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2010

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Jack Kerouac Halfback. Il protagonista della Beat Generation e il gioco del football.

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5 gennaio 2011

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Quando Jack Kerouacera una grande promessa

della palla ovale. In un librotestimonianze, testi e scritti

biografici dello scrittore,che Fausto Batella ha messo

insieme per Pendragon

� Roberto Alfatti Appetiti

i vede una figura correrelungo la linea, dimenarsie scrollarsi di dosso gli

avversari, correre con determina-zione contro gli altri difensori, fin-tare, saltare, barcollare, raddrizzar-si, riprendere a correre, cercare afatica un altro varco, fintare nuova-mente, piegare le ginocchia e tuffar-si oltre, rotolandosi trionfante. Eratouchdown». Jack Kerouac si rac-conta così in The town and the city, ilsuo primo romanzo, nascondendosi– ma neanche tanto – dietro al per-sonaggio di Peter Martin, il licealedi provincia che si conquista l’ac-cesso a una celebre università gra-zie alle sue straordinarie prestazio-ni sul campo da cento yard del foot-ball americano. Senza zaino sullespalle ma con una borsa di studio,per meriti sportivi. Altro che “sullastrada”. Altro che vagabondaggi dauna costa all’altra degli States. Se al-la fine non l’avessero placcato – e so-prattutto se non si fosse fratturatola tibia nel tentativo di avvitarsi esfuggire alla presa – Kerouac avreb-be continuato instancabilmente afare su e giù per il terreno di gioco.Con buona pace di «Ferlinghetti e diun sacco di altra gente che prima misono saltati sulle spalle e poi sonocaduti in una trappola comunista».Sì, il grande scrittore americano,«violentemente contrario – per dirlacon William Burroughs – a qualsia-si genere di ideologia di sinistra»,prima di dedicarsi alla scrittura èstato una delle promesse dello sport,corteggiato da università, societàsportive e allenatori di primissimopiano. Una leggenda? Assolutamen-te no. «Potete dire che sono unospaccone sulle faccende delle parti-te – scriveva – ma tutti questi dati sipossono trovare negli archivi deigiornali». Dati che ora, insieme a te-stimonianze e scritti biografici dellostesso scrittore, sono stati raccolti eraccontati da Fausto Batella – com-mentatore e storico del football – in

S«Jack Kerouac Halfback (Pendragon,pp. 107 € 14). E in copertina c’è pro-prio lui: il futuro padre della “beatgeneration” ritratto nell’autunnodel ’40, diciottenne, con la divisa del-la squadra di football della Colum-bia University. La più forte dellaGrande Mela, almeno a livello discuole preparatorie. L’anticameradi un professionismo sempre più po-polare e ricco. Se l’erano conteso leistituzioni accademiche più presti-giose a suon di colpi bassi. Persinofacendo pressioni sul proprietariodello stabilimento tipografico dovelavorava il padre Leo, promettendocommesse in cambio dell’ingaggiodi quel ragazzo con le ali ai piedi.

Aveva scelto New York e la Co-lumbia University, una decisioneche a suo padre costò il lavoro –«perché io non ero voluto andare inuna scuola di gesuiti» – ma che glicambierà radicalmente la vita: in-contrerà le persone e maturerà leesperienze che faranno di questo in-dividualista a vocazione libertaria ilpunto di riferimento e il modello –per certi versi, suo malgrado – di in-tere generazioni. «Celebrato – han-no scritto Barry Gifford e LawrenceLee nella puntuale e bella biografiaJack’s Book (edita da Fandango) –come l’incarnazione di un movi-mento che lui non aveva né il desi-derio né la capacità di promuovere».

cazzate», scriveva Kerouac. Perchése Jack London avrebbe preferito«di gran lunga diventare il campio-ne del mondo dei pesi massimi dipugilato piuttosto che il re d’Inghil-terra» e Albert Camus si dice rim-piangesse il suo passato di portieredi calcio, lui si sentiva predestinatoa un luminoso futuro sportivo. Atredici anni – racconta Batella – ègià un talento, animato da una de-terminazione feroce. Non c’è gior-nata ventosa che non lo veda alle-narsi su campi improvvisati e pol-verosi. Prepara le battaglie del sa-bato con i figli dei franco-canadesi(come lui), dei greci e dei polacchi,come se fossero tutte partite dellavita. Fino a quando arriva l’occasio-ne a lungo attesa: staccare il bigliet-to per tentare di affermarsi a livellonazionale. Nel giorno del Ringrazia-

Nella sua Lowell affrontò i riva

Diceva: «Ferlinghettie altri prima mi sono

saltati sulle spallee poi sono caduti

preda dei comunisti».Molto meglio lo sport

«Ci si ammazza per arrivare allatomba. In particolare, ci si ammazzaper arrivare alla tomba persino pri-ma di essere morti e il nome di quel-la tomba è “successo”, il nome diquella tomba è casino, frastuono e

SECOLO D’ITALIA8

MA QUEI “BEAT”COMINCIARONOCON IL FOOTBALL

29 gennaio 2011

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mento – davanti a diciottomila spet-tatori e soprattutto alla presenza de-gli “scout” in cerca dei ragazzi mi-gliori – il suo Lowell affronta i riva-li di Lawrence nella la sfida più im-portante della stagione. Jack Kero-uac parte dalla panchina, quindi en-tra in campo e realizza il “tou-chdown” che decide l’incontro.

Quella partita fu tanto convincen-te da catapultarlo dal Massachus-setts a New York. Giusto il tempo,per la madre, di comprargli unagiacca sportiva e una camicia a qua-dri e affidarlo a una parente a Broo-klyn. Sveglia all’alba tutti i giorni,due ore di metropolitana e mattina-ta in aula con i rampolli della bor-ghesia di origine ebraica e irlande-se, tra «un tuffo nelle guerre del-l’antica Grecia e un altro nella vascadi chimica». Nel pomeriggio, lavoro

Square e perdersi tra l’eccitante re-pertorio della gente in giro per lametropoli, occhi spalancati, sensi al-l’erta. Una puntata all’Apollo Thea-tre, film novità e rivista. Eccitato, af-famato, innamorato dei distributoriautomatici di bibite e di frappé, deljazz e della confusione dorata dellestrade». Scrive allora i primi artico-li per il giornale della scuola, com-menta le interviste effettuate nelbackstage di musicisti celebri, masenza smettere di lottare sul campo.

Neanche la frattura della tibia loferma definitivamente. Lo stop èlungo e ne approfitta per godersi lacittà, sia pure con le grucce. Passal’estate a casa, ma al ritorno tuttosembra più complicato: la guerra èarrivata e si è portata via gli atletianziani, con il coach non si intende,con qualche compagno sono scintil-le. Prova a tagliare i ponti con la cit-tà, il college e il football, inizia a col-tivare l’ambizione di scrivere e perarrotondare si misura con lavoriestemporanei. Ma da New York, tut-tavia, non mollano: deve riprendereil suo posto in squadra. Si lasciaconvincere, torna. Una panchina ditroppo, però, gli fa capire che è giun-ta l’ora di mettersi sulla strada.

Lo racconta, del resto, lo stessoKerouac nel romanzo Vanità di Du-luoz, anch’esso ricco di spunti sul fo-otball: «Presi la metropolitana per lastazione degli autobus e acquistaiun biglietto per il Sud. Volevo vede-re il Sud e iniziare la mia carriera disbandato americano. Era stata ladecisione più importante della vita.Ciò che stavo facendo era dire a tut-ti di andare a buttarsi nel grande egrosso oceano delle proprie follie».

Il resto della sua storia la cono-sciamo: dopo una parentesi nella“US Naval Air Force”, attraversal’America in lungo e in largo dallafine del 1946 all’estate del 1952, annoin cui pubblicherà il suo primo libroe il New York Times certificherà lanascita della “beat generation” che,al di là delle intenzioni dei suoi pro-tagonisti, finirà per trasformarsi inqualcosa di molto diverso da quelche cercava Kerouac: inviolabilitàdell’amicizia, voglia di avventura edesiderio di autenticità. Tanto da co-stringerlo a prendere le distanze daicompagni di strada quanto da queifans che avrebbero voluto fare di un“manuale” libertario come On theRoad il manifesto ideologico di unaNew Left in cerca di riferimenti. Almondo della palla ovale – al qualeBatella dedica nelle ultime paginedel libro un prezioso glossario e unabreve storia delle origini – rimar-ranno soltanto i suoi anni verdi equalche buona pagina di sport.

duro sul campo. «In un certo modo –dirà – stavo ripagando per bene miopadre dell’umiliazione di essere sta-to licenziato a causa mia». Si allenaa colpire controvento, a fintare unacorsa e poi a calciare con rapiditàutilizzando traiettorie basse e corte.Una buona tecnica di base e la suaferrea volontà gli valgono il ruolo datitolare nella Horace Mann. L’an-nuario della stagione 1939-1940 par-la chiaro: «Autore di notevoli proveindividuali, mai viste sui campi deibianco-marroni, ha contribuito inmodo essenziale alla conquista dellavetta della classifica, è stato il“back” più veloce della squadra».

Non solo football, però. «Qualchevolta – riferisce Batella – salterà lelezioni e la pratica sportiva, peruscire fuori dalla metro in una ra-diosa mattinata autunnale a Times

ali del Lawrence: e fu proprio Kerouac a realizzare il “touchdown” che decise l’incontro

SABATO 29 GENNAIO 2011INIZIÒ I POMERIGGI DEL SABATOCON I FIGLI DEI FRANCO-CANADESI

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febbraio 2011

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11 aprile 2011

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18 marzo 2011

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