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Quaderno di Lavoro realizzato nell'ambito dell'iniziativa speciale "Cultura finanziaria a scuola: per prepararsi a scegliere"

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

TEMI10I 10 “Temi” dell’economia/finanza

1 Ciclo Economico di Roberto Fini pag. 08

2 Banca di Maria Cristina Quirici pag. 22

3 Servizi di pagamento di Elide Sorrenti pag. 38

4 Tassi di interesse e rendimenti di Elide Sorrenti pag. 52

5 Credito alle famiglie di Elide Sorrenti pag. 68

6 Finanziamento alle imprese di Enrico Castrovilli pag. 82

7 Risparmio e investimenti di Federico Cartei pag. 98

8 Rischio degli strumenti finanziari di Federico Cartei pag. 112

9 Mercato degli strumenti finanziari di Alberto Banfi pag. 126

10 Previdenza di Enrico Castrovilli pag. 138

Presentazione del Quaderno di Lavoro “Cultura finanziaria a scuola: per prepararsi a scegliere” pag. 02

Introduzione di Dario Di Vico pag. 06

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

capacità che risulteranno necessarie per realizzare comportamenti più consapevoli. Si riconosce, pertanto,

l’esistenza di un duplice nesso causale attraverso cui le conoscenze influiscono sulle competenze e queste

ultime sui comportamenti futuri.

In ambito internazionale sia la Federal Reserve che la Banca Centrale Europea hanno lanciato segnali decisi

affinché i singoli Stati si adoperino per sviluppare un’adeguata formazione pubblica in materia economico-

finanziaria.

Dopo i richiami del Presidente Obama in persona che invita a cercare “approcci creativi per la diffusione

dell’educazione finanziaria” e del Presidente della Fed, Ben Bernanke, che proprio in questi giorni ha voluto

ricordare che “una buona cultura di base è essenziale perché favorisce la crescita di responsabilità anche

dalla più giovane età”, negli Stati Uniti è stato avviato un programma finanziato con 3,1 milioni di dollari

dalla Social Security (paragonabile al nostro Inps) per l’avvio di programmi di formazione pubblica previsti

dal Ministero del Tesoro per evitare che le famiglie più fragili perdano i loro risparmi. Il lavoro degli esperti ha

identificato più aree di lavoro: guadagno, spese, risparmio, debito e protezione dai rischi.

In Germania è la Bundesbank che insieme al Ministero del Tesoro ha promosso “corsi per insegnare a chi

deve insegnare”, rivolti cioè a insegnanti di scuole di diverso grado con temi che vanno dagli elementi

base del risparmio fino ai diritti e doveri dei consumatori. In Gran Bretagna è la massima Autorità per i

servizi finanziari, la Financial Service Autorithy, a spendersi direttamente per l’insegnamento nelle classi

dei temi economici nelle ore di matematica. In Francia le Autorità di mercato hanno creato l’Institut pour

l’Education Financiere du Public, organismo senza fini di lucro dove sono rappresentati tutti, associazioni dei

risparmiatori e sindacati compresi, per far crescere la consapevolezza sulle caratteristiche dei prodotti e la

loro gestione nelle scuole secondarie superiori.

I benefici di una corretta educazione finanziaria

È ormai opinione comune che maggiori conoscenze economiche consentano ai cittadini di ottimizzare le

scelte economiche secondo le esigenze personali, di incentivare una gestione efficiente del risparmio e di

operare il passaggio verso forme pensionistiche complementari. Un consumatore meglio preparato stimola

le istituzioni finanziarie a mettere in atto pratiche efficienti, trasparenti e competitive, senza contare che le

decisioni prese da risparmiatori più preparati rendono i mercati più monitorati.

Al contrario consumatori meno istruiti tendono a sovrastimare con effetti deleteri le loro competenze

finanziarie con la possibilità che il rischio sia trasferito dalle imprese ai risparmiatori.

La psicologia cognitiva applicata al tema delle decisioni in ambito economico e finanziario mette in evidenza

gravi lacune da parte dell’investitore medio rispetto a quello che sarebbe un comportamento razionale

ed efficiente. Il contesto in cui si opera la scelta, l’avversione alle perdite (che è addirittura più forte della

motivazione al guadagno) e l’ostinazione nel continuare a sostenere investimenti in perdita sono solo alcune

delle carenze comportamentali dell’investitore medio che lo portano a seguire strategie fortemente irrazionali

in tema finanziario.

La cultura economica avvantaggia al tempo stesso sia i risparmiatori, che sono in grado di esprimere

comportamenti equilibrati e responsabili, sia le imprese bancarie e finanziarie, che riescono a farsi capire

meglio se sussiste una maggiore simmetria informativa, consentendo ai diversi risparmiatori di individuare

i prodotti idonei alle caratteristiche personali, aumentando così la credibilità delle istituzioni bancarie e

finanziarie. In questo modo i cittadini acquistano fiducia in mercati trasparenti, affidabili, gestiti

correttamente e diventano così meno esposti all’instabilità con un conseguente benessere complessivo che

contribuisce ad accrescere il benessere dell’intera società.

Il progetto “Cultura finanziaria a scuola: per prepararsi a scegliere”

Come emerge dalle esperienze internazionali e dalle volontà espresse delle nostre Autorità in materia, tra

Presentazione del progetto“CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE”di Federico Cartei

L’indagine eseguita da Gfk Eurisko su un campione di insegnanti e studenti delle scuole superiori

partecipanti all’iniziativa “Cultura finanziaria a scuola: per prepararsi a scegliere”, ha messo in evidenza

risultati che incoraggiano a continuare con sempre maggiore impegno l’iniziativa intrapresa, ormai al suo

terzo anno di vita: gli insegnanti hanno mostrato un interesse molto forte per i temi approfonditi dal progetto

perché li considerano di grande attualità e vedono la materia come un completamento del loro ruolo di

insegnamento. Per suscitare il massimo interesse negli studenti suggeriscono di utilizzare un approccio di

insegnamento che abbia un riscontro nella realtà, che sia divertente e dia risultati concreti nel breve periodo.

I ragazzi a loro volta hanno dichiarato di avere un rapporto molto diretto con il denaro inteso come possibilità

di spesa e di risparmio, ma al tempo stesso hanno dimostrato conoscenze finanziarie molto approssimative

che creano una forte diffidenza per tutto quello che è il mondo della finanza, percepito come “un mondo

ricco, un po’ confusionario, rischioso e basato più sull’azzardo che su regole”.

Gli studenti percepiscono i temi economico-finanziari come molto complicati, ma sono i primi a chiedere

di poter aumentare e migliorare il loro grado di conoscenza in argomenti che sentono come fondamentali

nella loro vita attuale e futura.

La suddetta indagine mette in risalto le gravi carenze di conoscenze economiche e finanziarie nel mondo

dei giovani ma, in realtà, come documentato da altre fonti autorevoli, l’ignoranza in materia è diffusa in tutta

la società in generale.

Una recente indagine dello Studio Ambrosetti ha messo in evidenza che in una scala da 0 a 10 il grado di

cultura finanziaria della popolazione maggiorenne italiana è pari a 4,3 (era pari a 3,5 nel 2007), sotto il 5,1

della Germania, il 4,6 del Regno Unito e sopra i 3,8 punti della Francia.

Non è raro imbattersi in persone colte che sono incapaci di calcolare semplici percentuali, capire realmente i

rendimenti del proprio investimento, distinguere i valori monetari da quelli reali o definire elementari concetti

economici.

È oggi opinione comune che gli investitori italiani, dopo essersi affidati negli anni ‘70/’80 ai Bot e aver

delegato successivamente a intermediari (fondi comuni, Ipo pubbliche) i propri risparmi, debbano oggi

raggiungere un grado di cultura finanziaria che permetta loro di prendere decisioni coerenti con le proprie

esigenze. A tal fine non occorre formare investitori esperti, ma consumatori finanziari avvertiti, in grado di

saper scegliere tra i molteplici prodotti a loro disposizione.

La cultura finanziaria a scuola: l’esperienza internazionale

Secondo la definizione dell’Ocse, l’educazione finanziaria è “il processo attraverso il quale i consumatori/

investitori finanziari migliorano la propria comprensione di prodotti e nozioni finanziarie e, attraverso

l’informazione, l’istruzione e un supporto oggettivo, sviluppano le capacità e la fiducia necessarie per

diventare maggiormente consapevoli dei rischi e delle opportunità finanziarie, per effettuare scelte

informate, comprendere a chi chiedere supporto e mettere in atto altre azioni efficaci per migliorare il

loro benessere finanziario”. Per l’Ocse, che ha identificato un proprio percorso di educazione finanziaria

denominato “European Qualification Framework”, le iniziative di educazione finanziaria sono finalizzate ad

innalzare i livelli di conoscenza degli individui, mentre la migliore comprensione dei fenomeni accresce le

Presentazione

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

l’argomento in classe.

Il nostro percorso inizia con un tema molto attuale quale l’analisi del funzionamento del ciclo economico,

che con i suoi alti e bassi ha portato oggi i Paesi occidentali a vivere la crisi più profonda dagli anni ’30

(Roberto Fini, Scheda n. 1).

Si passa quindi ad approfondire cosa fa e come funziona una banca, concentrandosi sulle sue varie funzioni

e i suoi modelli di business attualmente in discussione a causa della recente crisi finanziaria (Maria Cristina

Quirici, Scheda n. 2).

Successivamente il nostro viaggio nella “cultura finanziaria” continua con l’analisi dei diversi servizi e strumenti

di pagamento offerti dalla banca che anche gli studenti dichiarano di utilizzare senza comprenderne fino in

fondo il reale funzionamento (Elide Sorrenti, Scheda n. 3). Una attenta analisi del significato e del metodo

di calcolo delle numerose definizioni di tasso e rendimento che troviamo sul mercato non poteva mancare

per completare la formazione e preparare a scegliere in modo consapevole gli investimenti più redditizi così

come i finanziamenti più consoni alle varie esigenze (Elide Sorrenti Scheda n. 4).

Per rimanere su temi concreti ed ancorati alla realtà di tutti i giorni abbiamo affrontato poi l’argomento dei

finanziamenti alle famiglie ed alle imprese, soffermandoci su come vengono erogati, che esigenze vanno a

colmare, quali costi e quali vantaggi (e costi) comportano per il consumatore finale le varie forme tecniche

offerte sul mercato (Elide Sorrenti ed Enrico Castrovilli, Schede n. 5 e 6).

Il livello successivo del nostro cammino riguarda il tema degli investimenti e del risparmio: abbiamo

evidenziato quali sono gli strumenti finanziari a disposizione per impiegare il denaro a seconda delle esigenze

dell’investitore, le loro caratteristiche, le loro opportunità di rendimento ma anche i loro rischi, consapevoli

che senza rischio non possiamo ottenere alcun rendimento (Federico Cartei, Schede n. 7 e 8).

Di grande interesse la scheda sul funzionamento del mercato degli strumenti finanziari, tesa a mettere in

evidenza come si possono trasferire direttamente mezzi dai soggetti in surplus, storicamente rappresentati

dalle famiglie, ai soggetti in deficit, rappresentati dalle imprese, quale ruolo svolgono gli intermediari e

quali benefici apporta un mercato efficiente alle imprese e agli investitori (Alberto Banfi, Scheda n. 9).

L’ultima scheda tratta un argomento di grande importanza per il futuro dei giovani: la previdenza.

A seguito del progressivo incremento dell’età pensionabile e della riduzione degli assegni pensionistici da

parte dello Stato, occorre riflettere sulla necessità di accantonamenti di una quota dello stipendio verso

forme pensionistiche complementari e/o integrative che permettano di affiancare quelle statali per tutelare

le proprie esigenze di sostegno dopo la conclusione dell’attività lavorativa e permettere un tenore di vita

post lavoro all’altezza del periodo precedente ed un futuro sereno (Enrico Castrovilli, Scheda n. 10).

cui quella del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, la scuola è il contesto deputato per l’educazione

finanziaria: tramite gli insegnanti si possono infatti raggiungere e formare i giovani di oggi per prepararli ad

essere cittadini di domani, fungendo da trampolino ideale per educare indirettamente anche le loro famiglie.

Il nostro progetto si basa sul mondo della scuola quale ambiente ideale per educare andando al cuore

delle questioni conoscitive alla base dell’economia, della finanza, delle regole che sovraintendono le attività

finanziarie e bancarie per poi riuscire, sulla base degli strumenti acquisiti, ad approfondire temi di attualità

quali la crisi economica, i mutui sub-prime, l’andamento dei mercati finanziari.

I temi che vengono trattati nel Quaderno sono concetti basilari, “cassetti che servono ad ordinare le

conoscenze nel mobile delle categorie” (Gaston Bachelard).

Questo è il significato di un “investimento” che accresca il capitale umano e sociale, auspicio frequente delle

Autorità bancarie ed economiche.

Il Quaderno di Lavoro, attraverso la lettura e l’analisi quotidiana dei servizi finanziari, di base ed evoluti, cerca

di incrementare le conoscenze degli studenti per prepararli ad una vita futura come cittadini informati e

consapevoli delle proprie scelte.

Questo progetto intende generare una risorsa per il lavoro didattico dei docenti che, partendo dalla realtà

dei fatti consenta di approfondire gli argomenti trattati con un approccio ampio, integrato ed organico.

Portare nelle aule scolastiche la dinamica e la complessità della realtà finanziaria significa aiutare i giovani a

realizzare un’efficace comprensione di un aspetto caratterizzante della società moderna. I docenti possono

usare a misura delle proprie classi il presente Quaderno di Lavoro e utilizzare l’apporto del progetto “Il

Quotidiano in classe” proposti dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori.

Per affrontare i temi finanziari contenuti nel Quaderno di Lavoro occorre impostare un percorso educativo

che parta dalla realtà, che abbia un metodo di lavoro condiviso con gli allievi, che tenda a migliorare la

comprensione di fenomeni finanziari con lo sguardo rivolto al futuro. La partecipazione al progetto sulla

cultura finanziaria implica una sostanziale libertà di insegnamento da parte del docente e di apprendimento

da parte degli allievi, questa libertà può ben coesistere con la valutazione delle conoscenze e competenze

ottenute dagli allievi al termine del progetto.

Il Quaderno di Lavoro si rinnova

Il Quaderno di Lavoro è uno strumento che si prefigge lo scopo di accompagnare il docente nel difficile

compito di formare una cultura finanziaria di base nei propri studenti; si presenta quest’anno con una veste

grafica rinnovata e sviluppa un nuovo approccio didattico: attraverso la scelta di dieci temi base sul mondo

dell’economia e della finanza, si propone di coinvolgere il docente in un percorso che parte da tematiche di

interesse attuale e si conclude con l’approfondimento di argomenti più specifici.

I singoli temi vengono affrontati partendo dalla lettura di un articolo estratto da un quotidiano, per poi

approfondire l’argomento tramite la relativa scheda che prende spunto dall’articolo e delinea con

approfondimenti teorici e pratici l’argomento trattato e suggerire infine al docente una traccia da seguire

per l’attività da svolgere in classe.

Tra le novità di questa edizione del Quaderno troviamo l’utilizzo delle Frequently asked question (Faq) grazie

alle quali si cerca di dare una risposta facile ed immediata ai dubbi che il lettore può avere sull’argomento

trattato e si mettono in evidenza i concetti principali della scheda.

Per ciascuna delle dieci schede sono evidenziate delle parole chiave (Tag) che consentono di individuare

quali sono i termini principali utilizzati per approfondire quell’argomento che ritroveremo nei quotidiani

economico-finanziari.

Con l’indicazione dei link si danno ai docenti degli spunti per poter approfondire gli argomenti trattati su altri

siti e documenti più specifici sull’argomento.

A fianco di ogni scheda il docente troverà inoltre un Qr-Code per poter accedere direttamente dal proprio

telefonino alla clip collegata a quella scheda, ulteriore contributo da cui trarre spunto per sviluppare

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

c’è un diffuso timore. Molti docenti temono che anche solo per via strumentale, con la “scusa” di insegnare ai ragazzi a usare un bancomat o una carta di credito, si voglia in qualche maniera indottrinare i ragazzi e renderli precocemente schiavi del Dio Mercato.

Questo timore è amplificato dalla storica difficoltà della scuola italiana di dialogare con l’economia, vista davvero come “scienza triste”, come un fattore costrittivo, quasi sempre negativo, orientato a razionalizzare e a comprimere la personalità e la creatività dei ragazzi. Allora diventa necessario sgombrare il campo da qualsiasi equivoco: è giusto che i giovani si formino via via una propria idea del rapporto tra la sfera personale e l’economico, è evidente che questa dialettica sarà più vicina al vero man mano che alcune scelte di vita saranno più pressanti, ma dare più cultura finanziaria alla scuola non vuol tentare di piegarla surrettiziamente e anzitempo a un determinato orientamento di tipo socio-culturale. Assolutamente no. Anche perché il dibattito economico, spesso circoscritto a ristretti ambiti élitari, è molto più ricco della mera alternativa “mercato sì, mercato no” e ha al suo interno le voci più variegate, molte delle quali sostengono proprio le ragioni della crescita sociale e non certo quella dei vincoli di budget economico.

Nelle culture che studiano il denaro ci sono dunque più idee che vincoli. Poi che il nostro Paese abbia purtroppo il terzo debito pubblico del mondo e che questa eredità condizioni fortemente le nostre scelte di politica economica è evidente, come è palese che spesso proprio il mondo della scuola – non da solo – paghi con una restrizione delle risorse a sua disposizione questa dannata situazione di partenza. Si può tutto ciò non raccontarlo ai ragazzi, tenerli all’oscuro?

Fornire gli studenti della strumentazione tecnica e culturale per avere una chiave di lettura economica non è dunque una scorciatoia per indottrinarli, ma anzi è un elemento importante per aiutarli a diventare cittadini del proprio tempo. La parola è abusata e suona spesso come un macigno, “globalizzazione”, ma è una parola che caratterizza e fotografa il nostro tempo meglio di molte altre e ci rimanda una realtà fatta di profonda integrazione economica tra i continenti, di migrazione continue di un numero impressionante di persone, di rapidissimi spostamenti di denaro da un punto all’altro del mondo in modo virtuale.

La cultura finanziaria queste cose le vede più di altre discipline perché avvengono sul suo terreno d’elezione ed è questo il motivo vero per il quale non si può non fornire ai nostri giovani il nuovo alfabeto. Ed è questo il senso più autentico del nostro progetto. Dotare di bussola le nuove generazioni per metterle in grado di essere pienamente cittadini del loro tempo, capaci di capire le dinamiche della società contemporanea, capaci di integrare la loro cultura personale con un bagaglio di conoscenze necessarie per capire i grandi avvenimenti. E siccome qualsiasi lungo cammino ha un primo passo, si può anche incominciare dal saper usare un bancomat.

di Dario Di Vico

Tutto sommato è da poco tempo che si osa parlare di “cultura finanziaria”. Fino a qualche stagione fa, pure in uno dei maggiori Paesi industrializzati come il nostro, quell’espressione sembrava addirittura recare in sé una contraddizione di termini. Come se si dovesse scegliere: o cultura o finanza, le idee e i valori contrapposti al denaro. In fondo c’eravamo illusi che con l’avvento e il boom dei fondi comuni di investimento nella metà degli anni ’80 avessimo imboccato un processo di alfabetizzazione finanziaria irreversibile.

Gli italiani abituati tutt’al più a detenere nel loro portafoglio-titoli i leggendari Bot dimostrarono allora una certa flessibilità mentale, la voglia di misurarsi con un lessico più complesso e con la necessità di attrezzarsi culturalmente per poter seguire il proprio “personal business”, come titolarono i giornali finanziari dell’epoca. Ricordo come in quella fase addirittura la Gazzetta dello Sport e il Corriere dello Sport si ponessero il quesito se pubblicare o meno le quote giornaliere dei fondi comuni e il borsino di Piazza Affari. E alla fine qualche esperimento, seppur timido e temporaneo, fu pure varato in linea con lo spirito del tempo. Adesso, a tanti anni di distanza, possiamo tranquillamente affermare che si trattò di una fiammata se non di una moda o se vogliamo - e dobbiamo dirlo con sincero accento autocritico – si è rivelata un’occasione perduta.

Ma veniamo ai giorni nostri. La Grande Crisi, la recessione mondiale, è partita negli States dall’effetto subprime, dai mutui per comprar case concessi con troppa facilità dalle banche americane ai loro clienti. E allora i comportamenti anglosassoni che avevamo lodato per anni e che rappresentavano per il nostro mercato (e per la stessa società civile) un benchmark di modernità, si sono rivelati inadeguati, pericolosi, incolti. Quanto alle differenze basti pensare all’uso delle carte di credito, il denaro di plastica, così abituale e forse nevrotico negli Usa, così saggio da noi che continuiamo a usarle come carte di debito. Spendiamo solo quando sappiamo che l’importo è garantito da una copertura preesistente. Ma a farci da bussola è un’atavica paura di contrarre debiti più che una vera cultura finanziaria capace di misurare rischi e benefici.

La domanda allora diventa un’altra: se abbiamo perso la grande occasione degli anni ’80, se l’abc della società italiana in materia di finanza personale privilegia ancora fortemente l’immobiliare rispetto al mobiliare, vogliamo trasmettere queste incertezze alle giovani generazioni oppure possiamo fare qualcosa di più? La risposta non può che essere “migliorista”: fare un passo in avanti significa introdurre già nella scuola una cultura finanziaria che aiuti i ragazzi a gestire il rapporto con il denaro proprio e della propria famiglia, li porti a saper utilizzare il denaro elettronico, a controllare la corrispondenza con le banche e via di questo passo. L’obiettivo finale è mettere in grado i nostri figli, al momento in cui decideranno di mettere giù un loro progetto di vita autonomo, di saperne calcolare anche le variabili economiche. È chiaro che, nel frattempo e a causa del progresso tecnologico, il nostro rapporto con l’universo denaro si è fatto molto più complicato.

La sola gestione delle password e dei pin di accesso di bancomat, carte di credito, conti online, richiede un’applicazione che non conoscevamo. Da qui l’ovvia considerazione che una strumentazione di base, un alfabeto minimo, va trasmesso ai giovani come complemento del loro processo di responsabilizzazione. Vi sono innanzitutto evidenti motivi di sicurezza determinati dal fatto che gli studenti di oggi viaggiano molto di più dei loro padri e comunque hanno già in età scolare una frequenza di viaggi all’estero o di soggiorni per imparare le lingue molto elevata.

La cultura finanziaria innanzitutto come “strumento” per districarsi nel mondo del denaro e per non rinviare sine die il momento della responsabilità. Sappiamo che, per una lunga serie di motivi, la permanenza dei giovani in famiglia in Italia si protrae ormai ben oltre il conseguimento del titolo di studio. Le statistiche sono impietose e ci dicono che una quota significativa di figli resta a casa dei genitori anche molto dopo aver compiuto i 30 anni. E non avrebbe senso che questa permanenza prolungata si accoppiasse all’alibi della non conoscenza degli strumenti di operatività finanziaria.

Quando facciamo queste riflessioni dobbiamo però aver presente che nel mondo della scuola – se ne è avuto sentore nelle discussioni che si sono aperte al momento della riflessione sul cosiddetto liceo economico –

Introduzione

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CicloEconomicodi Roberto Fini1

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l’incertezza nell’economia è l’unica spiegazione possibile di numerose altre differenze fra il mondo reale e il

sistema idealizzato descritto dalla teoria dell’equilibrio generale dell’economia classica. In particolare, spiega

come possa persistere una situazione di aspettative depresse, e come questa situazione possa condurre

a una recessione prolungata, o addirittura a una depressione. Secondo Keynes, lo “stato di fiducia” è in

evoluzione costante. Quando è alto, gli affari prosperano; quando è basso, invece, l’economia si contrae e

può addirittura finire per ritrovarsi in una situazione di sottoutilizzazione delle risorse.

L’analisi di Keynes sulla necessity e sul ruolo dell’intervento pubblico è basata sullo stato d’incertezza

prevalente nell’economia. Il contribuito principale che possono offrire le politiche economiche è quello di

ridurre l’incertezza. Le politiche non sono “buone” o “cattive” di per sè: sono efficaci innanzitutto se e nella

misura in cui riducono o incrementano l’incertezza macroeconomica, e in secondo luogo se sono in grado

di coordinare le aspettative degli operatori in direzione d’un miglior equilibrio. Keynes non era favorevole a

un intervento sistematico del governo nell’economia, in tutte le circostanze e in tutti gli Stati del mondo. Dal

suo punto di vista, il governo doveva astenersi dall’interferire con il normale funzionamento dell’economia,

e doveva intervenire solo in circostanze eccezionali, in particolare se esisteva uno stato di incertezza acuta.

Purtroppo, dopo la Seconda guerra mondiale molti dei suoi seguaci trascurarono questo aspetto e perorarono

l’intervento pubblico in tutte le circostanze e in tutti gli stati d’incertezza, finendo per produrre errori come

la Grande inflazione degli anni 70.

Per assicurarci che Keynes sia tornato veramente, e che non venga rispedito sugli scaffali una volta finita la

crisi, dobbiamo comprendere appieno la portata della sua analisi, in particolare il ruolo che gioca l’incertezza

nel determinare gli esiti economici.

Il contributo più importante del grande economista è stato quello di sfidare il senso comune, che poggia

sulla tendenza innata degli esseri umani ad affrontare i problemi che si trovano davanti nello stesso modo

in cui li hanno affrontati in passato, aspettandosi di ottenere gli stessi risultati, anche quando le circostanze

sono differenti. Dopo la Prima guerra mondiale, Keynes accusò i leader dell’epoca di «affrontare i problemi

del mondo del dopoguerra con le stesse identiche opinioni e idee di prima della guerra». Ripeté questa

accusa dopo la Grande depressione. Ma non gli diedero ascolto e i risultati furono ancora più disastrosi.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

Lorenzo Bini Smaghi è membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea. L’articolo è uno stralcio della

Lectio magistralis tenuta ieri dall’autore al Master in International Business and Economics dell’Università di Pavia.

Appunti

1

«John Maynard Keynes è tomato di moda», scrive Robert Skidelsky nella prefazione del

suo ultimo libro, “Keynes, the Return of the Master”, pubblicato meno di un anno fa. Non

tanto, dice Skidelsky, per il fatto che il mondo sta fronteggiando la peggiore crisi dai

tempi della Grande depressione e i governi di tutto il mondo hanno messo in campo

pacchetti di misure di stimolo per sostenere l’economia, come raccomandava l’autore

della Teoria generale, quanto perché Keynes «offre il tipo di teoria giusto», una teoria che

è «una guida indispensabile per il futuro».

Una domanda che viene in mente a leggere queste parole è perché Keynes fosse andato

fuori moda, perché la Teoria generale fosse stata dimenticata e le sue prescrizioni

abbandonate. Se la teoria di Keynes era effettivamente generale, avrebbe dovuto essere

applicabile in tutte le circostanze, e non solo quando il mondo si trova sull’orlo del collasso.

Sono due le risposte possibili. La prima è che la teoria keynesiana non è generale, e

dunque non è applicabile a tutti gli stati economici del mondo. La seconda è che il famoso

ammonimento di Keynes nell’ultima pagina della sua Teoria generale («gli uomini

pratici, che si credono liberi da qualsiasi influenza intellettuale, di solito sono schiavi di

qualche economista defunto») sia stata capovolta. In altre parole, gli economisti defunti

- e le loro teorie - di solito sono schiavi di uomini pratici che non le comprendono fino

in fondo. Io propendo per la seconda interpretazione. A mio parere, il contributo più

importante che abbia mai offerto Keynes è quello di mettere in guardia gli uomini pratici,

decisori inclusi, dal rischio di rimanere intrappolati in teorie preconcette quando si tratta

di affrontare argomenti nuovi.

Nelle Conseguenze economiche della pace (1919), Keynes sconsigliava di adottare la

pratica tradizionale dei trattati di pace, vale a dire imporre ai Paesi sconfitti riparazioni

colossali senza tener conto della situazione economica generale e del fardello che una

politica del genere avrebbe imposto anche ai Paesi vittoriosi. Nella Riforma monetaria

(1923), l’economista inglese metteva in guardia da un ritorno precipitoso al gold standard,

il sistema prevalente prima della guerra, per ripristinare la disciplina monetaria e lottare

contro l’inflazione. Nella Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse, della moneta

(1936), invitava a diffidare delle predizioni della teoria classica, in particolare quando i

presupposti di base di tale teoria non sono soddisfatti, come accadeva durante la Grande

depressione.

Per tutta la vita Keynes ha messo in discussione le costruzioni mentali basate su presupposti

molto restrittivi. Nella Teoria generale, dimostra i limiti di questo tipo di approccio ponendo

al centro della sua analisi il ruolo che gioca l’incertezza nel determinare i risultati economici.

Come sottolinea lui stesso: «Lo stato di fiducia, come lo definiscono loro, è una questione

a cui gli uomini pratici dedicano sempre la massima attenzione. Ma gli economisti non

l’hanno analizzato accuratamente». Dal suo punto di vista, il ruolo pervasivo che gioca

25 Febbraio 2010

LO STATO (ECCEZIONALE) DI KEYNESdi Lorenzo Bini Smaghi

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 1nonostante tutto, i sistemi economici continuano ad essere caratterizzati da fasi di

ristagno, di recessione e di ripresa, che si alternano senza regolarità;

• in secondo luogo, se è vero che la lezione keynesiana è stata seguita con eccessiva

disinvoltura da molti dei suoi epigoni, provocando disastri inflativi e l’esplosione del

debito pubblico, è tuttavia necessario ripensarne i termini e ipotizzare che le iniezioni

di spesa pubblica nelle economie in recessione sono sì pericolose esche inflative, ma

sono al tempo stesso semplicemente necessarie.

Ma la riflessione forse più interessante dell’articolo di Bini Smaghi riguarda il metodo:

non esistono ricette buone per ogni stagione, come non esistono teorie economiche che

si possano applicare con successo in qualunque contesto. Ciò che va bene in un tipo di

congiuntura può provocare disastri in un altro, o semplicemente non avere efficacia: un

“ritorno a Keynes” come qualcuno è tentato di fare sarebbe un pericoloso passo indietro.

Gli economisti sono stati messi sotto accusa dopo l’esplosione della crisi: “non siete stati

in grado di prevederla e ora non siete in grado di tirarcene fuori” è stato detto da più

parti. Si tratta di accuse con poco fondamento: alcuni economisti avevano fatto previsioni

ragionevolmente certe riguardo alla crisi, mentre oggi vengono avanzate ipotesi di

risoluzione che semplicemente non vengono seguite dalla politica perché impopolari o

con effetti a lunga scadenza politicamente dunque poco interessanti.

Dare responsabilità eccessive agli economisti è come, per riprendere una metafora dello

stesso Keynes che citiamo in questo stesso lavoro, dare la responsabilità del mal di

denti ai dentisti! Qualche volta gli economisti, in particolare quelli neokeynesiani, si sono

lasciati trasportare dall’entusiasmo, ritenendo che dopo aver risolto il problema delle

crisi economiche più dirompenti, il loro compito si sarebbe dovuto spostare a riduzione

dell’ampiezza dei cicli economici attraverso operazioni di “sintonizzazione fine” degli

strumenti economici. Le crisi degli anni Settanta ed Ottanta, e a maggior ragione quella

attuale, hanno insegnato che queste sono pericolose illusioni: molto più ragionevole

appare la ricerca di soluzioni per attenuare l’impatto dei cicli economici.

Tecnicamente il ciclo economico è molto semplice da definirsi: è l’alternanza di fasi

caratterizzate da una diversa intensità nell’attività economica di un Paese o di un’area.

Anche dal punto di vista degli indicatori utilizzati per descrivere tali fasi non vi sono

particolari problemi: in genere si adottano variabili quali la crescita del prodotto interno

lordo (PIL), oppure della disoccupazione.

Questo ultimo aspetto segnala peraltro una possibile criticità, che nell’attuale contesto

economico si sta rivelando come determinante: non è detto che se il prodotto interno

lordo ricomincia ad aumentare questo provochi, in modo automatico e quasi meccanico,

una ripresa dell’occupazione. Al contrario, il contesto contemporaneo vede una certa

(timida) ripresa della produzione, senza che questo si riverberi sull’occupazione: è ciò che

viene definito jobless recovery.

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1L’articolo qui riportato si inserisce nel dibattito innescato dal drammatico

esplodere della crisi economica nel 2007. Ovviamente i periodi di crisi

provocano in generale un ripensamento sia delle prassi che dei modelli

teorici seguiti: ci si chiede dove sono stati compiuti gli errori più gravi, ma

soprattutto quali possano essere i rimedi da mettere in campo. A volte

ciò che viene definito crisi è un semplice rallentamento della congiuntura

economica, che può avere conseguenze serie per chi si trova a viverlo

(lavoratori che perdono il posto, oppure imprese costrette a chiudere).

Altre volte, e purtroppo questo è il caso dell’attuale crisi, si tratta di eventi

ben più drammatici che costringono ad interrogarsi sui modelli di fondo

dell’economia e del suo sviluppo.

Uno degli effetti forse più interessanti della crisi del 2007 è stato, ed è

tuttora, la riflessione di economisti e studiosi sociali su alcuni paradigmi

che sembravano ormai da considerarsi sufficientemente indagati: il ruolo

dello Stato nel sistema economico, lo spazio e la profondità dei controlli sui

mercati finanziari, gli strumenti di intervento più efficaci quando si verificano

recessioni di forte impatto economico-sociale.

Il Novecento è stato caratterizzato dal confrontarsi, a volte con toni aspri di

due posizioni:

• il mercato può farcela da solo e non è necessario alcun rilevante intervento

pubblico, che anzi risulta dannoso in quanto, necessariamente, drena

risorse attraverso i tributi per destinarle ad interventi che quasi mai

si rivelano efficaci; è la posizione degli economisti neoclassici di fine

ottocento e, dopo la parentesi keynesiana, è quella degli economisti

monetaristi riuniti intorno alla prestigiosa “scuola di Chicago” di Milton

Friedman;

• il mercato non può farcela da solo; si tratta di un meccanismo largamente

imperfetto e che rivela molte delle sue criticità proprio nelle fasi di

recessione; se così è, come sostengono Keynes e i keynesiani a partire

dalla drammatica crisi del ’29, allora il ruolo dello Stato attraverso la

spesa pubblica diventa un essenziale volano di un’economia inceppata e

che non appare in grado di far uscire il sistema dalle fasi recessive.

Comprensibilmente, le crisi costringono a ripensare alle prassi seguite e

a chiedersi se alcune ricette frettolosamente archiviate come vecchi ed

inefficaci arnesi, non possano essere riutilizzati. Le lezioni che provengono

dalla crisi contemporanea sono di diverso genere:

• in primo luogo in riferimento alla nozione stessa di ciclo economico:

La schedadi Roberto Fini

Page 9: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 1della politica inglese dell’epoca, W. Churchill. Ma Keynes non

è uomo da farsi scoraggiare facilmente: le sue polemiche

lo allontanano per un certo tempo dagli ambienti politici

inglesi, ma durante tutta la sua vita professionale non viene

mai meno il suo spirito di osservazione e la sua curiosità,

che rappresentano i tratti distintivi di coloro che si pongono

l’obiettivo della ricerca sociale.

La prima osservazione di Keynes riguardo all’alternarsi delle

fasi economiche, che è poi alla base di gran parte delle sue

successive riflessioni, è la constatazione secondo la quale

non vi è una connessione diretta fra risparmi ed investimenti,

come invece riteneva la teoria economica fini a quel momento.

La mancanza di una tale connessione è la conseguenza del

fatto che le decisioni di risparmio sono il risultato delle scelte

dei consumatori, i quali a loro volta prendono tale decisione

sulla base del reddito disponibile, mentre le decisioni di

investimento vengono prese dagli imprenditori sulla base

delle aspettative di profitto e sulla base del tasso di interesse.

Se questa analisi è vera, allora può benissimo accadere, per

esempio, che i consumatori decidano di risparmiare una

quota cospicua del loro reddito, in quanto sufficientemente

soddisfatti dal loro standard di consumo; da tale decisione

deriva che nel sistema sia presente una buona disponibilità

di capitale a buon mercato a disposizione degli imprenditori

che lo volessero richiedere in prestito per i loro investimenti;

d’altra parte, un’alta quota di risparmio si traduce, per

definizione, in consumi stagnanti e dunque in aspettative

di profitto non positive: perché un imprenditore dovrebbe

richiedere del denaro alle banche se poi non avrebbe

prospettive soddisfacenti di vendita di quanto prodotto?

Si genera quindi un paradosso di difficile soluzione: da

una parte vi è una sovrabbondanza di risparmio e quindi

di capitale finanziario, ma dall’altra nessuno lo richiede,

nonostante i bassi tassi di interesse che tale abbondanza

produce.

Quello che genera questo circolo vizioso è il comportamento

del consumatore o, per usare la terminologia keynesiana, la

sua propensione al consumo, cioè la quota di reddito che

ciascuno destina al consumo e, complementariamente, al

risparmio: un’alta propensione al consumo produce poco

risparmio, ma al tempo stesso aspettative positive di vendita

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LA CATENA DELLE PAROLE CHIAVE

QR-CODE

RecessioneDepressioneEspansione economicaCrisi del ‘29Jobless recoverySpesa pubblicaTeorie keynesiane

Cic

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ico

1In linea generale, comunque, il termine stesso di ciclo economico fa pensare

alla presenza di fasi diverse che gli economisti hanno da tempo definito in

modo sufficientemente preciso:

• fase di crescita, nella quale il PIL e/o l’occupazione crescono abbastanza

rapidamente e di conseguenza il benessere dei consumatori tende ad

aumentare;

• fase di recessione, nella quale il PIL e/o l’occupazione prima smettono di

crescere poi diminuiscono per almeno due trimestri consecutivi;

• fase di depressione, nella quale PIL e/o occupazione ristagnano su livelli

bassi e molti lavoratori risultano disoccupati;

• fase di ripresa, nella quale PIL e/o occupazione riprendono a crescere,

in genere prima lentamente poi a ritmi più elevati.

Naturalmente non è per nulla detto che le fasi si alternino con regolarità:

in economia non esistono regole che possano ragionevolmente garantire

che una fase di recessione duri poco e che venga seguita da una fase di

espansione più lunga e con un totale recupero delle posizioni perdute.

Il problema più rilevante è però un altro: da che cosa sono determinate le fasi

alterne che costituiscono il ciclo economico? Nel corso del tempo si sono

susseguite interpretazioni diverse: Jevons, uno dei padri fondatori della

scuola neoclassica nel corso dell’Ottocento, le attribuì ai cicli delle macchie

solari che provocavano conseguenze sugli andamenti climatici e dunque

sui rendimenti agricoli. Altri autori si concentrarono sulle variazioni delle

scorte all’interno dell’attività produttiva e sulla necessità di ricostituirle ogni

3-4 anni. L’ipotesi di Jevons è senza dubbio suggestiva, ma è in grado di

spiegare una ciclicità dell’economia agricolo e non certo di quella industriale.

Un contributo particolarmente interessante per spiegare i comportamenti

ciclici dell’economia si deve all’economista Kuznets che studiò le rivoluzioni

industriali considerandole i momenti alti dei cicli economici.

Uno dei contributi riguardo ai cicli economici più originali si deve a J.M.

Keynes, che nel corso del Novecento ne trattò a più riprese, come del resto

viene accennato nell’articolo riportato. L’aspetto forse di maggior interesse

dell’analisi keynesiana a proposito dei cicli economici fanno riferimento ai

soggetti che operano nel tessuto economico e al loro comportamento,

che si diversifica nel tempo, producendo così fasi di espansione e fasi di

depressione.

Keynes è un attento osservatore della realtà che caratterizza la turbolenta

fase fra le due guerre mondiali, anzi è senza dubbio corretto affermare

che vi partecipa da protagonista, anche se il suo carattere polemico gli

aliena molte simpatie di personaggi potenti, per primo l’astro nascente

Page 10: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 1minor propensione al consumo; ecc. Il ciclo negativo si autoalimenta e si avvita dramma-

ticamente su sè stesso. Ovviamente una simile situazione non può durare in eterno: prima

o poi gli imprenditori torneranno ad investire, non fosse altro perché dovranno sostituire il

logorio e l’invecchiamento dei beni capitali presenti nelle loro imprese; lentamente, la fase

di ripresa si concretizza e il ciclo economico inizia la sua fase di ascesa.

Apparentemente, dunque, sarebbe sufficiente attendere che la fase bassa del ciclo si

concluda per tornare ad una fase espansiva. Ma Keynes sa che le fasi depressive hanno

profonde conseguenze sociali: egli è testimone diretto della rivoluzione russa del ’17 e agli

inizi degli anni venti aveva fortemente sconsigliato ai Paesi vincitori della prima guerra

mondiale di imporre ai Paesi sconfitti sanzioni troppo severe che avrebbero generato,

come poi del resto avvenne, gravi conseguenze economiche (iperinflazione in Germania)

e politiche (disordini sociali, malcontento e in definitiva ascesa al potere di Hitler). Ma è la

crisi del ’29 e la successiva Grande Depressione che forniscono a Keynes la dimostrazione

della scarsa efficacia analitica ed empirica delle teorie economiche che affidavano alle

sole forze “naturali” del mercato il compito di far uscire un Paese dalle fasi basse del ciclo

economico.

La crisi del ’29 e la conseguente depressione degli anni Trenta furono eventi epocali, che

coinvolsero la vita e le condizioni sociali di milioni di persone, sia in Europa che negli USA.

Keynes ritiene che un sistema economico minato nella sua fiducia, come quello che gli si

presentava davanti dopo il crack di Borsa dell’Ottobre 1929, non avrebbe potuto risollevarsi

da solo, e comunque con tempi troppo lunghi da poter essere considerati socialmente

accettabili. Occorreva ripristinare uno stato di fiducia, un sentimento che gli economisti

avevano sino ad allora sottovalutato, se non ignorato, considerandolo una variabile esogena

rispetto al sistema economico. Se un sistema è depresso, è difficile che possa riprendersi

da solo: regna uno stato di incertezza sulle prospettive future che induce gli investitori a

procedere lentamente o addirittura a “stare a guardare” come evolverà la situazione.

Questa constatazione spinge Keynes ad avanzare un’ipotesi controcorrente, fino ad essere

rivoluzionaria, rispetto alle teorie sino a quel momento enunciate dalla maggioranza degli

economisti: fermo restando che lo stato di incertezza non si può eliminare, è possibile

ridurne gli effetti attraverso la politica economica. Il ruolo dello Stato, dunque, non è

più quello neutrale ipotizzato da Smith e dagli altri economisti della scuola classica e

neoclassica, ma al contrario assume uno spazio determinante in una chiave “anticiclica”,

quando cioè si tratta di invertire le tendenze “naturali” dell’economia.

In particolare, quando il sistema economico si trovi in una fase depressiva, o comunque

mostri i segni di un rallentamento eccessivo, è opportuno che lo Stato intervenga in

modo attivo, fino a sostituirsi almeno in parte agli investimenti privati che ristagnano per

effetto dell’incertezza. Keynes presenta in modo compiuto questa sua tesi nella sua opera

principale, La “teoria dell’interesse, dell’occupazione e della moneta”, del 1936; ma molti

degli aspetti che vi sono trattati erano già stati esposti dall’autore in precedenza, anche

prima dell’esplodere della crisi del ’29. Peraltro, l’amministrazione di Roosevelt nel Cic

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1da parte degli imprenditori, i quali in simili circostanze sono disposti anche

a pagare un alto tasso di interesse pur di rifornirsi dei capitali necessari

per i loro investimenti. Ovviamente, accade il contrario in caso di bassa

propensione al consumo: capitali abbondanti, ma aspettative di profitto

negative per gli imprenditori; in un caso del genere i tassi di interesse

potrebbero scendere fin quasi ad azzerarsi ma, nonostante questo, non si

avrebbe un’alta richiesta di capitali da parte degli imprenditori.

In sostanza secondo Keynes la fase espansiva di un ciclo economico è

caratterizzata da aspettative ottimistiche da parte degli imprenditori

riguardo al reddito futuro dei capitali investiti, al punto che sceglieranno

di affrontare costi di produzione in crescita anche per l’aumento dei tassi

di interesse. L’espansione economica ha dunque origine da prospettive

ottimistiche da parte degli imprenditori e in buona misura si autoalimenta

perché le imprese, per aumentare la loro produzione di beni finali, dovranno

rivolgersi ad altre imprese che producono materie prime, semilavorati, ecc.

Purtroppo però una tale situazione non dura in eterno: se le aspettative

positive vengono meno, anche per cause non direttamente economiche,

il flusso di investimenti prima rallenta, poi si ferma, generando prima

recessione e poi depressione.

Da questo punto di vista un primo rilevante contributo da parte di Keynes,

in piena contrapposizione rispetto a gran parte della teoria economica

precedente è molto semplice, ma al tempo stesso rivoluzionario: le manovre

sul tasso di interesse, cioè in altre parole sul costo degli investimenti,

possono rivelarsi (e di solito si rivelano) misure non sufficienti per superare

congiunture negative del ciclo economico; sono invece le aspettative

positive degli imprenditori, a loro volta generate da una propensione

al consumo sufficientemente alta, a rappresentare la chiave di volta

della ripresa e l’uscita dalla parte bassa del ciclo economico. Una parte

considerevole del problema è dunque originata dal comportamento dei

consumatori: consumatori “cicale” producono poco risparmio, ma al tempo

stesso generano aspettative positive negli imprenditori, che sono dunque

disposti ad investire; consumatori “formiche” mettono a disposizioni grandi

quantità di risparmio, ma non inducono gli imprenditori a prenderlo a

prestito a causa delle scarse prospettive di vendita dei prodotti.

D’altra parte, la propensione al consumo dipende, anche, dal reddito dei

consumatori: nella fase bassa del ciclo economico, con le imprese che non

investono e dunque riducono gli occupati, è ben difficile che i consumatori

abbiano reddito sufficiente ad alimentare prospettive positive; al contra-

rio, in simili situazioni si genera un circolo vizioso: redditi bassi provocano

bassi consumi; bassi consumi a loro volta inducono bassi investimenti e

probabilmente disinvestimenti e licenziamenti; questo produce a sua volta

Page 11: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

Traccia per l’attività in classe

A partire dall’articolo e dalle riflessioni che sollecita, è possibile trarre spunti per l’attività

da svolgere in aula.

La crisi ha provocato una ripresa della riflessione sul ruolo che lo stato e la politica

economica può svolgere nel tessuto economico. La tradizionale contrapposizione fra

economisti di orientamento keynesiano ed economisti monetaristi si è rinnovata in maniera

originale, arricchendosi peraltro di nuovi ed interessanti spunti. Le pagine dei giornali

sono state spesso occupate da tale dibattito: una ricerca attenta sui principali quotidiani

può tradursi in una ricostruzione di notevole interesse e dalle conseguenze didattiche

positive. Si raccomanda la lettura di quotidiani quali il Sole 24 Ore e il Corriere della Sera

per quanto riguarda la stampa cartacea italiana, il sito della rivista on line www.lavoce. info

in riferimento ad Internet e la lettura di riviste quali l’Economist per quanto riguarda la

stampa estera.

L’oggetto del contributo è riferito all’esistenza in economia di cicli economici: l’economia

non ha un andamento costante nel corso del tempo e le sue variazioni, verso l’alto e

verso il basso, hanno profonde conseguenze sulla vita delle persone. È possibile misurare

tale andamento e l’ampiezza delle variazioni che si registrano nel tessuto economico. Un

utile esercizio empirico può essere quello di scegliere opportuni indicatori del ciclo (PIL,

PIL pro-capite, occupazione/disoccupazione, tasso di attività, consumi, risparmio, ecc.)

e verificarne gli andamenti, sia nel corso del tempo sia fra Paesi ed aree geografiche. Gli

strumenti non mancano: gli istituti di statistica ufficiali pubblicano dati di sicuro interesse,

ma le possibilità di confronto più utili possono ricavarsi da database internazionali quali

quello dell’OCSE o per l’Europa Eurostat. Per poter trarre il massimo beneficio dalla messe

di dati a disposizione è necessaria una buona conoscenza dell’uso di un foglio elettronico

ed alcune nozioni di statistica economica (trasformazione in numeri indice, percentuali,

tassi di crescita).

L’esistenza di fasi alte e basse del ciclo economico può considerarsi un dato ormai acquisito,

anche se le ragioni di tale esistenza non sono sempre chiare. È peraltro evidente che le fasi

basse del ciclo, quelle cioè che si traducono in un rallentamento della crescita o addirittura

costituiscono un arretramento dell’economia e un peggioramento nelle condizioni di vita

delle persone, sono quelle studiate con maggior interesse da economisti, scienziati sociali

in genere e anche scrittori di narrativa. La crisi del Ventinove da questo punto di vista ha

rappresentato un significativo punto di svolta e di riflessione.

Non mancano le testimonianze: i romanzi di J. Steinbeck (“Uomini e topi”, ma soprattutto

“Plan della Tortilla” e “Furore”) rappresentano ottimi punti di partenza dal punto di vista

narrativo, soprattutto se accompagnati dai film che sono stati girati a partire da tali romanzi.

Anche la lettura di saggi quali “il grande crollo” e “breve storia dell’euforia finanziaria”

dell’economista americano J. K. Galbraith possono considerarsi letture utili ad allargare la

conoscenza delle conseguenze umane delle recessioni.

1corso degli anni Trenta varò un gigantesco programma di opere pubbliche

che ricalcavano le posizioni keynesiane. Anche in altri Paesi, seppure con

metodi differenti, gli anni Trenta rappresentarono il periodo nel quale la

spesa pubblica si espanse in misura notevole: la Germania e l’Italia vararono

programmi fondati sul riarmo, l’Inghilterra seguì una strada per molti aspetti

analoga a quella degli USA. In ogni caso, anche se con difficoltà e in modo

non certo lineare, verso la fine degli anni Trenta la fase depressiva iniziatasi

nel ’29 poteva considerarsi conclusa.

Purtroppo dopo la seconda guerra mondiale, Keynes morto (1946), gli

economisti che si rifacevano alle sue analisi credettero di aver trovato nello

sviluppo del suo pensiero la pietra filosofale per assicurare al mondo un

benessere definitivo e crescente attraverso un deciso intervento pubblico.

L’idea di fondo che spingeva questi economisti era che il modello keynesiano

potesse eliminare, o comunque ridurre a dimensioni trascurabili, il ciclo

economico e, in particolare, le sue fasi negative.

Se Keynes fosse stato vivo probabilmente avrebbe ammonito i suoi epigoni

che non esiste, nè può esistere, un modello buono per ogni stagione e che il

ruolo degli economisti dovrebbe essere quello di fornire ricette contingenti

dopo un’attenta analisi della realtà. Come ebbe a scrivere in un’occasione

(1931) a proposito del ruolo degli economisti: essi dovrebbero essere “gente

umile e competente, al pari dei dentisti”. E, aggiungiamo: dovrebbero essere

studiosi che intervengono nel modo più opportuno di fronte al mal di denti

della società, decidendo di volta quale può essere la cura migliore.

PIL

Tempo

Andamento

a lungo te

rmin

e

Espansione/Recupero

Depressione

Contrazione/Recessione

Picco

Espansione/Recupero

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 1

FAQ 4 DOMANDE E RISPOSTE

Esistono analisi che forniscono spiegazioni sull’esistenza dei cicli

economici?

Sì, ne esistono parecchie perché l’esistenza di una ciclicità nell’economia è una constatazione molto antica: basti pensare ai periodi di “vacche grasse e vacche magre” prospettate dagli egiziani. In tempi più recenti si è osservato che i cicli economici hanno una certa connessione con eventi naturali quali i cicli delle macchie solari, oppure con eventi economici quali la necessità ciclica di ripristinare le scorte industriali oppure ammodernare il parco macchine.

I cicli economici hanno un andamento regolare?

No, non si può determinare a priori quanto durerà ciascuna fase che compone un ciclo economico: è possibile che esse si succedano con una certa regolarità e velocità, come è altrettanto possibile che una fase sia più lunga ed intensa delle altre.

Che ruolo hanno gli investimenti nell’andamento ciclico dell’economia?

Hanno certamente un ruolo importante: un volume maggiore di investimenti produce una crescita del reddito e, a certe condizioni, dell’occupazione.Ciò significa che senza un volume adeguato di investimenti le fasi negative del ciclo economico non possono essere superate. Il problema diventa però quello di determinare i modi attraverso cui si possono stimolare gli investimenti. Secondo gli economisti non keynesiani è sufficiente un basso tasso di interesse, in quanto esso determina il costo del denaro e dunque la propensione ad investire; nel modello keynesiano, per quanto il tasso di interesse possa giocare un ruolo non secondario, se le aspettative di profitto sono basse, anche un costo del denaro molto basso non fa propendere gli imprenditori all’investimento.

Che ruolo ha la spesa pubblica nello stimolare l’economia?

Secondo gli economisti non keynesiani la spesa pubblica ha un ruolo negativo: il mercato è in grado da solo di fornire sufficienti garanzie di efficienza, mentre lo Stato dovrebbe limitarsi a fornire il quadro istituzionale entro cui i privati potrebbero muoversi senza difficoltà. Per i keynesiani, al contrario, lo Stato deve assumere un ruolo chiave nel sistema economico, stimolando gli investimenti attraverso la spesa pubblica, anche a costo di finanziarla in deficit o con emissioni monetarie.

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

Bancadi Maria Cristina Quirici2

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

La struttura industriale del settore bancario sarà ridisegnata nei prossimi anni. L’Italia, come altri Paesi

europei, all’inizio degli anni ’90 scelse la strada della Banca Universale di matrice germanica, contrapposta

al modello del Gruppo Polifunzionale, più vicino a logiche di specializzazione strategico-organizzativa

tipiche del mondo anglosassone. Il modello ha resistito anche di fronte alla recente crisi, ma necessita di

importanti revisioni. La recente scelta di Unicredit di creare una banca unica, pur preservando una logica di

specializzazione per mercati, è un primo esempio di evoluzione del modello.

Riteniamo che le grandi banche saranno sempre più concentrate sulle attività di banca commerciale e, pur

divisionalizzate, cercheranno di massimizzare l’integrazione tra i diversi segmenti di clientela. Realizzeranno

anche strutture specializzate per prodotto (es. sistemi di pagamento), che offriranno anche alle banche di

dimensioni minori. Proseguirà il consolidamento delle banche medie, con l’obiettivo di realizzare leadership

regionali su territori contigui, riducendo l’attuale dispersione geografica. Le banche piccole dovranno

concentrarsi ancora di più sulla relazione con il cliente, realizzando centralmente le economie di scala su

prodotti e processi condivisibili.

Si assisterà inoltre ad una ripresa degli approcci di partnership relativi a “fabbriche” di servizi o prodotti comuni.

La maggiore focalizzazione in corso consentirà l’emergere di nuove aree di eccellenza su cui concentrare

le risorse: pensiamo ad esempio all’attività di corporate banking ad alto livello, dove è particolarmente

agguerrita la concorrenza internazionale.

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Appunti

La recente proposta del presidente Obama di varare una tassa sull’esposizione delle

banche e di reintrodurre logiche da Glass-Stegall Act (separazione tra attività di banca

commerciale da quelle di banca di investimento) nasce da motivazioni condivisibili:

rendere meno conveniente l’attività di trading proprietario per favorire l’attività a

sostegno delle imprese, quindi della crescita economica e dell’occupazione. Emergono

tuttavia interrogativi sostanziali, legati alla difficoltà di mettere in atto questa proposta in

un settore ormai globalizzato – soprattutto l’investment banking – e da 20 anni a questa

parte sempre più consolidato.

Procedono intanto i lavori su Basilea 3, che imporrà limiti più stringenti alla composizione

del capitale delle banche, con un effetto di rafforzamento della base patrimoniale. Un

recente studio di Credit Suisse ha stimato per l’Europa impatti di ricapitalizzazione pari

a 139 miliardi di euro entro il 2012, anno dell’entrata in vigore di Basilea 3. Inevitabili le

ricadute negative sul ROE, a parità di livello di rischi e portafogli di business. A fronte

di cambiamenti potenziali così rilevanti, è auspicabile l’azione concordata tra governi e

regulator dei diversi Paesi per evitare disequilibri competitivi.

Capire l’impatto che questi cambiamenti avranno sulle nostre banche e imprese è

particolarmente rilevante per un Paese che più degli altri in Europa è dipendente dal

credito bancario, presenta il numero maggiore e la rilevanza maggiore di piccole e

medie imprese (oltre 4 milioni) e un sistema bancario che si è dimostrato più solido perché

meno propenso alla speculazione.

Per le imprese, quasi completamente dipendenti dalle banche, l’afflusso di nuovi crediti sarà

minore a causa del maggior costo del rischio, ma anche di quello legato al rafforzamento

dei limiti patrimoniali, esito di Basilea 3. Alle Pmi, in particolare, è di fatto precluso l’accesso

al mercato dei capitali di cui hanno invece largamente beneficiato nel 2009 le imprese più

grandi, che hanno emesso bond per 34 miliardi di euro. Le banche, in attesa che si chiarisca

il quadro, saranno comunque spinte a una maggiore prudenza nella scelta dei profili di

rischio, con conseguente minore redditività a parità di spread e livello di domanda, a una

maggiore focalizzazione sul commercial banking, con conseguente cessione degli asset

non più strategici e a un aumento della patrimonializzazione.

Gli operatori italiani peraltro hanno già anticipato le direttrici del mercato. Diversi gli esempi

recenti: Intesa Sanpaolo ha ceduto le attività di banca depositaria; Unicredit ha effettuato

un aumento di capitale da 4 miliardi; MPS ha finalizzato l’uscita parziale dal settore del

risparmio gestito; le alleanze della bancassicurazione vita sono state profondamente

riviste, con la ricerca di minori impegni di capitale da parte delle banche; il business della

raccolta diretta ha acquisito un ruolo sempre più strategico, anche con l’ingresso di nuovi

attori (es. Che Banca, Gruppo Mediobanca).

10 Marzo 2010

L’IMPATTO DI BASILEA SULLE BANCHE ITALIANEdi Partner A.T. Kearney

L’articoloB

an

ca

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 2è possibile raccogliere risparmio o esercitare congiuntamente la raccolta e l’impiego di

fondi senza essere banca.

A completamento dell’analisi degli aspetti definitori occorre sottolineare l’affermazione

secondo cui “l’attività bancaria ha carattere di impresa”, dichiarazione di principio

importante che contrapponendosi alla natura pubblica dell’attività bancaria sancita dalla

Legge bancaria del 1936 - secondo cui la raccolta del risparmio tra il pubblico e l’esercizio

del credito costituivano “funzioni di interesse pubblico” - ricorda a tutti i banchieri il

necessario rispetto delle regole dell’equilibrio economico e patrimoniale delle aziende

bancarie da loro gestite.

Le funzioni “tipiche” della banca: monetaria e creditizia

La disamina effettuata consente di rilevare come la banca si caratterizzi rispetto agli altri

intermediari finanziari (1) per la possibilità, solo a lei riconosciuta, di esercitare congiunta-

mente la funzione creditizia e la funzione monetaria, quest’ultima svolta dalle sue passività

– i depositi – che vengono comunemente accettate quali mezzi di pagamento. Tali funzio-

ni, che risultano strettamente interdipendenti ed inscindibili, devono pertanto considerarsi

condizioni necessarie e sufficienti affinché ci si possa riferire all’attività bancaria nella sua

accezione “tipica” di intermediario creditizio.

Per quanto riguarda la funzione creditizia, occorre subito rilevare come la banca nell’eser-

citare tale funzione non si configuri quale intermediario “puro”, dal momento che non si

limita a trasferire le risorse così come sono conferite dalle unità in surplus (aventi un avan-

zo finanziario, cioè un saldo finanziario positivo) a quelle in deficit (con un disavanzo finan-

ziario, o saldo finanziario negativo), ma pone in essere una trasformazione delle condizioni

di scambio tra offerenti e richiedenti fondi in relazione a molteplici fattori quali la natura

del finanziamento, la sua durata, le modalità della sua remunerazione e rimborso. Inoltre,

l’attuazione di una diversificazione nelle condizioni alle quali si realizzano la raccolta e la

successiva distribuzione di risparmio da parte della banca consente pure di eliminare, o

quanto meno di ridurre, la presenza di quelle asimmetrie informative che ostacolano l’in-

1 Si ricorda che gli intermediari finanziari sono classificabili in tre diverse categorie:

1 - gli intermediari creditizi, che si caratterizzano per l’esercizio congiunto della funzione creditizia, dal lato dell’attivo, e della funzione

monetaria, emettendo forme di debito a vista accettate come mezzo di pagamento;

2 - gli intermediari mobiliari, che svolgono prevalentemente attività di negoziazione, di collocamento, di gestione e di consulenza

aventi per oggetto strumenti finanziari. In questo ambito, è possibile poi distinguere tra:

• i c.d. “intermediari mobiliari in senso stretto”, intendendo con ciò quei soggetti abilitati a richiedere l’autorizzazione allo

svolgimento dei servizi di investimento;

• gli intermediari abilitati alla gestione collettiva del risparmio, che si caratterizzano proprio per una attività di gestione delegata

“in monte” che rappresenta, insieme ai servizi di investimento, l’altra tipologia di attività “riservata”, il cui svolgimento presuppone

il possesso di una specifica autorizzazione concessa sulla base del possesso di determinati requisiti;

3 - le compagnie di assicurazione, che si contraddistinguono per la loro funzione di gestione dei rischi puri e da un collaterale

circuito finanziario derivante dalla sequenza di raccolta dei premi, investimento delle riserve, (eventuale) pagamento dei capitali

assicurati.

Ba

nca

2

La schedadi Maria Cristina Quirici

La banca e l’attività bancaria: aspetti definitori

L'articolo preso a riferimento per approfondire il vasto tema della banca

nei suoi aspetti peculiari e distintivi consente di porne in rilievo i principali

tratti evolutivi alla luce della grave crisi finanziaria ed economica che stiamo

vivendo.

Ma per poter meglio capire tali tendenze evolutive è opportuno chiarire

prima di tutto cosa si debba intendere per “banca” nel nostro ordinamento. La

banca può essere qualificata come un’azienda che opera sistematicamente,

e a proprio rischio, nel campo del credito, raccogliendo risorse finanziarie

presso il pubblico – sotto forma di depositi rimborsabili a vista – ed erogando

risorse finanziarie a titolo di credito. In altri termini, la banca avvia il risparmio

liquido messo a disposizione dalle unità in surplus, tipicamente le famiglie,

verso forme di investimento a breve e medio termine, soddisfacendo

il fabbisogno finanziario delle unità in deficit, tipicamente le imprese. Si

parla al riguardo di funzione creditizia, peculiare dell’attività bancaria. Al

contempo, la banca interviene nel regolamento degli scambi, dal momento

che la forma tipica di passività bancaria, rappresentata dai depositi, è

comunemente accettata quale mezzo di pagamento sotto forma di moneta

bancaria, rappresentata dagli assegni emanati a fronte di tali depositi. Si

configura così la seconda funzione tipica della banca, la funzione monetaria,

che risulta strettamente interdipendente ed intimamente connessa con

quella creditizia.

Se sotto un profilo economico la banca si caratterizza per l’esercizio

congiunto della funzione creditizia e monetaria, giuridicamente si fa

riferimento non alla nozione di banca quanto a quella di “attività bancaria”

che nella sua accezione di attività creditizia risulta fondata sull’esercizio

congiunto della “raccolta del risparmio tra il pubblico e dell’esercizio del

credito”, non potendo quindi ravvisarne la presenza nel caso di operatori

che si limitano alla sola provvista di fondi o al solo impiego dei medesimi.

Viene altresì precisato che “l’esercizio dell’attività bancaria è riservato alle

banche” e che detta attività “ha carattere d’impresa”.

Ne consegue che è possibile rilevare una duplice riserva di attività a favore

delle banche: oltre a quella dell’esercizio dell’attività bancaria vi è quella

della raccolta del risparmio tra il pubblico, identificabile con l’acquisizione di

fondi con obbligo di rimborso, tipicamente sotto forma di depositi. Pertanto,

se è possibile concedere esclusivamente prestiti senza essere banca, non

Page 16: Quaderno di lavoro 2010

28

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

29

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 2attivo anche oltre quello passivo precedente, determinando il

sorgere contestuale di propri debiti con l’affermarsi di nuove

attività patrimoniali, tipicamente per prestiti”. Al riguardo si

parla di una funzione monetaria svolta dei debiti bancari: si

può giungere a rilevare che la banca moderna si è affermata

allorchè taluni suoi debiti (i depositi a vista), posti in circo-

lazione per mezzo di particolari titoli di credito, tipicamente

assegni e bonifici, che rappresentano la “moneta bancaria”,

sono divenuti efficaci mezzi di pagamento. Anzi, la banca si

caratterizza proprio per essere l’unica “impresa i cui debiti

sono utilizzati per effettuare pagamenti”.

Pertanto, la funzione creditizia si intreccia strettamente con

la funzione monetaria, avendo un effetto di ritorno sulla stes-

sa formazione dei depositi: ogni prestito “crea” un deposito

nella misura in cui non viene utilizzato in moneta legale ma

attraverso la moneta bancaria, dove la seconda, nota anche

come “moneta scritturale”, è considerata sicuro surrogato

della prima, in un processo moltiplicativo dei depositi secon-

do il quale loans make deposits (cioè i prestiti creano i depo-

siti).

Le altre funzioni della banca (di investimento e di servizi) e la despecializzazione tempora-le ed operativa

Le banche annoverano tra le proprie attività, oltre ai prestiti

(variamente strutturati sotto il profilo tecnico e temporale),

anche collocamenti finanziari durevoli che connotano quella

che viene definita la funzione di investimento delle aziende

di credito. In virtù della funzione in esame, infatti, “la banca

concorre ad avviare il risparmio liquido verso forme durevoli

di investimento”.

Tale funzione si concretizza nell’acquisto, o nell’immissione

nel portafoglio di investimento della banca in qualità di par-

tecipazioni, di strumenti finanziari acquisibili sul mercato fi-

nanziario primario e secondario, nonché nella realizzazione di

investimenti strutturali in immobili e tecnologie.

A differenza di quanto indicato con riguardo alla funzione

creditizia, la banca non si attende dai propri investimenti fi-

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SITI E INFO PER APPROFONDIRE www.ilsole24ore.comwww.bancaditalia.it

T. BIANCHI, Considerate la vostra semenza, in “Banche e Banchieri”, n. 3, 2010.

N. Degli Innocenti, King (Banca d’Inghilterra): riformare il settore bancario, in “Il Sole 24 Ore”, 21 ottobre 2009.

F.S. MISHKIN – S.G. EAKINS – G. FORESTIERI, Il settore delle banche commerciali: struttura e concorrenza, in Istituzioni e mercati finanziari, Pearson Editori, Milano, 2007.

M. PLATERO, Obama contro le banche: mai più colossi, in “Il Sole 24 Ore”, 22 gennaio 2010.

M. PLATERO, A Wall Street scatta l’ora delle regole, in “Il Sole 24 Ore”, 16 luglio 2010.

M.C. Quirici, L’attività bancaria: aspetti definitori e relativi tratti evolutivi, in L. GAI (a cura di), Lineamenti di gestione bancaria, FrancoAngeli, Milano, 2009.

LA CATENA DELLE PAROLE CHIAVE

QR-CODE

Depositi bancariFunzione monetariaBasileaCommercial bankingIntermediari mobiliariIntermediari creditiziRetail CorporateDerivatiTrading

Ba

nca

2contro diretto tra domanda ed offerta di capitali.

L’intermediazione diretta, invece, presupporrebbe la perfetta coincidenza

delle suddette condizioni ed è facilmente intuibile come tale coincidenza sia

nella realtà difficilmente realizzabile, in quanto le esigenze dei soggetti offe-

renti e richiedenti fondi risultano assai spesso divergenti (basti pensare, ad

esempio, alla durata dell’investimento, a breve termine nell’ottica dei primi,

a medio-lungo nell’ottica dei secondi).

La parte più consistente della raccolta bancaria, rappresentata dai depositi

bancari, viene negoziata tipicamente “a vista”, volendo con ciò significare

che la banca si dichiara disposta a far fronte ai propri debiti in qualsiasi mo-

mento; gli impieghi bancari, dall’altro lato, legati alle esigenze finanziarie dei

prenditori di fondi (tipicamente imprese), anche qualora negoziati formal-

mente a breve termine tendono a protrarsi nel tempo, visto che possono es-

sere ripetutamente rinnovati rispetto alla loro scadenza contrattuale. Nella

realtà, quindi, i fondi erogati dalla banca quali crediti a breve termine vanno

a coprire un fabbisogno finanziario di non breve termine, palesando di fatto

una scadenza indeterminata nel tempo e solo la presenza di condizioni di

equilibrio economico-tecnico dell’azienda affidata, tali da consentirle di far

fronte ad un annullamento del rapporto in tempi brevi, potrà far classificare

come a breve un finanziamento bancario che pur si protrae nel tempo.

La possibilità per le banche di ampliare le forme tecniche dei propri impie-

ghi al di là del breve termine è connessa al superamento da parte del Testo

Unico in materia bancaria e creditizia (D. Lgs. n. 385/1993, breviter TUB) del

principio della specializzazione degli intermediari finanziari, che invece era

stato posto dalla Legge bancaria del 1936. Il TUB, infatti, ha definitivamente

cancellato quei vincoli temporali che rendevano impossibile alle aziende di

credito ordinario concedere prestiti oltre il breve termine, visto che i finan-

ziamenti a medio-lungo termine erano riservati a una particolare categoria

di intermediari, gli istituti di credito speciale, che però non potevano racco-

gliere depositi, in un’ottica di specializzazione operativa e temporale che

era finalizzata a minimizzare i rischi derivanti dalla mancata coincidenza

della natura dei crediti attivi e passivi.

Tratteggiata la funzione creditizia delle banche resta da verificare se essa

possa esplicarsi con vantaggio e in vaste proporzioni in via autonoma ri-

spetto alla raccolta di depositi. Al riguardo giova rilevare come il colloca-

mento dei fondi non sia subordinato alla preventiva raccolta dei medesimi:

se così fosse, la banca potrebbe prestare solo dopo aver raccolto fondi,

dei quali del resto non è creatrice o emittente, ma questo comporterebbe

inevitabilmente limitate possibilità di crescita della funzione creditizia. Tali

possibilità “si affermano, invece, allorché la banca può negoziare credito

Page 17: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 2strumenti finanziari, quali derivati, quote di fondi comuni di investimento, gestioni patri-

moniali ecc. Ciò è stato reso possibile dal processo evolutivo in campo normativo che, eli-

minando talune riserve di attività che precludevano alle banche l’accesso diretto al trading

dei prodotti finanziari diversi dai titoli di Stato, ha consentito un crescente affermarsi della

banca quale intermediario mobiliare.

Tale processo di rinnovamento legislativo era stato avviato all’inizio degli anni Novanta

data la pressante necessità, avvertita dalle stesse autorità di vigilanza nazionali, di accre-

scere il grado di competitività all’interno del nostro sistema creditizio alla luce dell’immi-

nente ingresso nel mercato unico a livello comunitario.

Inizialmente, con la Legge Amato-Carli (L. n. 218/1990), si era cercato di ovviare ad alcune

carenze proprie del nostro sistema: se da un lato veniva superato lo schema pubblicistico,

proprio della legge bancaria del 1936, come modello istituzionale degli enti creditizi, affer-

mando così il carattere imprenditoriale dell’attività delle banche, in modo da accrescerne

la capacità concorrenziale, dall’altro si prendeva atto della necessità di un ampliamento

dell’offerta bancaria verso una gamma di servizi/prodotti sempre più ampia e articolata,

per cui venivano regolamentati per la prima volta i gruppi bancari polifunzionali, che an-

cora rispettavano il principio della specializzazione temporale ed operativa dell’attività

creditizia, nonché quello della separatezza tra banca e impresa. I gruppi polifunzionali,

infatti, rappresentando un insieme di più unità operative giuridicamente distinte ma co-

ordinate nel loro funzionamento e nelle loro strategie da una capogruppo, erano in grado

di ampliare la gamma dei servizi offerti senza disperdere i benefici della specializzazione.

Per il definitivo superamento del principio di specializzazione, sia in senso temporale (im-

possibilità di concedere prestiti oltre il breve termine) che operativo (esercizio della sola

attività tipica, quindi creditizia), è stato necessario attendere il recepimento nel nostro

ordinamento della II Direttiva Comunitaria di coordinamento bancario (Dir. 89/646/CEE)

la quale, oltre a ribadire il principio del mutuo riconoscimento delle norme base della

direttiva, da tutti i Paesi membri recepite, enunciava altri due principi fondamentali alla

base del processo di integrazione dei diversi sistemi creditizi comunitari, vale a dire il

principio dell’autorizzazione unica e quello della vigilanza da parte del Paese di origine

(home country control). In base a tali principi, una banca autorizzata in un qualsiasi Paese

membro della CEE poteva esercitare liberamente in tutti gli Stati membri della comunità,

secondo la normativa e la supervisione del Paese d’origine, una gamma molto vasta di

attività purché fossero contemplate fra quelle contenute nella lista allegata alla direttiva

stessa.

Veniva così formalmente introdotta, almeno a livello comunitario, la “banca universale”

quale modello organizzativo di riferimento per tutte quelle banche che avessero voluto

proiettarsi su uno scenario europeo fortemente concorrenziale.

La despecializzazione operativa, che si configura come uno dei principali effetti del de-

creto di recepimento della II Direttiva di coordinamento bancario (D. Lgs. n. 481/1992),

asse portante su cui è stato costruito il successivo TUB del 1993, ha permesso alle imprese Ba

nca

2nanziari un diretto effetto di ritorno sulla formazione dei depositi, quanto

un contributo in termini economici alla formazione dell’utile di esercizio,

nonché nei confronti della funzione di liquidità (si pensi ad una politica ade-

guata di gestione delle scadenze dei titoli in portafoglio con collocamento

sui mercati mobiliari secondari). È da rilevare che la funzione di investimen-

to in proprio non risulta affatto residuale rispetto a quella creditizia, bensì

complementare ad essa.

Oltre che in proprio, la funzione in esame può essere svolta (e, anzi, lo è sta-

ta sempre di più negli ultimi lustri) anche per conto e a favore della clientela,

mirando a inserire la banca nel più vasto campo della gestione e del collo-

camento del risparmio e dei connessi flussi monetari. In tal caso, la funzione

di investimento si colloca nell’ambito di una più ampia area di attività che,

pur non strettamente connessa all’intermediazione creditizia, risulta incen-

trata sull’offerta di una gamma ampia ed eterogenea di servizi, al fine di

dare un contributo positivo in termini di reddito alla gestione aziendale. Si

parla, infatti, più propriamente di una funzione di servizi svolta dalla banca.

Tale funzione, connessa all’offerta di servizi quali l’intermediazione in titoli

per conto della clientela al dettaglio (retail) o delle imprese (corporate), le

gestioni patrimoniali, fino ai sistemi di pagamento ed alla custodia di beni

e valori nei locali della banca, si è andata affermando in tempi relativa-

mente recenti, allorchè, nell’ottica della ricerca di una maggiore efficacia

competitiva, necessaria nell’ambito di un contesto operativo caratterizzato

da sempre più elevati livelli di concorrenzialità, le banche hanno cercato di

divenire il più possibile interlocutori globali della propria clientela, mirando

a gestirne la totalità delle risorse finanziarie.

Ne consegue che negli ultimi lustri la funzione dei servizi ha assunto un ruo-

lo determinante per la conservazione della propria quota di mercato e di

margini di profitto adeguati, configurandosi quale una variabile strategica,

in grado di stabilizzare non solo i profitti decrescenti a causa del processo

di disintermediazione (soprattutto dal lato del passivo) contribuendo così

al contenimento della forbice tra saggi attivi e passivi, ma gli stessi volumi

operativi, in virtù di una diversificazione dei propri segmenti di mercato.

Se si considerano poi i ricavi ritraibili dalla vendita dei suddetti servizi ac-

cessori, ricavi rappresentati tipicamente da commissioni e provvigioni, si

può agevolmente rilevare come l’aumento dei ricavi da servizi abbia ga-

rantito una maggiore elasticità al conto economico bancario, consentendo

pure migliori condizioni di efficienza nella gestione aziendale.

Fra le diverse tipologie di servizi offerti un ruolo particolarmente importan-

te è stato svolto senza dubbio dai servizi nel campo dell’intermediazione

mobiliare, aventi per oggetto titoli (tipicamente azioni e obbligazioni) e altri

Page 18: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 2tire dall’estate 2007 sulla scorta delle inadempienze riscontrate nel settore dei mutui sub-

prime negli Stati Uniti, ha dimostrato come le forme di controllo e vigilanza poste in essere

siano state del tutto insufficienti, e in ogni caso inadeguate, in relazione all’aumento della

complessità e della rischiosità complessiva degli attuali mercati finanziari. Tale incremento

è imputabile a diversi fattori che hanno determinato un fenomeno di un intenso, quasi sfre-

nato, processo di innovazione finanziaria: lo sviluppo di forme di “ingegneria finanziaria”,

con la creazione di prodotti sempre più complessi e di difficile comprensione, quantomeno

in relazione al loro grado di rischio intrinseco; un’operatività spesso spregiudicata nell’uti-

lizzo di strumenti finanziari particolarmente rischiosi, quali i derivati; il crescente interesse

dei risparmiatori verso forme di investimento più diversificate e complesse, con particolare

riguardo ai mercati borsistici, nazionali ed internazionali, sempre più globalizzati in virtù

anche della loro crescente telematizzazione; una politica di concessione dei prestiti talora

non basata sull’effettiva economicità dei clienti affidati; un esercizio della vigilanza che ha

sottovalutato, o non considerato in modo adeguato, i possibili rischi sistemici dell’attività

bancaria internazionale che ha palesato un eccessivo ricorso alla securitization, nell’errato

convincimento che con la vendita degli attivi cartolarizzati ci si potesse liberare dai rischi

ad essi connessi. L’invenzione di nuovi strumenti finanziari e di innovativi veicoli per distri-

buire detti rischi, se da un lato ha portato effetti positivi, quali l’aumento delle dimensioni

complessive degli scambi sui vari mercati finanziari, dall’altro, quale rovescio della meda-

glia, ha aumentato in modo tale la complessità degli scambi su tali mercati che non si è più

compreso come e dove fosse effettivamente distribuito il rischio.

I sistemi bancari che hanno dimostrato di resistere meglio alla crisi finanziaria sono risultati

quelli - come quello italiano o quello canadese – basati su un’attività bancaria più tipica,

nella quale il passivo è rappresentato in modo precipuo da raccolta di depositi al dettaglio,

mentre l’attivo si concentra sul credito al settore industriale e commerciale. Viceversa, i

sistemi bancari che hanno registrato gli effetti negativi più pesanti sono stati quelli anglo-

sassoni, statunitensi in primis, dove maggiore è la vocazione e l’affermazione della banca

di investimento - che si caratterizza appunto per l’investimento sui mercati finanziari, in

proprio e per conto terzi e l’assenza di depositi - rispetto alla banca commerciale - che in-

vece presuppone la possibilità di raccolta fondi mediante depositi e l’erogazione di prestiti

nei confronti delle imprese, nelle diverse forme tecniche possibili.

Da qui la sollecitazione, proveniente da più parti, affinché le banche tornino a fare nel

miglior modo possibile la loro attività tipica, rappresentata dalla concessione di prestiti

alle imprese a fronte della raccolta di risparmio presso il pubblico dei risparmiatori, quindi

l’attività propria della banca commerciale (nell’articolo oggetto di analisi si parla della ne-

cessità di una “maggiore focalizzazione sul commercial banking”).

In questa direzione va anche la recente riforma varata dal Presidente degli Stati Uniti Oba-

ma, che reintroduce la separazione tra attività di banca commerciale (attiva nel credito,

erogato a fronte della raccolta di depositi) da quella di banca di investimento (attiva nel

campo dell’intermediazione mobiliare), al fine di rendere meno conveniente l’attività di tra-

ding in conto proprio e favorire così l’attività di sostegno alle imprese e, da qui, alla crescita Ba

nca

2bancarie italiane di sviluppare specifici servizi di negoziazione, di consu-

lenza e di gestione nel campo dell’intermediazione mobiliare. In tal modo,

consentendo l’esercizio congiunto di attività creditizie e mobiliari, si è

formalmente introdotta anche nel nostro ordinamento la possibilità di

optare per il modello della banca universale, sul modello della hausbank

tedesca, consentendo a ciascun ente la possibilità di offrire direttamen-

te al mercato l’intera gamma dei prodotti finanziari ammessi al mutuo

riconoscimento, senza più doversi necessariamente articolare in una plu-

ralità di soggetti con distinta personalità giuridica, come avveniva con la

formula del gruppo polifunzionale. Il gruppo, comunque, non risulta su-

perato, rimanendo “praticabile”, tanto che si può affermare che la scelta

dell’assetto organizzativo è stata rimessa alla libera valutazione econo-

mica dei singoli imprenditori bancari, alla luce delle singole opportunità e

strategie di mercato, data l’impossibilità di stabilire a priori la superiorità

di un modello sull’altro.

Occorre poi sottolineare come un’operatività a 360 gradi, tipica di una

banca universale, comporti necessariamente un ampliamento degli spazi

di autonomia dell’impresa bancaria. Da qui l’esigenza di un’ampia verifica

dell’intero sistema dei controlli da parte delle autorità creditizie: l’obiet-

tivo prioritario diventa la competitività all’interno del sistema finanziario,

che va ad affiancarsi all’obiettivo principe del passato, quello della stabi-

lità, tanto che si rivedono anche gli strumenti con i quali perseguire tali

obiettivi, inserendoli nell’ambito di una vigilanza che da strutturale diven-

ta prudenziale.

In sostanza, le preoccupazioni del legislatore del 1936 in ordine alla peri-

colosità ed alla instabilità intrinseca della “banca universale” sono state

superate con l’affermazione di un modo nuovo di affrontare il rischio fi-

nanziario ed il rischio creditizio: se la funzione di vigilanza era in prece-

denza incentrata su un complesso sistema di divieti che tendeva ad im-

pedire il verificarsi di situazioni rischiose (vigilanza strutturale), la nuova

formula di prevenzione dei dissesti bancari si fonda sul presidio dell’equi-

librio patrimoniale e finanziario della banca, collegando le sue possibilità

operative al rispetto di dati coefficienti patrimoniali, formulati in relazione

alle diverse tipologie di rischio che la banca assume nell’esercizio delle

proprie attività (vigilanza prudenziale).

L’impatto della recente crisi finanziaria sul modello di

business bancario

Purtroppo, la gravissima crisi finanziaria internazionale, propagatasi a par-

Page 19: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 2Traccia per l’attività in classeTrattandosi di una scheda densa di significati, per lo più teorici e non troppo semplici, dal

momento che vengono affrontati da un lato il ruolo e le diverse funzioni svolte dall’inter-

mediario banca nell’ambito del sistema finanziario, dall’altro l’evoluzione del modello di

business bancario ad oggi in atto, alla luce anche della recente grave crisi finanziaria inter-

nazionale, potrebbe essere opportuno sviluppare in aula una discussione di tipo interatti-

vo, tale cioè da stimolare la partecipazione attiva dei ragazzi, volta a sondare la loro reale

comprensione dei suddetti significati, alla luce anche delle proprie personali esperienze in

relazione a quei servizi bancari che, tra gli altri, meglio si prestano ad essere utilizzati an-

che da soggetti in giovane età (mediante strumenti quali le carte revolving o il bancomat).

Potrebbe poi essere interessante realizzare una vera indagine sul campo approntando da

parte del docente, magari in collaborazione con lo stesso gruppo aula, un questionario

che i ragazzi dovrebbero sottoporre alle proprie famiglie in modo da verificare la loro

maggiore o minore conoscenza delle diverse funzioni svolte dalle banche, e magari come

queste risultino apprezzate da parte di coloro che, nelle diverse realtà familiari, hanno

contatti diretti con le aziende bancarie, contatto che di fatto si configura come necessario

e ineludibile.

A scopo esemplificativo, detto questionario potrebbe contenere domande, per lo più a

risposta multipla, circa le esperienze dirette riportate dai familiari che si sono approcciati

alla banca in varie vesti e quindi in qualità: di correntista di una banca; di utilizzatore di

moneta bancaria o di moneta elettronica; di depositante; di utilizzatore di finanziamenti

bancari, quali mutui o credito al consumo, con eventuali ipotesi di trasferimento da un

istituto creditizio ad un altro.

In presenza, poi, in famiglia di un piccolo imprenditore o di un manager operante in una

realtà aziendale, esempio quindi di una clientela corporate e non solo retail, si potrebbero

chiedere le esperienze riportate nella richiesta di finanziamenti bancari, con la precisa-

zione delle eventuali garanzie reali richieste all’atto della concessione del credito, nonché

in relazione al loro successivo utilizzo. Il questionario dovrebbe in ogni caso prevedere la

manifestazione del maggiore o minore grado di apprezzamento delle suddette diverse

esperienze. I dati riportati dai questionari dovrebbero essere poi sintetizzati, anche con

l’ausilio di grafici e tabelle, e i relativi risultati discussi in aula.

Ba

nca

2economica e all’occupazione, evitando al contempo il formarsi di posizioni

di rischio pericolose per il sistema finanziario. Viene così ripristinato, di fatto,

il Glass Steagall Act, la legge USA del 1933 che sanciva detta separazione

alla luce della crisi del 1929 e la cui abrogazione, nel 1999, viene da molti

considerata “la madre di tutte le sventure successive”.

Nello specifico il progetto di riforma bancaria statunitense, approvato dal

Senato nel recente luglio 2010, da un lato vieta alle banche commerciali,

nonché alle società che controllano banche, di possedere o investire in at-

tività caratterizzate da l’elevata rischiosità (come in hedge fund e in private

equity), dall’altro limita le dimensioni di ogni singola banca commerciale in

relazione all’intero settore – ponendo nuovi limiti sulle percentuali dei depo-

siti accumulabili in relazione ai depositi totali del Paese - per evitare che in

futuro ci siano ancora banche “troppo grandi per fallire” (“too big to fail”),

tali quindi da “tenere in ostaggio” i contribuenti americani, visto che il loro

fallimento avrebbe potuto mettere a rischio l’intero sistema finanziario.

Concludendo, si può affermare che si è chiusa un’epoca e se ne sta aprendo

una nuova, caratterizzata dalla ricerca di nuovi modelli di business in ambito

bancario e di nuove forme di controllo dei rischi in detto ambito assunti. Si è

infatti sviluppata a livello globale una discussione sulle nuove regole di vigi-

lanza necessarie per far sì che quanto avvenuto non possa ripetersi.

Questa apertura di veri e propri “cantieri delle regole”, sia a livello di singo-

le istituzioni bancarie - vedi Basilea 3, con la quale si cerca di rafforzare la

capacità delle banche di far fronte, con un “adeguato patrimonio”, ai diversi

rischi assunti - sia a livello di sistemi di vigilanza sui diversi mercati finanziari

- che devono diventare più coesi ed integrati al fine di valutare meglio i po-

tenziali rischi sistemici, cioè a carico del sistema finanziario nel suo comples-

so – si correla alla crisi di un modello di sviluppo che ha portato al dominio

sulle scene finanziarie internazionali di alcune, relativamente poche, grandi

banche di investimento che, oltre a contribuire al progressivo allontanamen-

to della finanza dal reale mondo economico sottostante, si sono assunte

rischi che si sono tradotti in ricchi dividendi e bonus stratosferici ai dirigenti

aziendali fintantoché le cose sono andate bene, e in perdite per i contribuen-

ti, quando la crisi si è conclamata.

Ma questo, come ha affermato anche il governatore della Banca d’Inghilterra

King, distorce gravemente l’allocazione delle risorse e la gestione del rischio,

trasformandosi “nell’azzardo morale (moral azard) più grande della storia”.

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 2B

an

ca

2FAQ 4 DOMANDE E RISPOSTE

Cosa si intende per cartolarizzazione (securization) degli attivi

bancari?

Si intende un processo di trasformazione di attività non liquide (come ad esempio prestiti creditizi a medio-lungo termine, come i mutui, gravate da un rischio creditizio, derivante dalla possibile incapacità del debitore di far fronte alla propria obbligazione nei tempi e nei termini economicamente convenienti) in strumenti finanziari negoziabili sul mercato dei capitali.

Quando si configura l’azzardo morale, o moral azard?

Quando si rileva il rischio che una delle parti della transazione assuma comportamenti ritenuti indesiderabili dall’altra parte.

Cosa si intende per adeguatezza patrimoniale, alla luce dell’evoluzione

della vigilanza da Basilea 1 a Basilea 3?

La nozione di adeguatezza patrimoniale fa riferimento alla necessità di individuare la quantità di capitale che la banca deve detenere al fine di assorbire le eventuali perdite in caso di manifestazione delle diverse tipologie di rischi cui l’attività bancaria è soggetta. Il rispetto dei richiesti coefficienti patrimoniali si qualifica come un presidio quantitativo, cui si vanno ad affiancare ulteriori presidi di natura qualitativa.

A quale processo si fa riferimento parlando di “disintermediazione dal lato del passivo”?

Si fa riferimento ad un processo di riduzione nell’afflusso di fondi (tipicamente depositi) al sistema bancario, con conseguente diminuzione dei volumi di intermediazione, da collegare all’ampliamento nelle possibilità di investimento di cui hanno goduto, a partire dagli anni Ottanta, i risparmiatori che hanno così diversificato le proprie scelte, indirizzandosi sempre più verso prodotti alternativi rispetto al deposito bancario.

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

Servizi di pagamentodi Elide Sorrenti3

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

numero di un documento di identità. Ove l’ordinante non sia cliente di un intermediario cui ordina il servizio,

le informazioni relative al conto vengono sostituite da un codice unico di identificazione (composto di lettere,

numeri e simboli) che consente di far risalire il trasferimento univocamente all’ordinante.

La Banca d’Italia ricorda che i clienti debbono fornire tutte le informazioni obbligatoriamente, se vogliono

ottenere la prestazione. Sul prestatore di servizi di pagamento per conto del beneficiario graverà il controllo

sulla completezza ed attendibilità delle informazioni. Agli organi aziendali degli intermediari, poi, il compito

di attuare e verificare la predisposizione di idonee misure, procedure e processi.

Appunti

3

Trasferimenti di fondi sempre più controllati dall’antiriciclaggio. Chi ordina e riceve somme

di denaro deve essere sempre identificato, altrimenti l’operazione salta. In sintesi questo il

contenuto del documento «Istruzioni per l’applicazione del Regolamento CE1781/2006»,

che la Banca d’Italia ha appena posto in pubblica consultazione sul proprio sito istituzionale.

La tracciabilità dei trasferimenti, in linea generale, di fondi era già prevista dalla legge

231/2007 (articoli 36-40). In seguito era intervenuto il Regolamento (n. 895 del 23 dicembre

2009) della stessa Banca d’Italia sull’Archivio unico informatico, il quale ha dettato gli

standard per registrare operazioni e rapporti con la clientela, confermando impostazioni

sui trasferimenti di fondi, segnatamente i bonifici. A questi ultimi la registrazione conferiva

un’alea di “mistero”, dato che ci si limitava ad affermare (articolo 6) che gravasse sui

destinatari dell’ordine del cliente l’obbligo della relativa registrazione: per quelli esteri,

l’obbligo gravava sull’intermediario residente intervenuto nell’operazione.

I servizi di pagamento

Il nuovo documento entra nel dettaglio, e si riferisce a tutti i “servizi di pagamento”: servizi

di prelievo e versamento da conti di pagamento (cioè conti che consentono di operare

a più utilizzatori di servizi di pagamento per l’esecuzione di operazioni di pagamento,

inclusi i trasferimenti di fondi), ovvero di conferire ordini a valere sui medesimi (mediante

bonifici, addebiti diretti, carte di credito). Così come l’emissione o acquisto di strumenti di

pagamento, le rimesse di denaro, moneta elettronica, pagamenti informatici ed elettronici.

I Paesi di destinazione e provenienza, cui la regolamentazione si applicherebbe (ricordiamo

che la consultazione del documento si chiuderà il prossimo 22 ottobre), sono tutti quelli

Ue, con l’aggiunta della Norvegia, Islanda, Liechtenstein, territori francesi d’oltremare

(Guadalupa, Martinica, Guyana francese, Reunion), isole Azzorre, Madeira, isole Canarie,

Ceuta, Melilla e Gibilterra. Non a caso, Stati con minore tenuta dei presidi antiriciclaggio.

Il regime semplificato di identificazione, che riduce gli obblighi sui dati informativi relativi

all’ordinante al solo numero di conto, e che varrà per tutti gli Stati Ue, non sarà applicabile

- prevede il comunicato della Banca d’Italia - a San Marino, lo Stato del Vaticano, Andorra,

il Principato di Monaco.

Gli Stati extra-Ue

Su questi e tutti gli altri extra-Ue le informazioni obbligatorie a fronte dei suddetti pagamenti

saranno: nome e cognome dell’ordine, indirizzo e numero di conto. L’indirizzo può essere

sostituito dall’indicazione del luogo e della data di nascita dell’ordinante ovvero da un

numero identificativo assegnatogli dal suo prestatore di servizi di pagamento, ovvero dal

4 Settembre 2010

AUMENTANO I CONTROLLI SUI TRASFERIMENTI DI FONDIdi Ranieri Razzante

L’articoloS

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3

Page 23: Quaderno di lavoro 2010

42

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 3ad eccezione di quelli di modesta entità.

L’ambito di applicazione della direttiva

La direttiva riguarda tutti i trasferimenti che avvengono all’interno dell’Unione europea

per i quali si applica il regime semplificato di identificazione, essendo sufficiente indicare il

solo numero di conto. Il regime semplificato non si applica invece ai prestatori di servizi di

pagamento stabiliti nella Città del Vaticano, nella Repubblica di San Marino, nel Principato

di Monaco, in Andorra.

La direttiva riguarda inoltre la Norvegia, l’Islanda, il Liechtenstein, i territori francesi

d’oltremare, le isole Azzorre, Madeira, le isole Canarie, Ceuta, Melilla e Gibilterra .

Queste ultime zone spesso sono considerate “paradisi fiscali” che offrono copertura ad

operazioni finanziarie illecite.

I servizi di pagamento

Nell’articolo esaminato abbiamo trovato spesso il termine servizi di pagamento. Sappiamo

che un pagamento è una prestazione monetaria con cui si estingue un debito in una

transazione reale o finanziaria.

I servizi di pagamento offerti dalle banche sono resi possibili in quanto esse fanno parte

dell’Eurosistema, costituito dalle banche centrali dei Paesi dell’area Euro e responsabile

dell’attuazione di una politica monetaria comune.

L’Eurosistema comprende la Banca Centrale Europea (BCE) e le Banche Centrali Nazionali (BCN) dei Paesi dell’Unione europea che hanno adottato l’euro come moneta legale. Tra

gli obiettivi del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) vi è quello di promuovere

il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento.

Il sistema dei pagamenti è una infrastruttura costituita da tutti gli strumenti, con i quali si

possono acquistare beni e servizi sui mercati, dalle attività e dagli intermediari preposti;

tale infrastruttura consente di trasferire i mezzi di pagamento da un operatore ad un

altro in modo da estinguere una obbligazione pecuniaria. I consumatori, le imprese, la

Pubblica Amministrazione possono pagare usando la moneta, ossia banconote e monete

metalliche, oppure impiegare il denaro depositato in banca per mezzo di assegni, bonifici,

carte di pagamento.

L’insieme coordinato di persone, istituzioni, norme giuridiche, procedure, e strumenti ma-

teriali (edifici, impianti, tecnologie ecc), è organizzato per produrre i servizi di pagamen-

to e altri servizi connessi od accessori ai primi e si articola a livelli diversi a seconda delle

competenze.

La Banca Centrale Europea ha l’obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi, la

salvaguardia del sistema finanziario e di promuoverne l’integrazione. Ser

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3 L’articolo presenta la normativa europea, recepita nel nostro ordinamento

giuridico, che regola gli spostamenti di denaro sia all’interno che all’esterno

di un Paese.

Le istruzioni attuative del Regolamento CE1781/2006, pubblicate sul sito

della Banca d’Italia il 3 Settembre 2010, impongono una serie di controlli

sui movimenti di denaro nel nostro Paese, in quelli dell’Unione europea e in

quelli esterni ad essa.

L’obiettivo del Regolamento comunitario è quello di assicurare che le

informazioni, riguardanti l’identità dei soggetti coinvolti nello spostamento

di fondi, siano accessibili in qualunque fase del trasferimento stesso alle

autorità investigative e a quelle competenti in materia di prevenzione e

contrasto delle attività di riciclaggio e di finanziamento al terrorismo.

Le istruzioni attuative del Regolamento danno indicazioni molto dettagliate

allo scopo di rendere leggibile la tracciabilità di tutti i passaggi percorsi dai

fondi stessi.

Il prestatore dei servizi di pagamento (la banca o un intermediario finan-

ziario) assume degli obblighi quando il cliente ordina un trasferimento di

fondi: diviene responsabile della completezza e dell’affidabilità delle infor-

mazioni da inserire nel messaggio di pagamento, ottenere i dati identificati-

vi dell’ordinante, verificarne l’attendibilità e inserirli nel documento relativo

all’ordine di pagamento.

Gli stessi obblighi di verificare la completezza e la veridicità delle informazioni

scritte nel documento ricadono sui prestatori dei servizi di pagamento del

beneficiario e dell’intermediario prima di procedere all’accreditamento dei

fondi trasmessi.

Quando non vi è un rapporto diretto tra prestatore di servizi dell’ordinante

e quello del beneficiario si ha il caso dei pagamenti di copertura,

cover payments, ed è necessario ricorrere ad una catena di rapporti di

corrispondenza tra diversi prestatori di servizi di pagamento. In questo

caso le informazioni relative all’ordinante e al beneficiario sono inviate

in un messaggio a parte, non necessariamente inserito in un sistema di

pagamento. È fatto obbligo che le informazioni complete riguardanti sia

l’ordinante che il beneficiario siano inserite nel messaggio di trasferimento

del fondo di copertura.

Questi controlli riguardano tutti i servizi di pagamento offerti dalle banche

sia che avvengano con procedure ordinarie sia con modalità elettroniche,

di Elide Sorrenti

La scheda

Page 24: Quaderno di lavoro 2010

44

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 3remote banking, con una disposizione inserita allo sportello automatico della propria

banca.

• la carta di debito: è una tessera plastificata con la quale il suo titolare può effettuare

pagamenti, senza usare il contante, nei negozi convenzionati tramite il terminale POS e

prelevare denaro presso gli ATM (Automated Teller Machine o Bancomat) sia in Italia

che all’estero. L’accordo contrattuale con l’emittente collega ogni carta al conto corrente

del suo titolare, l’addebito avviene contestualmente ad ogni transazione e l’importo

della vendita viene accreditato automaticamente sul conto corrente del venditore.

• la carta di credito: anche questa è una tessera plastificata, che non sostituisce il

denaro come la carta di debito, ma attribuisce ad un cliente crediti sotto forma di

finanziamenti, dilazioni di pagamento o altre facilitazioni,concessi da una banca o da un

altro intermediario finanziario. Abilitano il titolare ad acquistare beni o servizi entro un

importo massimo prestabilito, l’addebito totale nel suo conto corrente è effettuato nel

mese successivo agli acquisti effettuati e senza pagamento di interessi. Una variante

della carta di credito è la carta revolving, in cui il finanziamento al cliente è fatto mediante

l’apertura di una linea di credito a disposizione del titolare, che è tenuto a rimborsare gli

importi prelevati a rate con scadenza mensile, ripristinando gradualmente la sua linea

di credito e pagando gli interessi.

• Il libretto di risparmio: è un documento fornito dalla banca dopo l’apertura di un

deposito a risparmio, su cui vengono annotate le operazioni di prelievo o di deposito

di contante. Hanno l’obiettivo di favorire l’accumulazione del risparmio a differenza

del conto corrente che riguarda invece la gestione della liquidità. È nominativo

quando è intestato ad una o più persone fisiche legittimate ad esercitarne i diritti. È al

portatore quando possono essere utilizzati dal possessore, in questo caso per la legge

antiriciclaggio non possono avere un saldo superiore a 12.500 euro.

• la moneta elettronica: è uno strumento di pagamento costituito da un valore monetario

memorizzato su un dispositivo elettronico; rappresenta un credito nei confronti

dell’emittente ed è emesso in corrispondenza alla ricezione di un ammontare di

denaro che non sia inferiore al valore monetario emesso con la moneta elettronica.

È accettato come mezzo di pagamento da imprese diverse dall’emittente. Possono

emettere moneta elettronica le banche e gli Istituti di moneta elettronica. Può

assumere le forme di: moneta card based: carta con micro chip, detta anche borsellino

elettronico; moneta software based: con dispositivo elettronico immagazzinato nella

memoria del PC dell’emittente e moneta phone based: carta prepagata collegata agli

operatori di telefonia mobile.

• I conti di pagamento per servizi di prelievo o versamento di moneta: si tratta di nuovi

strumenti concepiti per facilitare gli esborsi ricorrenti o legati ai consumi.

Sono stati introdotti da una Direttiva della Commissione europea (Payment Services

Directive) con lo scopo di sostenere la creazione di un mercato unico europeo dei servizi Ser

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3Alla Banca d’Italia competono sia la gestione del sistema dei pagamenti sia

la funzione di vigilanza del sistema bancario e finanziario italiano.

Nelle nostre società le nuove tecnologie dell’informazione hanno mutato

profondamente i processi produttivi e distributivi, come pure gli stili di vita.

In questo contesto, anche il sistema dei pagamenti ha subito modifiche

con l’introduzione di piattaforme telematiche comuni a livello nazionale

ed internazionale che hanno reso più veloci e sicuri gli scambi di dati sulle

transazioni finanziarie. Questo tipo di innovazione ha comportato anche

processi di formazione degli operatori come pure della clientela.

Per erogare i servizi di pagamento è necessario instaurare rapporti giuridici

di natura contrattuale tra il pubblico e la banca; Il più rilevante di questi

è il conto corrente bancario, che è un contratto rivolto principalmente

a gestire la liquidità del cliente ed ha costi diversi a seconda delle varie

tipologie. Consente di effettuare un complesso di operazioni senza bisogno

di usare fisicamente la moneta, sostituendola con registrazioni contabili sul

conto stesso e quindi con maggiore comodità e sicurezza. Usando il conto

corrente si possono fare pagamenti, riscuotere incassi e detenere denaro

liquido a disposizione per le necessità correnti. Non costituisce né una

forma di investimento né uno strumento per accumulare risparmio.

I servizi di pagamento sono offerti al pubblico dalle banche, dagli intermediari

finanziari e dagli istituti di pagamento (le cosiddette “quasi banche”) e

consistono in operazioni relative a:

• Il contante: è costituito dall’euro, sia in forma di moneta metallica che

di banconote, con corso legale non solo in Italia, ma anche in quei Paesi

dell’Unione europea che hanno concordato l’impiego della moneta unica.

• l’assegno bancario: è un ordine di pagamento scritto con il quale il

cliente chiede alla propria banca di versare una data somma ad un’altra

persona, detta beneficiario. Per dare effetto a quest’ordine è necessario

ottenere un libretto di assegni, dopo che il cliente ha aperto presso la

banca un conto corrente e depositato la propria firma per consentire alla

banca di verificare l’autenticità della firma stessa sugli assegni. Per ogni

assegno che viene emesso vi deve essere, presso il conto corrente, il

denaro sufficiente ad effettuare l’ordine. L’emissione di un assegno senza

copertura costituisce un illecito amministrativo e comporta sanzioni

pecuniarie e, nei casi più gravi, sanzioni disciplinate dal codice civile.

• il bonifico: è un ordine di trasferimento di fondi da un debitore a un

creditore tramite una o più banche; può essere effettuato in vari modi:

tramite un ordine allo sportello della banca, con addebito sul proprio

conto corrente, con una disposizione via Internet, per mezzo del servizio

Page 25: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 3In Italia durante il 2009 il calo della produzione e dei commerci

dovuto all’andamento negativo dell’attività economica ha

ridotto il ricorso alle disposizioni di incasso tra le imprese.

Le famiglie hanno diminuito l’uso degli assegni sostituendoli

con gli strumenti alternativi.

Durante il 2009 il numero delle operazioni effettuate con

gli strumenti alternativi al contante è stato pari a circa 4

miliardi con un aumento dell’1,4 per cento, aumento tuttavia

caratterizzato da una riduzione degli importi scambiati del 5

per cento a causa della crisi economica.

In termini di cifre il numero degli assegni impiegati è diminuito

del 12 per cento, mentre l’insieme dei pagamenti automatizzati

(bonifici, addebiti preautorizzati, carte) è aumentato di oltre

il 2 per cento.

Sempre nello stesso periodo le operazioni con carte di

pagamento (debito, credito, prepagate) sono aumentate di

circa il 6 per cento complessivamente, ma il ritmo di crescita

più elevato è stato quello delle carte prepagate con il 24 per

cento nel 2009 e il 40 per cento nel 2008.

I prelievi al Bancomat sono diminuiti dell’1 per cento,

mantenendo però un importo medio pro capite di 175 euro

più elevato rispetto alla media europea di 100 euro.

È tuttavia da osservare che, questa preferenza del pubblico

italiano ad effettuare i pagamenti al dettaglio con gli strumenti

alternativi al contante, come quota pro capite rimane inferiore

a quella europea: infatti, nel 2009, abbiamo 66 operazioni

per abitante contro circa 157 nell’Unione europea e 170 nei

Paesi dell’Eurosistema con delle punte di 250 operazioni e

oltre in Francia, Paesi Bassi e Regno Unito.

Per quanto riguarda le transazioni tramite Internet, queste

sono aumentate notevolmente negli ultimi anni anche se la

loro quota sul totale è ancora solo del 5 per cento. Nel 2009

le transazioni online sono aumentate del 20 per cento con

incrementi del 17 per cento per i bonifici bancari, del 20 per

cento per le operazioni con carte di credito e del 25 per

cento per le carte prepagate.

L’indagine effettuata sulla diffusione dell’ ITC nei pagamenti

elettronici e nelle attività di rete evidenzia come le imprese

più attive nell’utilizzo delle nuove tecnologie siano quelle più

TAG

Link

GUARDA IL VIDEO DI QUESTO TEMA

SITI E INFO PER APPROFONDIRE www.bancaditalia.it

voce: Pubblicazioni “Relazione annuale della Banca d’Italia per il 2009”

voce: Eurosistema e SEBC

voce: educazione finanziaria: la storia della moneta

voce: educazione finanziaria: la stabilità dei prezzi

LA CATENA DELLE PAROLE CHIAVE

QR-CODE

EurosistemaRemote bankingImmigrato digitalePOS ATMMoneta card, software, Phone basedIstituti di pagamento

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3di pagamento per favorire la competizione, l’innovazione ed accelerare la

messa al bando all’utilizzo del contante.

I soggetti abilitati a questo tipo di operazioni sono gli “istituti di pagamento”,

detti anche quasi banche, che possono essere catene di supermercati,

grandi utilities, operatori telefonici o società di trasporto o di distribuzione

del carburante, ecc.

Accanto alla loro normale attività commerciale potranno svolgere tutti i

servizi di pagamento ma non esercitare l’attività di raccolta del risparmio.

Potranno anche concedere del credito nei limiti fissati da Bankitalia e sempre

per operazioni finalizzate agli acquisti.

Avranno regole che favoriranno una maggior trasparenza delle condizioni

contrattuali e obblighi formativi nei confronti dei clienti. Dovranno separare

questa attività da quella prevalente, tenere una contabilità separata,

iscriversi in un apposito elenco e sottostare al controllo della Vigilanza

della Banca d’Italia. Il loro capitale sociale può variare da un minimo ad un

massimo a seconda del tipo di operazioni che l’istituto intende effettuare.

Per le semplici rimesse di denaro, il capitale minimo richiesto è di 20mila

euro, per l’esecuzione di operazioni di pagamento con telefonia mobile o

canali diretti è di 50mila euro. Sarà invece pari a 125mila euro per chi vorrà

effettuare tutte le attività consentite.

Se si tratta di aziende con grandi bacini di utenza, queste avranno il

vantaggio di fidelizzare la catena del valore con l’automazione dei

pagamenti, con sconti immediatamente monetizzabili, finanziamenti

a breve termine ed eliminazione del contante. Il conto di pagamento,

nella fase iniziale, sarà un conto “prepagato” ed in seguito potrà essere

alimentato da contante, accredito di stipendi, rimesse di denaro da altri

Paesi o da spostamento di fondi da altri conti correnti o carte.

I vantaggi per il consumatore sono minori costi e maggiore rapidità di

esecuzione; con il conto di riferimento potranno essere effettuati pagamenti

senza inserire la carta o digitare il Pin (contactless) oppure con il cellulare. Si

agevoleranno i micro pagamenti (sotto i 30 euro) che di solito si effettuano

con il contante.

La situazione in Italia circa l’uso degli strumenti di pagamento da parte del pubblico1

1 Riferimenti bibliografici

www.bancaditalia.it

voce: Pubblicazioni “Relazione annuale della Banca d’Italia per il 2009”: n.21. Il servizio di pagamento al detta-

glio e il servizio di Tesoreria statale: gli strumenti di pagamento. Pagg.275-278

Page 26: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 3Traccia per l’attività in classeL’autore dell’articolo sviluppa il contenuto del documento “Istruzioni per l’applicazione

del Regolamento CE1781/2006” che la Banca d’Italia ha posto in pubblica consultazione

sul proprio sito istituzionale. Queste istruzioni riguardano il sistema di controllo di tutti i

servizi di pagamento in funzione antiriciclaggio.

Compiti per il docente

Si tratta di argomenti piuttosto tecnici, ma non per questo inadatti ad essere Impiegati

didatticamente anche perché la loro comprensione può far acquisire agli studenti una

visione più ampia del sistema che regola i servizi di pagamento e quindi un orientamento

sull’uso degli stessi.

Obiettivi suggeriti

• acquisire una visione completa della tipologia dei servizi di pagamento;

• conoscere le normative che regolano i trasferimenti di denaro all’interno del Paese e

verso i Paesi esteri;

• comprendere la logica e le finalità del sistema di controllo sui flussi di denaro;

• conoscere gli attori e le modalità attraverso cui è possibile effettuare il controllo sulla

“filiera”dei pagamenti.

Risultati attesi

• usare correttamente nella comunicazione i termini tecnici appresi;

• identificare i soggetti tenuti alle procedure che consentono la trasparenza dei passaggi

di denaro;

• esprimere valutazioni personali sulla necessità di tali controlli;

• essere in grado di visualizzare la complessa rete di trasferimenti monetari che sta alla

base del funzionamento del sistema economico.

Strategie suggerite

È sempre consigliabile il lavoro cooperativo che consente di sfruttare tutte le potenzialità

della classe e di realizzare apprendimenti condivisi.

Le scansioni potrebbero essere:

A) lettura individuale dell’articolo con il supporto di una griglia, che poi può essere utile

anche per individuare i temi da sviluppare. A titolo puramente esemplificativo, potrebbe

essere la seguente:Ser

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3coinvolte nel commercio internazionale, quelle di maggiori dimensioni e

quelle che operano in settori particolari (turismo, tempo libero, trasporti

aerei, informatica, ricerca e sviluppo, elettronica). In merito all’uso del

cellulare per le operazioni di pagamento si osserva come sia ancora poco

significativo.

Osservazioni

I dati esaminati dimostrano come, nonostante in Italia sia in atto da tempo

uno spostamento continuo verso l’adozione degli strumenti di pagamento

prodotti dalle nuove tecnologie, vi sia tuttavia uno scostamento significativo

rispetto ai dati degli altri Paesi.

Si possono individuare due elementi che frenano questo processo: uno di

carattere culturale e l’altro relativo alla sicurezza.

Sono indubitabili i vantaggi offerti da questi nuovi prodotti, quanto a velocità

e sicurezza delle transazioni, ma le operazioni da effettuare sulle macchine

o sul computer creano, a volte, resistenze e rifiuti specie da persone di una

certa età (i cosiddetti immigrati digitali) non tanto per i prelievi o per i

pagamenti tramite POS, in cui basta ricordare e digitare il proprio codice,

quanto invece per bonifici, deposito di assegni o altro.

Viene a cessare il rapporto personale con gli operatori allo sportello ed

è necessario mutare gli schemi mentali e comportamentali acquisiti nei

rapporti di scambio e nei pagamenti.

L’altro ostacolo riguarda la sicurezza, ossia la possibilità da parte di terzi

di clonare le tessere magnetiche o di entrare all’interno dei siti. In merito

a questo problema le autorità preposte alla sorveglianza hanno adottato

specifiche tecnologie basate sul microchip al posto della banda larga e

introdotto misure efficaci di contrasto ottenendo risultati confortanti. Infatti,

nel 2009, il rapporto tra transazioni fraudolente ed il totale delle operazioni

con carte (di debito, di credito, prepagate) si è assestato sullo 0,05 a fronte

del picco di 0,07 nel 2006.

L’introduzione di ogni innovazione, non solo nel settore bancario, si scontra

quasi sempre con ostacoli di natura culturale e, come abbiamo accennato

sopra in merito alla formazione degli operatori e del pubblico, è necessario

“apprendere” il nuovo; il che richiede a volte tempi più o meno lunghi a

seconda dell’incidenza sulle pratiche abitudinarie delle persone in materia

di scambi e pagamenti.

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 3

FAQ 4 DOMANDE E RISPOSTE

Che cosa è un Regolamento europeo?

Il Regolamento, all’interno del sistema giuridico comunitario rappresenta la manifestazione più rilevante delle autorità competenti che sono il Consiglio e la Commissione. Si tratta di una norma giuridica che ”… ha portata generale. È obbligatorio e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri” secondo l’art.249 del Trattato CE.

Che cosa è una Direttiva europea?

È una norma comunitaria rivolta ad uno Stato membro ed è obbligatoria. Non ha carattere generale e non è direttamente applicabile come il regolamento nello Stato destinatario, il quale ha l’obbligo di emanare i provvedimenti di attuazione.

Perché vi sono interventi da parte delle autorità comunitarie in materia di pagamenti?

Si giustificano con il fatto che abbiamo un Mercato unico ed una moneta unica e quindi il Sistema complessivo può funzionare in modo più adeguato se anche i servizi e gli strumenti di pagamento sono più uniformi.

Che cosa sono gli Istituti di moneta elettronica?

Si tratta di imprese diverse dalle banche, che svolgono in via esclusiva l’attività di emissione di monete elettroniche. Possono anche svolgere attività connesse e strumentali a quelle esercitate in via esclusiva e offrire servizi di pagamento. È preclusa loro l’attività di concessione di crediti in qualunque forma.

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31. La regolamentazione emanata dalla Banca d’Italia costituisce l’applicazio-

ne di un Regolamento della Comunità Europea. Perché?

2. Come mai vi sono Paesi che hanno procedure di applicazione del controllo

più semplici rispetto ad altri verso i quali le procedure sono molto più

articolate e richiedono maggiori informazioni?

3. Quali sono i servizi di pagamento?

4. Il controllo sui trasferimenti di denaro viene effettuato in modo decentrato

per mezzo della raccolta di informazioni fornite obbligatoriamente dai

clienti e obbligatoriamente controllati dal prestatore del servizio circa la

completezza e l’attendibilità delle informazioni stesse, pena il mancato

pagamento.

5. Cosa vi suggerisce l’espressione “tracciabilità dei trasferimenti”?

B) Il docente comunica alla classe i risultati dell’esame delle griglie e sollecita

gli studenti ad esprimere le loro osservazioni in merito.

C) Dalla discussione si possono individuare le tematiche ed i problemi che

necessitano approfondimenti e chiarificazioni e decidere quello/li ritenuti

più significativi dagli studenti. Si passa quindi alla progettazione delle

ricerche.

D) Il docente fornisce il materiale adeguato anche sulla base delle indicazioni

contenute nella scheda e, con la collaborazione degli studenti, stabilisce i

gruppi di lavoro, le fasi ed i tempi della ricerca.

E) A lavoro compiuto, gli studenti presentano i loro lavori in forma orale,

scritta e/o usando i programmi presenti nel computer. Da come verrà

organizzata la comunicazione, il docente verificherà se ed in quale misura

gli obiettivi prefigurati sono stati realizzati.

Page 28: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

Tassi di interesse e rendimentidi Elide Sorrenti4

Page 29: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

l’accredito degli stipendi, i bonifici. Strumenti che hanno costi modesti per la banca e che d’altra parte

trasformano il deposito ad alto rendimento in un conto online redditizio e allo stesso tempo operativo».

La sfida ai conti correnti tradizionali, i cui costi di gestione spesso sono anche alti, è lanciata. E poco conta

che sul mercato viga ancora una distinzione conto corrente online e conto deposito - il primo operativo, il

secondo vincolato su cui viene calcolato il rendimento -, prodotti distinti che infatti si riassumono in una

posizione bancaria unica. È il caso di Ing Direct, ad esempio, che ha lanciato Conto arancio (deposito) e

Conto corrente arancio (operativo). O di Banca Mediolanum, che con il Conto Freedom, mette a disposizione

un conto corrente a 360 gradi (carta credito, accredito, bonifici) che offre un rendimento pari al 2% netto

sulle somme eccedenti il limite di 15mila euro. «La progressiva fusione tra conti correnti è inevitabile - spiega

un operatore - perché l’innovazione tecnologica nel corso del tempo consentirà di fornire servizi base senza

intaccare i margini». Il percorso, insomma è tracciato.

Appunti

4

Le banche spingono la raccolta sul web Bossi (B.Ifis): conti con totale disponibilità

Le banche saranno pure impantanate in un mercato interbancario ancora poco fluido

rispetto ai tempi pre-Lehman, ma il canale di raccolta diretta, supportato da famiglie

e imprese, in Italia funziona bene. E con tutta probabilità assumerà un’importanza

crescente nei prossimi anni, visto che l’assorbimento di capitale fresco - imposto dai nuovi

requisiti di Basilea 3 - si farà sempre più urgente.

È con questa consapevolezza che oggi gli istituti bancari affrontano il mercato dei conti

online. Un segmento in forte espansione, dove gli operatori si scontrano a colpi di promozioni

sui rendimenti offerti. «L’impatto di Basilea 3 non sarà immediato - spiega Giovanni Bossi,

a.d. di Banca Ifis - ma la direzione è chiara: la detenzione di liquidità non intermediata dal

sistema bancario si rivelerà un fattore decisivo perché genera indipendenza. Gli istituti

saranno disposti a remunerare meglio la liquidità a vantaggio del cliente retail».

Chi vede una corsa al rialzo è anche WeBank, banca online del gruppo Bpm. «Il conto

deposito è destinato a diventare uno degli strumenti utili ad aumentare il bacino della

liquidità da parte delle banche - dice il direttore commerciale, Carlo Panella. Potrebbero

quindi nascere fenomeni di corsa alla raccolta, con tassi aggressivi. È però uno scenario

plausibile più nel medio periodo, che non nei prossimi mesi». Ad agevolare questo

meccanismo è anche l’assenza di alternative per i risparmiatori. «La combinazione di

tassi bassi e ridotti costi operativi spinge gli istituti a forzare questo canale: oggi i conti

deposito sono diventati un’ottima alternativa ai fondi monetari e per le banche possono

diventare un segmento valido a supporto delle politiche di core business», spiega Giuliano

Cicioni, partner associato di Kpmg Advisoy ed esperto di retail banking.

Più competizione sul fronte dei rendimenti, insomma, per catturare clienti e rastrellare

liquidità. Ma anche più servizi offerti a costi ridotti, se non a costo zero: è questo il futuro

dei conti deposito. Un mondo che da tempo ha avviato una progressiva evoluzione

del modello di riferimento da semplici parcheggi di liquidità, i conti online si stanno

trasformando in piattaforme che mettono a disposizione della clientela un’amplia gamma

di servizi base, cui si aggiunge una redditività interessante. Banca Ifis, ad esempio, dalla

prossima settimana metterà a disposizione dei sottoscrittori Rendimax un bancomat che

consente di disporre liberamente del denaro sul conto deposito che sarà remunerato a un

tasso lordo di 2,09%. Concessi cinque prelievi mensili a costo zero (i successivi costeranno

2 euro ciascuno), mentre i pagamenti tramite Pos saranno gratuiti sia in Italia che nel resto

del mondo. «La concorrenza va in questa direzione - aggiunge Bossi -. L’obiettivo è dotare

i conti deposito di servizi sempre più completi come la domiciliazione delle bollette,

18 Settembre 2010

CACCIA CONTINUA AI DEPOSITI ONLINEdi Luca Davi

L’articoloT

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 4Vi è anche un’altra considerazione da fare in merito; l’orizzonte economico non offre al

momento grandi opportunità di impieghi remunerativi per i risparmiatori, ad eccezione del

settore immobiliare; la situazione di crisi nel Paese e nell’Unione Europea determina nella

clientela una preferenza per la liquidità per timore di altri rischi finanziari e/o di eventuali

processi inflazionistici.

Per quanto riguarda le tipologie per età degli utenti dei conti on line, la percentuale

maggiore riguarda persone relativamente giovani. La fascia d’età dai 18 ai 24 anni è invece

presente solo con un 4% e questa bassa incidenza sul totale è spiegabile con il fenomeno

dell’occupazione giovanile caratterizzata da precariato, disoccupazione e conseguenti

redditi bassi ed incerti, che non consentono di avere risparmi e, quindi, di programmarne

gli impieghi.

Si evidenzia come, nell’ultimo anno, sia aumentata di 3 punti percentuali la presenza sul

mercato online degli over 55. Con molta probabilità è in atto un mutamento culturale, che

avvicina persone più anziane a questo tipo di scambi.

TASSI D’INTERESSE E RENDIMENTI

Tassi di interesse e rendimenti

Le parole chiave attorno cui ruotano le argomentazioni dell’articolo preso in considerazio-

ne ci consentono di organizzare una sequenza cognitiva in grado di esplicitare le connes-

sioni tra l’organizzazione delle banche, da un lato, e le aspettative e rappresentazioni per

il futuro, che ispirano le decisioni economiche delle persone. Si tratta in particolare di due

voci: deposito e tassi di interesse, che a loro volta richiamano i concetti di risparmio e di

rischio.

Risparmio/rischio

Il risparmio è quella parte di reddito che un soggetto non consuma e che tende

ad aumentare col crescere del reddito. I redditi molto bassi non consentono invece di

risparmiare, perché è necessario destinarli interamente a soddisfare i bisogni primari delle

famiglie.

La decisione di risparmiare viene generalmente presa in base ad un calcolo prudenziale: si

desidera avere a disposizione del denaro per far fronte ad eventuali necessità impreviste

o improvvise.

L’atto del risparmio è presente fin dall’antichità; infatti gli uomini hanno sempre avuto

coscienza, anche in contesti storici e geografici differenti, che l’incertezza fa parte della

vita e che bisogna premunirsene in qualche modo.

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La tendenza attuale degli istituti bancari è rivolta a potenziare il mercato

dei conti on line allo scopo di incrementare la raccolta di liquidità in modo

diretto, scavalcando l’intermediazione bancaria, che comporta costi, a volte,

elevati.

L’articolo esamina un particolare prodotto bancario, il conto deposito. Si

tratta di un conto online, su cui il risparmiatore può destinare il denaro

liquido, che non intende utilizzare immediatamente, e che gli attribuisce

un rendimento crescente a seconda che si riservi la facoltà di effettuare

prelievi a piacimento oppure a scadenze determinate.

Il conto deposito si appoggia ad un altro conto corrente e la posizione

bancaria del cliente è strutturata su due conti correlati tra di loro: il conto di

appoggio, detto anche operativo, su cui si effettuano versamenti e prelievi;

il conto deposito, sul quale si calcolano i rendimenti.

L’orientamento per il futuro è quello di unificare i due conti e di corredare il

nuovo prodotto con una serie di servizi. Vi sono già in atto alcune iniziative

in merito. Ad esempio la Banca Ifis mette a disposizione dei sottoscrittori

Rendimak un bancomat, con il quale si potrà disporre liberamente del

denaro sul conto deposito, remunerato con un tasso lordo del 2,09%, con

cinque prelievi mensili a tasso zero e con i pagamenti tramite Pos gratuiti

sia in Italia che all’estero.

Oppure il caso di Banca Mediolanum, che con il Conto Freedom consente

al cliente i seguenti servizi: carta di credito, accredito, bonifici, e con un

rendimento netto del 2% sulle somme eccedenti 15mila euro.

Rispetto al normale conto corrente si rende più appetibile per il risparmia-

tore l’uso di questo strumento, dato che comporta per la banca costi di

gestione pressoché nulli e, di conseguenza, rendimenti più elevati per il

cliente.

In questo particolare momento le iniziative innovative sono stimolate

dalla necessità che hanno le banche di raccogliere capitali freschi per

avere a disposizione una maggiore quantità di liquidi sia perché il mercato

interbancario è ancora, dopo la crisi finanziaria, piuttosto rigido, sia per

adeguare il proprio patrimonio alle richieste di Basilea 3.

L’innovazione tecnologica consentirà alle banche di abbattere i costi relativi

all’intermediazione bancaria e sarà così possibile elevare i tassi remunerativi

ed offrire servizi più economici alla clientela.

Il mercato online dovrebbe instaurare una concorrenza vivace tra le banche

per attirare i risparmiatori (se ne vedono già alcuni segnali pubblicitari in

televisione).

La schedadi Elide Sorrenti

4

Page 31: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 4Quindi la banca, per garantirsi la solvibilità, deve tenere una quota fissa di depositi, la

cui quantità può variare a seconda che si stabiliscano o meno scadenze diverse per le

richieste dei rimborsi; più lunga è la durata del deposito, più elevato è il tasso di interesse

corrisposto.

Il tasso di interesse

Il tasso di interesse può essere definito come il prezzo per avere a disposizione un capitale,

solitamente una somma di denaro, per un certo periodo. Viene calcolato come una quota

percentuale del capitale per una unità di tempo, normalmente l’anno.

Il pagamento dell’interesse si può giustificare da diversi punti di vista, che, nel corso della

storia, hanno esaminato la legittimità o meno dell’interesse nei prestiti.

Si riteneva che solo la terra può produrre frutti e non il denaro; le diverse religioni

vietavano la richiesta dell’interesse per il fatto che, chi dava in prestito denaro o altri beni

di sostentamento, richiedendo un di più rispetto a quanto aveva dato, si approfittava della

situazione di indigenza dell’altra parte. L’interesse era spesso identificato con l’usura.

In seguito, mutate le condizioni storiche, quando l’attenzione si spostò sui prestiti al

commercio o all’industria l’atteggiamento culturale ebbe un approccio diverso, che invece

giustificava la pratica dell’interesse.

Alcune argomentazioni considerano l’interesse come il compenso che si deve a chi

sopporta il sacrificio di rinunciare alla disponibilità del suo denaro oppure di rinunciare ad

investimenti alternativi, sopportando un costo (costo opportunità).

Un’altra tesi valuta invece il rischio di inflazione o di insolvenza del debitore. L’interesse è

qui inteso come un compenso per l’eventuale perdita del potere di acquisto della moneta

al momento della restituzione oppure per l’inadempimento parziale o totale del debitore.

Il tasso di interesse può assumere varie configurazioni:

• tasso di interesse semplice o lineare, quando è direttamente proporzionale al capitale

prestato e alla durata del prestito e cresce di una certa frazione del capitale per unità

di tempo;

• tasso di interesse composto, si ha quando l’interesse maturato alla fine del periodo

prestabilito, di solito l’anno, viene aggiunto al debito e ad ogni anno successivo viene

calcolato oltre che su capitale iniziale anche sugli interessi aggiunti. In questo modo

l’importo dell’interesse non è sempre lo stesso durante la durata del prestito come

nell’interesse semplice, ma aumenta sempre di più perché ogni volta si calcola su un

capitale di volta in volta maggiorato dagli interessi.

John Maynard Keynes attribuisce l’accumulazione del capitale, che ha inizio nel Cinquecento,

proprio al “potere” dell’interesse composto facendone il calcolo per un periodo di duecento

anni. “Le 40.000 sterline che la Regina Elisabetta investì nella Compagnia delle Indie

Orientali ad un interesse composto del 3,25 per cento corrispondono approssimativamente Ta

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4Incertezza e rischio sono termini che sembrano avere lo stesso significato. In

realtà si ha incertezza quando non si è in grado di conoscere esattamente

le conseguenze di un’azione. Si tratta quindi di una conoscenza imprecisa,

di informazioni carenti in merito ad una data situazione che interessa

chi deve agire. Il rischio invece è presente quando una persona si trova

in una situazione in cui può incorrere in perdite o guadagni. A differenza

dell’incertezza, che non implica necessariamente l’eventualità di perdite, nel

rischio questa eventualità è sempre presente.

Limitarsi nelle spese ed accantonare il denaro per fronteggiare l’incertezza

ed i rischi è tipico nelle economie moderne ed evolute. Per garantirsi da

furti e/o da tentazioni di spesa si depositano le somme risparmiate presso

le banche. Accanto a questo motivo di sicurezza, nel risparmiatore vi è però

anche la considerazione che il denaro non consumato ha la proprietà di

produrre a sua volta reddito.

Infatti la banca non si limita alla funzione di custodia, ma rimette in

circolazione la moneta a sua disposizione concedendo prestiti a famiglie ed

imprese che ne fanno richiesta per consumi ed investimenti.

Il contratto di deposito è lo strumento che consente di mettere in atto

questa procedura.

Secondo l’art. 1834 c.c. Nei depositi di una somma di denaro presso una

banca, questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa

specie monetaria, alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta

del depositante, con l’osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle

parti o dagli usi.”

Con questa operazione il depositante si assicura la custodia del suo denaro

mentre la banca, pagandogli un compenso, acquista la “materia prima”

per le sue operazioni di prestito e di impieghi vari. Quanto maggiori sono

i suoi depositi, più elevato è il volume delle sue attività e dei suoi profitti;

l’utile della banca è dato dalla differenza fra i tassi pagati ai depositanti, che

costituiscono un costo, ed i tassi più elevati richiesti ai mutuatari.

Con quali criteri la banca impiega il denaro depositato per darlo in prestito

ad altri soggetti e poi restituirlo quando ne viene fatta richiesta?

Si tratta di un criterio temporale poiché chi deposita non ritira

immediatamente il suo denaro, lo lascia in banca per un certo periodo

di tempo. Non dimentichiamo che, secondo l’articolo 1834 c.c., la banca

ne acquista la proprietà e ne può disporre liberamente. Deve però tener

presente il suo obbligo di restituzione. È quindi necessario equilibrare le

operazioni passive di raccolta con quelle attive di impiego in modo da avere

sempre disponibili somme per i rimborsi, che, a parte casi eccezionali, è

difficile vengano richiesti simultaneamente da tutti i depositanti.

Page 32: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 4noto sin dall’inizio e quindi il rendimento del titolo è una

variabile con valore atteso costante. Si tratta in genere di

titoli di Stato a brevissimo termine di Paesi assolutamente

affidabili (ad es. il “Treasury Bond USA a tre mesi). Sono

importanti dato che il loro tasso, il più basso sul mercato

costituisce il riferimento per gli altri titoli. Quindi ogni altro

investimento possibile potrà dare rendimenti calcolati

su questo “tasso base” con l’aggiunta di un “premio al

rischio”, rischio di insolvenza o di volatilità presente in ogni

investimento finanziario.

Il tasso ufficiale di riferimento è determinato dalle Banche

Centrali e, nel caso dell’Area Euro, dalla Banca Centrale

Europea, che ha la funzione di regolare i mercati monetari

e finanziari, in cui sono in vigore tassi differenti a seconda

dell’entità dei prestiti, della loro durata e dell’affidabilità dei

mutuatari.

Come abbiamo visto sopra il denaro ha la proprietà di produrre

reddito. I tassi di interesse sono indicatori molto importanti

per orientare le scelte dei risparmiatori nei loro investimenti e

per calcolarne i rendimenti.

Consideriamo il mercato dei valori mobiliari, detti così per la

loro facilità a circolare. I valori mobiliari sono documenti che

incorporano diritti: nell’obbligazione un diritto di credito, in un

titolo azionario la qualità di socio di una società commerciale.

Sono facilmente negoziabili, ossia è sempre possibile venderli

nel caso in cui una persona abbia la necessità di realizzare

denaro liquido oppure comprarli quando si vuole investire

il contante in eccesso per ricavarne un rendimento,la

cedola calcolata in base al tasso di interesse nel caso delle

obbligazioni, il dividendo se si tratta di azioni.

L’opportunità di acquistare o di vendere titoli facilmente e

rapidamente in qualsiasi momento è resa possibile dal fatto

che sul mercato mobiliare operano soggetti che acquistano e

vendono non per fare investimenti o disinvestimenti reali, ma

per lucrare sulle differenze di prezzo.

Siccome le previsioni, che ciascun speculatore fa, sull’aumento

o sul ribasso dei titoli normalmente non coincidono, tranne

che in casi particolari, allora un investitore reale troverà

sempre qualcuno disposto ad acquistare o a vendere i titoli

TAG

Link

GUARDA IL VIDEO DI QUESTO TEMA

SITI E INFO PER APPROFONDIRE www.ilsole24ore.comwww.bancaditalia.it

voce: Educazione finanziaria: la stabilità dei prezzi

John Maynard Keynes, Possibilità economiche per i nostri nipoti seguito da Guido Rossi, Possibilità economiche per i nostri nipoti? Adelphi, 2009, Pagg.16-17

Marco lo Conte, “In classe? Non i bancari”, PLUS 24 -Il Sole 24 Ore, 18 settembre 2010, pag.11

Alberto Banfi, a cura di, I MERCATI E GLI STRUMENTI FINANZIARI, isedi, 2008, pagg.322-323, “La valutazione degli strumenti finanziari” di Fiorenzo Di Pasquale e Francesca Pampurini.

LA CATENA DELLE PAROLE CHIAVE

QR-CODE

Mercato interbancarioBasilea 3Processo inflazionistico/ InflazioneFlussi intermediTan e taegVolatilità

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4a 4 miliardi di sterline odierne.” In altre parole… ogni sterlina portata a casa

da Drake nel 1580 si è trasformata in 100.000 sterline di oggi …”(1928).

Anche in merito all’alfabetizzazione finanziaria la Dott.ssa Lusardi, che

collabora con il governo USA per la definizione e l’implementazione delle

conoscenze di base che i cittadini devono avere in proposito, sostiene che

cosa sia opportuno insegnare ai ragazzi. Si tratta di almeno tre concetti

fondamentali: “il tasso composto, che produce una crescita di un capitale in

modo geometrico, il concetto di rischio e di come considerarlo e gestirlo,

attraverso la diversificazione; infine l’inflazione, ossia la crescita dei prezzi

che riduce il potere d’acquisto”.

• tasso fisso quando, una volta stabilito nel contratto, non viene modificato

durante la vita del contratto;

• tasso variabile quando la misura del calcolo del tasso di interesse si

modifica in relazione all’andamento del costo del denaro. La variazione

seguirà quella registrata dall’indice al cui tasso del mutuo è agganciato,

quello più usato è l’Euribor;

• tasso nominale è il tasso applicato in un contratto di mutuo o di

finanziamento. Indica il costo teorico che deve sostenere chi prende il

denaro a prestito ed il rendimento per chi lo presta. Per evitare pratiche

non trasparenti da parte delle banche e degli intermediari finanziari che

includano nel tasso teorico costi accessori(commissioni, assicurazioni,

istruttorie, etc.) lievitandone l’importo e difficilmente percepibili dal

mutuatario, la legge italiana impone di indicare nelle operazioni relative

a mutui e prestiti;

• tasso annuo nominale (TAN) ed il tasso effettivo globale (TAEG). Il Tan

è il tasso d’interesse puro applicato ad un finanziamento. A tale tasso

vengono calcolati gli interessi da pagare in ogni rata, ma non indica

il costo reale di quel finanziamento in quanto nel calcolo non sono

comprese le spese accessorie. Il Taeg è il costo totale del credito a carico

del consumatore, espresso in percentuale annua del credito concesso.

Comprende gli interessi (Tan) e tutti gli oneri (spese di istruttoria, di

apertura pratica, di incasso delle rate, di assicurazione o garanzie richieste

dal creditore, mentre sono esclusi bolli e tasse) da sostenere per accedere

al finanziamento. Va indicato obbligatoriamente in caso di concessioni

di credito al consumo, anche quelle cd. “a tasso zero”, e rappresenta la

voce più completa di costo in relazione ad un finanziamento;

• tasso privo di rischio (Risk free interest rate) rappresenta il tasso di

interesse di una attività priva di rischio. In teoria si assume che nei mercati

sia sempre possibile trovare un titolo che abbia un rendimento certo e

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 4in quanto dipende dai risultati economici dell’impresa, di cui si possiedono le azioni; in

questo caso si parla di dividendi attesi. Le azioni sono perciò titoli a reddito variabile a

differenza delle obbligazioni che sono invece titoli a reddito fisso.

Dal punto di vista del rischio nell’investimento in titoli a reddito variabile si possono

distinguere:

• titoli sensibili all’andamento del ciclo economico (titoli industriali);

• titoli anticiclici (settore energetico, telefonia, alimentare);

• titoli aggressivi che aumentano o scendono a seconda dell’andamento della Borsa;

• titoli difensivi che resistono alle cadute di Borsa, ma aumentano poco quando il mercato

è favorevole.

L’inflazione/deflazione/stabilità dei prezzi

Con termini inflazione e deflazione si designano due fenomeni economici importanti ed

opposti con effetti negativi sul sistema economico.

L’inflazione si manifesta con un aumento generalizzato e persistente sui prezzi dei beni

e dei servizi. Ne deriva una diminuzione del potere d’acquisto della moneta, che così si

svaluta. Con la stessa quantità di moneta rispetto ad un periodo precedente si potranno

acquistare meno beni o servizi.

I prezzi possono aumentare quando la moneta che può essere spesa è superiore ai beni

disponibili, o la domanda di un determinato bene è elevata e l’offerta scarsa oppure

perché sono aumentati i costi di produzione; in quest’ultimo caso il produttore venderà i

suoi prodotti a prezzi più elevati al commerciante che, a sua volta, aumenterà I prezzi al

dettaglio.

La deflazione è l’inverso dell’inflazione e consiste in una diminuzione nel tempo del livello

generale dei prezzi. Può verificarsi a causa di una scarsa domanda di beni e servizi che

obbliga le imprese ad abbassare i prezzi.

I prezzi invece sono stabili se, in media, nel tempo non si registrano né rialzi né ribassi

dei prezzi. In questo caso chi risparmia e presta denaro è disposto ad accettare tassi di

interesse più bassi perché si aspetta che il valore del suo denaro rimanga costante. Se

invece teme che si verificherà un rialzo dei prezzi e il potere di acquisto della moneta

diminuirà, cercherà di tutelarsi dall’incertezza sul valore futuro del suo denaro esigendo

tassi di interesse più elevati. Come conseguenza Il rialzo del costo del denaro farà scendere

la domanda di credito da parte delle imprese, che ridurranno gli investimenti in macchine

ed impianti, diminuirà la produzione e l’occupazione con conseguenze negative anche sul

piano sociale.

L’inflazione produce ulteriori effetti iniqui nel sistema economico come la perdita di

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4da lui posseduti o desiderati.

La redditività degli impieghi del risparmio deve essere valutata

accuratamente tenendo conto delle differenti alternative ed anche

dell’impatto dell’imposizione fiscale.

Per quanto riguarda la redditività degli strumenti di mercato monetario è

opportuno distinguere tra gli impieghi in obbligazioni a breve termine da

quelli a medio e lungo termine.

I primi hanno una durata non superiore ai dodici mesi, come i BOT (Buoni

Ordinari del Tesoro); sono emessi ad un prezzo inferiore al valore nominale,

che è quello in base al quale vengono rimborsati; il loro rendimento è dato

dalla differenza tra due valori rapportata al prezzo d’acquisto e alla durata

residua dell’investimento.

In merito ai titoli a medio e lungo termine, BTP (Buoni del Tesoro Pluriennali),

CCT (Certificati di Credito del Tesoro) e CTZ (Certificati di Credito del Tesoro-

zero coupon) e le obbligazioni emesse da società private, si distinguono

il rendimento effettivo ex ante o atteso, e quello effettivo ex post, che si

riscontrerà alla fine del periodo di investimento; questi due rendimenti

possono coincidere nell’ipotesi che il titolo sia detenuto fino alla scadenza.

In caso di vendita anticipata il prezzo di vendita potrebbe non coincidere

con il prezzo di rimborso, in quanto altre variabili come il rischio di variazioni

del tasso di interesse, il tempo mancante alla scadenza del rimborso, ed il

livello dei flussi intermedi possono influenzarne l’entità.

Gli elementi di cui è necessario tener conto per valutare i diversi tassi di

rendimento effettivo per i titoli obbligazionari possono ricondursi a:

• la rischiosità del debitore: se l’emittente di un titolo obbligazionario of-fre un rendimento superiore ad altri, a parità di condizioni, questo fatto

può segnalare che vi sia rischio di insolvenza;

• Il trattamento fiscale: nelle decisioni fra diverse alternative di investi-

mento, gli investitori considerano il rendimento netto dei vari strumenti

finanziari, detraendone il trattamento fiscale, per scegliere quello più fa-

vorevole;

• la presenza di opzioni: alcune obbligazioni prevedono opzioni a favore

dell’emittente, come il rimborso anticipato, o a favore del detentore del

titolo, come la conversione in altri titoli;

• la liquidità dello strumento: il diverso grado di liquidità dipende dal tipo di mercato; le obbligazioni negoziate in mercati più ampi e liquidi,

poiché sono più gradite al pubblico hanno rendimenti più bassi rispetto

alle obbligazioni meno liquide.

Il rendimento dei titoli azionari è il dividendo, che è un compenso variabile

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 4• prefigurare le probabili nuove mansioni richieste agli addetti per la gestione e

l’implementazione dei servizi online;

• percepire come al successo di questa innovazione sia necessario un cambiamento

culturale e l’acquisizione di nuove capacità da parte della clientela.

Strategie suggerite

Riguardano le modalità di lavoro che possono essere ottimizzate attraverso attività di

ricerca, studio di casi, inchieste etc. effettuati in modo cooperativo. Le scansioni

potrebbero essere le seguenti:

A) Lettura individuale dell’articolo con l’aiuto di una griglia, a titolo esemplificativo, espressa

nei seguenti termini:

1. i nuovi requisiti di Basilea 3 impongono alle banche maggior capitale “fresco”, fornito da

famiglie ed imprese;

2. la raccolta di capitale “fresco” avviene principalmente attraverso le operazioni di deposito,

che comportano il pagamento di un interesse al depositante;

3. i depositi online riducono notevolmente questi costi e consentono di remunerare meglio

la liquidità offrendo tassi più elevati e quindi maggiori rendimenti per i clienti;

4. la tecnologia informatica può, utilizzando la rete informatica, estendere l’offerta di altri

servizi, quali la domiciliazione delle bollette, l’accredito degli stipendi, i bonifici etc.

B) Il docente comunica gli esiti delle griglie di lettura agli studenti, stimolandone osserva-

zioni e quesiti anche per verificare il grado di comprensione dell’articolo.

C) Dopo la discussione si decide quale/li temi sviluppare e si procede quindi alla

progettazione della ricerca. Le piste di lavoro potrebbero riguardare per es. un’inchiesta

sulla propensione all’uso del bancomat da parte della clientela di una data banca, assunta

come studio di caso. Oppure il numero di corsi di aggiornamento e riqualificazione effettuati

dal personale in un arco di tempo determinato, o ancora indagare il rapporto tra tassi di

interesse e rendimenti etc..

D) Il docente fornisce i materiali cartacei, le indicazioni di links utili o quelle relative alla

preparazione di questionari per effettuare interviste.

E) Effettuata la ricerca, gli studenti presentano i loro lavori in forma orale, scritta e/o

usando i programmi presenti nel computer. Da come gli studenti organizzano le loro

comunicazioni il docente può verificare se e in quale misura gli obiettivi prefigurati sono

stati o meno raggiunti.

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4valore dei risparmi nel tempo, vantaggi per i debitori che restituiscono ai

creditori lo stesso ammontare nominale dei crediti ottenuti ma di un valore

reale inferiore, aumento automatico delle imposte conseguente al maggior

prelievo fiscale, e, da ultimo, come abbiamo già visto, più elevati tassi di

interesse per l’effetto del premio per il rischio di inflazione.

Questo spiega perché l’obiettivo principale della Banca Centrale Europea

sia quello di mantenere la stabilità dei prezzi all’interno dell’Eurosistema

e dell’Unione Europea con l’adozione di politiche monetarie coordinate

e vincolanti per tutte le banche centrali degli stati membri allo scopo di

salvaguardare il valore dell’euro, la stabilità del sistema finanziario e la sua

integrazione.

Traccia per l’attività in classeL’articolo mette in risalto l’iniziativa, da parte di alcune banche, di offrire

tassi più remunerativi per i depositi online rispetto ai depositi tradizionali;

in questo modo si riducono il ruolo dell’intermediazione indiretta ed i costi

per la raccolta del risparmio, e si dà l’avvio ad un processo di concorrenza

tra le banche.

Compiti per il docente

Si tratta di stabilire obiettivi e strategie per rendere fruibile didatticamente

l’articolo in base ai suoi contenuti.

Obiettivi suggeriti

•farcomprendereladifferenzatrauncontodidepositotradizionaleeduno

online;

• cogliere gli effetti che le operazioni bancarie, effettuate con le Nuove

Tecnologie Informatiche, possono produrre sul volume e sulla riqualificazione

del personale bancario, come pure sulle nuove prestazioni richieste agli

utenti, e sulla attivazione ed espansione di nuovi servizi.

Risultati attesi

•comunicareescrivereusandounaterminologiacorretta;

•collegare l’usocrescentedeglistrumenti informaticinellagestionedella

banca ad una eventuale riduzione di personale;

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 4T

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4Quando l’interesse diventa usura?

L’art.1 della legge n.108 del 1996 indica come usurari gli interessi sproporzionati rispetto alla prestazione, se chi li ha sottoscritti si trova in difficoltà economiche o finanziarie.

Che cosa si intende per “documenti che incorporano un diritto”?

L’incorporazione è una caratteristica di alcuni titoli, quali cambiali, obbligazioni, azioni, in cui vi è un nesso inscindibile tra il documento ed il diritto che rappresenta. Ne consegue che tutto ciò che riguarda il diritto è scritto sul documento, senza il possesso del quale non si può esercitare il diritto stesso. Questa caratteristica rende facili e rapide le negoziazioni e gli scambi di questi titoli.

Qual è la differenza tra mercato monetario e mercato finanziario?

Il mercato monetario riguarda le negoziazioni di titoli a breve scadenza (12-18 mesi). Il mercato finanziario è costituito dalla domanda e offerta di capitali a medio e lungo termine.

Cosa si intende per costo-opportunità?

Il costo-opportunità è l’opzione alternativa a cui si deve rinunciare quando si fa una scelta; può riguardare anche risorse non economiche come il tempo.

FAQ 4 DOMANDE E RISPOSTE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

Credito alle famigliedi Elide Sorrenti5

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

sofferenze delle famiglie consumatrici era stato di oltre 1 miliardo (1.075 milioni). Il flusso del primo trimestre

porta comunque le consistenze complessive delle sofferenze delle 525.046 famiglie italiane affidate a 13,72

miliardi. Dodici mesi prima (marzo 2009) le sofferenze delle famiglie consumatrici erano i pari a 10,02 miliardi.

Il dato medio può essere incrociato con andamenti più particolari forniti da Bankitalia con i report territoriali.

Ed emerge un incremento dei flussi di nuove sofferenze in Puglia, in Calabria (all’1,8 per le famiglie e al 3,5

per le imprese), in Campania (al 2,3 per le famiglie e al 4% per le imprese). Con evoluzioni negative anche

in altre parti del Paese (ad esempio in Liguria sul lato imprese, pur con 1,5% ritenuto normale). CentroSud e

isole sono state le aree più interessate allo sviluppo delle attività di credito al consumo (vedi tabella in pagina

sull’evoluzione 2004-2009 con il raddoppio a 113 miliardi in cinque anni) e si teme che le cadute dell’economia

e dell’occupazione possano peggiorare proprio il dato delle aree deboli. Esponendo le famiglie e le piccole

attività a finanziamenti onerosi e fuori mercato. O ad attività illecite di usura.

5

7,7

DOVE SONO I MUTUI PRIMA CASA

Quota di famiglie indebitate con un mutuo per acquisto prima casa, ripartizione per regione. In percentuale

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9,5

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14,3

2,4

7,8

10,4

7,0 6,3

10,0

DOVE SONO I MUTUI PRIMA CASA

Quota di famiglie indebitate con un mutuo per acquisto prima casa, ripartizione per regione. In percentuale

Fonte: Rapporto ABI, Ministero del Lavoro

Fonte: elaborazioni Centro studi e ricerche Abi su dati Banca d’Italia

85,3

82,6

84,3

70,6

102,8

88,2

83,7

67,5

76,0

83,4

75,9

80,8

79,5

Italia

Nord - Ovest

Nord - Est

Centro

Meridione

Isole

Piemonte

Valle d’Aosta

Liguria

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

90,7

83,7

67,8

70,3

69,8

97,4

98,1

92,9

108,0

102,6

113,5

91,9

79,0

Emilia Romagna

Marche

Toscana

Umbria

Lazio

Campania

Abruzzo

Molise

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

Le tante difficoltà delle famiglie nel ripagare le rate dei prestiti non trovano ancora piena

espressione nelle rivelazioni statistiche. I prestiti diventano incagli (prime rate saltate

e quindi situazione non cronica) o sofferenze (avvio del contenzioso) solo se vengono

registrati contabilmente. Prima di allora sono difficoltà del cliente di cui la banca si

accorge subito e che, nei casi virtuosi, cerca di gestire nei mesi successivi. I tanti dati che

Bankitalia, Centrale dei rischi, Abi, Ministero del Lavoro e altri operatori stanno sfornando

mensilmente offrono comunque la possibilità di monitorare ufficialmente l’andamento

delle attività di prestito a famiglie e small business, ripartendole per grandi aree e singole

regioni. Secondo il «Report trimestrale - indicatori di indebitamento, vulnerabilità e

patologia finanziaria delle famiglie italiane», realizzato da Abi in collaborazione con il

Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali di luglio 2010 (ma è riferito ai saldi del primo

trimestre), i finanziamenti per la casa (passati da 154 miliardi del 2004 a 246 nel dicembre

2009) continuano a crescere a buon ritmo favoriti da un rallentamento del prezzo degli

immobili, da tassi interessi ai minimi e anche dalla bassa remunerazione degli investimenti

finanziari che toglie di mezzo alcune alternative più liquide.

A marzo i prestiti per l’acquisto di abitazioni sono cresciuti di circa l’8% a 252 miliardi (+4,5%

a marzo del 2009), nonostante la percentuale di possesso della casa da parte degli italiani

sia superiore rispetto ad altri Paesi. Senza che il livello di indebitamento delle famiglie

italiane, notoriamente risparmiatrici, possa avvicinarsi a quello di altri Paesi comparabili.

L’incidenza della rata dei mutui casa sul reddito resta contenuta al 4,3% e sostanzialmente

invariata rispetto a fine dicembre, proporzionalmente meno pesante rispetto ai trimestri

caldi del 2008. La famiglia si conferma un buon cliente delle banche, rispetto ad altri

creditori, con un’incidenza delle sofferenze sull’1,3-1,4% dell’erogato. Il rapporto Abi-

MinLavoro lavora anche su parametri di accessibilità all’acquisto di abitazione e l’indice di

housing affordability testimonia che la rata pagata dalla famiglia media per comprare la

propria casa è ampiamente compatibile con gli introiti attuali.

Tutto bene? Se si guarda alla perdita dei posti di lavoro, alla cassa integrazione, alle

difficoltà d’impresa si intravedono segnali di maggiore fragilità a fronte degli impegni presi.

Si modificano i comportamenti delle famiglie. I consumi di base si stanno comprimendo

molto e anche le vacanze sono state un problema. Nulle o più corte o anche finanziate

a debito. I nuclei che non riescono a rispettare gli impegni cresceranno inevitabilmente

(qualcosa si intravede negli indicatori di patologia finanziaria che valutano l’evoluzione dei

presiti in difficoltà).

Dai crediti delle banche alle famiglie consumatrici sono emerse nuove sofferenze per quasi

un miliardo nel primo trimestre di quest’anno, ha segnalato ancora il bollettino statistico di

Bankitalia che utilizza anche i flussi della Centrale rischi. Da oltre 52mila famiglie affidate

spuntano nuove sofferenze per 979 milioni. Nell’ultimo trimestre del 2009 il flusso di nuove

22 Agosto 2010

VULNERABILI ALL’INDEBITAMENTOdi Paolo Zucca

L’articoloC

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5DOVE SONO I CREDITI AL CONSUMO

Tassi di variazione percentuale dei crediti al consumo concessi durante i 5 anni dal 2004 al 2009

Page 38: Quaderno di lavoro 2010

72

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

73

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 5due tabelle che espongono i dati ricavati dal Report ABI Ministero del Lavoro e delle

Politiche sociali e dal Centro studi ABI sui dati della Banca d’Italia.

La prima tabella evidenzia i tassi di variazione percentuale dei crediti al consumo, su base

regionale, concessi durante i cinque anni che vanno dal 2004 al 2009. Da essa risulta che

l’aumento percentuale medio per l’Italia è stato, nel periodo preso in considerazione, del

85,3% a fronte di un 102,8% nel Meridione, in cui i maggiori incrementi variano dal 113,5%

della Calabria, al 108,0% della Puglia e al 102,6% della Basilicata.

Questo andamento è valutato positivamente in quanto, dal punto di vista delle banche, i

prestiti concessi ai loro clienti sono operazioni attive, e quanto maggiore ne è il volume,

tanto maggiore è l’utile. Tuttavia in questo tipo di contratti vi è una componente molto

importante: la solvibilità del mutuatario ossia la sua capacità di restituire quanto prestato,

nei termini e con le modalità pattuite. Il rischio d’insolvenza è sempre presente nei

contratti in cui la prestazione di uno dei contraenti è differita nel tempo, come nel caso di

accensione di mutuo.

Infatti tra il momento della conclusione del contratto e quello del pagamento, la situazione

patrimoniale del debitore può essere compromessa sia per vicende personali, quali una

malattia, un incidente, un lutto, sia per cause relative a crisi che colpiscono i settori produttivi

e che incidono sui redditi familiari innanzi tutto per la conseguente disoccupazione.

Tali cause, di carattere personale e generale, spesso interagiscono tra di loro amplificandone

gli effetti negativi.

La seconda tabella presenta, per ripartizione regionale, la quota percentuale di famiglie

indebitate con un mutuo per l’acquisto della prima casa. La punta più alta risulta essere

quella del Friuli in cui il 34% delle famiglie ha acceso un mutuo con questa destinazione,

seguito dal Veneto con il 20,7%. A seguire il Trentino con il 14%, mentre le percentuali più

basse sono quelle della Valle d’Aosta con l’1,8% e del Molise con il 2,4%.

Se si incrociano i dati di queste due tabelle si nota che l’incremento percentuale delle

richieste di prestiti è maggiore, rispetto alla media nazionale, nel Meridione. Siccome

queste grandezze si riferiscono ai crediti al consumo in generale e non indicano la quota

di quelli destinati all’acquisto della casa, il maggiore incremento può essere spiegato da

una situazione economica delle famiglie meridionali più precaria rispetto quelle delle altre

regioni italiane.

Invece la percentuale maggiore delle famiglie che hanno acceso un debito per l’acquisto

della casa riguarda il Nord con l’eccezione della Valle d’Aosta, che si pone al livello più

basso. Il fenomeno può trovare spiegazione nel fatto che il mutuo per l’acquisto di una

casa richiede un orizzonte temporale molto lungo, una maggiore solidità e stabilità

patrimoniale di chi lo richiede. Queste condizioni prevalgono nelle regioni più ricche del

Nord. Si conferma così il divario economico tra le aree settentrionali e quelle meridionali

del nostro Paese.

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5I conti di casa

L’articolo analizza l’indebitamento delle famiglie italiane e la loro capacità

di rimborsare i debiti nel contesto della situazione economica attuale, sulla

base dei dati pubblicati in due rapporti dell’Associazione Bancaria Italiana.

Il secondo numero del “Report trimestrale - indicatori di indebitamento,

vulnerabilità e patologia finanziaria delle famiglie italiane”, realizzato da

ABI in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali,

presenta i risultati di una operazione di monitoraggio, effettuata con

particolari indicatori, sull’andamento delle posizioni debitorie delle famiglie

in una situazione di congiuntura economica sfavorevole.

Dal Report di Luglio 2010 emerge una crescita dei finanziamenti per la

casa; questo andamento è spiegabile con il fatto che, a causa della crisi

economica, si sono mantenuti stabili i prezzi delle abitazioni e bassi i tassi

di interesse rendendo così più conveniente il ricorso ai mutui. Inoltre,

l’orizzonte economico, dopo gli shock finanziari degli anni precedenti

e la conseguente caduta di fiducia da parte degli investitori, offre

scarse opportunità di investimenti in settori maggiormente profittevoli

privilegiando, così, quelli immobiliari.

A Marzo 2010 i prestiti per l’acquisto di abitazioni sono cresciuti di circa l’8%

(+ 4% a Marzo del 2009). Questa situazione non ha comportato alterazioni

nel rapporto tra rata media sui mutui casa e reddito: infatti i dati più recenti

dimostrano come l’insieme delle rate incida sul reddito familiare per il 4,3%

e quindi risulti sostanzialmente stabile rispetto ai dati dell’anno precedente.

Tra gli indicatori di vulnerabilità viene impiegato l’indice di accessibilità o

housing affordability per valutare in che misura il contributo del credito

bancario, i livelli di reddito e le tendenze del mercato immobiliare

influiscono sulla possibilità di acquistare la casa.

Secondo questo indice l’accessibilità all’acquisto mostra nell’arco di un anno

e mezzo un progressivo miglioramento: a Marzo 2010 la rata che la famiglia

media spende per comprare la casa si posiziona al 21,4% del proprio reddito

disponibile. Quindi il peso di questa spesa non ha una dimensione tale da

squilibrare l’economia familiare, è compatibile con il reddito e l’acquisto

della casa risulta accessibile alla famiglia media soprattutto per via del

basso livello dei tassi.

L’incidenza sul sistema bancario delle nuove sofferenze da parte del

“creditore famiglia” rimane contenuta all’1,3-1,4% . L’articolo è corredato da

La schedadi Elide Sorrenti

Page 39: Quaderno di lavoro 2010

74

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

75

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 5• Euribor è il tasso di interesse, applicato ai prestiti in euro, calcolato giornalmente come

media semplice delle quotazioni rilevate alle ore 11 su un campione di banche con

elevato merito di credito, selezionate periodicamente dalla Banca Centrale Europea.

Il credito al consumo

L’art.121 del Testo Unico della legge in materia bancaria e creditizia (TUB) definisce

il credito al consumo: ”la concessione, nell’esercizio di una attività commerciale o

professionale, di credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento o di altra

analoga facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi

estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”.

La dilazione di pagamento può essere effettuata da soggetti autorizzati alla vendita di beni

e servizi nel territorio della Repubblica, si tratta quindi di commercianti e professionisti,

che con queste facilitazioni tendono ad aumentare il loro volume di attività.

I finanziamenti invece sono concessi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati.

La controparte di queste richieste è persona fisica che chiede la dilazione o il finanziamento

per scopi non relativi alla sua attività professionale, ma per i consumi, ossia per l’acquisto di

beni o servizi finali. Gli importi erogati non possono superare 31.000 euro e non riguardano

l’acquisto o la ristrutturazione di immobili, di solito finanziati da mutui.

Il credito al consumo può assumere due diverse forme:

a) credito finalizzato, quando è destinato all’acquisto di un bene o di un servizio venduti

da un terzo soggetto (convenzionato) al quale viene versata direttamente la somma al

momento dell’acquisto. Si tratta di una forma di finanziamento alla quale si ricorre per

l’acquisto a pagamento dilazionato di un bene o di un servizio. Questo contratto di

credito al consumo indica il bene oggetto dell’acquisto e richiede la partecipazione di

tre soggetti: il cliente, che richiede il finanziamento per l’acquisto del bene desiderato, il

venditore presso il quale si effettua la vendita e la banca o l’intermediario creditizio. Per la

stipulazione del contratto è necessario che il cliente presenti un documento di identità,

il codice fiscale, l’ultima bolletta Gas, Enel o Telecom, la busta paga o il cedolino della

pensione o la dichiarazione dei redditi. Una volta stipulato il contratto, il venditore riceverà

l’intera somma, mentre il cliente sarà obbligato a rimborsare a rate l’intera somma con

un interesse aggiuntivo. In questo rapporto il contrattino di finanziamento è separato dal

contratto di vendita e, quindi il cliente non potrà opporre alla banca o all’intermediario le

eventuali eccezioni relative a difetti o difformità della cosa acquistata;

b) credito non finalizzato quando e rivolto ad aumentare la capacità di acquisto di un

soggetto, senza vincoli di destinazione. In questo caso è lo stesso soggetto che impiega le

somme ottenute secondo una sua scala di preferenze e di priorità. Questi crediti possono

essere applicati in modi diversi:

• prestiti personali concessi direttamente dallo sportello bancario;

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5Il mutuo per l’acquisto della prima casa

Il mutuo bancario è un contratto con cui la banca trasferisce una certa

quantità di denaro al richiedente che si assume l’obbligo di restituire

l’importo concesso (capitale erogato) e al pagamento di interessi da

calcolare sulla base di un parametro finanziario, il tasso di interesse.

L’adempimento avviene in modo graduale nel tempo (durata del mutuo)

attraverso versamenti periodici (rate) la cui cadenza può variare da mensile

ad annuale.

È una delle forme di finanziamento più diffuse, specie per effettuare

l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa in quanto risulta meno

onerosa rispetto ad altre; infatti a favore della banca viene costituita una

garanzia reale sulla casa; si tratta di una ipoteca, in caso di inadempimento

da parte del mutuatario/debitore, il bene viene venduto e sul ricavato dalla

vendita la banca ha il diritto di rivalere l’intero ammontare del debito dovuto

prima di altri eventuali debitori.

Per stipulare un mutuo destinato all’acquisto della prima casa è necessario

chiarire cosa si intende per “prima casa”; prima casa è quella in cui il

richiedente dimora abitualmente, ha la caratteristica dell’unicità, ossia non

si possono avere contemporaneamente più abitazioni principali.

Sono previste agevolazioni fiscali che consentono di effettuare detrazioni

dagli interessi passivi relativi ai contratti di mutuo per la prima casa. Questi

interessi passivi ed altri oneri accessori sono detraibili nella misura del 19

per cento su un importo massimo di 3.615,20 euro annui.

Il decreto legge n.185 del 2008 convertito nella legge n.2/2009 ha stabilito,

nell’ambito delle misure finanziarie a favore delle famiglie, alcune novità

relative ai mutui a tasso variabile:

• per i mutui immobiliari stipulati fino al 31 Ottobre 2008 a tasso non fisso

l’importo delle rate da corrispondere nel 2009 viene calcolato ad un

tasso non superiore al quattro per cento;

• a partire dal 1° Gennaio 2009 le banche e gli altri intermediari finanziari

devono assicurare al cliente la possibilità di stipulare mutui a tasso

variabile indicizzato a quello fissato dalla Banca Centrale Europea.

Il mutuo è a tasso fisso quando, una volta stabilito nel contratto, non viene

modificato durante la vita del contratto.

Il mutuo è a tasso variabile quando la misura del calcolo del tasso di interesse

si modifica in relazione all’andamento del costo del denaro. La variazione

seguirà quella registrata dall’indice a cui il tasso del mutuo è agganciato,

quello più usato è l’Euribor.

Page 40: Quaderno di lavoro 2010

76

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

77

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 5l’acquisto di beni o servizi finali, che soddisfano i bisogni delle

persone, come per es. la casa, i mobili, gli elettrodomestici,

l’istruzione, i servizi per la salute, l’attività sportiva o ricreativa.

Abbiamo visto come gli indebitamenti per il consumo abbiano

avuto, nel periodo considerato dai rapporti ABI, un aumento

piuttosto sostenuto con una media per l’Italia del 85%.

Il fatto di ottenere un credito al consumo può essere

interpretato in vari modi. Se un istituto bancario o un

commerciante concedono un prestito ad una persona

significa che questa è giudicata affidabile, che farà fronte

al suo impegno di restituire quanto ha ricevuto secondo le

modalità e i tempi concordati. Quindi, nella concessione di un

credito, hanno importanza tanto la situazione patrimoniale,

quanto la moralità di chi lo richiede.

Prima di concedere un prestito la banca e gli altri intermediari creditizi effettuano indagini sulla situazione patrimoniale del

mutuatario per avere informazioni sugli affidamenti concessi

ai singoli clienti da altri intermediari.

Il credit scoring è un sistema usato dalle banche e dagli

intermediari finanziari per valutare la solvibilità del

consumatore. Le informazioni più rilevanti sono di quattro

tipologie:

a) quelle relative al richiedente (es. il reddito disponibile e il

lavoro svolto);

b) quelle relative alle caratteristiche del finanziamento da

erogare (es. durata e importo del finanziamento);

c) quelle relative al bene da finanziare;

d) quelle relative al grado di indebitamento del richiedente

il credito censite, ad esempio, nelle centrali dei rischi privati.

In questo modo si può conoscere la situazione debitoria

complessiva all’interno del Sistema creditizio nazionale ed

europeo e, di conseguenza, dedurre l’affidabilità o meno di

chi richiede il mutuo.

Il ricorso al credito può invece anche segnalare che un soggetto

non ha redditi sufficienti per soddisfare tutti i suoi bisogni e si

trova in una situazione di precarietà, dovuta a motivi personali

e/o a crisi economiche oppure al fatto che il suo tenore di

vita è al di sopra delle sue possibilità economiche. Nella vita

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SITI E INFO PER APPROFONDIRE www.ilsole24ore.comwww.bancaditalia.itwww.abi.it

LA CATENA DELLE PAROLE CHIAVE

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Indicatori abi SofferenzeOperatore famiglieCredito deriva da credere, aver fiducia, affidabilitàIntermediariAffidamento

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5• prestiti contro la cessione del quinto dello stipendio o della pensione

a garanzia del rimborso delle rate dovute all’intermediario cessionario

del prestito. È una forma di finanziamento erogata da banche e società

finanziarie collegata all’ammontare del salario/stipendio o pensione

percepito dai lavoratori dipendenti e dai pensionati. Il dipendente/

pensionato estingue il finanziamento attraverso la cessione volontaria

all’intermediario di una quota del proprio stipendio/pensione che non

può superare la misura massima di un quinto (20%). L’importo della rata

mensile è trasferita direttamente dal datore di lavoro al finanziatore. È

necessario stipulare anche una polizza assicurativa per il rischio vita e/o

impiego, che tuteli il finanziatore in caso di morte o perdita del lavoro. È

importante che, prima di chiedere la cessione del quinto il dipendente/

pensionato sia consapevole del costo complessivo del finanziamento e

verifichi il TAEG (tasso annuo effettivo globale) applicato e se questo

comprenda anche il costo dell’assicurazione;

• finanziamento con carte di credito sono tessere plastificate emesse da

banche o da intermediari finanziari sulla base della sottoscrizione di un

contratto con il titolare della carta. Di solito viene fissato un limite mensile

massimo di spesa consentito, raggiunto il quale la carta non può essere

utilizzata. Il titolare della carta è tenuto a restituire all’emittente l’importo

complessivo degli acquisti effettuati in un’unica soluzione nel mese

successivo senza spese; ciò avviene normalmente attraverso l’addebito

automatico sul conto corrente. La carta di credito si usa apponendo la

propria firma sulla ricevuta di pagamento, firma che è conforme a quella

apposta sul retro della carta. La carta di credito consente di acquistare

beni e servizi sia in Italia sia all’estero come pure di prelevare contante

dai Bancomat, digitando il PIN. In quest’ultimo caso l’importo prelevato

non viene addebitato immediatamente sul conto corrente, ma il mese

successivo, come per gli importi degli acquisti, ma con l’aggiunta di un

addebito;

• finanziamento mediante l’uso delle carte di credito revolving a rimborso

rateale. Anche in questo caso si tratta di una tessera plastificata emessa

da una banca o da un intermediario finanziario ad un titolare e consiste

nell’apertura di una linea di credito che può essere usata dal debitore a

sua discrezione con l’obbligo di rimborsare i prelievi, che effettua, in rate

mensili predeterminate. Così facendo ripristina la linea di credito man

mano che restituisce le somme dovute. È una forma di finanziamento

piuttosto onerosa in quanto gli interessi, che variano notevolmente a

seconda dell’emittente, sono piuttosto elevati.

Il credito al consumo riguarda solo l’operatore Famiglie e rende possibile

Page 41: Quaderno di lavoro 2010

78

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

79

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 5Il protocollo di attuazione degli interventi è stato siglato da ABI, dalla Presidenza del

Consiglio dei Ministri (Dipartimento per le politiche della famiglia e Dipartimento della

gioventù), dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (Direzione generale per

l’inclusione sociale) dall’Anci (Associazione nazionale Comuni d’Italia), dalla Conferenza

delle regioni e delle province autonome, dalla CEI e dalle associazioni dei consumatori e

degli utenti, che già avevano firmato l’accordo per la sospensione dei mutui.

Il compito del Tavolo di attuazione è quello di monitorare l’andamento della sospensione

dei mutui retail, di cooperare per la migliore implementazione di tutte le iniziative presenti

sul territorio a favore delle famiglie e di comunicarle ai cittadini.

Il Piano si articola nei seguenti ambiti specifici:

• accordo per la sospensione del mutuo,

• fondo di credito per i nuovi nati,

• diamogli credito- Fondo per studenti universitari,

• accordo ABI-CEI (Conferenza episcopale italiana) - programma di microcredito,

• iniziative territoriali.

Tavolo di attuazione del Piano

Questo Piano rappresenta la risposta coordinata tra i vari soggetti coinvolti nell’intervento

a sostegno delle famiglie negli ambiti non coperti dal nostro sistema di sicurezza sociale, in

questo particolare momento di difficoltà, e costituisce un esempio virtuoso di applicazione

dei principi costituzionali di solidarietà e di sussidiarietà.

Traccia per l’attività in classeL’autore dell’articolo sviluppa le sue considerazioni attorno a due poli:

a) il primo riguarda l’indebitamento delle famiglie italiane e la correlativa richiesta di prestiti,

b) il secondo considera la loro capacità di rimborsare i debiti contratti.

Le argomentazioni si svolgono sulla base dei dati esposti in due tabelle di cui una riguarda

un arco temporale determinato; entrambe le tabelle considerano i fenomeni in ambito

regionale. L’ambito di indagine riguarda i mutui per la prima casa ed i crediti al consumo.

Compito per il docente

Si tratta di stabilire degli obiettivi e delle strategie per rendere fruibile didatticamente

l’articolo sulla base dei suoi contenuti.

Obiettivi suggeriti

•farcomprendereedfaracquisireunaterminologiaspecifica,comeperes.i concetti di

reale si possono verificare entrambe le situazioni, anche se in dimensioni

diverse. Le concessioni di credito sono operazioni molto delicate, perché

l’istituto di credito concede i prestiti, utilizzando i denari dei depositanti,

verso i quali è debitore delle somme versate nelle sue casse; deve

perciò cautelarsi contro il rischio di un eventuale inadempimento del

debitore, che determinerebbe una situazione di sofferenza per la banca

e conseguenti difficoltà a soddisfare le richieste di rimborso dei clienti

depositanti.

Quando l’indagine presso la Centrale evidenzia che non ci sono le

condizioni di solvibilità del futuro mutuatario, il prestito non viene

concesso. In questo caso il richiedente può anche essere indotto a

ricorrere a finanziamenti gestiti da circuiti esterni alla legalità, che

praticano l’usura e creano situazioni drammatiche per il debitore e per

la sua famiglia e per il contesto sociale.

CONCLUSIONI

Il Report di ABI evidenzia una situazione favorevole sia per l’incremento

dei crediti al consumo, sia in merito a quello dei mutui per l’acquisto

della casa. Tuttavia possiamo ritenere che il risultato confortante dei

dati ottenuti si riferiscano alla famiglia media posta al sicuro, almeno

entro certi limiti, dalle alternanti vicende economiche di questo periodo.

Nella realtà quotidiana il quadro non è così confortante: una ripresa

industriale stentata, la disoccupazione crescente, le imprese in difficoltà,

il ricorso alla cassa integrazione e agli altri ammortizzatori sociali

aumentano nelle persone la percezione di prospettive incerte che le

orientano a restringere i consumi.

Gli indicatori di patologia finanziaria di ABI, che valutano l’evoluzione dei

prestiti in difficoltà, fanno intravedere che gli impedimenti a rispettare

gli impegni da parte dei nuclei familiari cresceranno nel futuro.

Anche la Centrale dei rischi di Bankitalia segnala nel primo trimestre

di quest’anno nuove sofferenze per 979 milioni per 52.000 famiglie

affidate.

Per tentare di neutralizzare, anche se solo in parte, queste tendenze

preoccupanti è stato istituito nel febbraio di quest’anno un Tavolo di

attuazione degli interventi previsti dal Piano famiglie.

Questo Piano prevede una serie di iniziative specifiche di sostegno alle

famiglie in difficoltà, ed è attivato sia dall’industria bancaria italiana in

modo autonomo sia in partnership con altri soggetti istituzionali e non.

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Page 42: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 5B) Esaminate le risposte emerse dalla griglia di lettura, il docente le comunica alla classe

per mettere in comune tutte le considerazioni in merito anche per verificare il grado di

comprensione dell’articolo da parte degli studenti.

C) Dalla discussione possono emergere problemi ritenuti significativi e su questa base

decidere su quali lavorare. Si procede quindi alla progettazione della ricerca.

D) Il docente prepara i materiali anche sulla base delle indicazioni della scheda e, insieme

agli studenti, organizza i gruppi di lavoro le fasi ed i tempi della ricerca.

E) A lavoro compiuto, gli studenti presentano i loro lavori in forma orale, scritta e/o usando

i programmi presenti nel computer. Dall’organizzazione della comunicazione il docente

potrà verificare se ed in quale misura gli obiettivi prefigurati sono stati realizzati.

FAQ 4 DOMANDE E RISPOSTE

Perché i prestiti concessi dalle banche sono operazioni attive?

Il tasso sui prestiti è superiore a quello applicato ai depositi e la differenza tra i due tassi costituisce il profitto della banca.

Perché le banche possono usare i depositi dei clienti per effettuare prestiti?

Chi va a depositare lascia il denaro in banca per un periodo di tempo più o meno lungo. Durante questo periodo la banca può impiegare una parte dei depositi, che resterebbero inoperosi, per effettuare prestiti. La dimensione della quota prestata viene valutata dalla banca secondo criteri prudenziali e in base ai vincoli temporali dei vari tipi di deposito. Il criterio di buona amministrazione è quello di bilanciare le scadenze delle operazioni di prestito con quelle di deposito secondo un calcolo di probabilità.

Qual’è la differenza tra dilazione di pagamento e prestito?

Nella dilazione di pagamento non può essere richiesto il pagamento di interessi, che invece caratterizza il prestito, a meno che non vi sia un patto contrario scritto.

In che cosa consiste l’indicatore di accessibilità al mutuo per la casa?

L’indice di accessibilità si basa sull’idea che l’acquisto della casa sia sostenibile quando la rata del mutuo non supera il 30% del reddito.

Che cosa è il microcredito?

È una forma di finanziamento rivolta alle persone che non hanno accesso al credito o vivono in condizioni di povertà e di emarginazione sociale. È una leva, che poggia su una garanzia collettiva, per smuovere risorse verso attività economiche agricole o artigianali, che garantiscano loro la sussistenza e lo sviluppo della comunità. Ha avuto una grande diffusione nei Paesi in via di sviluppo ed ora vi sono iniziative per introdurli anche nei Paesi ad economia avanzata per sostenere i cosiddetti “nuovi poveri”. In Italia vi sono state nei secoli passati esperienze di questo tipo con i Monti di pegno e poi con le Casse di risparmio.

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5mutuo, di credito al consumo, di affidabilità etc.;

•impararealeggereletabelledeidatistatisticiericavarneindicazioniin

base alle peculiarità della loro composizione;

•scoprire leragionidellediverseconcentrazioni territorialidei fenomeni

relativi ai consumi e ai mutui nel nostro Paese;

• concepire la complessità della gestione famigliare, in cui convergono

fattori soggettivi ed altri derivanti, in varia misura, dal contesto economico

e sociale in cui la famiglia è situata;

• concepire la banca come un’impresa che produce servizi, nel nostro

caso il credito al consumo ed il mutuo prima casa, che necessitano di

una organizzazione particolare in quanto, nello scambio con le famiglie, il

decorso del tempo, la solvibilità dei clienti ed i rischi connessi assumono

un ruolo preminente.

Risultati attesi

•comunicareescrivereusandounaterminologiacorretta;

•mettere inrelazioneaggregaticomplessiquali le famiglieed ilsistema

bancario e creditizio;

• prefigurare le diverse situazioni personali che rendono le famiglie

vulnerabili all’indebitamento, quali comportamenti poco prudenti, situazioni

impreviste di necessità, crisi economiche, disoccupazione ecc.

Strategie suggerite

Si ispirano ad un lavoro cooperativo che coinvolga, pur con ruoli diversi, il

docente ( e/o i docenti) e gli studenti. Potrebbe avere le seguenti scansioni:

A) Lettura individuale dell’articolo con l’aiuto di una griglia, a titolo

puramente esemplificativo, del tipo:

1. Che cosa si intende con il termine “famiglie”.

2. Quali possono essere i motivi per cui una famiglia si indebita e fa ricorso

ai prestiti?

3. Che cosa indicano i dati contenuti nella tabella “Cinque anni di credito al

consumo”?

4. Che cosa indicano i dati della tabella “Dove sono i mutui prima casa”?

5. Provate ad incrociare i dati delle due tabelle.

6. Fino a che punto e con che strumenti le banche sono in grado di soddisfare

le richieste di prestiti senza compromettere la propria solidità economica?

Page 43: Quaderno di lavoro 2010

82

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

83

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

Finanziamentoalle impresedi Enrico Castrovilli6

Page 44: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

assorbe cassa). Anzi, in bilancio c’è liquidità e ci sarebbero pure delle linee di credito non utilizzate.

Goldman non ha voluto commentare la vicenda, ma ieri gli analisti notavano come sia proprio l’investment

bank l’anello più “debole” dell’azionariato. Per Mediaset, Endemol è strategica e complementare al business,

quindi l’investimento è industriale e di lungo periodo. Il secondo azionista Cyrte è legato da motivi personali

alla società. Goldman, invece come tutti i private equity, è entrata con una logica di breve-medio periodo e

logicamente è quella che ha più interesse a monetizzare.

Per riportare il debito Endemol a valori più fisiologici, le opzioni sul tavolo, ragionavano ieri nelle sale

operative, sono varie: i soci potrebbero considerare un aumento di capitale, in modo da rinforzare la struttura

patrimoniale; oppure potrebbero ricomprare il debito di Endemol, per lo più in mano alle stesse banche

finanziatrici (un pool composto da Abn, Rbs, Barclays, Credit Suisse e la stessa Goldman). Infine c’è sempre

l’ipotesi quotazione (ventilata da tempo, ma divenuta meno percorribile negli ultimi mesi). Al momento,

quella del soft-deleveraging appare l’ipotesi più probabile.

Appunti

6

MILANO

Scatta il campanello d’allarme per il Grande Fratello. Fa paura il debito di Endemol, la casa

di format che ha scritto la storia della tv negli ultimi quindici anni. E il mercato ha subito

temuto conseguenze per Mediaset, uno dei proprietari della società.

Schiacciata da circa 3 miliardi di dollari di indebitamento, la società, secondo indiscrezioni

riferite dal sito internet americano «Daily Beast», avrebbe sforato i covenants (i parametri

tra debito e liquidità, messi come paletti di sicurezza dalle banche). Tanto che Goldman

Sachs, la più grande banca d’affari al mondo (e azionista indiretta di Endemol tramite il

suo braccio di private equity) e il socio (nonché fondatore) John De Mol (col fondo Cyrte)

starebbero correndo ai ripari con una gigantesca ristrutturazione finanziaria.

Endemol ha replicato che non ci sono problemi finanziari. Ma sul mercato la rassicurazione

non è stata del tutto convincente, visto che Mediaset, il colosso tv della famiglia di Silvio

Berlusconi, ha ceduto l’1,6% in Borsa (dopo aver toccato una perdita di oltre il 2% a metà

giornata). La sola indiscrezione ha fatto scatenare timori sulla tenuta della società stessa

e di riflesso sui suoi azionisti (soprattutto quelli quotati). «Difficile immaginare un default

di Endemol – notava però ieri l’analista di una primaria banca d’affari - ma di sicuro i

soci devono intervenire». Il debito è sostanzialmente l’eredità dell’acquisizione a leva da

4 miliardi (di cui solo uno di equity) fatta nel 2007 dalla cordata Telecinco (controllata

di Mediaset)-Goldman-Cyrte. Ma allora, all’apice del boom dell’M&A, erano tollerati

covenant molto più laschi e una super-leva non spaventava. Oggi, secondo le stime dei

medesimi analisti ma non confermate dalla società, Endemol avrebbe debiti per circa 10

volte il margine operativo lordo: i 3 miliardi di dollari (2,3 miliardi di euro) di esposizione

si confrontano con un Mol di 240 milioni di euro. Lo squilibrio finanziario, nell’attuale

contesto economico e finanziario, è palesemente eccessivo, soprattutto dopo la campagna

acquisti degli ultimi anni di Endemol, costata 300 milioni di dollari. Sul mercato ci sono

oltre 300 milioni di euro di titoli di debito, tra cui anche Cds, sostanzialmente in mano a

un gruppo di hedge fund (circolano i nomi di Centerbridge, Sankaty e Golden Tree). Dal

quartier generale non hanno voluto dare informazioni specifiche limitandosi a dire che

«date le risorse attualmente disponibili in azienda e da parte degli azionisti, siamo convinti

che continueremo a rispettare i covenant e ad assolvere integralmente i nostri obblighi

nei confronti dei nostri creditori nel futuro». Proprio pochi giorni fa Endemol ha chiuso

un’acquisizione e secondo gli analisti è il segnale che la situazione del gruppo non è così

vicina al dissesto come il mercato teme: se fosse in condizioni critiche, nessun manager

sprecherebbe liquidità per fare shopping. D’altronde, dato il tipo di business (privo di

magazzino) Endemol ha la fortuna di non avere il fardello del capitale circolante (che

21 Agosto 2010

ALLARME DEBITI PER ENDEMOLINTERVENGONO GLI AZIONISTITV. La società rassicura: abbiamo consistente liquidità e siamo pronti per acquisizioni

Goldman e John De Mol in campo – Giù i titoli Mediaset

di Simone Filippetti

L’articoloF

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6

Page 45: Quaderno di lavoro 2010

86

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

87

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 6finanziario, può essere proprio e di terzi. I primi capitali sono forniti dal titolare o dai

soci, conferendo nell’impresa denaro, beni in natura (come un terreno o un capannone

industriale) o servizi (il proprio lavoro professionale). Chi effettua questi conferimenti è

proprietario dell’azienda.

Il capitale di terzi proviene da soggetti esterni all’impresa, quali banche, società finanziarie

o privati, che prestano mezzi finanziari a un’azienda di cui non sono proprietari: in questo

secondo caso i finanziatori diventano creditori di un’impresa, che è a sua volta debitrice

nei loro confronti.

Queste due fonti di finanziamento coesistono sempre nella vita dell’azienda, aiutandola

nel suo sviluppo, ma deve esistere un equilibrio tra i capitali propri e quelli di terzi. È

sbagliato non avere prestiti da parte di banche e di enti finanziari perché i prestiti possono

aumentare le capacità di intrapresa, ma è altrettanto sbagliato che i capitali di terzi siano

eccessivi rispetto al capitale proprio, perché i prestiti vanno remunerati con gli interessi e

devono essere restituiti alla scadenza.

Cosa accade a Endemol? Nell’articolo, rimbalzato nella stampa mondiale dal sito americano

“The daily beast”, si afferma che la società “è schiacciata da oltre 3 miliardi di dollari di

indebitamento”. L’ingente cifra non preoccupa gli analisti tanto per il valore assoluto del

debito, quanto perché esso non è compensato da una sufficiente liquidità (disponibilità

immediata di mezzi di pagamento). Questi debiti renderebbero così eccessivi i rapporti

o parametri (in termine inglese covenant) tra i debiti contratti e le somme liquide a

disposizione di Endemol. I covenant sono clausole accessorie di un prestito, con cui il

debitore si impegna a non porre in atto determinati comportamenti che potrebbero

accrescere eccessivamente il rischio di una crisi aziendale o comunque risultare dannosi

per i creditori. Nel caso in cui i parametri pattuiti non fossero rispettati, il prestito dovrà

essere rinegoziato, ad esempio diventando più costoso per il debitore.

2. I MERCATI FINANZIARI REAGISCONO ALLA NOTIZIA

“Goldman Sachs… starebbe correndo ai ripari con una gigantesca ristrutturazione finanziaria… Endemol ha replicato che non ci sono problemi finanziari… Mediaset… ha ceduto l’1,6% in Borsa… ”Difficile immaginare un default di Endemol… ma di sicuro i soci dovranno intervenire… “

I rumor finanziari si sono subito succeduti appena la notizia è stata pubblicata sul sito

americano.

Goldman Sachs, uno dei principali azionisti di Endemol, si dice che starebbe riorganizzando

i debiti della società.

Endemol smentisce le difficoltà con un comunicato, garantisce che i covenant saranno

rispettati e fa presente che la società ha liquidità adeguata, tanto da aver compiuto di

recente diverse acquisizioni di società produttrici di programmi televisivi, acquisti che

attestano un buono stato di salute dell’impresa.

Fin

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6La storia

Endemol è una società olandese nata dalla fusione di due società di

produzione televisiva di proprietà rispettivamente di John de Mol e Joop

van den Ende. Il nome deriva da una combinazione dei loro cognomi. Nel

2000, in piena bolla da new economy, la società venne acquisita dalla

compagnia telefonica spagnola Telefónica per 5,5 miliardi di euro. Nel 2007

la proprietà è passata a Mediaset, Goldman Sachs e al fondo Cyrte (di De

Mol). Tra i programmi televisivi prodotti in Italia, il Grande Fratello (Canale

5), il primo reality show trasmesso nel Paese e i «pacchi» di Affari Tuoi (Rai

Uno).

IL RUOLO DEL FINANZIAMENTO NELLA VITA DELLE IMPRESE

L’articolo del “Sole 24 Ore” racconta le recenti vicende finanziarie della

società Endemol, nota al grande pubblico per essere produttrice di format

televisivi di grande successo, quali Grande Fratello, Stranamore, La fattoria,

La pupa e il secchione, Affari tuoi e Chi vuol essere milionario. Endemol,

come tutte le società, ha bisogno di adeguati capitali per assicurare il

successo dell’avventura d’impresa.

Ma Endemol soffre perché oggi ha troppi debiti. In cosa consiste un eccesso

di debiti? Si tratta di una malattia grave? Come potrebbe uscirne la società?

Prendendo spunto dalle notizie dell’articolo, la scheda dedicata al

finanziamento delle imprese:

• offre una chiave di lettura dell’articolo

• propone alcune attività didattiche in classe

• mette a disposizione materiali di approfondimento

• indica FAQ e Link

Chiave di lettura dell’articolo

1. IL PROBLEMA DEI DEBITI SOCIETARI

“Fa paura il debito di Endemol… Schiacciata da circa 3 miliardi di dollari

di indebitamento, la società… avrebbe sforato i covenants (i parametri tra debito e liquidità…)”

Il capitale necessario per la gestione di un’impresa, detto fabbisogno

La schedadi Enrico Castrovilli

Page 46: Quaderno di lavoro 2010

88

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

89

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 6Come si è formato il notevole debito di Endemol? L’articolo

ci dice che è nato nel 2007 quando la cordata formata da

Telecinco-Mediaset, Goldman Sachs, Fondo Cyrte-de Mol

ricorse al meccanismo della leva finanziaria per comprare

Endemol.

Come funziona una leva? Archimede lo scoprì quando vide

che forze motori, appoggiandosi a un fulcro, potevano vin-

cere forze resistenti di gran lunga superiori; allora esclamò:

“Datemi una leva e un buon punto d’appoggio e vi solleverò

il mondo”.

Oggi gli esperti di finanza hanno evidenziato un’analogia con

quel principio della fisica negli impieghi dei capitali: è possi-

bile che certi investimenti producano rendimenti amplifica-

ti rispetto a quelli che ne sarebbero normalmente derivati.

Quando ciò è possibile?

Se l’azienda riesce ad ottenere dei capitali a prestito il cui

costo (gli interessi da pagare e la restituzione del prestito alla

scadenza) è inferiore al rendimento che con essi si può otte-

nere, il capitale proprio usufruisce di un rendimento aggiun-

tivo al proprio. Insomma con i capitali presi a prestito si rie-

sce ad aumentare il rendimento dei propri. Attenzione però!

I prestiti prima o poi vanno restituiti ed il loro costo deve es-

sere inferiore al rendimento dell’investimento, altrimenti sono

guai. L’articolo ci segnala che nel 2007 ci vollero 4 miliardi di

dollari per acquistare Endemol, di cui solo 1 furono capitali

propri (equity) degli azionisti, gli altri 3 furono presi a prestito

per sfruttare l’effetto leva.

Questi debiti pesano ancora oggi sul bilancio di Endemol in

misura eccessiva, essi sono circa 10 volte tanto rispetto al

MOL, il margine operativo lordo che esprime l’utile (o profitto)

della gestione operativa tipica dell’azienda.

TAG

Link

GUARDA IL VIDEO DI QUESTO TEMA

SITI E INFO PER APPROFONDIRE I servizi bancari di Intesa Sanpa-olo: “http://www.intesasanpaolo.com/scriptIbve/retail20/Retai-lIntesaSanpaolo/ita/home/ita_home.jsp

La Fondazione bancaria Compa-gnia di San Paolo illustra le inizia-tive finanziarie della Fondazione:h t t p : //w w w. c o m p a g n i a -d i s a n p a o l o . i t /co n te n u to .php?ID=1159&sezioneID=178

La Fondazione bancaria Cari-plo presenta le attività e le op-portunità di finanziamento della Fondazione: http://www.fonda-zionecariplo.it/portal/page149a.do?link=oln86.redirect

La società Endemol presenta i format e le attività della società:http://www.endemol.it/careers.php

LA CATENA DELLE PAROLE CHIAVE

QR-CODE

Azienda, impresa e societàAzione ed obbligazione Business plan o piano d’impresaFabbisogno finanziarioLeva finanziaria FinanziamentoMOL Utile o profitto

Effetto leva dal sito:www.mondoforex.com

6Le azioni di Mediaset, società che dal 2007 è uno dei tre proprietari del

produttore di reality, arretrano immediatamente alla Borsa di Milano. Gli

azionisti di Mediaset, temendo contraccolpi negativi sulla loro società dalle

cattive notizie di Endemol, vendono azioni ed il valore di mercato dei titoli

Mediaset diminuisce dell’1,6%.

Vediamo in che modo nel mercato azionario scende il prezzo delle azioni.

Domanda, offerta ed equilibrio di mercato

Nei grafici cartesiani rappresentativi dei mercati, il prezzo è posto sull’ordi-

nata e la quantità sull’ascissa. In un mercato concorrenziale l’incontro tra la

curva che rappresenta la domanda e la curva che rappresenta l’offerta è il

punto di equilibrio 1 che determina: a. il prezzo (sull’ordinata) e b. la quan-

tità scambiata (sull’ascissa). Supponiamo che il prezzo iniziale delle azioni

Mediaset sia P1. A parità di domanda, se l’offerta aumenta di una quantità

= offerta, come è accaduto quando azionisti sono corsi a vendere azioni

Mediaset, la linea dell’offerta di azioni Mediaset si sposta dalla linea Offerta 1

alla linea Offerta 2 e si determina un nuovo punto di equilibrio 2. E il prezzo

di equilibrio scende dal punto P1 a P2.

Gli esperti finanziari non pensano che Endemol sia vicina al tracollo, ma la

sua struttura finanziaria dovrà essere riorganizzata da parte dei soci.

3. QUAL É LA CAUSA DEL DEBITO DI ENDEMOL?

“Il debito è sostanzialmente l’eredità dell’acquisizione a leva da 4 miliardi (di cui solo uno di equity) fatta nel 2007… allora … una super-leva non spaventava. Oggi … Endemol avrebbe debiti per circa 10 volte il margine operativo lordo ...”

1 2 3 4 quantità

0,5

0

1

1,5

2

2,5

3

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4

4,5

5

Domanda

Offerta 1

Offerta 2

Offerta 2

Domanda

Offerta 1

P Prezzo di mercato

P1

P2

1

2 nQuantità scambiata

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Page 47: Quaderno di lavoro 2010

90

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

91

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 6

Traccia per l’attività in classe Si propongono alcuni argomenti per approfondire in classe il tema del finanziamento delle

imprese.

Dal business plan al fabbisogno finanziario

Le imprese nascono quando sorgono nuove idee su come soddisfare i bisogni dell’uomo.

Il grande economista austriaco Joseph Alois Schumpeter sottolineò il ruolo dinamico delle

innovazioni ideate da imprenditori, consistenti in nuovi beni o in nuove qualità di beni già

esistenti. Quando una persona o un gruppo di persone genera un’idea stimolante per il

sorgere di un’impresa, si stende un documento detto business plan, articolato in punti:

idea del bene/servizio, individuazione del mercato e della concorrenza, delineazione del

processo produttivo, strategie di marketing, prezzo di vendita.

Gli studenti possono raccogliere le loro idee, comunicarle e discuterle nei seguenti modi:

• esponi le tue idee imprenditoriali __________________________________________

______________________________________________________________________

______________________________________________________________________

• individua le caratteristiche del prodotto ed i mercati di riferimento ________________

______________________________________________________________________

______________________________________________________________________

Perché l’idea diventi attività d’impresa, il business plan deve definire il fabbisogno finanziario

"schema A: vedi tag la leva finanziaria"

IMPRENDITORE INDIVIDUALE

E SOCIETÀ:Forme di esercizio

dell’impresa

AZIENDA: Beni organizzati

dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa

IMPRESA :Attività di produzione

di beni e servizi

Fin

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6I compratori di Endemol hanno ecceduto nello sfruttare l’effetto leva ed i

prestiti sono ancora lì da restituire.

4. COME RISTRUTTURARE IL DEBITO DI ENDEMOL?

“Per riportare il debito Endemol a valori più fisiologici … i soci potrebbero considerare un aumento di capitale … oppure potrebbero ricomprare il debito di Endemol … Infine c’è sempre l’ipotesi quotazione … Al momento, quella del soft-deleveraging appare l’ipotesi più probabile ”

Gli azionisti sono i proprietari della società per azioni avendo ad essa

conferito i propri capitali. Agli azionisti spettano gli auspicabili utili, ma anche

le eventuali perdite. Tocca agli azionisti decidere quali strategia finanziaria

mettere in campo per Endemol, società in sofferenza per l’eccesso di debiti.

Il calo degli spettatori del Grande Fratello dimostra una certa stanchezza

verso i reality, la società deve essere finanziariamente sana per tenere il

passo nel mondo delle produzioni televisive multimediali dove le innovazioni

sono incalzanti.

Esaminiamo le alternative che hanno di fronte agli azionisti di Endemol.

• La prima possibilità è che i soci conferiscano i capitali di cui ha bisogno

la società. Supponendo che il capitale sociale di Endemol sia 100 e che

sia necessario aumentarlo a 150, toccherà ai soci versare 50 di nuovi

capitali.

• La seconda ipotesi è che i soci restituiscano direttamente i prestiti ai

creditori, ricomprando con i propri capitali dei titoli rappresentativi del

debito Endemol.

• L’ultima ipotesi è quella di quotare alla Borsa valori le azioni Endemol,

società che a differenza di Mediaset non è quotata in Borsa. La

quotazione in Borsa consente di ricorrere ai risparmiatori e non solo ai

soci se servono aumenti di capitale. Ma le società quotate sono ogni

giorno sotto i riflettori dei mercati, le cui variazioni nei prezzi esprimono

un giudizio positivo o negativo sulle prospettive delle imprese. Forse non

è il momento buono per quotare Endemol in Borsa.

In ogni caso il miglioramento della situazione finanziaria di Endemol

dipende dalla modifica del rapporto tra l’eccesso di debiti e l’insufficiente

capitale proprio. Riducendo i debiti e/o aumentando il capitale proprio si

potrà ridurre con un soft-deleveraging il forte effetto leva, utile nel 2007 per

comprare la società, ma ora eccessivo e pericoloso per la società. Questa

strategia dovrà essere assicurata con un intervento finanziario da parte dei soci.

Page 48: Quaderno di lavoro 2010

92

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

93

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 6______________________________________________________________________

• a quali capitali pensi di ricorrere per finanziarla? _______________________________

______________________________________________________________________

• individua vantaggi e svantaggi di chi conferisce oppure presta capitali a un’impresa __

______________________________________________________________________

• hai in mente qualche impresa di cui vorresti diventare socio o a cui prestare i tuoi soldi?

______________________________________________________________________

La situazione patrimoniale e finanziaria

I capitali propri e di terzi costituiscono le fonti del patrimonio dell’impresa. Le fonti sono

voci passive per l’azienda, perché sono beni che altri soggetti, soci o creditori, hanno

deciso di mettere a disposizione dell’azienda.

Le fonti vengono usate per realizzare gli impieghi, quali la costruzione di impianti, l’acquisto

dei macchinari, la predisposizione degli uffici, il pagamento dei diritti d’autore e i brevetti;

inoltre una parte è bene che resti liquida in banca o nella cassa dell’azienda. Gli impieghi

sono voci attive per l’impresa, in quanto base dell’attività dell’azienda. L’insieme delle

attività e passività costituisce il patrimonio aziendale.

La relazione fondamentale tra le fonti e gli impieghi è la seguente:

Situazione patrimoniale

Le fonti e gli impieghi sono fondi o stock. L’imprenditore e i suoi collaboratori realizzano

con i fondi a disposizione le operazioni di produzione di beni e servizi. Queste operazioni

generano flussi monetari in entrata positivi (ricavi per la vendita di prodotti dell’azienda) e

di flussi monetari in uscita negativi (costi per il pagamento di dipendenti, energia, acquisti

di materiali e semilavorati, servizi vari, interessi bancari e così via). L’arte dell’imprenditore

consiste nel produrre flussi di ricavi superiori ai flussi dei costi di produzione, realizzando

Attivo Passivo

Impianti, Macchinari, Automezzi, Brevetti,

Denaro in cassa, Depositi bancari 1000

IMPIEGHI

Capitale proprio 600

Capitale di terzi, Debiti verso le banche,

Debiti verso i fornitori 400

FONTI

Fin

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6e come esso è soddisfatto dai capitali propri e di terzi. Capitale proprio sono

i conferimenti all’impresa (in denaro, natura, servizi) da parte di soci, mentre

i capitali di terzi consistono in prestiti da parte di banche, di risparmiatori

(quando sottoscrivono ad esempio un prestito obbligazionario), dilazioni di

pagamento da parte dei fornitori, che finanziano un’impresa per il periodo

in cui le concedono dilazioni di qualche mese nel pagamento delle loro

forniture.

Le differenze tra capitali propri e capitali di terzi

Vediamo le differenze fondamentali tra i due tipi di finanziamenti:

• In relazione alla remunerazione del capitale: i capitali propri hanno

diritto a una remunerazione in base a quanto utile (o profitto) l’impresa

ha generato. L’utile (o profitto) è il maggior valore dei ricavi rispetto ai

costi di produzione, ma se non vi è profitto o peggio se vi è una perdita

i soci non avranno nulla. I terzi che hanno prestato capitali incassano

gli interessi pattuiti anche se l’impresa non ha profitti, oltre a vedersi

restituire i prestiti alla scadenza. Gli interessi costituiscono un costo per

l’impresa.

• In relazione al rischio: il capitale proprio è assai esposto al rischio d’impresa,

nel caso radicale del fallimento tutto il capitale conferito verrà perso

per pagare i creditori. Non solo, se fallisce un’impresa individuale o una

società di persone, il titolare dell’impresa individuale o i soci rischiano di

perdere anche tutto il patrimonio personale! Il capitale di terzi rischia, ma

in modo secondario rispetto al capitale proprio: deve essere rimborsato

anche se la società è in difficoltà, è però possibile che i creditori ricevano

poco o nulla del prestito effettuato se la società fallisce.

• In relazione alla scadenza dell’impiego dei capitali: il capitale proprio resta

impegnato nella società fino a quando essa cesserà con la liquidazione

la sua attività. Se la società è quotata in Borsa i capitali conferiti sono

facilmente riottenuti vendendo le azioni. In questo caso sorge un

problema: se il prezzo di vendita dell’azione è superiore al valore iniziale

del conferimento o al prezzo di acquisto si avrà un guadagno di capitale,

ma se il prezzo di vendita è inferiore al prezzo di acquisto vi sarà una

perdita.

I creditori rientrano in possesso dei loro capitali alla scadenza del prestito.

Gli studenti possono raccogliere idee, comunicarle e discuterle sui seguenti

punti:

• quanto pensi sia il fabbisogno finanziario della tua idea imprenditoriale?

__________________________________________________________

Page 49: Quaderno di lavoro 2010

94

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

95

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 6• Rispondere a questa domanda: perché un finanziamento della durata di un anno non è

opportuno che finanzi un investimento che darà risultati economici nel corso di 5 anni?__

______________________________________________________________________

______________________________________________________________________

5. I MECCANISMI DI FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE

Abbiamo già visto che i finanziamenti per avviare un’impresa possono consistere in capitali

propri (dei soci) e di terzi (creditori).

Vediamo ora di approfondire in che modo le imprese raccolgono i capitali per dare ulteriore

sviluppo alla gestione aziendale. Si possono utilizzare due possibilità:

1. fonti interne di finanziamento, attraverso l’autofinanziamento: consiste nella rinuncia

da parte dell’imprenditore e dei soci all’incasso degli utili che l’azienda ha prodotto,

che vengono invece riutilizzati per ampliare le attività produttive. Ma attenzione

l’autofinanziamento non è gratuito: costa ai soci la perdita dei redditi che potevano

ottenere impiegando gli utili in altre attività redditizie! Questo costo è chiamato costo

opportunità;

2. fonti esterne di finanziamento. Essi possono consistere in aumenti di capitale sottoscritti

dai soci oppure in nuovi prestiti. Queste fonti esterne possono consistere in:

• finanziamenti mobiliari, che prevedono l’emissione di titoli facilmente negoziabili

(vendibili ed acquistabili) nella Borsa valori, come azioni (rappresentative del capitale

proprio) od obbligazioni (rappresentative di prestiti);

• finanziamenti non negoziabili, erogati da intermediari finanziari, il principe dei quali è il

sistema bancario. Le banche raccogliendo depositi dei risparmiatori sono in grado di

concedere finanziamenti alle imprese, a patto che queste siano solvibili e solide.

Quale tra queste diverse fonti finanziarie è opportuno che sia utilizzata dall’impresa?

Si possono mettere a confronto le tre forme più importanti di finanziamenti, che

sono il conferimento dei soci con la sottoscrizione di azioni, l’emissione di un prestito

obbligazionario ed i finanziamenti bancari.

Dal punto di vista dei costi sopportati da un’impresa per ottenere i finanziamenti, i prestiti

bancari sono costosi anche perché spesso accompagnati da garanzie per il rimborso del

prestito. Minore è il costo dalle obbligazioni. Un’emissione azionaria è solo apparentemente

meno costosa, perché gli azionisti, essendo più esposti al rischio d’impresa degli

obbligazionisti e degli altri creditori, devono essere remunerati con un maggiore premio

per il loro maggiore rischio. Ed infatti l’impresa deve garantire loro dividendi e crescita del

valore delle azioni, altrimenti essi non rischierebbero i loro capitali nell’impresa.

Anche nel caso in cui ai soci non vengano distribuiti utili, in quanto essi sono stati reinvestiti

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6così un utile (o profitto). L’utile potrà essere distribuito ai soci e/o usato per

aumentare con nuovi impieghi la capacità produttiva dell’impresa.

Ogni anno l’impresa redige il suo bilancio, composto dal conto economico

(rileva tutti i flussi di ricavi e di costi) e dallo stato patrimoniale (registra il

valore dei fondi alla fine dell’anno).

Gli studenti possono raccogliere idee, comunicarle e discuterle sui seguenti

punti:

• qual è la relazione tra la situazione attiva e passiva del patrimonio? ____

__________________________________________________________

__________________________________________________________

• perché i finanziamenti fanno parte del passivo? ___________________

__________________________________________________________

__________________________________________________________

• che differenza c’è tra una voce di stock e una voce di flusso? ________

__________________________________________________________

__________________________________________________________

I problemi finanziari vanno sorvegliati accuratamente in ogni momento della

vita dell’azienda. I due criteri che vanno rispettati sono i seguenti:

a) L’impresa deve essere solvibile, cioè essere in grado di far fronte

puntualmente a tutti i pagamenti attesi nel breve termine, disponendo di

liquidità (come denaro in cassa, conti correnti bancari attivi, merci che sono

sul punto di essere vendute) in grado di coprire tutti i pagamenti a breve

scadenza (come le fattura da pagare ai fornitori, i mutui da rimborsare tra

breve tempo alla propria banca, la liquidazione dei lavoratori che vanno in

pensione in quell’anno).

b) L’impresa deve essere solida, capace cioè di mantenere nel lungo periodo

un equilibrio tra i finanziamenti e gli investimenti. E’ bene infatti che l’impresa

abbia una quantità di finanziamenti a tempo indeterminato (quali il capitale

proprio e i debiti a lungo termine) superiore agli investimenti non liquidi, vale

a dire investimenti (come fabbricati e impianti) che daranno un rendimento

soltanto nel lungo periodo. Se invece prevalessero i finanziamenti da

restituire nel giro di pochi mesi, l’impresa che li avesse utilizzati per effettuare

investimenti pluriennali non riuscirebbe a restituirli, dato che i frutti degli

investimenti giungerebbero soltanto tra anni.

Page 50: Quaderno di lavoro 2010

96

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 6

FAQ 4 DOMANDE E RISPOSTE

Perché è importante il finanziamento delle imprese?

Perché nessuna impresa potrebbe agire senza capitali adeguati alle proprie necessità produttive. Il fabbisogno finanziario va quindi calcolato con la maggior precisione possibile, occorre dosare bene il concorso di capitali propri e di capitali di prestito, tenendo sotto controllo la possibilità di pagare gli interessi e restituire i prestiti al momento della loro scadenza.

La società Endemol riuscirà a risollevarsi dalle sue difficoltà?

I compratori di Endemol avendo ecceduto nei prestiti per l’acquisto della società hanno in bilancio un forte indebitamento. Endemol non pare sull’orlo del fallimento, ma deve affrontare una fase finanziaria non facile. il superamento di queste difficoltà dipenderà molto dal successo delle prossime produzioni televisive, ma altrettanto da un miglioramento del rapporto tra i debiti (che dovranno diminuire) e il capitale proprio (che dovrà essere rafforzato).

É meglio fare a meno dei prestiti per gestire un’impresa?

Ogni impresa ha un suo equilibrio finanziario, ma è sbagliato rinunciare in via di principio ai capitali prestati da terzi finanziatori, banche e risparmiatori. Se il rendimento degli investimenti che con questi capitali si riescono a sviluppare è superiore al costo dei prestiti, il rendimento complessivo investito dai proprietari dell’impresa può crescere, con benefici per i soci e per chi ha prestato i capitali. Questo risultato, detto effetto leva, va però tenuto sotto controllo con grande attenzione.

É meglio prestare capitali alle imprese oppure conferirli e diventare soci?

Dal punto di vista dell’imprenditore è bene disporre sia di capitali propri che di capitali di prestito. Dal punto di vista del risparmiatore occorre che egli individui quale può essere il migliore impiego delle risorse di cui dispone. Non c’è quindi una risposta precisa, ma può essere opportuno seguire le proprie propensioni e diversificare gli impieghi delle risorse.

É facile avere i capitali per avviare un’impresa?

Una buona idea imprenditoriale e un buon business plan sono indispensabili. Anche una squadra affiatata di collaboratori e soci è molto importante. Le leggi regionali e il mondo della finanza rendono disponibili i capitali di prestito o finanziamenti agevolati. Va dato per scontato che all’inizio qualunque impresa soffrirà, ma se capacità e intraprendenza sono solide, l’equilibrio finanziario potrà essere raggiunto e l’impresa avere successo.

Finanziamento a titolo di

Capitale proprio

Finanziamento a titolo di

Capitale di terzi

Finanziamenti

Mobiliari

Finanziamenti

Non negoziabili

Fin

an

zia

men

to a

lle

imp

rese

6nell’impresa, l’azionista sopporterà questa rinuncia solo se sarà compensato

in futuro da un maggiore rendimento.

Gli azionisti in quanto soci sono proprietari della società in base alle loro

quota ed hanno il massimo potere di decidere le sorti dell’impresa. Tra i

terzi, esterni alla società, gli obbligazionisti sono semplici creditori e il loro

potere sull’impresa è limitato, devono però essere consultati se si volessero

cambiare le condizioni del loro prestito, come i tassi di interesse o le scadenze

del prestito. Le banche hanno una notevole influenza sulla vita dell’impresa,

le imprese devono mantenere un rapporto stabile di fiducia con le banche

loro finanziatrici.

Dal punto di vista dell’equilibrio della struttura finanziaria le obbligazioni

sono la forma più rigida, prevedendo tempi di rimborso e costi per gli

interessi prefissati, mentre i prestiti bancari possono essere rinegoziati nelle

loro modalità di rimborso. Gli azionisti hanno maggiore libertà di decidere

quanto distribuire dell’utile d’impresa. Naturalmente a patto che esso esista!

É sempre indispensabile che l’impresa conservi la fiducia dei consumatori e

accresca la credibilità nei confronti dei risparmiatori. Altrimenti i risparmiatori

e le banche non affiderebbero i propri capitali all’avventura di un’impresa!

• Perché l’autofinanziamento è apparentemente gratuito, bensì costoso? __

__________________________________________________________

__________________________________________________________

__________________________________________________________

• Completa ora lo schema seguente, inserendo in ciascuna casella i termini

corretti:

a. Capitale proprio di una società per azioni, rappresentato da titoli azionari

b. Prestito bancario

c. Prestito obbligazionario, rappresentato da obbligazioni

d. Capitale proprio di una impresa individuale, non rappresentato da titoli

azionari

Page 51: Quaderno di lavoro 2010

98

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

Risparmio einvestimentidi Federico Cartei7

Page 52: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

petrolifera ha reso a dieci anni un +78% e un +186% cedole comprese. Hanno tenuto bene anche utility come

Snam, Rete Gas e Terna.

Che significa tutto ciò? Tre cose. La prima è che il decennio passato dimostra che la vecchia regola per la

quale la Borsa è il luogo ideale per veder crescere il proprio capitale nel lungo periodo non è più vera. Sarà

stato un decennio particolare, ma nulla fa supporre che i prossimi dieci anni saranno meno tempestosi per i

listini. La seconda è che le cedole aiutano, ma non risolvono. Comprare un titolo per il dividendo non mette

al riparo dagli scivoloni protratti sui prezzi che vanificano (come nel caso di Telecom Italia) ogni speranza di

guadagno. La terza è che fare il cassettista non ha un gran senso. Meglio entrare e uscire da un’azione appena

il guadagno reale lo giustifica. Ma non bisogna essere ingordi. Spiega un banchiere di lungo corso: «Quando

rende un titolo di Stato decennale in media storica? Diciamo il 4-5 per cento. Ebbene da un’azione ci si

aspetta per compensare il rischio un rendimento doppio. Quando si ottiene un 10% all’anno dall’investimento

in Borsa occorrerebbe accontentarsi e vendere soddisfatti». Un consiglio di buon senso. Ma ancora poco

praticato da chi cerca rendimenti mirabolanti e si ritrova spesso con un pugno di mosche in mano.

Appunti

7

C’era una volta (e c’è in parte tuttora) il cassettista. Un signore che comprava azioni,

possibilmente di quelle blasonate e di antico lignaggio, le metteva sotto il materasso e non

ci pensava più. Ogni anno si portava a casa una cedola più o meno ricca e questo bastava

a fargli dormire sonni tranquilli. Un’immagine, o meglio uno stereotipo, ormai andato in

pezzi. Frantumato dagli eventi. Colpa della Borsa e delle sue giravolte brusche e repentine

che nell’ultimo decennio sono state il tratto distintivo dei mercati azionari.

Comprare azioni e tenerle nel cassetto ha infatti senso se il movimento dei listini è lineare e

tende nel tempo verso l’alto. Gli ultimi due lustri hanno visto in scena un copione opposto.

Oggi Piazza Affari, nonostante il rimbalzo violento avviato dal marzo 2009, è tornata a

valere i livelli del lontano ‘98. Un decennio andato letteralmente in fumo, di fatto azzerato

come se non fosse mai esistito per i grandi e piccoli investitori. E la piccola piazza milanese

è in buona compagnia. Pressoché in tutto il mondo avanzato l’investimento nelle Borse si

è rivelato un boomerang. Dalla fine del ‘99 la Borsa di New York ha perso in media lo 0,5%

annuo. E il calcolo tiene conto dei dividendi incassati pari a una media dell’1,8% annuo. In

Europa le cose sono andate ancora peggio con l’indice Stoxx che nei due lustri ha perso il

34%, pari a un -4% annualizzato.

Fanalino di coda la nostra piazza borsistica con il Comit che ha chiuso il decennio con un

-46%. Solo grazie ai dividendi incassati negli anni dagli azionisti, la perdita si riduce al 26 per

cento. In mezzo a questa Caporetto delle azioni è successo di tutto: prima la rapida ascesa

della bolla hi-tech, la successiva caduta durata fino al 2003. Poi il quadriennio magico (e i

grandi guadagni) fino al 2007. Infine e questa è storia recente, la crisi del credito a livello

mondiale che ha rischiato di vedere l’implosione dell’intero sistema finanziario mondiale e

la successiva riscossa. È quindi davvero questione di tempo e di azzeccare i cicli violenti al

rialzo e ribasso di listini e azioni. Si pensi alle alterne fortune degli investitori.

Chi avesse comprato UniCredit solo 12 mesi fa, quando le quotazioni erano al lumicino,

avrebbe conseguito un risultato positivo dell’85 per cento. Lo stesso acquisto effettuato 6

mesi fa, vedrebbe il nostro investitore sotto del 9%. Senza dimenticare che siamo ancora

oggi distanti del 63% dai valori del titolo di tre anni fa. E che dire di Generali, classico

titolo da cassettista? Il Leone di Trieste è sopra del 40% a un anno, ma un investimento di

lungo periodo conta solo perdite: si va da un -35% a dieci anni che, mitigato dalle cedole,

diventa un -24%. A tre anni il conto è ancora assai salato con un terzo del capitale eroso

dalle perdite.

Occorre spingersi al traguardo dei vent’anni per riconquistare, tra le blue chip più note,

valori soddisfacenti per un investimento in azioni. Intesa a 20 anni traccia un +355%

e UniCredit un +258 per cento. Ma vent’anni sono un tempo infinito. Tra le regine di

Piazza Affari spicca di fatto un unico grande vincitore sulla distanza: l’Eni. La compagnia

28 Marzo 2010

NON È UNA BORSA PER CASSETTISTIdi Fabio Pavesi

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Page 53: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 7alla copertura del proprio fabbisogno: il debito pubblico viene periodicamente rifinanziato

tramite nuove emissioni di titoli con diverse scadenze in modo da far fronte sia alle necessità

di cassa a breve che al rinnovo del debito dello Stato nel medio-lungo periodo.

I Buoni ordinari del Tesoro (BoT) sono titoli a breve termine (scadenza a tre/sei/dodici

mesi) emessi dal Tesoro per provvedere alla copertura a breve del fabbisogno statale, sono

zero coupon, possono essere sottoscritti per l’importo minimo di 1.000 euro o multipli di

tale cifra e vengono emessi sotto la pari cosicché il rendimento per l’investitore è dato

dalla differenza tra il prezzo pagato al momento dell’acquisto e il valore nominale restituito

dall’emittente a scadenza, pari a 100.

Non prevedono cioè il pagamento di una cedola durante la loro vita ma, dalla differenza

tra prezzo di acquisto e quello di vendita, detratta la ritenuta fiscale, si ottiene un margine

che rappresenta il rendimento ottenuto dall’investimento in Bot.

I Bot sono strumenti adatti ad un investitore che preferisce parcheggiare la propria liquidità

per breve tempo con rendimento e rischio limitato perché pensa di non aver bisogno di

tale denaro a breve oppure aspetta di capire la direzione del mercato prima di operare

investimenti a lunga durata e con rapporto rischio/rendimento più alto.

Molto simili ai BoT sono i Certificati del Tesoro zero coupon (CTz) che si differenziano solo

per la durata che in questo caso è di diciotto mesi o di due anni.

Un investitore che vuole impiegare il proprio denaro con un investimento a più lungo

periodo senza però correre grandi rischi può affidarsi ai Certificati di credito del Tesoro

(CcTeu), titoli a reddito variabile con durata pari a sette anni, con interessi corrisposti con

cedola semestrale posticipata.

Sono a reddito variabile perché il loro tasso di rendimento è legato all’andamento del tasso

di riferimento del mercato monetario europeo, chiamato Euribor, con scadenza sei mesi.

Il tasso del CcTeu viene costantemente aggiornato e quindi non si corre il rischio di aver

comprato un titolo che durante la sua durata offrirà un rendimento che si distanzia da

quello di mercato.

È uno strumento adatto in tempi di aspettative al rialzo dei tassi di mercato perché offre

rendimenti interessanti, durata medio-lunga che permette di non dover rinnovare ogni

poco l’investimento, e non comporta per l’investitore rischi particolari di tasso e di durata.

Per quanto riguarda invece strumenti a tasso fisso e con durata medio-lunga il titolo di

Stato per eccellenza è il Buono del Tesoro poliennale (BTp): ha una durata di tre, cinque,

dieci, quindici e trenta anni e prevede il pagamento di un tasso fisso per tutta la durata

dello strumento, caratteristiche che fanno del BTp uno strumento rischioso a causa del

rischio di incremento dei tassi di mercato durante la sua vita.

In periodi di tassi tendenti al rialzo infatti il prezzo dei titoli di debito in circolazione tende

a scendere proprio perché i nuovi titoli sono più redditizi di quelli di vecchia emissione

e questo comporta la possibilità di incappare in perdite in termini di capitale in caso di

vendita anticipata del titolo: se portarlo a scadenza vuol dire infatti incassare comunque

il valore nominale, voler liquidare prima il titolo vuol dire vendere a prezzo di mercato e Ris

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7LE CARATTERISTICHE DEI PRINCIPALI STRUMENTI FINANZIARI

1) I titoli di debito

Si definiscono titoli di debito quegli strumenti finanziari che sono

rappresentativi di un prestito di denaro da parte dell’investitore nei confronti

di un soggetto emittente che si impegna a restituire il denaro preso a prestito

(il capitale) maggiorato degli interessi che rappresentano la remunerazione

per il prestito effettuato dal soggetto investitore.

I titoli di debito incorporano un diritto di credito dell’investitore-sottoscrittore

verso il soggetto emittente riguardante il pagamento di una somma

nominale (cd. “valore nominale”) che risulta dal titolo, ad una determinata

scadenza, nonché il pagamento di interessi.

Possono essere emessi alla pari (quando il prezzo di emissione è uguale

al valore nominale delle obbligazioni), sopra la pari (prezzo di emissione

maggiore al valore nominale) o sotto la pari: in quest’ultimo caso i

sottoscrittori oltre agli interessi potranno lucrare anche sulla differenza tra

il valore nominale di rimborso ed il prezzo di emissione.

Tali strumenti possono essere a tasso fisso o a tasso variabile, prevedono

cioè il pagamento di interessi fissi per tutta la durata dello strumento oppure

possono prevedere che il rendimento vari in seguito alla variazione dei tassi

di mercato, agganciando il tasso del titolo a particolari tassi di riferimento

del mercato monetario (Euribor, Irs, etc....) in modo da avere un rendimento

sempre in linea con il mercato.

Sia i titoli di stato che le obbligazioni in genere possono prevedere il

pagamento degli interessi tramite cedole periodiche (di solito trimestrali

o semestrali) oppure possono prevedere il pagamento degli interessi in

un’unica soluzione alla scadenza insieme alla restituzione del capitale (cd.

“strumenti zero coupon”).

1.1) I titoli di Stato

I titoli di Stato sono dei titoli di debito emessi dallo Stato per provvedere

La schedadi Federico Cartei

Page 54: Quaderno di lavoro 2010

104

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

105

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 7Generalmente i titoli obbligazionari danno diritto al sottoscrittore di percepire un interesse

annuale fisso, ma nella pratica, per invogliare i risparmiatori alla sottoscrizione, si sono

venute a configurare altri tipi di obbligazioni cosiddette indicizzate, strutturate, convertibili,

etc...

Quelle indicizzate sono le obbligazioni che prevedono un piano di ammortamento con

cedole variabili legate all’andamento di parametri reali (tasso di inflazione), monetari

(Euribor, Irs, rendimento dei Bot) ma anche finanziari o valutari, in modo da proteggere il

titolo dalla perdita di potere d’acquisto della moneta.

Le obbligazioni strutturate prevedono che il rimborso del capitale e/o la loro remunerazione

venga indicizzata all’andamento dei prezzi di una attività finanziaria rappresentata da azioni

o da indici azionari, valute, quote di fondi comuni o materie prime: sono titoli di debito,

quindi prevedono un piano di ammortamento definito per quanto riguarda le scadenze di

pagamento delle cedole e la restituzione del capitale, ma l’ammontare del loro rendimento

e, in casi più rari, la restituzione del capitale a scadenza, è legata all’andamento di tali

attività finanziarie che sono quotate in mercati regolamentati.

Si cerca così di rendere lo strumento più attraente per chi vuole investire in un titolo di

debito ma desidera che la remunerazione sia legata a strumenti più rischiosi in modo

da avere la possibilità, in caso di andamento positivo di tali variabili finanziarie, di poter

incrementare il proprio rendimento rispetto ad una obbligazione non strutturata.

Esistono poi obbligazioni convertibili che offrono la possibilità per il sottoscrittore di poter

rimanere creditore della società emittente (quindi di conservare lo status di obbligazionista),

o di convertire, entro determinati lassi di tempo e in base a rapporti di cambio prefissati, le

obbligazioni in azioni della società emittente, assumendo così lo status di azionista.

Sono titoli che si pongono in posizione intermedia tra un’azione e un’obbligazione e

permettono al sottoscrittore di incassare le cedole concordate per l’obbligazione, ma di

poter procedere alla conversione in azioni quando il rapporto di cambio fissato dovesse

rivelarsi vantaggioso in base alla quotazione di mercato di quest’ultime, lucrando così

sulla differenza tra il valore di mercato del titolo e il valore previsto dal rapporto di cambio

stabilito all’inizio.

Un discorso a parte va fatto per le obbligazioni bancarie per le quali Banca d’Italia ha

fissato uno standard minimo di trasparenza stabilendo le informazioni che devono essere

contenute nel foglio informativo redatto in occasione di ogni emissione e da consegnare al

sottoscrittore che ne faccia richiesta. Tale foglio deve contenere informazioni sulla banca

emittente, con l’eventuale rating (giudizio che riassume in lettere la valutazione sulla

qualità creditizia della società emittente) assegnato da un soggetto indipendente, sulle

caratteristiche principali dell’emissione obbligazionaria proposta (ammontare complessivo,

data di apertura e di scadenza dell’emissione, rendimento e periodicità delle cedole, etc...)

e sui profili di rischio cui può andare incontro il cliente che dovesse sottoscrivere quel

titolo (di controparte, di durata, di tasso, di valuta, etc...).

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7sopportare di farlo ad un prezzo inferiore del valore di acquisto.

L’investimento in BTp, per la loro lunga durata e per il tasso fisso, è

consigliabile in caso di aspettative al ribasso dei tassi di mercato, quando il

prezzo dei titoli in circolazione tende a salire perché più redditizi dei nuovi

e quindi è possibile lucrare sul prezzo di vendita del titolo oltre che sul

rendimento assicurato dalla cedola.

Naturalmente quando le aspettative sono di una economia in crescita il

rendimento dei BTp con scadenza più lunga sono sensibilmente maggiori di

quelli con durata più breve e questo anche per ripagare al sottoscrittore un

premio per il rischio di durata (e di tasso) che si è assunto.

È uno strumento adatto a investitori che intendono ottenere rendimenti più

alti rispetto agli altri titoli di Stato e che sono pronti in caso di aumento dei

tassi a liberarsene per spostarsi su un tasso variabile o su durate più brevi,

ma sono adatti anche ad investitori che intendono portarli a scadenza e non

si preoccupano dell’andamento del mercato monetario perché qualunque

sia il suo andamento si accontentano della cedola fissa che si sono assicurati

e della sicurezza di ricevere comunque a scadenza il valore nominale del

titolo.

Negli ultimi anni sono nati anche i BTp indicizzati all’inflazione europea (BTi),

praticamente dei BTp non più a tasso fisso ma con il capitale rimborsato a

scadenza e le cedole pagate semestralmente rivalutati entrambi sulla base

dell’inflazione dell’area euro.

In tal modo viene rimborsata al sottoscrittore la perdita del potere d’acquisto

realizzatasi nel corso della vita del titolo mentre le cedole garantiscono un

rendimento costante in termini reali.

Le loro scadenze sono a cinque, dieci e trenta anni e ciò li rende strumenti

adatti a investitori interessati a strumenti che assicurino un reddito costante

in termini reali su orizzonti temporali di medio e di lungo termine.

1.2) Le obbligazioni

Per quanto riguarda le obbligazioni in generale ci si riferisce di solito a quelle

emesse da società (cd. “corporate”) o a quelle emesse dagli Istituti bancari.

Si differenziano dai titoli azionari perché mentre questi assicurano al loro

titolare il diritto di partecipazione alla gestione della società e un dividendo

che è subordinato all’esistenza di utili, le obbligazioni attribuiscono al

titolare solo un diritto di credito che deve essere soddisfatto comunque alla

scadenza prevista, a prescindere dai risultati dell’esercizio.

Page 55: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 7diventare azionisti e soci di quella società, comprano le azioni

sul mercato e fanno sì che il valore di quei titoli tenda a salire.

Al contrario laddove la società non è ben gestita o comunque

ha problemi economico-finanziari, l’offerta sul mercato

di quelle azioni è maggiore della domanda perché la

maggioranza degli investitori vuole uscire da quella società e

il valore delle azioni tende a scendere anche repentinamente.

Nel caso estremo in cui la società vada in bancarotta in

quanto incapace di onorare i propri debiti con i creditori, il

valore delle azioni scende a zero e l’investitore perde tutto il

capitale investito. Il titolare del titolo azionario è, in piccola

parte, proprietario della società e viene quindi risarcito da

ultimo in caso di fallimento, mentre coloro che sono titolari

di un titolo obbligazionario vantano un diritto di credito

verso la società e verranno saldati in precedenza cosicché,

se dalla liquidazione dell’attivo rimane della liquidità, mentre

per i primi la speranza di ottenere qualcosa è molto debole,

per i secondi è possibile che riescano a recuperare almeno

parte del capitale versato.

Per la sua elevata volatilità, la mancanza di ritorni certi come

avviene per i titoli di debito ed il legame con i molti fattori

economici e finanziari esterni alla società in cui si investe,

l’investimento in azioni è considerato molto rischioso e quindi

adatto ad investitori esperti.

Quando si comprano le azioni in sede di prima quotazione di

una società sul mercato occorre presentare domanda scritta

presso la propria banca e partecipare al meccanismo che

prende il nome di Initial pubblic offering (Ipo), durante il

quale le azioni di nuova emissione vengono offerte sul mercato

borsistico corredate di un prospetto informativo contenente

informazioni sulla società, sui dettagli dell’operazione di

quotazione e sui rischi assunti dal sottoscrittore.

Sulla base del numero di richieste ricevute viene definito il

prezzo di vendita ed effettuato l’eventuale riparto in caso di

domanda superiore all’offerta.

3) Le gestioni collettive

I fondi comuni di investimento aperti sono patrimoni

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SITI E INFO PER APPROFONDIRE

www.borsaitaliana.itwww.ilsole24ore.comwww.bancaditalia.itwww.tesoro.itwww.consob.itwww.corriere.it

Dizionario di Finanza, autori M. Gabbrielli, S. De Bruno, ediz. Il Sole 24 Ore.

Il Mercato Mobiliare. Strategia e tecniche di negoziazione dei pro-dotti finanziari. Autore R. Capar-vi, ediz. Franco Angeli.

LA CATENA DELLE PAROLE CHIAVE

QR-CODE

Obbligazioni – Indicizzate, strutturateTasso fisso e tasso variabile Aspettative di tasso di interesseTitoli di Stato Zero couponAzioniDividendiPlusvalenza IPOFondi comuni di investimentoEtf

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72) I titoli di capitale

I titoli azionari sono strumenti finanziari che rappresentano la partecipazio-

ne al capitale sociale di una società e quindi anche l’insieme dei diritti e dei

doveri che si connettono allo status di socio. Acquistare un’azione vuol dire

essere proprietario di una piccola parte della società e quindi partecipare

direttamente alle alterne fortune a cui la società può andare incontro du-

rante la sua vita.

Per quanto riguarda i diritti amministrativi attribuiti al socio, questi ha

diritto di partecipare alle discussioni ed al voto in Assemblea per approvare

il Bilancio, nominare gli amministratori e approvare le delibere riguardanti

le decisioni più importanti durante la vita sociale con un numero di voti

proporzionale al numero di azioni detenute.

Ci sono anche delle eccezioni rappresentate dalle azioni privilegiate e di

risparmio ancora in circolazione, o da categorie speciali di azioni che limitano

o azzerano del tutto il diritto di voto a vantaggio di diritti patrimoniali

rafforzati per i possessori.

Per quanto riguarda i diritti patrimoniali il titolare di ogni azione ha diritto

a percepire il dividendo, ovvero la quota parte di utile che la società ha

prodotto in quel periodo, che di solito offre dei rendimenti interessanti se

paragonati a quelli dei titoli di stato.

Nell’articolo de “Il Sole 24 Ore” che ci precede l’autore Fabio Pavesi

approfondisce l’andamento dell’investimento in titoli azionari e in particolare

si focalizza sulla delusione che i molti investitori “cassettisti”, quel tipo di

investitore che sceglie di tenere i titoli in portafoglio per lungo tempo

senza effettuare vendite neanche nei momenti peggiori del mercato, hanno

dovuto subire in questo ultimo decennio caratterizzato da andamenti di

Borsa altalenanti ma nel complesso negativi: neppure i dividendi pagati dalle

società più generose ai propri soci sono riusciti a riportare in positivo tale

andamento, in quanto la riduzione del valore dei titoli è stata più marcata

della cedola pagata di anno in anno a titolo di distribuzione dell’utile.

Oltre ad incassare i dividendi, l’investitore in azioni spera che la società sia

ben gestita dai propri amministratori, il mercato apprezzi i suoi prodotti

o servizi e produca così ricavi e utili consistenti ogni anno in modo da

incrementare il valore in Borsa e riuscire ad ottenere un guadagno dalla

vendita del titolo a valori più alti di quelli di acquisto.

Quando la società è sana, ben gestita ed ha degli ottimi fondamentali

(valori economici e patrimoniali di bilancio) la domanda delle sue azioni

tende infatti ad essere molto elevata perché numerosi investitori vogliono

Page 56: Quaderno di lavoro 2010

108

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

109

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 7numero di titoli contenuto in quel determinato indice.

Le quote sono quotate regolarmente sul mercato e sono acquistabili come un’azione,

pertanto l’acquisto di un Etf può essere un investimento di breve periodo per fare trading,

oppure di medio-lungo per scommettere al rialzo ma anche al ribasso (strategia short) su

quel determinato benchmark di riferimento.

Traccia per l’attività in classeAnalizzare le caratteristiche degli strumenti finanziari elencati e motivare per iscritto la

strategia attuata dallo studente che davanti ad una scelta di acquisto di € 100 tra questi

cinque strumenti finanziari decide di comprarne solo uno, due o più di due sulla base della

propria propensione al rischio.

1. Obbligazione Enel scadenza 26.02.2016, tasso fisso 3,50%. Prezzo 100,20. Rendimento

effettivo netto 3,00%, cedola annuale.

2. CCT scadenza 15.10.2017, tasso variabile euribor 6 mesi + 0,80%. Prezzo 97,20.

Rendimento effettivo netto 2,25%, cedola semestrale.

3. BTP scadenza 15.12.2012, rendimento fisso 2,00%. Prezzo 99,00. Rendimento effettivo

netto 2,25%, cedola semestrale.

4. Titolo azionario Enel.

5. Fondo azionario Italia.

Nell’analisi delle strategie attuate tenere conto e commentare per ogni strumento finanziario

le seguenti variabili chiave:

DURATA dell’investimento in ogni singolo investimento

RENDIMENTO del singolo strumento rispetto agli altri

RISCHI della strategia scelta

DIVERSIFICAZIONE attuata nella strategia di investimento

autonomi costituiti dalle quote acquistate dai vari sottoscrittori i quali

hanno diritto di chiedere, in qualsiasi momento, il rimborso delle loro quote

secondo le regole previste dal fondo.

In pratica un investitore può comprare una o più quote di questi fondi

i quali, tramite un gestore, investono questi soldi in strumenti finanziari

quotati il cui valore, che oscilla in base all’andamento della quotazione sul

mercato, coinciderà con la valorizzazione del fondo ad una certa data.

In pratica il sottoscrittore partecipa ad una gestione collettiva divisa in

quote con il vantaggio di avere un gestore professionale che sceglie gli

strumenti finanziari su cui investire ed ha la possibilità di investire su più

strumenti contemporaneamente in modo da poter frazionare il rischio pur

con un impiego di denaro ridotto.

Tali fondi possono investire in azioni, obbligazioni, sia in azioni che

obbligazioni (cd. “fondi bilanciati”), in strumenti di liquidità (obbligazioni

con scadenza inferiore a 6 mesi e titoli di Stato a breve termine) oppure

essere flessibili (in cui il gestore ha piena scelta di investimento).

Inoltre possono essere specializzati in determinate aree geografiche

(America, Europa, Italia, etc...) o si possono acquistare anche fondi di fondi

(fondi comuni di investimento che a loro volta investono in altri fondi per

una gestione ancor più professionale e per un elevato frazionamento del

rischio).

I fondi comuni di investimento chiusi invece sono quelli caratterizzati da un

numero fisso di quote da vendere sul mercato e da un capitale fisso ed il diritto

di rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze

predeterminate perché gli investimenti fatti di solito sono liquidabili solo

dopo un certo numero di anni (i fondi chiusi investono spesso in immobili).

A causa degli elevati costi di gestione dei fondi comuni, legati sia alla

remunerazione del gestore che al pagamento di commissioni per il continuo

acquisto e vendita degli strumenti finanziari sottostanti, hanno avuto molto

successo negli ultimi tempi gli exchange-traded funds (Etf), particolari fondi

comuni che investono i soldi ricevuti dai sottoscrittori in un determinato

indice di Borsa con una gestione passiva, senza cioè che il gestore debba

selezionare e negoziare di giorno in giorno i titoli da lui ritenuti migliori.

Gli indici di Borsa sono costituiti dai principali titoli di un determinato mercato

e rimangono fissi per un certo numero di mesi cosicché il gestore

dell’Etf non fa altro che comprare tali titoli in base alle quote sottoscritte

dagli investitori in modo da non avere eccessivi costi di negoziazione e per

questa selezione passiva degli strumenti percepisce un compenso minimo:

in questo modo l’investitore riesce con poco denaro ad investire sui principali

titoli di Borsa con un costo ridotto e un rischio frazionato grazie all’alto Ris

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 7In quel caso infatti i titoli emessi successivamente saranno influenzati da tale incremento ed anche il loro rendimento tenderà a salire mentre il titolo che ho in portafoglio avrà sempre un rendimento pari al tasso previsto inizialmente.In tal modo i nuovi investitori compreranno titoli di nuova emissione mentre i vecchi titoli saranno meno appetibili, molti investitori li venderanno, così il loro prezzo tenderà a scendere; tali titoli ritornano così interessanti per un nuovo acquirente che potrà comprare quel titolo a prezzo ridotto, quasi certamente sotto la pari, lucrando quindi oltre che dall'incasso delle cedole anche sulla differenza tra prezzo di acquisto e valore nominale di restituzione.Per ridurre tale rischio diventa fondamentale ridurre la durata dei titoli a tasso fisso visto che comunque a scadenza otterrò sempre il valore nominale oppure si può scegliere un titolo a tasso variabile come il CcTeu.

Il ritorno dell'investimento in titoli di debito è più sicuro rispetto a quello in azioni?

I titoli di debito incorporano un diritto di credito per il sottoscrittore a vantaggio del quale è previsto un piano di ammortamento per il pagamento di cedole e capitale a scadenza che la società emittente è obbligata a rispettare indipendentemente dal suo stato di salute; nell'investimento azionario si diventa proprietari della società e in tal caso l'incertezza riguarda sia il pagamento dei dividendi, legato alla produzione di utili, che l'andamento dei titoli sul mercato legato ai fondamentali della società su cui si è investito ma anche a molteplici fattori esterni di mercato, economici, monetari, etc...Quest'ultimo decennio ha tolto delle certezze riguardanti l'investimento azionario che nel passato si è sempre rivelato più rischioso nel breve periodo ma più remunerativo nel lungo rispetto all'acquisto di titoli di debito, ma fare previsioni sul futuro è molto difficile.

Come funziona il mercato di Borsa?

Il mercato borsistico è un mercato telematico in cui si incrociano le migliori proposte in vendita (quelle a prezzi minori) con le migliori proposte di acquisto (quelle a prezzi maggiori) di ogni strumento finanziario. È un mercato ad asta nel senso che se la domanda è maggiore dell'offerta allora quello strumento finanziario tenderà ad aumentare di prezzo mentre se prevalgono i venditori allora il prezzo tenderà a stabilizzarsi al ribasso.Sono previste delle aste in apertura ed in chiusura per determinare i prezzi di apertura e di chiusura della giornata ed effettuare i primi e gli ultimi scambi, mentre nella parte centrale della giornata si svolge la negoziazione continua durante la quale avviene l'incontro delle proposte di acquisto e di vendita ordinate per il loro prezzo.Si paga una commissione all'intermediario e chiunque può immettere proposte di acquisto e di vendita a seconda delle aspettative future sull'andamento di quel determinato titolo.

Perché dovrei affidare i miei risparmi ad una gestione collettiva?

La gestione collettiva offre il vantaggio di avere dei gestori professionali che ogni giorno studiano quali siano i migliori strumenti da comprare e vendere in modo da riuscire ad avere un rendimento maggiore dall'investimento “fai da te” e poter diversificare il rischio grazie all'acquisto di un numero elevato di titoli.Investire da soli sui titoli azionari comporta infatti una preparazione e l'assunzione di rischi elevati che non sempre vengono ripagati dall'andamento dell'acquisto effettuato.Acquistare un Etf ad esempio vuol dire acquistare un paniere di azioni contenute in un determinato indice di Borsa (Dow Jones, Nasdaq, S&P 500, Ftse Mib, etc...) che permette di ottenere un frazionamento del rischio con un investimento ridotto e costi contenuti.

Perché quando i tassi sul mercato salgono il valore dei titoli di debito in circolazione tende a scendere?

Quando acquisto un titolo a tasso fisso con una determinata durata il rischio è che in quel periodo si verifichi un aumento dei tassi sul mercato monetario legato alla ripresa economica ed alla politica monetaria restrittiva delle Banche Centrali.

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7FAQ 4 DOMANDE E RISPOSTE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

Rischio degli strumenti finanziaridi Federico Cartei8

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

Per tutte le categorie di obbligazioni (e per gli strumenti di investimento in generale) è bene inoltre fare

attenzione alle difficoltà che si incontrano in caso di necessità di vendita anticipata. Molti titoli sono infatti

poco liquidi, perché si tratta di emissioni di ammontare limitato, oppure perché sono scambiati su mercati

non regolamentati o addirittura non sono quotati affatto. Il rischio, se ci si trova in questa situazione, è che

il prezzo di vendita risulti estremamente penalizzante per l’investitore perché magari lo sceglie lo stesso

emittente (che fa il mercato) o addirittura che l’investimento non sia liquidabile del tutto.

Tasso, emittente e liquidità sono dunque i tre fattori fondamentali che il risparmiatore deve saper gestire e

monitorare. A maggior ragione in una fase, come quella attuale, in cui chi rischia non lo fa tanto per scelta,

ma perché non ha alternative valide.

Appunti

8

In fondo è la regola più antica dell’investimento, e spesso anche la più dimenticata: vuoi

migliorare il rendimento del tuo portafogli? E allora devi anche assumerti qualche rischio

in più. A volte, poi, bisogna anche sapersi accontentare, o quantomeno commisurare i

rendimenti alla fase di mercato che si vive. Adesso, per esempio, a parcheggiare il denaro

su titoli di Stato a breve termine come gli amatissimi BoT si rischia addirittura di vedere

ridotto il proprio gruzzolo. E anche puntando sui BTp a 3-5 anni non si riesce a spuntare

molto di più del 2% netto.

È anche vero però che i tassi a cui ci si indebita, e soprattutto l’inflazione, sono prossimi allo

zero. Un interesse netto del 4%, che fino a un anno fa (con costo del denaro e carovita ben

più elevato) poteva essere considerato avvicinabile senza eccessive difficoltà e pericoli

nel reddito fisso, oggi è quindi un «signor» rendimento (reale, e non più soltanto nominale

come nel 2008) e ottenerlo senza rischio è impossibile.

Certo, le opportunità a guardarsi attorno non mancano, come si può leggere anche negli

articoli della pagina a fianco. Per esempio si può allungare la scadenza dei titoli in portafoglio

e puntare su un BTp ventennale, che garantisce appunto (al netto dell’imposizione fiscale)

un rendimento del 4%. Si può anche scegliere un’obbligazione societaria (le cosiddette

corporate, l’asset class preferita dai gestori da un anno a questa parte), oppure dar retta

a quanto viene in genere offerto allo sportello bancario e acquistare un’emissione di un

istituto finanziario, magari subordinata.

In tutti questi casi il 4% netto lo si può raggiungere e anche superare, ma qualcosa bisogna

pur concedere sul piano della sicurezza. E in particolare, quando si parla di obbligazioni, i

rischi ai quali il risparmiatore può andare incontro possono essere raggruppati in tre grandi

categorie. Allungando la scadenza media dei titoli presenti in portafoglio (la cosiddetta

duration, come si dice in gergo tecnico) ci si espone al pericolo di un rialzo generalizzato

dei tassi di interesse, che oggi viaggiano ai minimi storici. I prezzi di un’obbligazione, che

si muovono in direzione opposta rispetto ai tassi, subirebbero infatti un calo e l’investitore

che ha la necessità di vendere il bond prima della naturale scadenza rischierebbe una

dolorosa perdita in conto capitale, mentre il classico «cassettista» conserverebbe in mano

un titolo mediamente meno redditizio rispetto a quelli di nuova emissione.

Cercando fortuna al di fuori dei governativi dell’area euro ci si può invece imbattere

nella classica mela marcia: l’emittente (sia esso una società o uno Stato sovrano) che

non è in grado di ripagare il debito ai sottoscrittori. Senza voler scomodare gli ormai

classici casi Argentina, Cirio, Parmalat o, tanto per giungere fino ai giorni nostri, Lehman

Brothers, il cosiddetto «rischio emittente» è in grado di pesare sull’investitore non soltanto

in caso di vero e proprio fallimento, ma anche nel momento in cui sul mercato si fanno

particolarmente insistenti i timori di insolvenza, siano essi legati al singolo emittente o

addirittura sistemici, come avveniva un anno fa proprio di questi tempi.

10 Ottobre 2009

RISPARMIO OBBLIGATO AL RISCHIO SE VUOLE RINCORRERE I RENDIMENTIdi Maximilian Cellino

L’articoloR

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

anni 90 - inizi anni 2000, la successiva discesa dei corsi acuita dalla tragedia delle Torri

Gemelle per giungere poi agli ultimi anni fortemente influenzati negativamente dalla crisi

economico-finanziaria dopo quattro anni di andamento positivo dal 2003 al 2007.

Il rapporto rischio-rendimento nelle scelte di portafoglio

Il concetto di rischio in finanza esprime essenzialmente la probabilità di ottenere un

rendimento diverso da quello atteso.

Il rischio è quindi da sempre associato al comportamento di chi investe e l’investitore lo

percepisce secondo quattro categorie principali: la possibilità di ottenere una perdita

ingente, la possibilità di ottenere un rendimento inferiore agli obiettivi iniziali, l’abilità nel

gestire le perdite ed il livello di consapevolezza finanziaria dell’investitore.

Dal punto di vista dello studio del comportamento dell’investitore si desume che l’abilità

nel gestire le perdite ed una adeguata conoscenza degli strumenti finanziari su cui investire

sono le variabili principali alla base di una corretta percezione del rischio.

Se l’investitore è quindi pienamente consapevole dell’investimento che va ad operare,

sarà migliore anche la sua valutazione del rischio anche nel momento in cui si trovi a

gestire degli investimenti in perdita.

La percezione del rischio da parte dell’investitore varia a seconda della familiarità con gli

strumenti trattati: si tende a vedere come meno rischiosi, spesso cadendo in errore, quei

titoli che conosciamo meglio e con i quali abbiamo già avuto a che fare nel passato.

L’elemento psicologico gioca inoltre un ruolo importante nel momento in cui si analizza

“l’effetto imitativo” del singolo investitore: quando gli strumenti finanziari salgono e tutti

guadagnano, i giornali riportano a gran voce l’andamento positivo di tali investimenti,

allora si tende ad abbassare la guardia e ad imitare gli altri sottovalutando il rischio insito

nello strumento acquistato. In caso di forte riduzione dei corsi azionari, invece, l’elemento

emotivo gioca a favore di una corsa alle vendite anche quando i prezzi, grazie a tali

riduzioni, risultano interessanti per prospettive di guadagno nel medio-lungo periodo.

Ma come si costruisce e gestisce razionalmente un portafoglio finanziario in presenza di

prezzi e rendimenti aleatori, tenuto conto dell’attitudine al rischio del soggetto investitore?

Il concetto base da tener ben presente è il trade-off rischio-rendimento: maggiore è il

rendimento atteso da una attività, maggiore sarà il rischio assunto dall’investitore, quindi

maggiori guadagni potenziali comportano anche maggiore pericolo di incorrere in perdite

anche pesanti per i risparmi investiti.

Non è infatti possibile avere un ritorno da un investimento se lo si vuole certo, come

vedremo in seguito.

Il profilo finanziario dell’investitore è definito da tre obiettivi personali: l’orizzonte temporale

dell’investimento, la propensione al rischio dell’investitore stesso e le aspettative di

8

8Rischio obbligatorio per rincorrere il rendimento

La ricerca di rendimenti sempre più interessanti per i propri investimenti

comporta necessariamente l’assunzione di un rischio crescente e questo

a maggior ragione in tempi di crisi economica durante la quale ottenere

buoni rendimenti è molto difficile e il pericolo di subire una perdita in

seguito ad una scelta sbagliata è molto concreto e presente in ogni tipo di

investimento.

L’articolo di Maximilian Cellino mette in evidenza come in questo periodo

di tassi di interesse molto bassi a causa del rallentamento economico,

cercare di ottenere un rendimento positivo per i propri investimenti obbliga

l’investitore ad essere coraggioso e a cercare soluzioni più complicate e

rischiose se vuole che i propri soldi non vengano erosi dal tasso di inflazione

e quindi subiscano una riduzione in termini reali.

L’aspetto vantaggioso di questi nostri giorni è che il tasso di inflazione

(tasso di aumento dei prezzi dei prodotti al consumo) è in questo momento

anch’esso basso e questo aiuta in parte a ridurre, in termini reali, il peso di

un investimento a rendimento ridotto.

Infatti se il proprio investimento ha un rendimento inferiore al tasso di

inflazione questo vuol dire che nel tempo con quel quantitativo di denaro

investito riuscirò ad acquistare e a consumare meno beni rispetto ad oggi,

incappando così in una perdita in termini reali.

Il tasso di rendimento nominale è invece il tasso di rendimento assoluto

del proprio investimento, ci dice cioè quanto rende il nostro investimento

senza alcun tipo di paragone con altri parametri: è bene che quando si va a

decidere su quale strumento investire si confronti il rendimento sia con quello

di altri investimenti di analogo rischio e durata per vedere se sto facendo

una buona scelta in relazione all’offerta di strumenti che ho a disposizione,

sia con il rendimento di investimenti a rischio minimo (come ad esempio i

Buoni ordinari del Tesoro) per capire se in termini di rendimento la scelta di

investire in strumenti più rischiosi mi premia e se sia valsa la pena.

Per quanto riguarda la rischiosità dell’investimento in azioni l’articolo di

Fabio Pavesi nella scheda precedente mette in evidenza come l’investimento

in Borsa negli ultimi anni non abbia rispettato nel medio-lungo periodo le

aspettative di rendimenti superiori alle altre tipologie di investimento.

Abbiamo vissuto infatti un decennio con alterne fortune che è iniziato con

la sopravvalutazione dei corsi azionari dovuta alla bolla tecnologica di fine

La schedaR

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società va male si rischia di perdere tutto l’importo investito.

Se invece si investe lo stesso importo in dieci diverse società

la redditività non ne dovrebbe risentire e se una di queste

dovesse andar male andrà persa solo una piccola parte

dell’investimento mentre la parte rimanente sarà salva e con i

guadagni di questa potrà essere presumibilmente recuperata

la perdita. Per questo ad investitori non professionali si

consiglia di acquistare quote di fondi comuni o gestioni

patrimoniali che investono su un numero elevato di strumenti

e quindi riescono a frazionare il rischio.

Anche la prudenza aiuta la buona riuscita del proprio

investimento: non mettere subito tutti i propri risparmi nello

strumento finanziario che si vuole comprare ma entrare a

piccole dosi, magari con un piano d’accumulo, aiuta ad

evitare gli eccessi al rialzo ed al ribasso del mercato e ad

avere un rendimento positivo nel tempo.

Il rischio per tipologia di investimento

L’investimento in titoli azionari comporta rischi elevati in

relazione al fatto che l’investitore diventa proprietario di

una fetta della società e quindi partecipa direttamente alle

fortune ed anche alle sfortune della stessa amplificando

così le oscillazioni e la rischiosità del proprio investimento:

se la società è sana, ben gestita e produce utili nel tempo

l’investitore potrà vedere il valore dei propri titoli azionari

crescere oltre che a percepire la propria parte di utili (cd.

“dividendo” o “cedola”) anno per anno.

Se invece la società dovesse essere mal gestita o se la sua

iniziativa imprenditoriale non dovesse essere premiata

dal mercato, l’investitore vedrà le proprie azioni diminuire

di valore, non potrà riscuotere i dividendi perché in tale

situazione la società non creerà utile e, nei casi peggiori in

cui la società non riesca più ad onorare i propri debiti e vada

in bancarotta, vedrà azzerare il valore delle proprie azioni

perdendo tutto il capitale investito.

Comprare azioni di una società vuol dire investire i propri soldi

assumendosi dei rischi elevati nell’ottica di poter ottenere un

rendimento maggiore rispetto ad altri strumenti, frutto di un

giusto premio per il rischio assunto.

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SITI E INFO PER APPROFONDIRE www.borsaitaliana.itwww.ilsole24ore.comwww.bancaditalia.itwww.tesoro.itwww.consob.itwww.corriere.it/economia

Dizionario di Finanza, autori M. Gabbrielli, S. De Bruno, ediz. Il Sole 24 Ore.

Il Mercato Mobiliare. Strategia e tecniche di negoziazione dei prodotti finanziari. Autore R. Caparvi, ediz. Franco Angeli.

LA CATENA DELLE PAROLE CHIAVE

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QR-CODE

Trade off rischio/rendimentoPropensione al rischioAspettative di rendimentoDurationRischio di tassoRischio emittenteLiquidità del titoloRendimento reale/nominaleDiversificazionePiani di accumulo

rendimento che l’investitore ha rispetto all’impiego del proprio denaro.

L’orizzonte temporale è il periodo di tempo per il quale intendiamo rinunciare

alle nostre disponibilità finanziarie per investirle, mentre la propensione al

rischio rappresenta la disponibilità a sopportare perdite patrimoniali dovute

all’andamento negativo del mercato: quanto più siamo propensi al rischio,

tanto più siamo disposti ad accettare che l’investimento non consegua i

risultati che ci attendevamo.

Se l’orizzonte temporale è di breve periodo è bene che l’investimento

sia a basso rischio e, quindi, tenda soprattutto a conservare il capitale:

il breve periodo temporale, infatti, non ci consentirebbe di recuperare

eventuali perdite. Al contrario, in un’ottica di lungo periodo è possibile,

ammesso che la nostra propensione al rischio lo consenta, accettare rischi

maggiori per conseguire maggiori guadagni: il lungo orizzonte temporale

rende infatti possibile compensare eventuali perdite dovute ad andamenti

temporaneamente negativi dei mercati.

Ogni investitore ha una sua personale avversione al rischio rispetto

all’impiego del proprio denaro: capire bene quale è la propria aiuta a capire

quale tipo di investimento è più adatto alle proprie caratteristiche.

Naturalmente gli strumenti più rischiosi, oltre che una maggiore propensione

al rischio, richiedono un più lungo arco di tempo per avere un ritorno

presumibilmente positivo: chi investe in azioni di una società, quindi in

titoli di capitale, il cui valore può subire forti oscillazioni, deve sapere che

potrebbero occorrere anche 10-15 anni perché il suo investimento venga

remunerato positivamente e con rendimenti all’altezza delle aspettative.

Un investimento più prudente in titoli di Stato invece comporterà per

l’investitore un rendimento minore ma più sicuro in un arco temporale più

breve: l’affidabilità dell’emittente, se riusciamo a selezionare gli Stati più

virtuosi, e dello strumento acquistato, che è un titolo di debito e quindi

ha dei ritorni stabiliti nel piano di rimborso prefissato, sarà tale che quel

rendimento sarà presumibilmente sicuro anche se non remunerativo come

il precedente.

Le aspettative di rendimento, infine, devono essere realistiche: non si

può pretendere un ritorno esagerato dal nostro investimento e bisogna

sempre considerare che i rendimenti di molti investimenti dipendono

dall’andamento del mercato finanziario, che può variare repentinamente,

interrompendo anche prolungati periodi positivi.

Un insegnamento da tener ben presente è che la diversificazione efficiente

non penalizza la redditività futura del portafoglio ma riduce il rischio di

perdita. Mettere i propri soldi in una sola società, comprando azioni o

obbligazioni, comporta un rischio emittente troppo elevato: se quella Ris

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

strumenti che spesso non hanno mercati ufficiali di quotazione e sono molto diffusi

nei bilanci delle società finanziarie. Sono strumenti che devono essere gestiti da

soggetti professionali per le evidenti rischiosità che comportano.

Per quanto riguarda l’investimento in strumenti obbligazionari e in titoli di Stato,

come sottolinea l’autore dell’articolo, si corrono essenzialmente tre tipologie di rischio

legate agli aspetti più importanti che caratterizzano lo strumento: tasso, emittente

e liquidità.

Per evitare il rischio di tasso occorre prestare attenzione a investire i propri risparmi in

strumenti finanziari che durante la loro vita offrano rendimenti che non si discostino

troppo da quelli medi di mercato, altrimenti si corre il rischio di veder ridotto il proprio

guadagno in caso di vendita anticipata: all’aumentare dei tassi sul mercato il prezzo

delle obbligazioni e dei titoli di Stato in circolazione tende a diminuire proprio perché

quei titoli non sono più adeguatamente redditizi e vendere prima della scadenza

potrebbe voler significare dover sopportare una perdita in conto capitale (prezzo di

acquisto maggiore del prezzo di vendita).

Se tenere quel titolo fino alla scadenza eviterebbe perdite in conto capitale in quanto

il prezzo finale sarà sempre pari al valore nominale e quindi non ci riserverà mai cattive

sorprese, nel frattempo avremmo però ottenuto un rendimento minore rispetto a

quello che saremmo riusciti a spuntare acquistando titoli di nuova emissione con

tassi di rendimento aggiornati a quelli di mercato, con una perdita quindi in termini

di differenziale di rendimento rispetto ad investimenti del tutto simili in termini di

rischiosità e durata.

In periodi di tassi di mercato tendenti al rialzo acquista un’importanza fondamentale

la durata media (cd. “duration”) dei titoli acquistati: se investo in titoli con scadenza

breve correrò minori rischi sia di perdita in conto capitale che in termini di rendimento

differenziale, ma con una scadenza lunga il rischio di perdite derivante da un rialzo dei

tassi di mercato è molto probabile in quanto fino alla scadenza non avrò la possibilità

di rinegoziare il mio rendimento e se vendo prima rischio di vendere a prezzi punitivi.

Quindi investire in titoli con durata ridotta, se comporta rendimenti minori

nell’immediato proprio per la ridotta rischiosità, ci consente di stare tranquilli in

relazione all’andamento dei tassi di mercato.

Con un investimento in titoli a reddito variabile riusciamo a ridurre al minimo il rischio

di tasso in quanto il rendimento di tali titoli si aggiorna all’andamento dei tassi di

mercato e anche quindi in caso di un loro incremento non rischiamo perdite in conto

capitale: in caso di previsione di tassi al rialzo si tende infatti a privilegiare tali strumenti

che hanno un rendimento crescente allineato al mercato mentre se le previsioni sono

di tassi al ribasso investire in strumenti a tasso fisso può comportare un guadagno

in conto capitale oltre all’incasso delle cedole e quindi diventano investimenti molto

interessanti.

8Per far questo è necessario conoscere bene la società in oggetto o farsi

consigliare da professionisti del settore per evitare rischi causati dalla

inesperienza.

Una buona regola da seguire per evitare titoli sopravvalutati è quella di

acquistare quelle azioni che hanno un rapporto “prezzo di Borsa/utile

annuo” (cd. “P/E”) basso in relazione agli altri titoli di quel settore (cd.

“competitors”): un valore basso del prezzo di Borsa in relazione agli utili

prodotti da quella società indica che la società, se riesce a confermare

quell’ammontare di utile annuo nel tempo, è ben quotata rispetto ai

fondamentali economici, è a sconto rispetto ai propri “competitors” ed ha

quindi buone possibilità di incrementare in futuro il proprio valore.

L’investimento azionario oltre che dall’andamento della società in cui si

investe è correlato fortemente all’andamento dei vari mercati borsistici e

delle più importanti economie mondiali.

L’andamento dei mercati americani e le scelte di politica economica delle

autorità Usa ed Ue influenzano profondamente tutti i mercati mondiali e

prevedere la loro direzione e le scelte operate dalle autorità nel medio-

lungo periodo aiuta molto a capire in che tipo di strumento finanziario

investire e con quale tempistica.

Investire in una società redditizia in un periodo di andamento negativo

del mercato comporta almeno nel breve periodo una probabile perdita e

solo quando gli investitori smetteranno di farsi guidare dalla loro emotività,

influenzati dall’andamento negativo dei mercati e dalla paura di subire

perdite, per tornare a guardare ai fondamentali delle società (ottica

quest’ultima che prevale nel medio-lungo periodo ma non nel breve dove

l’emotività e l’avversione al rischio hanno un peso rilevante) le nostre azioni

saranno valorizzate come meritano.

In questo periodo di grandi delusioni derivanti dall’investimento nei mercati

azionari l’avversione degli investitori al rischio è massima ed infatti molti di

loro si stanno riversando su investimenti poco rischiosi anche se molto

poco redditizi come i titoli di Stato e le obbligazioni bancarie tralasciando

il mercato azionario.

Per quanto riguarda la scelta di investire in azioni il rischio aumenta

ancora di più se si decide di comprare dei derivati, strumenti che

hanno come sottostante titoli o indici azionari ma che permettono di

ottenere un importante effetto leva, amplificano cioè guadagni e perdite

dell’investimento in quanto con una ridotta quantità di denaro è possibile

investire su grandi quantitativi di strumenti finanziari. Gran parte della

crisi finanziaria di questi anni è dovuta all’eccesso nella diffusione di tali Ris

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 8Traccia per l’attività in classe La presente scheda si propone di mettere in evidenza la rischiosità insita nell’investimento

in strumenti finanziari componendosi di quattro parti: l’articolo di quotidiano, un commento

all’articolo, un approccio più teorico all’argomento del rischio, un esame delle diverse

tipologie di rischio per tipologia di investimento.

Il percorso consigliato è quello di leggere l’articolo di quotidiano che pur essendo semplice

risulterà ai ragazzi un po’ tecnico, quindi analizzare subito dopo il commento all’articolo

proposto dall’autore per cercare di chiarire l’articolo stesso e di entrare più a fondo nel

tema della scheda.

Una volta affrontato l’argomento in termini generali con l’approccio proposto si passa ad

analizzare il rischio degli investimenti in strumenti finanziari dal punto di vista più teorico in

modo da creare una cornice tramite la quale analizzare successivamente l’ultima parte che

tratta del rischio insito nelle diverse tipologie di investimento con approccio più pratico e

concreto all’argomento proposto.

Strategie di investimento per calcolare il grado di avversità al rischio dello studente

Per finire la lezione sarebbe interessante capire l’avversità al rischio di ogni studente

con una semplice simulazione: data la disponibilità al 01/01/11 di € 100 per effettuare un

investimento, si mette a scelta lo studente se investire tali fondi in azioni, titoli di stato o

al 50% nei due strumenti.

Come condizione si metta che:

Investendo in titoli azionari con un anno di tempo a disposizione posso guadagnare il

20% ma anche perderlo, quindi posso trovarmi in una situazione al 31/12/2011 di avere a

disposizione € 80 nel caso peggiore, € 120 nel caso migliore o un valore intermedio se il

mercato avrà delle oscillazioni minori (per semplicità non considero scenari da default

della società quotata).

Investendo in titoli di stato a tasso variabile (a minor rischio) posso guadagnare al

31.12.2001 il 2% o il 3% a seconda dell’andamento dei tassi, senza possibilità di perdere (per

semplicità non si sta considerando il rischio default dello stato che nella realtà va tenuto

ben presente).

Alla fine del periodo mi ritroverò quindi con € 102 o € 103.

Investendo al 50% nei due strumenti ho la possibilità di guadagnare o di perdere, al 31.12.2011,

€ 10 dall’investimento azionario e di guadagnare € 1 oppure € 1,50 dall’investimento in titoli

di stato. Alla fine del periodo mi ritroverò con un guadagno massimo di € 11,50 e con una

perdita massima di € 9.

Per quanto riguarda il rischio emittente (il soggetto che emette i titoli

e prende i nostri risparmi a prestito) abbiamo assistito in questi ultimi

mesi a sorprese molto importanti in quanto anche gli Stati sovrani sono

stati messi in discussione perché per alcuni di essi il pericolo di non

poter onorare i propri debiti, come nel caso della Grecia, è stato

molto concreto.

Comprare un titolo di Stato o una obbligazione societaria (o “Corporate”

in gergo tecnico) vuol dire prestare i propri soldi a un soggetto che poi

dovrà restituirli maggiorati di interessi: se quello Stato o quella società

sono finanziariamente sani e solvibili non ci saranno problemi a vedersi

restituire a scadenza i propri risparmi oltre al rendimento pattuito, se

invece prima della scadenza di quel titolo subentrano problemi finanziari

allora il rischio di poter perdere il capitale prestato diventa più concreto.

In questo tipo di investimento occorre non farsi allettare da alti

rendimenti pagati da emittenti a rischio: se un titolo ha un rendimento

più alto in relazione a una determinata scadenza vuol dire che l’emittente

è considerato più rischioso degli altri in termini di solvibilità e quindi

chi compra tale strumento deve essere consapevole che a rendimenti

più alti corrispondono rischi maggiori soprattutto se la scadenza

dello strumento è medio-lunga e nel frattempo possono peggiorare

le condizioni economico-finanziarie della società emittente. Per tale

motivo il rendimento dei titoli di Stato greci oggi si attesta intono

all’11,50%, quello dei titoli tedeschi di pari scadenza al 2,50%, con una

grande differenza dovuta proprio alla diversa percezione di rischio nei

confronti di questi due Stati da parte degli investitori.

L’ultimo dei rischi evidenziati nell’articolo, comune a tutte le tipologie

di investimento, è la liquidità dello strumento sul mercato in cui esso è

quotato: se il totale delle emissioni obbligazionarie è esiguo, o il mercato è

poco utilizzato dagli investitori istituzionali, oppure non regolamentato,

si rischia di incappare in problemi al momento della vendita in quanto la

ridotta presenza di controparti disposte ad acquistare il mio strumento

fa sì che debba esser disposto ad una sensibile riduzione di prezzo se

voglio realmente vendere, rischiando così di dover sacrificare parte del

guadagno per tale motivo.

In alcuni casi le obbligazioni bancarie sono oggetto di contrattazione

solo all’interno dell’Istituto che le ha emesse e non sono quotate in un

mercato ufficiale cosicché la trasparenza del meccanismo di formazione

dei prezzi ne risente comportando un rischio nel momento in cui

dovessi presentarmi allo sportello prima della scadenza per liquidare il

mio investimento.

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

FAQ 4 DOMANDE E RISPOSTE

Quand’è che un investimento ha un rendimento in termini reali positivo?

Per avere un rendimento del proprio investimento che riesca a incrementare nel tempo il potere d’acquisto del denaro investito, occorre che il tasso di rendimento (nominale) al netto dell’imposizione fiscale sia superiore al tasso di incremento dei prezzi al consumo (tasso d’inflazione) che per questo tipo di investimenti è il parametro base di riferimento (cd. “benchmark”). Non basta cioè trarre dagli investimenti un rendimento nominale positivo perché se il tasso di inflazione è più alto, nel tempo non riesco a mantenere il potere d’acquisto dei miei risparmi, cosicché vado incontro ad una perdita reale del mio capitale investito.

Esistono rendimenti certi da un investimento?

In economia non esistono “pasti gratis” nel senso che se vogliamo ottenere da un investimento un rendimento anche se minimo dobbiamo essere disposti a sopportare una certa dose di rischio sia esso di emittente, di tasso, di andamento dei mercati o, nei casi di strumenti più rischiosi, un certo mix di tutti questi rischi.Maggiore sarà il rendimento maggiore sarà il rischio da sopportare, inutile farsi allettare da facili promesse: laddove ci sono proposte di rendimenti eccezionali occorre prestare molta attenzione perché lì si nasconde sicuramente qualche insidia.

L’investimento in azioni è consigliato ai più giovani perché nel lungo periodo offre rendimenti maggiori rispetto ad altre forme di investimento?

L’acquisto di azioni comporta alti rischi e se nel passato ha rappresentato la forma di investimento più redditizia nel medio-lungo periodo non abbiamo certezze che questo possa ripetersi in futuro. È vero che i giovani hanno a disposizione archi temporali più lunghi per investire ma ci sono degli imprevisti durante la vita che possono obbligare a disinvestire i propri risparmi cosicché impiegare tutto il proprio denaro in azioni è molto rischioso, meglio frazionare il proprio denaro in diverse quote e investire ogni quota in uno strumento diverso per rischio e rendimento in modo da ottenere rendimenti medi interessanti senza correre rischi eccessivi.

Investire in titoli di Stato rende poco ma è sicuro?

L’investimento in titoli di Stato è tra quelli meno rischiosi soprattutto a livello di emittente ma bisogna intanto differenziare attentamente l’affidabilità tra Stato e Stato (vedi il caso Grecia) e poi occorre comunque prestare attenzione a quale strumento compriamo e con quale durata: acquistare un Btp, strumento a reddito fisso, con durata trentennale ha un potenziale rischio (di rialzo dei tassi che può comportare perdite in caso di vendita anticipata o in termini di differenziale di rendimento) che si può avvicinare all’investimento azionario, mentre comprare un Bot a scadenza tre\sei mesi comporterà un rendimento inferiore ma rischi vicini a zero. Anche in questo caso a rendimenti maggiori corrispondono sempre maggiori rischi (di emittente, di durata, di tasso, etc...): il tasso di rendimento è un indicatore importante, anche se non deve essere il solo, del rischio che ci stiamo assumendo ad investire in un determinato strumento.

8Tabella riepilogativa dei guadagni e delle perdite derivanti dalle diverse scelte di investimento e relativo grado di avversione al rischio:

A seconda dell’investimento preferito dallo studente si può conoscere

il suo grado di avversione al rischio.

Per complicare le cose sappiamo che esiste sempre l’inflazione che

riduce i rendimenti reali rispetto a quelli nominali che abbiamo visto

in precedenza: lo stesso esperimento tenendo conto di un tasso

di inflazione al 2% fa si che i rendimenti reali siano ridotti di 2 punti

percentuali.

Tabella riepilogativa con rendimenti reali dell’investimento scelto:

In tale situazione chi aveva scelto i titoli di stato conferma la sua scelta

anche con tali rendimenti reali o è disposto a rischiare un po’ di più per

cercare di aumentare il potere d’acquisto dei propri risparmi rischiando

però anche una perdita sostanziosa in caso di andamento negativo del

marcato mobiliare?

Attenzione: l’esperimento è da riprovare con soldi veri, è molto più

veritiero!Ris

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8 Andamento mercati

Scelta

Max guadagno Max risultato negativo Avversione al rischio investitore

Titoli azionari 100% 120 80 Minima avversione al rischio

Titoli di stato 100% 101 100 Massima avversione al rischio

50% azioni e titoli di stato

109,50 89 Media avversione al rischio

Andamento mercati

Scelta

Max guadagno Max risultato negativo Avversione al rischio investitore

Titoli azionari 100% 118 78 Minima avversione al rischio

Titoli di stato 100% 101 100 Massima avversione al rischio

50% azioni e titoli di stato

109,50 89 Media avversione al rischio

Page 65: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

Mercato degli strumenti finanziaridi Alberto Banfi9

Page 66: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

di Spoleto con quel misero 3 per cento. E così il listino di Milano si trova popolato da fantasmi. Titoli che

esistono solo sulla carta. Spesso non presi in considerazione dagli investitori perché piccoli e spesso illiquidi.

Tutti i rischi dell’illiquidità

Quello della liquidità, della possibilità cioè di entrare e uscire facilmente da un investimento, è il vero grande

problema di un mercato efficiente. I grandi investitori professionali (fondi comuni, fondi pensioni, assicurazioni)

hanno regole stringenti. Un titolo si compra se ha flottante adeguato e ha scambi decenti. Troppo pericoloso

entrare su un titolo dormiente. Pochi acquisti o poche vendite rischiano di far impennare o cadere il prezzo

all’inverosimile e c’è sempre il rischio di non trovare un compratore al momento opportuno. Una prova? Le

Olidata sono schizzate in settimana di oltre il 60%. Rumor, notizie, eventi eclatanti. Forse. Sta di fatto che il

titolo capitalizza solo 20 milioni di euro. Strappi così pronunciati avvengono più facilmente sui titoli sottili.

Che è l’altra caratteristica del mercato italiano. Oltre ai titoli fantasma ci sono i micro-titoli e a volte le due

categorie finiscono per sovrapporsi. A Piazza Affari sono oltre 40 le società le cui azioni capitalizzano meno

di 30 milioni di euro. Se si pensa poi che l’azionista di controllo spesso possiede ben oltre il 50% dei titoli

si finisce per avere titoli sul mercato che hanno azioni scambiabili per solo il 10-20% dell’intero ammontare.

Quei 30 milioni di capitalizzazione virtuale diventano per il mercato poco meno di 10 milioni effettivamente

trattabili. E così Piazza Affari appare un listino sempre più polarizzato. Poche blue chip fanno da sole il

mercato. Basti pensare che i primi cinque titoli del listino milanese assommano quasi la metà dell’intero

valore del mercato. La sola Eni con i suoi 62 miliardi di capitalizzazione vale oltre il 14% della capitalizzazione

di Piazza Affari. UniCredit ed Enel insieme totalizzano il 17% del mercato. Se si aggiungono Intesa Sanpaolo

e Generali ecco che il pieno è fatto. I due colossi energetici e le banche sono l’anima del listino milanese. Se

si muovono loro, si muove l’intero mercato. All’estremo opposto la palude dei titoli addormentati.

Appunti

9

Società «congelate». Il listino italiano è pieno di titoli che non realizzano scambi adeguati

per un mercato efficiente

Ecco i fantasmi di Piazza Affari

Da Boero a Ciccolella alla Popolare di Spoleto: le 50 azioni in profondo sonno

- ILLIQUIDI E SOTTILI

Per i gestori queste imprese di fatto non esistono. Troppi i rischi di non poter entrare e

uscire a piacere dall’investimento.

- POCHI GRANDI

Situazione polarizzata: da un lato realtà piccole e frammentate, dall’altro i primi cinque big

che fanno metà del valore.

Il suo nome campeggia tutti i giorni sul listino di Borsa, come del resto per ogni altro titolo

quotato a Piazza Affari. Ma per Boero Bartolomeo si tratta solo di un nome. Dietro c’è il

nulla, dato che l’interesse degli investitori è ridotto a zero.

Nei primi sette mesi del 2010 il titolo Boero ha visto scambiare solo lo 0,07% della sua

capitalizzazione di mercato.

Detta meglio, Boero vede scambiare il suo titolo per un controvalore medio giornaliero

di 231 euro, niente di più del costo di un paio di giorni di vacanza per una famiglia media.

Un pò poco per un titolo quotato in Borsa. Il problema è che di Boero sul listino milanese

ce ne sono molti. Troppi. Basti pensare all’Aeroporto di Firenze. Bella società: gestisce lo

scalo cittadino in regime di monopolio. Eppure la sua appetibilità è irrisoria. Dall’inizio

dell’anno ha visto passare di mano solo l’1% del suo valore. L’elenco delle società che sono

in profondo letargo a Piazza Affari è lungo e fitto. Ben 50 titoli sui circa 300 dell’intero

listino vedono passare di mano le proprie azioni per meno del 10% del loro valore di

mercato. E un’altra trentina di società arriva a malapena a un rapporto di turnover del 20%.

L’anomalia Caltagirone

Ci sono poi i casi eclatanti di un intero gruppo, quello della famiglia Caltagirone con i titoli

a sonnecchiare: Vianini Industria vede contrattazioni sui suoi pezzi per solo il 3,4% del

suo valore di mercato. La Caltagirone editore ha scambiato da inizio anno poco più del

7% della sua capitalizzazione; Vianini Lavori il 9,3%; la capogruppo solo il 3,5%. Un vero e

proprio inno all’inutilità della Borsa come mercato dove si incontrano domanda e offerta.

E che dire della Ciccolella con scambi pari a meno del 7% suo capitale; o la Iw bank ferma

al 4,8 per cento? E con quest’ultima altre piccole banche: da Finnat che evidentemente

suscita interesse solo alla ristretta cerchia della famiglia Nattino con quel risibile 7,2% di

controvalori comprati e venduti. Alla Banca Intermobiliare inchiodata al 9% o alla Popolare

29 Agosto 2010

RISPARMIO & FAMIGLIAdi Fabio Pavesi

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 9A tale proposito l’autore dell’articolo specifica che 5 società quotate nel MTA (Eni, Enel,

Unicredit, Intesasanpaolo e Generali) da sole dispongono di una capitalizzazione di Borsa

che rappresenta circa il 40% della capitalizzazione di tutte le circa 300 società quotate.

Questo dato dimostra che le prime 5 società per capitalizzazione presentano azioni che

potenzialmente sono molto più liquide del resto delle azioni che compongono il listino di

Borsa (delle quali ben 40 hanno capitalizzazione inferiore a 30 milioni di euro, contro i 62

miliardi di euro della capitalizzazione del solo titolo Eni).

L’altro elemento oggettivo di illiquidità di molte azioni è dato dal controvalore del flottante,

dove per flottante si intende quella percentuale delle azioni di una società che possono

essere potenzialmente oggetto di scambio nel mercato: in altre parole, se la capitalizzazione

di Borsa rappresenta il controvalore del 100% delle azioni che costituiscono il capitale di

una società, il flottante rappresenta il controvalore delle azioni di quella società oggetto

di possibile negoziazione sul mercato in quanto non sono stabilmente detenute da coloro

che hanno il controllo o dispongono di una quota rilevante del capitale della società:

nell’esperienza italiana, il flottante è contenuto e solitamente pari – in media – a circa il

20-30% del capitale di una società.

È evidente che se accanto ad una capitalizzazione di Borsa molto bassa (come nel caso

della cinquantina di società richiamate nell’articolo) si accompagna anche un controvalore

del flottante altrettanto modesto, tali azioni non possono che essere identificate come

azioni “sottili” per le quali il livello di negoziabilità è talmente modesto da definirle

assolutamente illiquide.

Al riguardo, l’autore dell’articolo – attraverso alcuni esempi – rileva come sia altamente

pericoloso investire in un titolo sottile in quanto acquisti e vendite di tali azioni anche per

modesti controvalori potrebbero determinare forti oscillazioni (al rialzo o al ribasso) delle

loro quotazioni.

Di conseguenza i titoli illiquidi non attraggono alcun interesse da parte dei potenziali

investitori e tanto meno da parte degli investitori istituzionali (fondi comuni di investimento,

fondi pensione, compagnie di assicurazione, ecc.) i quali sono interessati ad investire

somme considerevoli e pertanto non possono che rivolgersi esclusivamente a quelle

azioni con adeguati (ossia elevati) livelli di liquidità e pertanto facilmente negoziabili sul

mercato in qualunque momento.

Nell’articolo si parla allora di azioni “fantasma” perché pur essendo quotate nel MTA sono

di fatto ignorate dagli investitori e dunque non sono rappresentative del mercato italiano

di Borsa e, ovviamente, finiscono con il danneggiarne il livello di efficienza in quanto

il numero di azioni effettivamente scambiabili e a condizioni di prezzo coerenti sono

relativamente poche. Ciò quindi non fa altro che confermare la “storica” marginalità della

Borsa italiana rispetto alle borse dei principali Paesi industrializzati, e non solo.

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9Nell’articolo viene presentato un aspetto specifico del funzionamento del

mercato secondario degli strumenti finanziari prendendo come riferimento

il problema della liquidità delle azioni negoziate in Borsa. La liquidità è infatti

uno dei principali requisiti che un mercato deve assicurare agli strumenti

finanziari che in esso vengono negoziati dal momento che quanto più

uno strumento finanziario è liquido tanto più agevole è lo scambio dello

stesso tra i suoi potenziali acquirenti e venditori; non solo, alla liquidità si

accompagna anche una più agevole ed efficiente formazione del prezzo

dello strumento finanziario negoziato.

È indispensabile, quindi, che affinché un mercato secondario sia il più

possibile efficiente siano riscontrabili livelli elevati della “liquidità” degli

strumenti finanziari in esso scambiati, dal momento che essa rappresenta

l’essenza stessa del mercato secondario.

La liquidità di uno strumento finanziario dipende da situazioni oggettive

che caratterizzano ciascun strumento finanziario come pure da situazioni

ad esso esterne.

Nell’articolo si fa presente che per un’azione essere quotata in Borsa

non significa essere automaticamente dotata di liquidità (e quindi essere

maggiormente appetibile per i risparmiatori). Infatti, l’articolo riporta come

su circa 300 azioni ammesse alle negoziazioni presso il MTA di Borsa

Italiana ve ne siano almeno una cinquantina che risultano “illiquide” non

dando origine di fatto a scambi (se non talvolta in modo intermittente e per

controvalori irrisori) nel corso delle sedute di Borsa.

Tale illiquidità si manifesta quando risultano inadeguati due importanti

requisiti che contraddistinguono le azioni quotate: la “capitalizzazione di

Borsa” e il “flottante”. La capitalizzazione di Borsa è da intendersi come un

indicatore della dimensione di una società quotata essendo pari al prodotto

tra il numero delle azioni che costituiscono il capitale sociale della società

e la sua quotazione: è evidente che quanto più una società è di dimensioni

rilevanti (ossia dispone di un elevato capitale sociale) e quanto più elevate

sono le sue quotazioni, tanto maggiore è la sua capitalizzazione di Borsa

e di conseguenza la sua capacità di attrarre scambi (anche per importi

elevati) da parte dei risparmiatori, senza che tali scambi incidano in modo

anomalo sulla fluidità delle contrattazioni e sul livello delle quotazioni. Se,

invece, la capitalizzazione di una società è bassa sono particolarmente alte

le probabilità che le sue azioni siano illiquide perché non è possibile una loro

agevole negoziazione sul mercato, a meno di rilevanti e anomale variazioni

delle quotazioni.

La schedadi Alberto Banfi

Page 68: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 9Di conseguenza si è soliti distinguere i mercati in relazione alla tipologia degli strumenti

finanziari/valori mobiliari in essi scambiati. In tali mercati operano degli intermediari il

cui compito principale consiste nell’agevolare l’emissione e la successiva negoziazione di

strumenti finanziari. Ciò presuppone il loro intervento sia nel comparto del mercato in cui

hanno luogo le emissioni di strumenti finanziari (il mercato primario) sia in quello destinato

alla loro successiva negoziazione (il mercato secondario). Pertanto, il mercato primario

individua quel complesso di operazioni attraverso le quali il pubblico dei risparmiatori

sottoscrive strumenti finanziari di nuova emissione contro il versamento, a favore

dell’emittente, di mezzi finanziari; il mercato secondario, invece, individua il complesso di

negoziazioni su strumenti finanziari già in circolazione e collocati presso il pubblico dei

risparmiatori.

Da tale distinzione si rileva che il mercato primario svolge prevalentemente la funzione

di finanziamento (a titolo di debito o a titolo di capitale) degli emittenti di strumenti

finanziari, mentre il mercato secondario svolge prevalentemente la funzione di facilitare gli

investimenti e i disinvestimenti di strumenti finanziari da parte dei risparmiatori, favorendone

la liquidabilità. In altri termini, le operazioni effettuate nel mercato primario alimentano il

mercato degli strumenti finanziari in quanto determinano l’immissione di “nuovi” strumenti

finanziari, mentre le operazioni effettuate nel mercato secondario, avendo per oggetto

“vecchi” strumenti finanziari – cioè già precedentemente immessi nel mercato attraverso

operazioni di mercato primario – ne incrementano il grado di liquidabilità.

L’emissione di strumenti finanziari (ossia l’attivazione di operazioni di mercato primario)

può avvenire secondo differenti modalità in relazione alla struttura stessa del procedimento

di emissione seguito dall’emittente, nonché sulla base delle caratteristiche economico-

tecniche degli strumenti finanziari da emettere. È qui solo il caso di ricordare che tra le

principali tecniche di emissione le più note e utilizzate sono rappresentate dalle aste per

l’emissione dei titoli di Stato, dal collocamento di titoli di debito mediante l’intervento

di consorzi di intermediari finanziari appositamente costituiti, nonché dalle operazioni di

aumento del capitale sociale per l’emissione di azioni.

Il mercato secondario degli strumenti finanziari può assumere differenti configurazioni in

relazione alla tipologia di contratti e strumenti negoziati e alle modalità di svolgimento

delle negoziazioni: infatti, si può preliminarmente distinguere tra mercati regolamentati

(si pensi in primis alla Borsa) e mercati non regolamentati (dove, per i primi, esistono

modalità di negoziazione standardizzate e strutture organizzative assoggettate a

specifiche discipline), e mercati dotati di differenti livelli di supporto tecnologico

all’effettuazione delle negoziazioni. L’evoluzione delle strutture operative dei mercati

secondari è importante per capirne l’attuale assetto e ipotizzare gli sviluppi futuri.

Infatti, inizialmente (e probabilmente non poteva che essere così dato il livello alquanto

limitato delle infrastrutture tecnologiche) i mercati prevedevano la concentrazione degli

operatori in un luogo fisico nel quale avevano luogo le negoziazioni. È così che sono nate

le Borse Valori le quali, però, a seconda dell’esperienza maturata nei rispettivi Paesi di

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9Cos’è il mercato degli strumenti finanziari e cosa fanno gli intermediari che vi operano

Il mercato degli strumenti finanziari e la Borsa

Il sistema finanziario può essere definito come l’insieme degli organismi,

degli strumenti e delle tecniche che favoriscono il trasferimento di mezzi

finanziari dagli operatori (o settori) che presentano un avanzo finanziario –

ossia spendono in atti di consumo e di investimento in beni reali meno del

loro reddito – agli operatori (o settori) che evidenziano, invece, un disavanzo

finanziario – ossia spendono in atti di consumo e di investimento in beni reali

più del loro reddito. È compito del sistema finanziario agevolare la raccolta

delle risorse finanziarie eccedenti dagli operatori (o settori) in surplus e la

loro redistribuzione agli operatori (o settori) in deficit.

Poiché il trasferimento di mezzi finanziari da un settore all’altro, o per

meglio dire da un soggetto in avanzo finanziario ad un altro soggetto

in disavanzo finanziario, può avvenire direttamente ovvero attraverso

l’intervento di un intermediario finanziario (spesso di natura creditizia), si

è soliti parlare di intermediazione diretta quando offerenti e richiedenti

fondi si incontrano direttamente (ad esempio sottoscrivendo l’emissione di

obbligazioni); quando, invece, è necessario l’intervento di un terzo operatore

– l’intermediario appunto – che si frappone fra l’offerente e il richiedente

fondi, si è soliti parlare di intermediazione indiretta.

Presupposto affinché si realizzi un processo di intermediazione diretta è

la perfetta coincidenza di interessi tra offerente e richiedente fondi con

riferimento alla natura del finanziamento, alla sua durata, alla remunerazione

pattuita, al rimborso del capitale, e così via. Dal momento che l’incontro

diretto tra offerente e richiedente fondi non è sempre agevole in quanto le

esigenze dell’uno sono spesso divergenti da quelle dell’altro, rapporti del

genere si instaurano quasi esclusivamente con riferimento alle emissioni di

strumenti finanziari (si pensi alle obbligazioni emesse dalle imprese oppure ai

titoli di Stato emessi dal Tesoro), i quali vengono a rappresentare il rapporto

tra le parti (ossia tra l’emittente, che in tal modo raccoglie risorse finanziarie,

e i sottoscrittori degli strumenti finanziari, che in tal modo investono i loro

risparmi). Tali strumenti hanno l’attitudine di circolare facilmente tra gli

operatori essendo dotati di un elevato grado di mobilità e trasferibilità tanto

da essere denominati anche valori mobiliari. Essi possono rappresentare un

rapporto di debito/credito tra offerente e richiedente mezzi finanziari (ad

esempio le obbligazioni o i titoli di Stato), come pure essere rappresentativi

di un rapporto di partecipazione diretta dell’offerente fondi nella gestione

dell’attività svolta dal richiedente fondi (si pensi ai titoli azionari).

Page 69: Quaderno di lavoro 2010

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 9in cui tutti gli operatori interessati allo scambio di strumenti

finanziari agiscono nel rispetto delle regole definite dagli

organizzatori del mercato in modo certo e non modificabile

discrezionalmente, tali da portare alla conclusione di un

contratto. Attualmente in Italia sono autorizzati ad operare

circa una decina di sistemi multilaterali di negoziazione.

Infine, per “internalizzatore sistematico” si intende un

intermediario (solitamente una banca) autorizzato al quale

viene riconosciuta la possibilità di “internalizzare” gli ordini

di compravendita della clientela: ciò significa che esso li

può eseguire in contropartita diretta della propria clientela

senza indirizzarli verso gli altri mercati in cui tali strumenti

finanziari sono negoziati (ed in special modo verso i mercati

regolamentati).

Per concludere si può affermare che i mercati degli strumenti

finanziari hanno due importanti funzioni: da un lato, favorire

la raccolta di risorse finanziarie direttamente tra emittenti

e risparmiatori attraverso appunto l’emissione di strumenti

finanziari (obbligazioni, titoli di Stato, azioni, ecc.), e,

dall’altro, favorire la negoziazione di tali strumenti presso i

risparmiatori per consentire loro di smobilizzare i propri

investimenti o effettuarne di nuovi. Tutto ciò può avvenire

perché nel mercato sono presenti gli intermediari finanziari

(e in particolare le banche) che offrono il loro supporto sia

nella fase di emissione degli strumenti finanziari (agevolando

il collegamento tra emittenti e risparmiatori, nonché

sottoscrivendo essi stessi gli strumenti che vengono emessi)

e sia nella fase di negoziazione nel mercato secondario

(raccogliendo gli ordini di acquisto e di vendita della propria

clientela canalizzandoli nei vari sistemi di negoziazione

per consentire la conclusione dei contratti, come pure

organizzando e gestendo talvolta dei veri e propri sistemi di

negoziazione alternativi al mercato di Borsa).

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SITI E INFO PER APPROFONDIRE www.borsaitaliana.itwww.ilsole24ore.comwww.bancaditalia.itwww.assogestioni.itwww.consob.itwww.corriere.it/economia

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Mercato primario e raccolta di risorse finanziarieMercato secondario e liquiditàNegoziazione sul mercatoAmmissione alla quotazioneRequisiti per le società e per le azioniCapitalizzazione di BorsaFlottanteBorsa valori e mercati alternativiTelematica e sistemi di negoziazione

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9origine, hanno assunto la veste di borse private (ossia nate per iniziativa

di intermediari specializzati che hanno deciso di dedicarsi a tale forma

di negoziazione di strumenti finanziari) come nel caso del Regno Unito e

degli Stati Uniti, ovvero la veste di istituzioni pubbliche come nel caso delle

borse dell’Europa continentale, tra cui anche le borse che si costituirono in

Italia. Successivamente, grazie allo sviluppo della tecnologia, è diventato

sempre meno indispensabile l’incontro fisico degli operatori ammessi alle

negoziazioni in Borsa in quanto il mercato è diventato via via un luogo

virtuale al quale gli operatori accedono telematicamente: da qui la nascita

e lo sviluppo delle borse telematiche costituite da una rete di workstations

in cui gli operatori inseriscono gli ordini di acquisto e di vendita di strumenti

finanziari provenienti dalla clientela.

Un ulteriore sviluppo ha portato all’attivazione di circuiti telematici di

negoziazione in concorrenza tra di loro e alternativi ai tradizionali mercati di

Borsa; tali circuiti sono stati costituiti con l’obiettivo di fornire un sistema più

efficiente di formazione dei prezzi e di generazione degli scambi di strumenti

finanziari. In estrema sintesi, l’evoluzione delle tecniche di negoziazione ha

determinato la realizzazione di un mercato secondario rappresentato dalla

coesistenza sia di mercati “regolamentati” e sia di altri mercati ad essi a

latere. Si è giunti pertanto alla definizione del mercato secondario come

un insieme di mercati costituiti da mercati regolamentati (ciò che una volta

erano le “tradizionale” Borse Valori) e da mercati ad essi alternativi. Stanti

le attuali disposizioni di legge comunitarie, è possibile individuare e definire

il mercato regolamentato e due categorie di mercati alternativi: i sistemi

multilaterali di negoziazione e gli internalizzatori sistematici.

Per “mercato regolamentato” è dunque da intendersi un mercato

autorizzato (dall’autorità di vigilanza) caratterizzato da regole e modalità

di negoziazione definite in modo chiaro e preciso, che deve dar luogo a

contratti giuridicamente vincolanti, che deve avere per oggetto lo scambio

di strumenti finanziari ammessi alle negoziazioni (il listino) secondo modalità

appositamente definite e che deve funzionare regolarmente.

Ad esempio, in Italia il Mercato Telematico Azionario (MTA) gestito da

Borsa Italiana è il mercato regolamentato più importante per lo scambio

di titoli azionari. Al proprio interno, poi, il MTA prevede una sua ulteriore

segmentazione in funzione delle caratteristiche delle azioni che sono

negoziate: in primis, tale segmentazione tiene conto della dimensione delle

società ammesse alle negoziazioni (misurata attraverso la capitalizzazione

di Borsa) e del grado di liquidità delle azioni misurato dal volume degli

scambi potenzialmente generabili nel mercato.

Per “sistema multilaterale di negoziazione” si intende un mercato alternativo

Page 70: Quaderno di lavoro 2010

136

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 9Per fare questo sono necessarie le fonti pubbliche della Banca d’Italia (facilmente reperibili)

dalle quali procedere con l’individuazione dell’entità delle emissioni di titoli di Stato (magari

suddividendole per tipologia di strumento: bot, btp, etc), di titoli di debito emessi da

imprese (le obbligazioni tradizionali o con particolari caratteristiche) e di titoli azionari (di

società quotate e non). Questo lavoro darebbe la dimensione del mercato primario nel

nostro Paese, mentre le tracce precedenti darebbero un insieme del mercato secondario.

FAQ 4 DOMANDE E RISPOSTE

Quali sono le principali tecniche di emissione di strumenti finanziari e perché è importante il ruolo che può essere assunto dagli intermediari finanziari?

L’emissione di strumenti finanziari (ossia l'attivazione di operazioni di mercato primario) può avvenire secondo differenti modalità in relazione alla struttura stessa del procedimento di emissione seguito dall'emittente, nonché sulla base delle caratteristiche economico-tecniche degli strumenti finanziari da emettere. Le tecniche di emissione più note e utilizzate sono rappresentate dalle aste per l’emissione dei titoli di Stato, dal collocamento di titoli di debito mediante l’intervento di consorzi di intermediari finanziari appositamente costituiti, nonché le operazioni di aumento del capitale sociale per l’emissione di azioni. In tutte queste tecniche gli intermediari finanziari svolgono diversi ruoli (tutti finalizzati all’emissione e alla sottoscrizione dei titoli) quali partecipare alle aste dei titoli di Stato per conto della propria clientela, costituire consorzi per agevolare il collocamento dei titoli in emissione presso i risparmiatori ed, eventualmente, sottoscriverli direttamente.

Che caratteristiche deve avere un mercato per essere definito “regolamentato”?

Un mercato per essere definito regolamentato deve essere iscritto in un apposito elenco tenuto dalla Consob (ossia l’organo di vigilanza sul funzionamento dei mercati), deve funzionare in modo regolare, deve essere disciplinato da norme specifiche con riferimento alle condizioni di funzionamento e di accesso al mercato, deve richiedere agli intermediari il rispetto di obblighi di trasparenza e di informativa su prezzi fatti e sui volumi degli scambi, e deve essere gestito da una società di gestione in forma di SpA.

Tutte le azioni possono essere ammesse alla quotazione in un mercato regolamentato?

In un mercato regolamentato sono ammesse alla quotazione le azioni di quelle società che rispettano determinati requisiti. Ad esempio, nel caso del MTA di Borsa Italiana, sono previsti i seguenti due requisiti riferiti alla società (chiusura di almeno tre esercizi con i relativi bilanci, di cui l’ultimo certificato, e capacità della società di svolgere un’attività in grado di generare ricavi in autonomia gestionale, ossia senza dipendere dai risultati di un’altra società), e i seguenti due requisiti riferiti alle azioni della stessa società (capitalizzazione di Borsa prevedibile di almeno 40 milioni di euro e flottante pari al 25% del capitale della società).

Perché è importante che gli strumenti finanziari (obbligazioni, titoli di Stato, azioni, ecc.) siano dotati di liquidità?

Perché la liquidità è l’attitudine dello strumento a circolare nel mercato e tanto più un titolo è liquido e tanto più facilmente è possibile scambiarlo tra acquirenti e venditori, anche a corrette condizioni di prezzo. Quali sono i principali investitori istituzionali e quali tipologie di investimento preferiscono?Nell’esperienza italiana i principali investitori istituzionali sono rappresentati dai fondi comuni di investimento, dai fondi pensione e dalle compagnie di assicurazione. Anche le banche possono assumere il ruolo di investitore istituzionale nel momento in cui investono in strumenti finanziari destinati all’inserimento nel loro portafoglio di proprietà. In relazione alla propria specifica natura, gli investitori istituzionali possono investire in tutte le tipologie di strumenti finanziari; sicuramente, però, i loro investimenti sono per importi considerevoli.

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9Traccia per l’attività in classeLa negoziabilità dei titoli azionari

Si potrebbero recuperare i dati (da varie pubblicazioni in Borsa Italiana) con

il volume di scambi di un gruppo (o la totalità delle azioni negoziate) per

stimare il livello di negoziabilità; probabilmente ci sono già delle statistiche

pre elaborate e da queste si può prendere spunto. Si potrebbe immaginare

di individuare qual’è la quota di azioni per le quali non si hanno scambi o

sono entro un ammontare minimo e quindi stimare il livello di azioni con

poca appetibilità.

La distinzione delle società quotate per capitalizzazione

Sempre da dati pubblici, distinguere il listino di Borsa in funzione dell’entità

della capitalizzazione di Borsa delle società quotate e pervenire così ad

una segmentazione per “dimensione”; tale analisi potrebbe essere condotta

suddividendo anche le società per settore di attività (assicurazioni, banche,

imprese industriali, servizi, etc) e quindi capire quali società e di quale

settore di attività sono di maggiore o minore dimensione borsistica.

Analisi incrociata tra capitalizzazione di Borsa e negoziabilità

Partendo dai risultati delle due tracce precedenti, si potrebbe vedere se esiste

e per quali società un correlazione tra livello dimensionale e negoziabilità

dei titoli. Anche in questo caso i dati sono pubblici e le elaborazioni possono

essere riferite sia all’intero mercato (o parte di esso) e sia a settori di attività

economica dello stesso.

La negoziabilità e la dimensioni borsistica delle società di più recente ammissione alla quotazione

L’insieme delle elaborazioni viste nelle tracce precedenti potrebbero essere

da guida per verificare se cambia qualcosa riferendosi alle società di più

recente quotazione. Per sapere quali sono questa società basta controllare

sul sito di Borsa Italiana

La raccolta di capitali in Borsa

Una interessante elaborazione potrebbe essere quella di verificare quanto

denaro è stato raccolto (sottoforma di aumenti di capitale e di altre

emissioni) dalle società quotate in Borsa: anche in questo caso si potrebbe

distinguere per settori di attività e per società complessive e società di più

recente ammissione alla quotazione.

Il mercato primario in ItaliaQuest’ultima traccia potrebbe portare gli studenti a verificare qual’è l’entità

di denaro raccolto dai vari emittenti di titoli in un Paese evoluto come l’Italia.

Page 71: Quaderno di lavoro 2010

138

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

139

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

Previdenzadi Enrico Castrovilli10

Page 72: Quaderno di lavoro 2010

140

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

141

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

segnala un avanzo di cassa positivo per oltre 3,2 miliardi di euro. E il sistema previdenziale nel suo complesso

rassicura i cittadini circa le prestazioni di cui hanno diritto. Ma questo non può dirci nulla sull’entità della

singola pensione: dipenderà dal monte contributivo personale. Infatti mi sembra poco pertinente il periodico

appello a nuovi patti generazionali: si potevano evocare nei tempi del «retributivo», non più oggi. Ciascuno è

diventato protagonista della sua propria storia previdenziale. Oltre alle norme e alle riforme, sul fronte delle

pensioni molto si dovrà fare sulla cultura previdenziale.

L’importanza del riscatto della laurea, appena conseguita; il valore del sistema dei voucher che consentono

di accumulare contribuzione anche per quelli che una volta erano definiti “lavoretti”, remunerati quasi

sempre in nero; il doveroso impegno contro ogni forma di lavoro nero o sommerso, non solo per evitare

sfruttamento o evasione dell’obbligo contributivo, ma per assicurare futuro a chi lavora. La battaglia per la

legalità coincide con quella dell’interesse individuale. Sul sistema previdenziale tuttavia non siamo all’anno

zero, il futuro è già iniziato. Bisogna imparare a riconoscerlo.

Appunti

«Spingere la società italiana a lavorare sul proprio futuro»: l’esortazione con cui Mario

Monti concludeva l’articolo sul «Corriere della Sera» del 25 luglio non è solo condivisibile. È

un dovere per tutti quelli che hanno a cuore la propria famiglia e il proprio Paese. Guardare

al futuro, tuttavia, non vuol dire sempre guardare «oltre». Il futuro inizia dal presente e nel

nostro attuale presente qualche segnale di solida attenzione per il domani è già stato

scritto a proposito delle pensioni.

Dalla presidenza del più grande istituto previdenziale europeo, l’Inps, mi sembra giusto

sottolinearlo, per sottrarre l’argomento al puro dibattito politico, che non mi compete.

Sulle pensioni il Parlamento ha assunto una prospettiva opposta a quella paventata da

Sergio Romano e rievocata dall’articolo del professor Monti: «Nell’orizzonte dell’attenzione

nazionale c’è spazio soltanto per quello che potrebbe accaderci qui e ora». È pur vero

che talvolta il futuro non si presenta nei modi e nelle forme in cui ce lo aspettiamo o in

cui ci sarebbe piaciuto vederlo. Sostenere che intorno al 2050 - quarant’anni sono poca

cosa per l’orizzonte previdenziale - si andrà in pensione ad un’età prossima ai 70 anni,

potrà essere un futuro non gradito, ma perfettamente in linea con l’incremento dell’età

media della popolazione. Ed è un investimento per costruire il nostro futuro. La riforma

delle pensioni è un argomento che ci ha accompagnato negli ultimi due decenni. Come

un mantra si è ripetuto che occorreva procedere a una strutturale risistemazione del

sistema previdenziale. Dal 1992 si sono susseguiti sei interventi di parziale riforma (Amato,

Dini, Prodi, Maroni, Prodi-Damiano, per arrivare alla legge 102 del 2009) e una ventina di

ulteriori interventi normativi prima di arrivare al decreto legge n.78 convertito nella legge

122/2010.

Oggi la riforma delle pensioni è un fatto compiuto. Ed è probabilmente la più coerente e

stabile del panorama europeo. L’età legale si aggancia all’aspettativa di vita, in modo equo

ed elastico. Il momento della riscossione del diritto conseguito è lievemente differito nel

tempo per raffreddare progressivamente la temperatura finanziaria del sistema, che nei

prossimi dieci anni - grazie alla riforma appena approvata - dovrebbe risparmiare almeno

35 miliardi di euro.

Ma il futuro non richiede solo norme e riforme. Mi capita spesso di sentirmi rivolgere, con

scetticismo, la domanda delle domande: ma io avrò la pensione? Non sono solo i giovani

a porre la questione. La pensione è certa, certissima, è garantita dallo Stato. Ma la sua

consistenza dipende dai contributi versati nel corso dell’attività lavorativa di ciascuno. Il

sistema contributivo ha sostituito ormai quello retributivo. La portata della riforma appena

approvata si inserisce in questo orizzonte.

Come ho detto qualche mese fa illustrando il rapporto annuale dell’Inps a Montecitorio,

i conti dell’Istituto sono in regola. Il bilancio consuntivo 2009 approvato in questi giorni

05 Agosto 2010

LE PENSIONI? CERTE, MA L’ASSEGNO DIPENDE DA VOIdi Antonio Mastrapasqua, presidente Inps

L’articoloP

rev

iden

za

10Corriere della Sera

10

Page 73: Quaderno di lavoro 2010

142

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

L’assistenza invece offre interventi a coloro che si trovano in uno stato di bisogno, come

nei casi delle pensioni sociali agli indigenti, le assistenze agli invalidi civili, le tutele delle

vittime di calamità naturali. Essa viene erogata dallo Stato, da enti pubblici o privati senza

che siano stati versati contributi obbligatori finalizzati a questi interventi, è finanziata dalla

fiscalità generale, le imposte pagate dai cittadini allo Stato o dalle donazioni al settore non

profit.

La Costituzione sottolinea il diritto alla previdenza e all’assistenza sociale nell’articolo 38:

“Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al

mantenimento e all’assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze

di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria …”

Le pensioni assorbono il 60% della spesa sociale del nostro Paese, la spesa sanitaria il 24%

e l’assistenza solo l’8%. Le pensioni sono un elemento di grande importanza nella vita di

una società, offrono un sostegno economico quando nella vita l’attitudine al lavoro lascia

il passo a una fase della vita non più collegata al lavoro o a una professione.

2. PERCHÉ SONO STATE CAMBIATE LE PENSIONI E PERCHÉ SI ANDRA’ IN PENSIONE

PIU’ TARDI

“… intorno al 2050 … si andrà in pensione ad un’età prossima ai 70 anni … perfettamente in linea con l’incremento dell’età media della popolazione … Oggi la riforma delle pensioni è un fatto compiuto.”

Vediamo come funzionano le pensioni pubbliche erogate dall’INPS e perché nei prossimi

decenni si andrà in pensione ad un’età più avanzata dell’attuale. Il sistema pensionistico dei

lavoratori dipendenti è obbligatorio ed è basato sul principio finanziario della ripartizione,

vale a dire che i contributi versati dai lavoratori in attività vengono utilizzati per pagare i

pensionati, attuando un meccanismo collettivo di redistribuzione del reddito tra generazioni

diverse. È cruciale che la somma totale dei contributi che vengono versati all’INPS dai

lavoratori attivi conservi nel tempo un equilibrio con la somma totale che l’INPS deve

pagare ai pensionati.

Ma da quando negli ultimi decenni l’Italia è diventata il Paese più anziano del mondo

assieme al Giappone, l’equilibrio finanziario del sistema pensionistico ha iniziato a venir

meno, a causa di due fondamentali fattori demografici:

• il prolungamento della speranza di vita ha aumentato le pensioni da pagare, dato che

è aumentata la durata media degli anni di vita dei pensionati;

• il calo del tasso di fecondità (il numero dei nati in rapporto all’ammontare della

popolazione femminile in età feconda) ha ridotto la popolazione in età lavorativa, che

così versa meno contributi all’INPS.

I contributi pensionistici sono diminuiti proprio mentre aumentavano le pensioni da

pagare. I deficit creatisi nei conti degli enti previdenziali pubblici non sono stati più ritenuti Pre

vid

enza

10Perchè un articolo sulla previdenza

Non è prematuro parlare con i giovani studenti di previdenza e pensioni, se

non hanno iniziato a lavorare e molti di loro non hanno cominciato a pensare

ad un proprio progetto di vita e professionale? Antonio Mastrapasqua,

presidente dell’INPS - il nostro principale istituto previdenziale - , pensa che

una buona cultura previdenziale aiuti ciascuno a compiere i passi giusti per

il proprio futuro. Niente di meglio che costruire a partire dagli anni scolari

una cultura nel campo della previdenza, come per tutti i saperi fondamentali

per la crescita dei giovani cittadini.

Per questi motivi viene dedicata questa scheda alla previdenza. Essa è

articolata in queste parti:

• offre una chiave di lettura dell’articolo

• propone alcune attività didattiche in classe

• mette a disposizione materiali di approfondimento

• indica FAQ e Link.

Chiave di lettura dell’articolo

1. COSA SONO L’INPS E LA PREVIDENZA SOCIALE

“… il più grande istituto previdenziale europeo,… l’INPS… ”

L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale è un grande ente italiano

di diritto pubblico, fondato nel 1933 allo scopo della tutela previdenziale

della vecchiaia e dell’invalidità dei lavoratori dipendenti del settore privato

e dei lavoratori autonomi. I lavoratori pubblici sono tutelati da un altro

ente (INPDAP), altri enti ancora si occupano della previdenza di liberi

professionisti, lavoratori dello sport e dello spettacolo. All’INPS sono iscritti

circa il 70% di tutti i lavoratori italiani.

La previdenza sociale è imprescindibile nella vita moderna. Essa protegge

i lavoratori da eventi di carattere naturale o lavorativo, quali la necessità

di ricevere una pensione al termine del periodo della vita lavorativa per sé

o per i propri superstiti (come il coniuge, detta in questo caso pensione

di reversibilità) o che siano assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita

nel caso di un infortunio sul lavoro. Le prestazioni fornite dalla previdenza

sociale sono finanziate tramite i contributi versati dalle stesse categorie

che beneficeranno le prestazioni, dato che la loro futura entità può essere

prevista e calcolata sul piano statistico.

La schedadi Enrico Castrovilli

10

Page 74: Quaderno di lavoro 2010

144

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

145

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

• moltiplicare il montante contributivo per appositi

coefficienti di trasformazione. I coefficienti aumentano

all’aumentare dell’età, la pensione aumenterà se ci si ritira

più tardi dal lavoro;

• finalmente trasformare sul piano finanziario il monte

contributivo in una equivalente rendita, che sarà la

pensione pagata per tutta la vita del pensionato.

Il calcolo con il monte contributivo è applicato ai lavoratori

assunti dopo il 1° gennaio 1996, mentre ai lavoratori assunti

precedentemente si applica ancora il metodo retributivo.

Una buona cultura previdenziale, ricorda Mastrapasqua, può

mettere i giovani in condizione di capire fin dall’inizio della

propria attività lavorativa l’importanza del monte contributivo

personale. Esso può aumentare riscattando gli anni di laurea,

accumulando i buoni o voucher del valore nominale di 10

€ (o multipli) che maturano facendo piccoli lavori regolari,

evitando i lavori in nero privi di ogni tutela previdenziale.

C’è però un’ultima decisiva questione. Il nuovo sistema

pensionistico contributivo pubblico sarà in grado di garantire

una pensione certa, ma sicuramente inferiore a quella del

precedente sistema retributivo. Non solo le pensioni saranno

godute in età più avanzata, ma saranno parecchio inferiori alle

attuali, in particolari per i lavoratori autonomi, professionisti

e coloro che lavorano con periodi di vuoto contributivo. Il

consiglio che gli esperti finanziari danno ai giovani è quello

di costruirsi assolutamente un secondo pilastro pensionistico

con la previdenza volontaria complementare.

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SITI E INFO PER APPROFONDIRE www.abi.itwww.ania.comwww.bancaditalia.itwww.assogestioni.itwww.consob.itwww.covip.itwww.inpdap.it www.inps.itwww.isvap.itwww.mefop.itwww.progetica.it

LA CATENA DELLE PAROLE CHIAVE

QR-CODE

Capitalizzazione, Interesse e MontanteContributo previdenzialeImposta Istat e EurostatLavoro subordinato e lavoro autonomoPIL ProbabilitàRedditoRenditaRischio RisparmioTassaTFR Trattato di Maastricht

Pre

vid

enza

10ammissibili nei Paesi europei aderenti al Trattato di Maastricht del 1992. I Paesi

che volevano utilizzare la moneta comune, l’Euro, hanno dovuto rimettere in

ordine i propri conti pubblici. L’architettura del sistema pensionistico è stata

così modificata negli anni ’90 in due punti fondamentali:

• il sistema a ripartizione è stato modificato da retributivo in contributivo.

Mentre nel sistema retributivo le pensioni erano pagate in relazione agli

stipendi degli ultimi anni di lavoro, circa l’80% dell’ultimo stipendio, nel

sistema contributivo la pensione diventa assai meno favorevole, venendo

a dipendere dai contributi versati dal lavoratore lungo tutto l’arco della

vita lavorativa;

• l’età del pensionamento è stata posticipata, in relazione alle crescenti

aspettative di vita. Fino a pochi anni fa era possibile ritirarsi dal lavoro a

55 o 57 anni, oggi l’età di inizio della pensione si sta spostando a dopo i

60 anni. Il presidente dell’INPS segnala che gli attuali trend demografici

porteranno a metà di questo secolo l’età della pensione vicina ai 70 anni.

Ma ora la riforma previdenziale è un fatto compiuto e i conti dell’INPS sono a

posto. Mastrapasqua ricorda con soddisfazione che il sistema previdenziale

italiano viene valutato tra i migliori del panorama europeo.

3. COME ESSERE PROTAGONISTI DELLA PROPRIA PREVIDENZA

“ … ma io avrò la pensione? .. dipenderà dal monte contributivo personale … molto si dovrà fare sulla cultura previdenziale …”

Tutti i lavoratori avranno quindi la pensione a cui avranno diritto in base alla

recenti riforme. La pensione sarà calcolata in base al monte contributivo

personale, non di più e non di meno. Ma cosa significa monte o montante

contributivo?

Occorre procedere a una serie di calcoli:

• individuare la retribuzione annua del lavoratore (dipendente o autonomo);

• calcolare la somma (detta contributo) che i lavoratori versano all’INPS,

moltiplicando la propria retribuzione annua per una certa aliquota (il 33%

i lavoratori dipendenti e il 20% i lavoratori autonomi). Due terzi circa del

contributo dei lavoratori dipendenti sono a carico del datore di lavoro e

un terzo circa è a carico del dipendente;

• determinare il montante contributivo individuale: esso si ottiene

sommando i contributi di ogni anno e rivalutandoli con il tasso annuo di

capitalizzazione derivante dalla variazione media quinquennale del PIL,

la ricchezza di un Paese. Così quando il PIL crescerà, anche le pensioni

cresceranno;

10

Page 75: Quaderno di lavoro 2010

146

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

Gli aspetti economici, retributivi e previdenziali del lavoro non possono mancare dal quadro

che si individua. Il proprio futuro implica pensare alla previdenza, non è bene correre il

rischio di sopravvivere al proprio reddito, che gli ultimi anni della vita diventino un periodo

di disagio economico. Una buona situazione previdenziale potrà rendere l’ultimo ciclo

della vita un periodo positivo, portatore di nuovi progetti ed esperienze.

La riforma previdenziale rende inevitabile posticipare l’uscita dal lavoro e ha ridotto gli

assegni pensionistici. Ma riprendendo il ragionamento di Mastrapasqua, non è forse meglio

vivere più a lungo iniziando più tardi l’età del meritato riposo dal lavoro, che non il suo

contrario? Naturalmente è possibile il comportamento della cicala, in questo caso bisogna

però essere consci del suo significato e pronti a sopportarne le conseguenze.

Possono essere proposte agli allievi due ultime aspetti:

• individua la tua tipologia di lavoro dipendente o autonomo ___________________________

____________________________________________________________________________________

____________________________________________________________________________________

• descrivi i passi previdenziali che intendi compiere ___________________________________

____________________________________________________________________________________

____________________________________________________________________________________

È utile che il tema della previdenza sia monitorato nel corso dell’anno scolastico leggendo

altri articoli, testi, ragionando con attività online per tenere vivo il tema. Saper monitorare

un argomento è una competenza valida per tutti i progetti importanti si protraggono nel

tempo.

La riforma del sistema pensionistico

Vediamo le profonde evoluzioni avute dal sistema previdenziale pensionistico italiano

negli ultimi decenni.

Fino al 1969 le pensioni erano calcolate con il sistema della capitalizzazione: i contributi

versati dal lavoratore venivano investiti da un ente gestore, che al momento del

pensionamento erogava il montante contributivo rivalutato in base al rendimento degli

investimenti, come pensione annua vitalizia. Il sistema a capitalizzazione lasciava a carico

del lavoratore i rischi di un basso rendimento o che l’inflazione erodesse il potere d’acquisto

del montante contributivo.

In un periodo di crescita economica e di considerazione delle esigenze dei lavoratori,

nel 1969 si passò al più favorevole sistema a ripartizione. In una prima fase il sistema

di ripartizione fu quello retributivo, dove l’importo della pensione corrispondeva ad un

determinata percentuale (circa l’80%) della retribuzione del pensionato, solitamente

lo stipendio medio degli ultimi 5 anni di lavoro. Con il sistema a ripartizione le pensioni Pre

vid

enza

10Traccia per l’attività in classeSi propongono alcuni argomenti per discutere in classe il tema della

previdenza.

La costruzione di un progetto di vita e professionale

Costruire un proprio progetto di vita e professionale significa proiettare

se stessi nel futuro. Uno dei contesti più importanti in cui possono essere

fatti valere la propria personalità, i propri interessi e le proprie competenze

è quello del lavoro. Il lavoro non è una condanna, va individuato a misura

di sé, in modo che sia un’occasione per generare idee, progetti, creazioni,

relazioni. Non per tutti il lavoro assumerà immediatamente le caratteristiche

migliori, non bisognerà scoraggiarsi assumendo posizioni rinunciatarie di

fronte alle prime difficoltà, bensì correggere gli errori e migliorare le proprie

competenze. Le prime spesso inevitabili delusioni potranno essere ripagate

dai successivi successi.

Partendo da questi temi, come impostare il discorso previdenziale con i

ragazzi?

Gli studenti possono raccogliere idee, comunicarle e discuterle in questo

modo:

• individua le tue aree di interesse personale __________________________

______________________________________________________________________

______________________________________________________________________

• individua le tue competenze e i tuoi punti di forza _____________________

______________________________________________________________________

______________________________________________________________________

• delinea la formazione che intendi realizzare dopo il diploma __________

______________________________________________________________________

______________________________________________________________________

______________________________________________________________________

• descrivi le attività professionali che hai in mente di compiere nel tuo

futuro lavorativo _____________________________________________________

______________________________________________________________________

______________________________________________________________________

10

Page 76: Quaderno di lavoro 2010

148

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

La previdenza complementare

Perché è opportuno ricorrere sempre di più alla previdenza complementare? È stato visto

che gli andamenti demografici del nostro Paese ridurranno inevitabilmente le prestazioni

pensionistiche nei prossimi decenni. Occorre quindi pensare un secondo pilastro

previdenziale, che completi quello che il pilastro obbligatorio pubblico non sarà più in

grado di realizzare. Cosa significa previdenza complementare, quali ne sono i meccanismi?

Innanzitutto si tratta di una forma di previdenza volontaria, che rovescia un assunto

tradizionale del welfare state: non è lo stato a provvedere al futuro dei cittadini, sono

i cittadini a provvedere al proprio futuro. Tocca quindi a chi lavora decidere di non

consumare tutti i propri redditi presenti, di risparmiarne una parte e di affidarla a un

intermediario finanziario che ne faccia crescere il valore, in modo che al termine della vita

lavorativa aumenti la pensione di cui egli potrà disporre. I lavoratori non subordinati, quelli

con contratti temporanei, i professionisti e gli imprenditori sono i più interessati a questa

forma di previdenza, dato che saranno proprio essi a subire la maggiore decurtazione

della pensione indotta dal nuovo sistema pensionistico.

In secondo luogo le somme risparmiate faranno maturare la pensione futura in base al

meccanismo della capitalizzazione. Il lavoratore indica all’intermediario a cui ha affidato

i propri risparmi in quali mercati finanziari investirli, ad esempio se in titoli azionari,

obbligazionari, europei, mondiali, e così via. In base ai rendimenti che questi mercati

frutteranno si genera per il lavoratore un montante individuale, che costituirà la rendita

pensionistica del pilastro complementare.

In terzo luogo il lavoratore deve scegliere, in base alla recente riforma, a quale tipo di ente e di

fondo affidare i propri contributi. Gli enti gestori della previdenza complementare possono

essere enti finanziari, banche, società di gestione del risparmio, società di assicurazione.

Sono previsti Fondi pensione di varie tipologie e Piani individuali pensionistici volontari.

I lavoratori possono conferire propri risparmi, una quota determinata del proprio reddito

da lavoro o il proprio TFR, il Trattamento di Fine Rapporto, che matura lavorando nella

propria impresa. Al raggiungimento dell’età della pensione il lavoratore affiancherà alla

pensione pubblica una seconda pensione complementare, consentendogli così maggiore

benessere e serenità nella fase terminale della vita.

La previdenza complementare è soggetta al controllo della Commissione di Vigilanza sui

Fondi Pensione COVIP.

La scelta di quale forma di pensione complementare è delicata come quella di ogni altro

impiego dei propri risparmi. Tre sono i consigli fondamentali da seguire per impiegare

bene i propri risparmi:

• ridurre i rischi diversificando i prodotti finanziari che si sottoscrivono, sulla base del

principio di “non mettere tutte le uova in un solo cesto”: se quello solo cadesse, tutte le

uova si romperebbero. La previdenza complementare riduce i rischi, in quanto i contributi Pre

vid

enza

10venivano pagate ai pensionati con i contributi versati dai lavoratori che

restavano al lavoro.

I problemi demografici e finanziari analizzati in precedenza impongono negli

ultimi 20 anni la trasformazione del sistema a ripartizione da retributivo a

contributivo. Sistema meno favorevole, ma inevitabile. Il calcolo del sistema

a ripartizione contributivo è contenuto nel precedente calcolo del monte

contributivo.

L’età pensionabile delle due fondamentali pensioni di anzianità e di vecchiaia

è stata posticipata nel modo seguente:

• la pensione di vecchiaia si ottiene al raggiungimento di una certa età,

che è stata spostata da 60 a 65 anni per gli uomini e da 55 a 60 per

le donne, avendo un certo livello minimo di anni di contribuzione. Dal

2012 anche le donne, in base a quanto richiesto dall’Unione Europea,

dovranno avere 65 anni.

• la pensione di anzianità è percepita prima dell’età prevista per la pensione

di vecchiaia, se si è raggiunta una certa quota, data dalla somma tra l’età

anagrafica e gli anni di pagamento dei contributi. Ad esempio dall’inizio

del 2011 e la fine del 2012 potranno andare in pensione i lavoratori che

hanno raggiunto quota 96, data da almeno 60 anni di età e almeno 35

anni di contributi versati. Le quote stanno aumentando negli ultimi anni.

• dal 2015 l’età di pensionamento si adeguerà automaticamente

all’allungamento della vita media.

I ragazzi possono ricercare informazioni sulle riforma delle pensioni nei link

indicati ai siti dell’INPS, del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e

dell’INPDAP.

In conclusione gli allievi possono esprimere queste loro riflessioni:

• individua le cause della riforma delle pensioni _________________________

_____________________________________________________________________

_____________________________________________________________________

• sintetizza come è organizzato oggi il sistema pensionistico italiano _____

_____________________________________________________________________

_____________________________________________________________________

• esprimi una tua opinione sull’organizzazione delle pensioni in Italia _____

_____________________________________________________________________

_____________________________________________________________________

10

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150

CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE 10

FAQ 4 DOMANDE E RISPOSTE

Come si fa ad avere la pensione?

Il datore di lavoro è tenuto a calcolare i contributi previdenziali del proprio dipendente ed a versarli all’INPS (per i dipendenti del settore privato), o all’INPDAP (per i dipendenti pubblici). I lavoratori autonomi (come commercianti ed artigiani) calcolano i propri contributi e li versano all’INPS. I liberi professionisti (avvocati, commercialisti, architetti, etc.) li versano alle loro casse di previdenza. All’età della pensione gli enti pensionistici calcolano la pensione e la versano all’avente diritto.

Cosa è la pensione di reversibilità?

La pensione di reversibilità spetta nel caso di morte di un pensionato ai parenti più vicini: coniuge superstite, figli se minorenni o a carico e nipoti se a carico dei nonni. È opportuno che alla morte del pensionato, i membri della sua famiglia non restino privi della pensione maturata dal loro caro.

A che età si va in pensione?

Non c’è una sola risposta. Ogni caso va esaminato separatamente, perché sull’età della pensione influiscono diversi fattori soggettivi: l’età, il tipo di contratto di lavoro (privato, pubblico, autonomo, libera professione), il sesso, gli anni di contributi versati. Occorre quindi monitorare l’evoluzione della propria situazione contributiva in relazione alle leggi dello Stato, rivolgendosi agli enti specializzati o ai consulenti finanziari.

Come funzione il calcolo del monte contributivo personale?

Il monte o montante contributivo è applicato alle pensioni calcolate con il metodo a ripartizione contributivo, in vigore dal 1996. Si calcola così: a. sulla retribuzione annuale vengono versati i contributi previdenziali; b. i contributi sono capitalizzati in base alla crescita del PIL; c. essi sono moltiplicati per i coefficienti di trasformazione; d. il monte contributivo viene trasformato nella pensione annuale. Anche per il calcolo del monte contributivo è bene rivolgersi a consulenti previdenziali o finanziari.

Perché non basterà la pensione dell’INPS?

Perché il nuovo sistema a ripartizione contributivo è meno favorevole di quello precedente, tiene in considerazione le retribuzioni di tutta la vita lavorativa e non solo quelle degli ultimi anni. Il periodo di vita successivo alla pensione si è prolungato, ponendo nuove aspettative e necessità che le pensioni pubbliche da sole non sono sufficienti a soddisfare.

pensionistici sono capitalizzati sulla base di un solo parametro, la crescita

del PIL, mentre i contributi affidati alla previdenza complementare lo

sono sulla base dei numerosi tassi di rendimento dei mercati finanziari;

• scegliere un ente gestore della previdenza che individui correttamente

la propensione al rischio del lavoratore, ricordando che ad alti rischi

corrispondono alti rendimenti e a bassi rischi bassi rendimenti. Il bravo

gestore deve scegliere il prodotto finanziario corrispondente al profilo di

rischio del risparmiatore;

• suddividere il più possibile nel tempo i momenti di versamento delle

somme da parte del lavoratore. A parità di somme versate a un fondo, il

rischio che i versamenti siano effettuati in momenti finanziari sfavorevoli

si riduce suddividendo la somma in un maggior numero di momenti di

conferimento dei contributi.

I ragazzi possono ricercare informazioni sulla previdenza complementare

nei link indicati ai siti di Assogestioni, Assoprevidenza, Covip e Progetica.

Si possono in conclusione raccogliere le riflessioni degli studenti:

• perché la previdenza complementare sta assumendo un’importanza

crescente? __________________________________________________________

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• come imposteresti la tua previdenza complementare? _______________

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• fai dei tuoi esempi per spiegare i consigli fondamentali per una buona

gestione dei propri risparmi ________________________________________

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CULTURA FINANZIARIA A SCUOLA: PER PREPARARSI A SCEGLIERE

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