quando yhwh ricondusse allora la nostra bocca si · quando si cerca di ascoltare il signore è...

71
Quando YHWH ricondusse i prigionieri di Sion, ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si riempiva di sorriso, la nostra lingua di canti di gioia. Allora si diceva tra le genti: "YHWH ha compiuto grandi cose per loro". Grandi cose ha fatto YHWH per noi: eravamo felici. Sal 126,1-3

Upload: vuliem

Post on 18-Feb-2019

213 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Quando YHWH ricondusse

i prigionieri di Sion,

ci sembrava di sognare.

Allora la nostra bocca si

riempiva di sorriso,

la nostra lingua di canti di

gioia.

Allora si diceva tra le genti:

"YHWH ha compiuto

grandi cose per loro".

Grandi cose ha fatto YHWH

per noi: eravamo felici. Sal 126,1-3

2

“Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a

rinnovare oggi stesso il suo impegno personale con Gesù Cristo o,

almeno, a prendere la decisione di lascarsi incontrare da Lui, di

cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno

possa pensare che questo invito non è per lui, perché nessuno è

escluso dalla gioia portata dal Signore. Chi rischia, il Signore non lo

delude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre

che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte…

(Evangelii gaudium 3)

“Lo studio della Sacra Scrittura deve essere una porta aperta a tutti i

credenti. È fondamentale che la Parola rivelata fecondi radicalmente

la catechesi e tutti gli sforzi per trasmettere la fede…Accogliamo il

sublime tesoro della Parola rivelata.”

(Evangelii gaudium175)

Papa Francesco

3

SHALOM!

Scoprendo la Parola camminando… Perché è necessario fare un cammino sulla Parola? A volte succede che, pur avendo la fede, non abbiamo ancora avuto modo di scoprire che la Parola di Dio è veramente di Dio e non degli uomini. E proprio perché è di Dio, è un dono fatto a tutti, per tutti noi. I Libri di Isaia, Neemia, Esdra, Rut, Giona, Giobbe, i Salmi, i Profeti, racchiudono parole di luce e di verità per ognuno di noi, anzi ogni uomo vive, a modo suo, la stessa esperienza di Isaia e degli altri profeti; di Neemia, Esdra, Rut, Giona, Giobbe...e la preghiera dei Salmi diventa la nostra preghiera. Poco a poco si scopre Dio che è presente nella nostra vita, cammina con noi, anzi lo si riconosce soprattutto nelle situazioni di deserto, di morte, di disperazione, di abbattimento. Che miracolo imparare a riconoscere la presenza di Dio! Si acquista la certezza che il Signore interviene sempre nel nostro deserto, che ci salva, che ha un piano di salvezza per noi. È attraverso un cammino sulla Parola che si prende coscienza della propria resistenza e incredulità e di come Dio continui a salvarci. Il cammino nell’ascolto della Parola ha lo scopo di renderci simili al Cristo; anzi si scoprirà che il cammino vero è il Cristo stesso e niente di più. Concretamente significa arrivare al punto di dare la vita, al punto di fare la scelta di amare e di servire senza più chiedere di essere amati e serviti: lo scopo di tutto il cammino è di liberarci da noi stessi perché impariamo a essere servi, a metterci a servizio per il Regno di Dio. Dio non usa le nostre qualità e le nostre “ricchezze”, ma le nostre debolezze… è attraverso queste ultime che noi possiamo diventare “annunci viventi”, testimoni del Risorto.

Adriana e Laura

SHALOM!

4

MODI DIVERSI di GUARDARE e LEGGERE la BIBBIA

Guardando da lontano, la Bibbia appare come un’immensa parete, dove

ogni mattone contribuisce a suo modo per far apparire il disegno del

Progetto di Dio. Nonostante la grandezza, fatta da molti mattoni, di molti

testi e libri, il disegno ha una grande unità. Da ogni parte appaiono le

tracce di un volto. È il volto stesso di Dio con i lineamenti umani di Gesù

Cristo. È Gesù che, in maniera discreta dà unità alla Bibbia.

Guardando più da vicino, tu percepisci quello che da lontano non si vede.

Ogni mattone è diverso l’uno dall’altro nella grandezza, nella forma, nel

peso nel valore, nell’epoca, nel materiale di fabbricazione. Ogni libro della

Bibbia è differente dall’altro per il genere letterario, per la lingua, per

l’autore o l’autrice, per il tema trattato, per l’epoca o il luogo in cui fu

scritto, per l’obiettivo che si prefigge, per il messaggio, per il destinatario.

Dal punto di vista letterario, la Bibbia ne possiede una varietà immensa. Si

rimane ammirati nel vedere come una cosi grande varietà riesce a costruire

un’unità così forte e meravigliosa.

Guardando ancor più da vicino, cogli l’incredibile: ogni mattone, oltre a

contribuire al disegno del grande Progetto di Dio ha un suo disegno. E il

piccolo disegno di ogni mattone, non sempre collima con il grande disegno

del Progetto di Dio. Ogni mattone raccontano altre guerre e altre storie;

rivelano conflitti e situazioni che non appaiono nel grande disegno. Ma più

grande diventa l’ammirazione! Perché tutto questo dimostra che la Parola

di Dio si è realmente incarnata nella parola umana. È diventata uguale alla

nostra parola in tutto tranne che nell’errore e nella menzogna. L’azione

dello Spirito Santo, che fa sì che la Bibbia sia Parola di Dio, non passa per

i fili dell’alta tensione, ma attraverso l’impianto della rete domestica, con

le pareti piene di conflitti, di contraddizioni e di confusioni della vita

umana. Nonostante possa apparire grande la contraddizione interna delle

varie parti della Bibbia, non si riesce a distruggere la grande unità del

Progetto di Dio e nemmeno nega l’ispirazione divina della Sacra Scrittura.

Al contrario, rivela il suo vero fine.

Guardando nuovamente da lontano, riguardando tutto l’insieme, scopri

che non si tratta di una parete isolata, ma della parete di una casa. E per

quanto possa sembrare incredibile sono le pareti della casa dove tu abiti. È

la tua casa! La nostra casa!

È in questo modo che vogliamo leggere e guardare la Bibbia. Guardando

quello che ci appartiene!

5

Alle volte, da lontano, altre volte più da vicino, altre ancora più da

vicino.

Lo studio biblico è su tre livelli legati tra loro: letterario (considerare il

testo), storico (vedere la situazione del popolo e teologico (ascoltare il

messaggio di Dio). Ma qualunque sia il livello di studio l’obiettivo sarà

sempre lo stesso: scoprire che la parola della Bibbia già era dipinta nella

parete della casa dove abitiamo.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

I CRITERI CHE DEVONO ORIENTARE LA NOSTRA LETTURA

Non basta la ragione per scoprire tutto il significato della Bibbia.

Dice il Concilio Vaticano II nel suo documento Dei Verbum: “la Sacra

Scrittura deve essere letta e interpretata con lo stesso Spirito con cui fu

scritta”(DV12). Per raggiungere questo obiettivo, è necessario tener conto

dei criteri della fede cristiana, che sono tre: “Per ricavare con esattezza il

significato dei testi sacri, si deve badare con non minor diligenza al

contenuto e all’unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva

tradizione di tutta la Chiesa e della analogia della fede”(DV12). Questi tre

criteri hanno lo stesso obiettivo: scoprire il pieno significato della Bibbia,

impedire che il suo significato sia manipolato ed evitare che il testo sia

isolato dal suo contesto di origine, dalla tradizione che l’ha trasmesso e

dalla vita attuale della Chiesa alla quale deve servire.

La pratica secolare della Lectio Divina, “tradizione viva di tutta la

Chiesa”, ci aiuta ad attuare questi obiettivi.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

LA LETTURA SPIRITUALE dall’Esortazione Apostolica di Papa Francesco

Esiste una modalità concreta per ascoltare quello che il Signore vuole

dirci nella sua Parola e per lasciarsi trasformare dal suo Spirito. È ciò

che chiamiamo lectio divina.

Consiste nella lettura della Parola di Dio all’interno di un momento di

preghiera per permetterle di illuminarci e rinnovarci. (…) La lettura

spirituale di un testo deve partire dal suo significato letterale. Altrimenti si

farà dire al testo quello che conviene, quello che serve per confermare le

proprie decisioni, quello ch si adatta ai propri schemi mentali.

Questo, in definitiva, sarebbe utilizzare qualcosa di sacro a proprio

vantaggio. (…) Non bisogna mai dimenticare che a volte “anche Satana si

maschera da angelo della luce” (2Cor 11,14).

Alla presenza di Dio, in una lettura calma del testo, è bene domandare,

per esempio: “Signore, che cosa dice a me questo testo? Che cosa vuoi

cambiare della mia vita con questo messaggio? Che cosa mi dà fastidio in

6

questo testo? Perché questo non mi interessa?”, oppure: “Che cosa mi

piace, che cosa mi stimola in questa Parola? Che cosa mi attrae? Perché

mi attrae?”.

Quando si cerca di ascoltare il Signore è normale avere tentazioni. Una di

esse è semplicemente sentirsi infastidito od oppresso, e chiudersi; altra

tentazione molto comune è iniziare a pensare quello che il testo dice agli

altri, per evitare di applicarlo alla propria vita. Accade anche che uno

inizia a cercare scuse che gli permettano di annacquare il messaggio

specifico di un testo.

Altre volte riteniamo che Dio esiga da noi una decisione troppo grande,

che non siamo ancora in condizione di prendere.

Questo porta molte persone a perdere la gioia dell’incontro con la Parola,

ma questo vorrebbe dire dimenticare che nessuno è più paziente di Dio

Padre, che nessuno comprende e sa aspettare come Lui.

Egli invita sempre a fare un passo in più, ma non esige una risposta

completa se ancora non abbiamo percorso il cammino che la rende

possibile. Semplicemente desidera che guardiamo con sincerità alla nostra

esistenza e la presentiamo senza finzioni ai suoi occhi, che siamo disposti

a continuare a crescere, e che domandiamo a Lui ciò che non riusciamo

ad ottenere. (Evangelii Gaudium 152-153)

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

DONAMI SIGNORE

Signore, quando sono affamato, donami qualcuno che ha bisogno di cibo.

Quando ho sete, donami qualcuno che ha bisogno d’acqua.

Quando ho freddo, mandami qualcuno da riscaldare.

Quando sono ferito, donami qualcuno da consolare.

Quando la mia croce diventa pesante, donami la croce di un altro da condividere.

Quando sono povero, conduci da me qualcuno che è nel bisogno.

Ermes Ronchi

7

primo incontro 19 settembre 2013

Nel post-esilio c’è stata la profezia?

Accoglienza e accensione del lume

Preghiera: ci faremo coinvolgere dalla testimonianza di un piccolo gruppo

di suore trappiste che vivono in Siria la tragedia della guerra civile.

Lasceremo lo spazio a Tea che ci aiuterà a leggere la nostra

storia e a capire come ci può essere profezia senza profeti

(vedi memoria).

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

SUSSIDIO 1

LA PROFEZIA DOPO L’ESILIO dal 538 al 175 a.C.

Il contesto storico

Ciro, re di Persia, dopo una campagna vittoriosa, nel 539 conquista

Babilonia.

L’anno dopo emana un decreto che autorizza il ritorno degli esuli ebrei a

Giuda e Gerusalemme. Troviamo per tre volte nella Bibbia il testo di

questo decreto: Esdra 1,2-4; 6,3-5; 2Cronache 36,22-23.

Con il ritorno dall’esilio inizia una nuova tappa della storia: il tempo del

“dopo esilio”.

Nella Bibbia viene chiamato “dopo-esilio” il periodo che va dal ritorno

da Babilonia (538 a. C.) alla nascita di Gesù.

Un periodo storico molto lungo ed anche poco conosciuto: più di 500 anni

di storia scarsamente documentati; soltanto pochi libri descrivono questa

epoca.

È il periodo in cui tutti i libri dell’Antico Testamento subiscono una revisione e

arrivano alla stesura definitiva: la cosiddetta redazione normativa o canonica della

Bibbia.

È un’epoca storica contrassegnata da un grande silenzio nei riguardi

della profezia. Gli scritti caratteristici di quest’epoca sono la Sapienza e,

più tardi, la letteratura apocalittica.

Il popolo è solito ripetere: «Non ci sono più profeti!» (Sal 74,9).

Perché scompare la profezia?

Per comprendere il fenomeno dobbiamo conoscere le caratteristiche di

questo periodo.

8

Giuda non è più un regno indipendente; il popolo di Dio scopre di essere

una piccola comunità etnica, sperduta nell’immensità di un impero

multirazziale.

Senza indipendenza, è costretto a sottomettersi ad un re straniero che detta

norme e leggi. Paga tributi ed è costretto a convivere con un esercito di

occupazione. Non è più in grado di controllare e decidere il suo destino.

Non c’è speranza di indipendenza politica in un futuro immediato.

Le condizioni di vita del popolo sono molto cambiate.

Con il dominio persiano avvengono grandi trasformazioni internazionali.

Un commercio intenso e redditizio, le grandi proprietà rurali e il lavoro

schiavo saranno la caratteristica dell’impero persiano, greco e romano.

Il popolo nel considerare il suo presente guarda al passato, si scoraggia,

non scrive quello che sta vivendo, ma rilegge continuamente il suo passato

di gloria. Cerca di dimenticare gli abusi degli antichi re. In questa

prospettiva vengono scritti i Libri delle Cronache.

Aspira all’indipendenza; prima o poi questo passato di gloria e di

potere sarebbe ritornato, tutto sarebbe cominciato di nuovo. Con questa

speranza, contraria ai fatti e alle evidenze, affronterà i dominatori: i persiani (dal 539 al 333 a. C.),

i greci macedoni di Alessandria e di Antiochia (dal 333 al 164 a. C.)

e i romani (dal 63 a. C)

Ci sarà un breve periodo d’indipendenza tra il 164 e il 63 a. C., frutto della

rivolta dei Maccabei.

La comunità cercherà di far resistenza all’invasore organizzando la sua

vita attorno alla presenza di Dio.

Il centro di tutto sarà il Tempio di YHWH, nella città santa di

Gerusalemme.

L’autorità e il potere si concentreranno sempre più nelle mani del Sommo

Sacerdote, che prenderà il posto del re. Così la comunità si avvierà

all’isolamento ed alla segregazione, cercando di preservare i suoi costumi

e i suoi riti.

Dopo l’Esilio sorgono le comunità della Diaspora, cioè della dispersione.

C’è una profonda sfiducia nei costumi stranieri e la comunità d’Israele si

chiude in sé stessa.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

9

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

Questa testimonianza l’ abbiamo letta all’inizio dell’incontro con Tea come preghiera e ci siamo chieste: “Oggi esiste ancora la profezia?”

Lettera delle quattro suore trappiste in Siria: «Il sangue riempie le nostre strade, i nostri occhi, il nostro cuore» 30 agosto 2013

«Vediamo la gente intorno a noi e pensiamo: “Domani hanno deciso di bombardarci”». Drammatica lettera dalla Siria: «Domani ci faranno respirare i gas tossici dei depositi colpiti, per punirci dei gas che già abbiamo respirato?» Oggi non abbiamo parole, se non quelle dei salmi che la preghiera liturgica ci mette sulle labbra in questi giorni: «Minaccia la belva dei canneti, il branco dei tori con i vitelli dei popoli… o Dio disperdi i popoli che amano la guerra…». «Il Signore dal cielo ha guardato la terra, per ascoltare il gemito del prigioniero, per liberare i condannati a morte»… «ascolta o Dio la voce del mio lamento, dal terrore del nemico preserva la mia vita; proteggimi dalla congiura degli empi, dal tumulto dei malvagi. Affilano la loro lingua come spada, scagliano come frecce parole amare… Si ostinano nel fare il male, si accordano per nascondere tranelli, dicono: “Chi li potrà vedere? meditano iniquità, attuano le loro trame. Un baratro è l’uomo, e il suo cuore un abisso”. Lodate il mio Dio con i timpani, cantate al Signore con cembali, elevate a lui l’accordo del salmo e della lode, esaltate e invocate il suo nome. POICHE’ IL SIGNORE E’ IL DIO CHE STRONCA LE GUERRE. “Signore, grande sei tu e glorioso, mirabile nella tua potenza e invincibile”». Guardiamo la gente attorno a noi, i nostri operai che sono venuti a lavorare tutti come sospesi, attoniti: «Hanno deciso di attaccarci». Oggi siamo andate a Tartous… sentivamo la rabbia, l’impotenza, l’incapacità di formulare un senso a tutto questo: la gente cerca di lavorare, come può, di vivere normalmente. Vedi i contadini bagnare la loro campagna, i genitori comprare i quaderni per le scuole che stanno per iniziare, i bambini chiedere ignari un giocattolo o un gelato… vedi i poveri, tanti, che cercano di raggranellare qualche soldo, le strade piene dei rifugiati “interni” alla Siria, arrivati da tutte le parti nell’unica zona rimasta ancora relativamente vivibile… guardi la bellezza di queste colline, il sorriso della gente, lo sguardo buono di un ragazzo che sta per partire per militare, e ci regala le due o tre noccioline americane che ha in tasca, solo per “sentirsi insieme”… E pensi che domani hanno deciso di bombardarci… Così. Perché “è ora di fare qualcosa”, così si legge nelle

10

dichiarazioni degli uomini importanti, che domani berranno il loro thé guardando alla televisione l’efficacia del loro intervento umanitario… Domani ci faranno respirare i gas tossici dei depositi colpiti, per punirci dei gas che già abbiamo respirato? La gente qui è davanti alla televisione, con gli occhi e le orecchie tesi: «Si attende solo una parola di Obama»!!!! Una parola di Obama?? Il premio Nobel per la pace, farà cadere su di noi la sua sentenza di guerra? Aldilà di ogni giustizia, di ogni buon senso, di ogni misericordia, di ogni umiltà, di ogni saggezza? Parla il Papa, parlano Patriarchi e vescovi, parlano innumerevoli testimoni, parlano analisti e persone di esperienza, parlano persino gli oppositori del regime… E tutti noi stiamo qui, aspettando una sola parola del grande Obama? E se non fosse lui, sarebbe un altro, non è questo il problema. Non si tratta di lui, non è lui “il grande”, ma il Maligno che in questi tempi si sta dando veramente da fare. Il problema è che è diventato troppo facile contrabbandare la menzogna come nobiltà, gli interessi più spregiudicati come una ricerca di giustizia, il bisogno di protagonismo e di potere come “la responsabilità morale di non chiudere gli occhi”… E a dispetto di tutte le nostre globalizzazioni e fonti di informazioni, sembra che nulla sia verificabile, che un minimo di verità oggettiva non esista… Cioè, non la si vuole far esistere; perché invece una verità c’è, e gli uomini onesti potrebbero trovarla, cercandola davvero insieme, se non fosse loro impedito da coloro che hanno altri interessi. C’è qualcosa che non va, ed è qualcosa di grave… perché la conseguenza è la vita di un popolo. È il sangue che riempie le nostre strade, i nostri occhi, il nostro cuore. Ma ormai, a cosa servono ancora le parole? Una nazione distrutta, generazioni di giovani sterminate, bambini che crescono con le armi in mano, donne rimaste sole, spesso oggetto di vari tipi di violenza… distrutte le famiglie, le tradizioni, le case, gli edifici religiosi, i monumenti che raccontano e conservano la storia e quindi le radici di un popolo… Domani, dunque (o domenica ? bontà loro…) altro sangue. Noi, come cristiani, possiamo almeno offrirlo alla misericordia di Dio, unirlo al sangue di Cristo che in tutti coloro che soffrono porta a compimento la redenzione del mondo. Cercano di uccidere la speranza, ma noi a questo dobbiamo resistere con tutte le nostre forze. A chi ha un vero amore per la Siria (per l’uomo, per la verità…) chiediamo tanta preghiera… tanta, accorata, coraggiosa…

le sorelle trappiste che vivono in Siria

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

11

secondo incontro 3 ottobre 2013

Pensieri – impressioni – proposte dopo l’incontro con Tea

Accoglienza dei volti nuovi e spiegazioni dei simboli

Preghiera: Pr 8

Scambio di pensieri (vedi memoria)

Preghiera finale Rom 15,1-7

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

terzo incontro 17 ottobre 2013

Incontro informale di presentazione del Post esilio:

parliamo dell’esodo e dell’esilio, di donne e della profezia della casa. Accoglienza: Gianna

Preghiera allo Spirito Santo

Osserviamo insieme la Linea del Tempo

Ricordiamo alcune idee fondamentali che ci possono aiutare a continuare

il nostro cammino:

È fondamentale esaminare sempre la Linea del Tempo che ci aiuta

ad evidenziare il con-testo e il pre-testo dei brani biblici che stiamo

studiando.

Ricordiamo che l’Esodo è la “memoria fondante” di tutta la Storia

del Popolo d’Israele

L’Esodo ricorda la liberazione dalla schiavitù provocata dal

progetto dei Faraoni

YHWH vede, ascolta, scende e manda Mosè a liberare il suo

popolo: lo libera perché resti libero

Le Dieci Parole sono state date da YHWH al suo popolo perché non

torni ad essere schiavo

Il sistema tribale, che troviamo raccontato nei Libro dei Giudici,

cerca di realizzare, all’interno delle tribù, il progetto di Dio che sarà

continuamente ricordato dai profeti ogni volta che il popolo non

manterrà fede all’Alleanza.

La presentazione del Post Esilio lo si trova nel libretto delle memorie

12

Preghiera allo Spirito Santo

Vieni, Spirito Santo

e irrompi come un vento impetuoso

nelle nostre comunità.

Vieni Spirito Santo

come un fuoco ardente,

brucia tutto ciò che ci impedisce

di seguire il Vangelo di Gesù,

brucia ogni nostro atteggiamento

meschino,

brucia ogni carico inutile,

brucia ogni paura e ogni gelosia.

Infiamma il nostro cuore,

di un coraggio a tutta prova,

di una generosità senza limiti,

di una misericordia inesauribile.

Vieni, Spirito Santo,

e insegnaci a parlare l’unico linguaggio

che tutti possono comprendere:

il linguaggio dell’amore,

della salvezza,

del perdono.

Liberaci da tutto ciò che complica,

indebolisce e annienta le nostre parole.

Donaci di portare a tutti

il lieto annuncio

con parole cariche di bontà e rispetto.

Amen.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

quarto incontro 24 ottobre 2013

ESDRA e NEEMIA con don Italo

Preghiera: Sal 136 (137)

Vedi sussidio 2 e memoria

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

SUSSIDIO 2 Esdra e Neemia di Don Italo

Libri storici

I libri di Esdra e Neemia sono l’unica fonte che permette di ricostruire la

vita d’Israele all’epoca persiana (539- 333 a.C ): il ritorno dall’esilio, la

costruzione del Tempio, la centralità della legge di Dio nella vita del

popolo, la liturgia e la riedificazione delle mura di Gerusalemme.

13

Per molto tempo i libri di Esdra e Neemia sono stati considerati un unico

libro biblico con testi narrativi diversi ed eterogenei: emergono le Memorie

di Neemia e di Esdra, le liste dei rimpatriati, i documenti ufficiali, i testi

liturgici.

La narrazione si presta a essere divisa in tre parti.

La prima comprende i primi sei capitoli del libro di Esdra -

sacerdote e scriba - che narrano il ritorno dall’esilio babilonese, favorito

dal re Ciro, e la costruzione del nuovo Tempio anche se più piccolo e

meno splendido di quello di Salomone. L'edificazione del Tempio indica la

presenza di Dio in mezzo al suo popolo.

La seconda parte comprende i capitoli 7-10

Emerge la figura di Esdra, incaricato dal re Artaserse a portare a

Gerusalemme il Libro della Legge. A che cosa corrisponda questo libro non

è facile determinarlo: si suppone si tratti del Pentateuco. E’ comunque

importante il ruolo che la Legge di Dio assume in questo periodo. Essa

diviene la ‘carta costituzionale’ che dà identità al popolo rimpatriato.

L’attaccamento rigorista alla legge giunge però a esagerazioni quasi

fanatiche che provoca persino lo scioglimento dei matrimoni misti.

La terza parte riguarda il libro di Neemia, coppiere alla corte del re,

che chiede di tornare a Gerusalemme per ricostruire la mura città. La loro

riedificazione demarca la divisione di Israele, popolo di Dio, dagli altri

popoli. Neemia cerca anche di stabilizzare il tessuto sociale ed economico

delle città. In questo tempo s’incrementa l’osservanza del sabato, la lettura

della parola di Dio e la solidarietà tra i membri del popolo. Il capitolo

ottavo del libri di Neemia testimonia lo svolgimento della proclamazione

delle Scritture in Israele, che continua nella Chiesa cristiana. Importante

sono il luogo liturgico, costituito dall’ambone, visibile e più alto e la varie

tappe della proclamazione che richiamano quelle della ‘lectio divina’:

proclamazione, comprensione, accoglienza gioiosa, carità fraterna

Nei libri di Esdra e Neemia la trama è storica ma la finalità della

narrazione è teologica. L’autore sacro mostra la continuità tra il vecchio

tempio e il nuovo, sottolineata dagli utensili del tempio che ritornano

insieme al popolo. La terra senza il suo popolo era come rimasta vuota e

desolata. Le liste genealogiche assicurano la continuità dei rimpatriati con

gli antenati. Matura l’idea del resto santo, della stirpe santa, che purificata

dal peccato ritorna nella terra donata da Dio. Questi libri trasmettono

l’importanza di non dimenticare le proprie radici di fede: gli esuli

abbandonarono il benessere economico acquistato a Babilonia per ritornare

alla terra dei padri. Il ritorno è percepito come un nuovo esodo non più

come fuga dalla schiavitù sociale, ma come cammino verso le proprie

14

radici di fede e decisione a non perdere la propria specificità. L’attualità

del libro di Esdra e Neemia proviene dalla trasmissione dell’amore alla

casa di Dio, alla sua parola che viene proclamata a tutti e dalla gioia che

pervade le liturgie.

Da sapere che:

La collocazione di Esdra-Neemia nell’insieme dei libri biblici rivela

una certa fluidità. Nei codici cristiani del IV sec. d.C., Esdra- Neemia

seguono i libri delle Cronache, formando, con quelli di Samuele e dei Re,

l’insieme dei libri cosiddetti storici.

Nel testo ebraico, invece, la divisione in Legge, Profeti e Scritti, fa

ritrovare i libri di Esdra-Neemia nel terzo gruppo: gli Scritti.

In questo periodo, detto giudaismo, si sviluppano le ‘sinagoghe’

(casa di riunione) dove si studia e proclama la Parola.

Esdra e Neemia sono i due principali personaggi della restaurazione

della comunità giudaica dopo l’esilio babilonese.

Esdra era un sacerdote e, al contempo, scriba, cioè era una persona esperta

nella legge mosaica e sapeva riconoscere bene i casi in cui doveva essere

applicata. Tuttavia il titolo di scriba, a lui attribuito, equivale anche a

quello di segretario, consigliere, carica che, con molta probabilità, Esdra

ebbe presso il re di Persia Artaserse I Longimano. Questo sovrano, nel 458

a.C., diede il permesso ad Esdra di ritornare nel paese di Giuda e di recarsi

a Gerusalemme con un gruppo di esuli, per restaurare nella sua integrità

l’osservanza della legge e, di conseguenza, l’alleanza con Dio. Secondo

alcuni studiosi tale rimpatrio avvenne sotto Artaserse II, nel 397 a.C..

Neemia era il coppiere del re Artaserse I Longimano, apparteneva

all’ordine laicale e possedeva forte personalità, grande coraggio, dedizione

verso la preghiera e disinteressamento. A Neemia si deve la direzione e la

restaurazione edilizia e sociale della nazione.

Inizialmente i libri di Esdra e Neemia erano un’unica opera e,

insieme ai due libri delle Cronache, costituivano la grande opera

cronistica. Entrambi i testi raccontano l’opera di Esdra e Neemia per la

restaurazione materiale, morale e religiosa di Gerusalemme e della nuova

comunità d’Israele ritornata dall’esilio. La narrazione ha inizio con l’editto

di Ciro (539 a.C.) e il ritorno del racconto dei primi prigionieri a

Gerusalemme e della ricostruzione del Tempio, nonostante l’opposizione

dei Samaritani, ad opera di Zorobabele. Subito dopo fa il suo ingresso a

Gerusalemme Esdra, con un altra carovana, munito di ampie facoltà dal re

15

Artaserse per fare osservare la Legge. Egli incomincia la riforma con

misure severe.

Nel frattempo, Neemia, anch’egli munito di pieni poteri dal re per la

ricostruzione delle mura di Gerusalemme, arriva in Palestina e compie

l’opera ripopolando la città. Neemia viene eletto governatore, mentre

Esdra ha il compito di spiegare la Legge al popolo che s’impegna ad

osservarla.

Così come narrato dai due libri, il tempo migliore per il popolo ebreo

fu quello dell’uscita dall’Egitto con l’Alleanza che Dio concluse al Sinai e

che rinnovò nel paese di Moab, prima di passare il fiume Giordano. La

permanenza degli ebrei in Palestina fu segnata da continue infedeltà del

popolo, da Giosué a Samuele. Anche l’esperienza della monarchia non fu

tanto felice fatta eccezione di Davide, Salomone, Giosafat, Ezechia e

Giosia. Il cronista dei due libri presenta gli ebrei che stanno per rientrare in

Palestina, come al tempo delle steppe di Moab, preparandosi cioé a

ricevere il dono della Terra Promessa, nella osservanza perfetta delle

prescrizioni della Legge, nell’applicazione delle riforme necessarie per la

pratica sempre più perfetta della Legge dell’Alleanza. Al termine viene

celebrata una nuova e solenne Alleanza con Dio e da Dio il popolo riceve

una speciale benedizione con la ripopolazione della Città santa, con la

ricostruzione delle sue mura e l’ordinamento nuovo del popolo nella nuova

vita di adesione al suo Dio.

La caratteristica dei due libri sta nella citazione di documenti ufficiali

riportati per esteso in lingua aramaica, provenienti dalla corte persiana; a

questi si aggiungono altri documenti di origine ebraica. Il cronista, nel

comporre l’opera, si avvale di liste di famiglia, di documenti genealogici,

di ordini regi ma anche di ricordi personali.

Al di là delle caratteristiche letterarie del testo, il suo fine religioso è

pienamente raggiunto e il popolo d’Israele, dopo il castigo e la riflessione

sui propri casi in esilio, incomincia quella riforma di vita che lo condurrà

alla resistenza ai pericoli esterni e, con la guida dei profeti Aggeo e

Zaccaria, si proietta su di un avvenire messianico.

Esdra e Neemia, i ricostruttori

Il ripristino delle piste vocazionali, dopo aver perduto le coordinate

di Dio lungo la strada dei molti esodi della nostra vita, le fughe, gli

abbandoni, le dimenticanze… Sulle macerie di una storia vocazionale

spesso fatta di ritardi e anche di tradimenti, occorre formare di nuovo una

coscienza in grado di ascoltare; occorre ricostruire i rapporti, per rimettere

in piedi le persone sconfitte dalla vita e per riedificare una città degli

uomini davvero vivibile; occorre, soprattutto, riscoprire tutta la felicità di

16

credere in Gesù Cristo, e la gioia di vivere per qualcosa di veramente

grande.

Israele torna dall’esilio, non solo lasciando la terra straniera lungo i

cui fiumi ha pianto la nostalgia della sua casa, del tempio, delle feste, ma

lasciando soprattutto, almeno nell’appello dei profeti, una vita di

progressivo abbandono del suo Dio e della sua parola. Ci raccontano

questa fase importante della storia dei nostri padri Esdra, sacerdote e

scriba, e Neemia, alto funzionario della corte persiana.

Si tratta di un segmento di storia davvero interessante della vicenda

d’Israele, poiché indica a noi tutti, perenni reduci da qualche esilio dello

spirito, in quale direzione orientare il ritorno. Secondo questo prezioso

libro del primo Testamento ogni ritorno dovrebbe percorrere queste tre

piste: la riedificazione del tempio, la ricostruzione della città santa, il

ristabilimento della legge. Tre piste vocazionali, potremmo dire.

Riedificazione del tempio

Per Israele si trattava di una vera e propria ricostruzione, essendo

stato abbattuto il tempio precedente. Per noi la riedificazione è simbolica,

ma nondimeno impegnativa e importante. C’è un tempio di Dio da

ricostruire, in noi anzitutto.

Ricostruirlo dentro ciascuno di noi vuol dire non solo recuperare in

modo un po’ generico e scontato il senso della presenza di Dio in noi, ma

imparare a vivere i nostri sensi e la nostra sensibilità come luogo di questa

presenza, come mediazione di essa. Il nostro corpo non è tempio dello

Spirito Santo, come recitava una volta il vecchio catechismo? In pratica

non ci crediamo granché, o lo ricordiamo solo in chiave di contenimento e

controllo di certe pulsioni (sessuali) piuttosto vivaci. E intanto andiamo a

cercare improbabili teofanie o rivelazioni chissà dove e come, mentre i

nostri sensi, male e troppo alimentati, sembrano spenti, li abbiamo persi, o

resi incapaci di vedere, sentire, godere ciò che è vero-bello-buono, di

toccare e gustare Dio dove e come Egli è presente in noi e attorno a noi.

Quel Dio – per altro – che parla, sente, cerca il contatto con l’umanità di

ciascuno, gode, soffre, ha un volto, è sensibile… Quel Dio che è con chi

“sente” e vibra dentro nel suo nome; con chi dispensa attenzione e cura nel

suo nome; con chi ama e si appassiona nel suo nome.

Ricostruire il tempio vuol dire, allora, occhi nuovi per contemplare,

orecchie nuove per ascoltare, parole sagge per consolare, mani capaci di

stringere mani e accarezzare volti. Vuol dire essere persone dai sensi

spalancati che vivono ogni incontro, contatto e legame con la sensibilità e

la passione del Figlio.

17

Ricostruzione della città santa

La fede non è mai un fatto privato e in funzione di un interesse

soggettivo. Anche se ricorrenti sono la tentazione dello stesso credente di

viverla così e la pretesa di rinchiuderla in sacrestia da parte di chi non

crede. Oggi forse in modo del tutto particolare siamo chiamati a uscire dal

tempio, a rendere ragione della speranza che è in noi, a trovare parole per

trasmettere la bellezza di ciò in cui crediamo, a lasciare intravedere quale

risorsa anche sociale può costituire la fede in Cristo. Non è forse il

messaggio che Benedetto XVI da tempo lancia a tutto il mondo: riscoprire

la enorme valenza non solo sul piano sociale, ma persino su quello della

economia mondiale, della proposta cristiana?

Nella stagione difficile che stiamo vivendo quanto avvertiamo

l’importanza della vocazione del credente chiamato a impegnarsi

pubblicamente nella vita civile in quanto credente in Cristo!

In questi tempi di malaffare e corruzione, di scadimento morale della

figura del politico, come non riscoprire la vocazione del cristiano a

lavorare per il bene di tutti, della polis, senza interessi personali, con animo

integro, vivendo la politica come una missione? C’è chi dice che proprio la

vocazione del politico credente è quella in crisi e di cui oggi avvertiamo

maggiormente la necessità. Per costruire forse non proprio una città santa,

ma almeno vivibile.

Il ristabilimento della legge

Siamo al terzo orientamento del post-esilio d’Israele, che ci richiama

così da vicino a un esilio quanto mai attuale: l’esilio della morale. Che vuol

dire allergia verso la legge, rifiuto delle norme, abbandono di un

paradigma etico comune. E che ha portato a conseguenze gravi e che

vanno ben oltre una semplice questione di comportamenti più o meno

politicamente corretti. Questo esilio della morale, vogliamo dire, è

avvenuto in nome della libertà, intesa come autonomia, indipendenza,

soggettività esasperata. Ma ha portato e sta portando, di fatto, a qualcosa

che non sembra così liberante, e che è come una dittatura, una dittatura

tutta interna alla persona: è la dittatura dei sentimenti, di quel che uno prova

dentro di sé, e che proprio per il fatto di essere avvertito come desiderio o

esigenza si impone come un assoluto: “lo sento e lo faccio”, “lo voglio e lo

pretendo”, “mi va di farlo e dunque è giusto che lo metta in atto, e subito,

senza attendere”. È insensato diventare succubi di qualcosa che ci abita

dentro e ci sembra amico; e poi ci tradisce. Spesso la persona non si rende

conto dell’inganno, e così crede di essere libera e autonoma, ma è

dipendente e forse schiava.

18

Occorre invertire la tendenza. E qui il pio israelita ha qualcosa da

insegnarci. Perché, al di là dell’apparenza, egli aveva un rapporto bello con

la legge del Signore: “corro per la via dei tuoi comandi”, “io amo i tuoi

precetti”, “essi sono la mia gioia” (cf Sal 118).

A partire dal Decalogo, infatti, tutto ciò che nella Parola di Dio è

normativo non opprime la libertà del soggetto, al contrario esprime la

premura del Padre che vuole la felicità dei suoi figli, e per questo dà loro

delle indicazioni per camminare lungo quell’unica strada che porta alla

gioia, e che è già fatta di gioia a ogni passo: gioia da degustare con quei

sensi rinnovati ed evangelizzati di cui dicevamo prima.

Forse come cristiani dobbiamo fare un mea culpa al riguardo: non

sempre abbiamo espresso questa gioia; in fondo siamo stati noi a creare

una certa immagine del credente oppresso dalla legge, un triste osservante,

che forse è all’origine di quell’allergia verso la legge di cui dicevamo. Ci

siamo più preoccupati di osservare la norma che di sperimentare la libertà

e felicità di chi cammina nella via della giustizia; ci siamo più preoccupati

di compiere gesti miti, pazienti, misericordiosi…, e un po’ meno di

scoprire e manifestare quella gioia intima e pacata, come beatitudine

donata al mite, al paziente, al misericordioso.

È ora di raccontare al mondo quant’è bello, non solo doveroso e meritorio, essere

credenti in Cristo!

Senza lo Spirito Santo

Senza lo Spirito Santo

Dio è lontano,

Cristo rimane nel passato,

il Vangelo è lettera morta,

la Chiesa è una semplice

organizzazione,

l'autorità è una dominazione,

la missione una propaganda,

il culto una evocazione,

e l'agire dell'essere umano

una morale da schiavi.

Ma nello Spirito Santo:

il cosmo è sollevato e

geme nella gestazione del Regno,

Cristo risorto è presente,

il Vangelo è potenza di vita,

la Chiesa significa

comunione trinitaria,

l'autorità è un servizio liberatore,

la missione è una Pentecoste,

la liturgia è memoriale e

anticipazione,

l'agire umano è divinizzato. Patriarca Atenagora

do

19

quinto incontro 7 novembre 2013

IL RITORNO: VARI PROGETTI DI RICOSTRUZIONE

Il progetto di Aggeo e Zorobabele 538-520 a.C.

Accoglienza e accensione del lume

Preghiera Salmo 84 (83)

Memoria: che cosa ci ricordiamo dell’intervento di don Italo su Esdra e

Neemia?

Testi di studio:

o Esd 3,1-6 restaurazione dell’altare e ripresa del culto (538 a.C.)

o Esd 3,8-10 fondazione del secondo tempio (537 a.C.)

o Esd 3,12-4,5 la ricostruzione del tempio viene ostacolata

Insieme leggeremo il testo del profeta Aggeo:

o Ag: 1,1-2,9: il profeta invita Zorobabele e Giosuè a ricostruire il

tempio

I primi giudei rientrati da Babilonia per ricostruire il tempio si sono

scoraggiati presto. Ma il profeta Aggeo risveglia le loro energie e spinge il

governatore Zorobabele e il sommo sacerdote Giosuè a riprendere i lavori

del tempio che avvenne nel settembre del 520 a.C. (cfr Ag 1,15 e Esd 5,1).

Le brevi esortazioni di Aggeo sono datate dalla fine di agosto alla metà di

dicembre del 520 a.C.

Il profeta incoraggia il popolo a ricostruire Gerusalemme; per lui il punto

di partenza è la ricostruzione del tempio: la casa di Dio è il simbolo della

presenza di YHWH in mezzo al suo popolo. Simbolizza però anche la

magnificenza, il prestigio e i peccati del tempo dei re.

Si vuol costruire il presente avendo come modello un passato di gloria e

splendore, senza ricordare l’oppressione e la sofferenza del popolo.

20

Il sussidio e i testi dal Libro di Esdra ci possono aiutare ad entrare

nel contesto storico e cogliere le diverse fazioni e correnti.

Leggere e approfondire il brano del profeta Aggeo cercando di

rispondere a queste domande:

Quale la proposta del profeta?

Quale volto di Dio emerge dal brano?

Perché per Aggeo è necessario ricostruire il tempio?

Quale il desiderio e i progetti di Zorobabele e del sommo

sacerdote Giosuè?

La ricostruzione del tempio quale speranza poteva suscitare

nel popolo?

Quale preoccupazione?

Per noi oggi:

Nei momenti di disperazione e di crisi che cosa ci aiuta a

resistere e a sperare?

Riprendiamo il nostro studio e la condivisione anche nei piccoli gruppi.

Il motivo che ci spinge a stare insieme è soprattutto il desiderio di scoprire Dio

nella nostra vita, quella di tutti i giorni, fatta di momenti gioiosi e momenti tristi,

insieme ritroviamo la forza di andare avanti per testimoniare la nostra fede e la

nostra speranza.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

Eccomi davanti a Te

Eccomi davanti a te Signore! Attendo le tue mani sul mio capo prima di tuffarmi nel giorno.

Tieni i tuoi occhi su di me! Non venga mai meno la certezza della tua amicizia.

La tua musica calmi i miei pensieri nel rombo frettoloso della strada. Il sole del tuo amore, anche nei giorni di bufera,

renda generosa la mia mente e alimenti di luce la mia vita perché maturi come frumento.

Tagore ( 1861-1941 Calcutta)

21

SUSSIDIO 3

I VARI PROGETTI DI RICOSTRUZIONE

Il ritorno: la nuova situazione

Il decreto di Ciro permette il ritorno degli esuli. Molte famiglie

raccolgono le loro cose e ritornano a Giuda e Gerusalemme, desiderosi di

ricominciare la loro vita in patria e di ricostruire la città santa e il Tempio

del Signore. Ma non tutti pensano alla stessa maniera ed hanno gli stessi

obbiettivi. Alcuni testi biblici descrivono questo conflitto in seno alla

comunità degli esuli (cfr. Ger 24; 27; 29); gli stessi profeti hanno idee e

proposte molto diverse. Basta confrontare le proposte restrittive di

Ezechiele (Ez 40-48) con il messaggio universale di Isaia (Is 48-52). Tornando

in patria, gli esuli portano con sé anche tutti questi contrasti. C’è inoltre da

considerare un altro fatto: molti ebrei non sono stati esiliati e durante

l’assenza degli altri si sono organizzati a modo loro; ora non se la sentono

di accettare il comando e le imposizioni di coloro che sono rientrati. A

tutto questo si aggiunga che anche i persiani, come dominatori, hanno

avuto una loro politica, interessi ed obiettivi ben precisi. Questi conflitti in

seno alla piccola comunità di Giuda si possono facilmente constatare

analizzando i vari tentativi di ricostruzione dopo l’esilio.

Esilio:un riflesso dell’esperienza umana di dispersione e di ritorno

L’esilio non era solo un fenomeno geografico: era anche il riflesso -

geografico - di qualcosa di più profondo che si verificava dentro il popolo

e che avviene in ogni essere umano. Tutti viviamo in stato perenne di

dispersione e di ritorno.

La Dispersione: il movimento che allontana da Gerusalemme

Con la distruzione di Gerusalemme nel 587, si ruppe l’identità e

l’immagine che il popolo aveva di se stesso. I pezzi di questa immagine si

dispersero nei vari gruppi e tendenze che si formarono nei secoli

successivi. Ogni gruppo pretendeva essere il legittimo erede di tutto; da

questo atteggiamento derivano le divisioni interne che caratterizzano tutto

il periodo successivo all’esilio; divisioni così profonde da impedire la

riconciliazione: gruppo pro-Egitto (cfr. Ger 41,17), gruppo pro-Babilonia

(cfr. Ger 40,9), gruppo legato agli Ammoniti (cfr. Ger 40,11.14; 41,15),

gruppo di Baruc figlio di Neria (Ger 43,3). E tutti avevano influenza sul

popolo, che rimaneva senza difesa (cfr. Ger 41,10; 42,13-14). Ogni gruppo

aveva il suo modo di leggere il passato, la tradizione e la legge.

Il ritorno: il movimento che cerca Gerusalemme.

Il ritorno non è soltanto geografico, è anche il tentativo sempre nuovo di

ritrovare l’identità perduta, di ricostruirla nella nuova situazione politica,

22

sociale e religiosa in cui si trovava il popolo. Ci furono vari tentativi,

differenti e opposti: Aggeo e Zorobabele, subito dopo la schiavitù, tentano di

ripristinare la monarchia; Zaccaria e Giosuè vogliono ricostruire il tempio; i

discepoli di Isaia fanno il tentativo ecumenico di riattivare la missione del

popolo come “Luce delle Nazioni”; Neemia vuol trasformare Gerusalemme

in un forte centro simbolico per tutti gli ebrei del mondo - e ciò esigeva

che il popolo fosse riorganizzato in un ritorno alla grande disciplina -;

Esdra cerca di imporre la legge di Dio come legge di Stato per gli abitanti

della Palestina.

Il progetto di Aggeo e Zorobabele: 538-520 a.C. (cfr. Ag 1,1-2,23; Zc 4,6-10;

6,9-15)

Subito dopo il decreto di Ciro (538) solo poche famiglie ritornano a

Gerusalemme, guidate da Sesbassar (Esd 1,11) ed iniziano immediatamente

la ricostruzione del Tempio (Esd 3,1-13). Ma dinanzi alle molte difficoltà,

soprattutto l’opposizione dei samaritani, i lavori si fermano (Esd 4,23-24).

Verso il 520, durante la guerra civile persiana, il re Dario, per

rafforzare il confine con l’Egitto appena conquistato, permette il ritorno di

un gruppo più consistente di esuli. Guida questo gruppo l’ultimo

discendente della dinastia di Davide, Zorobabele. Egli è dunque il capo

della casa reale di Giuda, l’erede della promessa (cfr. 2Sam 7). La guerra

civile nell’impero persiano e il ritorno di Zorobabele, alimentano la

speranza dell’indipendenza e del ripristino della monarchia.

Zorobabele rappresenta la speranza di una parte del popolo, dei

sacerdoti e dei profeti Aggeo e Zaccaria. Gli oracoli del profeta Aggeo (Ag

2,1-29) incoraggiano il popolo a ricostruire il Tempio ed a cogliere un

segno favorevole da parte di Dio:

Zorobabele ritornerà e sarà il nuovo re, le difficoltà saranno ben

presto superate e ci sarà pace e cibo per tutti.

Aggeo e Zorobabele cercano di ripristinare la monarchia secondo il

modello di Davide, precedente all’esilio; è un grido d’indipendenza

bruscamente messo a tacere. Dario assicura il suo dominio sull’Egitto e i

persiani sono i padroni della situazione.

Verso il 515 il tempio restaurato viene inaugurato, ma negli scritti

della Bibbia non ci sono notizie della presenza di Aggeo e Zorobabele (Esd

6,15-22); spariscono dalla storia senza lasciar tracce, forse imprigionati e

deportati dai persiani.

23

sesto incontro 21 novembre 2013

IL RITORNO: VARI PROGETTI DI RICOSTRUZIONE

Il progetto di Zaccaria e Giosuè 520-515 a.C.

Accoglienza e accensione del lume

Preghiera Salmo 19 (18)

Testi di studio:

o Esd 4,24-6,14 ripresa della costruzione del tempio (520 a.C.)

o Esd 6,15-22 la inaugurazione del secondo tempio (515 a.C.)

Insieme leggeremo i due capitoli del profeta Zaccaria:

o Zc 7: gli insegnamenti del passato che illuminano il presente

o Zc 8: incoraggiamento e speranze per il popolo

Il progetto di Zaccaria e del sommo sacerdote Giosuè è la

continuazione del precedente progetto di Aggeo e Zorobabele.

Dopo il fallimento della monarchia, cercano di dare alla comunità giudaica

una struttura eminentemente religiosa: restaurano il culto, la liturgia, i

sacrifici. Non potendo essere un regno indipendente, Giuda si distinguerà

dagli altri popoli diventando una comunità cultuale. L’elemento di unione

del popolo è la fede e il culto a YHWH nel tempio di Gerusalemme.

Questo progetto riuscirà a realizzarsi perché è gradito anche ai

persiani. In assenza del re, il potere si concentra nelle mani del sommo

sacerdote (Zc 6,9-15); la Legge e i sacrifici diventano i segni di unione del

popolo. La comunità si chiude su se stessa (Esd 6,21).

Il Tempio ricostruito e il culto restaurato saranno le colonne portanti

del popolo eletto.

I sacerdoti formatosi attorno a Giosuè, diventeranno in futuro il gruppo

dei sadducei.

La separazione, l’identificazione con il culto, le leggi del puro e

impuro e la centralità del tempio, saranno le caratteristiche della religione

del popolo della Giudea che continueranno fino al tempo di Gesù.

Il progetto iniziato da Zaccaria e Giosuè sarà portato a termine da Esdra.

24

L’attività del profeta Zaccaria (cc. 1-8), segue da vicino quella del

profeta Aggeo. Il suo primo intervento risale all’ottobre-novembre del

520 a.C. (Ag 1,1), un mese prima dell’ultimo oracolo di Aggeo

(Ag 2,10-20); la sua predicazione, fatta in particolare da “visioni”,

proseguirà fino al novembre del 518 (Ag 7,1), tre anni prima della

dedicazione del tempio avvenuta nel 515. Zaccaria è figlio o nipote di

un sacerdote ed è sacerdote lui stesso, i suoi interventi sono conformi

ad una mentalità sacerdotale: ruolo del tempio, mantenimento o

soppressione dei digiuni commemorativi, preoccupazione per la purità

e la santità del luogo dove si trova il tempio.

Leggendo il nuovo sussidio e l’introduzione alla scheda entriamo

ancora meglio nel periodo storico che stiamo studiando.

Zc 7 e 8: in questi due capitoli del profeta Zaccaria troviamo due

aspetti importanti: la memoria e il desiderio che tutti i popoli

riconoscano la città di Gerusalemme come la dimora di Dio.

Dividiamo i due capitoli in brani per poter meglio cogliere i vari

aspetti aiutandoci da queste domande:

Quali sono i problemi e i desideri del popolo che emergono?

Quale le risposte del profeta? Come si pone nei confronti del

popolo? Quale futuro prospetta?

Quale volto di Dio appare nei brani?

Altre considerazioni che possono venire evidenziate.

Per noi oggi:

Quale messaggio possiamo ricavare da questi brani?

La nostra partecipazione al “sacro” riusciamo a legarla al nostro

vivere di tutti i giorni?

I momenti liturgici li sentiamo parte della nostra vita?

Come? Perché?

Zc 8 può essere anche per noi un messaggio di speranza?

Perché?

25

SUSSIDIO 4

NON CI SONO PIÙ PROFETI…MA C’È LA PROFEZIA

Non ci sono più profeti

Con la crisi dell’impero persiano e le difficoltà per la conquista

dell’Egitto fanno sì che il re Dario permetta la ricostruzione del Tempio. In

questo periodo troviamo i profeti Aggeo, Zaccaria e i discepoli di Isaia che

parlano attraverso il Trito Isaia (Is capitoli 56-66).

Subito dopo, in un’epoca che non è facile datare, troviamo anche Gioele,

Abdia e Malachia.

Segue un periodo di silenzio in cui «non ci sono più profeti!» (Sal 74,9).

Uno dei fatti determinanti per la scomparsa della profezia è il processo di

“imprigionamento” della Parola.

I Sacerdoti del Tempio “canonizzano” gli scritti della Sacra Scrittura,

rendendo più difficili nuove esperienze di Dio. È come se Dio avesse già

detto tutto per bocca degli “antichi profeti” (cfr Zc 1,4; Sir 49,10). Adesso chi

parla “in nome di YHWH ” o pronuncia “oracoli di YHWH ” deve essere

eliminato (Zc 13,3)! La Legge diviene norma essenziale e basilare

dell’esperienza di Dio: chi osserva rigorosamente i 613 precetti della

Legge è salvo, è con Dio. La Legge diventa l’unico orientamento di vita

del popolo, fin nei minimi dettagli.

Ma la profezia esiste

Nonostante gli sforzi canonici per controllare le esperienze di Dio, tra il

popolo emerge, anche se in forma meno esplicita, una latente attività

profetica.

Dal tempo di Esdra e Neemia possiamo individuare i seguenti segni

profetici:

Il “popolo-Servo”, animato dallo Spirito, parla in nome di Dio.

La rilettura attualizzata degli scritti degli antichi profeti.

La dimensione profetica della Legge, della Tradizione e della Sapienza

del popolo.

I cosiddetti “scritti di opposizione” come Rut, Giona, Giobbe, Qoelet.

La religiosità del popolo che si esprime con pellegrinaggi e celebrazioni

popolari.

La fede dei “piccoli” e dei poveri nel movimento apocalittico popolare.

Il risorgere della speranza e dello spirito di profezia nel ministero di

Giovanni Battista e di Gesù di Nazaret.

26

Parte di questo percorso profetico è conservato in libri che non furono

accettati dal sacerdozio ufficiale, i cosiddetti Apocrifi (apocrifo significa:

segreto, nascosto). Sono libri che non si possono usare nelle celebrazioni

perché non fanno parte del canone ufficiale. La maggior parte degli

Apocrifi sono di origine apocalittica.

I libri profetici del periodo del Post-Esilio

Aggeo: un piccolo libro; il profeta chiede che il Tempio venga

ricostruito con urgenza, affinché l’erede di Davide, Zorobabele,

possa regnare su Gerusalemme e Giuda.

Zaccaria: sono due libri in uno! L’autore di Zc 1-8 - prima parte - è un

profeta contemporaneo di Aggeo. Egli chiede la riorganizzazione di

Giuda con il re Zorobabele e ripristina il culto con il sommo

sacerdote Giosuè. Il profeta usa un linguaggio pieno di visioni

notturne e valorizza la dimensione cultuale della Parola.

La seconda parte del libro dal cap. 9 al 14, appartiene all’epoca della

dominazione greca; uno scritto importante perché presenta le

caratteristiche del Messia, un re povero e umile (Zc 9,9).

Isaia III o Trito Isaia (Is 56-66): è opera di un gruppo che insiste sul

progetto alternativo di ricostruzione. Restaurazione non significa

soltanto ricostruzione del Tempio, ma costruire un Nuovo Cielo e

una Nuova Terra (cfr Is 65). La gloria di YHWH sarà proclamata da

tutte le Nazioni.

Abdia: è il libro più breve dell’Antico Testamento; un piccolo oracolo

contro il regno di Edom per aver tradito Giuda, alleandosi con i

nemici del popolo di Dio.

Gioele: di fronte alla piaga delle cavallette, il profeta invita tutto il

popolo ad un digiuno di pentimento. La promessa dell’effusione

dello Spirito su tutta la terra, infonde coraggio al popolo di fronte alla

crisi di assenza di Dio (Gl 3,1-2).

Malachia: il profeta accusa i capi del popolo di essere i responsabili

del caos esistente in quel periodo storico; ci sono tensioni e conflitti

nella comunità, fra il popolo semplice ed il sacerdozio corrotto.

Giona: si trova nell’elenco dei profeti, ma in realtà è una storia

didattica attribuita ad un antico profeta (cfr. 2Re 14,25). È un libro di

opposizione: dimostra che la salvezza di YHWH è destinata a tutti i

popoli.

27

settimo incontro 5 dicembre 2013

IL RITORNO: VARI PROGETTI DI RICOSTRUZIONE

Il progetto “Luce delle Nazioni” 520-445 a.C.

Accoglienza e accensione del lume: Rosarita

Preghiera: Is 63,7-19

Testi di studio: Is 56,1-8; Is 58,1-14

Contesto storico

Un gruppo di rimpatriati in preda ad una profonda crisi di fede,

poiché le promesse del Deutero Isaia non si stavano realizzando, si poneva

molte domande: “Come credere alla fedeltà di Dio? Che significato poteva avere

essere popolo eletto? Come si potevano osservare i precetti dell’alleanza?” Grande

era la loro tentazione di interpretare la situazione del presente come una

mancanza di fedeltà da parte di Dio per il suo popolo, era perciò facile

cadere nello scoraggiamento e nella disobbedienza.

In questa pericolosa situazione diversi autori che si rifacevano al

pensiero del Deutero Isaia, in un intervallo relativamente breve di tempo,

cercarono di incoraggiare il popolo, dando una nuova interpretazione alle

antiche promesse di salvezza, rifacendosi alle tradizioni del patrimonio

religioso d’Israele.

Un redattore raccolse questi oracoli, tramandati sia a voce che per

iscritto, disponendoli secondo un piano ben ordinato, per venire incontro

anche alle comunità di eunuchi, babilonesi e poveri che erano stati esclusi

dal progetto di Zorobabele e Giosuè ed in seguito anche da quello di

Neemia e Esdra.

Leggiamo il libro “Piccola Guida alla Bibbia” di Gallazzi da pag 101 a pag 107 e i

vari sussidi che vi proponiamo per comprendere meglio i testi.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

A Gesù Bambino

Signore Gesù, tu sei nato debole perché io non abbia mai paura di te. Sei nato povero perché io ti consideri la mia unica ricchezza.

Sei nato piccolo perché io non cerchi di dominare gli altri. Sei nato in una grotta perché ogni uomo sia libero di incontrarti. Sei nato nella semplicità perché io smetta di essere complicato.

Sei nato per amore perché io non dubiti mai del tuo amore.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

28

Schema a chiasmo del TERZO ISAIA

A 56,1-8 YHWH Dio di tutti i popoli

B 56,9-57,13 denuncia dei sacerdoti perversi

C 57,14-21 annuncio di un nuovo futuro

D 58,1-14 denuncia del culto corrotto

E 59,1-15a confessione delle iniquità

F 59,15b-21 manifestazione di Dio che giudica e salva

G 60 splendore di Gerusalemme e di Sion

Centro del Terzo Isaia 61 La Buona Notizia dell’unto di YHWH

G’ 62 splendore di Gerusalemme e di Sion

F’ 63,1-6 manifestazione di Dio che giudica e salva

E’ 63,7-64,11 confessione delle iniquità

D’ 65,1-16 denuncia del culto corrotto

C’ 65,15-27 annuncio di un nuovo futuro

B’ 66,1-6 denuncia dei sacerdoti perversi

A’ 66,7-24 YHWH Dio di tutti i popoli

29

Dopo aver osservato il CHIASMO del Terzo Isaia e aver

contestualizzato i brani, analizziamoli in profondità.

Is 56,1-8:

Chi parla? Che cosa dice? A chi si rivolge?

Evidenziamo con chiarezza le categorie del popolo che

emergono, quali sono?

Riconosciamo i verbi e le azioni.

Quale volto di Dio appare? Quali sono i suoi desideri?

Quali le promesse per il popolo? Confrontiamoli con i testi

precedenti di Aggeo e Zaccaria.

Alcune espressioni del brano sono riprese nei vangeli,

quali e in che contesto?

Riusciamo a sintetizzare il messaggio di questo brano con una

frase?

Is 58,1-14:

Chi parla? Che cosa dice? A chi si rivolge? Perché?

Evidenziamo con chiarezza le categorie del popolo che

emergono, quali sono?

Riconosciamo i verbi e le azioni.

Quale volto di Dio appare? Quali sono i suoi desideri?

Che cosa denuncia?

Confrontiamoli con i testi precedenti di Aggeo e Zaccaria.

Alcune espressioni del brano sono riprese nei vangeli, quali e in

che contesto?

Riusciamo a sintetizzare il messaggio di questo brano con una

frase?

Per noi oggi:

Come possiamo attualizzare questi brani?

Quale il messaggio di speranza e di denuncia per noi?

Altre considerazioni

30

SUSSIDIO 5

IL PROGETTO “Luce delle Nazioni” nel corso della storia

Il periodo dei giudici: un modello per i profeti

Attraverso le parole e le loro lotte, i profeti perseguivano un grande

obiettivo: restaurare la Giustizia e il Diritto (Is 1,16-17; 56,1; Am 5,14-15; Os

2,21; Mic 3,1.9; Zc 7,9-10). Per il profeta la presenza tra il popolo di poveri,

orfani e vedove, dimenticati e senza diritti, significava la rottura

dell’Alleanza. C’erano infatti leggi molto chiare che difendevano il diritto

dei poveri (Es 22,20-27; Dt 10,14-22). I profeti volevano giustizia e

chiedevano che questi diritti fossero rispettati. Da qui deriva la violenza

della loro predicazione contro il re, contro il Tempio, contro tutto quanto

potesse essere causa della povertà del popolo. Per restaurare il Diritto, il

profeta pensava di ritornare ai principi vigenti al tempo dei Giudici, «quando Israele non aveva ancora un re e ognuno faceva quel che gli sembrava

giusto» (Gdc 21,25). Di fatto, la memoria di questo tempo è sempre presente

ed esso viene considerato un periodo fondamentale, nel quale si cercava di

vivere l’Alleanza osservando la Legge e i Comandamenti: ad esso si

ispirano pure i seguaci di Isaia quando, di ritorno dall’Esilio, vogliono dare

il loro contributo alla ricostruzione di Giuda (Is 40-55).

La situazione si ripete

La predicazione del profeta della Consolazione (Is 40-55) aiutava gli esuli a

confrontare la loro situazione di esilio con la situazione degli ebrei schiavi

in Egitto. YHWH stava offrendo loro una nuova opportunità per

ricominciare tutto da capo, perché stava realizzandosi un Nuovo Esodo (Is

43,16-21).

Un tempo YHWH aveva liberato il suo popolo da condizioni simili,

l’aveva riscattato dalla schiavitù, guidato e alimentato nel deserto,

condotto alla Terra promessa ad Abramo e alla sua discendenza.

Ora YHWH richiamava il suo popolo alla giustizia e alla santità e questo

doveva diventare un nuovo inizio, una nuova storia, un Nuovo Popolo

rinato dall’osservanza dell’Alleanza originale, quella di Abramo e Sara (cfr

Is 51,1-2).

Ma il progetto non si realizza

I seguaci di questo progetto non riuscirono nel loro intento; il popolo

non accettò di ricostruire il paese secondo i principi proposti. La situazione

non era più la stessa, in questo contesto la storia non può ripetersi.

31

Il progetto “Luce delle Nazioni”, “seminato” tra il periodo di

Zorobabele (520 a C.) e quello di Neemia (445 a.C.), non riuscì ad imporsi:

germinò ma non crebbe.

Cosa era successo?

Innanzitutto il popolo non era unito. I loro capi pensavano solo al

passato, l’esilio era stato soltanto un triste momento della storia, che

doveva essere dimenticato e superato. Il progetto di Zorobabele e Giosuè si

ispirava al modello precedente la distruzione: il Tempio, il re, le glorie

passate, come se nulla fosse accaduto.

C’era poi un altro fatto che non poteva passare inosservato: il

dominio persiano. Israele non era più padrone del suo destino, non era un

paese libero e indipendente. Il popolo che faceva ritorno dall’esilio

rimaneva ancora totalmente sottomesso al potere persiano, sia a Babilonia

che in Giuda.

Gli esiliati ritornarono in Giuda, non in forza della loro

organizzazione, ma soltanto grazie all’imperatore Ciro. Sarebbero stati per

sempre una piccola colonia nell’immensità di un grande impero.

I persiani avevano i loro interessi e la loro politica; quando c’erano

minacce nel paese che confinava con l’Egitto, l’imperatore mandava i suoi

agenti, come fece con Esdra e Neemia.

Queste difficoltà furono fatali per il progetto “Luce delle Nazioni”. Non basta avere un bel programma, bisogna avere anche organizzazione,

forza politica ed economica, persone preparate, capacità di coinvolgere le

comunità. Sarebbero state necessarie profonde riforme economiche

contrarie agli interessi dei grandi (cfr. Ne 5). Non c’erano forze sufficienti perché il seme, piantato con tanta speranza,

potesse arrivare a dar frutto. Il progetto fallì. Ma il seme non morì!

Nel Deutero Isaia si legge che “La Parola di Dio non ritorna a Lui senza aver

dato frutto” (Is 55,10-1): il progetto “Luce delle Nazioni” verrà ripreso da Gesù

di Nazaret e dai suoi seguaci.

Si avverano le parole di Isaia: “Io dico: Il mio progetto si realizzerà; io

compio la mia volontà” (Is 46,10).

32

ottavo incontro 19 dicembre 2013

Il progetto “Luce delle Nazioni” rivive in Gesù e nelle

comunità cristiane

Accoglienza Accensione del lume:

chi vorrà accenderà un lume con un piccolo pensiero o una preghiera

Preghiera: Lc 1,46-55 - Maria canta la speranza degli ultimi e dei poveri (cfr Is 61,10-11)

Testi a confronto: Is 61,1-9; Lc 4,14-30

Gesù realizza la Parola di Dio

Come i profeti dell’Antico Testamento, Gesù viene a restaurare e

rinnovare l’Alleanza (Lc 22,20) che molte volte era stata rotta. La religione

ufficiale di quel tempo disprezza i poveri come “nati nel peccato” (Gv7,49),

come “popolo maledetto che non conosce la legge” (Gv 7,49). Il gruppo

sacerdotale e farisaico, invece di aprire al povero la strada verso il Regno,

gliela chiude e gli impedisce di entrare (Mt 23,13), escludendolo

dall’Alleanza.

Per trent’anni Gesù vive a Nazaret alla scuola di Maria, sua madre e dei

poveri. Conosce il mondo del lavoro, sente sulla sua pelle lo sfruttamento a

cui il popolo è condannato e il disprezzo con cui è trattato dai

rappresentanti di Dio. Conosce le profezie che avevano alimentato una

grande attesa. Conosce anche le varie interpretazioni dei farisei, sadducei,

esseni e sa che tutti pensano di essere gli interpreti fedeli della volontà di

Dio; una tentazione da cui Gesù non si lascia coinvolgere (Lc 4,18-19).

Nella sinagoga di Nazaret Gesù presenta il suo programma e la sua

missione, citando le parole di Isaia:

“Lo Spirito del Signore è su di me,

per questo mi ha consacrato con l’unzione,

e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio,

per proclamare la liberazione ai prigionieri,

per dare la vista ai ciechi,

per liberare gli oppressi,

per predicare un tempo di grazia del Signore”

(Lc 4,18-19; Is 61,1-2).

33

In questo incontro così vicino al Natale cercheremo di contemplare,

attraverso i testi biblici, come Gesù ha aderito e fatto suo il progetto

“Luce delle Nazioni”.

Metteremo a confronto il cap. 61 di Isaia con il testo del vangelo di

Luca che parla di Gesù nella sinagoga di Nazaret.

Is 61,1-9: Analizza il testo considerato il “centro” del Terzo Isaia (osserva il chiasmo) e

metti in risalto i verbi, le azioni e le categorie di persone che vengono

elencate.

Quali immagini suscita il messaggio? Quali emozioni? Quali speranze e

per chi?

Lc 4,14-30: Gesù riprende alcuni versetti di Is 61, in che contesto? Perché? Con quale

autorità?

Dopo aver letto attentamente il brano, prova a immaginare la scena e

lasciati coinvolgere dalla situazione.

Che sentimenti suscita?

Prova a dare una spiegazione alla reazione degli abitanti di Nazaret.

Per noi oggi:

Come legare questo brano al tempo liturgico che stiamo vivendo?

Proviamo a riflettere sul significato liturgico del Natale e su quello

che il consumismo propone.

Il progetto “Luce delle Nazioni” che proposte può fare ai credenti di oggi?

Che proposte fa a noi donne?

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

SUSSIDIO 6

IL PROGETTO “Luce delle Nazioni” e Gesù

Gesù e le comunità cristiane fanno rivivere il progetto

“Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere

irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, così sarà della mia

parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato

ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata.” (Is 55,10-11)

Nonostante tutte le avversità, le speranze del popolo non andarono perdute.

Secondo le promesse espresse nel Libro di Isaia, il progetto “Luce delle

Nazioni” verrà ripreso da Gesù di Nazaret e dai suoi seguaci. Gesù assume

34

questo impegno di fronte a tutti nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,17-19; cfr. Is

61,1-9) e identifica la sua missione con la missione del Servo.

La comunità dei seguaci di Gesù utilizza ampiamente le pagine di Isaia:

o Paolo, scrivendo ai Romani, afferma che il progetto Luce delle

Nazioni raggiunge la sua pienezza in Cristo (cfr. Rm 10,14-21 con Is

52,7; 65,1-2; cfr. Rm 11,26-27 con Is 59,20-21; 52,9; cfr. Rm 3,15-17 con Is

59,7-8).

o Nel suo impegno di evangelizzazione, la comunità cristiana rilegge il

messaggio dei seguaci di Isaia, rivelando il vero volto di Gesù, come

ha fatto Filippo con l’eunuco etiope. (At 8,26-40).

Il Nuovo Testamento nasce da questa catechesi.

A titolo di esempio, osserviamo lo schema che segue:

Testo di Isaia

Tema della catechesi

della prime comunità

Testo del

Secondo Testamento

42,1-4

42,6; 49,6

52,10; 58,10

60,19

61,1-2

53,3-4

55,1-3;

58,10-11

54,13

53,7-8

66, 1-2

54,1-17

60,1-3

Gesù è il servo di YHWH

Gesù è luce della Nazioni

Gesù luce del mondo

La Comunità cristiana è luce

Gesù è l’inviato del padre

Gesù è la Parola di Dio che

cura tutte le malattie

Gesù è l’acqua che disseta

Gesù e la Parola che guida

il popolo alla Legge di Dio

Gesù è l’agnello mansueto che

prende su di sé i nostri dolori

Il Tempio è stato superato

Gesù è il nuovo Tempio

La comunità cristiana è l’erede

della promessa

Le nazioni della terra

cammineranno

Alla luce di Cristo

Mt 12,15-21

Lc 2,29-32; Gv 8,12

At 13,44-49

Mt 5,14

Lc 4,17-22

Mt 8,16-17

Gv 4,1-42; 7,37-39

Gv 6,44-47

Gv 1,36; Mt 26,63;

At 8,32-33

1Pt 2,22; Gv 2,21;

2Cor 6,16

At 7,44-53; Gal 4,21-31

Ap 21,22-26

35

Il Progetto “Luce delle Nazioni” ritorna a dar frutto nella predicazione,

nell’attività catechetica dei seguaci di Gesù e nella testimonianza della

comunità cristiana. Si avverano le parole di Isaia: “Il mio progetto si realizzerà.

(Is 46,10).

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

nono incontro 9 gennaio 2014

Riprendiamo con entusiasmo il nostro cammino invocando la

benedizione del Signore per l’anno che sta iniziando:

“Ci benedica il Signore e ci protegga.

Il Signore faccia brillare il suo volto su di noi e ci sia propizio.

Il Signore rivolga a noi il suo volto e ci conceda pace”.(Nm 6,24-26)

Accoglienza

Accensione del lume: Mgiulia con un momento di ringraziamento per

l’anno è appena iniziato

Preghiera: Is 62,1-12

Leggeremo alcuni brani tratti dal nostro testo “Piccola Guida alla Bibbia” - da

pag 101 a pag 110 – per ripercorrere insieme gli ultimi incontri.

Sarà l’occasione per condividere riflessioni, testimonianze e nuove proposte.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

Dall’esortazione apostolica “Evangeli gaudium” (punto 1 e 4)

“La gioia del vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro

che si incontrano con Gesù.

Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato,

dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù

Cristo sempre nasce e rinasce la gioia.

I libri dell’Antico Testamento avevano proposto la gioia della

salvezza, che sarebbe diventata sovrabbondante nei tempi

messianici. Il profeta Isaia si rivolge al Messia atteso salutandolo

con giubilo: “Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia”

(Is 9,2).

E incoraggia gli abitanti di Sion ad accoglierlo con canti. La

creazione intera partecipa di questa gioia della salvezza.

Ma forse l’invito più contagioso è quello del profeta Sofonia, che

ci mostra lo stesso Dio come un centro luminoso di festa e di gioia

36

che vuole comunicare al suo popolo questo grido salvifico. Mi

riempie di vita rileggere questo testo: “ il Signore, tuo Dio, in

mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il

suo amore, esulterà per te con grida di gioia” (Sof 3,17).

È la gioia che si vive tra le piccole cose della vita quotidiana,

come risposta all’invito affettuoso di Dio nostro padre: “Figlio, per quanto ti è possibile, trattati bene…Non privarti di un giorno

felice” (Sir 14,11.14).

Quanta tenerezza paterna si intuisce dietro queste parole!

Perché non entrare anche noi in questo fiume di gioia?

Papa Francesco

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

Chi sono gli antenati del popolo eletto?

Una riflessione di André Chouraqui (1917-2007) scrittore francese.

Ebreo di origine algerina, si sentiva "cittadino del Mediterraneo". Si impegnò

tenacemente nella promozione del dialogo tra Ebraismo, Islam e Cristianesimo.

Nella Bibbia poche parole bastano a descrivere l’uscita dall’Egitto

(Es 12,36-40) lo stile dei racconti ricorda le lunghe veglie della tribù,

intorno al fuoco del campo, nei deserti della penisola sinaitica, scandendo

fino all’ebbrezza la storia miracolosa di una salvezza, con frasi lapidarie,

ripetute in cadenza di generazione in generazione, dai discendenti di quegli

uomini miracolati.

Israele non parte da solo: una “grande accozzaglia” di egiziani,

approfitta dell’occasione per fuggire dal paese. Fuggire dall’impero dei

faraoni era quasi impossibile, le frontiere erano protette da una rete di

fortezze inespugnabili, le sentinelle se scorgevano eventuali fuggitivi

potevano arrestarli o ucciderli.

Dopo le dieci piaghe il faraone permette ai figli d’Israele di partire;

schiavi, fuggiaschi, oppositori approfittano di quella circostanza per

scappare da quella terra di schiavitù insieme agli ebrei.

Gli schiavi sono spinti fuori dalle prigioni dai loro aguzzini (Es 13,33).

Nella fretta, il popolo porta con sé la pasta non lievitata. La cuociono così,

e celebrano la Pasqua nella notte tra il 14 e il 15 di Nissan.

Di secolo in secolo, in questa data, gli ebrei celebreranno l’avvenimento

consumando pasta non lievitata, sotto forma di pane azzimo, i cristiani

sotto forma di ostie.

37

Il 15 di Nissan, all’alba, gli ebrei lasciano, senza desiderio di

tornarvi, la terra di schiavitù. Il racconto raggiunge una grandezza epica

quando il mare si apre davanti ai fuggitivi per farli passare, mentre si

riversa sull’esercito del faraone che li inseguiva e lo inghiotte. Israele

nasce alla sua libertà sulle rive deserte della penisola sinaitica, arricchito

dalla presenza di una divinità di cui sperimenta i benefici: YHWH Elohim,

il suo liberatore, Colui che lo guida di giorno con una colonna di nube e di

notte con una colonna di fuoco (Es 13,17-22).

Il mare è attraversato, Israele è liberato.

Il canto di trionfo che Miriam, Mosé e i figli d’Israele innalzano a

YHWH Elohim dopo la liberazione dal faraone è probabilmente uno dei

più bei poemi della Bibbia (Es 15,1-21).

YHWH, lui solo, nessun altro l’autore di tale liberazione, la

riconoscenza e la gloria non sono dovute che a YHWH. lo stesso Mosè lo

insegna.

Gesù, riprendendo i suoi discepoli che lo chiamavano Rabbi, dice: “solo

YHWH merita tale titolo”.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

Una riflessione di Moni Ovadia.

Chi sono dunque gli ebrei?

Il grande rabbino Chaim Potok, direttore del Jewish Seminar di New

York, nel suo «Storia degli ebrei» li descrive grosso modo così : «Erano

una massa terrorizzata e piagnucolosa di asiatici sbandati. Ed erano: Israeliti

discendenti di Giacobbe, Accadi, Ittiti, transfughi Egizi e molti Hapiru, parola di

derivazione accadica che indica i briganti vagabondi a vario titolo: ribelli,

sovversivi, ladri, ruffiani, contrabbandieri. Ma soprattutto gli ebrei erano schiavi e

stranieri, la schiuma della terra». Il divino che incontrano si dichiara Dio

dello schiavo e dello Straniero. E, inevitabilmente, legittimandosi dal

basso non può che essere il Dio della fratellanza universale e

dell'uguaglianza. Non si dimentichi mai che il «comandamento più ripetuto

nella Torah sarà: Amerai lo straniero! Ricordati che fosti straniero in terra

d'Egitto! Io sono il Signore!» L'amore per lo straniero è fondativo dell'Ethos ebraico. Questo

«mucchio selvaggio» segue un profeta balbuziente, un vecchio di ottant'anni

che ha fatto per sessant'anni il pastore, mestiere da donne e da bambini. Lo

segue verso la libertà e verso un'elezione dal basso che fa dell'ultimo,

dell'infimo, l'eletto - avanguardia di un processo di liberazione/redenzione. Ritroveremo la stessa prospettiva nell'ebreo Gesù: «Beati gli ultimi che saranno i

primi».

38

Il popolo di Mosè fu inoltre una minoranza. Solo il venti per cento

degli ebrei intrapresero il progetto, la stragrande maggioranza preferì la

dura ma rassicurante certezza della schiavitù all'aspra e difficile vertigine

della libertà. Dalla rivoluzionaria impresa di questi meticci «dalla dura

cervice», scaturì un orizzonte inaudito che fu certamente anche un'istanza di

fede e di religione, ma fu soprattutto una sconvolgente idea di società e di

umanità fondata sulla giustizia sociale.

Lo possiamo ascoltare nelle parole infiammate del profeta Isaia. Il

profeta mette la sua voce e la sua indignazione al servizio del Santo

Benedetto che è il vero latore del messaggio: «Che mi importa dei vostri

sacrifici senza numero, sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso dei

giovenchi. Il sangue di tori, di capri e di agnelli Io non lo gradisco. Quando venite a

presentarvi a me, chi richiede da voi che veniate a calpestare i Miei Atri? Smettete di

presentare offerte inutili, l'incenso è un abominio, noviluni, sabati, assemblee sacre,

non posso sopportare delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre feste io li

detesto, sono per me un peso sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, Io

allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, Io non ascolto. Le

vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre

azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la

giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della

vedova» (Is1,11-17).

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

Come si parla a un amico

Dio mio! Davanti a Te non posso che affidarmi

ai Tuoi favori e non ho altra mediazione

che il Tuo affetto.

Dio mio! In mezzo alla gente Ti invoco come ci si rivolge ai signori,

ma nell’intimità come si parla a un amico.

Davanti alla gente Ti dico: Dio mio! Ma quando sono solo con Te

Ti dico: mio Amato! E rendo testimonianza alla Tua sovranità Confessando che Tu sei il mio Signore

e il luogo del mio ritorno. (Salmo Sufi di Dü-l-Nün)

39

decimo incontro 23 gennaio 2014

IL RITORNO: VARI PROGETTI DI RICOSTRUZIONE

La riforma di Neemia (445-433 a.C.) “Anche la memoria di Neemia durerà a lungo; egli

rialzò le nostre mura demolite, vi pose porte e sbarre

e fece risorgere le nostre case.” (Sir 49,13)

Accoglienza e accensione del lume: Rosanna

Preghiera Neemia 1,1-11: Adriana

Testi di studio: Neemia capitoli 2; 3; 4; 5; 6;7

I Libri di Esdra e Neemia fanno parte dei libri storici della Bibbia e ci

parlano del periodo del Post Esilio.

Non è un racconto lineare e la cronologia dei due Libri è a volte

contraddittoria, ci sono al riguardo commenti esegetici che danno

interpretazioni diverse.

Per la comprensione religiosa dei libri tutto ciò ha un interesse secondario.

L’autore vuole trasmettere un quadro sintetico di come è avvenuta la

restaurazione giudaica, più che l’esatto ordine dei fatti interessa far

conoscere le idee che hanno sostenuto il progetto di ricostruzione.

Approfittando della politica religiosa liberale che la dinastia persiana degli

Achemenidi applicano al loro impero, i giudei tornano nella “Terra

Promessa”, ristabiliscono il culto, ricostruiscono il tempio, riedificano le mura di

Gerusalemme e vivono in comunità, governati da uomini della loro razza e retti

dalla legge di Mosè. È un avvenimento notevole: è la nascita del giudaismo,

preparato nelle lunghe meditazioni dell’esilio e favorito dall’intervento di

uomini provvidenziali.

40

Chi era Neemia?

Neemia era un funzionario dell’impero persiano. Il re di Persia,

Artaserse - di cui era ministro - lo nomina governatore di Giuda (Ne 2,1).

Neemia inizia la sua missione nel 445. Quando arriva a

Gerusalemme, Neemia trova il paese in piena crisi. Cerca di

ricostruire la comunità divisa fra ricchi oppressori e poveri sfruttati

(Ne 5,1-5). Trova una forte opposizione esterna, soprattutto da

parte dei samaritani, e deve affrontare anche l’opposizione interna

dei nobili e dei gruppi più ricchi (Ne 6,17-19). Valendosi della legge

del Deuteronomio

(Dt 15,1-11) e del Levitico (Lv 25), Neemia esige la restituzione di

tutto quello che i poveri avevano perso per l’abuso delle ipoteche e

del riscatto dei debiti da parte dei ricchi (Ne 5,11). La maggior parte

della comunità era diventata schiava a causa dei debiti. Neemia ne

esige il condono totale e proclama l’anno giubilare: secondo quanto

era previsto nella Legge, ogni 50 anni i debiti dovevano essere

condonati e le terre dovevano essere riconsegnate ai vecchi

proprietari (Ne 10,31-32).

Neemia cerca di ottenere l’unità interna del popolo facendo una

riforma sociale e chiede ai ricchi di prendere l’iniziativa di restituire

quello che era stato rubato ai poveri (Ne 5,9). È probabile che i ricchi

abbiano cercato di intralciare le riforme di Neemia (Ne 6,17) e che egli

sia tornato a Susa, capitale dell’impero persiano, ma lascia

Gerusalemme dopo averne ricostruito le mura ed aver creato una

nuova entità politica: la Provincia della Giudea; apre così la strada

per Esdra (Ne 8,1).

Leggendo i capitoli proposti al nostro studio, cercheremo non solo

di capire che situazione Neemia trova in Giuda ma di scoprire i

sentimenti di Neemia.

Che cosa spinge Neemia a lasciare le comodità del Palazzo del

re?

Che cosa ti colpisce di più in questo personaggio? Perché?

Che insegnamenti possiamo trarre per noi oggi?

Insieme approfondiremo il capitolo 5 di Neemia.

41

undicesimo incontro 6 febbraio 2014

IL RITORNO: VARI PROGETTI DI RICOSTRUZIONE Il progetto di Esdra (440-350 a. C.)

“Esdra si era dedicato con tutto il cuore a studiare la legge

del Signore e a praticarla e a insegnare in Israele le leggi e

le norme.” (Esd 7,10)

Accoglienza e Accensione del lume: Laura

Preghiera: Esd 9,6-10,1 - Adriana

Testi di studio: Neemia cap. 8; 9; 10

Le difficoltà e le tensioni della comunità giudaica preoccupano il

governo persiano, soprattutto quando gli egiziani si sollevano contro i

loro dominatori. La fine del progetto “Luce delle Nazioni” e i tentativi di

riforme di Neemia non hanno risolto la crisi sociale della comunità

giudaica (cfr. Ne 13,15-22).

Esdra è un dottore della Legge, uno scriba di elevata cultura e di

grande autorità, che gode molta stima nella comunità giudaica rimasta a

Babilonia (Esd 7,1-26). Riceve dal re di Persia la missione di riorganizzare

la comunità di Giuda attraverso l’osservanza della Legge e delle norme di

culto (cfr. Esd 7-8). Arriva a Gerusalemme verso il 398.

Riprende, in parte, il lavoro iniziato all’epoca di Zaccaria e Giosuè.

Cerca la purificazione e la separazione del popolo eletto facendo uso di

provvedimenti discutibili. Obbliga il popolo a cacciare le donne straniere

(Esd 9), dando origine a una serie di divorzi. I figli di queste donne non

potevano essere considerati giudei autentici, visto che l’appartenenza al

popolo era determinata dalla madre del bambino (Esd 9,1-2; 10,2-10).Un

altro punto forte della sua riforma è l’insegnamento della Legge al popolo

per ottenerne un più profondo rispetto.

Esdra inizia un grande lavoro catechetico e indica come strada di

salvezza la stretta osservanza della Legge (Ne 8,1-8). La Legge, o

Pentateuco, ha la sua redazione definitiva in questo periodo. Ma il popolo

semplice, che non sa leggere, comincia ad esser considerato “gente

inferiore”, che ritarda l’arrivo della salvezza (cfr Gb 7,49; 9,34).

Le riforme di Esdra hanno però il loro lato positivo: il popolo ha di

nuovo un cammino, qualcosa con cui identificarsi. Esdra crea le basi del

Giudaismo, così come lo conosciamo oggi. Apre, però, la strada

dell’isolamento e della segregazione, la tendenza che darà origine al

futuro gruppo dei farisei. Il giudeo è un segregato in mezzo ai pagani. Si

42

può dire che Esdra e i suoi seguaci confinano il popolo in una specie di

prigione.

I criteri di selezione - razza, culto, osservanza della Legge,

canonizzazione delle Scritture - finiscono per determinare che soltanto

alcuni eletti - i puri - hanno le credenziali necessarie per l’incontro con

Dio nel recinto del Tempio (cfr. Ne 13,1-3).

Gesù trova il popolo rinchiuso in questa prigione;con la

sua predicazione e la sua vita distruggerà le catene di

questa versione giudaica di religione.

Leggendo i capitoli proposti cercheremo di conoscere questa

figura importante non solo per il periodo che stiamo approfondendo

ma per il futuro del popolo ebraico.

Che cosa ti colpisce di Esdra?

Quali i motivi che lo spingono a fare certe scelte?

Sottolinea gli aspetti positivi e negativi che riesci ad

individuare nei capitoli di Neemia proposti per lo studio.

Per attualizzare: che riflessioni e insegnamenti possiamo

trarre per noi, per la nostra comunità di fede?

Insieme leggeremo il capitolo 8 di Neemia

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

Credo nel Dio che si riflette nella storia umana e riscatta tutte le vittime di ogni potere capace di fare soffrire l’altro.

Credo nelle teofanie permanenti e nello specchio dell’anima che mi fa vedere un Altro che non sono io.

Credo nel Dio che, come il calore del sole, percepisco sulla pelle, senza riuscire tuttavia a fissare o afferrare l’astro che mi scalda.

Credo nel Dio che non ha religione, creatore dell’Universo, datore di vita e di fede, presente in pienezza nella natura e negli esseri umani.

Frei Betto

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

43

dodicesimo incontro 20 febbraio 2014

LA RESISTENZA DEL POPOLO: il Libro di Rut

Accoglienza e Accensione del lume: Fiorella

Preghiera Rut 1,8-18: Rosanna G.

Testi di studio: tutti i quattro capitoli del Libro di Rut

Avvalersi anche del sussidio 7 e della memoria del primo incontro, quello fatto con

Tea Frigerio (19/9/2013)

Non faremo uno studio approfondito sul Libro di Rut, anche se sarebbe

interessante, cercheremo solo di capire quali sono i punti del progetto di

Esdra che questo racconto denuncia.

La situazione del periodo raccontato corrisponde quasi certamente

al periodo post esilio: Rt 1,1; 2,5.9;4,3 = Ne 1,5; 5

Nel racconto si sottolinea che non si vive più come al tempo dei

Giudici:

Le famiglie vengono divise, il clan non esistono più: Ne 5,5; 7,4

Il diritto di spigolare (Lv 19,9-10) l’hanno trasformato in

elemosina = Rt 2,2

Ci si preoccupava se il fratello aveva fame (Dt 15,7-8) ora si

lascia morire il fratello: Ne 5,1-5; il Libro di Rut lo racconta: Rt 1,1;1,13-21

La fame obbliga a vendere la terra: Ne 5,3-5 da confrontare

con Rt 4,3-4

La fame obbliga ad andare in terra straniera: Ne 5,1-5 da

confrontare con Rt 1,1

Il progetto di Esdra vieta di sposare donne straniere: Ne 13,1; Esd 9,1-

10,17 In Dt 23,3-7 viene specificato chi sono i grandi nemici d’Israele.

Nel Libro di Rut una moabita desidera appartenere al popolo

d’Israele e verrà nominata nella genealogia di Gesù nel

vangelo di Matteo: Mt 1,5-6

Il libro di Rut rivaluta la legge del levirato: il fratello di un uomo

morto, senza aver lasciato figli dovrà avere un figlio dalla vedova

per dare un erede al fratello morto = Dt 25,5-6. Noemi avrà un erede

da Booz: Rt 4,13-22

Il libro di Rut esige che venga messa in atto la legge del diritto di

riscatto Lv 25,2-7 = Rt 4,5-6

44

I nomi di tutte le persone che appaiono nel Libro di Rut hanno un senso

nascosto.

Il senso nascosto del nome ci rivela ciò che la persona è e fa nel contesto

della storia:

1. Elimelech, nome del marito, significa. “il mio Dio è Re”

2. Noemi, nome della moglie, significa Grazia o Mia dolcezza

3. Mara, altro nome della moglie, significa Amarezza o Amara

4. Maclon, nome del primo figlio, significa Malattia o Languore

5. Chilion, nome del secondo figlio, significa Fragilità o Consunzione

6. Orpa, nome della prima nuora, significa Spalle o “Colei che

volge il dorso”

7. Rut, nome della seconda nuora, significa Amica o Sazia

8. Booz, nome del parente prossimo, significa “con la forza” o

“Colonne del santuario”

9. Obed, nome del figlio che nascerà, significa Servo

Con gli strumenti che abbiamo a disposizione attraverso i sussidi e le

note che possiamo trovare nella Bibbia

cercheremo insieme di fare alcune considerazioni e rendere questo

racconto attuale per noi oggi.

Quale personaggio del racconto ti ha colpito di più? Perché?

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

SUSSIDIO 7

LA RESISTENZA DEL POPOLO: Rut e Giona

Il popolo ha cercato in molti modi di opporre resistenza alle riforme

intraprese dall’élite sacerdotale e aristocratica. Nella Bibbia troviamo

alcuni libri che hanno conservato la proposta popolare, i cosiddetti “libri

della resistenza”: Giobbe, Rut, Giona, Qoelet.

Nel libro di Rut il popolo chiede rispetto e considerazione verso le

donne straniere. Rut, una moabita, fa la scelta di accompagnare

Noemi per far parte del suo popolo. È un modo per dimostrare che

l’opzione per i poveri da parte del popolo è una porta d’ingresso per

vivere il progetto di Dio. Nell’opzione per il povero, nella solidarietà,

nella sofferenza (cfr Rt 1,15-17), Dio avrebbe potuto far sorgere un re

45

per Israele, come ha fatto nascere Davide dalla discendenza di Rut, la

straniera. Come Noemi ha accolto Rut, il popolo deve aprire le porte

agli stranieri, accettare tutti, rafforzare i legami tribali e il clan, come

al tempo dei Giudici. Allora non ci sarebbero più vedove, né orfani,

né stranieri. Il libro di Rut è un’eco del progetto universale dei

seguaci di Isaia. Nel libro di Rut troviamo anche un altro

insegnamento: l’osservanza stretta della legge, come chiede Esdra,

deve cominciare dal rispetto ai diritti del povero. Nel sistema tribale

Dio prendeva le difese del povero, fosse una vedova come Noemi o

una straniera come Rut. Dando forza al sistema tribale, cioè

restaurando i rapporti interni del gruppo-famiglia, ci sarebbe pane,

terra, discendenza e futuro per tutti (cfr. Rt 2,14-17; 4,9-13). La riforma

di Esdra fa sorgere nei sacerdoti la pretesa di imprigionare la Parola e

perfino lo stesso Dio, arrivando a determinare i destinatari della

salvezza: i puri.

Il libro di Giona fa ironia su questa pretesa. Dio non è preoccupato

soltanto del popolo eletto, il quale, sulla strada tortuosa della storia, è

uno strumento di Dio per portare un messaggio di conversione a tutti

i popoli, simbolizzati dalla città di Ninive. Giona rifiuta e scappa.

Anche il popolo fugge e rifiuta la sua missione. Ma Dio è capace di

trasportare il popolo nel ventre di un pesce fino all’altra sponda del

mare perché dia testimonianza della verità. In questi libri possiamo

constatare che il popolo semplice, tirando fuori cose nuove e vecchie

dal tesoro della vita (cfr Mt 13,51), indica le strade di Dio.

Le due strade

Dalla breve analisi che abbiamo fatto di questi progetti, vediamo che la

maggior parte di essi (Aggeo, Zorobabele, Zaccaria, Giosuè, Neemia, Esdra)

vengono elaborati dall’élite sacerdotale o dai governanti.

L’elite tenterà, in qualsiasi maniera ed a qualsiasi prezzo, di evitare

una nuova distruzione del tempio e del paese (cfr. Gv 11,49-50). L’elite fa

progetti sempre partendo dai suoi interessi e dalla sua sopravvivenza.

L’osservanza diventa legalismo; non vi è preoccupazione per i piccoli, i

poveri, gli umili (cfr Mt 23,1-4): essi vogliono soltanto che i poveri

continuino a lavorare (cfr Is 58,1-12).

Ma il popolo oppone resistenza!

Il Terzo Isaia, Rut, Giobbe, Giona, Qoelet ricordano che l’Alleanza ha

anche un altro aspetto: la gratuità. Di fronte all’osservanza che separa, che

chiude le porte ai poveri, che soffoca la creatività, che impedisce la

46

partecipazione del popolo all’esperienza di Dio, questi gruppi di resistenza

ricordano che il completamento dell’Alleanza è la gratuità.

Alleanza non è soltanto osservanza, ma è anche accogliere la bontà

liberatrice di Dio.

Prima dell’esilio, quando i re abusavano della gratuità, la profezia

ricordava il dovere dell’osservanza; dopo l’esilio la situazione si

capovolge: la profezia ricorda la gratuità di Dio e fa resistenza al legalismo

che soffoca ed uccide. Questi segni di resistenza vengono assunti da Gesù,

che non condanna la Parola, ma la prassi legalista che imprigiona il

popolo, allontanandolo da Dio (cfr Mt 23,1-36).

Nei vari progetti di restaurazione troviamo due indirizzi contrapposti:

la stretta osservanza voluta dalle elite

la gratuità richiesta dal popolo.

Gesù sceglie i semplici e i poveri:

Rut, la straniera, è citata nella sua genealogia (cfr Mt 1,5)

Giona è ricordato come segno di conversione e di risurrezione

(cfr Mt 12,39-41). Insistendo sulla gratuità, Gesù chiede il vero compimento della legge (cfr Mt 5,17-48).

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

Prendi un sorriso: regalalo ha chi non l’ha mai avuto.

Prendi un raggio di sole: mettilo nel cuore della notte.

Scopri una sorgente: ristora chi è prostrato nella polvere.

Cogli una lacrima: posala sul volto di chi non piange mai.

Prendi il coraggio: mettilo nell’animo di chi non sa lottare.

Vivi la vita: raccontala a chi non sa capirla.

Apriti alla speranza: vivi nella luce.

Prendi la bontà: donala a chi non sa donare.

Scopri l’amore: fallo vivere sulla terra.

Mahatma Gandhi

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

47

tredicesimo incontro 6 marzo 2014

LA RESISTENZA DEL POPOLO: la parabola di Giona

Accoglienza e Accensione del lume: Ivana

Preghiera Giona cap. 2: Rosarita

Testi di studio: tutti i quattro capitoli del Libro del profeta Giona

Avvalersi anche del sussidio 7 e della memoria del primo incontro, quello fatto con

Tea Frigerio (19/9/2013)

Il contesto storico

Durante il periodo della dominazione persiana, la riforma religiosa

promossa da Esdra, fornisce ai sacerdoti del Tempio di Gerusalemme la

legittimazione della pretesa di imprigionare la Parola e lo Spirito,

determinando i percorsi della salvezza e persino la condotta del proprio

Dio.

Solo i puri israeliti sarebbero stati salvi ed esauditi nelle loro preghiere.

Esdra ricevette poteri speciali dal re di Persia per eseguire questo

progetto (cfr Esd 7,25-26). Per un eccesso di zelo, cercando di mantenere la

purezza del popolo do Dio, Esdra arrivò ad espellere le donne straniere

(cfr. Esd 10,10-11,44; Ne 8,1-12).

Il libro di Giona ride di questa pretesa dei saggi, e mostra che Dio non si

preoccupa soltanto del popolo eletto, ma di qualunque persona. Il popolo,

nel suo cammino tortuoso attraverso la storia, è strumento di Dio per

portare un messaggio di speranza e di amore a tutti i popoli, simboleggiati

nella città di Ninive.

Come nella novella Giona è riluttante e fugge, così nella realtà, il popolo,

catechizzato da questa mentalità ristretta e meschina degli scribi, si

mostrava riluttante e stava fuggendo dalla sua missione.

Rileggendo la parabola di Giona per il popolo della sua epoca, Gesù

stesso dice che Giona è un segno.

Lo stesso Gesù, dopo tre giorni nella pancia della terra, diventa la luce

per ogni essere umano che abita questo mondo (cfr. Gv 1,9). Elaborando

parabole di questo tipo, il popolo, nella sua vita semplice, attingendo cose

nuove e vecchie dal tesoro della vita (Mt 13,51) e dall’esperienza

accumulata, indicherà le strade di Dio a tutta l’umanità.

48

Il libro di Giona sembra una “commedia” di teatro popolare in quattro atti.

Primo atto = capitolo 1: chiamata, fuga di Giona e racconto del

suo viaggio avventuroso e drammatico.

Secondo atto = capitolo 2: conversione e preghiera angosciata di

Giona nella pancia del pesce.

Terzo atto = capitolo 3: predicazione di Giona e la sorprendente

conversione del popolo di Ninive dopo un solo giorno di predicazione.

Quarto e ultimo atto = capitolo 4: irritazione di Giona e l’episodio del

ricino.

L’ultimo atto non ha una conclusione esplicita e scritta. La conclusione

deve trarla a chi ha letto il libro.

In questa forma, il libro di Giona trascina il lettore nello stesso

intreccio del dramma.

È un finale che mette in discussione e stimola una risposta.

Il libro è una parabola, e in una parabola chi dà la conclusione non è il

narratore, ma, al contrario, l’ascoltatore, come diceva Gesù: «Chi ha

orecchi per intendere, intenda!» (Mt 11,15; 13,9; Mc 4,9 e 23; 7,35; Lc 8,8;

14,35). Ossia: «Questo è quanto avete ascoltato e ora cercate di comprenderlo e

metterlo in pratica!».

Con gli strumenti che abbiamo a disposizione attraverso i sussidi e le

note che possiamo trovare nella Bibbia

analizziamo la parabola di Giona e cerchiamo di rendere questo

racconto attuale per noi oggi.

Come si comporta Giona?

Come si comportano i marinai e gli abitanti di Ninive?

Come si comporta Dio?

Quale volto di Dio appare in questo testo? Confrontalo con il volto

di Dio che propone il progetto di Esdra

Quale personaggio del racconto ti ha colpito di più? Perché?

49

quattordicesimo incontro 20 marzo 2014

LA RESISTENZA DEL POPOLO: Giobbe, una nuova

esperienza di Dio

Accoglienza e Accensione del lume: Carla P.

Preghiera Giobbe cap. 10: Laura

Testi di studio: Giobbe cap. 1; 2; 36; 37; 42

Prima di tutto è necessario sottolineare che Giobbe è una figura simbolica

e rappresenta tutti coloro che soffrono, in particolare chi ha scritto questa

parabola si può identificare nel popolo povero e sofferente che viveva nel

periodo del post esilio.

Il Libro di Giobbe ci presenta in forma di dialogo drammatico, una

riflessione sul perché della sofferenza e del male.

Giobbe non pretende di dare una soluzione definitiva alla sofferenza, ma

percepisce che la teologia tradizionale di Israele non aiuta a dare una

risposta vera ed esauriente.

Il tema centrale di questo Libro non è la sofferenza ma l’idea, l’immagine

di Dio che era stata inculcata al popolo d’Israele partendo dalla teologia

della retribuzione.

Nel quadro del monoteismo la questione della sventura nel mondo riguarda

Dio: se Dio è l’unico che tutto procura, non causa allora anche la

sventura? Il Libro di Giobbe, seguendo la linea sapienziale, della tradizione di quel

tempo, si chiede: “Come si fa a vivere nel mondo pieno di sventure

credendo nell’unico Dio, senza lasciarsi interrogare?”

Il Libro di Giobbe è aperto alla sapienza degli stranieri: Giobbe è arabo; da

un arabo Israele può imparare qual è il segno distintivo della sua fede: il

coraggio di lottare per un’esperienza concreta e diversa di Dio.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

IL MALE

Quando vien giù il male come pioggia, nessuno che dica “basta!”

Quando a catasta i crimini fan mucchio, diventano invisibili.

Quando la pena è insostenibile, non si senton più grida.

Anche le grida cadono come d’estate la pioggia.

Bertolt Brecht

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

50

Facendoci aiutare dal commento di Sandro Gallazzi su Giobbe:

“Benedici/maledici Dio e poi muori”

Osserveremo come si comporta Giobbe nelle diverse situazioni

del racconto

Analizzeremo anche la reazione della moglie di Giobbe e quella

dei tre saggi.

Divideremo il racconto in quadri:

Giobbe cap. 1e cap. 10

1. Qual è la situazione di Giobbe all’inizio del racconto:

cfr “il punto di partenza” pag 4.

2. Come reagisce Giobbe: cfr “tu mi istigasti” pag 5

Giobbe cap. 2

3. Come reagisce sua moglie: cfr “il grido della donna” pag 5

4. Il grande silenzio: cfr “dopo sette giorni e sette notti” pag 6

Giobbe cap. 36-37

5. Chi dice sciocchezze?: cfr “le sciocchezze degli amici e le

stoltezze di Giobbe” pag 7-9

Giobbe cap. 42

Come si comporta Dio nelle diverse situazioni del racconto?

Il nome che viene dato a Dio è fondamentale per capire

l’evoluzione del racconto: cfr i capitoletti che vanno da pag 9 a pag 17

Ci sono parole chiave contrapposte: benedire/maledire,

grido/silenzio, giorno/notte, creazione/anticreazione,

vita/morte, cerchiamo di commentarle.

Il finale di Giobbe è un finale felice?: cfr “e se il finale non fosse

felice?” pag 18

Come sempre cerchiamo di attualizzare:

Quale Dio raccontato dal Libro di Giobbe corrisponde alla

nostra esperienza?

Come affrontiamo le difficoltà, il dolore?

Cerchiamo sempre l’autore della causa dei nostri mali?

L’interpretazione finale del Libro di Giobbe che ci propone

Gallazzi ci piace?

Altri commenti

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

Dio non esaudisce tutti i nostri desideri, ma è fedele alle sue promesse. Dietrich Bonhoeffer

51

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

Ama

Ama

saluta la gente

dona

perdona

ama ancora e saluta.

Dai la mano

Aiuta

Comprendi

dimentica

e ricorda solo il bene.

E del bene degli altri

godi e fai godere.

Godi del nulla che hai

del poco che basta

giorno dopo giorno:

e pure quel poco,

se necessario, dividi.

E vai,

vai leggero

dietro il vento

e il sole

e canta.

Vai di paese in paese

e saluta

saluta tutti

il nero, l’olivastro

e perfino il bianco.

Canta il sogno del mondo:

che tutti i paesi

si contendano

d’averti generato »

Davide Maria Turoldo

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

52

quindicesimo incontro 3 aprile 2014

LA NUOVA LEGGE PROPOSTA DA GESÙ

Accoglienza e accensione del lume: Gina

Preghiera Mgiulia: Mt. 5,1-16

Testi di studio: Mt 5,17-7,29

In questo incontro cercheremo molto semplicemente di vedere come Gesù

ha interpretato quella parte della Legge che i farisei e gli scribi

imponevano alla gente del popolo.

Useremo il discorso della Montagna che si trova nel vangelo di Matteo, ci

faremo aiutare anche dal Sussidio 8.

È importante leggere tutti e tre i capitoli che racchiudono il discorso della

Montagna, noi però ci fermeremo in particolare su Mt 5,20-48 e Mt 7,21-29

Mt. 5, 20-48.

In questa sezione Matteo mostra come Gesù interpreta e spiega la Legge

antica e vuole portarla a compimento.

Per cinque volte ripete la frase “Anticamente fu detto, io però vi dico!” (cfr Mt.

5,21.27. 33. 38. 43); Gesù sembra voler annullare la Legge, ma poco prima

aveva detto: “Non pensiate sia venuto per abolire la Legge e i Profeti ma per darle

pieno compimento” ( Mt. 5, 17).

Gesù ha nello stesso tempo un atteggiamento di rottura e di continuità

davanti alla Legge; rompe con le interpretazioni errate ma mantiene fermo

l’obbiettivo che la legge vuole raggiungere: la pratica della vera giustizia,

che è l’Amore.

La parola “giustizia”, si ripete sette volte nel Vangelo di Matteo (Mt.3,15;

5,6.10.20; 6,1.33;21,32).

L’ideale religioso dei giudei del tempo di Gesù era “essere giusto

davanti a Dio”. I farisei insegnavano: “Si raggiunge la giustizia davanti a Dio

quando si osservano tutte le norme della Legge in tutti i suoi dettagli!” Questo

insegnamento generava oppressione poiché era molto difficile osservare

tutte le regole (cfr Rom 7, 21-24). Per questo la comunità di Matteo raccoglie

le parole di Gesù sulla giustizia per dimostrare come essa debba

oltrepassare la giustizia dei farisei (cfr Mt.5,20).

Il nuovo ideale di giustizia, che Gesù propone, è questo “Essere

perfetto come il Padre del Cielo è perfetto!”(Mt. 5,48). Ciò vuol dire: io sarò

giusto davanti a Dio quando cercherò di accogliere e perdonare le persone

allo stesso modo di Dio, che mi accoglie e mi perdona come figlio e figlia,

nonostante i miei difetti e peccati.

53

Gesù cita cinque comandamenti della legge antica: non uccidere (Mt.

5,21), non commettere adulterio (Mt. 5,27), non giurare il falso (Mt. 5,33), occhio per

occhio, dente per dente (Mt. 5,38), amare il prossimo e odiare il nemico (Mt.5,43). Cinque volte, Egli critica la maniera antica di osservare questi

comandamenti e indica un nuovo modo per raggiungere l’obbiettivo della

Legge attraverso la riconciliazione, l’accoglienza e l’amore (Mt. 5,22-26;

Mt 5, 28-32; Mt 5,34-37; Mt 5,39-42; Mt 5,44-48).

Mt 7,21-29: Come ci interpellano queste due parabole? Che cosa dicono a noi,

alla nostra vita di fede?

È la fine del Discorso della Montagna. Come conclusione, Matteo

sviluppa alcune opposizioni, che ci presentano un interessante esempio di

catechesi comunitaria.

C’è gente che parla continuamente di Dio ma si dimentica di fare la sua

volontà (Mt. 7, 21). C’è gente che vive nell’illusione di lavorare per il

Signore ma, nel giorno dell’incontro definitivo con Lui, scoprirà che non

l’ha mai conosciuto (Mt. 7,22-23).

Con queste opposizioni Matteo denuncia e, allo stesso tempo, tenta di

correggere la separazione tra fede e vita, tra dire e fare, tra insegnare e

praticare.

Le due parabole finali del Discorso della Montagna, quella della casa

costruita sulla roccia (Mt. 7, 24-25) e della casa costruita sulla sabbia (Mt.

7,26-27) illustrano questa situazione.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

SUSSIDIO 8

LA NUOVA LEGGE di GESÙ

La comunità di Matteo era formata da giudei convertiti al

cristianesimo che cercavano di vivere l’universalità del messaggio di Gesù.

Nelle loro comunità accoglievano anche giudei ellenisti e pagani

continuando però a vivere con le antiche tradizioni giudaiche.

Con la crisi provocata dalla distruzione di Gerusalemme da parte di

Tito (70 d.C.) e la riorganizzazione del giudaismo, i giudei cristiani vissero

un momento difficile che esigeva una scelta tra continuità con la tradizione

giudaica e rottura con alcune tradizioni arcaiche. Continuità, che molte

volte si confondeva con nostalgia dei tempi antichi, delle solenni liturgie

nel tempio e dei sacrifici. Rottura, che esigeva coraggio per cercare, nel

nome di Gesù, un cammino nuovo.

Erano comunità che all’inizio dipendevano giuridicamente dalle

Sinagoghe, dall’autorità religiosa degli scribi e dei farisei, i quali

54

insistevano sull’osservanza della Legge; le prime comunità giudeo-

cristiane frequentavano la sinagoga (cfr At 2,46), dove lo scriba, zelante

guardiano della legge, esigeva che questa fosse osservata fin nei minimi

dettagli.

Gesù aveva insegnato il contrario, diceva: “se la vostra giustizia non

supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt. 5,20),

ma c’erano pressioni esterne alle comunità affinché non si cambiasse il

modo di osservare la legge e si continuasse a seguire le tradizioni dei

padri.

A chi obbedire? Che cosa osservare?

Che cosa salva: l’osservanza stretta della legge o la gratuità del dono

di Dio?

L’Assemblea dei rabbini in Jamnia avvenne tra l’85 e il 90 d.C.; il

Vangelo di Matteo fu scritto più o meno in quel periodo per le Comunità

giudeo-cristiane disperse tra la Galilea e la Siria (Mt. 4,13-16.24). Le

decisioni dell’Assemblea di Jamnia provocarono una crisi profonda nelle

comunità cristiane di origine ebrea che stavano vivendo un vero dramma:

si sentivano respinte dai loro stessi fratelli di fede ebraica, espulse dalle

sinagoghe e perseguitate.

E’ dentro questo conflitto di identità che nasce il Vangelo di Matteo,

viene scritto per incoraggiare le comunità, per riaffermare la certezza

fondamentale della fede: Gesù di Nazareth è l’Emanuele, il Messia di Dio.

In Gesù, Dio sarebbe stato presente nelle comunità fino alla fine dei tempi:

“Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt. 28,20), questo

avrebbe aiutato a superare il trauma della rottura col giudaismo ufficiale.

Tutto il Vangelo di Matteo, attraverso più di cinquanta riferimenti

presi dall’Antico Testamento, evidenzia con chiarezza la missione di Gesù:

colui che viene per portare a compimento tutta la Scrittura; Gesù viene

presentato come il nuovo Mosé, colui che completa la legge antica e rivela

la nuova Legge; le comunità di Matteo si sentono parte del cammino

iniziato con Abramo, si sentono il nuovo Popolo di Dio.

Gesù con le sue parole, i suoi insegnamenti, le sue azioni ci porta nel

“cuore” della Legge di Dio rivelata a Mosè sul monte Sinai.

Nel vangelo di Matteo, sul monte che noi chiamiamo delle “beatitudini”,

Gesù nuovo Mosè, proclama la nuova Legge con il Discorso della

Montagna.

Tra i giudei convertiti c’erano due tendenze: alcuni pensavano che non

fosse necessario osservare le leggi dell’Antico Testamento, poiché è per la

fede in Gesù che siamo salvi e non per l’osservanza della Legge

55

(cfr Rom 3, 21-26); altri ritenevano che, per il fatto di essere giudei,

bisognasse continuare ad osservare le leggi dell’Antico Testamento (cfr At

15,1-2).

In ciascuna delle due tendenze, c’erano gruppi molto radicali. Davanti a

questo conflitto, Matteo cerca un equilibrio tra i due estremi.

Nella Comunità cristiana ci deve essere accoglienza, per questo si fa

memoria di quello che Gesù ha detto e fatto, per cercare di rendere attuale

la nuova strada da Lui indicata.

La risposta che Gesù dava a coloro che lo criticavano era sempre la stessa:

“Non sono venuto per abolire la Legge ma per dargli pieno compimento!”(Mt 5,17).

Le comunità di Matteo non possono essere contro la legge né possono

chiudersi nell’osservanza letterale della Legge. Come Gesù, devono capire

qual è l’obbiettivo che la Legge di Dio vuole raggiungere nella vita delle

persone: vivere nell’amore, per la vita.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

Diventiamo tutti

un ramo vero e fruttuoso della vigna di Gesù,

accettandolo nelle nostre vite sotto la forma in cui a Lui piace venire:

come Verità – da dire; come Vita – da vivere;

come Luce – da accendere; come Amore – da amare;

come Strada – da percorrere; come Gioia – da donare;

come Pace – da diffondere; come Sacrificio – da offrire;

nelle nostre famiglie e con il nostro prossimo.

Madre Teresa di Calcutta

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

56

sedicesimo incontro 10 aprile 2014

IL DOLORE INNOCENTE: quale risposta?

Accoglienza e accensione del lume: Rosanna

Preghiera Fil 2,1-11

Cerchiamo di guardare intorno noi, cogliamo la sofferenza

innocente che è nel mondo, ascoltiamone il grido, accogliamo il

bisogno di aiuto.

Non sempre si trovano risposte al dolore, ma la fede ci può aiutare a

consolare come dice

la Scrittura: “Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con

quelli che sono nel pianto” (Rm 12,15), e ancora: “Non angustiatevi per

nulla, ma in ogni circostanza esponete a Dio le vostre richieste con

preghiere, suppliche e ringraziamenti. Il Signore è vicino! (Fil 4,6). Faremo una preghiera di intercessione, ciascuna di noi potrà

pregare per una situazione di sofferenza, di dolore, di difficoltà che

ci ha colpito e per la quale vogliamo chiedere aiuto al Signore.

Le parole di Papa Francesco ci possono aiutare a riconoscere le nostre debolezze,

la nostra incapacità di amare, per poi arrivare ad accogliere le debolezze degli altri,

il loro dolore e intercedere per tutti:

“Gesù è chiamato l’Agnello: è l’Agnello che toglie il peccato del mondo. Uno può pensare: ma come, un agnello, tanto debole, un agnellino debole, come può togliere tanti peccati, tante cattiverie? Con l’Amore! Con la sua mitezza. Gesù non ha mai smesso di essere agnello: mite, buono, pieno d’amore, vicino ai piccoli, vicino ai poveri. Era lì, fra la gente, guariva tutti, insegnava, pregava. Tanto debole Gesù, come un agnello. Ma ha avuto la forza di portare su di sé tutti i nostri peccati, tutti. “Ma, Padre, Lei non sa la mia vita: io ne ho uno che…, non posso portarlo nemmeno con un camion!”. Tante volte, quando guardiamo la nostra coscienza, ne troviamo alcuni che sono grossi! Ma Lui li porta. Lui è venuto per questo: per perdonare, per fare la pace nel mondo, ma prima nel cuore. Forse ognuno di noi ha un tormento nel cuore, forse ha un buio nel cuore, forse si sente un po’ triste per una colpa… Lui è venuto a togliere tutto questo, Lui ci dà la pace, Lui perdona tutto. “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato”: toglie il peccato con la radice e tutto! Questa è la salvezza di Gesù, con il suo amore e con la sua mitezza… Tante volte abbiamo fiducia in un medico: è bene, perché il medico c’è per guarirci; abbiamo fiducia in una persona: i fratelli, le sorelle ci possono

57

aiutare. E’ bene avere questa fiducia umana, tra di noi. Ma dimentichiamo la fiducia nel Signore: questa è la chiave del successo della vita. La fiducia nel Signore, affidiamoci al Signore! “Signore, guarda la mia vita: io sono nel buio, ho questa difficoltà, ho questo peccato…”; tutto quello che noi abbiamo: “Guarda questo, io mi affido a te!”. E questa è una scommessa che dobbiamo fare: affidarci a Lui, che mai delude. Mai, mai!” (omelia del 19 gennaio 2014)

Riflettiamo sul perdono prendendo spunto dal libro “Caro Giobbe”:

"Il Signore ristabilì la sorte di Giobbe, dopo che egli ebbe pregato per i suoi

amici (cfr Gb. 42,10).

Quando si è fatto il piccolo passo di perdonare a se stessi l'errore di aver

coltivato un'immagine dell'Onnipotente che ci avrebbe voluto incontrare solo

nella felicità, e dell'infelicità invece avrebbe fatto il suo castigo o la sua

correzione, perdonare agli altri è un obbligo d'onore che obbliga il Signore a

rivelarti come suo pari. Il perdono non è mai un atto eroico verso gli altri, ma prima di tutto verso se stessi,

perché per perdonare bisogna perdonarsi di essere intaccati comunque dal male,

pur essendo desiderosi di bene”.

(da “Caro Giobbe” fr. MichaelDavide Semeraro ed. La Meridiana 2012)

Concludiamo il nostro incontro con il salmo 138 (137)

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

diciassettesimo incontro 24 aprile 2014

LA FORMAZIONE DEL PENTATEUCO

Accoglienza e accensione del lume

Preghiera: Salmo 119 (118)

Riprendiamo il nostro cammino dopo la pausa delle feste

pasquali con la certezza che lo Spirito di Gesù Risorto ci

accompagna e ci sostiene nelle nostre vicissitudini quotidiane.

Con l’aiuto del sussidio 9, di una tabella e di alcuni testi biblici

cercheremo di capire come si è formato il Pentateuco e la sua evoluzione

nel tempo. Vedi memoria

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

58

diciottesimo incontro 8 maggio 2014

IL SABATO È STATO FATTO PER L'UOMO E NON

L'UOMO PER IL SABATO!

Accoglienza e accensione del lume

Preghiera: Salmo 119 (118)

Accoglienza e accensione del lume

Preghiera: Salmo 119 (118) – vv 33-61

Testi di studio:

o Mt 12,1-8 i discepoli di Gesù colgono spighe in giorno di

sabato

o Mt 12,9-21 Gesù, nella sinagoga, guarisce di sabato un uomo

dalla mano inaridita

o Mt 15,1-20 discussione con i farisei, sul puro e l’impuro

o Mt 23,1-39 Gesù accusa gli scribi e i farisei di ipocrisia e

vanità

Utilizziamo alcuni brani del Vangelo di Matteo per vedere

come Gesù ha affrontato il problema della santificazione del

sabato e le altre prescrizioni fondamentaliste della Legge

Gesù nella sua vita pubblica, per le strade della Galilea, cura i

malati, accoglie gli esclusi:

o Con le sue parole, il suo operare e i suoi insegnamenti di

vita vissuta, aiuta a superare le barriere di genere,

religione, razza e classe.

o Interpreta le Scritture, con libertà, senza preconcetti

conservatori, cerca il significato profondo della Legge e

con fedeltà al progetto di Dio Padre ne indica l’obiettivo.

Mt 12,1-8: i discepoli di Gesù colgono spighe in giorno di

sabato

Come interviene Gesù nella discussione con farisei?

Mt 12,9-21: subito dopo Gesù, nella sinagoga, guarisce un

uomo dalla mano inaridita e molti altri malati.

La citazione del profeta Isaia dà il significato alla scelta di

Gesù di guarire di sabato.

59

Mt 15,1-20: nella discussione con i farisei, sul puro e

l’impuro, ancora una volta Gesù va al cuore della Legge

Cogliere una frase del brano che ne sintetizza il messaggio.

Mt 23,1-39: Gesù accusa gli scribi e i farisei di ipocrisia e

vanità.

In questo brano ci sono molte espressioni dure, cerchiamo

di coglierne almeno una e attualizziamola.

Nei gruppetti si può scegliere di approfondire anche solo uno

dei brani proposti, poi metteremo in comune le riflessioni di

tutte noi.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

SUSSIDIO 9

L’APPLICAZIONE RIGOROSA DELLA LEGGE

Noi, cristiani di oggi, abituati a leggere i Vangeli e le Lettere di S. Paolo,

abbiamo una visione molto critica e negativa della Legge ebraica, secondo

l’idea che ci è stata trasmessa dalle prime comunità cristiane.

In origine la parola Legge aveva un significato molto positivo:

corrispondeva agli insegnamenti di Dio, per farci conoscere la sua volontà.

La finalità della Legge era di promuovere la vita, una vita degna e felice.

Per la comunità ritornata dall’esilio e per i giudei che rimasero in

Babilonia e nella diaspora, la Legge era considerata come il più grande

dono di YHWH per il suo popolo, come viene proclamato dai salmi: “Beato l'uomo che nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita

giorno e notte”. (Sal 1,1-2)

“La legge del Signore è perfetta, rinfranca l'anima”. (Sal 19,8)

“Beato chi cammina nella legge del Signore. Beato chi custodisce i suoi insegnamenti

e li cerca con tutto il cuore”. (Sal119,1-3)

È necessario leggere in quest’ottica la riflessione che la comunità di

Matteo ha fatto sulla Legge, all’interno del Discorso della Montagna (cfr

Mt 5,20-48), per coglierne il senso profondo.

Durante il periodo persiano del post esilio; sostituendosi alla profezia, la

Tōrāh, diventa l’insieme di norme giuridiche e civili riunite nel Pentateuco

e attribuite a Mosè; nel suo evolversi ha acquistato un significato più

rigoroso e negativo. La Legge scritta si è andata costituendo

progressivamente e presenta molti paralleli con le legislazioni degli altri

60

popoli dell’antico Oriente (in particolare con la legislazione babilonese: “il

codice di Hammurabi”).

Nella Tōrāh si distinguono le seguenti raccolte scritte:

a) Il decalogo (Es 20,1-17; Dt 5,6-21); un decalogo rituale (Es 34,11-26)

b) Il libro dell’alleanza (Es 20,22—23,19)

c) Le leggi sacerdotali = codice sacerdotale (Es 25-31; Es 36-40; Lv 1-16;

Lv 23-27; Nm 1-10; Nm 17-19; Nm 28ss)

d) La legge di santità (Lv 17-26)

e) La legislazione del Deuteronomio = codice deuteronomico (Dt 12-16)

Queste raccolte sono state composte in tempi e luoghi diversi, perciò nel

Pentateuco non vengono riprese in modo sistematico.

L’applicazione rigorosa delle leggi contenute nei primi cinque libri della

Bibbia, ha creato l’esclusione di molti gruppi sociali: donne, poveri,

malati, menomati fisici, categorie di lavoratori, tutti coloro che potevano

essere considerati esclusi secondo il criterio della legge della

purezza = “puro/impuro” e “purezza etnica”.

La legge ha avuto anche un aspetto positivo e importantissimo nel post

esilio: è stata fondamentale per la comunità giudaica, per la sua

sopravvivenza come popolo, come etnia; l’osservanza delle prescrizioni

legislative ha creato un’identità sociale, nazionale, religiosa, garantendo la

sopravvivenza del popolo come nazione, in un momento in cui la cultura

ebraica correva seri rischi di scomparire in mezzo all’immenso impero

persiano.

Il rigore eccessivo e l’osservanza cieca della legge, si sono trasformati in

legalismo.

Non tutti i giudei erano legalisti, Gesù ha combattuto il legalismo

eccessivo del giudaismo dominante in quell’epoca.

Il sabato: Nell’ebraismo lo Shabbat è la più grande di tutte le solennità. È considerato

il giorno della gioia, non si deve digiunare. Tutti i libri giuridici

dell’Antico Testamento prescrivono di festeggiare il sabato mediante

l’interruzione delle occupazioni quotidiane. La più antica prescrizione

imponeva la proibizione del lavoro per motivi umanitari. Riposo per gli

uomini, le donne, gli schiavi, il forestiero, gli animali (cfr Es 23,12). In Dt

5,15 si collega l’istituzione del sabato con l’uscita dall’Egitto.

61

Al tempo dell’esilio, i giudei cominciarono a vedere nel sabato, insieme

alla circoncisione, il “segno” di appartenenza, mediante il quale Israele si

distingueva dagli altri popoli (cfr Es 31,13-17; Ez 20,12.20).

Il sabato divenne santo e poteva venire profanato dal lavoro (cfr Es 20,8-11

in riferimento a Gen 1,1-2a).

Mentre prima dell’esilio il sabato aveva un carattere festoso e gioioso - si

visitavano i santuari (cfr Is 1,12ss) e si interrogavano i profeti (cfr 2Re 4,23) –

dopo l’esilio Neemia impose il riposo del sabato con la forza (cfr Ne 13,15-

22). Da allora in poi l’importanza del sabato crebbe sempre più (cfr Is 56,2-

6; Ger 17,24-27). Gli scritti rabbinici contengono una concezione

eccessivamente rigida del riposo sabbatico. Le occupazioni vietate erano

ben 39, fra cui strappare cose (cfr Mt 12,2) e portare pesi cfr Gv 5,10); il

medico poteva prestare soccorso solo in pericolo di morte, per questo i

rigorosi osservanti della legge, si sono opposti alle guarigioni di Gesù (cfr

Mc 3,1-5; Gv 5,1-16; con altri testi paralleli).

Gesù parte dal principio che il sabato non è finalizzato a se stesso, ma deve

essere un aiuto per la vita dell’uomo (cfr Mc 2,27). Egli suscita più di una

volta le discussioni sul sabato (cfr Mt 12,10;Lc 13,10-17; Gv 5,8-18) e si

prende la libertà di fare il bene anche in giorno di sabato e di non tenere

assolutamente conto dei divieti della legge.

I primi giudei cristiani oltre al sabato osservavano gli altri costumi ebraici

(cfr At 2,1.46; 3,1; 10,9).

Sembra che Paolo non abbia obbligato i cristiani provenienti dal

paganesimo all’osservanza del sabato (cfr Gal 4,9ss), ma abbia destinato il

primo giorno della settimana ebraica al culto e allo spezzare del pane

(cfr At 20,7; 1Cor 16,2).

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

“Voglio che la mia coscienza diventi vasta come i cieli, la terra e i popoli,

profonda come il passato, il deserto e l’oceano, sottile come gli atomi della materia e i pensieri del cuore umano”

Teilhard de Chardin

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

62

LA STORIA DELLA MATITA

Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo una lettera. A un certo punto, le domandò: “Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me?” La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote: “È vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole è la matita con la quale scrivo. Vorrei che la usassi tu, quando sarai cresciuto”. Incuriosito il bimbo guardò la matita, senza trovarci alcunché di speciale. “Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita!” “Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasportarle nell’esistenza, sarai sempre una persona in pace col mondo.

Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una Mano che guida i tuoi passi. ‘Dio’, ecco come chiamiamo questa mano! Egli deve condurti sempre verso la Sua volontà.

Seconda qualità: di tanto in tanto, devi interrompere la scrittura e usare il temperino. È un’azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare alcuni dolori: ti faranno diventare un uomo migliore.

Terza qualità: il tratto della matita ci permette di usare una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere un’azione o un comportamento. Non è necessariamente qualcosa di negativo: anzi, è importante per mantenere la retta via della giustizia.

Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque, presta attenzione a quello che accade dentro di te.

Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia, di conseguenza impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione”.

(Paulo Coelho da: Sono come il fiume che scorre Pensieri e riflessioni 1998-2000)

63

diciannovesimo incontro 22 maggio 2014

LE FESTE GIUDAICHE e GESÙ nel Vangelo di Giovanni

Accoglienza e accensione del lume

Preghiera: il Prologo di Giovanni – Gv 1,1-18 il prologo è una sintesi

di tutto il vangelo.

Nella preghiera cogliamo la parole che si ripetono e che troveremo poi

sviluppate nei nostri testi di studio

Testi di studio come da schede per ogni gruppo

In questo incontro faremo un breve ricerca, attraverso il Vangelo di

Giovanni, per capire come Gesù ha vissuto le feste giudaiche e quali

erano le sue proposte di vita.

Osservare la Linea del Tempo: il vangelo di Giovanni vede la sua

redazione finale tra il 90 e il 100 in un ambiente di cultura ellenistica (Asia

Minore). La comunità giovannea deve affrontare tre principali problemi, lo

scontro con:

1. il mondo giudaico

2. la cultura greca

3. l’idolatria politica dell’impero romano

Dal Vangelo di Giovanni traspare come la comunità abbia vissuto

un’accesa polemica con il giudaismo, dove la Legge era considerata la

manifestazione ultima e definitiva di Dio. L’atteggiamento che l’autore del

Vangelo di Giovanni assume è di incontro/scontro; non rifiuta il

giudaismo, ma gli dà un nuovo significato; utilizza simboli, immagini, idee

della tradizione giudaica imprimendovi però un valore diverso, nuovo e

tuttavia in continuità con l’antico.

I grandi simboli: luce, acqua, vita, vengono applicati a Gesù. Giovanni

non fa che affermare ripetutamente che non è la Legge, ma Gesù di

Nazaret la vera e ultima manifestazione di Dio.

Il Vangelo di Giovanni è caratterizzato dalle feste di pellegrinaggio che

sono radicate nel giudaismo: nella sua vita pubblica, Gesù si reca più

volte a Gerusalemme per prenderne parte e annunciare il suo messaggio:

per la festa di Pasqua – Pesach, prima e la terza (cfr 2,13ss; 11,55ss);

la seconda la passerà sulla sponda del mare di Galilea e da lì a

Cafarnao (cfr 6,1ss)

per la festa delle Capanne – Sukkot (cfr 7,1ss)

per la festa della Dedicazione del Tempio – Hanukkah (cfr 10,22ss).

64

Grazie alla predicazione e all’azione di Gesù, queste proposte acquistano

un significato nuovo, cristologico: in Cristo sono portate a compimento.

Noi prenderemo in considerazione la festa di Pasqua che Gesù passa sul

lago di Galilea (Gv 6,1-71) e la festa delle Capanne (Gv 7,1-51),

aggiungiamo l’episodio della purificazione del Tempio (Gv 2,13-25).

Questi tre brani li metteremo in relazione al periodo del post esilio che

abbiamo affrontato quest’anno.

Dal Prologo (Gv 1,1-18) cercheremo di evidenziare le parole chiave e

metterle in relazione con i testi di studio.

La nostra ricerca è divisa in tre gruppi, poi ci confronteremo nell’incontro

abituale del giovedì.

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

Gruppo Maria di Magdala: la purificazione del tempio

Testi di studio: Gv 2,13-25 da confrontare con Ne 13,4-14

Il Tempio di Gerusalemme fin dalle sue origini è stato una realtà

estremamente articolata: comprendeva aspetti religiosi, ma anche

politici, militari, economici. Per il re Salomone costruire il tempio(960

a.C.) significava non soltanto rendere lode a Dio, ma anche accrescere

il suo prestigio e il suo potere (cfr 1Re 6,1ss).

Il re della Giudea, Erode il Grande, per aumentare la sua popolarità,

nel 19 a. C., allarga il Secondo Tempio, che verrà chiamato Tempio di

Erode.

Nella storia di Israele la linea profetica critica e denuncia la

strumentalizzazione del tempio; i vari profeti che hanno denunciato le

storture del culto sono stati perseguitati; la loro aspirazione di avere un

tempio completamente dedicato al culto di Dio nella sua autenticità,

andava contro a precisi interessi economici e politici.

Come interpretare il messaggio che la comunità di Giovanni vuole

dare a questo testo?

Gesù si richiama alla linea profetica: commentare.

Come attualizzare il brano? Quali spunti per la nostra vita di fede?

65

Gruppo la Samaritana: la Festa di Pasqua – Pesach

Testi di studio: Gv 6,1-71 da confrontare con Esd 6,19-22 e Es 16

Nella tradizione del popolo d’Israele, celebrare la festa di Pasqua

significa attualizzare e fare memoria, di generazione in generazione, di

un evento fondante della storia del popolo:l’Esodo.

Nella festa e nel racconto del memoriale si intrecciano il passato, il

presente e il futuro.

Nei racconti riferiti alla Pasqua sono racchiuse diverse tradizioni e

culture, noi non le approfondiremo, cercheremo solamente di cogliere il

messaggio che la comunità di Giovanni vuole dare a questa festa

ricordando la moltiplicazione dei pani sul lago di Galilea e il discorso

di Gesù, pane di vita.

Confronta la prima pasqua celebrata dopo il ritorno dall’esilio e l’inizio

del racconto in Gv 6: chi è invitato a celebrare la pasqua del 515 a. C.?

Chi partecipa al banchetto sul lago?

Quale episodio dell’Esodo richiama il “segno” del pane?

(nel vangelo di Giovanni i miracoli di Gesù vengono chiamati “segni”) Come attualizzare il brano? Quali spunti per la nostra vita di fede?

Gruppo Agar: La Festa delle Capanne – Sukkot

Testi di studio: Gv 7,1-52 e Gv 8,12-30 da confrontare con Ne 8,1-18

La festa delle Capanne anticamente era la festa del raccolto (Es 23,16),

durava sette giorni, le famiglie si recavano in pellegrinaggio ai santuari

locali per offrire sacrifici (cfr 1Sam 1).

Ricorda anche il rinnovo dell’alleanza del Sinai e il pernottare nelle

tende durante il cammino nel deserto.

Salomone sceglie la festa delle Capanne come data della dedicazione

del tempio.

Esdra dopo la lettura pubblica del Libro della Legge ripristina la festa

delle Capanne (Ne 8,12).

La tradizione sacerdotale (Lv 23,34; Nm 29,12) lega la festa delle

Capanne ad una data fissa e la prolunga fino all’ottavo giorno.

Nel giudaismo è considerata la terza grande festa di pellegrinaggio,

dura sette giorni e si conclude nell’ottavo con grandi celebrazioni: è

considerata in assoluto “la festa del Signore” e la festa della gioia; è

caratterizzata in particolare dai riti dell’aspersione dell’acqua di giorno

e della celebrazione della luce di notte nel tempio.

66

Ogni mattina della festa i sacerdoti versavano l’offerta dell’acqua

sull’altare degli olocausti, unendo la preghiera per una pioggia

apportatrice di fertilità; le luci venivano accese nel tempio, nell’atrio

delle donne vicino alla camera del tesoro (Gv 8,12-20) ed erano

espressione della grande gioia per la festa.

Nel brano di Neemia che cosa viene sottolineato?

Nel vangelo di Giovanni evidenziare le parole che aiutano a dare vero

significato alla festa delle Capanne.

L’ultimo giorno della festa Gesù promette l’acqua viva e si definisce

luce del mondo.

Quale messaggio vuole dare la comunità di Giovanni?

Che spunti possiamo cogliere per attualizzare?

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

CONTINUA A SEMINARE

Semina sempre

nelle stagioni della vita

semina quando il sole sorge

e la luce danza nei campi.

Semina sempre

nei passaggi della vita

quando sei giovane e cerchi il tuo futuro

quando sei vecchio e speri in un

abbraccio.

Semina sempre non ti rassegnare

quando sei sano e pieno di energia

quando malato, sei fragile e stanco.

Semina sempre

intorno a te ogni giorno

per le tue figlie e per i figli della terra

perché ci sia pane sulla tavola di tutti

e il vino nuovo per brindare alla vita.

Semina nella Chiesa le parole del

Vangelo

che diventi più povera e contenta

Chiesa ricostruita dalla gioia

non più legata ai giochi del potere.

Semina nel tuo Paese

la libertà di pensare e di scrivere

parole nuove come un tempo:

democrazia, responsabilità, Costituzione.

Semina i tuoi beni, condividi

non lasciare che i tuoi soldi

alimentino le guerre e le ingiustizie.

Semina la tenerezza, sempre

sana le ferite, dai il perdono

e abbraccia il tuo nemico.

Semina la giustizia in ogni cosa

nelle piccole scelte di ogni giorno

spezza tutte le mafie e i sistemi di

violenza.

Semina Pasqua

anche quando è inverno

semina sempre, anche controvento

il fiore sboccerà, rifiorirà la terra.

Ma tu continua, semina ancora

l’aurora nasce

e il seme ormai matura …

67

Dacci la Tua benevolenza

Dio mio dacci, Ti prego,

tutta la Tua benevolenza; proteggici in ogni istante;

donaci interamente il Tuo perdono.

Fa’ che la nostra vita sia piena con Te;

e la nostra esistenza beata con Te;

colmaci solo dei doni Tuoi immensi

e dei Tuoi molteplici favori;

mostraci la delicatezza del Tuo amore e la prontezza

della Tua bontà.

Salmo Sufi di Algazel

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

INSEGNACI SIGNORE

Insegnaci, Signore, a sostenere il tuo silenzio, quando l’ombra s’addensa

e il fuoco si spegne. Insegnaci a consumare l’attesa,

per far sbocciare l’alba che ci aspetta. Insegnaci ad ascoltarti,

tu che affiori sulle nostre labbra quando preghiamo. Insegnaci a parlarti:

il fuoco sia sulla nostra lingua davanti alla notte. Insegnaci Signore a chiamarti Padre nostro:

una preghiera che ha il sapore del pane, una preghiera che sia la nostra casa.

Pierre Emmanuel (1916-1984) poeta

68

"Benedite ogni mattina la giornata che si apre davanti a voi.

In quell'istante avete tutte le possibilità di dare un nuovo orientamento alla vostra vita.

Perché mai il passato e i suoi errori dovrebbero prolungarsi nell'avvenire?

Aprite gli occhi pensando a ciascuna delle facoltà che possedete e che potete mettere all'opera per realizzare tutti i vostri buoni progetti.

Vi pare cosa da niente essere, anche oggi, in grado di pensare, di desiderare, di vedere, di udire, di camminare?...

Benedite anche le difficoltà che incontrerete durante la giornata...

Dandovi nuovi problemi da risolvere, il Cielo vi mostra che vi giudica capaci non solo di lavorare

efficacemente, ma anche di riparare agli errori che avete potuto commettere.

Benedite la vostra vita quando appare l'alba, anche se le vostre forze declinano a poco a poco.

È il momento di aprire i vostri occhi interiori su un altro mondo.

E non dovete pensare che state per morire: pensate piuttosto che state per nascere altrove, e che dopo essere passati per una porta stretta,

entrerete in uno spazio di luce.

Se riuscirete ad avere una buona comprensione di ciascuna tappa della vostra vita,

avanzerete sempre nella luce e nella gioia.”

Omraam Mikhaël Aïvanhov (1900-1986 filosofo e pedagogo bulgaro)

69

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

La preghiera del viandante

Dammi, o Signore,

la gioia di scoprire

e ammirare le bellezze

che, attraverso la natura

e l’arte, hai profuso ad

ogni passo nell’universo.

Dammi la gioia

della serena fraternità,

la gioia di scoprire

dei buoni fratelli

in tutti quelli

che incontrerò

sul mio cammino,

la gioia di apprezzare

le buone qualità

di ciascuno.

Dammi la gioia

della gentilezza,

della adattabilità

alle circostanze,

in modo che nessuno

abbia da me motivo

di tristezza.

E conservami sempre

nel cuore la gioia

pensosa del viandante

che passa per le vie

del mondo come

pellegrino e forestiero

con lo sguardo sempre

fisso alla Patria celeste.

Amen!

◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈◈

BIBLIOGRAFIA:

La Bibbia di Gerusalemme o la TOB

“Piccola guida alla Bibbia” di Sandro Gallazzi Ed EMI

“La Lettura Profetica della Storia” Ed. La Piccola Editrice

“Fonte di acqua viva” di T. Frigerio e F. Tenero Ed. EMI

“Per una terra”di Sandro Gallazzi Ed. Gabrielli

“Atlante Biblico interdisciplinare” di Giacomo Perego Ed. San Paolo.

“Atlante della Bibbia” di Annemarie Ohler Ed. Queriniana

“Storia d’Israele e di Giuda” di F. Castel Ed. Paoline

“Mosè” di André Chouraqui Ed Marietti

Linea del Tempo che si trova in ogni Bibbia o in altri testi di studio

70

SHALOM!

Abbiamo scoperto la Parola camminando…

Eccoci alla fine del nostro studio biblico, un’altro anno trascorso insieme si è concluso. Che cosa rimane? Ognuna di noi avrebbe molto da dire, da raccontare, da testimoniare. Le nostre memorie parlano da sole! L’incontro con la Parola studiata, pregata e condivisa, ci ha permesso di crescere nella fede e nella speranza, la nostra vita di tutti i giorni è stata irrorata dall’acqua viva dello Spirito! Questa esperienza ha portato gioia nei nostri cuori, con il desiderio di condividere e donare quello che gratuitamente abbiamo ricevuto!

Papa Francesco nella sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium ce lo ricorda costantemente:

“Certamente tutti siamo chiamati a crescere come evangelizzatori. Al tempo stesso ci adoperiamo per una migliore formazione, un approfondimento del nostro amore e una chiara testimonianza del Vangelo. Tutti dobbiamo lasciare che gli altri ci evangelizzino costantemente; questo però non significa che dobbiamo rinunciare alla nostra missione evangelizzatrice, ma piuttosto trovare il modo di comunicare Gesù che corrisponda alla situazione in cui ci troviamo. In ogni caso, tutti siamo chiamati ad offrire agli altri la testimonianza esplicita dell’amore salvifico del Signore, che al di là delle nostre imperfezioni ci offre la sua vicinanza, la sua Parola, la sua forza, e dà senso alla nostra vita. La nostra imperfezione non deve essere una scusa; al contrario, la missione è uno stimolo costante per non adagiarsi nella mediocrità e per continuare a crescere. La testimonianza di fede che ogni cristiano è chiamato ad offrire, implica affermare come San Paolo: ‘Non ho certo raggiunto la meta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla…corro verso la meta (Fil 3,12-13)’ ( Evangelii Gaudium 121)”.

Questa esortazione ci accompagnerà in questi mesi, pronte a ricominciare un

nuovo anno con il desiderio di testimoniare il Vangelo dove lo Spirito ci

condurrà.

SHALOM!

Gruppo biblico delle donne del giovedì mattina

Parrocchia di San Vito Martire Lentate sul Seveso

Festa di Pentecoste 8 giugno 2014

71

INDICE: Pag

Camminando 3

Modi diversi di leggere la Bibbia 4

La profezia nel Post Esilio 7

Presentazione del Post Esilio 11

Esdra e Neemia 12

Il progetto di Aggeo e Zorobabele 19

Il progetto di Zaccaria e Giosuè 23

Il progetto “Luce delle Nazioni” 27

Chiasmo del Terzo Isaia 28

Il progetto “Luce delle Nazioni” e Gesù 32

Gli antenati del popolo eletto 36

La riforma di Neemia 39

Il progetto di Esdra 41

Il Libro di Rut 43

La parabola di Giona 47

Il libro di Giobbe 49

La nuova legge di Gesù 52

Il dolore innocente 56

Il sabato e Gesù 58

Le feste giudaiche e Gesù 63

Bibliografia 69

Conclusione 70

Indice 71