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Rapporto sulle elezioni primarie in Italia Giugno 2015

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Rapporto sulle elezioni primarie in Italia

Giugno 2015

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Candidate and Leader Selection (C&LS) è uno standing group, operante nell’ambito della

Società Italiana di Scienza Politica, impegnato nella ricerca sulla vita interna dei partiti. In

questa prospettiva, C&LS guarda alla democratizzazione all’interno dei partiti in atto sia in

Italia che in altri paesi tenendo conto di due aspetti. In primo luogo, C&LS si occupa della

raccolta, dell’analisi e della diffusione di informazioni e di dati – aggregati e di sondaggio –

relativi alle elezioni primarie tenute in Italia a qualsiasi livello: nazionale, regionale, pro-

vinciale e comunale. Inoltre, C&LS è interessato allo studio dei meccanismi di selezione dei

leader di partito in tutte le loro forme, sia quelle più chiuse e tradizionali, esercitate preva-

lentemente all’interno degli organismi di partito, sia quelle più inclusive che assicurano un

ruolo alla partecipazione dei cittadini. L’adesione è aperta a tutti gli studiosi e ricercatori

interessati.

www.cals.it

1

Indice

Presentazione ............................................................................................................ 1

Primarie nazionali tra partecipazione e competizione ............................................... 3

L’elezione diretta del Segretario................................................................................ 17

Un partito di elettori più che di iscritti .............................................................................. 18

La trasformazione del gruppo di dirigenti ......................................................................... 19

Le opinioni degli iscritti sulle primarie .................................................................... 25

Dieci anni di primarie regionali ............................................................................... 30

La partecipazione alle primarie regionali ......................................................................... 32

I risultati delle primarie regionali ...................................................................................... 35

Le primarie locali ..................................................................................................... 38

FAQ .......................................................................................................................... 48

Glossario breve sulle primarie .................................................................................. 51

1

Presentazione

“Conoscere per deliberare”: era questo l’imperativo che Luigi Einaudi poneva in apertura

delle sue memorabili Prediche inutili. Qualsiasi tipo di intervento politico, se non vuole es-

sere approssimativo e poco risolutivo, deve prevedere una fase preliminare di ricerca, di

raccolta meticolosa dei dati e di analisi, senza la quale qualsiasi decisione rischia di essere

dannosa o perennemente sottoposta a nuovi interventi in corso d’opera, per correggere er-

rori frutto di analisi mal fatte o mai fatte.

Questo Rapporto sulle elezioni primarie – che non intende certamente essere una predica,

ma neppure vuole essere inteso come un esercizio di inutile politologia – nasce in un mo-

mento particolare della politica italiana. All’indomani delle elezioni regionali ed ammini-

strative, è iniziata nel Partito Democratico una riflessione sulla sua struttura organizzativa,

sul ruolo del suo leader e, soprattutto, sui poteri che debbono essere affidati agli iscritti o ai

più numerosi simpatizzanti nelle decisioni interne al partito. Per ora, si è trattato prevalen-

temente di una discussione “di principio”, nella quale ogni parte in commedia provava a

convincere l’altra sulla base delle proprie opinioni e supposizioni. Tornare alla “ditta” op-

pure rilanciare il partito degli elettori? Rafforzare i poteri degli iscritti o intensificare le oc-

casioni di partecipazione di tutti i potenziali simpatizzanti? Interrompere l’innovazione

delle primarie oppure renderla ancor più efficace ed attraente? Al centro di questo dibatti-

to non c’erano analisi né sullo stato di salute o di apatia della membership né sulle conse-

guenze che le elezioni primarie hanno avuto all’interno o all’esterno del partito. Tutta la di-

scussione è stata finora guidata da giudizi di parte, opinioni senza fondamento alle quali

spesso faceva da contraltare un’informazione giornalistica molto distratta sui numeri e

molto attratta da – più o meno presunti – insuccessi, scandali e fallimenti.

Obiettivo di questo report è di fornire un quadro empirico, il più possibile condiviso,

all’interno del quale possa avere luogo un dibattito ragionato che, almeno inizialmente,

metta da parte le questioni di principio e inizi il dibattito confrontandosi sui dati, su quel

che ha funzionato e quel che davvero è andato storto.

Come gruppo di ricerca, il lavoro di Candidate & Leader Selection è iniziato dieci anni fa,

in concomitanza con le prime elezioni primarie nazionali, che videro un enorme successo

di partecipazione e la vittoria, mai realmente messa in discussione, di Romano Prodi. Da

allora, il nostro lavoro di raccolta e analisi dei dati, sia duri (i risultati elettorali) sia – per

così dire – leggeri (i sondaggi attraverso exit poll oppure indagini campionarie online), è

stato ricorrente e imponente. Praticamente ad ogni tornata di elezioni primarie, il gruppo

2

di ricerca era presente per capire le motivazioni che avevano spinto gli elettori a recarsi ai

“gazebo” e indagare le conseguenze che quelle votazioni avrebbero avuto sui candidati, sui

partiti che se ne erano fatti promotori e sulla qualità della democrazia italiana in generale.

Ovviamente, ad ogni occasione non abbiamo fatto mancare la nostra visione dei fatti e dei

dati, cercando sempre di basarci il più possibile sulle conoscenze teoriche ed empiriche a

nostra disposizione.

Per questo motivo, dopo un lavoro durato un decennio è venuto il momento di fermarsi e

di fare un bilancio, non tanto su di noi (ci saranno altre occasioni e altre sedi per farlo),

bensì sulle conoscenze che fino a qui abbiamo accumulato. Ovviamente, nella convinzione

che questo sapere possa servire a meglio deliberare, e cioè all’introduzione di riforme o in-

terventi efficaci, migliorativi dello status quo. Anche nella previsione – lo diciamo qui di

sfuggita – che il legislatore nazionale intenda incamminarsi sulla strada impervia della re-

golamentazione pubblica delle primarie. Finora, gli unici due casi in cui il potere pubblico

ha cercato di legiferare in materia, avvenuti entrambi a livello regionale, non hanno dato i

risultati sperati. Anzi, spesso hanno prodotto conseguenze inattese e controproducenti, fi-

nendo per svilire le potenzialità di uno strumento che, trovandosi ancora in uno stato di

inevitabile sperimentazione, rigetta imbracature normative mal congegnate. Ecco perché è

necessario conoscere prima di deliberare.

Come il lettore potrà facilmente notare, questo documento è una piccola antologia di tutto

quello che bisognerebbe sapere sulle primarie “all’italiana”. All’interno si trovano informa-

zioni su ogni livello elettorale (comunale, provinciale, regionale e nazionale) che, presto o

tardi, ha sperimentato qualche forma di elezione primaria. Non mancano dati sui compor-

tamenti dei votanti, dei candidati, sul gruppo dei dirigenti e last but not least sugli iscritti,

il cui parere è troppo spesso dato per scontato o semplicemente evocato per interposta per-

sona senza prima averlo realmente ascoltato. Non si tratta, però, di un Rapporto solo sulle

elezioni primarie perché esse hanno un impatto – previsto o no – anche sulla struttura del

partito, sul rapporto tra il leader e i dirigenti, sulle caratteristiche della democrazia interna

all’organizzazione. Le primarie sono un pertugio all’interno dei partiti contemporanei at-

traverso il quale è possibile intravedere le traiettorie delle loro trasformazioni future. Per

questo crediamo sia importante conoscerle prima di modificarle o cancellarle. “Prima co-

noscere, poi discutere, poi deliberare”: lo diceva Luigi Einaudi e a noi non resta che sotto-

scrivere.

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Primarie nazionali tra partecipazione e competizione

Da più di un decennio i partiti politici, soprattutto quelli europei, stanno attraversando un

profondo processo di cambiamento. Per alcuni studiosi, quel processo si chiama “crisi”,

mentre per altri è più corretto parlare di “trasformazione”. Non intendiamo entrare, qui e

adesso, all’interno di questa disputa teorica, anche perché probabilmente ne usciremo (for-

se) con una opinione in più, ma con poche certezze in meno. Tenteremo, invece,

un’operazione meno altisonante che, tuttavia, permetta di gettare uno sguardo informato

sul presente e sul futuro dei partiti. Lo faremo osservando da vicino lo sviluppo poderoso,

soprattutto in termini quantitativi, delle elezioni primarie in Italia.

La prima questione che quindi dobbiamo porci è: perché le primarie? Ovvero, più precisa-

mente, perché è importante affrontare questo tema se il nostro interesse ultimo è quello

dei partiti politici e del loro stato di salute? In questo caso, la risposta ci viene offerta, mol-

to banalmente, dalla storia, se non dalle vicende più recenti, dei partiti in molti paesi

d’Europa e in altre democrazie avanzate. Un po’ dappertutto, infatti, è possibile individua-

re un processo – solitamente etichettato come “democratizzazione intra-partitica” – che

coinvolge la maggior parte dei partiti europei e li costringe a ripensare il proprio modello

organizzativo nel tentativo di instaurare un rapporto diverso, più dinamico, con i propri

iscritti e/o simpatizzanti.

Sono rarissimi i partiti che, nel corso degli ultimi venti anni, non abbiano dovuto fare i

conti con una richiesta di maggiore (e migliore) democrazia interna, proveniente princi-

palmente dal basso o dalla base. Con modalità, sensibilità e tempistiche differenti, la mag-

gior parte dei partiti politici ha deciso, volente o nolente, di aprire quella che un grande

studioso recentemente scomparso chiamava la “cucina elettorale”, ovvero i luoghi più se-

greti delle loro attività, a uomini e donne a cui, fino a poco tempo prima, non era concesso

l’ingresso. Si pensi, per citare soltanto un dato, che dal 1990 al 2000 i casi di iscritti o sim-

patizzanti chiamati a scegliere il leader del proprio partito superavano appena la trentina

(per la precisione, 34 su quindici paesi europei1). Nel decennio successivo, invece, quel da-

to è più che raddoppiato: ad oggi sono all’incirca ottanta i casi nazionali di leader partitici

scelti attraverso procedure inclusive degli iscritti o, in alcuni casi a noi più noti, degli elet-

tori. Anche se è bene tenere distinte, non solo concettualmente, le elezioni primarie da al-

tre tipologie di votazione – ad esempio, l’elezione diretta di un capo o segretario di partito 1 Nello specifico, i quindici paesi presi in considerazione sono: Australia, Belgio, Canada, Danimarca,

Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Nuova Zelanda, Olanda, Portogallo, Regno Unito,

Spagna.

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– non si può non notare che esse fanno parte di una tendenza unica e cercano di risponde-

re a domande o esigenze simili. Studiare le primarie significa, dunque, confrontarsi con un

fenomeno che sempre più spesso coinvolge la vita e il funzionamento dei partiti contempo-

ranei.

Il secondo quesito che inevitabilmente dobbiamo porci è: perché l’Italia? E cioè: perché è

importante osservare quel che sta succedendo nel nostro Paese per capire ciò che sta acca-

dendo anche al fuori di esso, nei partiti delle altre nazioni? In questo caso, la risposta – che

potrebbe suonare eccessivamente enfatica – è che l’Italia, nell’ambito della democratizza-

zione intra-partitica, è un paese all’avanguardia, che non si limita a seguire il trend, ma ne

detta il passo e il ritmo. Naturalmente, l’Italia è trend-setter anche per il fenomeno di se-

gno opposto, che vede il potere nei partiti politici racchiuso nelle mani di pochi, pochissi-

mi, spesso unici leader. Il contesto italiano si presenta oggi come un piccolo laboratorio

dove poter osservare, in vitro, processi che altrove sono ancora allo stato embrionale e

aspettano di venire pienamente illuminati. Del resto, è innegabile l’interesse di molti stu-

diosi stranieri per il “laboratorio” partitico italiano, così come non possono essere sottova-

lutati i casi, peraltro crescenti, di vera e propria imitazione istituzionale nei confronti delle

primarie italiane da partiti di diversa provenienza e ideologia (a partire dalla Francia e del-

la Spagna).

Va anche detto in apertura che parlare di primarie in Italia vuol dire discutere prevalente-

mente di una specifica parte politica, ovvero del centrosinistra. Ancor più precisamente, si-

gnifica prendere sul serio la storia e lo Statuto del Partito Democratico (PD) che, fin dalla

sua nascita nel 2007, ha individuato nelle primarie il metodo principale per la selezione

delle candidature e nel voto diretto di iscritti e simpatizzanti lo strumento per eleggere il

proprio leader-segretario. Da questo punto di vista, è innegabile che il Partito Democratico

sia, a tutti gli effetti (e vedremo fra poco quali), il “partito delle primarie”, colui che se n’è

fatto non solo attivo promotore, ma anche assiduo organizzatore. Su questo punto, è utile

passare direttamente la parola ai dati. Come emerge dalla Tabella 1, dal 2004 ad oggi sono

state organizzate quasi un migliaio di elezioni primarie o, per estensione, di votazioni per

l’elezione dei segretari nazionali o regionali. Mille casi che sono distribuiti su tutti i livelli

territoriali, da quello nazionale più elevato a quello territorialmente più vicino ai cittadini,

ossia il municipio. Come argomenteremo più avanti nelle pagine di questo report, è pro-

prio a livello comunale che il seme delle elezioni primarie ha trovato terreno più fertile e

dove – se così si vorrà – sarà alquanto complicato da estirpare. Tuttavia, in ogni contesto,

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grande o piccolo, i partiti politici hanno trovato nelle primarie uno strumento flessibile, in

grado di adattarsi ai diversi assetti legislativi e istituzionali.

Tabella 1 – Elezioni primarie o votazioni dirette per la leadership in Italia, 2004-2015 Carica N. Leadership nazionale 3 Leadership regionale 57 Presidente del Consiglio 2 Parlamentare 1 Presidente di Regione 17 Presidente di Provincia 29 Sindaco 861 Totale 970

Se ci muoviamo da una prospettiva spaziale ad una temporale, lo sviluppo delle elezioni

primarie è caratterizzato – come mostra la Figura 1 – dalla presenza di alcune significative

“ondate” che, in parte, sono chiaramente in linea con i naturali cicli elettorali, ma che mo-

strano una vera e propria impennata a partire dal 2007-2008. Infatti, è con la nascita del

Partito Democratico che le elezioni primarie diventano un elemento costante, ricorrente e

non più marginale del panorama politico italiano. Al ritmo medio di 100 consultazioni or-

ganizzate all’anno, il Partito Democratico è diventato non solo il “partito delle primarie”,

ma anche l’organizzazione politica che più di ogni altra in Europa incentiva e organizza la

partecipazione degli iscritti/simpatizzanti nei processi di selezione dei candidati.

Figura 1 – Evoluzione delle elezioni primarie dal 2004 al 2015

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Come abbiamo visto, è il 2007 l’anno di svolta delle primarie, quello in cui un fenomeno fi-

no ad allora estemporaneo diventa un elemento costante. Con la nascita del Partito Demo-

cratico avviene ciò che possiamo definire il “passaggio dal mito al rito delle primarie”: un

mito nato nel 2005, quando Romano Prodi conquistò, a colpi di voti, la leadership della

larghissima coalizione di centrosinistra, all’epoca chiamata “L’Unione”. Nella sua forma,

per l’appunto, mitologica, l’esperienza del 2005 contiene in sé alcune caratteristiche che

proiettano sulle elezioni primarie determinati tratti distintivi destinati a restare, talvolta a

sproposito, anche in futuro. Infatti, l’immagine di primarie “finte”, poco combattute, rivol-

te a incoronare un candidato già noto piuttosto che a favorire la scelta autentica tra più

candidature rimane scolpita nella memoria degli italiani. Una memoria – si badi bene –

che resta difficile da scalfire anche quando le primarie cambiano pelle e diventano, per in-

tenderci, una “cosa seria”, prevedendo una competizione serrata tra candidati di eguale

forza e senza vincitori prestabiliti.

Su questo punto, si osservino i dati inclusi nella Figura 2, la quale riporta il margine eletto-

rale registrato nelle diverse elezioni primarie, dal 2005 ad oggi. Ad eccezione delle cosid-

dette “primarie di Prodi” e dell’elezione diretta del Segretario nel 2007, il livello di compe-

titività delle primarie italiane ha raggiunto livelli ragguardevoli, addirittura nettamente più

elevati rispetti a quelli che si registrano di solito nella patria a stelle e strisce delle primarie.

Da notare, inoltre, che è soprattutto a livello locale che la competizione si fa realmente ac-

cesa e dove è difficile stabilire in partenza chi sarà il vincitore.

Figura 2 – Competitività nelle primarie italiane

(valori % margine elettorale tra vincitore e candidato arrivato secondo)

7

L’immagine solo giornalistica delle primarie “all’italiana” – una specificazione sottolineata

spesso con tono spregiativo – caratterizzate da un livello di competitività risibile è, quindi,

poco più che una caricatura della realtà. Quello che, invece, rimane un dato costante nella

storia di queste consultazioni, è il successo in termini di mobilitazione e partecipazione.

Nonostante una crescente insoddisfazione verso la politica e una sfiducia oramai patologi-

ca nei confronti dei partiti italiani (meno del 5% degli italiani dichiara, secondo un sondag-

gio condotto da Demos, di avere “abbastanza” o “molta fiducia” nei partiti), la partecipa-

zione nelle elezioni primarie ha registrato sempre risultati al di sopra di ogni aspettativa.

Anche se non è l’unico criterio per valutare o misurare il successo di una innovazione poli-

tica, i tassi di partecipazione che questo tipo di consultazione ha costantemente raggiunto

segnalano come esso sia riuscito a intercettare e stimolare l’interesse di un numero cospi-

cuo di cittadini. Da un punto di vista numerico, mediamente un elettore del centrosinistra

su tre ha deciso di prendere parte alla selezione del candidato del proprio schieramento,

che si trattasse di un’elezione comunale o di cariche nazionali (vedi Figura 3). Pertanto, chi

continua a sostenere che il meccanismo delle primarie non funziona, che ha “stancato” o

andrebbe rivisto, dovrebbe innanzitutto confrontarsi con questi dati inequivocabili, i quali

rivelano un aspetto semplice: quando agli iscritti o ai simpatizzanti viene concessa la facol-

tà di incidere efficacemente nei processi decisionali dei partiti, la risposta che si riceve in

termini di partecipazione è sicuramente positiva.

Figura 3 – Tasso di partecipazione nelle primarie italiane (valori %)

8

È giusto, però, analizzare la partecipazione elettorale non soltanto in un’ottica puramente

quantitativa, limitandosi a contare le teste che hanno deciso di attivarsi in una determinata

occasione. Ai nostri fini, può essere altrettanto utile andare ad osservare dall’interno o da

vicino chi partecipa alle primarie, anche perché è proprio su questo fronte che si sono regi-

strate le critiche più numerose. La premessa, in questo caso, è che si sta discutendo di pri-

marie “aperte” o, più precisamente, “semi-aperte”, alle quali possono prendere parte tutti i

cittadini-elettori a patto che sottoscrivano un impegno a rispettare l’esito delle votazioni e

versino un piccolo obolo, solitamente di 2 euro. Dal punto di vista del selettorato (vedi

Glossario in Appendice), l’inclusività delle primarie italiane è particolarmente elevata: con

una semplice dichiarazione di interesse a favore di un partito o di uno schieramento viene

concessa la facoltà di incidere nella scelta delle candidature. È proprio in questa apertura –

per alcuni eccessiva – che molti critici delle primarie hanno visto il rischio di infiltrazioni,

inquinamenti e manipolazioni. Per questa ragione, è importante cercare di capire da chi sia

composto il cosiddetto “popolo delle primarie”2.

Figura 4 – Età dei partecipanti alle primarie 2012 e dell’elettorato di centrosinistra e generale nel 2013

(valori %)

2 I dati presentati di seguito, dalla Figura 4 alla Figura 11, sono ricavati da un exit poll condotto in 20 regioni

da Candidate & Leader Selection durante le primarie nazionali organizzate dai partiti di centrosinistra nel

2012. Al sondaggio hanno partecipato 3.334 persone. I dati riferiti all’intero elettorato di centrosinistra sono

invece estratti dal sondaggio condotto da ITANES in vista delle elezioni politiche del febbraio 2013 su un

campione di 1508 intervistati.

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Da un punto di vista demografico, il selettorato italiano è formato in prevalenza da persone

adulte e anziane. Infatti, all’incirca un elettore su tre delle primarie ha un età superiore ai

45 anni. Si tratta di un dato in linea con quello riguardante l’elettorato classico del centro-

sinistra, nel quale è predominante la componente più anziana della popolazione. Da un

confronto tra l’elettorato e il selettorato del centrosinistra (vedi Figura 4), emerge comun-

que una piccola differenza: chi partecipa alle primarie ha un’età media leggermente infe-

riore rispetto all’intero elettorato di riferimento. In generale, anche se non è possibile so-

stenere che le primarie siano sempre riuscite ad attrarre l’attenzione delle fasce più giovani

della popolazione, va comunque rimarcata la differenza tra l’elettore delle primarie e

l’elettore di centrosinistra nelle elezioni generali.

Figura 5 – Livello di istruzione dei partecipanti alle primarie 2012 e dell’elettorato di centrosinistra e gene-

rale nel 2013 (valori %)

Per quel che riguarda il grado di istruzione, il dato che emerge dall’analisi delle primarie è

in sintonia con le più ampie ricerche sulla partecipazione politica in generale. Il 40% del

selettorato possiede, infatti, un diploma di scuola superiore e il 17% una laurea. Inoltre,

come mostra la Figura 5, non esistono differenze di rilievo tra il votante nelle primarie e

quello nelle elezioni generali. Se, tra coloro che votano per un partito di centrosinistra, la

percentuale di chi possiede la licenza di scuola elementare o media raggiunge appena il

42,4%, all’interno del selettorato quella stessa percentuale raggiunge il 42,5%. Le primarie,

proprio per le loro caratteristiche e il loro impatto immediato sul processo elettorale, sem-

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brano dunque favorire la partecipazione di cittadini senza un livello di istruzione partico-

larmente elevato.

Figura 6 – Interesse per la politica per i partecipanti alle primarie 2012 e per l’elettorato del centrosinistra

e generale nel 2013 (valori %)

Infine, è interessante notare come l’elettore delle primarie mostri un interesse maggiore

per la politica, anche rispetto a tutti gli elettori dello stesso centrosinistra. Sono quasi nove

su dieci i partecipanti alle primarie che dichiarano di interessarsi “abbastanza” o “molto” di

politica (vedi Figura 6). Nel complesso, quindi, il selettorato del centrosinistra presenta un

profilo particolare, che è bene riassumere brevemente. Si tratta, anzi tutto, di una parte di

popolazione relativamente anziana, anche se leggermente più giovane rispetto

all’elettorato di riferimento; in sostanziale equilibro per quel che concerne il genere, ma,

soprattutto, con uno spiccato interesse per la politica e un livello di istruzione medio-alto.

Al di là di alcune piccole discrepanze, possiamo certamente affermare che il “popolo delle

primarie” è, da un punto di vista socio-demografico, quasi perfettamente rappresentativo

del più vasto e meno attivo elettorato del centrosinistra.

11

Figura 7 – Iscritti e non iscritti ai partiti nelle primarie nazionali 2012 (valori %)

Cosa cambia, però, se spostiamo la nostra analisi dai dati demografici a quelli più stretta-

mente politici? Per rispondere a questa domanda, un buon punto di partenza è fornito dal-

la Figura 7, nella quale i votanti alle primarie vengono suddivisi in due gruppi: tra chi è

iscritto a un partito politico e chi non ha alcun tipo di affiliazione. Il primo dato che merita

di essere evidenziato è la quota di votanti senza tessera. Più di tre elettori alle primarie su

quattro non sono iscritti ai partiti che, nel novembre 2012, si sono fatti promotori della

consultazione interna al centrosinistra. È un dato enorme nelle sue dimensioni e che rivela

un aspetto spesso dimenticato nel dibattitto attorno alle primarie. Se, infatti, escludessimo

i “senza-tessera” dalle votazioni per la scelta dei candidati, del successo in termini di parte-

cipazione alle primarie rimarrebbe ben poco. Anzi, sulla base dei nostri dati, con primarie

“chiuse” ai soli iscritti ci si dovrebbe aspettare una mobilitazione alquanto limitata, in gra-

do di stimolare la partecipazione di un iscritto su due o, nei casi più felici, due iscritti su

tre. Insomma, le primarie hanno bisogno degli iscritti per essere organizzate e allestite, ma

hanno bisogno dei simpatizzanti e degli elettori per poter riuscire in termini di mobilita-

zione elettorale.

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Figura 8 – Partecipanti alle primarie 2012 suddivisi per partito votato alle elezioni politiche del 2008 (va-

lori %)

Il secondo dato che va sottolineato riguarda la percentuale di elettori estranei alla tradizio-

ne politica del centrosinistra. Abbiamo visto in precedenza che gli elettori senza tessera

rappresentano la parte più rilevante del selettorato. Non essere iscritti, però, non equivale

ad essere completamente estranei alla tradizione e all’organizzazione di un partito politico,

tanto più se quel partito è il PD, il quale – proprio nel suo Statuto – sostiene di essere un

“partito federale costituito da elettori ed iscritti”. Questo aspetto, certamente sui generis

nel panorama italiano, pone però il Partito Democratico all’interno di quella corrente con-

temporanea di partiti caratterizzata, secondo gli studiosi, da una multi-speed membership,

cioè da una appartenenza a più velocità che si regola e si attiva in base alle singole disponi-

bilità o esigenze. Da questo punto di vista, un partito moderno è un’organizzazione che rie-

sce a far convivere al proprio interno diverse tipologie di “attivisti”, che possono andare dai

classici militanti, tipici dei partiti di massa, ai “primaristi”, ossia coloro che si attivano sol-

tanto saltuariamente per scegliere una determinata candidatura oppure per far sentire la

propria opinione in merito ad una specifica tematica. Pensare, oggi, che un partito politico

possa fare affidamento unicamente sulla forza e sulla presenza dei suoi iscritti più attivi,

significa non aver colto in pieno la portata di tutta quella serie di trasformazioni politiche,

sociali ed economiche che ha coinvolto i sistemi politici a partire pressappoco dall’ultimo

decennio del secolo scorso. All’interno di questo nuovo contesto, le elezioni primarie rap-

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presentano uno strumento, fra i tanti, per incentivare una nuova forma di partecipazione –

sicuramente “leggera” ma dalla quale ne possono scaturire altre più “pesanti” o impegnati-

ve – alle attività dei partiti politici. Come mostra la Figura 8, questa scommessa in Italia

sembra essere stata vinta. Nel momento in cui i partiti decidono di aprire i loro cancelli,

non si assiste ad una invasione aliena, attraverso la quale bande di elettori ignoti provano

ad impadronirsi surrettiziamente del partito. Tutt’altro. Quando i partiti diventano inclusi-

vi, come nel caso delle primarie per il Partito Democratico, più dell’80% dei votanti pro-

viene storicamente, ideologicamente, politicamente del centrosinistra. La favola delle pri-

marie italiane come teatro di scorribande e infiltrazioni di elettori “estranei” o “stranieri”

non va solo ridimensionata, ma assolutamente rigettata. Esiste – è vero – una componente

minoritaria del selettorato, quantificabile attorno al 5-6%, che proviene dall’esterno, ovve-

ro da partiti collocati nel centrodestra. Tuttavia, oltre a non rappresentare una forza in

grado di ribaltare gli esiti del voto, quella componente esterna al centrosinistra può anche

essere interpretata come una forma di voto personale, riservato a un candidato capace di

intercettare consensi al di là della classica frattura tra destra e sinistra.

Quanto fin qui argomentato, è ben visibile anche nella Figura 9. Domandando agli elettori

la loro auto-collocazione sul continuum sinistra-destra, emerge ancora una volta la sostan-

ziale sovrapponibilità, in questo caso ideologica, del popolo delle primarie con quello del

centrosinistra. Due “popoli” che si descrivono come moderatamente di sinistra, collocan-

dosi nel centro della prima parte del continuum, e che hanno soltanto pochissime propag-

gini nella parte di centrodestra. È significativa, da questo punto di vista, la collocazione di

coloro che hanno votato Matteo Renzi nelle primarie del 2012. Pur essendo considerato un

candidato in grado di attrarre il voto dell’elettorato di centrodestra, soltanto un percentua-

le ridotta (inferiore al 10%) dei suoi elettori si collocava nella parte destra della dimensione

sinistra-destra.

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Figura 9 – Auto-collocazione spaziale del selettorato (2012) e dell’elettorato di centrosinistra nel 2013 (va-

lori %)

Oltre ad essere composto da un elettorato di centrosinistra, il selettorato si caratterizza an-

che per l’elevata fedeltà mostrata nei confronti delle primarie. È il 73% la percentuale di chi

ha partecipato a più di una votazione interna ai partiti di centrosinistra e che qui abbiamo

definito “veterani” delle primarie (vedi Figura 10). Solo un elettore su quattro è definibile

come una “matricola”, cioè del tutto nuovo rispetto alle logiche di questo metodo di sele-

zione delle candidature. Questo è un aspetto piuttosto rilevante perché la logica delle pri-

marie, come qualsiasi tipo di attività, si impara e si affina praticandola nel corso del tempo.

È in un orizzonte temporale più lungo che gli elettori, così come i candidati, possono ap-

prendere tutte le regole del gioco, comprese quelle informali, e adattarsi al sistema di in-

centivi insito nello strumento. Comportarsi lealmente nel gioco delle primarie richiede, in-

nanzitutto, il rispetto – sia degli elettori che dei candidati – del risultato elettorale. In

quest’ottica, il selettorato del centrosinistra è, per una quota più che maggioritaria (59%),

“leale”, cioè ben disposto ad accettare il responso delle urne e a sostenere qualsiasi candi-

dato risulti vincitore (vedi Figura 11). C’è poi da registrare una parte più “scettica” o indeci-

sa, pari al 30% circa, che si riserva di decidere sul suo futuro comportamento elettorale in

un momento successivo alle primarie. Si tratta di elettori che, in buona misura, torneranno

a votare per il centrosinistra, ma che sono particolarmente sensibili alle modalità attraver-

so cui i partiti e i candidati sapranno gestire, possibilmente senza eccessivi strappi o lace-

razioni, il periodo post-primarie, ricreando un’unità di intenti dopo il confronto al proprio

15

interno. Infine, c’è una quota minoritaria (10%) di selettori del tutto indisposta a sostenere

un candidato diverso rispetto a quello votato alle primarie. Si tratta di quelli che qui ab-

biamo chiamato “apocalittici”: partecipanti disponibili a rispettare l’esito delle urne soltan-

to se il vincitore è il “loro”, mentre in tutti gli altri casi il fair play non è contemplato.

Figura 10 – Matricole e veterani nelle primarie nazionali del 2012 (valori %)

Figura 11 – Leali, scettici e apocalittici tra i partecipanti alle primarie 2012 (valori %)

16

Nel complesso, il popolo delle primarie, profondamente identificato nel centrosinistra ma

senza tessere di partito in tasca, è composto da cittadini che hanno imparato a conoscere le

logiche e le regole di uno strumento che è stato introdotto solo di recente nel contesto ita-

liano. A dieci anni di distanza dal loro debutto, nelle primarie ha finito per prevalere un

comportamento degli elettori orientato alla lealtà e al rispetto dell’esito del voto, anche

quando il risultato non è quello inizialmente sperato. Un lezione di etica politica che, tal-

volta, risulta carente tra i candidati, con tutte le conseguenze negative del caso, sia sulle

primarie sia sulle prestazioni elettorali dei partiti nelle elezioni generali.

17

L’elezione diretta del Segretario

Dal 2007 ad oggi sono state tre le occasioni in cui il Partito Democratico ha eletto il proprio

Segretario nazionale in via diretta, attraverso il voto non solo degli iscritti, ma anche degli

elettori. Tre importanti tornate di cosiddette primarie (che tuttavia primarie in senso pro-

prio non sono, dato che non corrispondevano alla selezione di un candidato a una carica

monocratica istituzionale), che hanno avuto effetti significativi sulla forma organizzativa e

politica del PD, soprattutto in virtù della rilevanza che esse sono venute acquisendo nel

corso del tempo, grazie alla notevole capacità di mobilitare l’elettorato di centrosinistra che

le ha contraddistinte. In tutte e tre le elezioni dirette del Segretario, infatti, la partecipazio-

ne al voto non è mai scesa sotto la soglia dei due milioni e mezzo di persone: oltre i tre mi-

lioni e mezzo nel 2007, in occasione della nascita del partito, oltre i 3 milioni nel 2009 e

pari a 2.797.758 nel 2013, in corrispondenza dell’elezione dell’attuale Segretario, Matteo

Renzi. Una mobilitazione che, raffrontata ai consensi ottenuti dal PD in occasione delle più

vicine elezioni politiche3, è oscillata fra il 26% delle elezioni 2009 e il 32,5% delle ultime

(con un dato pari al 30% in occasione della tornata costituente del 2007). Con una compo-

sizione del selettorato che – così come per le primarie di coalizione – si è costantemente

caratterizzata per il fatto di essere piuttosto anziana (più della metà con un’età dai 55 anni

in su), prevalentemente costituita da elettori di centrosinistra (più del 45% si autodefinisce

tale) e in stragrande maggioranza (oltre i 90%) di elettori PD, soprattutto delle regioni me-

ridionali (la metà nel 2007, il 45% nel 2009 e un terzo nel 2013). Si tratta inoltre di “vete-

rani” delle primarie, che per il 74% nel 2009 e l’82% nel 2013 avevano alle spalle la parte-

cipazione ad altre consultazioni simili, vuoi per la scelta del candidato di coalizione alla

guida del governo, vuoi per la selezione di candidati Sindaci, o Presidenti di regione o di

provincia. E, ciò che più conta, di selettori in larga maggioranza “leali” nei confronti del re-

sponso del voto, ossia pronti ad accettarne il verdetto anche qualora il proprio candidato

non dovesse avere la meglio4.

3 In particolare, il confronto è stato realizzato rispetto ai voti ottenuti dall’Ulivo alle elezioni politiche 2008

per quel che riguarda la votazione del 2007; con le elezioni politiche del 2008 per quelle del 2009 e, da

ultimo, con le elezioni politiche del 2013 per l’ultima tornata, quella del 2013. In tutti e tre i casi, il

riferimento va ai voti per l’elezione della Camera dei Deputati.

4 Nelle tre elezioni dirette del 2007, 2009 e 2013, i selettori che si sono dichiarati “leali” rispetto al responso

del voto, qualunque esso fosse, sono stati rispettivamente l’82%, l’84% e il 79%.

18

Un partito di elettori più che di iscritti

Proprio il successo ottenuto da questa singolare formula di elezione diretta del leader di

partito estesa alla partecipazione degli elettori ha prodotto, nel corso del tempo, quegli ef-

fetti sulla forma organizzativa e politica del PD a cui abbiamo fatto cenno in precedenza. In

primo luogo, decretando la trasformazione del Partito Democratico in un partito, per così

dire, “aperto”, cioè costituito anzitutto da elettori, prima ancora che da iscritti. Come illu-

strato chiaramente della Figura 12, mentre il numero degli iscritti, nel corso degli anni fra

il 2008 e il 2013, non ha mai superato il tetto del milione (con una punta di oltre 820 mila

iscritti nel 2009), il numero dei selettori non è mai sceso sotto la soglia dei 2 milioni e 700

mila, dimostrando come il ricorso a questo tipo di procedure per la selezione del proprio

Segretario nazionale abbia permesso al PD di mobilitare un numero di persone incompa-

rabilmente superiore alla cerchia dei propri iscritti.

Figura 12 – Andamento elettori e iscritti PD (2007-2013)

Un altro dato particolarmente significativo, al fine di chiarire l’impatto di queste consulta-

zioni sulla forma organizzativa del partito, riguarda l’incidenza del voto dei circoli durante

la prima fase congressuale, quella di pre-selezione delle candidature, rispetto al successivo

voto per la scelta del Segretario nazionale. Come si evince dalla Figura 13, la mobilitazione

degli iscritti dei circoli in paragone con quella degli elettori ai gazebo risulta, da un lato, fra

19

le elezioni 2009 e quelle 2013, in netta riduzione in tutte le aree geografiche del paese e,

dall’altro, piuttosto contenuta, ad eccezione delle regioni meridionali, dove si attesta sul

19,2% nel 2009 e sul 17,8% nel 2013. Con ciò, a fronte della considerevole capacità di mo-

bilitazione del proprio elettorato che il PD mostra in occasione dell’elezione diretta del Se-

gretario, il contributo dei circoli risulta essere alquanto marginale, addirittura dimezzan-

dosi fra il 2009 e il 2013 nelle cosiddette regioni rosse, cioè nei luoghi privilegiati del pro-

prio insediamento tradizionale.

Figura 13 – Tasso di mobilitazione degli iscritti PD al voto dei circoli rispetto all’elezione diretta del segretario

La trasformazione del gruppo di dirigenti

L’elezione diretta del Segretario partecipata dagli elettori ha avuto anche importanti effetti

di ordine politico, che possiamo chiaramente ravvisare attraverso l’analisi di alcune carat-

teristiche della platea dei delegati dell’Assemblea nazionale, in corrispondenza delle tre

tornate di elezione fra il 2007 e il 2013, oltre che rispetto alla loro tendenziale evoluzione

nel corso dello stesso arco di tempo.

In primo luogo, è assai probabile che il ricorso a questa procedura di elezione abbia com-

plessivamente favorito un ricambio generazionale altrimenti difficile da realizzare. Come si

vede dalla Figura 14, sono aumentati i delegati under 30, che costituiscono quasi il 14%

dell’Assemblea nazionale 2013, a fronte di quasi il 7% di quella del 2009 e dell’11% di quel-

20

la costituente (2007), così come sono aumentati i delegati fra i 30 e i 39 anni, passando dal

15% del 2007 a oltre il 20% del 2013. Sono invece significativamente diminuiti i delegati

con un’età superiore ai 50 anni; mentre quelli fra i 60 e i 69 anni, dal 2009 al 2013, si sono

sostanzialmente dimezzati e quelli over 60, nello stesso periodo, si sono ridotti di un terzo.

Figura 14 – Classi di età dei delegati dell’Assemblea nazionale PD (2007, 2009 e 2013) (valori %)

Un secondo importante effetto riguarda la provenienza di questo nuovo gruppo dirigente

che, come si vede nella Figura 15, se nel 2007 era costituito per il 26% da ex Margherita e

per il 43% da ex DS, con non più di un terzo dei delegati che potevano considerarsi estranei

alla storia politica dei due partiti fondatori, nel 2013 si costituisce per quasi il 44% di co-

siddetti “nativi democratici”, cioè iscritti che non hanno alle spalle esperienze politiche in

altri partiti (oltre che per il 21% di ex Margherita e per il 35% di ex DS)5.

5 Si noti che l’Assemblea nazionale 2009 si distingueva in particolare per due primati: il minor numero di

“nativi democratici” (circa 22%) e il maggior numero di ex DS, molti dei quali provenienti dalle fila del PCI.

21

Figura 15 – Provenienza partitica dei delegati dell’Assemblea nazionale PD (2007, 2009 e 2013) (valori %)

Un terzo importante effetto concerne la concezione che i delegati hanno del ruolo del pro-

prio leader di partito, rispetto alla coalizione che si candida al governo del paese, illustrata

attraverso la Figura 16. Se nel 2009 l’identificazione fra premiership e leadership invocata

dall’allora Segretario Veltroni non godeva di grande popolarità presso i delegati

dell’Assemblea costituente (poco meno del 3% concordava sulla coincidenza di questi due

ruoli), quasi il 58% dei delegati del 2013 è convinto che il Segretario del partito debba esse-

re anche il candidato alla guida del governo.

Figura 16 – Il ruolo del segretario secondo i delegati dell’Assemblea nazionale PD (2007, 2009 e 2013) (valori %)

22

L’identificazione fra leadership e premiership, tuttavia, non si sposa necessariamente e in

maniera conseguente con la cosiddetta logica della “vocazione maggioritaria”: se, infatti,

quasi il 40% dei delegati dell’Assemblea nazionale in carica (2013) ritiene che il PD debba

andare alle elezioni da solo, la maggioranza degli stessi delegati (42%) attribuisce una

valenza strategica ad un’alleanza con altri partiti di sinistra. Un dato per certi versi

sorprendente, se si pensa che una pari attenzione verso i partiti di sinistra non era presente

sia nella platea dei delegati dell’Assemblea nazionale 2009, quando il tema delle alleanze

era declinato in maniera privilegiata verso i partiti di centro, che soltanto per il 30%

riteneva indispensabile guardare in quella direzione, sia fra i delegati dell’Assemblea

costituente (2007), che cercava alleanze alla sinistra del nascente partito solo per il 36%.

Perciò, se in buona sostanza l’attuale gruppo dirigente recupera parte di quella vocazione

maggioritaria che era stata teorizzata prima e praticata poi dal PD di Veltroni nel 2007, lo

stesso gruppo dirigente presenta ancora una parte consistente – addirittura la parte

maggioritaria dell’Assemblea – che considera importante impegnarsi nella ricerca di

alleanze strategiche con soggetti politici di sinistra.

Un ultimo importante effetto, strettamente correlato al precedente, in quanto a sua volta

emblematicamente rappresentativo della concezione della democrazia prevalente

all’interno del gruppo dirigente del partito, riguarda le caratteristiche della legge elettorale,

come si vede nella Figura 17. Da sempre divisi fra doppio turno alla francese e

proporzionale con soglia di sbarramento alla tedesca, secondo opzioni che spesso

riflettevano la precedente appartenenza politica ai DS o alla Margherita, i delegati

dell’Assemblea nazionale, fra il 2007 e il 2013 vedono crescere notevolmente la

percentuale di chi ritiene che una legge elettorale debba prima di tutto assicurare la

governabilità del paese, che passa dal 52% del 2007 all’89% del 2013, laddove la

percentuale di coloro che attribuiscono maggiore importanza alla capacità di un sistema

elettorale di assicurare rappresentatività crolla dal 47,6% del 2007 all’11% del 2013.

Come si è visto, l’elezione diretta del Segretario estesa alla partecipazione degli elettori ha

finito col favorire la costruzione di un partito che, da un lato, sta mutando profondamente

le sue caratteristiche organizzative, soprattutto in virtù del peso crescente che la capacità di

mobilitazione degli elettori in occasione delle primarie sta dimostrando rispetto alla più

tradizionale capacità di iniziativa dei circoli e, dall’altro, sta cambiando alcuni aspetti

importanti della propria natura politica, a cominciare dal diffuso riconoscimento fra i suoi

dirigenti del valore della leadership di partito come presupposto indispensabile per la

guida del governo. Mutamenti che, con tutta probabilità, derivano la loro origine, sul

23

fronte esterno, cioè del rapporto fra partito e società, dal ruolo attribuito, al di fuori delle

logiche tradizionali dell’appartenenza partitica, agli elettori nel compiere scelte

fondamentali quali la selezione del Segretario nazionale e del suo gruppo dirigente, e sul

fronte interno, cioè nel proprio personale politico, dal rinnovamento generazionale, oltre

che dal conseguente distacco dalle tradizioni politiche del passato, che stanno favorendo la

formazione di quadri e funzionari sempre più autonomi e distanti dall’influenza delle

logiche politiche consensuali di matrice post-democristiana e post-comunista, e viceversa

sempre più favorevoli a una democrazia di tipo maggioritario, in cui il capo del principale

partito di uno schieramento politico è al tempo stesso investito della responsabilità di

guidare il governo e dove il sistema elettorale deve privilegiare le ragioni della

governabilità rispetto a quelle della rappresentatività.

Figura 17 – Caratteristiche della legge elettorale per i delegati dell’Assemblea (valori %)

È evidente che tali cambiamenti, le cui origini possono essere fatte risalire proprio

all’introduzione delle primarie (o di meccanismi di selezione dagli effetti in parte assimila-

24

bili, come l’elezione diretta del Segretario di partito con la partecipazione degli elettori),

abbiano sollecitato e stiano ancora sollecitando la struttura organizzativa del partito, così

come il suo quadro dirigente attivo. Si tratta quindi di un mutamento i cui effetti devono

ancora rintracciare tutte le condizioni organizzative necessarie al suo definitivo consolida-

mento. E proprio questa sarà la sfida del Partito Democratico nel prossimo futuro: gestire i

profondi cambiamenti di cui il partito è stato espressione in questi anni, senza che i loro ef-

fetti si ripercuotano su elettori, selettori e gruppi dirigenti del PD, evitando il rischio di uno

sterile quanto controproducente conflitto fra vecchio e nuovo.

25

Le opinioni degli iscritti sulle primarie

Le primarie del Partito Democratico si contraddistinguono per la loro massima inclusività.

Si tratta infatti di primarie aperte che consentono la partecipazione a chiunque lo desideri

(con le sole eccezioni previste dallo Statuto o le condizioni dettate talvolta dai regolamen-

ti). Questo significa che simpatizzanti e iscritti condividono il medesimo diritto – e a conti

fatti il potere – di scegliere candidati e addirittura il leader di partito. E lo fanno a prescin-

dere dal loro effettivo impegno e attivismo nella vita di partito.

La grande capacità di mobilitazione delle primarie si situa proprio nel coinvolgimento di

quote di sostenitori non aderenti all’organizzazione partitica: non iscritti, ma non disinte-

ressati alle sorti del partito; non intenzionati a impegnarsi attivamente e continuativamen-

te nella vita interna dell’organizzazione partitica, ma disposti a mobilitarsi una tantum in

occasione delle primarie. Parliamo di un capitale enorme per un partito che deve costruire

consenso elettorale e poter contare su una base solida di sostenitori. Le primarie hanno

dunque una grande efficacia esterna – lo mostrano chiaramente i numeri a 6 zeri della par-

tecipazione – tuttavia è proprio questa larghissima inclusività a porre qualche problema:

qual è il ruolo dei militanti in questo grande evento partecipativo? Il rischio è quello di un

progressivo indebolimento e di una definitiva marginalizzazione della figura classica

dell’iscritto dato che soggetti “esterni” all’organizzazione partitica possono esercitare un

potere cruciale anche a fronte di uno scarso impegno e coinvolgimento nel partito.

Come hanno reagito gli iscritti di fronte all’innovazione delle primarie? Gli iscritti si sento-

no minacciati dall’incursione di soggetti esterni in un momento delicato come quello della

selezione di candidati o leader di partito? O hanno invece un’opinione positiva intraveden-

do nelle primarie un’occasione di partecipazione e militanza in grado di rafforzare la rela-

zione con il proprio partito?

Per provare a rispondere a questi interrogativi, abbiamo utilizzato i dati di un sondaggio

condotto mediante metodo CAWI sugli iscritti PD fra il 25 marzo e 14 aprile 2013 che pro-

poneva una serie di domande volte a chiarire quali fossero le opinioni degli iscritti sulle

primarie6.

6 Seppure il campionamento non possa essere considerato probabilistico e la somministrazione CAWI risenta

di un bias legato allo strumento (il sondaggio ha raggiunto tutti gli iscritti PD che avevano reso disponibile al

partito il proprio indirizzo di posta elettronica), l'alto numero di intervistati (N. 13666) consente di trarre

alcune considerazioni in merito al rapporto fra primarie e iscritti.

26

In prima battuta, e prima ancora di esplorare il tema delle primarie, è utile riflettere su una

dimensione più generale che attiene all'attivismo interno al partito. Aderire a un partito si-

gnifica condividerne l'orientamento ideologico, le proposte politiche, ma anche partecipare

attivamente alla vita dell’organizzazione. Un modo per stimare e comprendere la natura

del coinvolgimento degli iscritti nell'organizzazione partitica è quello di considerare il nu-

mero delle ore spese settimanalmente dagli iscritti in attività di partito. I dati riportati nel-

la Figura 18 restituiscono l'immagine di una membership piuttosto attiva. Infatti, accanto a

quel 28,3% di iscritti PD che dichiara di non dedicare tempo alle attività del partito, si os-

serva la presenza del 51,8% dei rispondenti che invece dichiara di impegnare fino a 5 ore

settimanali in attività partitiche. Non solo: il 19,9% afferma di partecipare alle attività in-

terne per oltre 5 ore alla settimana. In altre parole, seppure la quota di inattivi sia elevata,

il partito può fare affidamento su uno zoccolo di militanti assidui che raggruppa circa un

quinto degli iscritti. Queste percentuali descrivono uno scenario positivo per il Partito De-

mocratico, i cui iscritti si mostrano più attivi e propensi a investire tempo nelle attività del

partito di quanto non facciano i loro omologhi europei.

Figura 18 - Pensando alla sua attività interna al partito, quante ore dedica in media alla settimana?

(valori %; n: 12.630)

Questi dati riflettono dunque l’immagine di un partito vivo al proprio interno, dotato di

una base di iscritti coinvolta, interessata ed attiva. Appurato ciò, passiamo ora ad affronta-

re il cuore del tema di questo paragrafo: il rapporto fra le primarie e i militanti.

27

Per quello che riguarda le primarie in generale (Figura 19) i membri del PD hanno pochi

dubbi: questo metodo di selezione riscuote un vasto apprezzamento.

Figura 19 - Quanto si ritiene d'accordo con le seguenti affermazioni? (valori %)

Oltre il 72% degli iscritti dichiara di essere “abbastanza” o “molto” d’accordo con la seguen-

te affermazione: "le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito" (41,4% abba-

stanza; 31,9% molto). Una quota simile (74,5%) ritiene invece che le primarie siano uno

strumento in grado di innescare processi di rinnovamento della classe politica (44% abba-

stanza; 30,5% molto). Più sfumata è invece la posizione degli iscritti rispetto all'idea che le

primarie possano aumentare la conflittualità interna al partito. Seppure il 61,9% affermi di

essere per nulla (19%) o poco (42,9%) d'accordo con l'affermazione, le posizioni non sem-

brano nette come per gli altri temi. Difatti la quota di militanti critici non è residuale come

negli altri casi (38,1%).

Alla luce di questi dati, gli iscritti appaiono largamente favorevoli allo strumento delle pri-

marie: le loro affermazioni lasciano intravedere una certa fiducia per questo metodo di se-

lezione che favorirebbe il rinnovamento della classe politica e avrebbe inciso positiva-

mente sul loro giudizio nei confronti del partito, riconoscendo comunque il rischio che di

esacerbare i conflitti interni.

I risultati presentati nella Figura 20 sono coerenti con questo clima d'opinione interno al

partito di grande positività verso le primarie. Gli intervistati sostengono in maniera con-

vinta il ricorso alle primarie per le cariche elettive: il 68,3% ritiene che debbano essere uti-

lizzate sempre per la scelta del candidato alla Presidenza del Consiglio; una quota simile

28

(68,5%) afferma di essere molto d'accordo con l'idea di usarle sempre per selezionare i

candidati a Presidente di Regione. Una lievissima flessione si osserva per quello che ri-

guarda la scelta dei candidati sindaco (63,4% si dichiara molto d'accordo) e ben il 66,4% ri-

tiene invece che debbano essere adoperate per la scelta dei candidati al Parlamento. Se a

coloro che hanno espresso il massimo grado di accordo si aggiungono gli intervistati che si

sono detti abbastanza d'accordo, il quadro appare fin troppo delineato: gli iscritti PD so-

stengono in maniera decisa il ricorso alle elezioni primarie con percentuali che superano

l'80%.

Figura 20 - Quanto si ritiene d'accordo con le seguenti affermazioni? (valori %)

Chiudiamo questa sezione presentando i dati relativi alle due tematiche specificamente mi-

rate a chiarire la natura della relazione fra iscritti di partito ed elezioni primarie (Figura

21). Il primo quesito si focalizzava sull'inclusività delle primarie e chiedeva agli intervistati

di esprimere il loro grado di accordo rispetto all'idea di "chiudere" le primarie e consentire

il voto ai soli iscritti senza coinvolgere soggetti esterni al partito. Interrogati su questo

aspetto specifico, i militanti intervistati presentano posizioni perlopiù contrarie (63,7%),

ma si registra una quota pari a oltre un quinto (21,7%) che accoglierebbe con molto favore

una riduzione dell'inclusività. Un quadro più netto e decisamente più favorevole alle pri-

marie si registra invece in merito all'ipotesi che le primarie possano ridurre il potere degli

iscritti all'interno del partito. I membri del PD interpellati non sembrano sentirsi minac-

ciati dalle primarie e il dato più interessante, ai fini della nostra analisi, giunge da quel

82,7% che esprime il proprio disaccordo. Più nel dettaglio: oltre la metà del campione in-

29

tervistato (55,5%) si dichiara in disaccordo, il 27,2% si dice poco d'accordo e solo una quota

marginale, pari al 17,4% degli intervistati, esplicita qualche forma di preoccupazione

(10,9% abbastanza d'accordo; 6,5% molto d'accordo).

Figura 21 - Quanto si ritiene d'accordo con le seguenti affermazioni? (valori %)

Alla luce di questi dati sembrano essere smentiti i timori di chi vede nelle primarie una

minaccia al ruolo del militante all’interno del Partito Democratico. Gli iscritti intervistati

sono in prevalenza favorevoli alle primarie, senza esprimere troppi dubbi. I dati sono ancor

più eloquenti se si considera che la somministrazione è avvenuta all’indomani di una delu-

dente prestazione elettorale e a ridosso della controversa (ri-)elezione del capo dello Stato,

in un momento dunque di grande criticità per il partito.

Si badi, non si tratta di ingenuo entusiasmo o semplice fascinazione per lo strumento: quo-

te non marginali di iscritti intravedono i rischi (si pensi al dato sulla conflittualità indotta

dalle primarie), ma in generale non sembrano intenzionati a rinunciare a questo strumento

di partecipazione in grado di migliorare la loro opinione sul partito.

30

Dieci anni di primarie regionali

Il 16 gennaio 2005, molti mesi prima delle celeberrime primarie che incoronarono Roma-

no Prodi, Nichi Vendola veniva selezionato come candidato presidente di tutto il centrosi-

nistra alle elezioni regionali pugliesi che si sarebbero svolte nell’aprile successivo. Aveva

così inizio la storia delle primarie regionali italiane. Esattamente come nel caso delle pri-

marie comunali, l’adozione delle primarie in ambito regionale appariva perfettamente coe-

rente con la filosofia di fondo di sistemi politico-partitici caratterizzati, innanzitutto,

dall’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale. I partiti, dunque, non solo

avrebbero offerto agli elettori la possibilità di eleggere direttamente il Presidente, ma an-

che di selezionare i candidati a quella carica apicale.

Con la parziale eccezione delle primarie online organizzate dal Movimento 5 Stelle in vista

delle ultime regionali, l’aumento dell’efficacia politica degli elettori, garantita

dall’interazione tra primarie ed elezione diretta del Presidente, ha riguardato una sola par-

te del sistema partitico italiano: il centrosinistra. Più precisamente, tra il gennaio 2005 e il

marzo 2015 si sono svolte 17 elezioni primarie regionali: in 14 casi si è trattato di primarie

di coalizione, nei rimanenti 3 casi, invece, la competizione ha coinvolto solo esponenti del

PD. Peraltro, queste competizioni si sono rivelate un fenomeno prevalentemente meridio-

nale. Infatti, mentre si sono tenute tre volte in regioni del Nord e altre tre volte in regione

del Centro, nelle regioni del Sud (e nelle Isole) le primarie si sono svolte in ben undici oc-

casioni.

Figura 22 - Numero di elezioni primarie sul totale delle elezioni regionali

31

Ma al di là della loro collocazione geografica, va segnalato che, così come accade per gli al-

tri tipi di primarie, anche la distribuzione temporale di quelle regionali presenta una ten-

denza crescente.

Raggruppando le elezioni primarie in base a tre distinti cicli elettorali, la Figura 22 mostra

molto chiaramente come nel corso del tempo la loro incidenza sia cresciuta significativa-

mente, passando dalle sole primarie pugliesi e siciliane del ciclo 2003-2006 (pari al 10%

delle venti elezioni regionali), alle 11 competizioni organizzate nel ciclo 2012-2015 (pari al

55%). Questa rilevante crescita, peraltro, è dipesa soprattutto dall’utilizzo che delle prima-

rie è stato fatto in vista delle elezioni regionali del 2014 e del 2015. Nel 2014, in quattro

delle cinque regioni che sono andate al voto il centrosinistra ha deciso di selezionare il

proprio candidato attraverso le primarie. L’unica eccezione alla regola è stata rappresenta

dal Piemonte, dove Sergio Chiamparino è stato candidato senza passare attraverso il vaglio

del selettorato. Se nel 2014 le primarie si sono tenute nell’80% dei casi, nel 2015 questa

percentuale si è fermata al 71,4%, un dato comunque molto significativo. Tra le sette ele-

zioni regionali tenutesi lo scorso 31 maggio, soltanto in Umbria e Toscana il centrosinistra

ha deciso di non selezionare il proprio candidato attraverso le primarie, puntando eviden-

temente sull’effetto incumbency (derivante dal vantaggio di essere in carica) di cui poi

hanno effettivamente beneficiato gli uscenti Catiuscia Marini (Umbria) e Enrico Rossi (To-

scana). Come si vede dalla Tabella 2, si è trattato di una decisione non scontata. In 7 casi su

17, infatti, il centrosinistra ha organizzato le primarie pur disponendo, potenzialmente, di

un candidato uscente. Inoltre, soltanto in due casi l’incumbent ha preso parte alla competi-

zione primaria: nel 2010 in Puglia e Calabria, quando Nichi Vendola e Agazio Loiero furo-

no scelti alla guida della coalizione7.

7 Il 28 novembre 2004, Loiero fu selezionato nell’ambito di una convention del centrosinistra. Qualcuno

all’epoca parlò di primarie, in realtà in quel caso si trattò semplicemente di un’assemblea di coalizione

allargata alle associazioni del territorio. Più precisamente, il 40% degli aventi diritto fu scelto dai partiti, il

30% dalle associazioni e il 30% rimanente era costituito dagli eletti.

32

Tabella 2 - Informazioni generali sulle elezioni primarie regionali del centrosinistra Regione Data Sistema elet-

torale Promotore Incumbent in

competizione Amministrazione

uscente 0 = turno uni-

co 1 = doppio

turno

0 = CS 1= PD

0 = senza incum-bent

1= con incumbent

0 = CD 1 = CS

Puglia 16/01/2005 0 0 0 0 Sicilia 04/12/2005 0 0 0 0 Puglia 24/01/2010 0 0 1 1 Umbria 07/02/2010 0 1 0 0 Calabria 14/02/2010 0 1 1 1 Molise 04/09/2011 0 0 0 0 Lombardia 15/12/2012 0 0 0 0 Basilicata 22/09/2013 0 0 0 1 Sardegna 29/09/2013 1 0 0 0 Abruzzo 09/03/2014 1 0 0 0 Emilia-Romagna 28/09/2014 0 1 0 1 Calabria 05/10/2014 0 0 0 0 Puglia 30/11/2014 0 0 0 1 Veneto 30/11/2014 0 0 0 0 Liguria 11/01/2015 0 0 0 1 Campania 01/03/2015 0 0 0 0 Marche 01/03/2015 0 0 0 1 Fonte: nostra elaborazione.

Oltre a quanto appena richiamato, la Tabella 2 fornisce un’altra importante informazione

generale sulle primarie regionali: il tipo di sistema elettorale impiegato. Innanzitutto, dal

momento che la posta in palio è il ruolo di candidato alla presidenza della Regione, il si-

stema non può che essere maggioritario, per cui i voti attribuiti ai candidati non selezionati

sono inutilizzabili. All’interno di questo panorama, l’unica distinzione rilevante riguarda la

previsione o meno del doppio turno. Osservando i diversi casi, emerge come soltanto in

due casi – Basilicata 2013 e Sardegna 2013 – il regolamento includeva un ballottaggio nel

caso in cui, al primo turno, nessun candidato fosse stato in grado di superare il 40% dei vo-

ti validi. Peraltro, in entrambe le occasioni il candidato selezionato ha superato la soglia del

40% al primo turno, rendendo vana la previsione del secondo turno.

La partecipazione alle primarie regionali

Esattamente come nel caso delle elezioni generali, il livello di partecipazione rappresenta

la prima informazione disponibile sulle elezioni primarie. Un dato che, in buona misura,

ne determina il grado di successo e legittimazione. Sia nelle primarie che nelle elezioni ge-

nerali, il bacino degli aventi diritto al voto è rigorosamente circoscritto. Esso, peraltro, è

più ampio nel caso delle primarie, coinvolgendo spesso i sedicenni, i diciasettenni e gli

immigrati regolari. Esiste, però, una importante differenza tra le primarie e le elezioni ge-

nerali: mentre nel secondo caso non ci sono dubbi sul fatto che il numero degli aventi dirit-

33

to debba costituire il parametro in base al quale determinate il tasso di partecipazione, nel

caso delle primarie il panorama è più complesso. Trattandosi di elezioni asimmetriche,

cioè svolte solo da una sola delle parti politiche in competizione, si può ipotizzare che le

primarie siano appetibili soprattutto per i simpatizzanti dei partiti che le promuovono.

Se così è, bisogna identificare il numero di potenziali partecipanti alle primarie, indipen-

dentemente da coloro che, formalmente, hanno il diritto di prendervi parte. Nel caso delle

primarie regionali, trattandosi di un’elezione monocratica, il «problema del denominato-

re» è stato risolto utilizzando i voti ottenuti alle successive elezioni regionali dal vincitore

delle primarie. L’utilizzo delle elezioni successive alle primarie in luogo di quelle preceden-

ti dipende dal fatto che, in quanto appartenenti ad un diverso ciclo politico-elettorale,

l’impiego delle seconde avrebbe potuto produrre un tasso di partecipazione ancorato ad un

panorama politico mutato. In questo quadro, l’unica eccezione riguarda il caso Sardegna

2013 quando, a causa di incombenti problemi giudiziari, la nominee Francesca Barracciu

non venne candidata alle successive elezioni regionali. Per questa ragione, nel caso sardo

abbiamo scelto di prendere in considerazione i voti attribuiti alle liste del centrosinistra.

Tabella 3 - La partecipazione alle primarie regionali Regione Data Partecipazione (va-

lori assoluti) Voti al candidato

Presidente alle Re-gionali successive

Tasso di partecipa-zione

Basilicata 22/09/2013 57.793 148.696 38,9 Liguria 11/01/2015 55.150 183.272 30,1 Calabria 14/02/2010 98.828 342.773 28,8 Calabria 05/10/2014 131.022 489.559 26,8 Molise 04/09/2011 18.648 87.637 21,3 Umbria 07/02/2010 54.680 257.458 21,2 Puglia 24/01/2010 204.512 1.036.638 19,7 Sardegna 29/09/2013 52.084 289.573 18,0 Marche 01/03/2015 43.592 251.050 17,4 Sicilia 04/12/2005 186.478 1.078.259 17,3 Puglia 30/11/2014 135.336 793.831 17,0 Campania 01/03/2015 164.537 987.651 16,7 Abruzzo 09/03/2014 40.293 319.887 12,6 Emilia-Romagna

28/09/2014 58.119 615.723 9,4

Veneto 30/11/2014 39.770 503.147 7,9 Lombardia 15/12/2012 150.604 2.194.169 6,9 Puglia 16/01/2005 79.296 1.165.536 6,8 Fonte: nostra elaborazione. Nota: nei casi Puglia 2010 e Campania 2014 abbiamo considerato i voti validi, poiché il dato relativo alla partecipazione non è disponibile. Data la limitata incidenza dei voti non validi alle elezioni primarie, questo inconveniente non inficia in alcun modo la validità delle nostre considerazioni.

La Tabella 3 mostra il livello di partecipazione nelle 17 primarie esaminate. I dati sono or-

dinati in senso decrescente in base al tasso di partecipazione. Come anticipato, esso scatu-

risce dal rapporto tra il numero di selettori e il numero di voti ottenuti dal vincitore alle

34

successive regionali, moltiplicato per 100. Innanzitutto, però, vale la pena osservare i dati

in termini assoluti. Da questo punto di vista, le primarie con il maggior numero di selettori

si sono svolte in Puglia nel 2010 (204.512); quelle molisane del 2011, invece, sono state

partecipate da appena 18.648 selettori, il che è perfettamente coerente con le limitate di-

mensioni della regione.

Guardando ai dati in termini percentuali, in primo luogo, emerge che il tasso di partecipa-

zione varia dal 6,8% delle primarie pugliesi del 2005 al 38,9% di quelle svoltesi in Basilica-

ta nel 2013; inoltre, si deve sottolineare che mediamente decide di partecipare il 18,6% dei

potenziali selettori. È piuttosto interessante notare come, oltre al caso Puglia 2005, solo in

altre tre occasioni la partecipazione sia rimasta sotto il 10%: Emilia-Romagna 2014 (9,4%),

Veneto 2014 (7,9%) e Lombardia 2012 (6,9%). Al contrario, escludendo il caso Basilicata

2013, la soglia del 20% è stata superata in cinque casi: Liguria 2015 (30,1%), Calabria 2010

(28,8%), Calabria 2014 (26,8%), Molise 2011 (21,3%) e Umbria 2010 (21,2%).

Per quanto interessanti, questi dati ci dicono poco sull’andamento nel tempo del tasso di

partecipazione. A questo proposito potrebbe essere utile osservare la Figura 23 che, per

ogni anno elettorale, riporta la media del tasso di partecipazione nelle elezioni primarie.

Figura 23 - Tasso di partecipazione medio alle primarie regionali

Si nota chiaramente come l’evoluzione della partecipazione non segua un percorso lineare,

né restituisca una tendenza di qualsivoglia tipo. In altre parole, il tasso di partecipazione

medio ha un andamento altalenante che non permette di trarre conclusioni affrettate né

sull’eventuale crescita di attrattività delle primarie né sull’ipotesi contraria.

35

I risultati delle primarie regionali

Modificare profonde e radicate convinzioni di senso comune è obiettivo quanto mai diffici-

le. Saremmo dunque ingenui se aspirassimo a ridisegnarle limitandoci a presentare alcu-

ne, semplici, informazioni. Tuttavia, indipendentemente dai loro potenziali effetti benefici,

i dati ci consentono di scoperchiare l’evanescenza del senso comune sulle elezioni primarie.

La vulgata, per esempio, si ostina a sostenere che le primarie, soprattutto a livello subna-

zionale, sono vinte da candidati estremisti, appartenenti a partiti schierati alla sinistra del

Partito Democratico. Confinando lo sguardo alle primarie regionali, la realtà ci consegna

uno scenario diametralmente opposto. Limitandoci alle 14 primarie di coalizione, il candi-

dato del PD è stato selezionato in 10 casi. In due casi invece hanno vinto due candidati in-

dipendenti che, di fatto, erano sostenuti dai democratici: Rita Borsellino alle primarie sici-

liane del 2005 e Umberto Ambrosoli alle primarie lombarde del 2012. L’unico candidato in

grado di battere i candidati del PD è stato Nichi Vendola. L’ex Presidente della Puglia, in-

fatti, vinse la competizione nel 2005 sotto le bandiere di Rifondazione Comunista, confer-

mandosi nel 2010 nelle file di Sinistra Ecologia e Libertà. Insomma, alle primarie regionali

vincono i candidati del partito centrale della coalizione.

Tabella 4 - I risultati alle primarie regionali Regione Anno N. candi-

dati Vincitore % vincito-

re % miglior perdente

Margine elettorale

Indice di com-petitività

Puglia 2005 2 Vendola 51,1 48,9 2,2 0,99 Umbria 2010 2 Marini 54,3 45,7 8,6 0,99 Emilia-Romagna

2014 2 Bonaccini 60,9 39,1 21,8 0,95

Sicilia 2005 2 Borsellino 66,9 33,2 33,7 0,90 Puglia 2010 2 Vendola 67,2 32,8 34,4 0,89 Lombardia 2012 3 Ambrosoli 57,7 23,2 34,5 0,79 Puglia 2014 3 Emiliano 57,2 31,4 25,8 0,76 Calabria 2010 3 Loiero 53,8 39,6 14,2 0,74 Sardegna 2013 5 Barracciu 44,3 32,6 11,7 0,62 Campania 2015 3 De Luca 50,7 43,8 6,9 0,74 Calabria 2014 3 Oliverio 54,0 42,1 11,9 0,71 Molise 2011 5 Frattura 39,4 29,4 10,0 0,69 Marche 2015 3 Ceriscioli 52,5 46,1 6,4 0,68 Liguria 2015 3 Paita 53,1 45,6 7,5 0,68 Veneto 2014 3 Moretti 66,4 29,3 37,1 0,63 Basilicata 2013 4 Pittella 45,3 44,6 0,7 0,61 Abruzzo 2014 3 D’Alfonso 76,4 13,4 63,0 0,55 Fonte: nostra elaborazione.

Chiarito questo punto preliminare, la Tabella 4 offre altre interessanti informazioni. Tanto

per cominciare, ai loro esordi le primarie regionali sono state, in larga misura, competizio-

ni tra due candidati: con l’unica eccezione del caso Calabria 2010, le cinque primarie che si

36

sono svolte tra il 2005 e il 2010 hanno avuto questa caratteristica. Tra il 2011 e il 2015, in-

vece, l’unica primaria con due soli candidati è stata quella emiliano-romagnola del settem-

bre 2014, che ha visto contrapposti i due esponenti del PD Stefano Bonaccini e Roberto

Balzani. Il formato largamente prevalente, tipico del 53% delle primarie regionali, è rap-

presentato da competizioni a tre candidati. Quattro candidati, invece, hanno corso nelle so-

le primarie lucane del 2013. Infine, il limite massimo di cinque candidati è stato raggiunto

sia nelle primarie molisane del 2011, sia in quelle sarde del settembre 2013.

Come già anticipato, anche nei pochi casi nei quali era previsto un ballottaggio, i risultati

delle primarie sono arrivati fin dalla prima giornata di votazione. Nella maggior parte dei

casi, peraltro, il candidato vincitore ha superato la maggioranza assoluta dei voti. Oltre alle

cinque competizioni a due candidati, questa circostanza si è verificata anche in tutte le

primarie a tre. Al contrario, nel caso di primarie con quattro (Basilicata 2013) e cinque

competitors (Molise 2011 e Sardegna 2013) il vincitore si è fermato alla maggioranza rela-

tiva. Indipendentemente dal formato della competizione, il candidato che ha ottenuto la

vittoria più larga è stato Luciano D’Alfonso, in grado di vincere le primarie abruzzesi del

marzo 2014 con il 76,4% dei voti. Viceversa, il molisano Paolo di Laura Frattura vinse nel

2011 le primarie della sua regione con il 39,4%, conseguendo la percentuale più bassa in

assoluto.

L’esame dei risultati di una qualunque competizione elettorale non può limitarsi alla mera

descrizione delle percentuali di voto. Il che è vero soprattutto quando, come in questo caso,

non è possibile produrre un’analisi territoriale del voto ricca di dettagli e approfondimenti.

È opportuno, per esempio, esaminare il grado di competitività delle primarie così da con-

tribuire, dati alla mano, all’infinito e spesso mal posto, dibattito su primarie “vere” e pri-

marie “false”.

Qual è, dunque, il livello di competitività delle primarie regionali italiane? Per rispondere a

questa domanda, possiamo utilizzare il margine elettorale (differenza in punti percentuali

tra il vincitore e il migliore perdente) e l’indice di competitività elaborato da Kenig8. Ciò

premesso, la Tabella 3 ordina le diverse primarie in senso decrescente in base all’indice di

competitività. Come si vede, le primarie più competitive sono quelle pugliesi del 2005 le

quali, non solo hanno un indice di competitività pari a 0,99, ma presentano anche il se-

condo margine elettorale più contenuto (2,2), dopo quello delle primarie lucane del 2013

8 L’indice di competitività di Kenig, che varia tra 0 e 1, tiene conto di tutti i candidati in competizione; più

esattamente, si ottiene dividendo il numero effettivo dei candidati per il numero dei candidati in gara. Il

numero effettivo dei candidati è calcolato in base al noto indice di Laakso e Taagepera.

37

(0,7). Sul lato opposto, abbiamo le primarie abruzzesi del 2013, cui corrisponde un indice

di Kenig uguale a 0,55 e un margine elettorale pari a 63 punti percentuali. Se queste due

primarie costituiscono i due punti estremi, mediamente l’indice di Kenig raggiunge lo 0,76,

mentre il margine elettorale medio è uguale a 19,4 punti. Questi due valori indicano un li-

vello medio di competitività piuttosto significativo. In entrambi i casi, infatti, i valori degli

indici non sono molto lontani dal limite massimo.

38

Le primarie locali

Il Partito Democratico elegge i suoi segretari tramite primarie aperte a livello nazionale e

regionale, mentre per i livelli inferiori (comuni e province) si affida ai soli iscritti. Di con-

seguenza, l’espressione “primarie locali” si riferisce esclusivamente alle primarie tenute per

selezionare i candidati del partito alla carica di sindaco e di presidente della provincia.

Partiamo da queste ultime. Come riportato nella Tabella 5, il centrosinistra ha organizzato

29 primarie provinciali, che con una sola eccezione si sono tenute fra il gennaio del 2006 e

il dicembre del 2010. Successivamente, l’unica primaria provinciale si è tenuta a Trento nel

2013. Questa singolare distribuzione nel tempo dipende dal processo di riforma che ha in-

teressato le province a partire dal decreto “Salva-Italia” approvato dal governo Monti nel

dicembre 2011, che non ha coinvolto Trento in ragione del suo status speciale. Perlopiù si è

trattato di primarie di coalizione, ad eccezione di quelle promosse nel 2008, quando il

neonato Partito Democratico a guida veltroniana preferì “andare da solo” nella maggior

parte dei casi. Il numero dei candidati di solito è compreso fra 2 e 4, ma in quattro casi si

sono contrapposti 5 candidati e in un caso addirittura 6. I vincitori delle primarie – che so-

lamente in tre occasioni sono stati di genere femminile – appartengono alla sinistra cosid-

detta estrema soltanto in due casi. I candidati della sinistra moderata – nel tempo facenti

capo a Democratici di Sinistra, Margherita, Socialisti Democratici Italiani, Partito Demo-

cratico e Patt – prevalgono con notevole frequenza. Dopo la sua fondazione, il PD fa la par-

te del leone, vincendo 9 delle 12 primarie di coalizione. I nominees – i candidati selezionati

attraverso le primarie – vengono eletti presidenti in 14 casi, che non consentono di conclu-

dere alcunché sulla capacità di promozione delle primarie in vista delle successive elezioni

provinciali.

Tutte le primarie provinciali si sono tenute con il sistema elettorale a turno unico. Tuttavia

nel caso di Fermo si sono tenute due primarie. Con la prima il PD ha scelto un suo candi-

dato con una primaria di partito; successivamente il vincitore (Renzo Offidani) si è nuo-

vamente impegnato in una primaria di colazione per essere sconfitto dal candidato della

sinistra (Fabrizio Cesetti). Si tratta dunque di due primarie distinte, non di un’unica pri-

maria a doppio turno con ballottaggio.

39

Tabella 5 - Le primarie provinciali del centrosinistra, 2006-2013

Provincia Data delle primarie

Promotore N. can-didati

Vincitori Partito del vincitore

Esito alle elezioni provinciali

Gorizia 29/01/2006 Centrosinistra 4 Enrico Gherghetta DS Eletto

Lucca 05/03/2006 Centrosinistra 4 Stefano Baccelli Margherita Eletto

Imperia 26/03/2006 Centrosinistra 2 Fulvio Vassallo DS Non eletto

Ancona 04/02/2007 DS n.a. Patrizia Casagrande DS Eletto

La Spezia 04/02/2007 Centrosinistra 5 Marino Fiasella Margherita Eletto

Vercelli 01/04/2007 Centrosinistra 3 Francesco Carcò SDI Non eletto

Vicenza 15/04/2007 Centrosinistra 3 Pietro Collareda Margherita Non eletto

Asti 09/03/2008 PD 2 Roberto Peretti PD Non eletto

Caltanissetta 11/05/2008 PD 4 Salvatore Messana PD Non eletto

Fermo (1) 23/11/2008 PD 2 Renzo Offidani PD Non candidato

Ascoli 30/11/2008 PD 3 Emidio Mandozzi PD Non eletto

Cuneo 14/12/2008 PD 3 Mino Taricco PD Non eletto

Savona 14/12/2008 PD 6 Michele Boffa PD Non eletto

Taranto 14/12/2008 Centrosinistra 2 Gianni Florido PD Eletto

Arezzo 01/02/2009 Centrosinistra 2 Roberto Vasai PD Eletto

Pistoia 01/02/2009 Centrosinistra 3 Federica Fratoli PD Eletto

Siena 01/02/2009 PD 3 Simone Bezzini PD Eletto

Firenze 15/02/2009 Centrosinistra 3 Andrea Barducci PD Eletto

Grosseto 15/02/2009 Centrosinistra 3 Leonardo Marras PD Eletto

Prato 15/02/2009 Centrosinistra 2 Lamberto Gestri PD Eletto

Fermo (2) 08/03/2009 Centrosinistra 2 Fabrizio Cesetti Sinistra Eletto

Pordenone 08/03/2009 PD 2 Giorgio Zanin PD Non eletto

Napoli 22/03/2009 Centrosinistra 3 Luigi Nicolais PD Non eletto

Isernia 29/03/2009 Centrosinistra 5 Antonio Sorbo Sinistra Non eletto

Avellino 05/04/2009 Centrosinistra 3 Alberta De Simone PD Non eletto

Brescia 05/04/2009 PD 5 Diego Peli PD Non eletto

Verona 05/04/2009 PD 3 Diego Zardini PD Non eletto

Ravenna 19/12/2010 Centrosinistra 4 Claudio Casadio PD Eletto

Trento 13/07/2013 Centrosinistra 5 Ugo Rossi PATT Eletto

Le province sono soltanto 110, e le primarie provinciali si sono sostanzialmente protratte

per solo quattro anni. Ben diversa è la situazione dei comuni, che sono oltre ottomila, dove

le primarie si sono svolte consecutivamente per 12 anni, dal 2004 al 2015. In questo perio-

do diverse forze politiche hanno organizzato ben 952 primarie aperte per scegliere i propri

candidati sindaci9. La Figura 25 riporta tutte queste primarie, ripartite a seconda del parti-

to o coalizione che le ha indette.

9 Alcuni partiti, segnatamente il Movimento 5 Stelle, hanno fatto uso di primarie chiuse riservate ai soli

iscritti. Questo tipo di primarie non è qui considerato.

40

Figura 25 - I promotori delle primarie per i sindaci, 2004-2015 (N=952)

La figura permette in primo luogo di constatare un aspetto già noto: le primarie sono so-

prattutto pertinenza dei partiti del centrosinistra. Gran parte delle primarie per i sindaci è

stata organizzata da una coalizione di centrosinistra (in diversi formati) oppure dal solo

Partito Democratico; un numero minore, e talora irrisorio, di primarie sono state promos-

se da una lista civica di centrosinistra e dai Democratici di Sinistra. Nel complesso, le pri-

marie del centrosinistra rendono conto del 91% del totale. Il centrosinistra e suoi diversi

partiti quindi non sono gli assoluti monopolisti delle primarie per i sindaci. Il centrodestra

(inteso come coalizione, PDL, FDI, FLI e liste civiche ad esso riconducibili) ha contribuito

con 36 primarie; le liste civiche autonome, non facenti parte di nessuno schiarimento, con

32; fra gli ultimi arrivati si notano il M5S, la Sud Tiroler Volkspartei e una incipiente coali-

zione di centro. All’elenco mancano SEL, che è comunque frequentemente impegnata nelle

primarie di coalizione del centrosinistra, e la Lega Nord, il cui interesse per la democrazia

intrapartitica si è per adesso arrestato alla selezione di Matteo Salvini come segretario, che

è stata realizzata nel dicembre 2003 per mezzo di una primaria chiusa.

41

Figura 26 - Le primarie comunali del centrosinistra, 2004-2015 (N=866)

Le primarie del centrosinistra assommano a 866 casi, e questa “abbondanza” permette

alcune variazioni e digressioni sul tema. Se si trascurano le pochissime esperienze dei

primi due anni, la Figura 26 presenta lo sviluppo nel tempo di due cicli elettorali comunali

quinquennali, 2006-2010 e 2011-201510. Essa evidenzia un trend nel complesso

ascendente, con due picchi in corrispondenza del 2009 e del 2014. La spiegazione di

questo andamento è abbastanza semplice. Innanzitutto, i partiti del centrosinistra fanno

un uso crescente delle primarie. In secondo luogo, il ciclo elettorale ha fatto sì che nel 2009

e nel 2014 siano andati al voto circa metà degli ottomila comuni, cosicché ad un numero

elevato di elezioni comunali ha finito per corrispondere un numero elevato di elezioni

primarie.

10 Le primarie si tengono solitamente in un periodo che va dal mese di settembre dell’anno che precede le

elezioni comunali fino a 5-6 settimane prima del voto, allorché scadono i termini per la presentazione di liste

e candidati. Per evitare ambiguità, le primarie sono dunque classificate in riferimento all’anno delle elezioni

comunali. Per esempio, le 54 primarie del 2015 si sono tenute fra il 14 settembre 2014 e il 26 aprile 2015.

42

Figura 27 - Numero di candidati alle primarie comunali del centrosinistra, 2004-2015 (N=866)

La Figura 27 mostra la frequenza dei diversi formati della competizione. In quattro casi il

centrosinistra ha tenuto primarie con un candidato unico. Si è trattato di eventi casuali,

che in nessun modo sono dipesi dalla volontà dei dirigenti di frenare la competizione. Ta-

lora il numero di candidature degli aspiranti sindaci ha dato luogo a una competizione

chiaramente patologica. Senz’altro è questo il caso dei nove candidati delle primarie di coa-

lizione del 2006 a Grosseto: difficile per un selettore raccapezzarsi in un contesto così

scoordinato. La scelta del numero superiore di candidati più opportuno per considerare

“normale” una competizione primaria è sempre e comunque soggettiva. Diciamo che, vista

la natura plurale del centrosinistra, possiamo considerare come fisiologica la presenza di

un numero di candidati compreso fra due e cinque. Se assumiamo questo criterio, in 845

primarie, pari al 98% del totale, l’offerta politica è stata ragionevole, e i selettori hanno po-

tuto effettuare la loro scelta in condizioni di “normalità” democratica. Se si ritenesse di

considerare come “normali” le primarie con un massimo di quattro candidati, questa per-

centuale si manterrebbe comunque al 93%.

43

Figura 28 - I sistemi elettorali delle primarie comunali del centrosinistra, 2004-2015 (N=866)

La Figura 28 descrive quali sistemi elettorali sono stati adottati dai partiti del centrosini-

stra in occasione delle primarie per i sindaci. Come molto spesso accade per le elezioni di

tipo monocratico, la scelta si è concentrata sul sistema maggioritario a turno unico oppure

sul sistema a doppio turno con ballottaggio, con una netta prevalenza del primo11. Delle 36

primarie tenute con il doppio turno otto sono state organizzate dal solo Partito Democrati-

co, 28 dalla coalizione di centrosinistra. La scelta del ballottaggio, di per sé, non è inusuale

nella politica italiana. Colpisce però la discrasia fra le scelte operate con i regolamenti loca-

li e il dettato dello statuto del PD: “Le primarie, di coalizione o di partito, per la scelta dei

candidati a Sindaco, Presidente di Provincia e Presidente di Regione, si svolgono con il

metodo della maggioranza relativa” (art. 18.6, corsivi nostri). Qui vi è un problema dovu-

to alla difformità fra regolazione nazionale e pratiche locali. Per la verità, in questo fran-

gente ci sembra che lo statuto del Partito Democratico – che fra l’altro pretende di regola-

mentare unilateralmente anche le primarie di coalizione – fornisca indicazioni ultra vires.

Molto si è detto sulla presunta mancanza di competitività delle primarie del centrosinistra,

che a detta dei critici sarebbero organizzate soltanto per rafforzare un vincitore già deciso

11 A Novi Ligure, nel 2014, una lista civica autonoma ha fatto uso, caso unico in Italia, di una variante del voto

alternativo. Questa soluzione è altamente raccomandabile anche per le primarie del centrosinistra con più di

due candidati.

44

in altre sedi. A parte il fatto che la legittimazione dal basso di un candidato virtualmente

già selezionato – è il caso delle “primarie di Prodi” – è una funzione normale delle prima-

rie, la credenza relativa alla scarsa competitività deriva dall’osservazione delle (poche)

primarie nazionali e trascura l’esistenza delle (molte) primarie locali12. Fra i numerosi me-

todi disponibili per misurare la competitività di un’elezione – primaria o no, non importa –

qui ne esaminiamo uno che è stato spesso al centro di aspre contese locali. Nei primi anni

di uso delle primarie vigeva la regola non scritta per cui un sindaco uscente che si propo-

neva per un secondo mandato non poteva essere sfidato. Lo statuto del Partito Democrati-

co (art. 18.5), adottato nel 2008, formalizzava invece le modalità con cui un sindaco – ma

anche un presidente di provincia o di regione – in cerca di una ricandidatura poteva essere

sottoposto al vaglio delle elezioni primarie.

La Tabella 6 mostra le conseguenze prodotte dalla regola introdotta nel 2008. Da allora, e

fino al 2015, il centrosinistra ha organizzato 729 primarie per i sindaci. In ben 81 casi – pa-

ri all’11,1% – il sindaco in carica è stato coinvolto in elezioni primarie per accedere al se-

condo mandato. E in 30 occasioni su 81 è stato battuto e ha dovuto lasciare il passo ad un

contendente. Più di ogni altro, proprio questo aspetto evidenzia la portata del principio

della contendibilità delle cariche stabilito dall’art. 1.8 dello statuto del Partito Democratico.

Tabella 6 - Il ruolo del sindaco in carica nelle primarie del centrosinistra, 2008-2015

Ruolo del sindaco uscente N % % cumulate

Il sindaco in carica si candida e perde le primarie 30 4,1 4,1

Il sindaco in carica si candida e vince le primarie 51 7,0 11,1

Il comune è commissariato, non c’è un sindaco in carica 45 6,2 17,3

Il sindaco in carica non è candidato alle primarie 603 82,7 100,0

Totale 729 100

Torniamo al punto accennato sopra. Spesso la stampa ha messo in risalto le vittorie dei

candidati di SEL, i quali hanno prevalso in occasione di primarie che si sono tenute per se-

lezionare i candidati sindaci in città molto importanti. I casi di Cagliari, Genova e Milano

sono i più noti. Soprattutto quest’ultimo, con la vittoria di Giuliano Pisapia dapprima alle

primarie e poi nel confronto con il sindaco uscente Letizia Moratti, ha rappresentato una

svolta politica di eccezionale importanza. I resoconti giornalistici hanno enfatizzato questi

12 Peraltro, con una incongrua argomentazione di segno contrario, il PD è stato talora irriso per la scarsa

competitività dei suoi candidati a fronte della presunta superiorità dei candidati di Sinistra Ecologia e

Libertà. Torneremo fra poco su questo punto.

45

pochi casi più rilevanti, senza però fornire un quadro complessivo della situazione basato

sull’intera evidenza disponibile.

Figura 29 - I vincitori delle primarie comunali di coalizione, 2008-2015 (N=460)

Nota: la sigla PS (Partito Socialista) individua tutti i candidati socialisti, anche se il partito nel tempo ha alternato sigle differenti (PSI, PS, SI, SDI).

Questo quadro complessivo è mostrato nella Figura 29, che presenta la distribuzione dei

partiti di appartenenza dei vincitori delle sole primarie comunali di coalizione che si sono

tenute da quando il Partito Democratico è nato riunificando diverse sigle precedenti. Negli

otto anni che vanno dal 2008 al 2015 il centrosinistra ha organizzato 461 primarie di coali-

zione. Nel caso delle primarie di Barrafranca (Enna) non è stato possibile identificare il

partito di appartenenza del vincitore. Nei 460 casi disponibili i candidati del Partito Demo-

cratico si sono imposti in 341 casi. In termini percentuali, questo significa che i Democrats

riescono ad ottenere la nomination nel 74,1 percento dei casi, in pratica tre volte su quat-

tro. La seconda posizione in questa particolare classifica, come mostra la legenda verticale

della Figura #, spetta ai candidati delle liste civiche, che hanno vinto in 48 primarie. I can-

didati di SEL hanno colto solamente 27 successi (pari al 5,9%), anche se in verità si tratta –

come detto – di vittorie ottenute in comuni molto importanti e di grande valenza. A tutti

gli altri candidati, siano essi di partito oppure indipendenti, è toccato un numero di vittorie

davvero molto ridotto, che complessivamente equivale a meno del 10 percento del totale.

Fare le primarie aiuta a vincere le elezioni comunali? In questo caso la logica non è suffi-

ciente a rispondere. Infatti si può argomentare che le primarie selezionano i candidati mi-

gliori attraverso una competizione serrata e ne promuovono l’immagine fra gli elettori; op-

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pure che le primarie consumano risorse ed energie, che vengono così sottratte alle succes-

sive elezioni comunali, ed esibiscono pubblicamente le divergenze che separano i candida-

ti. Vediamo cosa ci dicono i dati a questo proposito. Il destino finale degli 866 candidati di

centrosinistra provenienti dalle primarie è riportato nella Figura #. In una minoranza di

casi il candidato che ha vinto le primarie non si è presentato successivamente alle comuna-

li13; per il resto, i nominees hanno perlopiù prevalso, divenendo sindaci nel 59% dei casi.

Figura 30 - Il rendimento elettorale dei candidati del centrosinistra selezionati attraverso le primarie, 2004-2015 (N=866)

Naturalmente, le informazioni della Figura 30 devono essere trattate con molta cautela,

perché la vittoria di un candidato sindaco dipende da molti fattori, e le primarie sono solo

uno di essi. Per intenderci: fra i candidati vittoriosi alle elezioni comunali abbiamo due

sindaci selezionati per mezzo delle primarie a Firenze (Renzi e Nardella) e altri due sele-

zionati con le primarie a Bologna (Delbono e Merola). A prescindere dalle qualità delle

primarie e dai meriti dei singoli, è ragionevole supporre che quelle vittorie siano state in-

13 L’unico caso noto è quello di Napoli, dove nel 2011 le primarie sono state annullate per brogli. Si tratta

peraltro dell’unico caso in cui il ritiro del candidato è dovuto ad un fallimento delle primarie, e non a scelte

volontarie o alla casualità.

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nanzitutto una conseguenza della forza del centrosinistra nelle due città, e ogni altro fatto-

re sia allora stato secondario.

Figura 31 - Il rendimento elettorale dei candidati del centrosinistra a seconda del tipo di promotore delle primarie, 2004-2015 (N=845)

Nota. Le primarie sono così suddivise: coalizione=533; per le primarie di partito: PD=295; liste civiche=16; DS=1.

La Figura 31 fornisce qualche indicazione in più su questo punto. Qui il risultato finale dei

candidati provenienti dalle primarie è distinto a seconda che il candidato provenga da pri-

marie di coalizione oppure di partito. In entrambe le circostanze, a replica di quanto pre-

sentato nella figura precedente, i candidati del centrosinistra risultano eletti sindaci nella

maggior parte dei casi. Adesso però si nota che la percentuale di vittorie alle elezioni co-

munali è più elevata in caso di primarie di partito. Le differenze, contenute in poco più di 5

punti percentuali, non sono ampie. E tuttavia i candidati che provengono da primarie di

partito – che significa in pratica primarie del Partito Democratico – divengono sindaci con

maggiore frequenza.

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FAQ

Domande e risposte per risolvere alcuni inconvenienti delle pri-marie

D. Si lamenta spesso la “infiltrazione di elettori di destra” che alterano il risultato delle

primarie. Si tratta di un fenomeno reale? Va considerato come un tradimento dello spiri-

to delle primarie?

R. Il coinvolgimento nelle primarie di elettori che hanno in precedenza votato per il cen-

trodestra è stato talora riscontrato per mezzo di sondaggi, e si è sempre rivelato di modesta

entità. Un partito che decida di fare uso delle primarie aperte accetta implicitamente di fa-

re votare elettori (“matricole”) che magari non hanno mai sostenuto il centrosinistra, e il

cui passato elettorale non può comunque essere controllato. Peraltro, la tesi del sabotaggio

è finora priva di ogni evidenza, e viene talora addotta dai candidati sconfitti dopo avere co-

nosciuto l’esito delle primarie. Inoltre, visti i livelli di partecipazione molto elevati, il sabo-

taggio richiederebbe l’impiego coordinato di un numero elevatissimo (e perciò poco vero-

simile) di sabotatori. Si aggiunga che la crisi di Forza Italia ha immesso sul mercato eletto-

rale un gran numero di elettori che in passato hanno votato per il centrodestra, e che oggi

sono (ragionevolmente) in cerca di una alternativa. Insomma, le primarie aperte dovrebbe-

ro essere considerate uno strumento per coinvolgere fasce di elettori non abituali piuttosto

che un varco per presunti sabotatori.

D. In alcuni casi (p.es. primarie regionali in Liguria) si sono verificate polemiche in meri-

to alla presenza alle urne di selettori extra-comunitari. Si tratta di casi evidenti di voto di

scambio? È possibile prevenire queste polemiche?

R. Prima di tutto, queste polemiche hanno avuto presa perché non esiste una diffusa con-

sapevolezza che il PD ha attribuito di diritto di voto alle primarie agli immigrati extraco-

munitari. È possibile che, dopo una decina di anni di scarso impiego di questo diritto, al-

cune comunità di stranieri inizino a essere coinvolti nella politica del centrosinistra, anche

perché mobilitati da qualche candidato. La revoca del diritto di voto per bloccare ipotetiche

pratiche di voto di scambio sembra essere un rimedio peggiore del male. Piuttosto, va se-

guita la pragmatica soluzione adottata in occasione delle primarie regionali delle Marche:

49

in quella occasione i migranti, insieme ai 16-17enni e agli elettori fuori sede, hanno potuto

esercitare il diritto di voto previa pre-registrazione. Per i cittadini italiani dotati di tessera

elettorale la pre-registrazione non era prevista, come di consueto.

D. Nell’inverno 2013-2014 in Emilia-Romagna si sono tenute moltissime primarie comu-

nali, a cui si sono aggiunte le primarie per il segretario regionale e nazionale del partito,

seguite poco dopo dalla campagna per le elezioni europee. In quell’occasione i militanti

lamentarono l’eccesso di impegno richiesto per assicurare l’apertura dei seggi elettorali

per le primarie. Come fare per non gravare eccessivamente sui militanti?

R. L’impegno ai seggi di iscritti e militanti è chiaramente insostituibile. Per agevolarne le

attività sarebbe opportuno non utilizzare il sistema a doppio turno (fra l’altro vietato dallo

statuto PD), che in caso di ballottaggio impone la duplicazione dell’impegno in un tempo

ravvicinato. Il voto alternativo, al pari del doppio turno, favorisce la selezione di un candi-

dato eletto con la maggioranza assoluta dei voti, concentrando però tutte le attività di voto

in un solo giorno.

D. In occasione delle selezione del Segretario nazionale vinta da Matteo Renzi nel 2013 il

voto dei circoli è stato caratterizzato da brogli diffusi, che hanno portato

all’annullamento del voto di alcune federazioni provinciali. È possibile prevenire una si-

mile situazione?

R. In quella circostanza il regolamento congressuale ha permesso l’iscrizione al PD nel

momento stesso del voto, generando confusione e, soprattutto, favorendo la cosiddetta in-

stant membership, ovvero l’adesione al partito di persone interessate solo a influenzare la

votazione in corso. Il problema può essere agevolmente superato stabilendo un limite tem-

porale oltre il quale l’iscrizione non dà diritto al voto. La soluzione più restrittiva potrebbe

prevedere che possano votare (di solito nel mese di settembre) solo coloro che erano già

iscritti nel precedente mese di dicembre; alternative meno drastiche (una settimana, un

mese) favorirebbero un maggiore coinvolgimento in occasione del congresso, senza però

forse risolvere il problema.

50

D. Esiste un periodo ideale per organizzare le primarie?

R. Non esiste una finestra temporale ottimale all’interno della quale tenere le elezioni pri-

marie. Tuttavia, è necessario lasciare un po’ di tempo – indicativamente tra le 8 e le 12 set-

timane – tra la conclusione delle primarie e la data delle elezioni generali. Questo periodo

di tempo deve essere utilizzato dai partiti promotori delle primarie per sciogliere eventuali

polemiche successive alla consultazione e per lanciare in maniera efficace la campagna

elettorale del candidato selezionato.

D. Che uso deve essere fatto dell’Albo degli Elettori?

R. Finora, per le modalità in cui (non) è stato utilizzato, soprattutto per questioni di priva-

cy, l’Albo degli Elettori ha rappresentato più un limite che una risorsa nelle mani dei parti-

ti. Se usato soltanto come uno strumento di schedatura dei simpatizzanti, l’Albo continuerà

ad essere un inutile dispendio di energie; se invece diventasse uno strumento per sondare,

in occasioni particolari, le opinioni degli elettori su specifiche tematiche o per affinare gli

strumenti in vista della campagna elettorale, allora diventerebbe una formidabile risorsa.

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Glossario breve sulle primarie

CANDIDABILITÀ: elettorato passivo delle elezioni primarie. Comprende tutti quei citta-

dini ai quali è permesso avanzare la propria candidatura alle primarie. I requisiti che rego-

lano la candidabilità alle primarie possono essere più o meno stringenti (v. inclusività) e

vanno da una semplice raccolta di firme fino al requisito di iscrizione a un partito politico

(per un periodo di tempo più o meno lungo).

CICLO DI PRIMARIE: insieme di elezioni primarie collegate e riferite a un’unica tornata

o sessione elettorale.

COMPETITIVITÀ: incertezza relativa all’esito delle primarie. Primarie dell’esito sicuro o

scontato, come le cosiddette primarie con monocandidatura (v. uncontested primaries),

sono primarie poco competitive. Primarie il cui risultato è incerto fino al giorno delle ele-

zioni sono, invece, primarie molto competitive. In letteratura, esistono diverse misure della

competitività delle primarie. Le più diffuse e utilizzate tengono conto sia del divario tra il

primo e il secondo classificato, sia della distribuzione dei voti fra i vari candidati.

CONFLITTUALITÀ: modalità di conduzione della campagna elettorale delle primarie

che prevede toni e stili di comunicazione rissosi e astiosi, finalizzati prevalentemente alla

delegittimazione dell’avversario. Una campagna elettorale all’insegna della conflittualità

produce abitualmente lacerazioni nel partito e impedisce confronti approfonditi sulle te-

matiche salienti.

DIVISIVITÀ: spiccata competizione e rivalità fra i candidati delle primarie, soprattutto in

quelle situazioni in cui non esiste un candidato favorito e l’esito della contesa è incerto.

Primarie divisive riflettono spesso lacerazioni presenti all’interno del partito che il candi-

dato vincitore proverà a ricucire nel corso della campagna elettorale delle elezioni generali.

ELEGGIBILITÀ (ELECTABILITY): capacità, anche soltanto ipotetica, di un candidato

alle primarie di vincere ovvero di risultare eletto nelle elezioni generali (amministrative,

legislative o presidenziali). Un candidato electable è un candidato che possiede discrete

probabilità di essere eletto alle elezioni generali (v.).

ELEZIONI GENERALI: elezioni alle quali sarà candidato il vincitore delle primarie. Es-

se sono temporalmente e logicamente connesse alle elezioni primarie. Nel gergo politico e

giornalistico, ci si riferisce alle elezioni generali come elezioni “secondarie”. Tuttavia, es-

sendo di primaria importanza, è preferibile riferirsi a queste votazioni utilizzando

l’espressione più precisa e comunemente accettata.

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ENDORSEMENT: dichiarazione pubblica di sostegno nei confronti di un determinato

candidato alle elezioni primarie rilasciata da esponenti rilevanti della politica, locale o na-

zionale, della cultura, dello spettacolo, dello sport o della società in senso lato.

ESTERNO: selettore che, non essendo né simpatizzante di un determinato partito o

schieramento né iscritto, partecipa alle primarie di un partito o di una coalizione per cui

non aveva mai votato in passato. I selettori esterni si distinguono tra “adulatori” e “inqui-

natori” (o infiltrati: crossover voters). Nel primo gruppo, rientrano tutti i selettori “esterni”

che votano alle primarie perché attratti unicamente dalla personalità di un candidato, sen-

za tener conto di pregresse appartenenze partitiche. Il secondo gruppo comprende quei se-

lettori che votano alle primarie per sabotare l’esito elettorale e/o rafforzare il candidato

considerato meno eleggibile (v. eleggibilità).

FAVORITE SON: candidato che, attraverso la sua partecipazione alle primarie, ottiene il

più ampio sostegno specifico di una determinata area dentro al partito o di un determinato

territorio.

FRONT RUNNER: il candidato favorito, secondo i sondaggi e l’opinione pubblica in ge-

nerale, delle elezioni primarie. Spesso, ma non necessariamente, è anche il candidato che

raccoglie il maggior numero di endorsement (v.).

INCLUSIVITÀ: caratteristica del selettorato (v.) e della candidabilità (v.). Essa identifica

la maggiore o minore apertura del processo di selezione dei candidati, per quanto riguarda

sia l’esercizio del diritto di voto, comprese le procedure di pre-registrazione in eventuali

albi elettorali, sia la possibilità di presentare una determinata candidatura. Più elevate so-

no le soglie (burocratiche o regolamentari) e più numerose sono le barriere previste dagli

organizzatori delle elezioni primarie per poter esprimere il voto o avanzare una candidatu-

ra, minore sarà l’inclusività delle primarie.

INSIDER: candidato che proviene ed è sostenuto dal gruppo dirigente di un determinato

partito politico. Al plurale (insiders), indica la rete di dirigenti di partito schierati a soste-

gno del candidato insider.

ISCRITTO: cittadino formalmente membro di un partito politico. L’iscrizione al partito

prevede, solitamente, il pagamento di una quota associativa e, dunque, va considerato

iscritto chiunque abbia regolarmente soddisfatto i requisiti associativi. L’iscritto, nella tra-

dizione e nel contesto europeo, non va confuso con l’elettore “registrato”, presente negli

Stati Uniti d’America. I cittadini statunitensi “registrati” nelle liste elettorali di un deter-

minato partito sono per lo più da considerarsi alla stregua di quelli che in Europa vengono

definiti simpatizzanti (v.).

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MATRICOLA: cittadino che partecipa per la prima volta, come votante o come candidato,

alle primarie, a livello locale o nazionale.

MOBILITAZIONE: capacità dei partiti promotori delle primarie di incentivare la parte-

cipazione e il voto dei cittadini. La capacità mobilitante di un partito è maggiore quando, in

termini quantitativi, il selettorato reale si avvicina al selettorato potenziale.

NOMINATION: conquista della candidatura alle elezioni generali da parte di un candida-

to (in casi di carica monocratica) o di più candidati (per le cariche assembleari). Con la vit-

toria alle primarie, il vincitore viene nominato ufficialmente nominee (v.), ovvero candida-

to del partito o della coalizione.

NOMINEE: candidato o candidata che, vincendo le primarie, ottiene formalmente la no-

mination (v.) e presenterà la sua candidatura alle elezioni generali (v.).

OUTSIDER: candidato alle primarie con poche, o nulle, possibilità di successo. Solita-

mente, il candidato definito outsider proviene dall’“esterno”, cioè non dai principali partiti

promotori delle primarie, e sta “fuori” dal gruppo dei maggiori esponenti di un determina-

to partito politico. In breve, l’outsider è colui che si oppone ai candidati insider (v.) e/o ai

loro sostenitori.

PARTECIPAZIONE: numero di selettori, in termini assoluti, che hanno partecipato, col

proprio voto, alla selezione delle candidature. Pertanto, la partecipazione alle primarie cor-

risponde al selettorato reale.

POPOLO DELLE PRIMARIE: variopinto aggregato di cittadini, dai contorni incerti e

mutevoli, che partecipa con costanza alle primarie, nazionali e locali, organizzate dai partiti

italiani di centrosinistra.

PRIMARIE (ELEZIONI): metodo di selezione dei candidati a cariche elettive, monocra-

tiche o assembleari, attraverso votazione da parte di iscritti, simpatizzanti o semplici citta-

dini.

PRIMARIE APERTE: votazioni per la selezione di candidati nelle quali tutti i cittadini,

senza distinzioni o preclusioni partitiche, possono esercitare il diritto di voto alle primarie.

In questo caso, il selettorato potenziale corrisponde all’elettorato generale.

PRIMARIE CON MONOCANDIDATURA (UNCONTESTED PRIMARIES): prima-

rie alle quali partecipa un solo candidato. Di norma, in questi casi, scopo delle primarie

non è la selezione del candidato, bensì la legittimazione di una specifica candidatura.

PRIMARIE CHIUSE: votazioni per la selezione di candidati nelle quali il selettorato è ri-

stretto a chi si è pre-registrato in apposite liste elettorali (per il contesto statunitense) o è

regolarmente iscritto al partito che promuove le elezioni primarie.

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PRIMARIE DI COALIZIONE: votazioni organizzate e promosse congiuntamente da più

di un partito politico per la selezione di uno o più candidati comuni.

PRIMARIE DI PARTITO: votazioni organizzate e promosse da un unico partito politico.

PRIMARIE INVISIBILI: si intende sia il processo attraverso cui alcuni influenti espo-

nenti di partito (v. insider) tentano di condizionare l’esito delle primarie, sia il periodo,

precedente al giorno della votazione, nel quale alcuni dirigenti partitici, attraverso la ricer-

ca e la raccolta di endorsement (v.) significativi, cercano di trasformare un candidato nel

potenziale front runner (v.).

PRIMARIE PRIVATISTICHE: primarie regolate, organizzate e finanziate da un partito,

un movimento o una lista civica, senza alcun intervento o sostegno dell’amministrazione

pubblica.

PRIMARIE PUBBLICHE: primarie regolate, organizzate e finanziate

dall’amministrazione pubblica.

PRIMARIE SEMI-APERTE: votazioni per la selezione di candidati dove il selettorato è

riservato agli iscritti e ai simpatizzanti, i quali sono tenuti a dichiarare formalmente la pro-

pria “simpatia” e a farsi registrare in un apposito albo elettorale.

PRIMARISTA: chiunque si dichiari sostenitore della necessità o della utilità delle elezioni

primarie come metodo per la selezione dei candidati a cariche pubbliche elettive.

RUNNER UP: il principale sfidante, tra i candidati in lizza, del candidato dato per favori-

to dall’opinione pubblica.

SELETTORATO: elettorato attivo delle elezioni primarie. Comprende tutti coloro ai quali

è consentito votare alle primarie. Si distingue tra selettorato potenziale e selettorato reale.

Il s. potenziale è composto da tutti coloro che hanno diritto di voto nelle elezioni primarie.

Invece, il s. reale include i votanti che hanno concretamente partecipato alle primarie. In

generale, il s. può essere composto dagli iscritti ai partiti (v.), dai simpatizzanti (v.) e dai

cosiddetti “esterni” (v.).

SELETTORE: chiunque voti alle elezioni primarie.

SELETTORE DEFEZIONISTA (BOLTER): selettore che dichiara di appoggiare e vota-

re il vincitore delle primarie alle elezioni generali solamente nel caso in cui corrisponda al

candidato scelto e votato alle primarie.

SELETTORE FEDELE: votante nelle primarie che dichiara di appoggiare e votare il vin-

citore delle primarie, chiunque sia, anche nelle elezioni generali.

SIMMETRIA DELLE PRIMARIE: situazione nella quale i principali partiti scelgono i

propri candidati a una determinata carica attraverso primarie contestuali e concomitanti.

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Primarie asimmetriche sono, invece, quelle elezioni nelle quali solo i candidati di un parti-

to o schieramento sono scelti attraverso primarie, mentre i candidati dei partiti concorrenti

sono selezionati attraverso altre modalità.

SIMPATIZZANTE: cittadino che dichiara di essere stato, di essere e, molto probabilmen-

te, di rimanere anche in futuro elettore di un determinato partito o schieramento politico.

Chi è iscritto a un partito non rientra nel gruppo dei simpatizzanti, la cui attività e fedeltà

nei confronti dell’organizzazione partitica è molto più irregolare e intermittente e in genere

si concretizza soltanto con il voto alle elezioni generali.

SOSTENIBILITÀ (VIABILITY): capacità, anche soltanto ipotetica, di un candidato del-

le primarie di ottenere un numero sufficiente di appoggi e di sponsor tale da rendere seria

e credibile la propria candidatura. Un candidato viable, cioè sostenibile, è un candidato che

possiede buone probabilità di conquistare la nomination (v.), ovvero di ottenere la candi-

datura.

STAGIONE DELLE PRIMARIE (PRIMARY SEASON): periodo di tempo che inter-

corre dall’avvio della discussione sull’opportunità di organizzare elezioni primarie alla pro-

clamazione del vincitore. Quando le elezioni primarie sono regolate e gestite dell’autorità

pubblica, la stagione delle primarie incomincia nel momento stesso in cui vengono annun-

ciate le votazioni. La primary season è composta da tre periodi temporali, che solo in parte

si sovrappongono: 1) primarie invisibili (v.); 2) campagna elettorale; 3) proclamazione del

vincitore e conseguente pubblicazione ufficiale dei risultati.

VETERANO: colui o colei che, in passato, ha già preso parte almeno una volta, come vo-

tante o come candidato, alle primarie, a livello locale o nazionale.

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