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Anno Domini 2003 Anno Domini 2004 Qui Pantianicco Qui Pantianicco

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2004. Bollettino parrocchiale di Pantianicco.

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Anno Domini 2003Anno Domini 2004

Qui PantianiccoQui Pantianicco

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EDITORIALE

CARITÀ: nel contesto culturale incui si misura tutto in termini di euro,di interessi, di immagine… il cristia-no testimonia l’amore di Dio per ipoveri, che non sono solo nel terzomondo, ma anche nel nostro… e lapovertà più drammatica è la mancan-za di Dio.

CAMMINARE INSIEME nellaPASTORALE GIOVANILE EFAMILIARE dove la cresima non siail sacramento dell’ “ADDIO”, ma iltrampolino di lancio per giocare “lapartita della vita” con Dio. E la fami-glia, fondata sull’amore e sul sacra-mento, sia un “lieto annuncio”, unospazio in cui il Vangelo si incarna ecrea gioia.

A questo dono, si aggiungel’ANNO EUCARISTICO, indettodal Papa Giovanni Paolo II, che hainiziato con il CONGRESSO EUCA-RISTICO MONDIALE aGuadalajara, in Messico, dal 10 al 17ottobre e terminerà con il SINODODEI VESCOVI (2-29 ottobre 2005).

Il tema proposto dal S. Padre èl’EUCARESTIA FONTE E CULMI-NE DELLA VITA E DELLA MIS-SIONE DELLA CHIESA”.L’Eucarestia edifica la Chiesa e laChiesa fa l’Eucarestia. Con il battesi-mo siamo incorporati a Cristo e que-sta incorporazione si rinnova e si

“SULLA TUA PARO-LA…” è la lettera pastoraleche l’arcivescovo Mons.Pietro Brollo ha inviato a tuttii friulani della diocesi diUdine nella festa dei SS.Patroni Ermacora eFortunato, il 12 luglio scorso.Lettera che definisce il cam-mino delle nostre comunità inquesta particolare situazionestorica difficile, drammatica,ma nello stesso tempo entu-siasmante per le prospettiveche lo Spirito ci fa intravve-dere, spingendoci a vivere inunità e fedeltà, in libertà enovità. Viviamo se ci rinno-viamo, cogliendo questotempo come dono di salvezza, incomunione responsabile e di unitàper la nostra Chiesa. Noi, cristiani,siamo una “Chiesa” che ha il sensodi appartenenza, che condivide fina-lità e comportamento.

L’individualismo e il “fare” fannodimenticare l’ “essere” e il “perché”viviamo e qual è il nostro destino.L’arcivescovo ci offre degli “orienta-menti pastorali” per il vivere cristia-no, basato sulla Parola del Signore,per il bene di tutti, quali:- la centralità del Cristo per la vitacristiana,- la santità,- la comunione e la missionarietà,- la centralità della persona nella suadignità,- la partecipazione responsabile ditutti.

Siamo invitati a “CAMMINAREINSIEME” nella LITURGIA, dove,fonte e culmine della vita di unacomunità cristiana è la celebrazionedell’EUCARESTIA, memoriale dellamorte e risurrezione del Signore eanticipazione della vita definitivapromessa da Dio.

CAMMINARE INSIEME nellaCATECHESI, formazione di cristianiche vivono e testimoniano la lorofede nella chiesa e nella società.

CAMMINARE INSIEME nella

Don Giovanni unito al Consiglio

Pastorale, al Consiglio Ammi-

nistrativo e ai collaboratori del

Bollettino Parrocchiale, augura ai

Pantianicchesi residenti e sparsi

per il mondo un Felice Natale ed

un buon 2005!

NADÂL

O Signôr che tu nus clamisstand te grepie in umiltâtpoe i vôj sun cheste tiere,sun chest popul tribulât

Fâs che il fradi al ami il Fradiche il soreli al vinci il scûrche l’ulîv de tô colombeal si insedi in ogni cûr.

consolida continuamente con la par-tecipazione al Sacrificio Eucaristico,specie nella comunione sacramenta-le. Non solo ognuno di noi riceveCristo, ma anche Cristo riceve cia-scuno di noi: “Voi siete miei amici”(Gv 15,14).

Un cristiano non può avere paura

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Carissimi compaesani del Friuli e delmondo, che serenità, pace e saluteentrino in ogni casa!Ormai il bollettino è diventato un tradi-zionale appuntamento che la parroc-chia offre puntualmente a testimonianzadel suo vivo interessamento per tutta lapropria gente, in qualsiasi localitàrisieda, credendo di fare un dono gradi-to. Il bollettino è un ponte, un collegamen-to, un aggiornamento annuale fra ipantianicchesi residenti e quelli che lenecessità della vita hanno portato per ilmondo. La parrocchia lo propone conlo scopo di raccogliere ed indicare inun quadro sufficientemente ampio,aspetti e momenti significativi del pre-sente e del passato, sia in positivo chein negativo, della nostra gente, perchénon se ne perda memoria e la comunitàlocale possa trarne una riflessioneanche critica e prendere coscienzadella sua identità per meglio costruire ilsuo presente ed il suo avvenire.Questo ponte ideale è particolarmentegradito ai compaesani emigrati e tal-volta anche ai loro figli e nipoti, chenon hanno mai visto Pantianicco, ma loconoscono perfettamente dai raccontinostalgici e commossi dei loro padri edei nonni, come Luciano Della Picca,di S. Martin, figlio di Nibil e nipote diDoro, che sente il desiderio di comuni-carci le sue conoscenze e le sue emozio-ni:“Soi de una generacion que uè vinlasciat di fevelà il furlan que vin impa-rat di piçul, in tantis fogolars inArgentina (Circulo Avellaneda, cjasis di

di dare tempo a Gesù.La santificazione della domenica

con la partecipazione all’Eucarestia èil primo valore per un cristiano. Lacomunione su questa terra ci preparaalla Comunione nella casa eterna delPadre.

Ogni cristiano cresce “davanti” e“con” l’Eucarestia, con quella pre-senza reale di Gesù, vivente e ope-rante, che continuamente ci salva.Gesù si fa sempre Dono per noi,nella sua Persona, nella sua umanitàche ama e opera la salvezza.

Cristo ti ama come se fossi solo almondo e ti divinizza offrendoti lagioia della vita. Un cristiano è grandequando si fa piccolo, si inginocchiadavanti all’Eucarestia. Ciò che èorrendo in una comunità che si dice

Elso Della Picca, miei nonos Fotel-Stanos e Schiavo-Ustin).Grazias a mis padres y todo el entornode la decada Pantianicchese 1950-1960nos han hecho sentir el afecto de unacomunidad que por pequena que sea,no resigna su espiritu.Cada frase, cada historia, noticia oinvestigacion del boletin paroquial diPantianins me produce una gran sati-sfacion interior y un compromiso paratrasmitirlo a “me famea”.”E come lui il fratello Jorge , WalterMattiussi, Ruben e Diego Otero, JuanButtazzoni e Daniel Almeira Cisilino edaltri accomunati, dall’esigenza diconoscere meglio le proprie radici friu-lane.Avvicinare le nuove generazioni allevicende passate e presenti del lontanoborgo natio, è senza dubbio un buonrisultato del nostro giornalino, unobiettivo per il quale lavoriamo da piùdi un decennio.Il bollettino è anche un album di fami-glia, di tante famiglie, dell’intera comu-nità ramificata in varie parti delmondo.Le tantissime immagini fotografiche checi arrivano, che risalgono anche a piùdi un secolo fa, uscite dai vecchi casset-ti o fresche di stampa, raccontano di unmondo che non c’è più o è profonda-mente cambiato.Tanti volti di nostri compaesani, ormaianonimi, a cui noi cerchiamo di dareun’identità ed un tempo ben definiti,grazie al bollettino rivivono per unmese, o per un giorno o per qualcheattimo in queste pagine. I loro sguardi,

cristiana è l’indifferenza, l’insensibi-lità davanti all’Eucarestia. Tutta lacatechesi dei ragazzi, dei giovani,degli adulti è una preparazione avivere i Sacramenti, che non è “pren-dere” i sacramenti, ma Cristo. Cristoè il centro dell’evangelizzazione. Isacramenti sono per vivere la vitacristiana. Allora puoi avere la PrimaComunione, la Cresima, ilMatrimonio… se hai capitol’Eucarestia. Ci possono essereMesse belle, cantate… ma hai incon-trato Cristo? Se non si incontraCristo, ognuno va per conto suo,senza Cristo, senza comunità… ed èlogico: fatta la cresima… me nevado!

Il cristiano sceglie, vuole esserecristiano: è un percorso di tutta la

vita, sente la necessità della S.Messa, che non è assistita, ma parte-cipata con gioia, poiché diventa ric-chezza per sé, per la famiglia, per lacomunità.

Apriamo il cuore al soffio delloSpirito che ci fa riprendere il cammi-no della fede adulta, della speranza edel volersi bene, perché Dio ci amain Cristo.

Con questi sentimenti auguro unarinascita in Cristo con un Natale cheorienti la propria esistenza, come hafatto la stella per i Magi e un NuovoAnno pieno di fiducia poiché ilSignore è con noi, se lo vogliamo.Auguri.

Don Giovanni Boz

le loro fatiche, la loro vita non saràpassata invano.

E’ Natale!E’ la festa che ricorda la nascita diColui che ha fondato la nostra religionee la nostra etica, alla quale tutti, alivelli diversi, siamo legati.Vorremmo festeggiare degnamente que-sto dolce anniversario, ma da tempoviviamo situazioni di forte disagio cherendono i nostri Natali meno gioiosi diquanto vorremmo.Il nostro augurio è che Gesù Bambinoridia ai cuori la forza della speranza eriporti nelle famiglie un po’ di serenitàper guardare al futuro con la necessa-ria fiducia.

Saluto della Redazione

Pantianicco 1935 - Silva e RomanoManazzone

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Festeggiamenti per la Consacrazione dellaChiesa e del nuovo altare

2 - 3 - 4 AGOSTO 1930 (Pagine di storia uscite dall’archivio parrocchiale)

S.E. Mons. Arcivescovo Giuseppe Nogara ricevuto dalleAutorità officianti.

Consacrazione della Chiesa.

Adorazione ed assistenza alla S. Messa diMons. Arcivescovo.

La banda locale per le vie festose della cittadina. Ill.mo Sig. Podestà Dott. Pietro Someda ed Autorità.

Pranzo sociale tra Autorità, Comitato e capifamiglia nella saladella musica.

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S.E. Mons. Arcivescovo esce dopo la S. Cresima.

Processione con la nuova statua di S. Luigi con l’interventodi Mons. Arcivescovo.

Il Podestà ed Autorità alla distribuzione dei regali aibimbi dell’asilo.

Giochi popolari - La corsa degli asini. Partenza di S.E. Mons. Arcivescovo.

Uscita della processione

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2 AGOSTO 1930 – CONSACRAZIONEDELLA CHIESA

Alle ore 6 del mattino arriva allaporta della Chiesa S. Ecc Illma eRevma Mons. Giuseppe Nogara,nostro venerato Arcivescovo.Subito ha principio la S. Messacelebrata dal M. Revdo DonUmberto Bertoni, e durante la S.Messa, S. Ecc. distribuisce la S.Comunione a quasi 500 persone,fra le quali numerosissimi gliuomini ed i giovani.Alle ore 8 precise, ha inizio la lungae commovente cerimonia della con-sacrazione. Una ventina di sacerdotifanno corona all’ Arcivescovo.

Tutto il paese vi assiste.Alle 11.15, S. Ecc. celebra sulnuovo altare la S. Messa Bassapontificale e al Vangelo rivolge alpopolo una bellissima Omelia.Alle 12.30, nella sala della musi-ca, i capi famiglia si radunano alpranzo sociale onorato dalla pre-senza del venerato Arcivescovo.Alla sera, una miriade di lampa-dine elettriche multicolori, illumi-na splendidamente la facciatadella Chiesa. In piazza, la Bandatiene concerto.

3 AGOSTO 1930 – FESTA S. LUIGI

Alle ore 9.30 arriva in Canonica

Mons. Arcivescovo, ossequiatodal dott. Pietro Someda de MarcoPodestà del Comune – EvivaldoRosano, segretario politico delfascio locale, ed altre autorità.Alle 10 S. Messa Solenne.–Celebra il Revmo Mons. AlbertoManzano, Arciprete e VicarioForaneo di Codroipo.- S. Ecc. l’Arcivescovo vi assiste dal tronoin abiti pontificali. In coro suapposite poltrone ci sono tutte leautorità. La schola cantorum diMortegliano eseguisce in modoinappuntabile la “MissaEucaristica” a 4 voci dispari delPerosi e all’ offertorio il mottetto“Exultabunt sancti in gloria” a 5

Uscita delle Autorità dopo assistito alla S. Messa officiataper gli emigranti del paese.

Il grande raduno di popolo in attesa dell’estrazione dellatombola.

Grande partecipazione di gente accorsa da tutti i paesi.

Il nuovo altare maggiore, opera egregia del Sig. LuigiMoretti, marmista di Udine, su progetto del prof. CarloSomeda De Marco. L’altare è tutto in marmo a vari colo-ri, il suo costo è di Lit. 26.300.

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v. dispari di Candotti. Al VangeloS. Ecc. fa il panegirico di S.Luigi, dinanzi ad una massa stra-bocchevole di fedeli. Dopo lamessa, un centinaio di Cresime.Al mezzogiorno, le autorità siraccolgono in canonica, con SuaEccellenza per un modesto pran-zo.Nel pomeriggio la circolazionenelle vie del paese è quasi impos-sibile, tanta è la ressa della gente,accorsa da ogni dove.Alle ore 15 accompagnato dallanostra banda e da quella diCoderno, Mons. Arcivescovo sireca in Chiesa, per la funzionevespertina.Precede una breve coroncina:quindi esce la processione, in cuisi porta la nuova statua di S.Luigi, che è stata benedetta almattino da S. Ecc. Vi prendonoparte Mons. Arcivescovo in abitiPontificali – moltissimi sacerdoti– le autorità comunali – carabi-nieri in grande uniforme – due

bande unificate ed una folla innu-merevole.Al ritorno, viene cantato il TeDeum, di Mons. Tomadini, dallacantoria di Mortegliano, che loeseguisce in modo perfetto. LaChiesa è zeppa fino all’ inverosi-mile. Con la BenedizioneEucaristica ed un discorso disaluto dell’ Arcivescovo la fun-zione si chiude.Più tardi, S. Ecc. lascia il paesefra le acclamazioni entusiastichedella popolazione – Alle 18.30concerto della Banda di Coderno– alle 20.30 concerto della Bandadi Pantianicco.- La Chiesa è illu-minata come ieri sera.

4 AGOSTO 1930 – TERZO GIOR-NO DI FESTA – (1^ CELEBRA-ZIONE GIORNATA DEGLI EMI-GRANTI)

Il Vicario, tempo addietro, lanciòl’ idea di celebrare tutti gli anni,nel lunedì susseguente alla festa

di S. Luigi una festa speciale pergli emigranti della Vicaria. Lacosa piacque. Oggi perciò, per laprima volta, si celebra detta festa.Alla I Messa, celebrata da DonSiro Cisilino, sono numerosissi-me le S. Comunioni, pro emi-granti. La Messa solenne è cele-brata dal Vicario, e vi assistono,in coro le autorità del Comune ela popolazione intera.- Nel pome-riggio, funzione eucaristica, condiscorso di Don Cisilino. Giochipopolari.- Alla sera, concertobandistico ed illuminazione dellaChiesa. Così hanno termine lenostre feste, per la consacrazionedella Chiesa. Esse si sono svoltesenza incidenti, ma tranquille,liete, lasciando di esse un caroricordo, non facilmente dimenti-cabile.

Sac. Luigi D’Odorico

Il 27 febbraio 2004 sono arrivate,nel Duomo di Udine, le reliquie di SanDomenico Savio, il santo patrono deiPueri Cantores. Ma possiamo scoprireun’altra caratteristica di questo santoquindicenne: la sua speciale protezio-ne per le mamme in attesa.

Su un Bollettino Salesiano, cheesce mensilmente si può leggere: “Mianipote in attesa di una bambina vennea trovarsi in gravissime condizioni. Leinviammo l’immagine del santo efacemmo celebrare una S.Messa,unendovi una speciale preghiera. Ilpiccolo grande Santo ha risposto allanostra richiesta. Infatti Ileana (nomedella neonata) venne alla luce senzadifficoltà, mamma e figlia godonoottima salute”.

In un altro numero della stessarivista si legge: “Dopo il nostro matri-monio siamo stati allietati dalla graziadi un bambino e di una bambinadistanziato uno dall’altra di due anni.Dopo qualche anno i nostri figli chie-

sero un fratellino. Ciò concordava conil nostro desiderio. Ricordo la gioianei loro occhi quando finalmente leanalisi assicurarono l’arrivo di un fra-tellino. Ma dopo dodici settimane ilcuore del piccolino cessò di battere.Riuscimmo a stento a far capire ainostri figli che dovevamo essere fieridi avere un angioletto che li avrebbeprotetti.

Dopo sei mesi venne a sapere del-l’abitino di S. Domenico Savio. Loindossai immediatamente ancoraprima di aspettare la nuova creatura; ilmese successivo ero di nuovo felice,perché nel mio grembo si era accesaun’altra vita. Dopo nove mesi è nataMaria, gioia nostra e dei nostri figli”.

Di questi speciali interventi se neleggono ogni mese; ecco perché lovogliamo pregare, perché tante casevuote siano allietate dalla gioia di unfiglio.

a cura di Angelo Covazzi

San Domenico Saviopatrono delle mamme in attesa

Nel 50º anniversario della canoniz-zazione di Domenico Savio, ripropo-niamo a tutti i giovani, con convin-zione, la gioia e l’impegno dellaSantità, come “misura alta di vitacristiana ordinaria”.

Breve profilo di S. DOMENICO SAVIO

Domenico nacque nel 1842 a SanGiovanni di Riva, presso Chieri(Torino).

In occasione della prima comunio-

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ne, a sette anni, tracciò il suo progettodi vita:

“Mi confesserò molto sovente efarò spesso la Santa Comunione.Voglio santificare i giorni festivi.

I miei amici saranno Gesù eMaria.

La morte ma non peccati”.Accolto dodicenne da don Bosco

nell’Oratorio di Torino, gli chiese diaiutarlo a farsi santo.

Mite, sempre sereno e lieto, met-teva grande impegno nei doveri distudente e nel servire in ogni modo icompagni, insegnando loro ilCatechismo, assistendo i malati,pacificando i litigi…

Un giorno disse ad un compagnoappena arrivato all’Oratorio: “Sappiche noi qui facciamo consistere la

santità nello stare molto allegri…,procuriamo soltanto di evitare ilpeccato, come grande nemico che ciruba la grazia di Dio e la pace delcuore e di adempire esattamente inostri doveri”.

Fedelissimo al suo programma,sostenuto da un’intensa partecipa-zione ai sacramenti e da una filialedevozione a Maria, gioioso nelsacrificio, fu da Dio colmato di donie carismi.

L’8 dicembre 1854, in occasionedella proclamazione del dogma del-l’immacolata da Pio IX, si consacròa Maria.

In una vita molto semplice,Domenico realizzò in pochi annil’esperienza di un autentico cammi-no di santità, vero capolavoro dello

Spirito e frutto del metodo educati-vo di san Giovanni Bosco.

Sensibilizzato dal programmaapostolico del “Da mihi animas” diDon Bosco, viveva con entusiasmoil grande ideale della salvezza deisuoi compagni; per questo dette ini-zio alla Compagniadell’Immacolata, da cui uscirannoanche i più validi collaboratori didon Bosco.

Morì a Mondonio il 9 marzo1857 a 15 anni.

Pio XI lo definì: “Piccolo, anzigrande gigante dello spirito”.

Pio XII lo proclamò beato nel1950 e santo nel 1954.

Fu dichiarato patrono dei “puericantores”.

“Parrocchia, non vergognarti del Vangelo”La Zona Pastorale di Mereto -

Pantianicco - Tomba e Plasencis, gui-data dal Parroco Don Giovanni Boz,per il 4º anno consecutivo, spiritual-mente e amichevolmente si ritrovapresso la chiesetta di S. Antonio aPantianicco, per una giornata “specia-le” di meditazione e confronto sutemi vitali, di fede e di coerenza sulvivere cristiano.

Quest’anno si è approfondito l’ar-gomento: “Parrocchia, non vergo-gnarti del Vangelo”.

Segni concreti e provocatori indi-viduati per le riflessioni:

- La parrocchia-scuola: che privi-legia la conoscenza intellettuale deilibri della Bibbia.

- La parrocchia-ape: che si preoc-cupa soprattutto di agire e quindi silimita ad attingere dalla Parola per ilprogetto pastorale.

- La parrocchia-supermercato:che si preoccupa di offrire ciò che ifedeli cercano, a prescindere dallaParola.

- La parrocchia-museo che risultamolto formale nell’osservanza dellaritualità e nel compimento dei doveripastorali.

- La parrocchia-cenacolo: chepunta sulla cura del piccolo gruppo omovimento, tenuto in caldo da rap-porti corti e costanti.

- La parrocchia-rubrica: che pro-cede per temi, e quindi si serve dellaParola, piuttosto che essere servadella Parola.

- La parrocchia-buonista: che siaccontenta di un richiamo di volersibene o alla pace, nell’intento di farsiaccettare da tutti i fedeli, anche acosto di annacquare la profezia dellaParola.

- La parrocchia-tribunale: cheusa la Parola senza misericordiacome codice di condanna verso tuttala modernità e come fonte di espe-rienze alternative, senza alcun rispet-to per chi vive la fede con stile e scel-te differenti.

- La parrocchia-pubblicità: che vaalla ricerca di proposte choccanti piùche veritiere, rispondenti a criteriumani di pubblicità e di autopresenta-zione alla moda.

- La parrocchia-documento: chealla Parola di Dio preferisce l’ultimodocumento del magistero del Papa,della Conferenza Episcopale Italianao del Vescovo della Chiesa locale.

- La parrocchia-condominio: cheprocede per piani indipendenti:Parola, Sacramenti, testimonianzadella Carità sono come appartamentinon comunicanti ed autosufficienti.

Le persone presenti erano compo-ste da bambini, ragazzi, giovani e

adulti, che suddivisi in gruppi, e aiu-tati dalla presentazione di DonGiovanni hanno espresso le loro opi-nioni con grande serenità.

Dalle riflessioni dei ragazzi pre-senti è emersa la difficoltà di esserecome Gesù insegna nel Vangelo “Saledella terra”, Egli è un Dio “Buono eMisericordioso” che ci concede lalibertà di scelta nella vita, lasciandocila possibilità di riscattarci dai nostrierrori. Ci insegna ad essere umili e adamare, per comprendere e ascoltaregli altri.

I problemi che maggiormenteemergono sono la mancanza di edu-cazione alla fede, principalmentenella famiglia, e il mutamento deivalori, che un tempo erano la basedella società.

Per i ragazzi che cercano di vivereil Vangelo è difficile trasmettere aicoetanei l’importanza della “Paroladi Dio” perché va controcorrente esoprattutto perché le distrazioni el’indifferenza di oggi, rende difficileimpegnarsi nella fede cristiana. Pertanti, il “Giorno del Signore”, ladomenica, viene profanato dai diverti-menti e dallo sport. Quanta respon-sabilità davanti a Dio!

Ci sono persone che durante laloro esistenza hanno donato la vitaper salvare quella di altri; a noi nonviene chiesto “TANTO”, però, riferi-

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to agli avvenimenti di tutti i giorni, sipuò aiutare ad esempio un amico indifficoltà, o stargli vicino quando èmalato o depresso.

Tutti possiamo “DONARE”, biso-gna educare la propria volontà.

Gli adulti nei vari gruppi hannodiscusso e meditato che fino ad oggi èstata trascurata innanzitutto la letturadella Bibbia, mentre dovrebbe essereessenziale conoscerla per capire gliinsegnamenti di Dio che sono anti-chissimi, ma sempre attuali, e ci aiuta-no a vivere da cristiani il quotidiano.

Ai nostri giorni le parrocchie stan-no vivendo un momento difficile per-ché c’è la transizione tra il “TUTTO”dei sacerdoti prima del Concilio, equello che oggi viene chiesto ai laicicristiani; di essere “ANNUNCIATO-RI del VANGELO di CRISTO”. Diqui la paura dei “PIU” che la scelta divivere il cristianesimo seguendo la“SUA PAROLA” comporti l’emargi-nazione dalla società.

La parrocchia, vive con moltodisagio il giorno festivo, perchéappunto, distratti da sport, diverti-menti vari, allontana le persone “bat-tezzate” dalla vera visione della vitacristiana, e quindi non trovano iltempo da dedicare a “Dio e alloSpirito”, trascurando l’Eucaristia e iSacramenti.

La parrocchia, inoltre, manifestapoca sensibilità per le varie situazionidel mondo d’oggi, le guerre, le vio-lenze, le ingiustizie sociali, lo sfrutta-mento, l’enorme squilibrio della “ric-chezza di pochi e la fame di molti”(“spirituale e materiale”) alla lucedel Vangelo.

Essendo il Vangelo “regola divita” non riusciamo ad essere esem-pio convinto e trascinante per i fratel-li, ma dove prevale l’indifferenza reli-giosa, ci facciamo “piccoli” per nonfarci riconoscere.

Il cristiano ha difficoltà ad esserecoerente per i suoi limiti umani, orgo-glio ed egoismo, ma Dio lascia adognuno la possibilità di scegliere:“Dio non si impone, ma si propone”e aspetta la nostra risposta che nondeve essere solo nei momenti delbisogno e del dolore, ma soprattuttodeve essere di ringraziamento per ilsuo immenso amore, anche quandosiamo immeritevoli.

La FEDE è un DONO di DIO,

ma esige maturità. Il cristiano acqui-sta sicurezza per essere testimoneconvinto e credibile, applicando nellaquotidianità gli insegnamenti delVangelo senza “vergogna”.

Come Pietro nel Vangelo lo “rin-neghiamo”, ma poi nel canto delgallo della nostra coscienza l’impor-tante è, che invochiamo il Suo perdo-no e la Sua misericordia: “Lui è il

Padre che mai ci abbandona”.Nel momento del “silenzio dell’a-

scolto e della Preghiera”, avviene innoi la “buona intesa conl’Onnipotente” che ci può dare l’aiu-to necessario per camminare con coe-renza, verso la meta che ci attende…

Solo se hai visto, conosciuto, spe-rimentato Cristo la tua esistenza saràbeata, felice, nonostante tutto.

Pantianicco anni ’40 - La nostra famosa banda durante la processione di S. Luigi

RENDICONTO 2003 DELLA PARROCCHIA DI S. CANCIANO MARTIRE IN PANTIANICCO

ENTRATE• Offerte in Chiesa Euro 5.797,66• Candele votive “ 1.925,50• Offerte per servizi (battesimi, matrimoni, funerali,

benedizione famiglie, animatici, ecc.) “ 4.700,00• Entrate per attività parrocchiali “ 3.084,41• Offerte da Enti e privati (contributi vari) “ 2.052,70• Affitto e reddito da terreni e fabbricati “ 3.350,78• Interessi da capitale (Banca - ecc.) “ 3.427,48• Varie “ 94,63• Giornate collettive e imperate “ 2.879,00• Entrate straordinarie “ 19.717,73TOTALI ENTRATE Euro 47.029,89

USCITE• Imposte, tasse, assicurazioni Euro 2.222,69• Spese di culto (candele, ostie, vino, arredi ecc.) “ 121,96• Spese gestionali (ENEL, SIP, riscaldamento, ecc.) “ 3.032,51• Spese per attività parrocchiali “ 151,90• Remunerazione stipendi e contributi (parroco, vicari parroc-

chiali ed altre persone) “ 601,00• Manutenzione ordinaria ed acquisto attrezzature “ 5.352,03• Contributo per attività Diocesane (Euro persona) “ 178,00• Varie “ 348,76• Giornate e collette imperate “ 2.879,00TOTALE USCITE Euro 14.887,85

ATTIVO Euro 33.142,04

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IL BÔRG DI SOTNei primi anni del 1900

Famèis - soranons - mistèirs - emigrasion - curiositâs di pui di un secul fa.

INTRODUZIONECOME ERAVAMO

Pantianicco a quel tempo era unangolo sconosciuto del Friuli, un pic-colo centro agricolo di circa milleabitanti, dalla terra arida e sassosadove, da secoli, le persone facevanouna vita dura e stentata.Dovevano difendersi dalla grandecalura e conseguente siccità delleestati, dalle ondate di freddo intensodei lunghi inverni e dalle frequentiepidemie che decimavano le persone eanimali.Hanno sopportato per più di un seco-lo un gravoso quartese (il 2,5% deiprodotti agricoli) alle nobili MonacheBenedettine di Aquileia e poi le per-quisizioni ed i razionamenti dell’inva-sione austroungarica, oltre alla perdi-ta di tanta gioventù al fronte. Ognifamiglia ha subito gravissimi dannidalla grande alluvione del 1920 e ditante altre ripetute esondazioni delCorno: tutto questo ha costretto a for-zate e laceranti emigrazioni, metàdegli abitanti del nostro paese, ini-ziando dal 1870. L’unica fonte annua-le di guadagno era l’allevamento delbaco da seta per i quali sono statipiantati centinaia di bellissimi filaridi gelsi che segnavano i confini deiterreni, soprattutto vicino alle case.Breve ma completo questo quadro cheritrae una comunità che ha dovutosempre lottare, in tutti i modi possibi-li, per sopravvivere, mentre regnavasovrana la miseria.Eppure, la nostra gente, intraprenden-te ed orgogliosa, in questo contesto,ha ideato e costruito tutte le strutturepubbliche di cui noi ora usufruiamo oche abbiamo a lungo goduto in passa-to: il POZZO, la VICINIA o casasociale, che sorgeva al posto dell’at-tuale canonica, la nostra grandeCHIESA , il MONUMENTO ai caduti,la COOPERATIVA agricola di consu-mo, l’ASILO infantile (con il conse-guente onere del mantenimento dellesuore), la nuova LATTERIA. Inoltreha provveduto alla installazione di unnuovo orologio sul campanile e ha

creato dal nulla una rinomata bandamusicale, vanto ed orgoglio del paese.Nei primi decenni del secolo scorso,sempre la nostra gente infaticabile edingegnosa, sapeva costruire in locotutti gli attrezzi agricoli indispensabilinei campi e nella stalla, i mezzi di tra-sporto, gli spartani arredi di casa etutti gli oggetti necessari al viverequotidiano (vedi Bollettino 1999 pag.16-24).Pantianicco si distingueva veramentein tutto il circondario, per la suagente orgogliosa di fare da sé, senzaaspettare sempre l’intervento delleistituzioni e veniva additato comeesempio alle frazioni del Comune.Non bisogna dimenticare poi unabenemerita istituzione nata allora: laSocietà bovina di assicurazione, costi-tuita per sostenere le famiglie deicontadini nel momento critico dellamorte di un capo bovino.La solidarietà del mondo contadino diuna volta (Bollettino 1996 pag. 20-21)era esemplare e si manifestava inmille modi: c’era perfino l’assistenzainvernale ai disoccupati e, gli orfani,tanti orfani, non venivano allontanatidal paese, non venivano affidati alleistituzioni, nella famigliapatriarcale c’era posto ancheper loro, ed in mancanza diparenti, la comunità si sentivaresponsabile e trovava semprequalche famiglia disposta adallevarli come figli propri.Allora la persona non era unnumero, ma aveva un nome,un soprannome ed un postoben definito in paese; era unavita a contatto stretto congente che si conosceva bene,che divideva insieme ognigiorno, lo scorrere delle ore,un gravoso lavoro, aspettativee speranze, una vita apertaalla solidarietà, che non nega-va a nessuno una mano neimomenti di difficoltà, quandola disgrazia di una famiglia,diventava la disgrazia di tuttied i momenti belli eranogoduti in compagnia.

- 1 –Iniziamo entrando in paese da Sud,dalla prima casa del borgo, alla sini-stra, prima del Torrente Corno e pro-seguiamo fino in Piazza Cortina.

LA’ DA LA MATAA quel tempo vi abitava Rossi Santacon i figli Dacio e Marselina. Il maritodi Santa emigrò molto presto, nondette mai notizia di sé e non fece piùritorno. Dacio e Marselina partironoper l’Argentina ed ambedue lavoraro-no negli ospedali negli anni ‘20 – ’30.Poi Marselina è rientrata in paese perassistere la mamma. Al suo arrivo eraevidentemente benestante, ma in pocotempo i suoi risparmi si consumaronoe molte famiglie in paese l’aiutarono asopravvivere. Da anziana indigentenel 1946, quando si sono aperte lefrontiere è ripartita per l’Argentina,chiamata dalla figlia. Durante la II^ guerra mondiale l’unicacasa al di là del Corno è stata adibita amagazzino-viveri custodito da alcunimilitari che dormivano lì.Attualmente la casa è di proprietà diToppano Isotta e di Cisilino Ennio.

Pantianicco 1916 - Clara Ninfa Cisilino(mamma di Sota) con il primo figlio RinoToppano.

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- 2 –IL PUNT DAL CUÂRUn secolo fa il Cuâr non aveva ilponte che permettesse di andare age-volmente a Sedegliano e Codroipo.Carri, carrette, sirè e perfino il corteofunebre dei funerali, le rogazioni, lagente a piedi, dovevano attraversarlo aguado. Tutto andava bene nei periodidi secca o se l’acqua era alta fino alginoccio, ma nei periodi di piena nonera possibile attraversarlo in alcummodo. Pietro Someda De Marco halasciato scritto che dopo la I^ guerramondiale era già stata decretata lacostruzione dei due principali pontisul Corno (Mereto e Pantianicco) e lacostruzione di fontane pubbliche, pro-getti questi poi annullati per dissestofinanziario della nuova amministrazio-ne comunale. Sembra che il primoponte sul Corno sia stato costruitoqualche anno dopo l’alluvione del1920: era molto più basso e stretto diquello attuale.Dopo la II^ guerra mondiale si è resanecessaria la costruzione di un secon-do ponte, più confacente al trafficoche stava aumentando, infine agli inizidegli anni ’90, l’attuale terzo ponte.

- 3 –LA’ DI VIGJ DI SCJEFINAlla fine del 1800 proprietario dellacasa era un prete, originario di Nimis,Don Luigi Carussi che è stato il primoCappellano nel nostro paese per 14anni. “Moriva in una casa sita in rivaal Corno nel 1893” (dal Libro Storicoe da una testimonianza orale). Poi lacasa è stata acquistata da Vigj chedoveva sposarsi con Cjarina (ZorattoLuigi e Cisilino Chiarina). Ambeduein gioventù emigrati in Argentina epoi rientrati. La stessa scelta l’hannofatta i figli Olimpio e Remigio.Limpio poi ha fatto ritorno in paese:assieme ai genitori coltivava qualchecampo e la casa è rimasta a lui. Ilterzo figlio Armando è morto nella II^guerra mondiale.Ora la casa è di proprietà della vedovadi Limpio Visentini Francisa.

- 4 –LA’ DI ULIVA DAL PACJOLa casa era di proprietà di Oliva DellaPicca e del marito Mestroni emigratoin Argentina. Allo scoppio della I^guerra mondiale è rimpatriato “perfare il suo dovere” ed è deceduto in

guerra. La figlia Speme Mestroni èpartita giovanissima per l’Argentinamentre il fratello Agnul e la mammaUliva l’hanno raggiunto alla fine dellaII^ guerra mondiale.Negli anni seguenti la casa è statapresa in affitto da alcune famiglie delpaese, poi nel 1967 è stata acquistatadalla famiglia di Minuzzo Luciano.

- 5 –LA’ DI SANTIN (bechin) E SALE-STABrandolino Sante e Celeste diBertiolo.Si erano conosciuti e sposati inArgentina: lei andava regolarmente alavorare mentre lui faceva qualchelavoretto qua e là ma non ne avevauno fisso. Rientrati in paese sembra-vano molto poveri: campavano condue caprette e Salesta andava per lefamiglie a scambiare le sue formag-gette con qualche musetto e vendevafichi. Lo chiamavano Santin bechinperché ogni volta che suonava un“bot” lui andava nelle famiglie deldefunto a offrirsi per trasportare lasalma a braccia e poi si occupava diseppellirla nel vecchio cimitero(1887-1909) situato nei casali. In que-sto modo Santin guadagnava qualche“palanca” per andare in osteria.La sorpresa venne alla morte diSalesta: le nipoti di Bertiolo hannotrovato nel materasso Lire 300.000,cifra considerevole negli anni ‘40^.

- 6 –LA’ DI CAMILO DAL CIUET

Cisilino Camilo e Bin Oliva (nata aBeano da mamma pantianicchese).Camilo e Uliva hanno conosciuto pre-sto la strada dell’emigrazione perl’Argentina, dove ambedue hannolavorato negli anni 1920-30 nell’ospe-dale italiano di Buenos Aires. Poisono rientrati in paese ed hanno avutol’unico figlio Vinicio. Lasciato il pic-colo in consegna ai parenti, Ulivatorna per qualche anno in Argentina. Iloro sacrifici sono serviti a migliorarela casa e a comprare campi per lavora-re. Vinicio sposa Esterina di SIAN,arrivano i due figli maschi Lucio eValeriano che crescono con una gran-de passione per la terra, condivisa poianche dalle mogli Mara e Nadiaimportate dalla città.L’azienda agricola a conduzione fami-liare si allarga sempre più rendendosinecessaria un’altra sede “la fattoria”come la chiamano in paese, che sor-gerà verso il Mulin Marchét. Nel 1979la grande famiglia vi si stabilisce defi-nitivamente e la casa del Borg di Sotverrà venduta.Attualmente le tre casette di Uliva,Salesta e Camilo sono di proprietàdella famiglia di Minuzzo Luciano eCarmela.

- 7 –LA’ DI BEPO CODERANBepo e Vigja (Giuseppe Bertolissi eLuigia Cisilino).Come in tutte le famiglie del paeseanche Bepo conobbe giovane l’emi-grazione. Rientrato ebbe 11 figli, tuttigrandi lavoratori: Romolo, Zilli ,

Pantianicco - primi anni ‘60. Avia e Gjldo Cragno e Aldo Rizzato il giorno dellaCresima con i santoli Angelina, Riccardo e Guelfo. Ai lati Lina e Bruno.

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Mario, Arsenso, Remo, Sinto eIsabella emigrarono gradualmente inArgentina e vi si stabilirono definiti-vamente, mentre Alfonso, Dante,Roma e Maria rimasero in paese. Tuttihanno fatto fortuna ed hanno contri-buito ad ingrandire la casa e l’aziendaagricola paterna ed a migliorare iltenore di vita della famiglia che neglianni ‘30^-‘40^poteva già considerarsibenestante.Bepo è partito e rientrato più volte inArgentina per seguire le vicende deinumerosi figli.Negli anni ‘30^ Bepo e Vigja si reca-vano ogni marted ì al mercato aCodroipo “col brum” ed il giovedì aquello di Udine “in plaça da la blava”(XX settembre) e poi si fermavano apranzo alla trattoria AL LEPRE. “E lifantatis di Coderan a erin simpri ele-gantis!” ricorda ancora chi racconta.Nel 1956, i figli rimasti nella casapaterna si divisero e scelsero altre abi-tazioni e la grande casa padronalevenne venduta.L’attuale proprietario è CisilinoLeandro.

- 8 –LA’ DI GJDIO DI CODERANEgidio Bertolissi e Vittoria di Codernovivevano stentatamente coltivandoqualche campo.Ebbero 4 figli: Angjelina, che è rima-sta sempre nella casa paterna,Remiglio che ha sposato Derna Picco,Valerio, tornato dall’Argentina malatoe deceduto molto giovane e Filumenasposata a Villaorba.

La casa ora è di proprietà diCominato Dino e Daniela.

- 9 –LA’ DAL CJARGNELLa famiglia di Giovanni Primus erachiamata così perché lui era sceso daCleulis a Pantianicco ed aveva sposatoTILDA Cragno, la più richiesta“comari” del paese nei primi decennidel 1900.Giuan cjargnel era un uomo moltointelligente, da giovane ha lavorato alungo stagionalmente in Germania, haimparato perfettamente il tedesco,tanto da essere chiamato a fare l’inter-prete a tempo pieno sia durante l’oc-cupazione del 1915-18 che in quelladel 1943-45. Nel 1920 fu nominatosegretario della neonata Coop.Agricola di Consumo e fu anche pre-sidente della banda musicale.Giuan e Tilda ebbero 5 figli: la primaandò suora in Brasile, il secondo figlioemigrò negli Stati Uniti; ambeduenon fecero più ritorno. ITALIA eLASTO si distinsero nel loro lavoronell’ospedale italiano, fecero più visi-te a casa e contribuirono a comprarecampi e a sostenere la casa. Degno dinota è che Talia, nata nell’ultimodecennio del 1800 era già diplomatainfermiera a Genova, prima di partireper l’Argentina.L’ultima figlia Olga (1903), rimase acasa ad assistere i genitori. Attualmente la casa è disabitata.

- 10 –LA’ DI COSTANTIN (fradi di Vigj eRicardo di Scjefin)Costantino Zoratti e BrigittaMattiussi. Costantino ha lavorato inLibia e in giro per l’Italia ed è tornatoin paese con tanti soldi ed un figlioaffidatario, NELO. La moglie Birgjtaha chiesto la separazione legale e l’haottenuta dal Tribunale, con un risarci-mento. Intanto, siccome tutti i beni diCostantino erano bloccati dalTribunale, la casetta (che lui avevadotato del II° piano) è andata all’astaed è stata acquistata da GuerrinoCisilino che abitava nel cortile confi-nante. Prima della seconda guerra vihanno abitato in affitto il geometraCisilino Balilla e la moglie Silvia.All’arrivo dei tedeschi la casa è statarequisita e adibita a uffici delComando. L’attuale proprietaria è lascrivente Ines Della Picca.

- 11 –CURTÎL DI TARMÂTAlla fine del 1800 era un grande corti-le dove abitavano quasi 30 persone diun’unica famiglia in delle casupoleposte in fondo al cortile. Vi si entravaper una stradina perché le abitazioniattuali con i portoni (di Cisilino Lidia,Della Picca Guerrino e CisilinoFilomeno e Luisa) ancora non esiste-vano. Nei primi anni del 1900 quellagrande famiglia si divise in quattroceppi, rimanendo sempre nello stessocortile.1)Cisilino Giovanni e la moglie condue figli;2)Cisilino Angelo e Anuta con 6 figli;3)Cisilino Sante e Micoli Filomenacon un figlio;4)Cisilino Filomeno e Teresa con 7figli.- Zuan di Tarmât fu apprezzatissimofalegname: è ricordato per avercostruito nel 1922 in modo ottimale isupporti in legno per le due nuovecampane e tanti altri lavori artistici.“Al saveva fa il bec a la moscja: al erabraf a taà i cjavei, fa ciuculis, podinis,a comedà i urinai cui ribatins e li terì-nis cul spali”.La sua famiglia fu molto sfortunata: lamoglie morì giovane di parto, il figliomaschio morì giovane di polmonite ela figlia Cilia (Cecilia) ancora giovanesubì l’amputazione di una gamba acausa del tetano. Cilia allevò pecorefino al 1963, poco prima di morire.- Agnul di Tarmât sposò Anuta diCoderno, Ebbero 6 figli: Vigj, Carlina,Anuta, Toni, Angjelico, Severo. SoloCarlina e Toni scelsero di vivere inpaese, mentre gli altri quattro emigra-rono in Argentina e tornarono spessoin visita in paese. Questa famiglianegli anni ‘30^ si trasferì nel Borg diSora e comprò molti campi.In Argentina Vigj era considerato unbravissimo artista in ferri chirurgici.E’ ricordato con una targa in memorianel Fogolar Furlan di Mar de PLATA.- Santin di Tarmâ t sposò MicoliFilomena di Mereto, ebbe un unicofiglio Guerin e rimase vedovo moltopresto. Padre e figlio erano all’oppo-sto, tanto il padre era scansafatiche,tanto il figlio un gran lavoratore.Proverbiali nel borgo i litigi fra i dueper questo motivo. Nel 1911 Guerinpartì per il Canada in cerca di fortunae rientrò nel 1915 per andare a com-battere nella 1^ guerra mondiale. Fece

Pantianicco anni ’30: gli sposiMafalda Cragno e Luigi Buttazzoni.

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parte degli “Arditi”, partecipò ad azio-ni belliche rischiose e fu gravementeferito ad una gamba, tanto da rimanerezoppo per tutta la vita. Ebbe un’unicafiglia, Cesira e più tardi sposòAssunta Mattiussi. Comprò molticampi e costru ì una grande casanuova, dove nel 1939 si trasfer ì ,lasciando “il curtil di TARMÂT”.Nella casa di Santin arrivò la famigliadi Zucco Adolfo con la moglie TonettiMaria ed i figli Vigj, Checo, Renso,Elda. Allora si chiamavano “chei diciucul”.- Meno di Tarmât, famoso anche comeil primo “purcitâr” di Pantianicco chesi ricordi, aveva sposato TaresiaDindiota (CisilinoTeresa) ed ha avutotre figli maschi e quattro femmine:Orasio, Arturo, Vitoria, Maria, Milia,Oda e Berto. I tre primi maschi poisono emigrati in Argentina e soloBerto è rientrato. La figlia Maria èdeceduta a 20 anni e le altre tre figliesi sono sposate in paese.La famiglia lavorava tanti campi estava bene. Nella casa paterna è rima-sto il figlio Berto con la moglie MariaRossi di Villacaccia. Con gli aiutidall’Argentina Berto ha anche fattocostruire una nuova casa con granaiosulla strada. N.B: Meno e Berto sono rimasti incisinella memoria collettiva perché hannomantenuto la parola data. (Leggi:Come eravamo – La stansia daipuers).

COME ERAVAMOLA STANSIA DAI PUERS

Agli inizi del 1900 c’era una stradinache entrava “tal grant curtil di Tarmât”fiancheggiata da piccole case. Menoaveva la sua casa circa a metà cortile adestra, mentre la prima casupola a sini-stra (corrispondente oggi alla stanza chesta a sinistra del portone di Menin eLuisa) “a era la stansia dai puers”.Raccontano che una persona ricca di cuinon è stato possibile rintracciare l’iden-tità, aveva lasciato quella stanza alComune perché ospitasse poveri che nonpotevano pagare l’affitto. In quel tempovi abitavano due anziani . Meno avrebbevoluto comprare quella stanza, perchési era appena diviso dai cugini diTarmât e così una parte del cortilesarebbe stata completamente sua.Ma c’era quella clausola che destina-

va quella stanza ai più poveri delComune. Alla fine giunsero ad un accordo:Meno avrebbe potuto comprare quellastanza ma con la promessa e l’impe-gno di provvedere a trovarne un’altraper ospitare i poveri. E così fu, contanto di dichiarazione e di contrattofirmati in Municipio. Meno trovò asue spese un’altra stanza (nell’attualecasa di Elvio) che accolse un’anzianadonna malata ed abbandonata chia-mata LA PISA a cui la buona genteandava a portare un piatto di mine-stra. Più avanti negli anni anche quellastanza venne venduta, e Berto, figliodi Meno, non sapeva più dove andareper trovare un’altra stanza per mante-nere la promessa fatta dal padre. Enon trovandone fece costruire duestanzette in un campo di sua pro-prietà . “ tal ORTSEPIN” , dietroGAVAN. Così assolse al suo impegno. Quella casetta passò poi all’EnteComunale di Assistenza (E.C.A.) eospitò sempre persone nullatenentifino a tempi recenti: gli ultimi furono,per un periodo, due albanesi.La casetta è ancora là.Questa è una vicenda vissuta chetestimonia l’esemplare onestà deinostri vecchi

- 12 –LA’ DI PICGuido Picco e Albina Cragno ebberoun figlio, Aldo. Madre e figlio moriro-no giovani: lei in paese, Aldo inArgentina.In seconde nozze PIC sposò Anita(Beana) che gli diede 6 figli: Aniceto,Albina, Maria, Derna, Silvana eArmida. Pic aveva poca terra da lavo-rare, allora si ingegnava a fare tutti imestieri, all’occorrenza lavoravacampi in affitto, faceva il marangon, ilcogo nelle feste di nozze, per la bandamusicale, bechin nel nuovo cimiteroinaugurato nel 1911. Nella casa è rimasta la famiglia diCeto e Rita. Negli anni ‘40^ le duestanze sulla strada erano adibite a offi-cina e vi hanno lavorato DanteToppano e Anselmo Cragno.

- 13 –LA’ DI BRUSUTIsidoro Brandolino e VirginiaBertolissi.

“Doro e Virgjnia a erin rivindicui”:attorno al 1910 con asino e carrettaandavano a Udine in “plaça da lablava” a barattare granoturco, frumen-to e uova che raccoglievano in paesecon qualche frutto come “cuarnetis,cjastinis e bagjgjs” e poi comperavanofilo, bottoni e fettuccia. A casa in unangolo del fogolar rivendevano quelloche potevano. D’inverno Virgjnia pre-parava le caldarroste in piazza alladomenica e le vendeva alla genteall’uscita del Vespero. Ebbero 7 figlidei quali 5 emigrarono in Argentina:Filumena, Margherita, Gjocondo,Tarcisio, Belardo, Fonso e Felia. Laprimogenita Filumena diventata capo-sala all’ospedale italiano di BuenosAires, ha chiamato ed ha aiutato asistemarsi gli altri fratelli: (Margheritagià sposata a Camino) Giocondo,Tarcisio. Siccome la miseria imperavae non vendeva più niente, anchemamma Virgjnia, rimasta vedova, nel1935 andò in Argentina col figlioFonso e trascorse serenamente la vec-chiaia con la figlia Filumena.Felia si sposò a San Lorenzo eBelardo rimase nella casa paterna. Era“marangon” , specializzato nellacostruzione di carri agricoli, ruote,zoccoli ed oggetti di casa. Sposò Betadi Maciuta (Cisilino Elisabetta).Oggi nella casa vivono i figli Lauro eLiseno con la famiglia.

- 14 –LA’ DI DELAIDECisilino AdelaideAgli inizi del 1900 la casa venne com-prata dalla zia di Adelaide, Angela,dai grandi proprietari MOLARO. Lagnagna Anzula, il marito ed il figlioadolescente, ospitarono in una stanzet-ta anche Delaide e suo figlio Beligno.Siccome il figlio di Anzula morì a 12anni di tetano, alla fine la casa rimasea Delaide e poi al figlio Beligno chesposò Maria Manazzone (di Belo).Ebbero due figli: Dolfi rimasto inpaese e Cesarino emigrato inArgentina.La casa è stata venduta e attualmentela stanno ristrutturando.

- 15 –LA’ DI SCJEFINZoratti Riccardo, emigrato nell’ultimodecennio del 1800 in Argentina è poirientrato ed ha comprato casa, cortile ecampi dai confinanti Molaro.

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Ha sposato Cisilino Romilda ed hannoavuto tre figli: Fonsa (1902) sposata aBlessano, Scjefin (deceduto inArgentina) e Ciro che ha sposato VaitaCisilino ed è rimasto nella casa pater-na. La stanza a destra dell’attuale portone,nei secoli passati, era stata la cappelladei prelati Molaro: a lungo ha conser-vato la finestrella ovale orizzontale conl’inferriata classica delle case padrona-li.La stanza a sinistra del portone, nel1910 è stata affittata “all’osteir diBelo” che gestiva “un’ostaria” e poianche ad un calzolaio. Attualmente la casa è di proprietà deglieredi Antonietta, Mariedi e Riccardo.

CURTÎL DI MULÂRDai documenti risulta che la famigliaMolaro è presente a Pantianicco dallaseconda metà del ‘600, con il suo capo-stipite Giuseppe Molaro: era moltoagiata ed influente. Ha dato al paese trecappellani - curati che dal 1731 al 1804

operarono in loco ininterrottamente per75 anni: Don Antonio Molaro, DonGiacomo Molaro e Don GiovanniBattista Molaro. Un fratello di que-st’ultimo, in quel periodo ricopriva lacarica di segretario della municipalità.Tutti questi sacerdoti erano studiosi escrittori, conoscevano bene il dirittocanonico e possedevano una fornita epreziosa biblioteca citata ancora oggialla Joppi di Udine.Abitavano una vasta zona del Bôrg diSot che andava dall’attuale BarCentrale fino al Corno, chiamata “Bôrgdai Predis”. Vi si entrava per una stra-dina al posto dell’attuale portone diGiannina e Berto, stradina che fian-cheggiava la grandissima casa padrona-le, girava negli orti del Corno e aveval’uscita al posto del vecchio portone diMulâr. La casa era dotata di affreschidel 1600, alcuni dei quali sono visibiliancora oggi in una stanza abbandonata;all’interno era attivo un forno per pro-duzione propria, c’erano molte personea servizio che garantivano la completa

autosufficienza della grande famiglia.Sembra che allora possedesse 365campi. Poi il patrimonio si è dissoltoper il comportamento dissennato di unmembro della famiglia, Sior Checo cheaveva sposato la nobildonna ElenaBeorchia. A niente valsero le sofferte eripetute emigrazioni di quasi tutti idiscendenti, sia maschi che femmine; ilpatrimonio non si è più ricostruito.Alla fine del 1800 “tal curtîl di Mulâr”viveva un’unica famiglia composta daifratelli Molaro Luigi e Molaro Reginacon i 4 figli e Molaro Giuseppe eMolaro Costantina con i 5 figli. Vigjera stato a lungo a Roma a fare il for-naio per pagare i debiti. Vigj e Reginahanno avuto: Gjenio, Vitoria, Gnasio eMarselin. I primi due sono morti giova-ni e poco dopo anche il padre Vigj.Bepo, pure fornaio e Costantina hannoavuto a loro volta Rosa, Iolanda,Remo, Giacinto e Olimpia. Rosa si èsposata a Basagliapenta, Remo è emi-grato in Argentina, Giacinto è morto inguerra e le sorelle Iolanda e Olimpiasono andare a fare le bambinaie aTunisi.Nel primo decennio del 1900 la fami-glia Molaro si divide: Regjna e i figli eBepo e i figli, essendo morti Vigj eCostantina.Infine negli anni ‘20-’30 “tal curtîl diMulâr” ritroviamo 3 famiglie:- Gnasio ed Erminia con la vecchianonna Regjna;- Marselin e Milia;- Renzulli Giovanni e Nicoletta.Gnasio è emigrato per breve periodo inCanada poi è rientrato e ha fatto il con-tadino. È ricordato come persona intel-ligente, informata su tutto, specialmen-te in fatto di politica. Ogni giornoandava a Codroipo a comprare il gior-nale.Marselin a 16 anni era già in Argentinaper pagare i debiti di famiglia. Ha lavo-rato in molti ospedali facendosi apprez-zare come infermiere. Anche la moglieMilia lo ha seguito lasciando il piccoloLuigi a nonna Taresia. Rientrati inpaese è nata Isa che oggi è l’ultimarappresentante della plurisecolare fami-glia Molaro.A questi due ceppi Molaro, prima del1915-18, nel cortile si aggiungeRenzulli Giovanni, detto Baker, con lamoglie Nicoletta, provenienti daBisceglie-Bari. Avevano comperato daBepo lo stabile dell’attuale BarCentrale.Ebbero 3 figli: Vincenzino “Cinsin”,Dante e Lina. I due maschi emigrarono

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presto in Argentina: Cinsin suonava latromba sulle navi-crociera, divenneanche direttore d’orchestra e morì inestrema miseria. Dante gestiva unnegozio a Buenos Aires. Lina si èsposata a Codroipo e ha venduto l’o-steria al maresciallo De Plano. Orac’è il negozio Agraria Moderna e l’a-bitazione di Cisilino Corrado eOdilla. Segue una casa in fase diristrutturazione e il Bar Centraleambedue di proprietà della famigliaToffoletto, arrivata a Pantianicco nel1957.

COME ERAVAMOCEMÛT CA VIVEVIN UN SECULFA

Per secoli i nostri paesi sono rimastiquasi sempre uguali: la piazza alcentro con la chiesa circondata datre borghi con le casette tutte attac-cate, poi veniva la cerchia degli orti,poi la seconda cerchia dei campilavorati (pochi) e infine tanti tantiprati segno di agricoltura povera e dimiseria.Molte delle case che fiancheggianooggi la strada principale non eranoancora state costruite: le case di allo-ra erano casupole al piano terra, tal-volta con il tetto di paglia, posizionatein fondo ai cortili con le stalle a fian-co (alcune rimasero cos ì fino al1920). Man mano che arrivavano iproventi dall’emigrazione stagionale“ta li Gjermanis” e da quella fissa inArgentina, e dopo che l’irrigazioneaveva migliorato la qualità e la quan-tità dei raccolti, iniziarono a costruireil primo piano (al era sciôr chel callava a durmì adalt). Costruironoanche i fienili sopra le stalle. E solodopo la grande alluvione, dal 1920 inpoi si videro sorgere, nella posizioneattuale, case più spaziose e più alte,con il “granaio”. Naturalmente sorse-ro in modo graduale, in base alle con-dizioni ed alle possibilità delle fami-glie.Nel Bôrg di Sot sembra che “la cjasadal Cjargnel” sia stata la prima adavere il granaio.Oltre alle case, il primo elementoindispensabile per uomini, animali evegetali era l’acqua e siccome il tor-rente Corno è sempre stato soggetto aperiodi di piena e ad altri di secca, inostri avi hanno dovuto escogitare ilmodo di avere sempre in paese la

scorta di acqua, utilizzando quellapiovana, quella del Corno e del pozzo.Furono ricavati con grande ingegno 6stagni di varie grandezze che serviro-no per secoli tutto il paese.Bisogna ricordare che quando gli sta-gni si prosciugavano e non rimanevache melma, i nostri avi dovevanoandare fino al Tagliamento per riem-pire le botti trainate dai buoi, perabbeverare il bestiame.Fu una fortuna la costituzione delConsorzio dei Comuni nel 1876 cheprovvide alla realizzazione del canaleLEDRA-Tagliamento che fornì l’ac-qua a tutte le Comunità del circonda-rio, verso la fine del 1800. Poco dopo,nel 1908-10, dal canale che fornival’acqua a Pantianicco, fecero diparti-re “li ledris” che percorrevano tutto ilpaese. “Mai tant ben” commentava lagente soddisfatta. A quel tempo c’eragià il pozzo, scavato alla profondità di30 metri, che dissetò il paese per piùdi 90 anni, con l’uso della corda.Dopo l’acqua era essenziale il ciboper campare e di questo ce n’eraveramente poco nella maggioranzadelle famiglie con tante bocche dasfamare. La misera era tale che moltepersone arrivarono al limite dellasopravvivenza, specialmente durantela prima guerra mondiale.Naturalmente c’erano anche le fami-glie benestanti, forse una decina, chepotevano permettersi un miglioretenore di vita.Ricordo sempre Taresia, giovane

vedova con 11 figli là di Forgiarin,che alla sera mandava la maggioreAngelica a chiedere un po’ di polen-ta “là di Fotel” e un pugnetto di saledi quello che restava nel barile dopoaver consumato le sardine sotto sale,“ta l’Ostaria di Belo”. Così cenava-no spesso 12 persone.Per molte famiglie anche i matrimo-ni erano un grosso problema perchénon erano in grado di offrire unpranzo agli invitati: allora questiultimi regalavano un pezzo di for-maggio o un po’ di musetto, o unagallina, o un coniglio, così contri-buivano al pranzo di nozze.E per concludere presento il menùdel grande pranzo che il paese offrìnel 1928 a tutti i componenti dellanostra rinomata banda musicale,nella sala della musica: due uovasoda a testa, polenta, qualche pez-zetto di salsiccia, radicchio e vino. Èstato un banchetto da ricordare!

Questa ricostruzione del Bôrg di Sotnei primi decenni del 1900 è statapossibile in modo determinantedalle testimonianze orali delle per-sone più anziane che qui sono natee vissute e custodiscono anche i pre-ziosi ricordi dei loro padri. Essendomemorie e ricordi prettamente sog-gettivi e molto, molto lontano iltempo preso in considerazione, edessendo inoltre presenti una gran-de quantità di nominativi, è più chenaturale e probabile che affiorinoinesattezze ed imprecisioni.I lettori che ne riscontreranno,faranno cosa gradita se li segnale-ranno alla sottoscritta, perché conla collaborazione dei compaesani laricostruzione del borgo risulti piùveritiera possibile. La ricerca nonha la pretesa di essere completa escientifica, vuole solo aprire unosquarcio per ricordare volti, luoghie situazioni ormai dimenticati. Inquesta edizione del Bollettino 2004è presentata una parte del borgo,che verrà completata, se Dio vorrà,nel prossimo 2005.Esprimo pubblicamente la mia rico-noscenza alle persone che semprevolentieri mi accolgono, soddisfanole mie curiosità, riportando cosìalla luce il loro lontano vissuto, tes-sere del mosaico della nostra storia.

Ines Della Picca

Pantianicco anni ‘25 - Teresa (Sesa) eIrma Cisilino.

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L’ORGANO DELLA CHIESA DI SAN CANCIANOMARTIRE DI PANTIANICCO

Cenni storici. Lavoro di restauro.

L’organo della chiesa di SanCanciano Martire di Pantianicco, futrasferito dall’Abbazia di Sesto alReghena nel 1955, dove, l’alloraParroco di Pantianicco Don GuidoCappellari e Don Siro Cisilino, lovidero abbandonato in un solaio.

La ditta F.lli Zanin di Camino alTagliamento, interpellata a queltempo, ne consigliò l’acquisto perun importo di lire 600.000; altre1.850.000 lire furono poi spese peril ripristino ed il suo collocamentodietro l’altare maggiore, effettuato acura della stessa ditta.

Il 5 agosto 1956, in occasionedella solennità di San Luigi, venneinaugurato, alla presenzadell’Arciprete di Codroipo ed allasera ci fu un concerto d’organotenuto dal maestro don AlbinoPerosa.

In seguito venne collocato defi-nitivamente in cantoria sopra laporta maggiore d’ingresso.

Si presentava dotato di una con-solle elettrica a due tastiere ed unapedaliera, mentre lo strumento ori-ginale era a trasmissione meccanica.

Erano già tanti anni che ci si eraaccorti che l’organo aveva bisognodi una buona manutenzione per eli-minare alcuni difetti che interessa-vano le tastiere (c’erano tasti che

non funzionavano) ed il suono ingenerale e così è stato dato l’incari-co alla ditta Zanin di Codroipo diverificare quali lavori fossero neces-sari e di fare poi un preventivo dispesa.

A seguito del sopralluogo daparte della ditta, nel gennaio 2000, èemerso che la trasformazione dellatrasmissione da meccanica ad elet-trica aveva provocato delle altera-zioni ed anche il cambiamento del-l’originale disposizione di facciatacon l’inserimento di canne in zinco,la trasformazione dei somieri delpedale ed altre opere avevano peg-giorato la situazione e quindi si ren-deva necessario un restauro comple-to, riportando l’organo nelle condi-zioni originali, anche perché cosìera possibile accedere al contributodell’Ente Regionale.

La spesa totale preventivata dalladitta ammontava a lire 140 milioni,IVA esclusa.

Per far fronte ad una cifra cosìelevata è stato subito deciso di divi-dere i lavori in due lotti: il primo peruna spesa di 84 milioni ed il secon-do per i rimanenti 56 milioni.

Nel gennaio 2001 è stata presen-tata una domanda di contributo, peril primo lotto, al Servizio dei BeniCulturali della Regione Friuli V.G. a

Norme per il suono delle campane in caso di morte (Consiglio Pastorale Parrocchiale del 31/05/04)

1) Avvertire prima di tutto il parroco, entro le 24 ore dal decesso;2) Per le persone decedute, abitanti in paese, il “bot” verrà suonatocon la campana mezzana seguito dal suono della campana grande;3) Per i pantianicchesi deceduti in ’Europa, Argentina, Canada,USA, ecc., il “bot” verrà suonato solo con la campana mezzana;4) Per i pantianicchesi deceduti fuori paese, il “bot” verrà suonatosolo nel caso in cui il funerale venga celebrato nel paese natio everrà dato dal suono della campana mezzana e grande.

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Si ricorda che dal 1998, per la nascita dei figli di coppie di sposiabitanti in paese, si annuncia l’arrivo di un nuovo membro allacomunità con il suono a festa delle tre campane, questo dopo averavvisato il parroco entro le 24 ore dalla nascita.

Trieste, che con nota del maggio2002, comunicava la concessione diun aiuto pari a lire 55.440.000, conla prescrizione che i lavori avesserotermine entro il 30 settembre 2003.

Nel gennaio 2002 è stata presen-tata ulteriore istanza di contributoper il finanziamento del secondolotto, alla quale, in data 18 ottobre2002 è stato risposto negativamente,stante la limitatezza dei fondi adisposizione dell’Ente Regionale, inquell’esercizio finanziario.

Nel settembre 2003, prima dellascadenza dei termini previsti per ilprimo lotto è stata richiesta ed otte-nuta una proroga di dodici mesi,necessaria per le lunghe e delicateoperazioni di recupero dello stru-mento.

In data 4 dicembre 2003, ilDirettore del Servizio dei BeniCulturali della Regione ha comuni-cato che la domanda di contributoper il secondo lotto, da noi inoltratanel gennaio 2003 era stata rigettatasempre a causa della limitatezza deifondi a disposizione dell’Ente.

Il 17 settembre ‘04 la ditta Zaninemetteva la fattura di Euro43.382,38 a conclusione dei lavoridel primo lotto e quasi contempora-neamente arrivava la comunicazionedella Regione, datata 16 settembre‘04, nella quale venivamo informatiche, sempre a causa della limitatez-za dei fondi a disposizione, non erastato concesso il contributo per ilsecondo lotto dei lavori.

Per completare il restaurodell’Organo, sono indispensabili ilavori previsti nel secondo lotto. Perpagare la ditta Zanin, esecutrice deilavori stessi, diventa necessarioottenere il contributo previsto dallanormativa regionale. Speriamo checon l’anno nuovo la Regione riescaa trovare i fondi, così tante volterichiesti, e dia la precedenza adun’opera che deve essere solo porta-ta a termine.

L.D.

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RICORDI DI GUERRAdi Zucco Francesco (classe 1922), a cura di Zucco Denis e Della Picca Ines

“Checo al conta e al vai, al vai e alconta!”Le lacrime scendono copiose dagli occhie si sciolgono sul tavolo, lui non se neaccorge mentre racconta con voce incri-nata le indimenticabili vicende vissutedal 1942 al 1945 in Russia, in Italia, e inGermania.E’ un uomo arguto con una memoriaeccezionale, che oltretutto esercita ogninotte nelle lunghe ore d’insonnia.Non è facile raccogliere le sue testimo-nianze, sono come un fiume in piena,impossibile da arginare in un ordineconsecutivo di spazio e di tempo: lui lerivive come se fosse oggi e rammentaogni nome , ogni volto, ogni camerata,ogni superiore, ogni data, ogni procla-ma, come se non fossero passati 60 anni.Anche nell’ambito del paese Francescoricorda perfettamente date di nascita e dimorte, relazioni parentali, soprannomi evicende di intere famiglie. La memoria èun dono prezioso ed inestimabile, per-ché porta alla luce e fa rivivere reliquiedi opere e di giorni perdute per sempre,togliendole dal sicuro oblio in cui eranoconfinate.Il nipote Denis è il primo estimatore di“nono Checo” il custode della sua storiae delle radici della sua famiglia: ha rac-colto con tanta pazienza documenti,fotografie, poesie, canzoni e soprattuttoore di preziose testimonianze orali di untempo e di un mondo che non ci sono

più. Denis si sta rivelando un appassio-nato ricercatore. Assieme tentiamo difare un riassunto dei ricordi di guerra delnonno Francesco, ma è solo una minimaparte del patrimonio mnemonico impres-so in modo indelebile nella sua mente.

IL LUNGO INVERNO DEL 1942-43NELLA STEPPA RUSSA.

“I miei vent’anni più belli,i miei giorni più tristi!”

Venti di guerra soffiavanogià dagli anni 30° nell’Europa settentrio-nale, ma le operazioni militari ebberoinizio il primo settembre 1939 fraGermania e Polonia.Da lì seguirono sette lunghi anni di con-flitti e di atrocità che si allargarono inogni angolo della terra. In questo climadi estrema tensione Francesco, neancheventenne, il 30/gennaio/1942 fu chiama-to a fare il servizio militare, nel II reggi-mento del Genio Pontieri destinazioneVerona e poi Piacenza. I Pontieri, eranouna forza d’aiuto che provvedeva acostruire o a distruggere ponti a secondadelle necessità del momento.Fine ottobre 1942 partenza per laRussia: dopo aver ricevuto un discretoequipaggiamento, il reggimento partecon le tradotte militari e inizia un lungoviaggio pieno di incognite.Francesco incontra i compaesani SidracCisilino che guidava la tradotta e VilmoManazzone che faceva parte degli alpinie che da quel viaggio non avrebbe fattopiù ritorno.In Ucraina sono scesi dal treno per pro-seguire con i camion, queste sono letappe: Conducescaia, Kiev, Dibalseo,Dnjepropetrovsk, Millerovo a 200 chilo-metri dal fiume Don. A Dibalseo le tredivisioni alpine Julia, Tridentina eCuneense sono riuscite ad aprire la saccadei russi creandosi così un varco. Il reg-gimento di Francesco ebbe la fortuna dinon essere mai mandato in prima linea.Era pieno inverno, nella sconfinata step-pa nordica con 44° sotto lo zero.All’inizio quasi tutti i soldati soffrivanodi dissenteria e di principi di assidera-mento a mani e piedi. Dormivano nelleisbe con gli abitanti del villaggio, tuttagente buona e generosa. Erano casetteinteramente fatte di tavole e tronchi d’al-

bero, quasi interrate: dalla neve alta usci-vano solo i comignoli fumanti. Eranodecorose e dignitose.

Francesco aveva scritto alla morosaLina: “Cara Lina devo andare al fronte,se io torno son sempre tuo se non tornofatti una famiglia”.Prima di Natale ebbe la risposta: “CaroFrancesco ho ricevuto la tua lettera, nelleggere sono rimasta tanto male, ricor-dati che dove tu vai io mi ricorderò eche nel mio cuore sarai solo tu. Se il tuocuore è differente del mio ogni giornomi ricorderò di te”. Francesco piangesilenziose lacrime mentre rivive quelleemozioni.Il Natale nella steppa russa fu veramen-te doloroso per quei ragazzi giovanissi-mi, mandati allo sbaraglio. Tutto il gior-no radio-Mosca trasmise questi conso-lanti messaggi. “E’ Natale e mentre inItalia suonano le campane, noi vi suone-remo le campane sui vostri elmetti”. Eancora: “Madri italiane gettatevi sullerotaie, fermate i treni che portano ivostri figli al macello!”.E per di più i russi avevano sequestrato ipacchi-dono natalizi, inviati dall’Italia.Un Natale di gelo, di paura, di nostal-gia, di disperazione… a vent’anni.Da Dnjepropetrovsk dove stanziavano,ogni tanto a turno i soldati venivanomandati con le slitte a fare rifornimentodi viveri nei magazzini dell’armata aMillerovo. Molti ragazzi , in quella cir-costanza, si sono ubriacati, si sonoaddormentati all’aperto e sono morticongelati. Vicino a Millerovo i Pontierihanno costruito un ponte di palafitte sulDonez, un affluente del Don, poi attra-verso il ponte di Zaporoze, a piedi sisono spostati fino a Rostov.Era il febbraio 1943 e lì dopo una fero-ce battaglia si sono ritirate le sette divi-sioni Celere, Pasubio, Torino, Ravenna,Sforzesca, Vicenza, Cosseria.I russi avevano potenti mitragliatriciKatiuscia: sparavano 19 colpi ad altezzad’uomo e 19 colpi in alto.La situazione era veramente preoccu-pante, Francesco pensò di incidere colcoltellino sulla gavetta le sue emozioni:“La dolce donna amata e la mammamia lasciai, e dissi: o morte ingrata, nonsarò tuo giammai, la vita l’ho già donataa chi non scordo mai”.

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Se non fosse tornato a casa, forseavrebbero consegnato alla sua famigliala gavetta con l’ultimo doloroso mes-saggio per Lina e la mamma Maria.Per fortuna è ancora qui a raccontarce-lo.L’offensiva invernale, sferrata daisovietici già dalla notte di Natale, sifaceva sempre più violenta, costringen-do ad arretrare le truppe germaniche equelle italiane al seguito, perdendocosì tutte le postazioni acquisite inautunno. A Gomel il 19 marzo 1943 lacompagnia di Francesco si trovò sottoun ultimo e definitivo bombardamentoche fece decidere al generale Gariboldila ritirata immediata dei pochi italianirimasti, nonostante l’ordine dei tede-schi di ritornare al fronte.I soldati italiani e fra loro Francesco,riuscirono a prendere la via del ritorno,prima con qualche camion, poi intreno. Passato il confine italiano, sisono fermati 15-20 giorni nella caser-ma di San Candido in val Pusteria, afare la contumacia o quarantena. Il 19aprile 1943 Francesco è rientrato acasa col suo amico Dario Pontarini, inlicenza-premio di un mese, per rimpa-trio dalla Russia.Era felice Francesco, dopo sette mesidi incredibili pericoli, disagi e soffe-renze, si riteneva graziato, volevagodersi in pace la famiglia … nonsapeva che i suoi guai erano appenacominciati.

DUE ANNI DI PRIGIONIA INGERMANIA.

Rientrato in servizio a Cremona il 25luglio 1943, alla caduta del fascismo,Francesco era di guardia al palazzoFarinacci, dove veniva stampato ungiornale fascista. Qui è rimasto finoall’armistizio dell’otto settembre. Inquel periodo Francesco era in prigioneperché si era rifiutato di andare a com-battere in Sicilia contro gli alleati.Sentita la notizia dell’armistizio i mili-

tari festeggiavano feli-ci, se nonché alle venti-due suonò l’adunata edil colonnello preoccu-pato pronunciò chiaraquesta tremenda sen-tenza: “Non festeggia-te, ragazzi, perché quila guerra deve ancoracominciare”.Da Cremona vengonotrasferiti a Mantova inun campo di concen-

tramento e Francesco si ritrova con icompaesani Giordano Agostini,William Cerioli e Sergio diSedegliano.Da quel momento fu fatto, da parte deiprigionieri, ogni tentativo ed ogni sfor-zo per tentare la fuga. Molti ci riusci-rono attraverso le fognature che sfocia-vano nel lago, dove c’erano all’erta itedeschi.Lì si potevano ricevere visite civili einaspettatamente arrivarono SerenaCisilino e Adriana Cerioli a trovareGiordano e William. Avevano portatoabiti civili e cibarie: con abiti civilic’era più possibilità di fuga e Williame Giordano riuscirono a farcela,lasciando a Francesco i viveri e £ 200.Checo, sfortunato è rimasto intrappo-lato all’interno del campo ed è statodestinato a due anni di prigionia inGermania.Tristi ma non rassegnati, scortati daitedeschi, i prigionieri si avviarono conle tradotte verso il confine a nord-estcon il pensiero fisso alla fuga.A Treviso alcuni militari sono riuscitia dileguarsi, nonostante: i tedeschi fos-sero posizionati sul tetto delle carrozzecon le mitragliatrici.Avvicinandosi a Udine Francescoaveva il cuore in gola, quando passan-do per Beano scorse il campanile diPantianicco, chiedendosi se l’avrebbepiù rivisto.Alla stazione di Udine il vescovoNogara benedì tutti i prigionieri, e latradotta continuò con il suo dolorantecarico umano. In treno si diffuse lavoce che il posto migliore per tentarela fuga era al ponte di Pontebba, maanche lì Francesco fu sfortunato per-ché il fiume era in secca e aveva laprofondità di più di sette metri.E così rassegnati arrivarono a destina-zione: OISTAN nella Prussia orientalea quaranta chilometri da Danzica. Ilcampo di concentramento B era cir-condato da filo elettrico.Tutti i prigionieri furono rasati, disin-

fettati, vaccinati, e immatricolati,(Francesco aveva il numero 20579) epoi costretti ad aspettare all’aperto e alfreddo le divise messe a disinfettare a100° C.Il 28 ottobre 1943 vennero trasferiti aDresda, in Sassonia, nel campo A: ilvitto era scarso e pessimo, dopo 11 oregiornaliere alla fabbrica RAPPICHERdistante sei chilometri, da fare andata eritorno.Lì si costruivano inizialmente bilancee in un secondo tempo si passò allacostruzione di mitragliatrici a quattrocanne.I prigionieri italiani erano 48 e dormi-vano insieme in una sala di teatro conuna stufa al centro con dotazione di unsecchio di carbone al giorno.E’ il Natale 1943 e lo hanno trascorsoproprio in quella camerata, sulle bran-dine, a piangere ricordando i propricari a casa.Anche gli inizi del 1944 furono parti-colarmente duri: tanto lavoro e tantafame fino a provocare una grande pro-testa appellandosi ai Diritti dei prigio-nieri di guerra. Poi il cibo migliorò inquantità ed in qualità. La situazionecambiò ulteriormente in positivo quan-do sul lavoro non furono più conside-rati detenuti ma lavoratori collaborato-ri dello stato germanico.Erano un po’ più liberi e trattati conpiù umanità, ma dovevano ugualmentescontare i due anni stabiliti di prigio-nia. Potevano scrivere a casa due car-toline postali al mese. Anche il natale1944 fu un po’ più sereno di quelli pre-cedenti, perché speravano di ritornarepresto a casa.Il tempo o bene o male è passato esiamo nel 1945, alle ultime definitiveazioni punitive degli alleati: il 14 feb-braio i loro bombardieri volarono pertre giorni su Dresda provocando500.000 morti e la distruzione quasitotale della città. In quei giorni i nostriprigionieri non andarono a lavorare efurono salvi. Poi le cose precipitarono:il 7 aprile seppero dal capo della fab-brica che gli italiani non erano ben vistidai tedeschi e perciò conveniva fuggirea gruppi. Francesco si trovò con quat-tro uomini e due donne: vagarono perboschi e campi per 60-70 Km, soprav-vivevano rubando patate. Si erano fer-mati a Frailtac dove venivano fabbrica-te le macchine da cucire Singer, fino aiprimi di maggio quando la città fu libe-rata dai russi. Poi, prendendo treni acaso andarono a Praga inCecoslovacchia, in Ungheria, in

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Austria e infineentrarono in Italiaper Bolzano. Era il13 settembre 1945.Per mesi hannovagato per l’Europaperché lo stato italia-no si era disinteres-sato di loro, mentrealtre nazioni, comela Francia si eranosubito curate di recu-perare e riportare inpatria i propri prigio-nieri. E ciò che piùcolpisce è che, dopoquattro anni di guer-ra di prigionia e poilasciati allo sbaragliopiù totale, i nostriragazzi, ventenni giàvecchi, siano rientra-ti in patria nellacompleta indifferen-za delle istituzioni e

talvolta commiserati e derisi dallagente. Per Francesco è stata più trau-matica la prigionia in Germania che laguerra nella steppa russa.Ora suo legittimo desiderio è che que-sto passato pieno di sacrifici e di rinun-ce che hanno annullato i suoi vent’an-ni, non venga dimenticato, perché è lastoria minore della nostra gente che hapreparato la base per il nostro attualebenessere.Francesco termina il racconto con gliocchi lucidi e lo sguardo fisso ripeten-do più volte: “Abbiamo sopportatotutto per amor patrio… Noi avevamoamor patrio!… dov’è finito l’amorpatrio… perché nessuno lo sente più?!”

“ Basta che una generazionenon dica nulla all’altra

e di tutti gli orrori che patimmonon resterà memoria”

Scrittore russo

MI SEMBRA DI VEDERLI ANCORAQuando ero bambino andavo spesso nel

cimitero con mia nonna la quale, conprofondo amore per i suoi defunti, sistema-va con cura e pazienza i fiori sulle tombe.Mentre lei era dedita a quel lavoro così cer-tosino, io giravo per le sepolture leggendonominativi e date.

Spesso la chiamavo magari gridando:“Nona ma cui erie chel chi?” allora leibrontolando perché l’avevo distolta dallesue opere, mi rispondeva con calmaimprovvisa: “Satu che cjasa ca é di front dala lateria? Lì al era un ort, devour di chel alera a stà chel li ‘e a l’era il pari di chel calé’ soterât là e il cusìn di che femina ca e staa Udin, chi vin vedût che atra di chi a partàrosis”.

Insomma facendo il giro virtuale di orti,campi, case, stalle e persone riuscivo sem-pre a capire chi fosse stata magari cin-quant’anni prima questa o quella personasenza mai averla conosciuta. Qualche voltacon astuzia, scavando nella profondadiscrezione di mia nonna, riuscivo a strap-pare qualche aneddoto in più, creandomicosì un’immagine tutta mia del soggetto inquestione.

Ricordo di essermi fermato molto spes-so davanti alla tomba del patriarca CisilinoFelice (FILIS DI UCEL) e di avere avutosempre un particolare rispetto e timore neiconfronti delle sue spoglie… ero perfinoemozionato nel guardare la sua folta barba;

avevo molta soggezione nello stargli accan-to e addirittura l’impressione che fosse ilcomandante supremo dei morti diPantianicco.

Da quella volta sono passati almenoquindici anni, mia nonna continua tuttoraad andare quotidianamente al cimitero eanche io saltuariamente ci vado. La prassi èla stessa di un tempo, … sosta dinnanzi alletombe dei parenti (che magari qualchevolta non si trovano più perché rimossi etrasferiti in altri loculi) e poi giro del cimi-tero.

È proprio lì che inizia la profondadiversità di tanti anni prima… allora “cono-scevo” le persone sepolte in base ai datiforniti da mia nonna, ora li conosco quasitutti perché ci ho parlato, ci ho riso, ci hoscherzato… in quei momenti provo un’e-mozione unica che mi fa riflettere su comela vita sia cruda… mi sembra di vederliancora in giro per il paese, inceve ora nonesistono più; la cosa ovviamente non puòfar altro che rattristarmi.

È proprio su quest’ultimo punto che mivorrei soffermare.

Non sono passati certamente molti mesida quando quattro persone una dopo l’altraci hanno lasciato. Devo subito premettereche queste quattro persone tra di loro ave-vano poco o nulla in comune. Sono statepersone con storie diverse, obbiettivi diver-si, origini diverse, età diverse e soprattutto

con stili di vita profondamente diversi.Non si tratta quindi di una mia volontà

di metterle a confronto o cose del genere…io vorrei soltanto soffermarmi su di loroperché nel mio piccolo hanno rappresentatomolto.

Nel mio cuore queste quattro personehanno lasciato ognuna a suo modo unsegno indelebile, le ricorderò per semprepoiché esse sono state protagoniste dellavita del nostro piccolo paese, hanno scrittocon quattro personalità ben distinte, paginedi storia che noi tutti, ne sono certo, ricor-deremo per sempre. Pensare che non cisiano più mi fa star male, non so dire quan-to possano mancare con esattezza ma sonoconvinto che in un paese piccolo come ilnostro, la loro presenza era un qualcosa dieccezionale. Ciascuno ha aiutato, ha inse-gnato, ha divertito. Ognuno ha dato un con-tributo personale al vivere della nostracomunità, a suo modo, secondo il suo stile.Li volevo salutare davanti a tutti voi, inmodo tale che siano ricordati una volta dipiù poiché hanno lasciato un vuoto che nes-suno potrà mai colmare.MANDI

GJGJUT CRAGNO LUIGIPUTELINI CISILINO ALDONOE’ CISILINO NOE’DOLFI CRAGNO RODOLFO

Alessandro

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In alcuni raconti o ricordi, che hoincontrato in qualche bollettino deglianni scorsi, ho notato dei riferimenti aquesta famiglia, rimarcando il suo spi-rito umanitario e l’animo caritatevole.Be’, negli scorci vacanzieri, che indieci anni ho trascorso in questo indi-menticabile paese, la famiglia Fotèl èquella che ho più frequentato, perchécon Tiziano avevo istaurato una saldaamicizia. Posso dire che la casa dietrola chiesa era diventata una mia secon-da abitazione e tra me e i componentidi quella famiglia era subentrata unagrande familiarità.

Li ricordo tutti ancora bene. EccoSerafino (Fìn), uomo alto e robusto,grande lavoratore e dedito tutto allafamiglia, d’animo buono e generoso,di solito sereno, a volte allegro, soddi-sfatto del benessere, che con il lavorosi era procurato, così fin quando glipiombò addosso la brutta notizia dellamorte in Russia del suo figlio Luciano.

Vicino a Fìn sua moglie Zelinda,donna vestiata all’antica: gonna neralunga fino a un po’ sopra del malleolo,testa avvolto in un grande fazzolettone,pure nero, annodato sulla nuca. Era lacuoca e la governante della casa: gran-de cuoca e sempre disponibile ad aiu-tare chi non sapeva come fare a combi-nare il pranzo con la cena; mai unaparola fuori posto, calma, mai unoscatto d’impazienza.

C’era poi il gigantesco Angelo(Agnolòn), bonaccione, infaticabilelavoratore, amante del buon bicchiere,scapolo impenitente, contento dellasua vita.

Seguiva claudicante la ziaAngelina, donna serena e alquantoallegra, nubile e di buon umore lo stes-so. Accudiva con la cognata Zelindaalle faccende domestiche e, in un certosenso, era assieme a Zelinda la custodedel nipote Tiziano. Tiziano; come hoaccennato sopra, era il mio amico, ave-vamo due-tre anni di differenza, avevacome me grande voglia di stare alle-gro. Era dotato di una bella voce:ragazzo volitivo, voglioso di compari-re, ma buono d’animo. Spesso l’ac-compagnavo nei campi, quando uscivacon Fìn e Agnolòn a lavorare la terra.Una volta, eravamo sul Dôl a racco-gliere il fieno. Fìn mi chiese di rastrel-

lare. Io, pur non avendo mai guidatoun cavallo, accettai; salii su un grandeattrezzo dotato ti due immani ruote econ dietro molti leggeri ferri arcuati,che costituivano il rastrello. Feci parti-re il cavallo, ma senza esperienze dibriglie le ressi in modo errato, così chela povera bestia compiva sempre unpercorso circolare, finché Fìn si accor-se e mi apostrofò: “ Ma non vedi chemi ubriachi il cavallo?! Aggiusta quel-le redini!” Capii la lezione e completai

egregiamente l’incombenza. Giunti acasa col carro stracolmo di fieno, miimpegnai a scaricarlo a grosse forcatesulla bocca del fienile, mentre Fìn loammucchiava all’interno del fienilestesso e Tiziano calpestava il grandemucchio per ridurre il volume. A lavo-ro finito ecco comparire sulle spalle,sul collo, dappertutto, un fastidiosopizzicore da non potersi sopportare.Allora ci si immergeva in una grandetinozza, piena di acqua piovana, che sitrovava nel cortile. Fu così che divenniun piccolo georgofilo.

L’ultima volta che feci visita a que-sta famiglia fu in occasione dellamalattia di Zelinda. Mi recai assieme aDon Paolino nella sua stanza e credonon ci abbia riconosciuti; la vidi comenaufragata nelle nebbie dell’Alzheimer.

La famiglia di Fìn di Fotèl eracomposta anche da Esmeraldo e Nellae da Amelia di Coseàn, la sfortunatamoglie di Luciano, rimasta vedovatroppo presto.

Diversi anni dopo seppi cheTiziano, raggiunti i suoi genitori inArgentina, era deceduto in un inciden-te d’auto.

Tutte le persone che qui ho ricorda-to sono morte, resta solamente Ameliae tanti nostalgici ricordi.

Edo Noacco

CHÈI di FOTÈL

Pantianicco primi anni ‘60. ZelindaCisilino di Fotèll con i nipoti Luciana eLuciano.

Pantianicco 1954 - Festa di coscrizione della classe 1934. (da sinistra: Fabbro Ferruccio, Cisilino Angelo, Manazzoni Romano, Zanussi Aldo,Mattiussi Umberto, Brandolino Corrado (sunadôr Beniamin di Veloarba).Questo vuole essere un omaggio ed un ricordo per i settantenni che non sono piùfra noi: Romano, Ferucio, Agnulut e Corado ed un augurio di salute e serenità perBerto e Aldo.

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IL MULIN DI MARCHÉT

Una volta i mulini avevano la grande fun-zione di centro sociale perché diventanoluogo di ritrovo dei contadini che, prove-nienti da località diverse, scambiavanoesperienze, facevano affari o semplicemen-te chiacchieravano.Erano quindi autentici centri di socializza-zione, punti d’incontro al pari delle chiese,delle piazze, delle osterie, delle latterie, delpozzo.Fino agli ultimi decenni del 1800 la nostragente, per macinare le proprie sementi, eracostretta con carretta e asinello a recarsi inlocalità abbastanza lontane come S.Odorico, Rivis e Codroipo.Con la costruzione del canale Ledra -Tagliamento, inaugurato nel 1881, anchenel nostro territorio fu disponibile l’acquacalma e costante che venne utilizzata dap-prima a fini domestici formando “li ledris”che costeggiavano le abitazioni e nello stes-so tempo alimentando “i sueis”, preziosis-sima scorta d’acqua per il bestiame e l’agri-coltura.Nel 1882 fu edificato il mulino De Cecco aTomba e nel 1883 il mulino Romano, piùnoto come il mulino di Marchét, aPantianicco, nel 1904 il mulino Bunellosulla strada che da Mereto porta a SanMarco ed infine negli anni venti il mulinoLupieri a Savalons.Tutti i quattro mulini del nostro comunesfruttavano l’acqua del canale LedraTagliamento o meglio di una sua derivazio-ne, il canale secondario di San Vito.Il mulino di Marchét è stato costruito dalparroco di Mereto di allora (VincenzoCostantini 1878-1884) sul terreno di pro-prietà di Giacomo Romano.In seguito il mulino passò in proprietà diquest’ultimo nonostante alcuni diverbi conil suddetto parroco.

Il primo nucleo consisteva nel mulino veroe proprio, una tettoia per la pila dei cerealie la casetta d’abitazione a cui sono statiaggiunti in date diverse la costruzione orachiamata “impero” anticamente magazzinodi vino e cereali e poi fienile ed una tettoiaper il riparo della trebbia.Il mulino di Marchét ha avuto il più grandeperiodo negli anni 1890-1910, anche per-ché era fra i primi della zona.Nel 1923 è passato di proprietà daiRomano ai Cogoi.È stato venduto a Cogoi Antonio (1887-1965) e poi l’attività è stata portata avatidal figlio Felice “Vigj il mulinâr” l’ultimomugnaio del mulin di Marchét.I Cogoi sono d’origine cecoslovacca: emi-grarono con il cognome di Kogoi attraversola Jugoslavia verso il 1868 nel Goriziano,poi alcuni rami si sparsero nella pianurafriulana sempre costruendo e gestendomulini a Lavariano, Sclaunicco, Nespoledo,San Vito di Fagagna, Pocenia, S. Osvaldo,Mortegliano e Pantianicco.I Cogoi dettero molto impulso e prestigioal mulino di Pantianicco: rinforzando gliargini del canale a loro spese, aumentarononotevolmente il volume dell’acqua, dandopiù potenza alla ruota a pale e conseguente-mente agli ingranaggi cheazionavano la mola dellamacina.Questo mulino ancora oggiefficiente, ebbe sempremolta importanza perchéposto in un sito strategico,ad un incrocio che dà versocinque paesi: Villaorba,Mereto, Vissandone,Pantianicco, Blessano.Inoltre nel 1900-1910 creb-be ulteriormente la sua

potenzialità anche per la produzione dienergia elettrica, prima con un generatore,poi con una turbina.Questi brevi cenni sono sufficienti per farcapire come i mulini siano intimamentelegati alla nostra storia economia ed agrico-la e per dare l’idea dell’importanza e dellanecessità della loro adeguata salvaguardia.I mulini erano centri di socializzazione,allora è giusto che, ai pochi sopravvissuti,oggi sia ridato questo ruolo.Negli anni ‘80, il mulin di Marchét, l’unicodei mulini della zona ancora integro, permerito dell’ultimo “mulinâr” Felice Cogoiha ospitato “Gnos furlanis”: “un breâr dipropuestis culturals gnovis, te cornis straor-dinarie di un Friul cal va sparint, propritpar salvà la lidrîs culturâl furlane”.Così, il vecchio mulino, per un atto d’amo-re e di conoscenza è emerso dall’oblio edall’indifferenza, per diventare parte delpatrimonio culturale di tutti.E per questo inizio del terzo millennio, glieredi degli avi Kogoi, due giovanissiminipoti stanno restituendo al mulino la suaautentica funzione socializzante, ospitandoincontri culturali, spettacoli, mostre, con-certi, feste familiari e sociali o anche unasemplice passeggiata fra il verde che siconclude con un buon “frico e un tajut divin”.“e il mulin, ch’al è stât testimoni di uneculture peade al mont contadin, cumò chenol à plui blave o forment o vuardin o sieledi masanà, al cîr di masanà culture e produ-si socialisasion clamant dongje simpri pluiint di ogni etât e di ogni divignince.L’aghe dal mulin a va indevant… come lavite”.

Cragno Sabina

- “Il mulin di Marchét” 1883-1983Quaderno della biblioteca S.P.

- “La Patrie dal Friul” n. 6 Jugn 1987- fotografie Rita Cragno

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Incontro con alcuni emigranti del Nord America

Siamo partiti il 6 maggio da Venezia e dopo12 ore di volo siamo arrivati a Vancouver,situata nella British Columbia, estremaregione del Canada sulle spondedell’Oceano Pacifico. Ci attendeva DanteRossi, che ivi risiede e che trascorse la suainfanzia a Pantianicco nel periodo bellico.Dante a distanza di anni ricorda perfetta-mente luoghi e persone ed in particolare ilDr. Donato Manazzone, cui è legato daprofonda amicizia. Dante ci ha ospitati peruna settimana e ci ha fatto visitare la cittàcon i suoi parchi meravigliosi e famosi intutto il mondo. In particolare ringraziamoDante per averci portato a visitare lo StanleyPark con i suoi celebri Totem Poles, simbolidella civiltà indiana, il Queen ElizabethPark, la capitale Vittoria con i suoi palazziottocenteschi e uno dei parchi più famosinel mondo: i Butchards Gardens sull’isolaVancouver.Da Vancouver poi siamo partiti alla volta di

Powel River. Dopo 6 ore di viaggio per cor-riera e attraverso due traghetti siamo giuntialla meta, dove ad attenderci c’erano Nilla eRemigio, collaboratore del nostro bollettino.Qui ci si trova in un paesaggio da favola,posto ad anfiteatro che guarda ad occidenteil mare, punteggiato da varie isole boscose,fino alla più lontana l’isola di Vancouver,che si estende per 500 km, davanti allacostiera, denominata Costa del SoleSplendente (Sunshine Coast). A monte dellacittadina c’è l’immensa foresta di coniferein salita verso le cime dell’interno. ConRemigio e Nilla abbiamo visitato diversiluoghi tra cui una riserva indiana e la chiesacattolica, moderna e molto bella. Non abbia-mo avuto modo di conoscere il parroco, per-ché in quei giorni era assente. Presso laSocietà Italiana, invece, abbiamo incontratodiversi friulani: chi da S. Lorenzo, chi daZompicchia, chi da Rivis, chi da Vissandonee chi da Casarsa.Con un caloroso abbraccio e l’augurio dirivederci abbiamo salutato gli amici Nilla,Remigio e Dante e trascorse già due setti-mane, da Vancouver siamo volati a Newark,

sulla costa atlantica, dove ci raggiunseMarco. Con lui in macchina ci siamo direttifino a Bethlehem, cittadina dellaPennsylvania, a circa 80 km dall’aeroporto,per incontrare Mons. Paolino Della Picca,che ivi svolge la sua missione sacerdotale.La gioia dell’incontro è stata grande edovviamente abbiamo ricordato i tempi digioventù trascorsi a Pantianicco. Ci sarebbepiaciuto incontrare anche il fratello DonAngelo ma si trovava a Cincinnati, a circa1000 km verso l’interno degli Stati Uniti.Nel pomeriggio dell’indomani siamo partitialla volta di New Heaven, che si trova nellostato del Connecticut circa 350 km a Nord-Est sull’Atlantico. La città di New Heavensi è sviluppata in concomitanza con la YaleUniversity, fondata 303 anni fa. Sono carat-teristici gli edifici del nucleo originariodell’Università e di vari colleges in stileneogotico. La festa della consegna deidiplomi, il Commencement, svoltasinell’Old Campus, dove erano convenutecirca 10.000 persone da ogni parte delmondo, ricorda perduti cerimoniali di stam-po medievale, di cui è ammirabile il rispetto

della tradizione.Qualche giorno pervisitare i musei dellacittadina ed i territoricircostanti e due gior-ni a New York conMarco, che dopo ilMaster è andato alavorare a Washing-ton. Il viaggio di ritor-no a casa il 29 mag-gio. I giorni sonovolati. I nostri emi-granti sono stati felicie contenti di stare connoi, ricordando ilpaese natale e noiancora grati della lorogrande ospitalitàancora più felici.

Isa ed Ennio

8 maggio 2004 - Vancouver-B.C. Canada - Dante Rossi conEnnio e Isa davanti alla sua casa in Burnaby-Dover Street.

24 maggio 2004 - New Haven - Connecticut - USA - presso la YaleUniversity, Marco Buttazzoni tra i genitori festeggia il suo secondoMaster of Enviromental Management (gestione ambientale): specializ-zazione in ecologia industriale ed innovazione globale. Marco nel 1997aveva conseguito presso la LSE di Londra il Master of Scienze ofADMIS (Analysis, Design and Management of Information Systems).

16 maggio 2004 - Campbell River-B.C. Canada - Ennio, Isa, Nillae Remigio sul luogo esatto dove passa la linea del 50º parallelo.

21 maggio 2004 - Bethlemen - Pennsylvania -USA- Mons. Paolino Della Picca con Ennio eIsa nella chiesa di Our Lady of Pompei.

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LE PAGINE DELL’EMIGRANTE

UNA FAMIGLIA ARGENTINA FRA LE SUE RADICI FRIULANE ED I SUOI DISCEN-DENTI ARGENTINI

Pantianicco 1927I bisnonni Teresa Cisilino e Sebastiano Della Picca (al centro) ed il nonnoDoro (in 2^ fila, 1° seduto a destra) con alcuni componenti delle famigliepatriarcali di quei tempi.

S. Martin, (Buenos Aires) Gennaio 1952Annibale Della Picca e LucianaButtazzoni con i loro piccoli Luciano eJorge.

S. Martin, (Buenos Aires) Maggio 2003Luciano Della Picca, con la moglie Julia, i figli Leonardo, Renata eTiziano e la zia Maggiorina (sorella di Vilma).

Dalle pagine del BollettinoParrocchiale vogliamo contri-buire, attraverso le lauree diquesti due giovani, a fare unpiccolo omaggio verso i nostriavi ed a tutti quelli che hannorischiato tutto quanto per por-tare un “tocut di Pantianins”verso l’Argentina.

Luciano Della Picca

PABLO HERMAN DELLA PICCA,figlio di Jorge, nipote di Nibil e diLucia Anna Buttazzoni, nel novembre2002 si è laureato in giurisprudenzapresso l’Università di Buenos Aires.

RENATA DELLA PICCA, figlia diLuciano, nipote di Nibil e di Lucia

Anna Buttazzoni, si è laureata in fisicacon una tesi titolata: “Atomi in stato diionizzazione” ed il 19 dicembre 2003 ha

ottenuto un master presso l’IstituoBalseiro di San Carlos de Bariloche in

Patagonia, centro di fisica superiore,che dipende dalla Commissione

Nazionale dell’Energia Atomica.

Vivissime congratulazioni aineolaureati.

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ALCUNE PAROLE SU PANTIANICCO

Queste parole possono non essere precise: vengono dallamemoria; una memoria di trenta, quaranta e anche cin-quanta anni. Non combaciano perfettamente con la veri-dicità storica, però, lo posso assicurare, sono autentiche.Sono scritte in castigliano, la mia lingua, però mescolatecon il friulano, l’altra lingua che persiste nella miamemoria. Chiaro: non sono abile a scrivere il friulano, e,inoltre, il mio castigliano dovrà essere tradotto; forsequalche espressione sarà confusa, non importa; il mioanimo si è mosso da quando Luciano, mio fratello,cominciò ad avere contatti con Ines, sentivo che dovevoesprimere queste parole. So che saranno comprese, nonimporta quale lingua si utilizza.Ricordo che, da bambino, partecipavo alle grandi riunio-ni della Società Friulana di Avellaneda, dove mio padreera un fattivo collaboratore. Lì, la mia generazione ed io– fîs di furlans – scoprimmo il Friuli, lì, tra pranzi, cene,discorsi e canti che ci emozionavano. Durante la nostrainfanzia biricchina, lo spirito friulano ci penetrava nelleossa, incrementando quello che già era nei nostri geni.Però c’era un luogo migliore.Nato nel Nord Est della grande Buenos Aires, in casamia si parlava il friulano tanto quanto il castigliano (eccoperché, quando frequentavo le scuole elementari, più diuna volta confondevo i termini, causando schiamazzo frai miei compagni e lo stupore della maestra). Soprattuttoquando andavo a visitare i nonni, nella vecchia Palermoo nella grande San Justo. Però in questo caso non era ilFriuli: era Pantianicco; il paese dei miei genitori.Però per questo c’era un luogo ancora migliore. 400 Kmpiù a Sud, in un bel luogo del non meno affascinante MarDel Plata si trova il quartiere di Peralta Ramos, rinomatotanto quanto Punta Mogotes. Lì sempre da bambino tra-scorrevo le vacanze estive, mano nella mano conmamma, papà, il nonno o la nonna; o anche tutti insieme.Eravamo così tanti che senza volerlo Pantianicco si univaall’imponente Oceano Atlantico perché oltre ai DellaPicca, Bertolissi, Buttazzoni, Schiavo, anche i Cisilino, iCragno, i Mattiussi, etc. trascorrevano qui le loro vacan-ze, e a volte, ed era una meraviglia, quasi tutti insieme.Potevamo incontrarci sulla spiaggia; gli adulti potevanouna notte tentare la fortuna al Casinò, o giocare una par-tita a bocce nei clubs del porto, potevamo andare accom-pagnati da loro, i grandi , a un “Munich” dellastrada….era Colòn, era Lupo? Non importa, ricordo chelì dirigevano il locale alcuni sovrintendenti del leggenda-rio Graff Spee e che, tra birra, salsicce e chukrut, quipassava la mezzanotte e poi ognuno sulla propria auto,attraversare la città per andare a dormire tranquilli inattesa di un’altra giornata in spiagga o, in caso di mal-tempo, ritrovarsi a casa di uno di noi e preparare la tavolaper giocare a tombola: i grandi riuscivano a controllareanche 6 cartelle mentre noi non più di due, e comunquesempre sotto lo sguardo attento della mamma, o di qual-che zia, che si assicuravano che noi mettessimo il chiccodi mais o il cece sul numero chiamato; fino a quando

LE PAGINE DELL’EMIGRANTE

UNAS PALABRAS SOBRE PANTIANIC-CO

Estas palabras pueden no ser precisas: vienen de lamemoria; una memoria de treinta, cuarenta, y hasta cin-cuenta años. No cumplen con la veracidad histórica,pero, lo puedo asegurar, son auténticas. Están escritasen castellano, mi lengua, pero mechadas con el furlán,esa otra lengua que persiste en mi memoria. Claro: nosoy hábil en la escritura del friulano, y, además, micastellano deberá ser traducido; quizá alguna expresiónsea confusa, no importa; movido mi espíritu desde queLuciano, mi hermano, comenzó a contactarse con Inés,sentía expresar estas palabras. Sé que serán comprendi-das, no importa la lengua que se utilice.Recuerdo que, de niño, participaba de las grandes reu-niones en la Sociedad Friulana de Avellaneda, donde mipadre fue un activo colaborador. Allí, entre almuerzos,cenas, discursos y los cantos que nos erizaba la pielinfantil en medio de nuestras travesuras, el espíritu friu-lano se nos metía en los huesos, incrementando el queya venía con nuestros genes. Pero había un lugar mejor.Nacido yo en el noroeste del Gran Buenos Aires, encasa se hablaba il furlán a la par del castellano (razónpor la cual, en la escuela elemental más de una vez con-fundía los términos, para algarabía de mis compañerosy asombro de la maestra), vivencias que aumentabancuando visitaba la casa de los nonos, en el viejoPalermo o el pujante San Justo. Pero en este caso no erael Friuli: era Pantianicco; el pueblo de mis mayores, ilpaese.Pero, para eso, había otro lugar mejor. Cuatrocientoskilómetros al sur.En un lugar hermoso de la no menos hermosa Mar delPlata está el barrio Peralta Ramos, más nombrado comoPunta Mogotes. Allí, también de niño, pasaba las vaca-ciones de verano llevado de la mano de mamá, de papá,del nono o de la nona; o de todos juntos. Tan juntos queallí, y diría que sin quererlo, Pantianicco se mezclabacon el imponente océano Atlántico porque, además delos Della Picca, Buttazzoni, Bertolissi, Schiavo, esta-ban, o aparecían, los Cisilino, los Cragno, los Mattiussi,

Pubblichiamo gli articoli giunti dall’Argentina in ambedue le lingue per un più facile comprensione.

Fogolâr di Bahia Blanea. Mariana Visintin in Cragno ha compiuto100 anni. AUGURI dai compaesani pantianicchesi ed argentini.

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LE PAGINE DELL’EMIGRANTEqualcuno gridava “per uno!”, e allora tutti stavano attentiper sapere chi si sarebbe portato via le monete, preparatenel centro della tavola. Noi ragazzi ovviamente preferiva-mo la spiaggia, giocare con la sabbia, nell’acqua, oppurele corse in bicicletta nel bosco, o i nostri giochi infantili, diadolescenti, di giovani; mescolando i soprannomi originaridi un luogo lontano nel Nord Italia, di gente discreta elavoratrice, che portavamo nei nostri geni e che si rinvigo-rivano tramandati dai nostri genitori, zii e nonni degli altribambini che giovavano con noi.Era Pantianicco nell’Oceano Atlantico. Però non c’era soloPantianicco, c’era anche l’Argentina. Con il vino c’era il“mate” (infuso di erbe, con il salame la carne arrosto, c’erail gioco delle bocce ma anche il “trucco”,dall’unione delledue culture, nasceva così una cosa nuova. Ricordo chequando il papà e chi viaggiava con lui potevano tornare altanto desiderato “Pantianins”, li chiamavano“Americans”, che bello! Fino all’ultimo giorno della suavita qui, in Argentina, papà è stato soprannominato “Eltano”. Però più che americani, argentini, noi eravamo fîs dipantianiches, che impararono già nella culla a fevelà il fur-lan, però anche il castigliano.E questo fenomeno si rifletteva a quei tempi in spiaggia: igrandi, fra le tante cose, discutevano la realtà argentina,perché era la loro realtà e la nostra. Nonostante ciò, oggi(e credo di esprimere la sensazione di tutta la mia genera-zione), noi argentini, ma fîs di furlans, siamo legati a que-sto paese “il paese” e alla sua gente al punto che, nel miocaso, è l’unica ragione che mi spinge ad andare in Europa:conoscere Pantianicco, la terra dove nacquero Luciana eNibil, i miei genitori. Da quando Luciano ha preso contatticon Ines il mio animo si è mosso, da quel momento sentola necessità e quasi l’obbligo di esprimere queste parole: aimiei genitori, a Pantianicco, alla sua storia e alla suaanima, il mio più sincero riconoscimento.

Jorge Della Picca

etc., que venían a su descanso anual. Y a veces - y erauna maravilla - casi todos juntos. Podíamos encontrar-nos en la playa; podían, los mayores, escaparse unanoche a tentar al casino, o jugar un partido de bochas enlos clubes del puerto; podíamos ir, llevados por ellos,los grandes, a un “Munich” de la avenida… Era Colón,era Luro? No importa; recuerdo que allí regentaban ellugar algunos sobravivientes del legendario Graff Spee,y que, entre cerveza, salchichas y chukrut, pasaba lamedianoche y todos arriba de los autos y cruzar la ciu-dad para dormir plácidos, a la espera de otra jornada deplaya. O, lluvia mediante, juntarse en alguna de lascasas y armar la mesa de Lotería (Tómbola), donde losgrandes fijaban la vista en los seis cartones mientrasnosotros no podíamos más de dos, siempre bajo la mira-da atenta de mamá, o alguna tía, para ver si poníamos elporoto o el garbanzo en el número apropiado; hasta quevenía el “Par un!”, y todos atentos por saber quién sellevaría las monedas que esperaban en el centro de lamesa…Nosotros, claro, apreciábamos más la playa, jugar enella, en el mar; o las bicicletas por el bosque; o nuestrosjuegos infantiles, adolescentes, jóvenes; mezclándonos,mezclando los apellidos venidos de un lugar lejano delnorte de Italia, de un pueblo discreto y trabajador, quellevamos en nuestros genes y que se fortalecía por latransmisión de nuestros padres, tíos y abuelos de quie-nes jugaban con nosotros. Pantianicco en el Atlántico.Pero claro: no estaba sólo il paese: estaba lo argentino.Junto al vin estaba el mate; junto al salàm el asado,junto a las bochas el truco. Lo que surgió es una cosanueva. Recuerdo que cuando papá y quienes con élviajaron pudieron volver al Pantianins tantas vecesnombrado les llamaron “americans”. “Qué gracioso!”Hasta el último día de su vida mi papá aquí , enArgentina, era nombrado “el tano”. Pero más america-nos, argentinos, resultamos nosotros, fi di furlàns, fi di

pantianichesse, que aprendimos desdela cuna a febelá il furlàn, pero tambiénel castellano. Y este fenómeno sereflejaba en aquellos tiempos deplaya: los grandes, entre otras cosas,discutían la realidad argentina, porqueera la realidad de ellos y la nuestra.Sin embargo, hoy (y creo puedoexpresar la sensación de toda mi gene-ración), nosotros, argentinos pero fi difurlans, sentimos reverencia por esepueblo, il paese; al punto de que, enmi caso, sería la única razón por laque iría a Europa: conocerPantianicco, la tierra donde nacieronLuciana e Nibil, mis padres.Movido mi espíritu desde que Lucianose contactó con Inés, desde allí sientola necesidad y obligación de decirestas palabras: A mis padres, y a todoPantianicco, a su historia y espíritu, mimás sincero reconocimiento.

Jorge Della Picca

Pantianicco - Asilo, foto di fine ventennio: incominciando dall’alto e da sinistra: 1ª fila: 1/a Siena, 3/a Alma,4/a Nela dal Mulin, 6/o Don Angelo Della Picca, 9/o Federico di Modesto; 11/ò Felice di Innocente. 2ª fila: 1/aMiranda dal Çuet, 2/a Luciana di Fotèl, 9/a Telvina, 12/a Ida di Irma da la Mora. 3ª fila: 1/a Anita diClemènt, 3/a Marietta di Julio, 4/a Maria di Fulgiendo, 5/a Susa di Marin, 8/a Anuta di Ucèl, 9/a Francisa,12/o Delin di Ustìn. 4ª fila: 1/a Merina di Coseàn, 2/a Fedora, 4/a Mena, 5/a Lidia di Marin, 6/a Bice di Leòn,9/a Pieri Maçuta, 10/a Renza Visintìn, 12/a Nicea di Pulç. 5ª fila: 1/a Dilia di Masurìn, 2/a Lidia Giacomini,3/a Maria di Nato (Scanio), 5/a Guendalina di Tarmàt, 9/a Maria Manazzone e fratello, 11/o Toni Dindòt.Dalle informazioni ricevute e salvo errori.

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ANEDDOTI DI QUARANTA E PIU’ ANNIFA

Eravamo giovani, ancora bambini, e, per tutti, durante ilperiodo pasquale era forte il desiderio di rincontrarsi coni cugini e gli zii a casa dei nonni il venerdì santo.Prima di capire il vero significato della settimana santa,ci pesava accompagnare la famiglia alle celebrazioniliturgiche perché per noi questi giorni di vacanza signifi-cavano giocare dal mattino fino alla sera ai nostri giochipreferiti, giochi che con l’immaginazione ci trasportava-no fino al Far West, salire sul vecchio Onbù (un alberomolto grande agli occhi di noi piccoli) di fronte alla casadei nonni, o allestire un treno nella veranda con le sediedi paglia.Dovevamo arrivare di buon’ora poiché le nostre mammedovevano alternarsi insieme con la nonna nella prepara-zione della polenta, nella cucina economica (“fogolar”:fusione di ferro alimentato a legna), e mescolare la fari-na in modo che non si formassero grumi e che acquisisseuna consistenza ideale per tagliare i pezzi con il filo dicotone.Partecipare a questa riunione di famiglia era un avveni-mento piacevole e molto desiderato. Con largo anticiposi decidevano e distribuivano gli incarichi di ogni fami-glia, poiché non era facile di quei tempi riuscire ad avereil baccalà salato di origine norvegese, organizzare lavisita di altri paesani di Pantianins, preparare il vino,qualche dessert; e, soprattutto portare le uova sode.Il fatto che non doveva mancare il baccalà…..evidente-mente aveva un aspetto culturale: mantenere le tradizio-ni; però ancora più pregiato il “Cazòn” (pesce moltovorace) pescato nel Mar De Plata e molto gradito inArgentina. Noi bambini più piccoli, avevamo un rifiutoinnato per il pesce poiché in quei tempi esisteva l’ abitu-dine popolare di usarlo come un buon lassativo e lo stes-so valeva per “l’olio di fegato di baccalà” non riusciva-mo a capire perché dovevamo mangiare qualcosa ditantoripugnante anche se non ci piaceva.Il nonno Doro era l’ultimo ad arrivare dopo aver termi-nato le sue attività di sacrestano, e noi lo aspettavamoper riunirci intorno alla tavola insieme.La polenta e il baccalà erano sempre abbondanti e noimangiavamo assaporandoli con piacere, e ci procuravapiù piacere sapere che avanzava per la cena la polenta damangiare dura e riscaldata con il burro.Il tempo che si trascorreva seduti a tavola dopo aver fini-to di mangiare era molto poiché gli avvenimenti da rac-contare delle famiglie pantianicchesi da entrambe leparti dell’Oceano erano abbondanti e l’uso del telefononon era abituale.Alla sera, si avvicinava il momento molto atteso in cuitutti, grandi e piccoli, cominciavamo a giocare.Tormentavamo la mamma e la nonna affinchè ci prepa-rassero le uova sode.L’uovo veniva collocato sul pavimento, appoggiato ver-ticalmente in un angolo del pollaio. A turno, con unamoneta in mano (la più grande possibile) e, distantiquasi un metro e mezzo dall’uovo, tiravamo la monetacon l’obiettivo di colpire l’uovo. Al momento del lancio

ANÉCDOTAS DE CUARENTA Y TANTOSAÑOS

Eramos chicos, todavía infantes, y, como a todos, enaquellos días era un deseo enorme reencontrarse con losprimos y tíos en casa de los nonos para el ViernesSanto.Lejos de interpretar el sentido de la Semana Santa, nosmolestaba tener que acompañar a la famea a las celebra-ciones litúrgicas pues, para nosotros, esos días sin ir a laescuela significaba jugar desde la mañana hasta lanoche con nuestros seres más queridos.Juegos que con la imaginación de cada uno transitabandesde el far west, el viejo ombú (un árbol muy grandepara nosotros, pequeños) frente a la casa de los nonos, oarmar un tren con los sillones de paja en la galería.Había que llegar temprano pues nuestras madres debíanturnarse alrededor de la nona en la preparación de lapolenta, en la cocina económica (Fogolar de fundiciónde hierro alimentado a leña), y mezclar la harina paraque no se pegue y adquiera una dureza ideal para cortarlos trozos con el hilo de algodón.Llegar a esa reunión de familia era un acontecimientoagradable y muy deseado. Desde tiempo antes se prepa-raba y distribuía las funciones de cada familiar, pues noera fácil conseguir en ese momento el bacalao salado deorigen noruego; comprometer la visita de otros paisanosde Pantianin; preparar la vineta, algún postre; y, sobretodo, llevar huevos duros.Eso del bacalao… Evidentemente había un hecho cultu-ral para no perder las tradiciones, pues más rico era elcazón pescado en Mar del Plata y aceptado enArgentina. A nosotros, los más chicos, teníamos unrechazo natural pues en esa época existía la costumbrepopular de que un buen laxante era necesario y elmismo era “aceite de hígado de bacalao”. No podíamosentender que, si tanto nos querían, por qué debíamoscomer algo tan repugnante.El nono Doro era el último en llegar debido a su activi-dad de sacristán, y con él ya nos reuníamos alrededor dela mesa.La polenta y el bacalao fueron siempre abundantes yterminábamos saboreándolos con placer, y más placernos producía saber que sobrada para la noche y volvercomer la polenta dura un poco fritada con manteca.La estadía en la sobremesa era larga pues los aconteci-mientos de las familias pantianiqueses de ambos ladosdel océano eran abundantes, y no era común el uso delteléfono.Por la tarde, muy esperado, se acercaba el momento enque todos, grandes y chicos, comenzaríamos a jugar.Perseguíamos a mamá o a la nona para que nos entre-guen los huevos duros.El mismo se colocaba sobre el piso, apoyado vertical-mente sobra un parante del gallinero.Formados de uno en uno, con una moneda (la más gran-de posible) en la mano y, ubicados a casi un metro ymedio del huevo, tirábamos la moneda de canto con elobjeto de introducirla dentro del mismo. Cuando íba-mos a tirar arreciaban los gritos y cachadas del resto

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gli altri gridavano e facevano chiasso per rovinare oppu-re propiziare un buon tiro. Chi riusciva a colpire l’uovolo conquistava insieme con i complimenti di tutti glialtri.Il numero di uova conquistate per ognuno era importanteper confermare l’anno seguente le proprie capacità.Stava di fatto che le uniche che beneficiavano veramentedi questa attività erano le galline, poiché erano molte piùle uova rotte e che andavano a finire nel pollaio.I nostri genitori stimolavano le nostre abilità con grandegioia per tutti loro. Evidentemente, essendo bambini,questo gioco era l’attività principale della giornata però,in realtà, ora e nel tempo osserviamo lo spirito sorpren-dente che alimentava i nostri genitori e nonni nel volereducare i propri figli nella tradizione, in una cornice piùgrande e lontana del paese natale.Giorni prima in casa di mia cugina “Graciela”, Jessica,sua figlia, ricordava che da piccola fu partecipe del tradi-zionale lancio all’uovo con la moneta…. Oggi, purtrop-po, questa usanza si è persa. Mi sento un po’ responsabi-le per non averla tramandata ai nostri figli.

Certo è che la realtà che ci circonda, il cambio della cul-tura tendente a quella argentina, non aiutò a mantenerequesta tradizione che tanto si attuava a casa dei nonni.Non so se in qualche luogo, qui in Argentina o in qual-siasi altra parte del mondo, nello stesso Pantianicco,questa tradizione si mantiene. Almeno, noi, i cugini, ciripromettiamo di incontrarci il prossimo venerdì santo emangiare la polenta. Se non è per tradizione, lo è peraffetto.

L.Y.J.D.P.

para arruinar o propiciar un bien tiro. Quien acertaba enel centro de huevo se quedaba con él y las felicitacionesde los demás.El recuento de los huevos obtenidos por cada uno eraimportante para poder revalidar el año siguiente suscapacidades. Lo cierto era que quienes se beneficiabacon esta actividad eran las gallinas, pues eran muchosmás los huevos destrozados y que iban a parar al galli-nero.Nuestros padres estimulaban nuestras habilidades congran gozo de todos ellos. Evidentemente, por ser chisos,este juego era la actividad central de la jornada, pero, enrealidad, ahora y a la distancia, observamos el espírituasombroso que alentaban a nuestros padres y abuelas, alquerer educar a sus hijos en la tradición en un marcomucho mayor y lejos del pueblo natal.Días atrás, en casa de mi prima Graciela, Jessica, suhija, recordaba que de niña llegó a presenciar lacostrumbre de acertar al huevo con la moneda… Hoy,lamentablemente, esa costumbre se perdió. Y siento laresponsabilidad de no haberla continuado en nuestroshijos.

Cierto es que la realidad que nos envolvió, el cambio dela cultura, más argentina, no ayudó a mantener esa tradi-ción, que tanto se vivía en casa de los nonos.No sé si en algún lugar, aquí en Argentina, o en algúnotro del mundo, en el mismo Pantianicco, esa tradiciónse mantiene. Al menos, nosotros, los primos, nos propu-simos reencotrarnos el próximo Viernes Santo, y comerla polenta. Si no es por tradició, lo es por afecto.

L.Y. J.D.P.

Pantianicco anni 1939-40. - I fratelli Silvana ed EttoreCragno. Foto inviata in Argentina ai genitori.

Pantianicco primi anni ‘900. Domenica, moglie di Tita di Mòs,bisnonna della nostra dr.ssa Orfea Manazzone con i figli Teresa,la più grande, Natalina, la piccola Maria, Galliano e Alfeo.

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LAURA MARIATEGUI

È una nipote del compianto AbeleMattiussi: nata in Buenos Aires nel1964, è professoressa di storia.

Studiò arte cinematografica nellascuola municipale di Vicente Lopez.

Dal 1992 al 1995 frequentò i labora-tori di Orazio Cipolla, inoltre frequentòi laboratori di Juan Travnich e realizzòun corso di Fine Print (bella stampa)con Daniel Barracao.

Iniziò a esporre nel 1993 con ilGruppo Imagema, che faceva capo a

Coppola, nella Mattina delle Luci enella Società Centrale degli Architetti.

Venne selezionata per la Biennale diArte Giovane della UBA.

Ha partecipato a mostre collettive.Realizzò la sua prima esposizione indi-viduale nella galleria “Tempo e Spazio”nel 1998.

È stata premiata nei concorsi “LaDonna protagonista di vita” e nel con-corso sulla Terza Età. Nell’anno 2001 fuselezionata nel Salone Nazionale di ArtiVisuali.

La sua ultima esposizione individua-

le ebbe luogo nella Fotogalleria Omegadel Centro Contemporaneo diFotografia di La Plata e, anche nel2002, espose insieme ad altri autori nelMuseo Fra Angelico - La Plata.

Per la sua concezione artistica lafotografia è storia che si coniuga colfuturo, passato e presente. Futuro chesarà presente. Presente che è passato.Passato che sarà presente. Esse dal pre-sente mi riportano al mio passato. Essecon giochi divisi intempestivamente evesti senza tempo riflessero la miainfanzia. In un viaggio verso i ricordi,sito impreciso di luci e ombre.

E.B.

Andriano Cisilino (in prima fila, secondo dasinistra) e la moglie (seconda fila, seconda dasinistra) in visita a Pantianicco a fine settem-bre 2003, festeggiati dai coscritti del 1938.Andriano ha lasciato il paese nel 1948, a 10anni, con i genitori e il fratello. Si è stabilitocon la sua famiglia a Rosario e fa l’imprendi-tore meccanico in proprio. Dopo 55 anni dilontananza le circostanze della vita lo hannoriportato al paese natio per ben due volte in10 mesi, nel 2003 e nel 2004 ed ha potuto cosìriabbracciate parenti ed amici e visitare concommozione e nostalgia i luoghi cari alla suainfanzia nella terra dei suoi avi.I coscritti del 1938 lo ricordano con simpatia egli inviano auguri di salute e prosperità.

CARLOS DANIEL LASA

Nacque in Lujàn (Bs. As.) il 21aprile 1959. È figlio di Elba LidiaGaritonandia e Juan Carlos LasaSabbadini. Sua nonna ErnestaSabbadini nacque a Pantianicco il 15aprile 1909, è figlia di RosaButtazzoni e di Albano Sabbadini,abitò a Pantianicco fino al luglio1926, quando emigrò in Argentina.Egli è sposato a Susanna Broggi ed èpadre di tre figlie.

Ammirevole è la sua carriera neglistudi filosofici.

Nel 1993 è Dottore in Filosofiapresso l’Università Cattolica diCordova. Direttore (carica equivalentea Decano) dell’Istituto Accademico-Pedagogico dell’Università Nazionaledi Villa Maria. Ricercatore Aggiuntodel CONICET. Professore associatoper concorso alla Cattedra di Filosofianell’Università Nazionale di Villa

Maria. Professoretitolare di Metafisicae di Filosofiadell’Educazione nellefacoltà di Filosofia e Educazione, rispet-t i v a m e n t e ,d e l l ’ U n i v e r s i t àCattolica di Cordova.

Autore di cinquelibri e di più di qua-ranta articoli, pubbli-cati in riviste specia-lizzate dell’Argen-tina, Messico,Spagna e Italia.Membro del Comitato Accademicodella Rivista “Dialoghi Pedagogici”(Rivista della Facoltà di Educazionedell’Università Cattolica di Cordova).Membro del Comitato Scientificodella Rivista “Studi Sciaccani”(Università di Genova); Membro delComitato Scientifico della “Biblioteca

di Filosofia Comparata” (Univ. diBordeaux Montesquieu, Francia).

La zia Olga Sabbadini ha volutosegnalarci tramite Sarita l’illustrenipote, i cui antenati sono indubbia-mente legati a Pantianicco.

E.B.

LE PAGINE DELL’EMIGRANTEPROFILI DI PERSONAGGI ILLUSTRI

Il prof. CARLOS DANIEL LASA con il microfono siede asinistra del Rettore dell’Università Nazionale di Villa Maria.

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LE PAGINE DELL’EMIGRANTE

Anni ‘30 - Gaetano Manazzone a Buenos Aires.

Buenos Aires - 13 dicembre 2003 - JUSTINATOPPANO festeggia i suoi 90 anni con Saritaed Ettore.

Anni ‘30 - Giovanni Manazzone al rientro in patria dal portodi Buenos Aires con i paesani Vigj dal Ciuet-Settimio (fratellodi Nelia-moglie di Gino Bernava)- Sieno.

È arrivata al traguardo dei 90 anni Derna Cragno, sorella diSevero. Cordiali auguri di ogni bene a lei e Severo dalla fami-glia Ermacora.

Avellaneda - 5 settembre 1940.Adelino Della Picca vince una corsa.

Buenos Aires, 21 febbraio 2004, parrocchiadi Nuestra Señora de Las Mercedes:JUSTO IRUSTA e MERCEDES MAT-TIUSSI, figlia del compianto dott. ENO.

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LETTERE DEGLI EMIGRANTI

Quilmes, 07.01.2004Caro Don Giovanni, La ringraziamo per il Bollettino Parrocchiale2003 che abbiamo ricevuto ed auguriamo a Lei e collaboratori unbuon anno 2004 insieme a tutta la comunità pantiniacchese.

Alicia e Dora CisilinoJuan Carlos Pajòn

25.01.2004Caro Don Giovanni, ringraziamo Lei e a tutto il gruppo che lavoracon tanto impegno, come sempre, a fare questo carissimo bolletti-no “Qui Pantianicco”, ed auguriamo buon anno 2004 a tutti iparenti ed amici

Fam. Sarita - Ettore Cragno

12 maggio 2004A tutti i collaboratori del bollettino, cari saluti a Ennio ed Isa.Bravos e simpri pui fuars.

Remigio e Nilla

Don Torquato, 8 gennaio 2004Reverendo Padre Giovanni, Le invio i miei cordiali saluti e auguriper l’anno nuovo, che sia di pace e felicità e il mio più grande desi-derio che continui la sua missione nel nostro amato Pantianicco.Invio anche i miei auguri di felicità ai suoi collaboratori. Ringrazioil sig. Ennio Buttazzoni per la traduzione delle mie piccole note.Dal suo cognome deduco che dovremmo avere una parentela, sepur lontana, dal momento che mia madre si chiamava RosaButtazzoni.Grazie a tutti per la rivista: è molto bella con molte foto: mi ricor-dano i compagni d’infanzia.Con un grande affetto e i miei migliori auguri di un felice anno2004, mi congedo fino al prossimo anno.Così Dio lo voglia. Devotamente

Olga Sabbadini De Galli

Si ringraziano gli emigranti

che hanno contribuito e che

contribuiranno alla buona

riuscita del Bollettino.

LE PAGINE DELL’EMIGRANTE

Buenos Aires - Università Cattolica Argentina - FernandaOtero, figlia di Ruben e di Mirta Bertolissi il 10 ottobre 2003 silaurea in Economia.

Pantianicco - Mulin di Marchèt - giugno 2004 - Mirta e Rubenfesteggiano il 30º anno del loro matrimonio.

SALUTOErnesto Cragno di Tramontin con lamoglie Aidè nel 1992 è tornato a vede-re Pantianicco, suo paese natale chenon può dimenticare. Attraverso ilBollettino manda un cordiale saluto atutti quelli che lo ricordano.

Luglio 2004 - Due argentine in visita alla terradel nonno: Manazzone Susana (nipote di Tarcisioe Manazzone Livia) e l’amica Rocco Norma(nella foto a Castelmonte).

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LE PAGINE DELL’EMIGRANTE

Emigranti che ci hanno lasciato

“Sants di Diucompagnaiu vuatrisin te cjase dal pari”

BERTOLISSI Normadi anni 72, Buenos Aires 22.12.2003

CRAGNO Sereno Angelo, di anni 82,Avellaneda Bs.As. 03.06.2004

MESTRONI Bruno, di anni 52Lomas De Zamora 30.01.2004

TOPPANO Disma ved. Mestroni,di anni 79, Lomas De Zamora

07.09.2004

TOPPANO Laura Loutsis, di anni 80,Carnation (USA) 17.03.2004

Suor Odilia CISILINO, di anni 90deceduta in Brasile, 25.06.04.

BRANDOLINO Aldodi anni 61, Buenos Aires, 28.12.2003

MANAZZONE Luigidi anni 80, Buenos Aires, 12.02.2004

Laura Toppano Loutsis (Loris Toppano)di 80 anni, di Carnation, stato diWashington, USA, morì il 17 Marzo2004.Laura fu per lungo tempo residente aCarnation. Lei era nata a Udine-Italia il24 settembre 1924. I suoi genitori eranoAurelio e Irma Toppano.Laura ha trascorso i giorni più bellidella sua vita curando l’orto ed il giar-dino e poi condivideva frutti e fiori conparenti ed amici.Lei sopravvive nel ricordo del maritoNick, delle figlie Louise con DickJones, Toni con Garth Magee; dellasorella Ida Shipley; dei fratelli Angelo eJohn Toppano; delle nipotine Patricia eKaren.Laura è stata molto amata dalla fami-glia e dagli amici e riconosciuta per l’a-more e la dedizione verso il marito cheha ricoperto la carica di Sindaco peroltre 22 anni a Carnation.Lunedì 22 marzo è stato recitato il S.Rosario e celebrata una S. messa nellaChiesa di S. Antonio (U.S.A.) in onoredella vita di Laura.

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Festa di S. Antonio: all’insegna della solidarietà e della fratellanza fra i popoli

La chiesetta di S. Antonio Abate in cam-pagna è la più antica chiesa del paese,pare risalga a prima del 1000 ed è scam-pata alla devastazione turca. Nei secoliscorsi venivano qui festeggiati con moltasolennità S. Antonio Abate il 17 gennaio eS. Antonio di Padova il 13 giugno, conprocessione accompagnata dalla banda,Messa Solenne e Vesperi. Inoltre il 17gennaio il “Vicario” faceva il giro delpaese per benedire mucche, cavalli, muli,asini, pecore e maiali che la gente presen-tava davanti al portone di casa.Per ricordare tutto questo, negli anni ‘70,dopo il restauro della chiesetta, la parroc-chia ha voluto abbinare alla festa religio-sa, sempre sentita ed apprezzata, unmomento conviviale, ricreativo e distensi-vo nel boschetto adiacente. In meno di undecennio questa serena ricorrenza esclusi-vamente paesana si è trasformata in modonaturale come l’evolversi dei tempi: conuna consistente lotteria annuale, la comu-nità parrocchiale di Pantianicco ha apertole braccia a una scuola agraria dellaColombia, dando la possibilità a moltigiovani di preparare un futuro miglioreper se stessi e per la loro terra. E que-st’anno, l’antichissima festa religiosa diS. Antonio ha ospitato come amici frater-ni i rappresentanti di un popolo confinan-te, dalle medesime radici Aquileiesi.E’ auspicabile che solidarietà e fratellanzasi rafforzino e si consolidino nel futurodella nostra tradizionale festa di S.Antonio e anche nell’ambito della nostramillenaria comunità.Il 20 giugno 2004 si sono svolti i tradizio-nali festeggiamenti in onore diSant’Antonio. Putroppo il maltempo ci hacostretto a rinunciare alla chiesetta dedi-cata al Santo immersa nel deliziosoboschetto.La S. Messa è stata celebrata nella chiesaparrocchiale e il conseguente ritrovo con-viviale è stato spostato presso i localidella Pro-Loco, al coperto. La novità di quest’anno è rappresentatadalla presenza di un gruppo (una ventinacirca) di austriaci provenienti da St.Paul.Giunti a Pantianicco in corriera hannopresenziato anche alla messa del mattino.Complessivamente, al pranzo hanno par-tecipato oltre 150 persone le quali hannosfidato la sorte giocando alle due lotterieorganizzate dai volontari. La prima lotte-ria, quella riferita al peso del maiale ha

raccolto oltre 550 Euro i quali sono staticonsegnati a Don Giovanni come offerta.La seconda, la collaudata lotteria a premi,ha fruttato ben 1100 Euro che verrannodestinati alla missione in Colombia, inparticolare per sostenere gli studenti meri-tevoli di San Vicente del Caguan.Per la cronaca, quest’anno è stata intro-dotta una nuova regola per individuarel’unico vincitore del maiale. Siccome ilpeso viene sempre azzeccato da più per-sone, si è deciso che nel caso si verifichiquesta situazione, i potenziali vincitoridovranno sostenere un’ulteriore prova distima del peso. Per garantire qualsiasiimparzialità, è stato pesato Don Giovanni.I tre finalisti, si sono sfidati in questanuova ed insolita impresa e alla fine ilmaiale è finito fuori paese.Alla fine della giornata, il presidente dellaPro-loco, Lucio Cisilino, ha ringraziato ivolontari che si sono adoperati per labuona riuscita della festa e in particolareha ringraziato la delegazione austriaca diSt. Paul per la loro presenza ricordando ilrapporto instauratosi tra i due paesi.Nel 2000 è nato il gemellaggio tra le duecomunità caratterizzato dalla presenzanelle rispettive manifestazioni principali ecioè la Mostra Regionale della Mela e laMostbarkeiten di St. Paul im Lavanthaldella Carinzia. Conseguentemente il rap-porto si è consolidato (l’anno scorso èstata organizzata una visita alla suddettamanifestazione a cui hanno partecipatocirca 70 pantianicchesi) e ha visto unnotevole impegno soprattutto nell’investi-mento e nella valorizzazione del succo dimela e del sidro, prodotto che in Austria èmolto più diffuso che in Italia.

Un altro particolare prodotto derivatodalle mele è l’aceto: il 90% degli austriacine fa uso quotidiano considerandolo piùdelicato e “saporito” rispetto all’acetod’uva. Ulteriori interventi a carico del Dott.Claudio Violino (assessore regionale) e diDon Giovanni il quale ha manifestato ungrosso consenso alla partecipazione degliamici di St.Paul. Ha ricordato le medesi-me origini nelle radici della chiesa diAquileia e le difficili vicissitudini legatealla molte guerre e ai rapporti ostili avutiin passato tra i due popoli. Ha visto comebuon auspicio questo recente legamericordando il concetto di Europa unita coni suoi problemi ma con le nuove opportu-nità.Sempre a causa del maltempo, i festeggia-menti si sono conclusi in anticipo, versole 17.00. Il viaggio degli amici austriaci èproseguito verso Verzegnis, in un’aziendafriulana produttrice di derivati della melala quale collabora da molti anni con laPro-loco di Pantianicco e che ha ricevutomolti premi e riconoscimenti ai concorsiorganizzati nell’ambito dellaMostbarkeiten, conferendo pregio alnostro amato Friuli.Nell’auspicio che il prossimo anno torni asplendere il sole e di poter così approfitta-re dei luoghi così belli e cari aiPantianicchesi, la chiesetta e il parco di S.Antonio, si è conclusa anche quest’annola tradizionale ricorrenza che vede festeg-giato il Santo di Padova protettore deigiovani.

Raffaele Brandolino

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Anche quest’anno abbiamo volutocontinuare con la nostra rubrica.Sarà che ci piace curiosare e saperecome passano la giornata i nostrigiovani compaesani, o magari invo-gliare qualcuno a dedicarsi a cosealle quali non ha mai pensato prima!Tutto questo, comunque, non è difondamentale importanza, o per lomeno, non importante come ciò chestate per sapere… Seguiteci!

Eravate al corrente che nella nostracomunità ci sono dei ragazzi chededicano il loro tempo libero allamusica? Beh, è proprio quello di cuivogliamo parlarvi! I loro nomi sonoMauro Brandolino e Ivan Rizzato.Andiamo a conoscerli più da vici-no…MAURO è nato il 27 maggio 1989;studia al Liceo Scientifico “Bertoni”di Udine e ha iniziato a suonare asette anni. Ci racconta che suamadre, a turno con quelle di altridue amici, li portava a lezione dipiano, “tanto per provare” .Iniziarono così a trovarsi 15 minutila settimana e, dato che la passioneper questo strumento cresceva,Mauro decise di continuare.

Ha iniziato, quindi, suonando il pia-noforte ma poi, quando gli si è pre-sentata l’occasione, ha preferito pas-sare all’organo. Ora, suona circaun’ora la settimana, a lezione, e poisi esercita a casa.È convinto che, nel suo futuro, lamusica avrà sempre un ruolo impor-tante e le persone a lui più vicine -famiglia e primo maestro di musica- lo spronano a continuare.Mauro ha quindi deciso di portateavanti la sua passione per la musicaa livello parrocchiale, per rendersipiù utile alla comunità. Così lovediamo sempre in Chiesa: con lasua buona volontà e la melodia del-l’organo ci aiuta a riordinare le voci,a volte un po’ stonate, che accompa-gnano le Sante Messe.

IVAN, invece, è nato il 4 ottobre del1985. Ha frequentato l’Istitutod’Arte “Sello” di Udine e quattroanni fa ha iniziato anche a studiareal Conservatorio.La sua passione per la musica è ini-ziata circa sette anni fa, col clarinet-to, al quale si è avvicinato quasi percaso. Dopo un anno ha scoperto ilsax, strumento al quale attualmente

si dedica per mezz’ora la settimana.Ivan ci confessa che, durante glianni della scuola, è stato difficileconciliare la musica con gli impegnidi studio. Ciò nonostante, in occa-sione delle assemblee d’Istituto, siesibiva con un gruppo blues e, allostesso tempo, faceva partedell’Orchestra dei Fiati delConservatorio. Al momento, speradi trovare al più presto un lavoro edi avere quindi più tempo da dedica-re alla sua passione per il sax.Ciò che lo ha spinto a perseverare èstato sicuramente anche il continuoincoraggiamento delle persone a luivicine, che ha fatto sì che, doposette anni, Ivan sia ancora membrodella Banda di Sedegliano e suonioccasionalmente in altri gruppicameristici. Pur dovendo abbando-nare il Conservatorio, il nostro gio-vane compaesano pensa di continua-re a coltivare il suo interesse per lamusica, che lo fa stare bene e costi-tuisce per lui un’insostituibile val-vola di sfogo.

Complimenti ai nostri due ragazzi!!!

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SPSPAZIO GIOAZIO GIOVVANIANIA cura di Elisabetta, Elisa, Giulia, Sabina e Valentina.

Pantianicco anni ‘20.Beatrice, Marfisa, Callisto, Lilia, figli di RemigioCisilino e Cragno Leonilda di Mòs.

VOTAZIONI COMUNALI DEL 13 GIUGNO 2004

Ecco il nuovo Consiglio Comunale:

SINDACO: Cecchini Andrea (v. 984) - Lista: Noi CittadiniCONSIGLIERI:

1) Burlone Sandro (v. 984) “2) De Giorgio Rino (v. 954) “3) Someda De Marco Angela (v. 937) “4) Cisilino Eros - Pantianicco (v. 926) “5) Nicoletti Deniso (v. 917) “6) Brandolino Raffaele - Pantianicco (v. 913) “7) Miotti Massimo (v. 908) “

8) Moretuzzo Amorino (v. 452) Uno di voi9) Cisilino Alberto - Pantianicco (v. 440) “

10) Rovere Alessia (v. 431) “

11) Nigris Daniele (v. 401) Alleanza Nazionale12) Di Bernardo Liliana (v. 344) “

Le ultime notizie ci informano che la nuova Giunta Comunale diMereto di Tomba sarà formata dal Sindaco e dai primi quattro con-siglieri eletti.

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DEDICATO AI NOVANTENNI

1907 BERNAVA Alceo

1908 MANAZZONE Giovanni (via Bertoli, 12)

1909 CRAGNO EvelinaDELL’ANGELA Santa (ved. Ermacora

1910 BURELLI MariannaCISILINO AmeliaDELLA SAVIA RosaliaMANAZZONE Adolfo

1911 DELLA PICCA VaniglioMICONI Dirce

1912 MATTIUSSI OvilmaMIZZAU EldaSCHIAVO Derna

1913 AGOSTINI TeneroMANAZZONE Adalgisa (Jola di Guelfo)RIZZATO Bruno

1914 CISILINO Frondina TOPPANO EleonoraCISILINO Chiarina

A Ceo, Giovanin, Velina, Santina, Maria, Mèlia,

Rosàlia, Dolfi, Vaniglio, Dirce, Dilia, Elda, Derna,

Giordano, Jola, Bruno, Leonora e Chiarina.

Auguriamo tanta salute e lunga vita.Con affetto

I COMPAESANI

14 febbraio 2004 - ELEONORA TOPPANO (Norina) festeggia il suo90º compleanno insieme ai figli Pierino, Graziella e Silvano.

4 marzo 2004 - FRONDINA CISILINO, circondata dai figli Fausta,Nicodemo, Colastina e Ivana, festeggia il suo 90º compleanno.

Pantianicco 2004 - DELL’ANGELASANTA in Ermacora ha festeggiato i suoi95 anni attorniata dalla sua bella famiglia.

CISILINO CHIARA (Cjarina) ha compiutonovant’anni nell’agosto 2004. Da sempre è resi-dente a Torino, e da sempre trascorre le suevacanze nel paese e nella casetta dov’è nata.

Non c’è una ricetta di vita da tramandare, per tra-scorrere serenamente la vecchiaia, perché gli ingre-dienti sono racchiusi in ognuno di noi, custodi edinterpreti della propria vita.Una buona formula potrebbe essere:- essere sereni con se stessi;- desiderare quanto già si possiede e soprattutto- adattarsi ai cambiamenti e- portare con pazienza la propria croce quotidiana

NOVANT’AINS

Novant’ainsa no samea vera;cui varessiel pensâtquant ch’a erin disevot?A’ son rivâs a plancmo’ cun gjentileciamo’ dant qualche sclop…Novant’ains sunâs?Al è un sun ch’ano mi spaventa,ch’a no mi fâs efiet.Jessi contens di dut,desiderà ce ch’a si à belgiàeco il segret.Vivi pa l’ordin E ogni dì savè ricomencià.

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C R O N C R O N A C A C AAMETEO PANTIANICCOMetereologo: LUIGINO MANAZZONI

OTTOBRE 2003Caldo i primi giorni. Segue freddo improvviso, pioggiaabbondante e intensa, vento sciroccale. Neve in monta-gna.

NOVEMBRE 2003Sette giorni di pioggia ed altrettanti di nuvolosità connebbia e alto tasso di umidità. Per finire 16 giorni di sole,limpidi e primaverili.

DICEMBRE 2003Mese portato alla variabilità. Maggiori giorni di cielosereno con picchi di freddo -5º. Gli ultimi giorni sonostati caratterizzati da pioggia intensa.

GENNAIO 2004Freddo: -6º. Con 15 giornale limpide, 14 giorni nuvolosie per ben 2 volte una gradevole spruzzata di neve.

FEBBRAIO 2004Mese anomalo misto di pioggia e neve. Qualche giornodi cielo sereno. Temperatura media -2ºVero il detto “frevarut pies di dut”.

MARZO 2004Mese anomalo caratterizzato da variabilità di caldo sole,pioggia e vento. 64 mm. di pioggia caduta. 20ºIl 9 c.m. si ha il primo tuono.

APRILE 2004Mese con prevalenza di cielo sereno, qualche giorno dicaldo primaverile, 23º. Sette giornate di pioggia 38 mm.

MAGGIO 2004Pioggia abbondante con 140 mm, la prima settimana equalche giorno di fine mese; le restanti giornate solesplendidto.

GIUGNO 2004Maggiori le giornate soleggiate, con molto caldo. Per irestanti giorni, pioggia abbondante 200 mm. Il 12 unaforte grandinata ha distrutto quasi tutto il raccolto.

LUGLIO 2004Il mese più bello e soleggiato dell’anno con il 97% disole e con alcuni giorni di tempo brutto fino da arrivare a

58 mm di pioggia. Si sono toccati i 32º di caldo.

AGOSTO 2004Mese caldo e soleggiato, interrotto da qualche giornatatemporalesca 32º. 266 mm di pioggia.

SETTEMBRE 2004Tre giorni di pioggia, e il resto giornate di sole e caldo.70 mm di pioggia.

Maltempo devastatoreUna devastante perturbazione a carattere temporalesca siè abbattuta su di una ristretta fascia limitata tra i paesi diPantianicco e Sedegliano.Sabato 12 giugno 2004, una forte bufera accompagnatada grossi chicchi di grandine ha distrutto gran parte dellecoltivazioni. In particolare molti agricoltori si sono vistidistruggere i raccolti di orzo e frumento prossimi allamietitura (in alcuni casi il potenziale raccolto non sareb-be bastato nemmeno per sostenere le spese di raccolta).Si è reso necessa-rio pure riseminareparecchi campi disoia (danneggiatairrimediabilmenteancora in fase disviluppo).Numerosi anchegli orti e i frutteticolpiti tra cui lapiantagione di kiwidi Vittoriano situa-to nella zona mag-giormente colpitadal maltempo.Per dare una stimadelle precipitazionibasta ricordare chelungo le strade lagrandine caduta siaccumulava for-mando un insolitomanto bianco chesi è sciolta soloalcune ore dopo.

Domenica 30 novembre 2003Giornata del Ringraziamento. Oggi è stata celebrata la S.Messa alle ore 11.00 con la benedizione di mezzi e animali ei bambini più piccoli hanno portato all’altare dei cestini con-tenenti i frutti della nostra terra. Alla fine della Messa si ètenuto l’abituale pranzo nel capannone con buona partecipa-zione della gente del nostro paese.

7 dicembreCon grande orgoglio da parte delle signore che hannolavorato tutto l’anno per realizzare le loro opere, è statoaperto il tradizionale mercatino di Natale. Anche que-st’anno ha riscosso notevole successo e il ricavato di2.650,00 euro è stato devoluto in beneficienza.

…dopo

Prima…

Saluto, augurio e ringraziamento del vescovo Mùnera.

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• Durante la seconda settimana di dicembre alcuninostri compaesani si sono prodigati nell’addobbo del-l’albero di Natale in piazza. Quest’anno è stato datolibero sfogo alla fantasia, infatti, al posto delle tradizio-nali palline sono state realizzate delle coloratissimemele giganti: frutto che ha reso “celebre” il nostro paesetramite la “Mostra regionale della mela”.

8-15 dicembreRealizzazione del presepe. Rinnoviamo anche quest’an-no i nostri complimenti a chi ha preparato con cura ilpresepe in chiesa, al quale sono stati apportati nuovi edevidenti miglioramenti, continuate sempre così.

24 dicembreNonostante il freddo pungente anche quest’anno BabboNatale non ha voluto rinunciare al giro del paese perporgere personalmente gli auguri ai nostri compaesanianziani, dopodiché ha distribuito doni, dolciumi e sorri-si ai più piccini. Tutto ciò si è tenuto nell’ex asilo tra lostupore e la curiosità dei bambini. Per concludere la S.Messa della vigilia di Natale è stata celebrata per tuttele comunità a Mereto di Tomba.

8 gennaio 2004Il nostro tradizionale “Pignarul” ci ha lasciato col fiatosospeso fino all’ultimo momento! Nonostante in paesesi vociferasse che quest’anno il “fogoron” non si sareb-be fatto, puntualmente, il suo calore ha riscaldato tuttigli spettatori. Fra questi c’erano molti bambini in attesadei dolcetti o… del carbone per i più biricchini, chesono stati consegnati dalla befana in persona.

4-7 marzoIn questi tre giorni si è svolto il pellegrinaggio aMejugorje.

4 marzoAnniversario Don Siro. Come ogni anno è stato ricorda-to a Blessano con la celebrazione degli uffici funebri ela s. Messa in latino accompagnata da canti gregoriani.

7 marzoOggi a Pantianicco la S. Messa delle ore 11.00, essendoassente il sacerdote è stata celebrata la liturgia dellaParola da un collaboratore parrocchiale: Elvio Cisilino.

29-30-31 marzoIn questi giorni si sono celebrate le quarantore con aper-tura alle 15.30 e chiusura con la S. Messa alle ore 20.00dove ognuno di noi aveva la possibilità di trovare unattimo per pregare e invocare l’aiuto di Dio.

4 aprileDomenica delle Palme: ogni anno coincide con la gior-nata mondiale della gioventù. Il tema di quest’anno erail seguente: vogliamo vedere Gesù. Giovani non si è, sidiventa ogni giorno, con un cuore proteso al meglio.Giovinezza è ardimento, entusiasmo, dinamismo, comela Risurrezione che è suprema potenza, pienezza digioia, vita senza fine. Per questo il giovane non puòchiudersi nella capsula dell’avere, del potere e del pia-cere, ma aprirsi all’essere, al servizio e alla gioia.

SETTIMANA SANTA8 aprile: giovedì Santo alle ore 20.30 si è svolta la S.Messa in Coena Domini con la lavanda dei piedi e oradi adorazione a Tomba.9 aprile: venerdì Santo alle 15.00 a Mereto: Passione delSignore con S. Comunione. Alle ore 20.30 si è svolta laVia Crucis che è stata celebrata in chiesa a causa del mal-tempo, ad ogni stazione un giovane leggeva una frase…un “bravo” al piccolo Andrea che nonostante l’ora tarda èriuscito a portare la croce per tutto il percorso.

Pantianicco 8 dicembre 2003 - Processione con la Madonna perle vie del paese.

Pantianicco 8 dicembre 2003 - Fedeli in processione

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10 aprile: sabato Santo alle ore 21.00 a Pantianicco pertutta la zona pastorale è stata celebrata la veglia pasqua-le. La lunga tradizionale liturgia con la benedizione delfuoco e dell’acqua ha concentrato a Pantianicco unnotevole afflusso di fedeli. Durante l’offertorio i bambi-ni e ragazzi hanno portato fiori e offerte. La veglia èstata celebrata da Don Giovanni e Don Adriano.

26 aprileOggi Don Giovanni accompagnato da un collaboratoreparrocchiale: Elvio Cisilino, ha iniziato il consueto girodel paese per la benedizione delle famiglie.

IL ROSARIOmaggio

Durante il mese di maggio, il mese dedicato interamen-te alla B.V. Maria, è stato recitato ogni giorno il SantoRosario.Durante la recita, si è dato spazio alla lettura “ Un mesedi Maggio con le donne della Bibbia”. L’opera contiene31 racconti, uno per ogni giorno del mese.Questi racconti descrivono vicende accadute ad alcunedonne la cui vita è stata intensamente coinvolta dallapresenza di Dio di cui troviamo una descrizione sia nel-l’antico che nel nuovo testamento. Queste riflessionisono composte da un breve riassunto storico tratto dallaletteratura seguito da una riflessione che adatta levicende accadute nelle scritture ai giorni nostri lancian-do un messaggio di speranza e di guida.Altra novità introdotta già dall’anno scorso è la recitadelle Ave-Maria, distribuita tra 5 persone e non piùconcentrate su di una soltanto.In particolare hanno partecipato molto attivamentealcuni giovanissimi tra cui Edoardo, Greta, Ester edAgnese. Purtroppo, il rosario è comunque trascurato. Si pensi alfatto che in tutto il paese (oltre 650 abitanti) partecipasolo il 6-7%. In più, di questo sparuto gruppo, risultanototalmente assenti le persone con età compresa tra i 16e i 50 anni. Quindi risulta ovvio che al rosario parteci-pano solo anziani e bambini, tra l’altro una piccolissi-ma rappresentanza.Si ricorda inoltre il recupero del rosario dedicato aidefunti, recitato in loro onore la prima settimana dinovembre. La funzione, da alcuni anni abbandonata, hariscosso notevole partecipazione. L’invito che ci viene rivolto è molto importante:Andiamo al Rosario!E’ un momento di preghiera intenso e di contatto conMaria che tanto ci ama e che ci vuole aiutare. E’ Leiche con i suoi messaggi (per es. Medjugorje) insisteperché i suoi piccoli figli si avvicinino alla preghiera ealla serenità soprattutto con il rosario.Il Rosario è una possibilità ulteriore che ci viene data perpresentare e offrire i nostri problemi quotidiani piccoli ograndi che ognuno di noi possiede e per chiedere unaiuto a Maria che possa intercedere per noi presso Gesù.

6 giugnoChiusura dell’anno catechistico. Oggi tutte le comunitàsi sono riunite nella nostra chiesa parrocchiale per cele-brare la chiusura dell’anno catechistico. Don Giovanniha consegnato ai bambini che quest’anno faranno laPrima Comunione, la Sacra Bibbia.

Inaugurazione dello spaccio “Il Ranch”L’azienda agricola “Cisilino Vinicio” ha inaugurato sabato26 giugno 2004 lo spaccio aziendale. L’avvenimento è statocaratterizzato da una bellissima giornata estiva di sole edalla presenza di moltissime persone intervenute un po’ percuriosità e un po’ per approfittare del momento di incontro.Molteplici anche le personalità presenti tra cui DonGiovanni e il sindaco Andrea Cecchini.Il parroco durante la benedizione ha espresso parole di con-senso per l’iniziativa ricordando l’importanza che ricopre il“pane quotidiano”. Ha benedetto in particolare i futuriavventori e i commessi augurando che vengano semprerispettate le esigenze e le richieste di tutti.Anche il sindaco durante il suo intervento ha elogiato l’o-pera della famiglia Cisilino apprezzandone l’impegno e lacapacità di rischiare in un periodo non certamente facile perle piccole attività. Ha ricordato che le attività di questo tiposul nostro territorio, arricchiscono e danno valore all’interocomune.Poi Lucio, in aggiunta alle parole di benvenuto iniziali, havoluto spiegare il motivo per cui hanno deciso di chiamarelo spaccio “Il ranch”: non per presunzione (rispetto alleimmense tenute americane) bensì perché questo era l’ap-pellativo con cui Luigino durante le partite estive di calciotra i ragazzi di Pantianicco era solito chiamare Christian, ilquale apprezzava moltissimo.All’interno dei locali dello spaccio vengono venduti oltre aiderivati fondamentali del latte come formaggi sia freschiche stagionati e il gelato, anche prodotti tipici realizzatidirettamente in azienda come il miele (in una molteplicevarietà) il succo, il sidro, l’aceto e la marmellata di mele.In conclusione, l’inaugurazione dello spaccio ha riscossoun notevole successo in termini di apprezzamento e di par-tecipazione. Per tutto il sabato oltre alla bicchierata, è statoofferto a tutti anche il gelato, distribuito direttamente nellospaccio.

Raffaele Brandolino

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20 giugnoA causa del maltempo la Festa di S. Antonio si è svoltanella ex latteria. (vedi articolo)

11 luglioÈ giunta ormai all’8ª edizione il sentito “MemorialChristian Cisilino”. Durante la giornata, piovosa al mat-tino, le squadre rappresentanti i vari borghi del paese sisono sfidate nel tradizionale torneo, vinto quest’annodal “Borc di sora”. È seguita la cena nel corso dellaquale sono state consegnate le coppe. Con grande piace-re della famiglia di Christian, che anche quest’anno si èprodigata nell’organizzazione del memorial, la parteci-pazione e l’impegno sono stati cospicui.

12 agostoNella notte tra il 12 e il 13 agosto un violento temporalesi è abbattuto su Pantianicco accompagnato da spaven-tosi tuoni e fulmini, causando l’incendio di un magazzi-no di proprietà di un nostro compaesano.

24-25-26 settembre, 1-2-3 ottobreSono ben 35 anni che si svolge regolarmente la mostraregionale della mela a Pantianicco. Anche quest’annol’affluenza di pubblico è stata notevole, a questo ha con-tribuito non solo il tempo favorevole ma anche la seriedi manifestazioni e concorsi che si sono tenuti: ricordia-mo il concorso internazionale di succo e sidro, il con-corso delle torte a base di mele e miele, il concorso deimieli, la marcia tra i meli, sfilata di moda, concorso dimiss mela e altro. A fare da cornice chioschi e vetrineche offrivano prodotti caratteristici a base di mele conl’esclusiva “pomella”.

“MILLE CASETTE PER I SENZA TETTO”

Don Dino Colussi, missionario salesiano operante inIndia, ha programmato un nuovo e tempestivo proget-to: dare una casa a mille famiglie indiane nullatenenti.Mille casette con un costo di 1.300 ciascuna. È statousato il diminutivo “casette”, per la loro modestia, mache per coloro che vivono in baracche traballanti pos-sono apparire quasi un “sogno”. Il progetto invocal’aiuto di tutti quelli che ritengono che la povertà siauno dei grandi mali del mondo e confidano nella soli-darietà. Il progetto prevede, con il consenso dei dona-tori, l’apposizione di una targa con su scritto il nomedel benefattore a ricordo di questo gesto di fratellan-za.Il parroco, assieme al consiglio Pastorale ha aderito alprogetto di una casa, affidandosi alla generosità diogni membro della comunità. È stata raggiunta laquota stabilita, raccogliendo le offerte delle S. Messefestive, prefestive e nella cassetta in fondo alla chiesa.

Ottobre

Pantianicco, agosto 2004 - Ogni estate rientrano in paese daTorino e da Roma Chiara e Carmela e per l’occasione, tempopermettendo, ogni sera si raggruppa attorno a loro parte delBorg di Sot, per prendere il fresco serale e farsi compagnia,come si faceva una volta. Come si vede il gruppo è molto etero-geneo, va dai 95 anni di Carmela ai 7 delle due gemelle Michelae Valentina.(1ª fila da sinistra) Tila, Falduta, Cjarina, Zoila, Nadia, Mirellae la “badante”. (2ª fila) Angela, le gemelle e Carmela. Tomba 3 ottobre 2004 - Incontro conviviale con Mons. Múnera F.J.

Pantianicco, 2 ottobre 2004 - Mons. MÚNERA FranciscoJavier, Vicariato di S. Vicente del Caguan (Caquetà), in visitadalla Colombia alla nostra zona pastorale.

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RIFLESSIONI SULLA PRIMA COMUNIONE

Il mio cammino per giungere ad un momento impor-tantissimo della vita.Uno dei momenti più importanti della vita è sicuramen-te quello che mi attende quest’anno: la mia PrimaComunione, l’incontro con Gesù.Per questo avvenimento io e i miei coetanei ci siamopreparati per molto tempo ed abbiamo imparato moltecose importanti.Ricordo con gioia i giorni del ritiro spirituale nellacanonica di Mereto, dove io e i miei compagni ci siamoriuniti per tre giorni, guidati e seguiti dal parroco DonGiovanni e da giovani animatori. Ci siamo divertitimolto ed abbiamo imparato a convivere in pace e sere-nità, secondo gli insegnamenti di Gesù.È stata un’esperienza bellissima ed importante per lanostra crescita.Aspetto con ansia il giorno della prima Comunioneripensando a tutto ciò che ho imparato in questi anni echiedendo a Gesù il suo aiuto.

(Greta Agosti)

Quest’anno siamo andati tre giorni nel giardino del par-roco per un ritiro in preparazione alla PrimaComunione.Mi ha divertito molto il fatto che siamo stati a dormirein tenda, non l’avevo mai fatto prima. Fra le cose cheabbiamo fatto e, che ricordo con piacere, è stata la cam-minata fino alla chiesetta di S. Antonio. Questi giornipassati con i miei compagni, con Don Giovanni e congli animatori sono stati davvero belli ed ora attendo congioia e un po’ di emozione il mio primo incontro conGesù.

(Andrea Clarot)

Castelmonte, giugno 2003.Da sinistra: Marisa, Nadia, Lina, Eugenia, Franca, Zoilla eMirella,durante uno dei loro annuali “pellegrinaggi”.

La cronaca è a cura diElisabetta, Elisa, Giulia e Valentina

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Pantianicco 1964 - Ricordo della Prima Comunione di (da sx)Barbieri G., Buttazzoni M., Cisilino S., Tomini E., Cisilino A.,Cisilino V.

Pantianicco anni ’70Festa di classe 1922.

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ANNIVERSARI

25 agosto 2004

Vania e Silvio Cisilino festeggiano il 25º anniver-

sario del loro matrimonio.

RedazioneDon Giovanni BozBrandolino RaffaeleButtazzoni EnnioCisilino Elisabetta Cisilino ValentinaCovazzi AngeloCragno OffeliaCragno SabinaDella Picca InesManazzone VilmoMolaro IsaToppano Elisa

Ringraziamento

La redazione ringrazia tutte le persone che

hanno contribuito all’uscita di questo giornali-

no offrendo la propria disponibilità, articoli,

fotografie, offerte.

Un plauso particolare a quanti hanno sostenu-

to economicamente le notevoli spese tipografi-

che e di divulgazione del presente bollettino.

Zotti GiuliaZucco Denis

Hanno collaboratoBrandolino MasciaCisilino AlessandroCisilino SilviaDella Picca Luciano eDella Picca Yorge(San Martin)Manazzone IdaManazzoni LuiginoMattiussi WalterNoacco Edo

n. 25 Novembre 2004

Numero unico della parrocchia di PANTIANICCO

Piazza Cortina, 533036 Mereto di Tomba - tel. 0432.860064

Aut. Trib. Ud n. 13 del 25.10.48 - Sped. in abb. post. gr. IV/50%

Maria e Adino Fabbro

Un lungo cammino assieme27 novembre 1954È un giorno molto importante nella vita di Maria, giovaneragazza di Colloredo di Prato e Adino, un giovanotto diPantianicco, che, attorniati dai loro cari, nella chiesa diColloredo di Prato si promettono eterno amore. Sono felici,stanno creando la loro famiglia, stanno iniziando un nuovocammino.Il loro cammino è, quasi subito, interrotto da una lunga lonta-nanza perché Adino è dovuto partire emigrante in Francia incerca di lavoro per poter dare una vita migliore alla sua fami-glia. Una vita di lavoro costellata da preoccupazioni, gioie,dolori e dalla nascita dei loro figli.Si! I loro figli fonte di grandi preoccupazioni ma anche digioia e di soddisfazioni; il loro fiore all’occhiello ai qualihanno donato se stessi, il loro tempo, il loro amore; con illoro esempio hanno trasmesso il senso del dovere e il valoredella famiglia; hanno insegnato ad essere semplici, umili erispettosi ma nel contempo a farsi rispettare.Non sono certamente mancati i dolori per la perdita delle per-sone più care, ma sono sempre riusciti a superare assieme imomenti più tristi.Il 27 novembre 2004 hanno festeggiato i loro 50 anni dimatrimonio e si sono rinnovati la promessa fatta tanti anni fa.Assieme a loro c’erano gli amatissimi figli Adina con Marco,Gabriele e Ivano con Alessandra, i parenti e gli amici ma ciòche li rende ancora più felici e completi è l’amore della loroadorata nipotina Marilena.

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VIVONO NELLA PACE DI DIO!

“Il ricuart dai nestris vecjos e di ducju

chei che nus an lassât, al dura par sim-

pri, in dutis lis cjasis dal Friûl.

La sornada dedicada a lôr, a è vivuda

como una fiesta di famèa, parceche in

chê dì, duç chei ch’a son vivûs e chei

ch’a vivin à tornin a riunîsi insieme.

La sera dal prin di novembre si prepara

in cusina i cjaldêirs di aga frescja pai

muars che in chê gnot, à tornaran

ognun ta la so cjasa. A’ sbrissaràn, ta la

fumata fin ta l’aria, à cjalaràn i impre-

sc’ che, di vîs, a àn dopras; a entraràn,

liseirs tai fogolârs; à cjataràn sul seglâr

i cjaldeirs jemplâs di aga par lôr; a scol-

taràn il Rosari, e a saran contens di no

jessi stâs dismenteâs”.

R.P.

CISILINO Angeloanni 69 - 11.10.2003

CISILINO Lina vd. Cragnoanni 82 - 28.02.2004

CISILINO Balillaanni 88 - 17.05.2004

(un mese prima è decedutaanche la moglie Silvia)

CISILINO Anidosanni 94 - 18.07.2004

CRAGNO Rodolfo Brunoanni 56 - 23.07.2004

BERTOLISSI Francoanni 36 - 15.06.2004

NOBILE Delvina vd.Manzon

anni 76 - 06.12.2003

GIACOMINI Jolanda vd.Zoratti

anni 92 - 31.01.2004

MESTRONI Maria Teresavd. Brandolino

anni 82 - 06.02.2004

NOTA IMPORTANTEChiunque desideri pubblicare sul bollettinofoto di battesimo, comunione, cresima, matri-monio, anniversario, decesso, di avvenimentivari ed articoli, è pregato di provvedere aconsegnarli personalmente ai componentidella redazione entro il 30 settembre di ognianno, altrimenti non verranno pubblicati.

CISILINO Frondinavd. Brandolino

anni 90 - 17.11.2004

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L A U R E E

Il giorno 20 settembre 2004 presso l’Università degli Studidi Udine, si è laureata in GIURISPRUDENZA, SANDRACISILINO, figlia di Giuliano e di Gina Zoratto, discuden-do con il dott. Paolo Damiani la tesi in diritto pubblicodell’economia intitolata: “Le fondazioni bancarie: il casodella Fondazione Crup”.

Il giorno 26 aprile 2004 presso l’Università degli Studidi Udine, si è laureata in SCIENZE ECONOMICHE EBANCARIE, MANAZZONE SABRINA figlia diRenzo e di Valdina Cisilino, discutendo con il Prof.Francesco Marangono la tesi dal titolo: Analisi econo-mica della filiera della mela in Friuli Venezia Giulia”.

25 giugno 2004Presso l’Università degli Studi di Padova, si è laureata inPSICOLOGIA del Lavoro e delle OrganizzazioniZOTTI GIULIA, figlia di Bruno e di Marisa Cerioli,discutendo con il prof. Nicola Alberto De Carlo la tesi:“Il comportamento di guida nei giovani: un’indagineempirica su un campione di soggetti di età compresa tra i15 e i 18 anni”, conseguendo la votazione di 108/110.

AI NEO DOTTORI VIVISSIME FELICITAZIONI DA PARTE DELL’INTERA COMUNITÀ

DI PANTIANICCO

Pantianicco anni ‘50 - Una bella foto dei gestori dellaCooperativa, Dante e Angelina.

Pantianicco novembre 2001 - Bambini con i doni alla festa delRingraziamento.

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Matrimonio Battesimo

Matteo Cisilino di Massimo ed Elena Bertoni

nato a Udine 30 aprile 2004

Cragno Cristina e Rostirolla Antonio

Pantianicco, 10 luglio 2004

Prima comunionePantianianicco, 10 ottobre 2004AGOSTI CretaCLAROT AndreaPIDUTTI Antony

25 gennaio 2004Nella chiesa di S. Michele Arcangelo a Mereto, alcune cop-pie della zona pastorale hanno voluto ricordare con una S.Messa i propri lustri di matrimonio.Una occasione questa per ricordare che l’amore coniugaleva costruito giorno per giorno, che non si resta fedeli l’unoall’altra ma lo si diventa continuamente.Lo splendore dell’amore coniugale cristiano deriva dallesue qualità fondamentali: libertà, reciproco dono di sé,unità, fedeltà, indissolubilità.In questo giorno, le coppie presenti hanno rinnovato le loroPROMESSA MATRIMONIALI fatte alcuni o molti anniprima.

Lustri di Matrimonio

Prima Comunione

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S. Canciano M. B.V. S. Rosario S. Giacomo