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Rassegna Stampa

AntiCorruzioneIl Resto del Carlino (ed. Rovigo): Gibin: «Decisione presa senza sentire le parti» .........................................

La Nazione (ed. Siena): «Siamo in grado di garantire continuità e qualità dei servizi»....................................

La Repubblica.it: Redditi online, il no dell'assessora ex Microsoft imbarazza il Comune: "Risponderò........

Stretto Web.com: Reggio Calabria, Mauro: "protocollo Anac da estendere anche alla Città ..........................

Cyber SecurityBtBORESETTE: Ransomware scatenati. Che fare per contrastare il cybercrime?...........................................

Tribuna Politica Web.it: Cybersecurity. Cicchitto "sulla sicurezza ci fidiamo troppo di Putin. Spero che ....

PrivacyIl Sole 24 Ore: Dati, sicurezza vs privacy ..........................................................................................................

Responsabilità amministrativa degli entiCasteddu Online: Lotta alla criminalità d'impresa:a Cagliari contro truffe e corruzione..................................

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Data:

13/02/17Il Resto del Carlino (ed. Rovigo)Gibin: «Decisione presa senza sentire le parti»

Argomento:AntiCorruzione 2p.

Gibin: «Decisione presa senza sentire le parti»

ROVIGO pag. 5Gibin: «Decisione presa senza sentire le parti» ECOAMBIENTE Romanello era responsabile prevenzione corruzione «Anac ha deliberato in relazione a quanto presentato da Romanello, senza sentire le parti, nei tempi stabiliti presenteremo quanto necessario a dimostrazione della correttezza delle nostre iniziative». Così Ivano Gibin, amministratore delegato di Ecoambiente dallo scorso dicembre. È la risposta a Raffaele Cantone che ritiene la revoca di Giuseppe Romanello da responsabile prevenzione corruzione di Ecoambiente sia immotivata e in contrasto con le indicazioni dell'autorità nazionale anticorruzione, Anac. Non solo, di suo pugno ha scritto che la revoca «appare una misura ritorsiva». Cantone, 53 anni, è un magistrato in aspettativa dal 27 marzo 2014 quando l'allora presidente del consiglio dei ministri, Matteo Renzi, l'ha nominato presidente Anac. Ecoambiente è l'azienda che svolge il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti nella provincia di Rovigo, nata nel 2012 dalla fusione di Asm Ambiente ed Ecogest. Nella delibera depositata pochi giorni fa l'Autorità Anticorruzione non chiede ad Ecoambiente di presentare documentazioni o altri, Cantone chiede il «riesame del provvedimento di revoca». Nessuna dichiarazione, in proposito, da parte del presidente di Ecoambiente, Alessando Palli. In linea con Gibin invece il terzo componente del cda, Alice Casetta: «La delibera dell'Anac è stata emessa senza sentire la controparte». Ecoambiente è l'azienda che raccoglie i rifiuti, al 67 per cento del comune di Rovigo e al 33 del Consorzio Rsu, che è dei 50 comuni polesani. Giuseppe Romanello è stato direttore generale di Ecoambiente da settembre 2012, fino al 27 dicembre scorso quando è stato revocato dal consiglio di amministrazione non solo dalla carica di direttore ma anche da quella di responsabile prevenzione corruzione. La revoca di Romanello è uno dei punti di un accordo che ha accettato il sindaco di Rovigo, Massimo Bergamin, il 7 dicembre scorso con il commissario liquidatore del consorzio Rsu, Pierluigi Tugnolo. L'accordo ha portato alla nomina del nuovo cda: presidente Alessandro Palli, Ivano Gibin e Alice Casetta nel cda. Tommaso Moretto

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Data:

13/02/17La Nazione (ed. Siena)«Siamo in grado di garantire continuità e qualità dei servizi»

Argomento:AntiCorruzione 3p.

«Siamo in grado di garantire continuità e qualità dei servizi»

PRIMO PIANO SIENA pag. 3«Siamo in grado di garantire continuità e qualità dei servizi» Sei Toscana tranquilizza dopo la decisione dell'Anti corruzione IL RETROSCENA L'autorità guidata da Cantone mette nel mirino le procedure dell'appalto «QUALUNQUE sarà la risoluzione adottata dall'Autorità, Sei Toscana è in grado di garantire la continuità e la qualità dei servizi», si è affrettata a dire Sei Toscana appena informata della richiesta di commissariamento da parte dell'Autorità anticorruzione. Dunque il servizio, e non poteva essere altrimenti, va avanti. Anzi la richiesta di Anac al prefetto è arrivata proprio dal presidente dell'Anticorruzione, Cantone, per accelerare i tempi e non lasciare a metà il servizio. Perché se infatti la richiesta fosse passata per delibera del consiglio di Anac i tempi sarebbero stati assai più lunghi. Dunque è nell'interesse di tutti raccogliere i propri rifiuti. E il futuro prossimo di Sei Toscana è appeso a questo punto alla decisione del prefetto: Armando Gradone, che si insedierà lunedì prossimo in piazza Duomo, potrà nominare uno o più commissari che andranno a sostituire gli attuali vertici societari, essendo l'appalto commissariato il core business dell'ente, che ad oggi gestisce unicamente il servizio integrato dei rifiuti di Ato. Altra questione è quel «modello realizzato nella Toscana meridionale - come scrive nella sua nota Sei Toscana - che rappresenta un riferimento per gli altri territori che si apprestano alla riorganizzazione del servizio di gestione ambientale». Certo forse la programmazione di area vasta è un riferimento, ma quello che non è sicuramente un modello da seguire è la gestione della gara di appalto del servizio pubblico di area vasta. E allora sono proprio le clausole del bando di Ato al tempo della gara ad insospettire l'Anticorruzione, facendola convergere sull'ipotesi di gara truccata che è al centro dell'inchiesta giudiziaria fiorentina. Perchè ci sono troppi indizi in questa storia che fanno pensare che quando Ato scrisse il testo della gara stesse già pensando a quel raggruppamento temporaneo d'impresa, che - è una delle clausole del contratto di servizio - avrebbe dovuto trasformarsi, una volta aggiudicatosi il servizio, in società di capitali. Clausola che non sarebbe stata necessaria se ad esempio alla gara avesse partecipato un'altra delle realtà invitate, la bolognese Hera spa. Altro nodo dell'intricata vicenda è intorno alla cessione del ramo di azienda relativo alla gestione dei servizi di igiene ambientale da parte di Siena Ambiente a favore di Sei Toscana. Eppure - nota Anac nel suo dossier - Siena Ambiente si tiene gli impianti di smaltimento rifiuti: il termovalorizzatore di Foci, l'impianto de Le Cortine, la discarica di Torre a Castello e quella di Poggio alla Billa. Tutti impianti che sono stati inclusi da Ato nel sistema di gestione integrata dei rifiuti con la stipula di apposita convenzione, avvenuta dopo l'indizione della gara. Insomma la società mandataria del Rti avrebbe comunque dovuto gestire gli impianti inclusi nel sistema Ato. In altre parole Anac legge in questo sistema fatto di scatole cinesi, società una dentro l'altra, una condotta illecita. E il vizio è nei rapporti fra enti, pubblici e privati, che avrebbero dovuto essere solo sulla base di un bando pubblico. E che invece così non sarebbero stati: la ratio del commissariamento sta proprio nell'interrompere i «condizionamenti illeciti», che si equivalgono alle «illecite commistioni fra controllori e contrallati» descritte dal gip fiorentino. Insomma all'esame dell'Anticorruzione è la «procedura su misura» fatta da Ato per Sei Toscana, con l'obiettivo di mantenere lo «status quo», scoraggiando la partecipazione di altri soggetti non inseriti nel tessuto economico locale. Di qui, si legge nelle carte di Anac, la gestione straordinaria è volta a garantire che la concessione pubblica venga eseguita al riparo da ulteriori interferenze illecite. E solo l'inserimento di commissari può rendere effettiva l'«inversione di tendenza» nella governance di Sei Toscana, staccandola dalla casa madre. Paola Tomassoni

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13/02/17La Repubblica.itRedditi online, il no dell'assessora ex Microsoft imbarazza il Comune: "Risponderò all'Anac"

Argomento:AntiCorruzione 4p.

Redditi online, il no dell'assessora ex Microsoft imbarazza il Comune: "Risponderò all'Anac"

Redditi online, il no dell'assessora ex Microsoft imbarazza il Comune: "Risponderò all'Anac" L'assessora Roberta Cocco La mancata pubblicazione sul sito di Palazzo Marino dello stato patrimoniale di Roberta Cocco e l'istruttoria aperta dall'Anticorruzione. Majorino: "Se non rispetta le legge sbaglia", il presidente del consiglio comunale milanese: "Chi svolge una funzione pubblica dia il buon esempio" di ALESSIA GALLIONE 13 febbraio 2017 Il suo continua a rimanere l'unico spazio vuoto tra le fila della giunta. L'unico nome a non aver ancora pubblicato sul sito del Comune, come prevede la legge sulla trasparenza per gli amministratori pubblici, la dichiarazione dei redditi e la situazione patrimoniale. E, almeno per ora, Roberta Cocco sembra voler tirare dritto. L'assessora alla Trasformazione digitale, però, adesso dovrà rispondere alle domande dell'Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, che ha aperto ufficialmente un'istruttoria sul caso: "Io sono assolutamente serena. Fornirò all'Anac tutte le informazioni che mi saranno richieste", taglia corto lei. Ma dalla stessa maggioranza arrivano dichiarazioni gelide: "Vediamo cosa succede, se non rispetta la legge sbaglia, non c'è dubbio", dice l'assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino. E il presidente del Consiglio comunale, Lamberto Bertolè, aggiunge: "Ci sono delle regole ed è importante che tutte le persone che svolgono una funzione pubblica le rispettino per dare il buon esempio a tutti. Poi ovviamente ognuno è responsabile in ultima istanza delle scelte che fa personalmente". E' stato il decreto legislativo del 2013 a imporre a chi ha incarichi politici di pubblicare redditi e situazione patrimoniale "entro tre mesi dall'elezione o dalla nomina". Per Roberta Cocco, manager Microsoft "in aspettativa non retribuita" dal colosso informatico dal 1° settembre 2016, l'ultimo appello era fissato a gennaio. Ma finora non ha ancora reso noti i documenti. E' stata lei a spiegare così il motivo: nel 2015 - l'anno dell'ultima dichiarazione dei redditi disponibile quando è entrata in carica - "occupavo un'altra posizione lavorativa, i miei piani e i miei progetti erano lontani dal Comune". L'assessora rispetterà la norma a partire dai redditi 2016. La decisione è stata contestata da Forza Italia e dal Movimento 5 Stelle. Il sindaco Beppe Sala ha parlato di una "libertà" dell'assessora. In realtà, appunto, la legge impone la pubblicazione. Per questo l'Anac, che ha la competenza su questo capitolo, ha aperto una istruttoria. Per ora, la lettera con la richiesta di spiegazioni è stata spedita al responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza di Palazzo Marino e al Nucleo di valutazione interna di Palazzo Marino. Poi, sarà Roberta Cocco a essere chiamata in causa. Rischia una sanzione che parte da mille euro e, se continuerà a opporsi, il suo nome verrà pubblicato sul sito dell'Anticorruzione tra gli amministratori che si sono rifiutati di rendere noti redditi e patrimonio.

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13/02/17Stretto Web.comReggio Calabria, Mauro: "protocollo Anac da estendere anche alla Città Metropolitana"

Argomento:AntiCorruzione 5p.

Reggio Calabria, Mauro: "protocollo Anac da estendere anche alla Città Metropolitana"

Reggio Calabria, Mauro: "protocollo Anac da estendere anche alla Città Metropolitana" 11 febbraio 2017 12:24 | Danilo Loria 11 febbraio 2017 12:24 "Estendere il patto di vigilanza collaborativa siglato dal Comune di Reggio con l’Autorità Nazionale Anticorruzione, la Prefettura, la Procura ed il Governo anche alla Città Metropolitana". E’ la proposta avanzata dal Vicesindaco con delega alla Trasparenza Amministrativa e all’Anticorruzione Riccardo Mauro all’indomani dell’insediamento ufficiale alla guida della compagine di governo targata Falcomatà alla guida della Città Metropolitana di Reggio Calabria. "Proporrò al sindaco Falcomatà - ha spiegato Mauro - di estendere la misura già adottata dal Comune capoluogo, ed oggi coordinata dall'assessore con delega alla legalità e all'attuazione del protocollo Anac Angela Marcianò, alle prassi amministrative veicolate dalla Città Metropolitana. Grazie alla nuova credibilità acquisita sul piano nazionale dalla nostra Città e dall’intero comprensorio metropolitano, nei prossimi mesi arriveranno a Reggio finanziamenti per centinaia di milioni di euro da investire in nuove opere pubbliche e servizi. Dobbiamo fare in modo che questi fondi non finiscano nelle mani sbagliate, ora più che mai è necessario spazzare via tutte le ombre. La nostra terra soffre degli errori del passato, di scelte amministrative nella migliore delle ipotesi poco attente agli aspetti legati alla trasparenza, all’anticorruzione, che in molti casi hanno finito per favorire i clan della ‘ndrangheta, pronti a mettere le mani sui finanziamenti in arrivo sul nostro territorio, considerati veri e propri barattoli di marmellata sui quali mettere le mani". "E’ ora di invertire questa tendenza - ha aggiunto il vicesindaco della Città Metropolitana - la cura di trasparenza e partecipazione introdotta dall’Amministrazione Falcomatà ha già raggiunto importanti risultati nel contesto amministrativo del Comune di Reggio Calabria, lasciando dietro la porta corrotti e corruttori ed allontanando le mire della criminalità organizzata. Dobbiamo replicare questa buona prassi, favorita dalla grande sinergia instaurata con il Ministero dell’Interno e con l’Autorità Anticorruzione di Raffaele Cantone, nonché dall’ottimo lavoro di squadra avviato con le istituzioni territoriali, a partire dalla Prefettura. Inserire gare ed appalti pubblici in capo alla Città Metropolitana all’interno di questo stesso percorso è una sicurezza per tutti, non solo sul piano della trasparenza e della legalità, ma anche al fine di evitare che le opere rimangano ferme ostaggio di interdittive, arbitrati, fallimenti, contenziosi e cavilli legali. Credo sia una battaglia di civiltà - ha concluso Mauro - uno strappo col passato che ci consente ai cittadini di questa terrà di guardare al futuro con rinnovata fiducia".

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13/02/17BtBORESETTERansomware scatenati. Che fare per contrastare il cybercrime?

Argomento:Cyber Security 6p.

Ransomware scatenati. Che fare per contrastare il cybercrime?

Ransomware scatenati. Che fare per contrastare il cybercrime? Scritto il 12 febbraio 2017 da Domenico Megali in Primo piano, Tecnologia & Web I più pericolosi sono i ransomware: limitano l'accesso al sistema informatico di un utente e richiedono il pagamento di un riscatto per rimuovere il blocco. Poi ci sono i virus che prendono di mira i sistemi di pagamento o i data base o che rubano informazioni sensibili di clienti e fornitori. Il fatto, poi, di essere sempre connessi, via tablet e smartphone, non fa che aumentare l’esposizione ai rischi. Anche l’Unione Europea sollecita a correre ai ripari. Ha emanato infatti un regolamento, il pacchetto protezione dati Ue 2016/679, Gdpr (General data protection regulation), che dà tempo fino al 25 maggio 2018 alle imprese e alle pubbliche amministrazioni per adeguarsi alle nuove norme e potenziare le proprie difese contro gli attacchi informatici. Il Gdpr unisce il mondo della privacy, cioè il trattamento e della protezione dei dati personali, con quello della sicurezza informatica (ICT-SEC). “Oggi l’e-commerce ha incrementato in modo significativo le transazioni online e la nuova normativa diventa indispensabile per garantire lo sviluppo e la competitività del nostro Paese nella massima sicurezza”, sostiene Emiliano Papadopoulos, ceo di Allnet.Italia, società di distributore, specializzata in soluzioni innovative nell’informatica e nelle telecomunicazioni. Ma aziende e professionisti quali minacce devono soprattutto temere? Come è possibile difendersi? Quali sono le nuove norme previste dall’Ue? Btboresette lo ha chiesto a Papadapoulos. Domanda. Quali sono i rischi informatici più frequenti per le imprese? Riposta. Negli ultimi anni sono state senza dubbio le minacce legate ai ransomware di crittografia. Si tratta di attacchi decisamente pericolosi non solo per i riscatti richiesti ad alcune aziende italiane, ma anche per il tempo che occorre per recuperare i dati. È quindi indispensabile che le imprese si tutelino se non vogliono essere danneggiate proprio a causa degli stessi mezzi che permettono loro di evolvere e di essere competitive. Le altre minacce più diffuse sono quelle legate al digital payment: per garantire transazioni risk-free ai consumatori, le imprese dovranno dotarsi di specifici meccanismi di criptaggio e strong authentication, a tutela della produttività e della crescita. D. Le aziende e i professionisti italiani hanno coscienza dei cyber risk? R. Sì sono sicuramente al corrente delle minacce, ma è probabile che non sappiano con esattezza di che rischi si tratta e come farvi fronte. Per esempio, un sondaggio dell’Idc (International data corporation) effettuato tra gli esperti della sicurezza, rivela che il 52% degli intervistati è preoccupato perché in azienda non tutti comprendono appieno l’importanza di attenersi alle policy di sicurezza. Quasi la stessa percentuale, invece, afferma di essere allarmata dalla crescente complessità degli attacchi. Inoltre, una parte significativa del campione (38%) pensa che i budget disponibili potrebbero essere troppo esigui per rispondere adeguatamente alle nuove sfide. D. Quali sono le novità più importanti della nuova normativa Ue sulla protezione dei dati? R. Il punto centrale del nuovo regolamento è la sostituzione del termine privacy con data protection, che pone l’accento su un cambiamento di prospettiva: il problema di fondo non è semplicemente essere in possesso di dati sensibili, ma saperli gestire nel modo corretto. Inoltre, a livello aziendale, vi è l’introduzione del Data protection officer (Dpo), una nuova figura responsabile della protezione dei dati che dovrà essere obbligatoriamente presente all’interno di tutte le società. In aggiunta, ogni impresa titolare del trattamento dei dati dovrà tenere un "registro delle attività di trattamento" svolte sotto la propria responsabilità, e dovrà effettuare una "valutazione di impatto sulla protezione dei dati". Si tratta di un adempimento richiesto in relazione ai trattamenti dei dati automatizzati, profilazione compresa, o rispetto alla gestione su larga scala di categorie particolari di informazioni sensibili raccolte anche tramite la sorveglianza di zone accessibili al pubblico. Infine, con questo provvedimento aumenta anche l’ammontare delle sanzioni, che potranno arrivare fino a un massimo di 20 milioni di euro o fino al 4 % del fatturato annuo per coloro che non rispettano le nuove norme. D. Tra le sue diverse 'offerte', su quali Allnet.Italia punta di più. R. Per far fronte alle crescenti minacce che provengono dal web, Allnet.Italia si avvale di una serie di partner. Tra questi spiccano Sophos, StorageCraft Technology Corporation e Acunetix. Sophos offre soluzioni di

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Argomento: Economia / Finanza 7pag.

network security in grado di proteggere in modo completo le reti aziendali: in particolare, Intercept X, il loro ultimo prodotto, assicura una difesa avanzata contro i ransomware in grado di bloccare eventuali attività malevole di crittografia prima che possano compromettere il sistema e ripristina i file infettati al loro status precedente all’attacco. Invece di analizzare centinaia di milioni di campioni di malware noti, Intercept X si concentra su un numero relativamente limitato di tecniche utilizzate per la diffusione del software malevolo: si tratta di una strategia che permette di sventare gli attacchi del giorno zero mai verificatisi (per 0 day in informatica si intende una falla nella sicurezza non nota, si chiama così perché lo sviluppatore ha zero giorni a disposizione riparare la vulnerabilità, prima che possa venir sfruttata, nfr). Sophos Clean, un potente strumento di rimozione dei virus, permette di eliminare non solo il malware, ma anche i codici malevoli e le chiavi di registro dannose. StorageCraft Recovery Solution garantisce invece l’esecuzione di processi di backup senza dover arrestare i sistemi o interrompere le attività degli utenti. In questo modo è possibile garantire la business continuity senza rischi per l’azienda grazie ad uno strumento facile da installare e configurare, che consente di eseguire contemporaneamente più backup. Acunetix, con cui abbiamo recentemente concluso un nuovo accordo di distribuzione, offre una gamma di soluzioni per la lotta ai cybercriminali come Web vulnerability scanner che effettua scansioni automatiche su applicazioni e siti standard o personalizzati, valutandone la sicurezza di fronte ad attacchi Sql Injection, Xss (Cross-Site Scripting), Xxe, Ssrf e Host Header, ed è in grado di scoprire più di 500 altri tipi di vulnerabilità.

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13/02/17Tribuna Politica Web.itCybersecurity. Cicchitto "sulla sicurezza ci fidiamo troppo di Putin. Spero che notizia su Farnesina

Argomento:Cyber Security 8p.

Cybersecurity. Cicchitto "sulla sicurezza ci fidiamo troppo di Putin. Spero che notizia su Farnesina non sia esatta"

Cybersecurity. Cicchitto "sulla sicurezza ci fidiamo troppo di Putin. Spero che notizia su Farnesina non sia esatta" 5 ore fa Condividi su Facebook Tweet su Twitter "E' in gioco la nostra sicurezza, ci fidiamo ancora troppo della Russia". Il presidente della commissione Esteri della Camera, Fabrizio Cicchitto, esprime preoccupazione sulla sicurezza informatica: "Voglio sperare che la notizia su questa multinazionale russa che avrebbe gestito la sicurezza della Farnesina non sia esatta. Tuttavia siamo esposti. Vittime di attacchi hacker quotidiani. Si può parlare di ordinaria amministrazione". "Renzi aveva posto il problema della cybersecurity - avverte l'esponente centrista - . E su questo versante aveva visto lungo. Al di là della figura scelta sulla quale ci furono diverse polemiche. Occorre tuttavia attrezzarsi e potenziare la cybersecurity guardando con particolare attenzione al quadro geopolitico attuale. Con un occhio particolare proprio sulla Russia". Per Cicchitto l'Italia "finora si è fidata troppo. Non guarda con attenzione alle mosse di Putin, debole sul fronte economico ma forte sul piano diplomatico militare come sta ampiamente dimostrando. Questo episodio serva di lezione".

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13/02/17Il Sole 24 OreDati, sicurezza vs privacy

Argomento:Privacy 9p.

Dati, sicurezza vs privacy

il Sole 24 Ore ed. Il Sole 24 Ore domenica sezione: Nova24 data: 12 Febbraio 2017 - pag: 9 Dati, sicurezza vs privacy Si riapre la questione tra Usa e Ue: il caso finisce all'Alta Corte irlandese C'è una giudice a Dublino molto occupata con i nostri profili Facebook. Si chiama Caroline Costello e presiede la divisione commerciale dell'Alta Corte irlandese. Martedì ha cominciato ad ascoltare i punti di vista dei rappresentanti di Facebook, che in Irlanda ha il suo quartier generale europeo, e di un avvocato e attivista tedesco, Max Schrems, su come vengono protetti i dati digitali che i cittadini dell'Unione forniscono ad aziende straniere. La materia è delicatissima e le decisioni della Costello saranno importanti per chiunque abbia un business digitale in Europa. Nelle prossime due settimane, infatti, si presenteranno davanti a Costello esperti americani ed europei per cercare di stabilire se le norme europee che dovrebbero proteggere i nostri dati sono effettivamente efficaci nel garantirci il controllo degli stessi. Lo stesso governo statunitense si è costituito "amicus curiae", mettendosi così disposizione dell'Alta Corte irlandese per qualsiasi chiarimento sulla legislazione Usa. Il procedimento deriva dal secondo ricorso di Max Schrems. Il primo atto dell'austriaco, infatti, è quello del 2013 quando, dopo aver chiesto i suoi dati a Facebook e letto le rivelazioni di Snowden su programmi di sorveglianza come Prism attuati dalla Nsa, aveva denunciato al Commissario irlandese per la privacy il trasferimento dei dati degli utenti europei di Facebook sui server americani. Il commissario aveva ignorato la denuncia, dichiarando che l'accordo allora in vigore - il cosiddetto Safe Harbour - garantiva gli utenti. Per Schrems la rivelazione che i dati degli europei, una volta arrivati sui server Usa li mettessero di fatto sotto sorveglianza invalidava però le norme di protezione Ue. Nell'ottobre 2015 la Corte di giustizia europea ha dato ragione all'austriaco e rinviato la patata bollente al Comissario irlandese che ha portato il caso davanti all'Alta Corte. È qui che nasce il secondo "caso Schrems" di cui si discute in questi giorni. Perché intanto Safe Harbour è stato abbandonato e Facebook è passato all'utilizzo delle Scc, le clausole contrattuali standard ed è proprio su queste che il Commissario irlandese ha chiesto che si esprima l'Alta Corte. La Commissione europea non dà cifre precise su quante aziende adottino le Scc per la propria attività, ma una stima americana indica che fino all'80% delle aziende che trasferiscono dati personali dall'Europa agli Usa - non solo social network, ma anche carte di credito ed ecommerce - utilizzerebbero le Scc e potrebbero trovarsi di fronte a gravi incertezze se queste norme venissero invalidate. L'alternativa, il Privacy Shield che ha sostituito il Safe Harbor lo scorso luglio, è adottato da poco più di 1700 aziende e dovrebbe essere rivisto a maggio. «Il cuore del problema sono le leggi americane sulla sorveglianza digitale - taglia corto Schrems, a Dublino per il procedimento - perché impongono ancora a Facebook di fornire tutti i dati dei propri utenti per scopi di sicurezza nazionale. Non ha molta importanza lo strumento legale usato per trasferire i dati degli europei negli Usa, perché nessuno di essi è in grado di modificare la legge statunitense. Questo crea un conflitto di fondo tra i diritti fondamentali alla privacy che vorremmo garantire in Europa e la legge americana permettendo alle aziende Usa di agire in linea con i requisiti europei». Alcune aziende statunitensi, come per esempio Microsoft, hanno sciolto il nodo creando in Europa data-center non accessibili dagli Usa e dalle autorità Usa perché gestiti da partner europei ma molte altre non sembrano aver ancora preso provvedimenti. A questo punto c'è da chiedersi come potrebbe reagire l'Alta Corte se gli americani avanzassero un argomento già caro all'amministrazione Obama come quello della lotta al terrorismo per giustificare le proprie pratiche di sorveglianza. «Sono sicuro che la Corte non andrà a toccare principi fondamentali in base a una condizione temporanea - osserva Schrems -; inoltre la legge americana è molto più ampia dell'antiterrorismo. Stiamo anche parlando degli interessi finzianziari degli Usa e molto altro. In ogni caso, il fatto che si verifichino comunque atti di terrorismo nonostante i sistemi di sorveglianza è la dimostrazione che violare i nostri diritti fondamentali non aiuta a garantirci la sicurezza». @guidoromeo © RIPRODUZIONE RISERVATA Guido Romeo

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Argomento: Economia / Finanza 10pag.

Il valore dei dati. Max Schrems ha avviato la causa contro Facebook sui dati personali

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13/02/17Casteddu OnlineLotta alla criminalità d'impresa:a Cagliari contro truffe e corruzione

Argomento:Responsabilità amministrativa degli enti 11p.

Lotta alla criminalità d'impresa:a Cagliari contro truffe e corruzione

Lotta alla criminalità d'impresa:a Cagliari contro truffe e corruzione A Cagliari il 14 febbraio un seminario informativo per la tutela delle aziende e l’applicazione dei modelli previsti dal decreto 231 del 2001 Autore: Redazione Casteddu Online il 12/02/2017 12:05 Si chiama criminalità d’impresa, è un fenomeno in netta crescita a livello internazionale, favorito dalla progressiva internazionalizzazione del mercato ed è tra le tematiche aziendali che negli ultimi anni hanno attirato l’attenzione di studiosi, economisti, manager, investitori e legislatori: reati contro la Pubblica Amministrazione (partecipazione a truffe per il conseguimento di incentivi e finanziamenti pubblici, corruzione di pubblici funzionari per l’ottenimento di una commessa, di concessioni, autorizzazioni), reati societari (false comunicazioni sociali, indebita restituzione conferimenti), reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, delitti informatici (accesso abusivo a sistemi informatici o telematici), delitti contro l’industria e il commercio (turbata libertà dell'industria o del commercio, vendita di prodotti industriali con segni mendaci). L’elenco dei rischi è lungo, per questo l’ordinamento giuridico nazionale, accogliendo le direttive Ue e Ocse contro la corruzione e sulla tutela finanziaria, ha disciplinato, con il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e ha introdotto nel sistema legale italiano il principio secondo cui, per certi crimini, vengono puniti sia l’autore del reato che la società nel cui interesse o per il cui vantaggio è stato commesso. È il principio della cosiddetta Corporate Governance, un insieme di regole e di strutture organizzative che stanno alla base di un corretto governo societario, che conducono la società a raggiungere i propri obiettivi e a realizzare la propria mission, e che non possono prescindere dal rispetto degli innumerevoli obblighi normativi e regolamentari, e da un sistema di controllo interno strutturato, adeguato ed idoneo a prevenire comportamenti scorretti. Il decreto prevede che ogni ente o società, a prescindere dalle dimensioni aziendali, si doti di un proprio Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo, idoneo ed efficace a prevenire specifiche condotte illecite all’interno della realtà aziendale, e quindi in grado di garantire l’esonero dalla responsabilità dell’ente in caso di commissione di reati nell’interesse o per il vantaggio dell’impresa medesima. Per illustrare e far conoscere agli imprenditori l’importanza di questi strumenti, Confapi Sardegna, proseguendo la sua attività di assistenza e supporto alle sue associate, ha organizzato insieme con Confapi Aniem e in collaborazione con Rina, gruppo internazionale che offre servizi alle imprese il seminario “Conoscere per prevenire: Sicurezza, Ambiente e Corruzione nei Modelli 231/2001”, che si terrà il prossimo martedì, 14 febbraio 2017 dalle 15.30 all’hotel Regina Margherita, di Cagliari. Durante la giornata di approfondimento, dopo le introduzioni dei presidenti di Confapi Sardegna, Mirko Murgia, e Confapi Aniem Sardegna, Giorgio Delpiano, interverranno gli esperti che illustreranno i vantaggi dell’applicazione dei modelli per la prevenzione della criminalità d’impresa.

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Capacitàdi individuare

criticitàe proporresoluzioni Formazione

teoricae pratica

Raggiungimentodegli obiettiviprefissati Rispetto

dei doveridi

riservatezza

Trasparenzacommercialee operativa

I servizi di BLS

- attività formativa- audit 190- implementazione procedure

Anticorruzione

- trasparenza- supporto al RPC

- la segnalazione - la valutazione

Whistleblowing

- brand reputation - rating di legalità

Servizi integrati

- audit- mappatura e censimento

Privacy

- policy e misure organizzative- formazione

- conformità a PCI DSS- gap analisys & IT audit- high level security consulting- it risk management- la mitigazione del rischio

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Responsabilità amministrativa degli enti

- la redazione del modello 231 e dei documenti satelliti- reati ambientali- reati informatici & audit informatici- sicurezza sul lavoro

BLS Compliance in queste materie si distingue dai compe-titors poiché è in grado di offrire competenze di altissimo livello per il tramite di professionisti che hanno maturato esperienze di grande rilievo

Page 14: Rassegna Stampa · Giuseppe Romanello è stato direttore generale di Ecoambiente da settembre 2012, fino al 27 dicembre scorso quando è stato revocato dal consiglio di amministrazione

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