapiemonte.it/
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Report di filiera – COP - 2012
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USDA (United States Department of Agriculture) - http://www.usda.gov
USDA, Foreign Agricultural Service - http://www.fas.usda.gov
COMMISSIONE EUROPEA (AGRICOLTURA) - http://ec.europa.eu/agriculture/index_en.htm
http://www.usda.gov/http://www.fas.usda.gov/http://ec.europa.eu/agriculture/index_en.htm