qui stalíngra o: escono al fronte filerante la seconda guerra mondiale. il corrisponden- ... trop,...

3
11 Qui Stalíngra d o: escono i taccuini d al fronte d i Grossma n RII VALLI lettori di "Vita e destino" trovano nei tac- cuini di Vasilij Grossman le radici del gran- de romanzo non ancora scritto. E neppure immaginato. Ne sentono gli intimi palpiti, come quelli di un embrione umano. Batti- ti quieti, regolari, agitati, drammatici che annun- ciano le pagine dalle quali emergerà l'imponente racconto della sfida tra nazismo e stalinismo, du- rante la seconda guerra mondiale. Il corrisponden- te di guerra non è una professione, è un'attività che il reporter di mestiere oppu- re occasionale, di solito uno scrit- tore, svolge in determinate situa- zioni se ha le qualità quasi indi- spensabili: un fisico robusto, la capacità di lavorare in luoghi sco- modi, non sempre sicuri, e la cu- riosità, questa si indispensabile, del cronista. A eccezione di que- st'ultima, la curiosità, Grossman non aveva in apparenza nulla di quel che doveva distinguere un romanziere incaricato di raccon- tare la vita reale di un esercito e le sue battaglie. Aveva trentacinque anni quando nel giugno del 1941 la Germania di Hitler attaccò di sor- presa la Russia di Stalin, con la quale era legata dal patto di non aggressione Molotov-Ribben- trop, concluso due anni prima. Era un ingegnere chimico con un'esperienza nelle miniere dell'Ucraina orientale, nel Don- bass, a Stalino oggi Doneck. Poi aveva scoperto la vocazione lette- raria ed era stato ammesso nell' Unione degli scrittori, privi- legiato club nel regime sovietico. Michail Bulgakov aveva apprezzato il suo racconto Nella città di Berdicev, ma Gross- man aveva soprattutto attirato la benevola at- tenzione di Maksim Gor'kij, che non si era troppo soffermato sul- lo scarso interesse del giovane autore per il

Upload: voque

Post on 15-Feb-2019

213 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

11

Qui Stalíngrado:escono i taccuini

dal fronted i Grossman

RII VALLI

lettori di "Vita e destino" trovano nei tac-cuini di Vasilij Grossman le radici del gran-de romanzo non ancora scritto. E neppureimmaginato. Ne sentono gli intimi palpiti,come quelli di un embrione umano. Batti-

ti quieti, regolari, agitati, drammatici che annun-ciano le pagine dalle quali emergerà l'imponenteracconto della sfida tra nazismo e stalinismo, du-rante la seconda guerra mondiale. Il corrisponden-te di guerra non è una professione, è un'attività

che il reporter di mestiere oppu-re occasionale, di solito uno scrit-tore, svolge in determinate situa-zioni se ha le qualità quasi indi-spensabili: un fisico robusto, lacapacità di lavorare in luoghi sco-modi, non sempre sicuri, e la cu-riosità, questa si indispensabile,del cronista. A eccezione di que-st'ultima, la curiosità, Grossmannon aveva in apparenza nulla diquel che doveva distinguere unromanziere incaricato di raccon-tare la vita reale di un esercito ele sue battaglie.

Aveva trentacinque anniquando nel giugno del 1941 laGermania di Hitler attaccò di sor-presa la Russia di Stalin, con laquale era legata dal patto di nonaggressione Molotov-Ribben-trop, concluso due anni prima.Era un ingegnere chimico conun'esperienza nelle miniere

dell'Ucraina orientale, nel Don-bass, a Stalino oggi Doneck. Poiaveva scoperto la vocazione lette-raria ed era stato ammessonell' Unione degli scrittori, privi-legiato club nel regime sovietico.

Michail Bulgakovaveva apprezzato il suoracconto Nella città diBerdicev, ma Gross-man aveva soprattuttoattirato la benevola at-tenzione di MaksimGor'kij, che non si eratroppo soffermato sul-lo scarso interesse delgiovane autore per il

realismo socialista dicui lui, Gor'kij, era il cu-stode. li laureato in chi-mica convertito alla let-teratura amava Ce-chov e Tolstoj (negli an-ni al fronte avrà spessocon sé un solo libro,Guerra e Pace), e nonera iscritto al partitosebbene pensasse chesoltanto il comunismosovietico fosse in gradodi affrontare il nazismoe l'antisemitismo.

Subito dopo l'aggressione te-desca, Grossman si offrì volonta-rio. Ma fu scartato. Era sovrappe-so, miope, impacciato nei movi-menti, camminava con una can-na da passeggio. Non aveva nulladel soldato e aveva l'aspetto tipi-co dell'intellettuale ebreo, casicome appariva nelle caricaturedell'epoca. Lo descrisse così un al-tro grande giornalista russo, conle sue stesse origini e con l'espe-rienza della guerra di Spagna.Il jaErenburgconsideravaGross-

man un amico leale, avevano rea-gito insieme all'antisemitismosovietico dal quale erano statipersonalmente feriti, ma non siimpediva di sottolineare il suo ca-rattere maldestro e ingenuo. Ca-pitava a Grossman di dire di pun-to in bianco a un collega: «Perchéti sei messo a scrivere così ma-

le?». Oppure a una donna: «Masei invecchiata parecchio negli ul-

timi mesi».Come la fragile figura fisic a na-

scondeva la forza del carattere, ilcoraggio e l'interesse per la vitamilitare presto evidenti appenamessi alla prova, così la mancan-za di tatto nei rapporti formalinon gli ha poi impedito di conqui-stare la simpatia dei combatten-ti, fino a diventare un giornalistapopolare sui vari fronti in cui sifermava a lungo, condividendodisagi e pericoli dei semplici sol-dati. La curiosità lo induceva adascoltare, sapeva tacere, e inter-venire soltanto con qualche inter-rogativo. Aveva quel che distin-gue un prete nel confessionale eun buon cronista.

Il generale David Ortenberg,direttore di Krasnaja zvezda, ilquotidiano dell'Armata rossa,esitò prima di mandare al frontequello scrittore tanto malandatoe così poco tagliato per la vita mi-

litare. Ma Ortenberg, pur non tro-vandolo simpatico, puntò alla fi-ne sul suo talento e il suo entusia-smo, capì che queste virtù eranoessenziali e avrebbero fattodell'intellettuale distratto un ot-timo inviato in guerra. Lo affidò acompagni più giovani ed espertie lo mandò al fronte per StellaRossa, il giornale letto ogni mat-tina da Stalin e da milioni di rus-si. All'inizio gli atteggiamenti po-co marziali e la mancanza di ad-destramento suscitarono forseironia tra gli ufficiali e i soldati incui si imbatteva. Ma in brevetempo Grossman perse venti chi-li, diventò un bravo tiratore, e, ir-robustito, imparò ad affrontarefatiche e pericoli con una disin-voltura che gli altri reporter, an-corati agli stati maggiori, comin-ciarono a invidiargli. Per i giorna-listi americani e inglesi accampa-ti a Mosca i suoi articoli dal fron-te davano notizie preziose. Per lo-ro era in quegli anni il miglior cor-rispondente di guerra. Penso losia stato in assoluto durante la Se-conda guerra mondiale. Quel chescriveva contribuiva a fare di Stel-la Rossa il giornale più diffuso. Se-condo Erenburg, Stalin aveva unforte interesse per la letteraturama non condivideva l'ammirazio-ne di molti per Grossman. Pare losospettasse di internazionali-smo leninista, accusa quasi equi-valente a quella di trockismo. Inrealtà il dittatore si sarebbe ri-sentito del fatto che il suo nomenon figurasse mai negli articolidi quel corrispondente poco ri-spettoso del culto della personali-tà.

Grossman cominciò a scriverei taccuini (Uno scrittore in guer-ra, Adelphi, acuradiAntonyBee-vor e Luba Vinogradova, tradu-zione di Valentina Parisi) il 5 ago-

sto 1941 quando mise piede perla prima volta nella zona di guer-ra. Fu assegnato al Fronte centra-le creato di gran fretta, durantela precipitosa ritirata dell'Arma-ta Rossa davanti alle divisioni co-razzate tedesche del generaleGuderian.

Subisce il primo bombarda-mento aereo nella stazione di Go-mel, centro industriale nelSud-Est della Bielorussia, non lon-tano dalle frontiere russa e ucrai-na. E l'incursione è ancora in cor-so quando lui annota le prime im-pressioni: «Una mucca, i sibili del-le bombe, incendi, donne... Unforte odore di acqua di colonia -da una farmacia centrata da unabomba - sovrasta a un certo pun-to la puzza di bruciato, ma soloper un istante». Descrive i coloridel fumo, i tipografi che compon-gono il giornale alla luce degli edi-fici in fiamme, un giovane giorna-lista stupido che sforna luoghi co-muni, frasi prese dalla propagan-da.

Con semplicità e passione,Grossman si sofferma sui detta-gli, lasciando appena trapelarel'angoscia e lo sconcerto che cre-scerà in lui man mano che si ren-de conto dell'impreparazionedell'Armata rossa di fronte all'ag-gressione tedesca.

Grossman è tuttavia un patrio-ta. Ai militari è proibito tenerediari personali, nel timore che ca-dano in mano al nemico nel casol'autore venga preso prigioniero.Lui disubbidisce e annota conpuntiglio, quasi quotidianamen-te, anche quello che la censuranon gli passerebbe. Né perdone-rebbe. Descrive il comandante dibattaglione al quale i suoi soldatigridano "rammollito" perché re-sta sdraiato e spaurito sull'erbadurante un attacco aereo dei ne-

mico. Racconta anche con ammi-rata sobrietà, del tenente feritoche rifiuta di essere evacuato per-ché dice di avere ancora abba-stanza voce per comandare lacompagnia.

E a Stalingrado, dove gli ordi-nano di andare un anno dopo,nell'agosto del'42, che egli inten-sifica gli appunti sul suo taccui-

no. Stremato dalla fatica e dalleemozioni prima di prendere son-no riassume quel che ha visto nel-la giornata. Non si accontenta de-gli articoli che manda a StellaRossa, al suo diario riserva quelche non può essere pubblicatosul giornale. Nelle pagine priva-

te, che tiene per sé, mette la puraverità senza alcun ritocco.

La battaglia di Stalingrado èla sua esperienza più intensa. E ri-velatrice. Egli passa cinque mesi,fino al gennaio '43, nella cittàche si stende sulla riva occidenta-le del Volga. E il Volga sarà un filoconduttore di Vita e destino, il ro-manzo cui l'autore non pensa an-cora. Una ventina d'anni dopo,da poco ultimato, quando è anco-ra un manoscritto, sarà subito se-questrato dai censori sovietici.Verrà tuttavia pubblicato lo stes-so, postumo, nel 1980 in Occiden-te, dove erano arrivate clandesti-namente una o due copie.

I cultori di Vita e destino, trop-po pochi rispetto alla grandezzadell'opera, cercano nei taccuinile tracce del futuro romanzo. IlVolga non è soltanto un filo con-duttore di cui si serve il narrato-re: per lui è soprattutto l'arteriaprincipale della Russia che fa af-fluire sangue vitale a coloro chesi immolano nell'assedio. Lo sot-tolineano giustamente i curatoridella raccolta di scritti sparsi diGrossman. Lui era un idealistaed era convinto che l'eroismo di-

Si offìì volontariosubito dopol'aggressionedellaGermaniae scartato: eramiope, goffoe 1 acciatoMa poi si trovo

in a ll ea

come cronista

mostrato dall'Armata rossa, delquale era stato un testimone,non avrebbe condotto unicamen-te a una vittoria militare decisivaper il conflitto mondiale in corso.Pensava che avrebbe cambiatoradicalmente anche la società so-vietica. Insieme al nazismo eall'antisemitismo sarebbero sta-ti sconfitti gli organizzatori delGulag, l'Nkvd, i processi abusivi,persecutori, promossi da Stalin epoi dai successori. La battaglia diStalingrado, con il sangue versa-to, avrebbe avuto l'effetto di unacatarsi.

Le note dei taccuini prendonoforma in Vita e destino. Senten-dosi liberi, perché certi di esserecondannati a morte, i soldati e gliufficiali dicono quel che voglio-no. Non si curano delle spie e deicommissari politici. Tanto cheuno di questi, Krymov, in servi-zio a Stalingrado, pensa di essere

arrivato in un paese, in un rea-me, senza partito. Lui stesso sen-te la libertà come nei primi gior-ni della rivoluzione.

Per Grossman a Stalingradodoveva nascere la democrazia.La delusione lo conduce al dialo-go che in Vita e destino mette difronte l' SS Liss e il vecchio lenini-sta Mostovskoi.

E che è una pagina chiavedell'opera. Il tedesco Liss sostie-ne che i due sistemi sono due

specchi che riflettono immaginiidentiche. Il nazismo ha fondatoil suo totalitarismo sull'idea na-zionale, il comunismo sulla nozio-ne di classe. Questa la differenzaoriginaria. Ma poi l'internaziona-lismo comunista è degenerato inun nazionalismo di Stato che nonlo distingue troppo dal suo avver-sario.

Nel dopoguerra Grossman su-bisce due affronti che inasprisco-no la sua avversione per il regi-me sovietico e che lo portano aconsiderarlo nella pratica simileal nazismo. Lo feriscono la cam-pagna antisemita, fra il '49 e il'53, e la proibizione di racconta-re lo sterminio degli ebrei in Rus-sia (di cui è stata vittima sua ma-dre). Benché molti campi nazistisiano stati liberati dall'ArmataRossa, Moscanon vuole che si sot-tolinei il sacrificio degli ebrei evuole che tutti i morti siano russie basta. La partecipazione di cit-tadini sovietici, di varie nazionali-tà, al massacro nei territori occu-pati dai tedeschi, è una realtàche disturba.

I giudizi di Grossman sul regi-me si appesantiscono senza in-taccare il patriottismo che l'ave-va animato a Stalingrado. Anchese l'eroismo russo sul Volga è sta-to tradito.

ICftO[JULONE NIíHNATA

I< ROUno scrittore in guerradi Vasilj Grossman(Adelphi, traduzionedi ValentinaParisip(-7g. 471, euro 23)

ú:-Z7,nw /sW3S ;h

I<E I. [1 G ILVasilij Grossman(1905-1964)aStalingrado. Sotto,loscrittore (alcentro)in zona di guerra