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Indice Introduzione 7 Capitolo primo Il posto migliore nel cuore di mamma e papà 13 Riflettere sulla collocazione del bambino nella sequenza dei figli I primogeniti: tutto il peso dell’eccellenza Mammoni, paciocconi e pigroni Il figlio intermedio: breve ritratto in chiaroscuro Fratelli dello stesso sesso: «quasi la stessa cosa»? Sorelle: tra vicinanza e differenziazione Fratelli: rivalità, distanza e una segreta nostalgia Nutrire l’amore, ovvero come creare interesse per la vita familiare Confronti che accendono la rivalità Come affrontare i voti scolastici Per una volta ho la mamma tutta per me! Come identificare le richieste d’affetto dei nostri figli Quel fastidioso fare la spia... Quando non è giusto dare a tutti lo stesso Addomesticare i sensi di colpa Capitolo secondo Capire la personalità individuale dei nostri figli 55 Tenere presente quanto è avvenuto nella propria famiglia di origine Mettere in evidenza i lati positivi dei nostri figli Il modo giusto di lodare Assumere un atteggiamento critico verso i ruoli fissi nel sistema famiglia Ogni bambino è un esperto: lo stile di vita del bambino come base di una tipologia dell’infanzia Gli «esperti del noi»: il bisogno di relazione e prossimità Gli «esperti dell’io»: il bisogno di autonomia e affermazione del proprio modo di essere

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Page 1: Quanto rompe mio fratello · Come identificare le richieste d’affetto dei nostri figli ... i colori e gli odori tra cui siamo nati e cresciuti. Fratelli e sorelle sono i nostri

Indice

Introduzione 7

Capitolo primo Il posto migliore nel cuore di mamma e papà 13

Riflettere sulla collocazione del bambino nella sequenza dei figli I primogeniti: tutto il peso dell’eccellenza Mammoni, paciocconi e pigroni Il figlio intermedio: breve ritratto in chiaroscuro Fratelli dello stesso sesso: «quasi la stessa cosa»? Sorelle: tra vicinanza e differenziazione Fratelli: rivalità, distanza e una segreta nostalgia Nutrire l’amore, ovvero come creare interesse per la vita familiare Confronti che accendono la rivalità Come affrontare i voti scolastici Per una volta ho la mamma tutta per me! Come identificare le richieste d’affetto dei nostri figli Quel fastidioso fare la spia... Quando non è giusto dare a tutti lo stesso Addomesticare i sensi di colpa

Capitolo secondo Capire la personalità individuale dei nostri figli 55

Tenere presente quanto è avvenuto nella propria famiglia di origine Mettere in evidenza i lati positivi dei nostri figli Il modo giusto di lodare Assumere un atteggiamento critico verso i ruoli fissi nel sistema famiglia Ogni bambino è un esperto: lo stile di vita del bambino come base di una tipologia dell’infanzia Gli «esperti del noi»: il bisogno di relazione e prossimità Gli «esperti dell’io»: il bisogno di autonomia e affermazione del proprio modo di essere

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Capitolo terzo Gestire con competenza i conflitti tra fratelli 81

Comprendere la regia del teatro dei conflitti Quando e come i genitori devono diventare registi degli scontri? Stabilire i confini dando valore all’altro Come gestire un dialogo tra due contendenti e aiutarli a trovare un compromesso Lingua del lupo e lingua della giraffa Un’ancora di salvataggio nella tempesta dei litigi: la tecnica della finestra L’unione fa la forza: un contratto e un gioco a punti Quando il comportamento dei genitori getta benzina sul fuoco dei litigi Promemoria delle strategie da adottare in caso di conflitti tra fratelli La storia del lupo e della giraffa

Capitolo quarto Sopravvivere come famiglia 129

La camera della coppia: il nucleo dell’armonia della casa I genitori forti entrano nella camera dei bambini solo in caso di necessità La camera dei genitori, dove si decide insieme lo stile educativo Una stanza tutta per sé: luoghi fisici o interiori dove attingere energie Una stanza comune ordinata e gioiosa

Bibliografia 161

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Introduzione

«E quanto a mia sorella... lei è una lumaca schifosa!» È con queste parole che Matteo, 9 anni, risponde al mio invito a disegnare i membri della sua famiglia raffigurandoli come animali. Poco dopo Claudia, una ragazzina di 14 anni, fa la sua comparsa al centro del foglio nelle vesti di un disgustoso e minaccioso mollusco. Alla mia richiesta di completare il disegno con alcune brevi frasi, Matteo commenta così l’argomento sorelle: «A volte è proprio bello avere una sorella». «E quando?» – chiedo io stupita. «Quando prepara una torta per il mio compleanno. Allora mi permette persino di aiutarla!»

Fratelli divisi tra odio e amore: un rapporto complesso

I fratelli, si sa, non li possiamo scegliere; sono una sorpresa che la sorte ci riserva. Eppure quella che abbiamo con loro è la relazione più lunga che gli esseri umani possano conoscere nel corso della loro vita. Quando i nostri coniugi o partner stavano ancora giocando in qualche cortile, i fratelli c’erano già, e rimangono al nostro fianco anche alla scomparsa dei nostri genitori. I fratelli condividono i nostri ricordi e i nostri sogni. Nessuno meglio di loro conosce le persone, le esperienze, i luoghi, i colori e gli odori tra cui siamo nati e cresciuti. Fratelli e sorelle sono i nostri primi «pari» e rappresentano per noi importanti oggetti d’odio e d’amore; spesso litighiamo con loro, ma al tempo stesso sono le prime figure con cui ci identifichiamo e ci indicano ciò che siamo e che cosa vogliamo o non vogliamo essere. Da loro impariamo l’amore e la capacità di comprendere gli altri,

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ma anche l’ineludibilità e la forza di sentimenti negativi come l’ira, l’odio e la rabbia.

Nei rapporti quotidiani tra i fratelli affetto e rivalità sono i due lati di una stessa medaglia. I fratelli ci insegnano a nuotare e ad andare in bicicletta, ci raccontano favole e ci spiegano le cose — oppure siamo noi, come fratelli maggiori, a ricoprire il ruolo dei maestri —; e in seno alla relazione tra i fratelli si impara anche a preoccuparsi dell’altro e a prendersi cura di lui. Con chi abbiamo condiviso le prime eccitanti scoperte sull’altro sesso se non con fratelli o sorelle? E, al tempo stesso, da chi abbiamo protetto con il più grande impegno i nostri segreti se non da loro? Fratelli e sorelle sono per il bambino modelli importanti, complici e alleati, oppure oggetti d’invidia, concorrenti e rivali. Con loro possiamo costruire un mondo alternativo da op-porre allo strapotere dei genitori e, se il rapporto di coppia dei nostri genitori entra in una fase problematica, possiamo stringerci a loro e trovare così l’aiuto che ci serve. Ma i fratelli sono anche un anello di congiunzione tra il mondo chiuso della famiglia e tutti coloro che vivono all’esterno (compagni di gioco, amici e conoscenti).

I rapporti con i fratelli rientrano tra le relazioni di base della nostra vita e apportano un contributo fondamentale alla persona che siamo o stiamo diventando — in breve, alla nostra identità. Che sia improntato a fiducia o a rivalità, il nostro legame con i fratelli e le sorelle non è mai neutro e indifferente, perché non sono solo il padre e la madre a plasmare il modello interiore delle nostre future relazioni personali: anche i fratelli ricoprono un ruolo di primo piano in questo processo fondamentale.

Molti tra coloro che stanno leggendo queste righe, e che si tro-vano oggi nei panni di genitori, sapranno riconoscere nelle relazioni che hanno instaurato con i figli i modelli interiorizzati dei rapporti che esistevano nella loro famiglia di origine. Di fronte al ripresentarsi di tali modelli l’atteggiamento migliore deve essere critico e al tempo stesso positivo, perché ciò che abbiamo condiviso e spesso continu-iamo a condividere con fratelli e sorelle ha una grande influenza sul modo in cui interagiamo con i nostri figli.

Per molto tempo la letteratura psicoterapeutica si è interessata principalmente della relazione tra figli e genitori e si è occupata delle tematiche connesse ai rapporti tra i fratelli solo nella prospettiva della

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rivalità per il padre o per la madre. Oggi invece, accanto a questi rapporti di tipo verticale, si attribuisce grande importanza anche alla dimensione orizzontale e agli effetti che essa ha sullo sviluppo dei bambini. Diventano così centrali i rapporti con i coetanei, le amicizie infantili e, per quanto riguarda le dinamiche familiari, le esperienze formative con i fratelli e le sorelle. In quanto genitori voi giocate un ruolo di primaria importanza nella strutturazione di questa dimensione orizzontale: l’intento di questo libro è aiutarvi a creare uno spazio di crescita in cui i vostri figli possano vivere esperienze stimolanti per il loro sviluppo personale e imparino a controllare i conflitti e i momenti negativi nei rapporti con i fratelli. Con l’ap-poggio di genitori decisi i rapporti tra fratelli possono dispiegarsi in maniera positiva e differenziata.

Il luogo della relazione: uno sguardo sulla casa

Ogni famiglia è composta da una rete verticale (rapporti tra genitori e figli) e da una orizzontale (rapporti tra fratelli e sorelle); entrambe le reti devono essere tenute in ordine, se vogliamo che non si aggroviglino e non possano più sorreggere lo sviluppo individuale.

Per comprendere meglio questo concetto, cercate di pensare alla famiglia come a una casa con diversi piani e diverse stanze. Nei paragrafi che seguono vi parleremo della disposizione delle stanze della casa e dei rapporti che vanno mantenuti tra i loro diversi abitanti.

Nel sottotetto ci sono due camerette. Entrambe contengono libri, fotografie e video della storia personale del papà e della mamma. Nelle feste familiari o in altre occasioni importanti il papà e la mamma fanno entrare i figli in queste stanze e, raccontando, mostrano loro quali sono le loro radici. Di solito i bambini ascoltano questi racconti in religioso silenzio.

I genitori sono usciti dalle loro camerette solo quando hanno deciso di fondare una loro famiglia e di occupare una stanza come coppia. Questa stanza è la più importante di tutta la casa e contiene un grande letto, strumenti per comunicare con creatività pensieri e sentimenti, un angolo per i dialoghi e, ogni tanto, un mazzo di fiori

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freschi. È il luogo della casa in cui la mamma e il papà si incontrano come uomo e donna. Se viene frequentato regolarmente, tutti in casa si sentono bene; se invece viene trascurato, l’ordine della famiglia mi-naccia di crollare. I bambini possono gettare ogni tanto uno sguardo in questa stanza, ma è opportuno che non vi soggiornino troppo a lungo. Il tempo che trascorrete con il vostro o la vostra partner alleg-gerisce il rapporto con i figli; essi così non si sentono responsabili per la felicità dei grandi e possono dedicarsi tranquillamente ai giochi e alle attività della camera dei bambini.

Anche quando la coppia si separa e la camera dei genitori è abitata da una sola persona (oppure si verifica l’entrata di un nuovo o di una nuova partner) è comunque importante mantenere viva l’immagine dell’abitante precedente, almeno come genitore. Non va infatti dimenticato che, anche se arriva un patrigno o una matrigna (e tanto meglio se essi vanno d’accordo con i bambini!), non per questo i figli ricevono un nuovo padre o una nuova madre. I bambini vogliono amare i loro genitori biologici e nessuno ama in maniera così incondizionata come i bambini.

Quando in una coppia arriva il primo figlio vanno preparate due nuove stanze: la stanza dei genitori e la stanza del bambino. Deve essere installato un ascensore che dalla camera della coppia conduce direttamente a quella dei genitori e in quest’ultima madre e padre si dovranno ritirare regolarmente per stabilire le regole che, a seconda della situazione, dovranno valere per i membri della propria famiglia. L’ascensore deve essere molto veloce, perché a volte è necessario recarsi tempestivamente nella camera dei genitori per decidere la condotta comune da tenere di fronte ai bambini. Infatti se mamma e papà inviano alla camera dei bambini messaggi discordanti, l’ordine della famiglia minaccia di sgretolarsi e nei bambini può nascere confu-sione; in questo caso è probabile che i bambini si alleino con uno o con l’altro genitore, cerchino di ingannare i grandi, si ribellino o semplicemente si chiudano in se stessi.

Dalla camera dei genitori parte una rampa di scale che condu-ce alla camera dei bambini. Ovviamente i genitori possono entrare anche in questa stanza, ma è opportuno che non vi si trattengano troppo; i bambini potranno così sperimentare, in quanto fratelli, sia la comunanza e la vicinanza con i genitori, sia la distanza e la separa-

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zione da loro. Una situazione particolarmente difficile viene a crearsi quando il padre o la madre prende con sé nella stanza della coppia uno dei figli, come proprio alleato, e la stanza dei genitori rimane vuota, perché i bambini non hanno alcun motivo per trattenersi nella stanza della coppia.

Al piano terra della nostra casa familiare si trovano le stanze in cui ci si riunisce tutti assieme. In cucina la psiche trova nutrimento e ogni membro della famiglia può godere di conforto e sicurezza; qui è concesso sfogare la propria conflittualità, essere orgogliosi e felici (o al contrario tristi e offesi), spartire questi sentimenti con tutti gli altri — a seconda del menù del giorno! Al piano terra c’è anche un soggiorno, riservato all’interazione comune, in cui si gioca e ci si diverte; questa è anche la stanza in cui i mezzi di comunicazione portano il mondo nella nostra famiglia. Se queste stanze comuni non vengono frequentate, allora ogni membro della famiglia vive la propria vita isolatamente e c’è poco senso di protezione e intimità.

Come usare questo libro

Con questo libro intendiamo fornirvi un filo conduttore che possa aiutarvi a far diminuire i litigi tra i vostri figli e a stimolare la formazione di rapporti positivi tra loro. Vogliamo appoggiarvi nel compito di plasmare quella delicata sfera vitale che è rappresentata dai rapporti tra fratelli; il nostro intento è liberare le risorse poten-ziali che i vostri figli hanno gli uni per gli altri e far loro evitare, con il vostro aiuto, le trappole che li attendono nel percorso di crescita comune. A tal fine il libro è stato suddiviso in quattro capitoli, così da darvi la possibilità di evidenziare ogni settimana o ogni mese un aspetto diverso dei rapporti che vigono nella camera dei bambini. A questo proposito vi suggeriamo di procurarvi un quaderno in cui annotare le vostre osservazioni, le vostre esperienze e i risultati degli «esperimenti» con cui cercherete di modificare i rapporti tra i bam-bini. Un grande aiuto può venirvi anche dalla presenza di un gruppo di genitori con cui scambiare le vostre opinioni, oppure di un’altra persona che si trovi ad affrontare gli stessi problemi e sia disposta a parlarne con voi.

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Un’ultima indicazione: non è necessario svolgere tutti gli esercizi che vi proponiamo in questo libro; l’approccio migliore è anzi quello di scegliere per prima cosa la proposta che vi sembra più adeguata alla vostra particolare situazione e di cercare di metterla in pratica. Constaterete con piacere che ogni piccolo successo vi renderà più sicuri delle vostre capacità pedagogiche.

Le nostre at t iv i tà sono suddiv i se in tre fas i , r iconosc ib i L i da i s imboL i seguent i :

Fase 1

esaminiamo un caso simile

ad altri è successo...

La prima fase può essere costituita dalla lettura di episodi che si sono verificati nel corso della nostra attività di consulenti. Inoltre molti esempi sono distri-buiti nel testo stesso, per illustrarne i contenuti. Anche le tavole a fumetti, infine, mostrano casi di buono o cattivo comportamento da parte dei genitori.

Fase 2

acquisiamo conoscenze specialistiche

È importante saperlo!

In questa fase cerchiamo di comunicarvi alcune conoscenze emerse dalla ricerca psicologica, con l’intento di darvi fiducia nel percorso che avete intrapreso e di rendervi più agevole la compren-sione delle dinamiche relazionali tra i fratelli.

Fase 3

Mettiamo in pratica un esercizio

Consigli pratici

In questa fase vi proponiamo alcuni esercizi e vi diamo consigli sulla loro applicazione, così da aumentare l’efficacia delle vostre competenze nella pratica pedagogica quotidiana.

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Capitolo primo

Il posto migliore nel cuore di mamma e papà

Io faccio tutto quello che dite, e quindi dovete volermi bene!

Se strillo e faccio i capricci dovete prestarmi attenzione!

Sono soprattutto due gli interrogativi di fondo che, in maniera non del tutto consapevole, motivano il comportamento dei vostri bambini con i fratelli e le sorelle:

Chi è più amato dai genitori?

Chi gode di un posto fisso nel sistema familiare? Chi teme per la propria appartenenza alla famiglia e deve lottare per essa?

Entrambi questi interrogativi sono di tipo esistenziale e sono accompagnati da un forte senso di angoscia e inquietudine, sentimenti che ogni bambino cerca di tenere a bada a modo suo. I fratelli, in altri termini, sono degli avversari naturali.

Il presente capitolo vuole affrontare il tema di come i bambini cerchino di attirare su di sé l’attenzione dei genitori e competano aspramente con i fratelli per occupare il posto migliore nel cuore di mamma e papà. A tal fine essi non solo si servono di tutti i mezzi messi a loro disposizione dalla collocazione nella serie dei figli, ma ricorrono anche all’intero repertorio dei comportamenti con cui i bambini si presentano come bisognosi e meritevoli di amore e attenzioni. Spesso questi loro sforzi creano situazioni di estrema tensione, in cui i genitori

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rischiano di sentirsi inadeguati al loro ruolo e incapaci di garantire l’armonia familiare. Inoltre in queste situazioni i genitori sono tentati di ricorrere a strategie educative che, pur adottate in buona fede, non fanno altro che attizzare ulteriormente i conflitti tra fratelli.

La lotta tra i fratelli è un’espressione del tutto naturale non solo della loro vitalità, ma anche dell’amore che provano l’uno per l’altro.

L’intento del capitolo è fornirvi alcuni strumenti educativi di uso quotidiano per aiutare i vostri figli a gestire i due interrogativi fondamentali che sorgono dal loro essere fratelli e per ridurre la conflittualità relazionale in seno alla vostra famiglia.

Riflettere sulla collocazione del bambino nella sequenza dei figli

Anche se non è la collocazione nella sequenza dei figli a de-terminare in primo luogo il comportamento dei bambini (come sembrano invece ritenere alcuni ricercatori), bensì la qualità del loro rapporto con i genitori, è vero però che il posto che essi occupano nella costellazione dei fratelli e delle sorelle apre loro diverse possi-bilità di sviluppo. Nel presente capitolo vogliamo occuparci proprio di queste ultime.

La signora Bassi viene al consultorio assieme al figlio Michele, un bambino di 10 anni. Il motivo della visita è che Michele provoca e molesta i compagni di scuola in tutti i modi immaginabili: nasconde loro le sacche da palestra, getta a terra le loro cose, li bersaglia di insulti e parolacce e li colpisce all’improvviso e senza alcuna ragione. Fino alla terza classe Michele è stato uno scolaro tranquillo e amante delle attività fisiche. L’insegnante non sa capire il motivo del suo cambiamento.Michele è il primo di due figli, ha una sorella più piccola. Quando la madre, tra le lacrime, racconta che il padre ha abbandonato la famiglia senza il minimo preavviso, Michele si alza e mette un braccio sulle spalle della madre, dicendo: «Non piangere mamma, ce la facciamo da soli!».I colloqui seguenti con la signora Bassi si concentrano da un lato sulle ferite psichiche riportate dalla madre, dall’altro sulla questione di come ella possa aiutare Michele a liberarsi dall’ec-

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iCondurre un d ialogo Costrut t ivo su i Confl i t t i tra fratel l i

tavola

3.3

Chiara, abbiamo tirato a sorte e tocca a te dareper prima la tua versione

del litigio!

Se ho capito bene, tu ti sei arrabbiata

così tanto perché pensi che Laura sia sempre

al centro dell’attenzione.

E ora, Laura, è il tuo turno!

Laura, tu ti arrabbi perché tua sorella

continua a fare allusioni sui tuoi voti scolastici.

Che cosa vorresti che facesse? E che cosa saresti disposta a fare

perché voi due smettiate di litigare?

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Le regole del dialogo

All’inizio dovrebbero essere fissate le seguenti regole dell’inte-razione dialogica:– Ogni contendente ha il diritto di esporre il litigio dal suo punto

di vista e di nominarne le cause.– Nessuno può interrompere l’altro; ciascuno deve poter esporre con

calma e serenità le sue ragioni.– Gli insulti e le parolacce sono banditi dal dialogo.

Se queste regole non vengono rispettate, cercate di porre un limite al comportamento dei bambini servendovi del metodo sopra descritto (si veda il paragrafo «Stabilire i confini dando valore all’altro»). Potrete dire ad esempio: «Vedo che ti riesce difficile rimanere calmo. [E qui potreste magari inserire un sospiro.] Tuttavia abbiamo detto che prima parla tua sorella e tu ascolti, poi parli tu e sarà lei ad ascoltare».

Le fasi del dialogo

• Fase1 Chi inizia? I bambini decidono chi deve iniziare. Se non riescono ad accordarsi

si tira a sorte. Nel nostro esempio a iniziare sarà Chiara.

• Fase2 Guardiamo attraverso gli occhiali di Chiara e di Laura. Cambiando gli occhiali cambia anche il mondo che osserviamo. Il genitore-moderatore dà la parola a Chiara. Ottenuto il segnale

di via libera Chiara può iniziare a esporre la sua versione del litigio. Laura non ha il permesso di parlare; il genitore-moderatore può però farle capire che comprende come le accuse di Chiara siano difficili da sopportare. Il genitore loda Laura per essersi attenuta alle regole del dialogo.

Il genitore-moderatore riassume le affermazioni di Chiara: «Tu ti senti proprio trascurata... E così ti sei arrabbiata... Ti sembra che tutti si occupino solo di Laura...». Il genitore deve accertarsi che Chiara sia d’accordo con il riassunto della versione che egli ha proposto e deve permetterle di effettuare correzioni o di aggiungere qualcosa.

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A questo punto il genitore-moderatore dà la parola a Laura. Chiara non ha il permesso di parlare, ma il moderatore può esprimerle la sua comprensione per la gravità delle accuse mosse dalla sorella.

Poi il genitore-moderatore riassume entrambe le versioni. L’opportunità di tali sintesi nasce dal fatto che, se esse provengono

dalla bocca di un adulto, i bambini danno più importanza alla versione del proprio avversario.

• Fase3 Articolare i desideri e trovare soluzioni. Il genitore-moderatore chiede che cosa ognuno dei due contendenti

desideri dall’altro e quali soluzioni essi propongano. Il genitore dovrà ritenere accettabile anche il desiderio di uno dei

bambini di non avere a che fare con l’altro almeno per un giorno. A ogni modo possono venire accettate e messe in pratica solo quelle soluzioni che entrambi i contendenti giudicano corrette. Inoltre si deve fissare la data di un nuovo colloquio, dedicato questa volta a verificare l’efficacia della soluzione adottata.

Nello svolgere il ruolo del moderatore ricordate sempre che educare non significa addestrare i bambini a comportarsi in un certo modo, bensì creare le condizioni ottimali per l’autonomo sviluppo della loro personalità individuale.

Lingua del lupo e lingua della giraffa

In situazioni conflittuali e ad alto tasso di emotività è estrema-mente difficile rispettare le regole del dialogo. Ciò è però indispensabile soprattutto per riuscire a comprendere il litigio da diversi punti di vista. Per questo motivo il moderatore deve, in primo luogo, stabilire delle procedure operative fisse: dare e negare la parola, riassumere quanto è stato detto, far rispettare le regole rigorosamente, ecc.

Solo il cambio di prospettiva che si verifica nel corso del dialogo rende possibile comprendere i sentimenti dell’altro, provare rispetto per le sue esigenze e, quindi, accettare una soluzione di compromesso. Inoltre il modo in cui parliamo gli uni con gli altri può influenzare in maniera decisiva la gestione del conflitto. Pertanto vorremmo ora

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indicarvi una strategia pedagogica finalizzata a favorire lo sviluppo nel bambino di un adeguato comportamento verbale.

Puntualizziamo subito che tale strategia non va applicata ai bambini in età prescolare, che vivono ancora all’interno di un’imma-gine del mondo altamente egocentrica e riferiscono a se stessi tutto ciò che accade. Essi infatti si sentono colpevoli per eventi a cui non hanno preso parte e che non possono modificare in alcun modo: un bambino di 6 anni che è venuto al consultorio con la madre credeva che il papà avesse lasciato la famiglia perché lui non aveva messo in ordine la sua stanza. L’esercizio che vi proponiamo, e che abbiamo chiamato «Lingua del lupo e lingua della giraffa», è quindi utilizzabile solo con bambini di almeno 7 anni di età.

La metodologia pedagogica «Lingua del lupo e lingua della giraffa» nasce dal principio della comunicazione non violenta che Marshall Rosenberg (1999; 2003) ha sviluppato partendo dalla metodologia di Carl Rogers, incentrata sulla persona. La sua finalità è stimolare in maniera ludica i bambini ad acquisire la capacità di porsi consapevolmente in una diversa prospettiva e di giudicare gli eventi a partire da essa. Essi devono imparare a esprimere i loro senti-menti e le loro esigenze senza ferire gli altri, senza minacciarli e senza giudicarli. Inoltre devono acquisire la capacità di capire gli altri a un tale livello di profondità da poter percepire chiaramente i bisogni e i sentimenti inespressi che si celano dietro le loro manifestazioni di ostilità e aggressività. (Chi conosce la comunicazione non violenta di Rosenberg si sarà accorto che alcuni principi ed elementi del suo approccio giocano un ruolo decisivo già nei capitoli precedenti di questo libro.)

Le caratteristiche della lingua del lupo

Il lupo sta per tutto ciò che rende difficile e problematica la comunicazione tra gli uomini. Il lupo cerca di nascondere i suoi veri sentimenti e vuole sempre controllare le sue emozioni, anche nel bel mezzo di un attacco d’ira; in certi momenti è estremamente gentile, poi d’un tratto diventa aggressivo e cerca di ferire l’interlocutore. Il lupo rende quasi impossibile agli altri capire la sua vita interiore

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e le motivazioni del suo agire. La sua lingua presenta le seguenti caratteristiche:

– La lingua del lupo giudica e condanna. Chi parla con la lingua del lupo classifica gli uomini in base al loro comportamento e tende a suddividere le cose in buone e cattive, giuste e sbagliate, normali e anormali.

– Nella lingua del lupo è consueto pronunciare verdetti di colpevolezza. Ma il lupo fa volentieri riferimento anche a regole generali, norme e prescrizioni che gli consentono di dare più peso alle proprie parole.

– Per il lupo punizioni e ricompense sono importanti. Per sentirsi sicuri i lupi hanno bisogno di regole chiare; le situazioni che richie-dono empatia, intuizione e soluzioni non convenzionali suscitano in loro paura o addirittura autentico panico.

Le caratteristiche della lingua della giraffa

Anche solo per la sua costituzione fisica, la giraffa sa porsi al di sopra di ciò che accade. Il suo lungo collo le consente di vedere il mondo da un’altra prospettiva; inoltre essa ha un «grande cuore», capace di pompare il sangue fino alla lontana testa. La lingua della giraffa include tutto ciò che agevola la comunicazione tra gli uomini; essa si caratterizza per un approccio rispettoso nei confronti dell’altro e per grandi doti di comprensione ed empatia. La lingua della giraffa presenta i seguenti tratti distintivi:

– La giraffa non nasconde i suoi sentimenti ma li mostra agli interlocutori. Essa è capace di esprimere con chiarezza quali sono i suoi bisogni e desideri e non ha paura di parlarne esplicitamente.

– Per questo motivo il suo modo di parlare è molto sincero. L’interlocu-tore sa che cosa la giraffa sta pensando e provando, non ha paura, non si sente minacciato e non ha bisogno di reagire con aggressività.

– La giraffa vede una grande varietà di possibili vie d’azione. Essa riconosce che ogni uomo agisce liberamente ed è responsabile delle proprie decisioni.

Nella comunicazione intersoggettiva coesistono, a diversi livelli di intensità, elementi della lingua del lupo ed elementi della lingua

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della giraffa. I vostri bambini dovranno imparare a riconoscere e a comprendere le differenze tra le due modalità d’interazione: solo così potranno acquisire la capacità di trattare gli altri con rispetto anche nelle situazioni conflittuali.

Il modo migliore di introdurre la strategia didattica basata sulle due lingue è quello di raccontare ai bambini la favola del lupo e della giraffa, che si trova alla fine di questo capitolo. Dopo aver letto il racconto ad alta voce sarà opportuno chiarire le differenze tra il com-portamento dei due animali e trovare esempi di persone che agiscono come il lupo o come la giraffa. Può essere utile anche partire da una situazione conflittuale di vostra invenzione, che darà ai bambini la possibilità di riflettere su cosa direbbero in tale situazione il lupo e la giraffa. Il litigio immaginario potrà essere proposto ai figli anche come un gioco di ruolo, oppure servendosi di marionette.

Nella tavola 3.4 e nella scheda 3.3 cercheremo di approfondire le differenze tra la lingua del lupo e quella della giraffa servendoci anche dell’esempio ormai ben noto del conflitto tra Chiara e Laura.

Un’ancora di salvataggio nella tempesta dei litigi: la tecnica della finestra

Nonostante la nostra opera di mediazione, a volte la concorrenza e la rivalità tra fratelli è così violenta che né il dialogo né gli appelli alla comprensione reciproca sortiscono alcun risultato. In questo caso i genitori devono intervenire in maniera più «dura», diretta e coerente, al fine di modificare il comportamento dei contendenti.

La tecnica della finestra è un metodo consolidato che affonda le sue radici nella terapia comportamentale e che, se applicata in maniera coerente, ha ottime possibilità di riuscita. Il ricorso a tale tecnica è opportuno in tutti i casi in cui i fratelli litigano tanto spesso e con tale intensità che i genitori devono dedicare praticamente tutto il loro tempo ad appianare le divergenze e a promettere punizioni, senza intravedere alcuna possibilità di raggiungere alla fine una si-tuazione di maggiore armonia. Tuttavia la tecnica della finestra può essere applicata anche quando i bambini iniziano a litigare sempre nelle stesse circostanze: ad esempio nel corso della cena, oppure ogni

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la l ingua del lupo e quella della g iraffala

lin

gu

a d

el

lup

ola

lin

gu

a d

ell

a g

ira

ff

ata

vola

3.4

Oggi vorrei vedere i cartoni

animati.

Ma io voglio vedere

i videoclip!

Pensa piuttosto a fare i compiti con

la mamma, e non stare a perdere tempo

con la televisione!

Brutta stupida!

Mi fa arrabbiare che tu decida anche

oggi quale programma guardare!

Mmmhhh, e se avesse ragione lei?

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Lingua deLLa giraffa Lingua deL Lupo

Dico agli altri ciò che mi dà fastidio nel loro comportamento, ma senza offenderli.«Mi dà fastidio che sia quasi sempre tu a decidere quale trasmissione guardare alla televisione!»

Ferisco gli altri e parlo con rabbia e ira. Provoco e cerco la lite.«Invece di guardare la televisione fa-resti meglio a fare esercizi di scrittura, visto che a scuola sei una frana!»

Dico chiaramente quello che sento.«Ti invidio perché in questi giorni la mamma ti sta dedicando moltissimo tempo.»

Le mie parole non lasciano scelta agli altri. Mi servo di minacce e ricatti.«Se non cambi canale e mi fai vedere i cartoni animati, dico alla mamma che hai preso un brutto voto nel dettato!»

Dico chiaramente quali sono i miei desideri.«Vorrei tanto che la mamma passas-se più tempo con me.»

Parlo male degli altri.«Mia sorella a scuola è una frana. È proprio troppo stupida!»

un altro esempio

Situazione conflittuale: il fratello gioca con la PlayStation, la sorella vorrebbe giocarci anche lei.

Lingua deLLa giraffa Lingua deL Lupo

«Ascolta, posso giocarci un po’ io più tardi?»«Mi piace moltissimo questo nuovo gioco!»«Quanto pensi che ci giocherai ancora? Anche a me piacerebbe molto provare il nuovo gioco! Mi dici quando hai finito di giocare?»

«Dammi qua!»«No, sto giocando io!»«Sei egoista, non lasci mai giocare gli altri!»«Chiudi il becco! Tanto sei troppo stupida per giocare!»

Scheda

3.3

volta che si parla di voti, o ancora quando bisogna decidere che cosa guardare in televisione.

L’idea fondamentale su cui si basa questo metodo è la seguente: non è possibile modificare sul lungo periodo un comportamento problematico che si manifesta in troppe situazioni diverse ed è già per così dire automatizzato (ovvero, una volta innescato, segue un decorso fisso e immodificabile).

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Ma guarda come ti sei ridotto di nuovo!

Ci siamo rotolati nelle foglie

secche...

Prendi esempio da Massimo, lui è già

pronto da un bel po’!

Gli spaccherei la faccia a

quello!

Oggi al parco dovete esservi divertiti

un sacco!

Sì, ci siamo nascosti nei

mucchi di foglie secche!

Ora però devi correre a cambiarti.

Faccio prestissimo!

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Promemoria delle strategie da adottare in caso di conflitti tra fratelli

Il capitolo che state terminando di leggere vi ha proposto numerose suggerimenti (un ulteriore suggerimento lo trovate nella tavola 3.5). Può darsi che ora, nella vostra testa, regni una giocosa confusione di concetti, oppure che un eccesso di informazioni vi impedisca di avere una visione d’insieme dei problemi e paralizzi la vostra capacità di azione. Il seguente promemoria cercherà di mettere ordine nelle conoscenze che vi abbiamo trasmesso, aumentando così la vostra sicurezza nell’agire.

I punti che seguono riassumono che cosa dovete sapere per intervenire con efficacia nei litigi tra i vostri figli.

1. In caso di litigi i genitori devono agire in maniera coerente e unitaria. Se non approvate la linea educativa del vostro partner o della vostra partner, non contradditelo/a davanti ai bambini, ma evitate le proteste e parlatene poi in privato per definire una «condotta comune». Nulla crea più confusione nei bambini che l’invio di messaggi opposti da parte dei genitori.

2. Tenete sempre presente che liti e conflitti fanno parte delle normali interazioni tra fratelli. Gli scontri con fratelli o sorelle stimolano lo sviluppo dell’identità del bambino e danno sfogo da un lato alla paura di perdere il proprio status in seno alla famiglia, dall’altro a desideri relazionali non adeguatamente soddisfatti. Di fronte a occasionali litigi limitatevi a respirare profondamente e a dire tra voi: non c’è niente di sbagliato se i miei figli litigano!

3. Alcuni litigi possono essere evitati semplicemente eliminando dal contesto familiare l’elemento che li provoca.

4. Non fate irruzione nella camera dei bambini già al primo accenno di un litigio, ma decidete in maniera ponderata come e quando intervenire. Qui vale una regola pragmatica che dice più o meno così: i fratelli vanno aiutati solo quando uno dei due (oppure tutti e due) vengono sistematicamente umiliati nel corso del litigio.

5. Date inizio alla vostra opera di mediazione solo quando sia voi che i bambini vi sarete calmati. Dopo aver interrotto il litigio concedete a tutti una pausa di riflessione e rilassamento, ma solo

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dopo aver detto ai bambini quando siete intenzionati a parlare con loro di ciò che è avvenuto.

6. Proponetevi ai bambini come mediatori, non come giudici; il vostro compito sarà di aiutarli a capire le motivazioni dell’altro.

7. Non abbiate paura di includere nella vostra linea educativa elementi di addestramento e competizione. I bambini amano i contratti e i giochi a punti, che li fanno sentire importanti e presi sul serio dai genitori.

La storia del lupo e della giraffa

Una vana ricerca di amici

C’era una volta un lupo grande e forte, che viveva da molti anni in un giardino zoologico. Grazie alla sua forza e alla sua statura era diventato il capo del suo branco; gli altri lupi provavano per lui un grande rispetto, anche perché non tollerava nessuna mancanza nei suoi confronti. Quando qualcosa lo faceva arrabbiare iniziava a ringhiare minacciosamente e poteva persino accadere che mordesse e ferisse gli altri. Così piano piano gli altri lupi impararono a evitarlo e a cedergli il passo quando lo incontravano sul sentiero.

Fu così che il grosso lupo divenne sempre più solitario, finché un giorno decise di parlare agli altri lupi. Il capobranco abbaiò forte per quattro volte consecutive: era il segnale dell’adunata. I lupi si ra-dunarono attorno a lui e il grosso lupo iniziò a tremare interiormente, perché non c’era nulla che egli odiasse tanto quanto dover parlare di fronte a tutti gli altri. Inoltre egli aveva paura che in realtà nessun altro lupo provasse una vera amicizia per lui e che fosse questo il motivo per cui tutti lo evitavano. Tuttavia non lasciò trapelare nessuno di questi sentimenti e parlò con voce chiara e forte:

«Lupi, se questo non è un vero branco la colpa è vostra; ognuno di voi si occupa degli affari propri e nessuno cerca di fare amicizia con gli altri. Non fate che ringhiare gli uni contro gli altri e poi tirarvi indietro. Anche quando mi incontrate sul sentiero succede la stessa cosa: io cerco sempre di parlare con voi, ma voi svicolate. Promettetemi che tutto questo cambierà!» – ringhiò il lupo con tono rabbioso.

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Tutti gli altri lupi acconsentirono con ampi cenni del capo e promisero di migliorare il loro comportamento. E che cosa credete sia successo in seguito? Nei primi giorni i lupi salutarono sempre il loro capo e gli rivolsero la parola in tono amichevole, poi queste manifestazioni di affetto divennero sempre più rare e infine scom-parvero del tutto. Non fu certo così che il grosso lupo riuscì a trovare dei veri amici!

L’incontro con la saggia giraffa

Il grosso lupo divenne sempre più solo e sempre più triste. Un giorno un uccellino si posò accanto a lui, su una pietra.

«Che cosa vuoi?» – ringhiò il lupo mostrando i denti – «Non vedi che voglio restare solo?». L’uccellino prese il coraggio a due mani e disse al lupo: «Dimmi, lupo, perché non hai nessun amico? Pensa che la giraffa che sta nel recinto accanto al tuo ha moltissimi amici e riesce ad andare d’accordo con tutti gli animali. Tutti le vogliono bene e la rispettano moltissimo».

Il grosso lupo, furibondo, cercò di mordere l’uccellino, che però se ne volò via veloce senza mostrare nessuna paura. Ma la giraffa di cui aveva sentito parlare non uscì più dalla sua mente.

Che cos’aveva lei che lui non aveva?Per due giorni interi il lupo pensò e ripensò al problema, e

poiché non riusciva a venirne a capo decise di fare visita alla giraffa. La notte seguente, con enorme fatica, si arrampicò sulla rete del recinto e la oltrepassò, cosa che nessun lupo era mai riuscito a fare. Poi si avvicinò con grande cautela al recinto della giraffa e ringhiò: «Ehi, giraffa, vieni qua! Ho qualcosa da chiederti».

La giraffa lo guardò stupita e gli chiese che cosa volesse da lei. Il grosso lupo tergiversò a lungo, ma alla fine superò il suo orgoglio e arrivò al punto: «Come riesci a far sì che tutti gli animali parlino così bene di te, tengano in così gran conto il tuo parere e ti vogliano così bene?».

La giraffa rifletté a lungo, e poi rispose: «Sai, lupo, io sono mol-to fortunata! Il mio lungo collo mi permette di osservare il mondo dall’alto. Così riesco a vedere molte cose che gli altri animali non vedono e posso mostrare loro il mondo in una luce diversa. Inoltre

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quando cerco il cibo non devo portare via nulla a nessuno, perché il mio lungo collo mi permette di mangiare le foglie che sono poste troppo in alto per gli altri animali; così non mi trovo mai invischiata in liti e maldicenze. Infine devi sapere che la natura mi ha dotato del cuore più grande che si possa trovare nel regno animale: ne ho bisogno per pompare il sangue su per il collo fino alla testa, ma esso mi aiuta anche a capire gli altri e a trattarli con rispetto».

Il lupo divenne un po’ triste, perché aveva un collo molto più corto e così non riusciva a vedere il mondo in un’altra prospettiva. La giraffa si accorse del suo stato d’animo e disse: «Lupo, non devi rattristarti. Non credo che avere un lungo collo sia necessario per andare d’accordo con gli altri lupi. È sufficiente che tu cerchi di par-lare con loro in maniera diversa. Per una volta, di’ loro chiaramente che cosa non va, senza offenderli né aggredirli! Se non hanno modo di conoscere i tuoi sentimenti, come credi possano venirti incontro? Se tu desideri che gli altri ti diano qualcosa devi dirlo chiaramente! Dare la colpa agli altri e, pieni di rabbia, ringhiare contro di loro non è affatto una soluzione. Così facendo ottieni solo di far loro ancora più paura e di allontanarli definitivamente da te.»

Il grosso lupo diventò molto, molto pensieroso. Ringraziò la giraffa con voce sommessa e ritornò nel suo recinto. Per tutto il resto della notte non riuscì a chiudere occhio: troppi pensieri gli mulinavano nella testa.

Il lupo parla con gli altri lupi

Il mattino dopo il lupo abbaiò quattro volte consecutivamente con tutta la forza dei suoi polmoni. Gli altri lupi arrivarono, nervosi e impauriti. Si aspettavano la solita ramanzina, ma questa volta tutto si svolse in maniera molto diversa.

«Lupi, vorrei scusarmi con voi. Negli ultimi tempi sono stato spesso irritabile e mi sono arrabbiato molto. Non è colpa vostra se non siamo più un vero branco. Ho riflettuto molto e ho capito che quello che voglio è che iniziamo a trattarci l’un l’altro in maniera diversa. Vorrei che riuscissimo a dirci con sincerità ciò che ci disturba nel comportamento degli altri, ma con rispetto e senza ferirci l’un l’altro. Se riusciamo a esprimere reciprocamente come stiamo e quali

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sono i nostri sentimenti potremo anche comprenderci meglio e andare d’accordo. Vorrei così tanto che trovassimo il modo di ritornare a essere un vero branco!»

Gli altri lupi si mostrarono letteralmente entusiasti delle nuove idee del capobranco e si misero ad abbaiare forte in segno di gioia e approvazione. Ma il grosso lupo, dentro di sé, si ripromise per la prossima volta di dire anche che si sentiva molto solo e che desiderava intensamente un vero amico. Per quel giorno però aveva già dimostrato abbastanza coraggio: era riuscito a parlare dei suoi sentimenti, anche se non era stato facile e gli era costato una grande fatica. Comunque ce l’aveva fatta ed era incredibilmente orgoglioso di se stesso.