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Red Biotech, le biotecnologie per la salute

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Red Biotech, le biotecnologie

per la salute

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Red Biotech, le biotecnologie per la salute

Indice:1. L’analisi del settore, tra punti di forza e

di debolezza, opportunità e minacce

1.1. Discovery e ricerca preclinica

1.2. Ricerca clinica

1.3. Produzione farmaceutica

1.4. Accesso alle terapie

2. Proposte di intervento

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Lo scenario globale di riferimento offre alcune grandi opportunità a un Paese come l’Italia che non possie-de nessuna vera e propria Big Pharma o Big Biotech nazionale.Innanzitutto il lungo e ampiamente documentato (figura 1) periodo di declino della produttività della ri-cerca sembra essere superato, come testimoniato dal record storico di nuove molecole approvate e prodotti in sviluppo nel mondo.

In particolare, nel 2015 l’FDA ha ap-provato ben 45 nuovi farmaci (contro i 41 del 2014 e i 27 del 2013), di cui 16 classificati come ‘first in class’ con meccanismi di azione nuovi rispetto a quelli delle terapie esistenti, e 27 con programma fast track per velo-cizzarne la registrazione data la loro rilevanza terapeutica. Inoltre, sono arrivati a quota 7.000 i farmaci nel-la fase di sviluppo clinico nel mondo (figura 2).

In tutto ciò il trend dei farmaci biotecnologici si conferma negli anni positivo (figura 3):

L’analisi del settore, tra punti di forza e di debolezza, opportunità e minacce

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L’analisi del settore, tra punti di forza e di debolezza, opportunità e minacce

Figura 1. Fonte: Google Figura 3. Fonte: QuintilesIMS

Figura 2. Fonte: FDA, AIFA

DAL 2005 AL 2010, 14 MILA ARTICOLI SUL DECLINO DELLA RICERCA FARMACEUTICA GLOBAL BIOLOGIC SALES AND TRENDS 2011 - 2016

NUOVI FARMACI APPROVATI DALLA FDA

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Ancora più importante per l’Italia è l’evoluzione dei modelli di ricerca, passato dal modello chiuso e cen-tralizzato – closed innovation – del-lo scorso millennio, nel quale tutte le attività di R&S venivano condotte all’interno dei laboratori aziendali, al modello di open innovation, col-laborativo, che ha caratterizzato il primo decennio degli anni 2000, fino

alla cosiddetta innovation network, ovvero una modalità di operare se-condo network in grado di generare innovazione, mettendo a sistema tut-te le competenze più specialistiche che risultano disponibili nella rete globalizzata della ricerca. Oggi, infat-ti, l’80% delle attività di R&S viene svolta esternamente, contro il 20% di 10 anni fa (figura 4).

Figura 4. Fonte: European Commission, SCRIP

Figura 5. Fonte: Aifa

Figura 6

Nel network dell’innovazione, rispetto al precedente modello chiuso, anche l’Italia può avere più spazi di crescita, rientrando come coprotagonista della ri-cerca farmaceutica, facendo leva sull’ec-cellenza dei propri ricercatori e parteci-pando da protagonista al network delle collaborazioni scientifiche. Ma solo a determinate condizioni, che verranno esplorate più avanti.A rafforzare questa opportunità si ag-giunge la crescente attenzione verso la medicina di precisione e le terapie avanzate, aree in cui il Paese ha mo-strato di essere all’avanguardia. Defi-

nita come modello medico che prevede la suddivisione dei pazienti in gruppi sottoposti a trattamenti personalizzati sulla base delle caratteristiche individua-li di ciascuno, la medicina di precisione rappresenta una realtà dal rapido con-solidamento. In un’epoca in cui stiamo assistendo al passaggio da medicine de-stinate a masse di popolazione a farmaci per nicchie di pazienti, o addirittura per pazienti specifici, già il 42% della pipeli-ne mondiale è rappresentata da questa tipologia di prodotti. E tra le molecole approvate da FDA nel 2015 ben il 25% sono terapie personalizzate (figura 5).

Dal modello “one-fit-for-all” delle medicine blockbuster verso medicine personalizzate (Niche Model)

Oggi nella pipeline dei farmaci in sviluppo• 42% dei farmaci sono terapie personalizzate• 73% dei farmaci oncologici sono terapie personalizzate

Più del 25% dei farmaci autorizzati FDA sono farmaci personalizzati

Necessità di sviluppare i test genetici specifici per verificare l’efficacia dei farmaci: i costi terapia si potrebbero ridurre di 1/3

PERSONALIZED MEDICINES

Tra gli ambiti di specializzazione della medicina di precisione spiccano l’oncolo-gia, per la quale ben il 73% dei farmaci in sperimentazione è una terapia perso-nalizzata, e le terapie avanzate, intese come terapia genica, terapia cellulare e medicina rigenerativa. Oltre alla possibilità di poter intervenire su unmet medical needs, la medicina di precisione consentirebbe di garantire una

serie di risparmi in sanità relativi ai costi di ospedalizzazione, assistenza medica e terapie per i pazienti la cui malattia non ha attualmente una cura risolutiva.La sfida della medicina personalizzata è stata colta appieno anche dagli Stati Uni-ti, tanto che nel 2015 il Presidente Barak Obama ha lanciato la Precision Medicine Initiative con l’ob iettivo di sconfiggere il cancro e il diabete (figura 6).

L’analisi del settore, tra punti di forza e di debolezza, opportunità e minacce

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• Opportunità dallo scenario globale, dal superamento del declino della produttività della ricerca all’innovation network fino alla crescente attenzione per medicina di precisione e terapie avanzate

• La sfida derivante dalla gestione dei Big data• Le opportunità offerte da Human Technopole e da Ema

Cercando di completare una pur ra-pida analisi dello scenario globale, è necessario aggiungere alle opportu-nità sopra descritte anche un’area di rischio: per cogliere, infatti, la sfida derivante dalla medicina personaliz-zata, l’Italia deve attrezzarsi nell’a-rea della gestione dei cosiddetti Big Data, dove abbiamo certamente una debolezza in termini competitivi.

I Big Data derivati dal sequenziamen-to del genoma umano in prima bat-tuta e prodotti giorno dopo giorno grazie alle tecnologie ‘omiche’ (ovve-ro tutte le tecnologie derivanti da se-quenziamento del genoma) originate a valle, viaggiano di pari passo con lo sviluppo delle nuove terapie persona-lizzate. Un’arretratezza, non solo cul-turale, ma anche materiale sul piano della gestione dei Big Data e dell’ICT, rischierebbe di escludere il Paese al-meno da una parte della competizio-ne internazionale sull’innovazione.

Una grande speranza è data dall’an-nunciato avvio delle attività dello Human Technopole, il nuovo centro di ricerca che sorgerà nell’area EXPO, per il quale è stato deliberato il più grande investimento del Paese in am-bito di ricerca, anche biotecnologica. Ma anche in questo settore bisogna passare dai piani alla loro implemen-tazione, perché il resto del mondo corre veloce e rischiamo di non ar-rivare mai o di arrivare quando sarà troppo tardi.

Un’altra opportunità per l’Italia de-riva dalla possibile scelta di Milano quale città per l’insediamento del-la nuova sede di EMA, la Europe-an Medicines Agency, che a seguito dell’uscita del Regno Unito dall’U-nione Europea dovrà inevitabilmente trovare sede in uno dei Paesi mem-bri. L’insediamento di EMA rappre-senterebbe certamente un incentivo all’attrazione di investimenti e risorse umane specializzate oltre che un vo-lano per l’economia del Paese.

A livello regionale esistono anche altri progetti, come ad esempio la Città della Salute, a Sesto San Gio-vanni in provincia di Milano, che prevede lo spostamento di due ec-cellenze ospedaliere specialistiche in area oncologica e neurologica come l’Istituto Nazionale dei Tumori e l’I-stituto Neurologico Carlo Besta, con la possibile nascita di centri privati di ricerca che sfruttino la contiguità fisica con tali enti per migliorare la collaborazione tra ospedali e ricerca clinica d’impresa.

Ma naturalmente la Lombardia non è l’unica regione ad aver compreso appieno l’importanza di ricerca e in-novazione in area Scienze della Vita: anche altre regioni si stanno mobili-tando in questo senso, tra le altre il Lazio, con il suo tessuto di imprese produttive, la Campania, che ospita centri di ricerca di riconosciuta eccel-lenza, la Toscana, già leader mondia-

le in area Vaccini, che investe per esem-pio nell’incubatore TLS (Toscana Life Science). Affinché la sinergia tra queste iniziative centrali e regionali possa sul

serio rappresentare un boost per il Pae-se, sarà però necessario passare per una visione, un progetto e una governance unitari, come si dirà meglio più avanti.

Come è noto, il percorso che porta dallo studio iniziale alla disponibili-tà di un nuovo farmaco richiede un periodo di circa 10-15 anni di stu-di e sperimentazioni. Le idee nascono generalmente dai laboratori più a stretto contatto con l’innovazione e più vicini all’ambito accademico. Seguendo il “viaggio del bio-farmaco”, cominciamo dall’analisi di punti di forza e di debolezza nazionali delle prime fasi della ricerca e dell’innova-zione.

• Punti di forzaL’Italia ricopre un ruolo rilevante nel panorama internazionale per la qua-lità della scienza e dei propri scienziati nello specifico settore delle Life Science: lo dimostrano innanzitutto gli indici bibliografici, secondo cui l’Italia è il 1° Paese nel mondo per numero di citazioni per ricercatore e per numero di pubblicazioni per ricercatore (figura 7).

1.1 Discovery e ricerca preclinica

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L’Italia è, inoltre, al secondo posto per competitività dei propri ricercatori nell’attira-re grant europei (figura 8). La quota di ricercatori italiani finanziati sul totale è passata dal 9,9% del 2015 al 12,1% del 2016.

L’Italia vanta anche una forte specializzazione nell’ambito delle Malattie Rare e dei Farmaci Orfani ed è prima al mondo per numero di pubblica-zioni scientifiche in materia (Fonte: Scopus).Come anticipato, il Paese vanta anche un’assoluta leadership nel settore del-le Terapie Avanzate: sulle cinque terapie attualmente autorizzate in Europa (altre tre sono state ritirate o sospese), ben tre TA sono il frutto di attività di ricerca, sviluppo e produzione nazionali (figura 9).

Si tratta di terapie che intervengono su aree critiche e che vanno a coprire medical need prima irrisolti e di estremo rilievo (spesso quoad vitam), resti-tuendo la vista nel caso di Holoclar, la prima terapia a base di cellule stami-nali autorizzata nel mondo occidentale, garantendo una nuova prospettiva di vita ai bambini bolla con Strimvelis, la prima terapia genica per i pazienti affetti da ADA-SCID, e intervenendo sul rigetto ai trapianti di cellule staminali ematopoietiche parzialmente compatibili per il trattamento delle leucemie con Zalmoxis, la prima terapia cellulare paziente-specifica basata sull’ingegneriz-zazione del sistema immunitario.Altri esempi potrebbero essere portati, a partire dall’eccellenza del sito vacci-nale di Siena, passato da Novartis a GSK, ma sempre guidato dall’italianissimo Rino Rappuoli, e quello di Okairos, fondata e poi venduta dal compianto Ric-cardo Cortese. Ma cosa ostacola il passaggio da sporadici esempi di eccellenza a un ruolo stabile da protagonista nelle fasi precoci delle Life Science?

* Dati stimatiFigura 7. Fonte: elaborazione The European House –Ambrosetti su dati Scimago e OECD, 2017

Figura 8. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati ERC, 2017

Figura 9. Fonte: AIFA

NUMERO DI CITAZIONI PER RICERCATORE, primi dieci Paesi al mondo per pubblicazioni, 1996 - 2016

Spesa in R&S in % del PIL - 2015

ITALIA REGNO UNITO FRANCIA

1,3% 1,7% 2,3%GERMANIA

2,9%

Spesa in R&S in % del PIL - 2015

ITALIA REGNO UNITO FRANCIA

1,3% 1,7% 2,3%GERMANIA

2,9%

Spesa in R&S in % del PIL - 2015

ITALIA REGNO UNITO FRANCIA

1,3% 1,7% 2,3%GERMANIA

2,9%

Spesa in R&S in % del PIL - 2015

ITALIA REGNO UNITO FRANCIA

1,3% 1,7% 2,3%GERMANIA

2,9%

Spesa in R&S in % del PIL - 2015

ITALIA REGNO UNITO FRANCIA

1,3% 1,7% 2,3%GERMANIA

2,9%

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• Punti di debolezza Purtroppo ai citati punti di forza della ricerca italiana vanno accostati una se-rie di punti deboli che ne limitano pesantemente lo sviluppo. Primo tra tutti il numero di ricercatori per migliaia di occupati che è il più basso tra tutti i Paesi con le economie più forti (figura 10).

Inoltre, al sopra citato numero di grant europei (bandi ECR – Europen Resear-ch Council) fa da contraltare il fatto che dei 38 ricercatori italiani finanziati solo 8 condurranno il proprio progetto in Italia, rispetto ai 13 del 2015. Cresce, quindi, la percentuale di ricercatori italiani che con il proprio lavoro portano un beneficio ad enti stranieri. Di fatto, spendiamo ingenti risorse uni-versitarie per formare dei talenti, ma questi vanno a produrre ricerca e, quindi, ricchezza all’estero.

Purtroppo è molto meno vero il contrario: l’Italia è molto poco in grado di attrarre talenti da altri Paesi, portando questo peculiare bilancio fortemente in negativo.

Di pari passo con il numero dei ricercatori si colloca l’esiguità delle risorse investite in ricerca. Di fatto l’Italia, spendendo solo l’1,3% del PIL, pari a circa 22 miliardi di Euro, investe in R&S la metà rispetto a Francia e Regno Unito, un quarto rispetto alla Germania, per non parlare di Giappone, Cina e Stati Uniti. Per dare la misura di questa scarsa competitività, basti dire che investia-mo a livello nazionale quanto il solo Stato federale tedesco del Baden Wuttem-berg che sostiene il 25% degli investimenti di tutta la Germania (figura 11).

Figura 10. Numero di ricercatori ogni 1.000 lavoratori, 2014. Fonte: elaborazione The European House - Ambrosetti su dati Eurostat, 2017

Figura 11. Fonte: elaborazione The EuropeanHouse –Ambrosetti su dati Eurostat, 2017

Figura 12. Fonte: elaborazione The European House –Ambrosetti su dati European PatentOffice, 2017

INVESTIMENTO IN R&S IN ALCUNI ECOSISTEMI - PAESE DI RIFERMIENTO, miliardi di Euro. 2015

NUMERO DI DOMANDE DI BREVETTO REGISTRATE ALLO EUROPEAN PATENT OFFICE, PRINCIPALI ECONOMIE, valori assoluti, 2015 e 2016

Il sistema Italia, quindi, produce, come sopra descritto, tante pubblicazioni ma, a fronte di queste, registra uno scarsissimo numero di brevetti (figura 12):

Spesa in R&S in % del PIL - 2015

ITALIA REGNO UNITO FRANCIA

1,3% 1,7% 2,3%GERMANIA

2,9%

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Figura 13. Fonte: elaborazione The EuropeanHouse –Ambrosetti su dati Eurostat, 2017

Figura 14. Investimenti in Venture Capital per Paese, Unione Europea, valori in milioni di euro, 2015. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati Eurostat, 2017

Figura 15. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati Scimago e OECD, 2017

INVESTIMENTO IN R&S NEL SETTORE PRIVATO E PUBBLICO* IN ALCUNI ECOSISTE-MI-PAESE DI RIFERIMENTO, % sul totale, 2015

In questo scenario non meraviglia che:a) la percentuale di risorse economiche messe a disposizione dal privato è largamente sotto la media europea (figura 13);

b) il Paese attira una percentuale irrilevante del Venture Capital disponibile a livello globale (figura 14).

Il capitale non raggiunge l’Italia, quindi, per diversi motivi, non ultima la debo-lezza del nostro sistema di Technology Transfer: in questo settore si sommano carenze di tipo sia quantitativo che qualitativo/culturale, prima tra tutte il sottodi-

mensionamento degli Uffici di Trasferimento Tecnologico che impiegano in media 3.7 addetti per lo più impegnati in attività amministrative contro gli 82 di Leuven, l’Università più innovativa in Europa, di cui il 50% si occupa esclusivamente di Trasferimento Tecnologico (figura 15).

Anche la scarsità delle risorse economiche a disposizione, l’orientamento più am-ministrativo che di business scientifico, la limitata sensibilità verso la registrazione di brevetti e verso la valorizzazione dei risultati della ricerca, contribuiscono nega-tivamente al raggiungimento degli obiettivi del trasferimento tecnologico.

E, tra i frutti delle carenze culturali, rientra anche il recepimento con limitazioni della direttiva europea sulla sperimentazione animale, che crea incertezze sulla possibilità di continuare a svolgere in Italia questa importante fase della ricerca pre-clinica, rischiando di compromettere ancor più la nostra competitività e la nostra capacità di attrazione e programmazione a medio e lungo termine.

Dimostrata qualità della scienza e degli scienziati italianiForte specializzazione nell’ambito delle Malattie Rare e dei Farmaci OrfaniLeadership nel settore delle Terapie Avanzate e dei vacciniBasso numero di ricercatori, scarsa capacità di attrarre talentiBassi investimenti in ricerca e scarsa capacità di attrazione investimentiScarso numero di brevetti e debole sistema di Technology TransferRecepimento con limitazioni della direttiva europea sulla sperimentazione animale

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• Punti di forzaLa ricerca italiana può contare su punti di forza, come la riconosciuta eccel-lenza di clinici e ricercatori in molte aree chiave, importanti anche per la medicina di precisione e le terapie avanzate (oncologia, ematologia, immu-nologia, neurologia, malattie rare e non solo); la presenza di 49 IRCCS, tra pubblici e privati, e della rete oncologica sono ulteriori elementi di forza, senza dimenticare che l’Italia resta il settimo mercato al mondo per valore nel farmaceutico e che, non fosse altro che per motivi di pre-marketing ed accesso, manterrà una sua attrattività per questa fase della ricerca. Con la qualità dei nostri clinici potremmo però attrarre una percentuale ben più alta delle sperimentazioni cliniche almeno a livello europeo (figura 16), se non fossimo frenati da una serie di evidenti punti deboli.

• Punti di debolezzaTra le criticità di questa fase indichiamo innanzitutto i tempi troppo lunghi necessari per avviare uno studio: 17 settimane in media, contro le cinque settimane del Regno Unito, le nove della Germania e le 12 della Francia. Ac-canto a questo tema si citano frequentemente l’eccessivo numero di comita-ti etici e la frammentazione burocratica, elementi che nemmeno la recen-te condivisione tra tutti gli stakeholder di un protocollo di intesa fast track

sull’autorizzazione della sperimentazione clinica è riuscito a risolvere, lasciando l’adesione al protocollo solo su base volontaria e, quindi, non in grado di esplicare benefici concreti.

È però bene evidenziare un ulteriore elemento di debolezza, cioè la mancanza quasi assoluta di Centri e personale dedicati e strutturati nei principali ospedali italiani. Se alcuni centri, come il Policlinico Gemelli (http://www.policlinicogemelli.it/Policlinico_Gemelli.aspx?p=88F372A4-CFA2-459C-8AC2-97A9D4B0DA01&n=P_CLINICAL_TRIAL_CENTER) o il Bambin Gesù a Roma o lo IEO a Milano (https://www.aboutpharma.com/blog/2014/11/24/ricer-ca-clinica-in-italia-il-rilancio-parte-dai-clinical-trial-center/ ) hanno impostato un “Clinical Trial Center” come se fosse un reparto ospedaliero dedicato solo a sperimentazioni cliniche in cui hanno ottimizzato aspetti organizzativi e ri-sorse umane dedicate, restiamo ancora molto lontano da realtà europee come quelle presenti in:• Spagna (per esempio a Barcellona l’Ospedale Val Hebron è tutto dedicato

alla sperimentazione clinica)• Germania (Ospedale Charitè a Berlino https://www.charite.de/en/resear-

ch/clinical_trials)• Francia (Ospedale Necker-Parigi http://www.institutimagine.org/en/inno-

vative-care/neckers-site-clinical-research.html )

e ancora più lontani dai modelli USA quali:• New York (Cornell University che ha fatto sistema con il Presbiterian

Hospital https://jcto.weill.cornell.edu/), • Chicago (http://www.uchospitals.edu/clinical-trials/index.html), • Houston (https://www.mdanderson.org/patients-family/diagnosis-treat-

ment/clinical-trials.html)

1.2 Ricerca clinica

Figura 16. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati ASTRID, 2016

NUMERO DI STUDI CLINICI PER PAESE, 2010 - 2014

Riconosciuta eccellenza di clinici e ricercatori in molte aree chiavePresenza di 49 IRCCS, tra pubblici e privati, e di una rete oncologicaItalia settimo mercato al mondo per valore nel farmaceuticoTempi eccessivamente lunghi per avviare uno studioEccessivo numero di comitati eticiFrammentazione burocraticaMancanza quasi assoluta di Centri e personale dedicati alla sperimentazione nei principali ospedali italiani

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• Punti di forzaLa produzione farmaceutica italiana e l’export hanno negli ultimi anni co-nosciuto un periodo di forte crescita, tanto che le esportazioni farmaceutiche in Italia valgono da sole circa quanto l’insieme degli altri settori ad alta tecno-logia e sono cresciute a un tasso medio annuo del 12,3% tra il 2009 e il 2012, arrivando a rappresentare il 4,4% delle esportazioni totali del Paese (figura 17).

L’Italia, con 27,5 miliardi di euro, è seconda solo alla Germania in Europa per va-lore della produzione farmaceutica totale e gli esperti del settore dicono che non siamo lontani dal possibile sorpasso (figura 18).

Da ultimi dati a disposizione, le imprese della farmaceutica italiana che lavorano conto terzi sono prime, con 1,7 miliardi di euro di valore della produzione e un +34% tra 2010 e 2015, davanti a Germania (1,5 miliardi) e Francia (1,4 miliar-di). (Fonte: Centro studi Prometeia)

Spostandoci sul settore emergente delle Terapie Avanzate, evidenziamo che anche qui l’Italia, coerentemente con il dato delle approvazioni europee, ha saputo co-struire, a Modena con Holostem e a Milano e Bresso con MolMed, due dei più

• Punti di debolezzaInnanzitutto osserviamo che la produzione nazionale avviene in stabilimenti alquanto datati, anche se in gran parte innovativi (figura 19);

1.3 Produzione farmaceutica

Figura 17. Fonte: analisi A.T. Kearney

Figura 18. Fonte: analisi A.T. Kearney

TREND DI CRESCITA DELL’EXPORT ITALIANO MIGLIORE IN EU5

TREND DI CRESCITA DELL’EXPORT ITALIANO MIGLIORE IN EU5

grandi impianti di sviluppo e produzione per terapie geniche e cellulari e per la medicina rigenerativa. Questi dati di incontestabile successo non dovrebbero però farci sedere sul risultato consolidato ma piuttosto spingerci a creare le con-dizioni affinché partendo dai punti di forza si possano affrontare per tempo punti deboli e minacce, in modo da garantire nel lungo termine questo primato italiano.

Fonte: analisi A.T. Kearney su dati “Indicatori Farmaceutici” di Farmaindustria (2008-2015), EFPIA “The Pharmaceutical Industry in figures” (2009-2015)

1 Aggregato di medicinali, vaccini e altri prodotti farmaceu-tici (come materie prime, etc.);

Figura 19. Fonte: survey A.T. Kearney, 2015

SITI PRODUTTIVI ALQUANTO DATATI, ANCHE SE RINNOVATI

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Figura 20. Fonte: survey A.T. Kearney, 2015

Figura 21. Fonte: www.idaireland.com

in secondo luogo, e questo non meraviglia, vista l’età media degli impianti, tale produzione è fortemente incentrata su principi attivi di sintesi chimi-ca, ma soprattutto off patent, ovvero medicinali che hanno perso la copertu-ra brevettuale (figura 20).

Questi due elementi rappresentano un fattore di rischio in termini sia di volu-mi che di valori nel medio-lungo termine. Bisognerebbe muoversi per tempo nella direzione che ci indica l’evoluzione dello scenario mondiale: produzio-ne biotecnologica, anticorpi monoclonali, proteine ricombinanti, vaccini, te-rapie avanzate, ingegneria genetica, tecnologie CAR e CRISP, gene editing, etc. Quando le produzioni più tradizionali e con margini meno remunerativi si sposteranno verso Paesi a più basso costo del lavoro, il Paese dovrebbe farsi trovare pronto ad affrontare le nuove sfide, facendo leva sulle eccellenze delle proprie maestranze e sull’esistenza di un tessuto e di una cultura produttive di primo livello. Ma per farlo con successo deve partire adesso, non quando l’attuale sistema produttivo comincerà a mostrare segni di declino.

Nell’evidenziare la seconda posizione tra i produttori EU, viene anche sotto-lineato come il complesso delle imprese del farmaco operanti in Italia abbia investito in tre anni la ragguardevole cifra di 450 milioni di euro (Fonte: In-dagine Farmindustria e Fondazione CERM). Nella prospettiva del futuro del

settore che abbiamo appena provato a delineare, uno stimolo a fare ancora di più e meglio è costituito dal fatto che questa cifra complessiva è la stessa che la sola Alexion, una media Azienda Biotech americana focalizzata su farmaci orfani e malattie rare, ha investito per costruire uno stabilimento biotecnolo-gico in Irlanda (figura 21).

Ottimo valore della produzione farmaceutica totale Alto tasso di crescita delle esportazioniIn Italia due dei più grandi impianti di sviluppo e produzione per terapie geniche e cellulari e per la medicina rigenerativaStabilimenti datatiProduzione fortemente incentrata su principi attivi di sintesi chimica e su farmaci off patentospedali italiani

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Prima di passare all’analisi di punti forti e deboli di questo ultimo, fondamen-tale step del “viaggio del bio-farmaco”, osserviamo che lo scenario interna-zionale offre ancora una volta una serie di opportunità, primi tra tutte i percorsi di early access, a partire dal canale PRIME dell’EMA: in presenza di terapie altamente innovative e di un percorso di adaptive licensing, i tempi per arrivare in commercio possono essere ridotti rispetto a quelli dei farmaci tradizionali. Naturalmente i presupposti sono la presenza di una reale brea-kthrough innovation e una capacità di interagire in maniera costruttiva con gli Enti Regolatori fin dalle fasi precoci dello sviluppo (figura 22).

1.4 Accesso alle terapie

Figura 22. Fonte: AIFA

PRIME ELIGIBILITY RECOMMENDATIONS

• Punti di forzaPer quello che riguarda l’Italia è difficile reperire concreti punti di forza in area accesso, visto che manteniamo i primati dei tempi più lunghi e dei prezzi più bassi tra i Paesi dell’Europa che conta. Nonostante ciò, possiamo cogliere i segnali che ci derivano dalla nuova Agenzia del Farmaco e cercare di costruire su questi per migliorare il futuro di questo fondamentale, ultimo passaggio del percorso.

Innanzitutto si osserva una tendenza alla trasparenza nei rapporti con le im-prese bio-farmaceutiche difficilmente riscontrabile in passato. In secondo luo-go, il linguaggio e la visione dell’Ente Regolatorio nazionale, ma anche dello stesso Ministero della Salute, sono oggi molto più vicini a quelli che si sentono all’interno delle aziende di ricerca, sviluppo e produzione.

Nell’ambito di questo rinnovato dialogo, si va consolidando sempre più la con-sapevolezza che la spesa destinata ai farmaci non possa essere conside-rata come silos separato rispetto alla spesa sanitaria complessiva (ma anche rispetto a quella previdenziale), poiché è essa stessa capace di generare risparmi in altri capitoli della spesa sanitaria e sociale (minor numero di trat-tamenti, riabilitazioni, ospedalizzazioni, interventi chirurgici, etc), ma anche sulla spesa previdenziale e in ultima analisi dell’intero sistema produttivo ed economico.

Su questi elementi è necessario far leva per trovare nuove soluzioni a un ac-cesso che appare al momento nettamente poco competitivo, forti del fatto che emerge sempre più chiaramente il concetto che la sostenibilità deve essere reciproca e non solo per il Sistema Sanitario Nazionale.

L’analisi del settore, tra punti di forza e di debolezza, opportunità e minacce

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• Punti di debolezzaTra le criticità restano in primo piano i tempi eccessivi per il rilascio delle Autoriz-zazioni all’Immissione in Commercio (AIC), fermi ancora a 334 giorni (figura 23).

Figura 24. Fonte: Ma Provider Srl

Figura 25. Fonte: Ma Provider Srl

Max = maximum value Min minimum value; SD = standard deviation.

TEMPO MEDIO 334 GIORNI, di cui 188 di passaggi burocratici - 146 dovuti a valutazioni CTS e CPR

ACCESSO REGIONALE: 175 GIORNI MEDI (FINO A 1.000) Nonostante la Legge Balduzzi del 2012

Una recente analisi ha fatto emergere un dato forse meno conosciuto e atteso: ben 188 di questi giorni sono persi in soli passaggi burocratici, il che appare semplicemen-te inaccettabile (figura 24).

Mean SD Min MaxAbruzzo 234,7 269,2 0 903

Basilicata 279,2 279,7 42 963

Calabria 149,7 186,9 5 728

Campania 167,5 173,8 5 628

Emilia R. 208,4 203,7 5 732

Friuli V.G. 228,5 140,3 42 548

Lazio 172,2 148,5 11 423

Liguria 196,7 200,0 11 689

Lombardia 120,5 159,6 0 507

Marche 193,0 229,3 11 728

Molise 275,4 205,4 80 576

P.A. Bolzano 155,4 140,3 11 507

P.A. Trento 264,1 268,4 42 1024

Piemonte 127,2 147,1 18 569

Puglia 140,6 186,4 0 658

Sardegna 258,6 268,4 18 781

Sicilia 175,0 164,9 0 569

Toscana 213,1 246,5 0 903

Umbria 251,3 189,7 21 668

Valle D’Aosta 127,2 147,1 18 569

Veneto 205,9 227,8 5 811

Italy 175 209 0 1024

Figura 23. Fonte: Ma Provider Srl

TEMPO MEDIO PER RILASCIO AIC = 334 GIORNI

A questo si aggiunge, com’è noto, il ritardo nel recepimento nei prontuari regio-nali che nella stessa indagine risulta essere in media di 175 giorni, con punte che arrivano a 7-900 giorni e notevoli differenze nel servizio offerto dal Servizio Sanitario Nazionale a seconda del codice di avviamento postale (figura 25).

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Ognuno di questi passaggi rallenta la disponibilità di un nuovo farmaco, che, dopo essere stato autorizzato a livello europeo, giunge sul mercato con un ritardo mini-mo di circa un anno e mezzo.

Un Paese che in termini di accesso al mercato crea le barriere e i ritardi che carat-terizzano l’Italia, diventa per definizione meno attrattivo per un’impresa, soprat-tutto Multinazionale, che deve decidere dove collocare i propri investimenti, siano essi di ricerca, di sviluppo o di produzione. Per questo motivo il tema dell’accesso fa parte di un unicum che determina l’attrattività del Sistema Paese.

Strettamente collegato al tema dell’accesso, ma relativamente out of scope rispet-to a questo documento, è il tema della governance della spesa farmaceutica: l’Ita-lia resta e resterà un grande mercato, il che rende il Paese comunque interessante per le imprese Multinazionali, ma l’incertezza delle regole, la presenza di un ele-vato livello di contenzioso con il Pubblico e la penalizzazione dei nuovi prodotti a vantaggio dei brand più consolidati costituisce anch’esso un deterrente agli inve-stimenti nel nostro Paese.

Alcune premesse di carattere genera-le sono indispensabili, vista la com-plessità del percorso analizzato, la numerosità degli interventi necessa-ri e il coinvolgimento di un elevato numero di attori sia istituzionali che privati.a) Un piano di questa portata deve necessariamente essere un piano che dal punto di vista temporale supera largamente la durata di una legislatura e deve essere condiviso

dalle principali forze politiche, non potendo essere legato a questo o a quello schieramento.Vista la portata e complessità, sono irrinunciabili una strategia nazio-nale integrata dell’innovazione, un modello di governo efficace, certo e centralizzato, un unico pivot a livello governativo. Solo in questo modo sarà possibile avere una regia complessiva che definisca e coordini priorità e progettualità (figura 26).

Scenario internazionale, possibilità di usufruire di percorsi di early access, a partire dal canale PRIME dell’EMA Rinnovato dialogo tra Aifa e aziende del bio-farmaceutico e cellulari e per la medicina rigenerativaConsapevolezza che la spesa destinata ai farmaci non può essere considerata come silos separato rispetto alla spesa sanitaria complessiva e a quella previdenzialePrimato italiano dei tempi più lunghi di accesso alle terapie con i prezzi più bassi tra i paesi dell’Europa che contaTempi eccessivi per il rilascio delle Autorizzazioni all’Immissione in CommercioLentezza burocratica, eccessiva frammentazione regionale

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+

+

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2 Proposte di intervento

Figura 26. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati Scimago e OECD, 2017

Proposte di intervento

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Diversi Paesi hanno adottato questa strategia, stabilendo un ente, un’a-genzia con questo ruolo, come ad

esempio l’OSCHR (Office for Strategic Coordination of Health Research) in UK (figura 27).

Figura 27. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati Ambasciata d’Italia nel Regno Unito, 2015

b) Il modello ha mostrato di funzio-nare, sarebbe sufficiente importarlo e adattarlo alla realtà italiana. Realtà ita-liana che notoriamente è considerata frammentata, a livello sia nazionale che regionale, in particolare nel ruolo pub-blico di indirizzo della ricerca scientifica

in area Scienze della Vita. Per dare og-gettività a questa percezione, si è proce-duto a compiere un’analisi sistematica, ad oggi riteniamo mai svolta, che sep-pur preliminare sembra dare una foto-grafia chiara del panorama italiano e porre le basi per un intervento radicale.

Innanzitutto sono stati mappati, tra pubblici e pubblico-privati, ben 81 enti che, a vario titolo, hanno nella propria missione l’obiettivo della promozione del settore delle Scienze della Vita, at-traverso la realizzazione di progetti in-novativi di ricerca e sviluppo. Di questi 81 enti individuati dal Gruppo di Lavo-ro The European House – Ambrosetti: il 59,2% sono nazionali* (48) e Il 40,7% sono regionali** (33). Questa prima analisi (vedi Allegato “Mappatura degli enti italiani che si occupano di promo-zione delle Scienze della Vita” – The European House Ambrosetti) conferma in maniera piuttosto oggettiva alcuni elementi: • una grande frammentazione dell’e-

cosistema, il che complica notevol-mente l’individuazione della fonte della governance, ma riduce anche l’individuazione di una chiara ac-countability;

• ridondanza degli istituti, talvolta contraddistinti da missioni difficil-mente distinguibili le une dalle al-tre, per di più operanti in un sistema non coordinato;

• la conseguente necessità di un ente centrale regolatore capace di defi-nire un indirizzo strategico chiaro, unitario e condiviso.

c) L’intero lavoro dovrebbe partire dall’analisi dei vantaggi competitivi del Paese rispetto alla concorrenza interna-zionale: in un mondo globalizzato dove né la scienza né i capitali hanno più confini, questo approccio è imprescin-

dibile. E l’Italia presenta in ogni fase del percorso del bio-farmaco dei punti di forza su cui puntare, dall’eccellenza nelle terapie avanzate fino alla quan-tità e alla qualità presenti nel sistema produttivo nazionale. Allo stesso tempo bisogna smettere di indulgere in inutili e dannose autocelebrazioni, prenden-do atto dei punti di debolezza che ad oggi rendono il Paese un player ogget-tivamente marginale della generazione di valore nello scenario internazionale, provando ad intervenire sistematica-mente ed organicamente su ognuno di essi.

Ciò premesso, lungo l’intero viaggio del bio-farmaco possono essere individuati dei pacchetti di intervento che potrem-mo definire verticali, che, pur necessi-tando dell’armonizzazione di cui sopra, possiamo schematicamente suddivide-re in alcuni cluster principali sulla base dell’Istituzione prevalentemente inte-ressata al pacchetto stesso.

Area Ministero della Salute/Aifa/ISSIl percorso di sviluppo di una terapia destinata all’uso umano è scandito da normative autorizzative e regolatorie che fanno pienamente parte del pac-chetto di attrattività di un Paese rispetto ai suoi concorrenti. In sintesi è necessa-rio che le Autorità regolatorie si strut-turino numericamente (sono anni che si parla dell’aumento della pianta orga-nica dell’Aifa) e qualitativamente per garantire al Sistema Paese una contro-

Proposte di intervento

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parte che sia in grado di essere presente in maniera tempestiva, ma anche ade-guata alle nuove tecnologie, in ognuno dei singoli passaggi del percorso di svi-luppo di un prodotto terapeutico.

Autorizzazioni ai laboratori di ricerca, norme per la sperimentazione anima-le che rispettino le indicazioni europee, regole per trasporto, conservazione ed uso nella sperimentazione che utilizza materiale cellulare, tipica delle terapie avanzate (vedi Allegato “Lo sviluppo dei medicinali per terapie avanzate in Ita-lia: la sfida del futuro” – Documento di posizione a cura del Gruppo di Lavoro Terapie Avanzate di Assobiotec), tempi e modi di autorizzazione delle sperimen-tazioni cliniche, ispezioni ai siti produtti-vi, riduzione dei tempi di accesso ai nuo-vi farmaci, con cancellazione degli inutili tempi amministrativi, incompatibili con l’epoca informatica nella quale viviamo, cancellazione delle autorizzazioni a li-vello regionale ed ospedaliero.Questi interventi sarebbero senza dub-

bio di grande impatto nell’aumentare la competitività del Paese, ivi inclusa l’area dell’accesso (come pure quella della governance della spesa farma-ceutica) che, insieme alla riduzione della burocrazia ed alla certezza del diritto, compone ciò che gli analisti chiamano “facilità di fare business nel Paese” (cfr. Rapporto ATKearney).Sempre nell’area del Ministero della Sa-lute, seppure non in quella delle regole e delle autorizzazioni ricadono due ul-teriori aree di intervento, parzialmente in sovrapposizione con altre aree limi-trofe: innanzitutto il coordinamento e la valorizzazione di quel patrimonio che sono gli IRCCS pubblici, che nel loro statuto hanno l’attività di ricerca, ma la cui capacità di produrre brevetti e di facilitare lo sviluppo di impresa è molto limitata rispetto al potenziale. Tale valorizzazione in gran parte pas-sa per la creazione di un Technology Transfer Lab (figura 28), che parta, ad esempio, proprio dagli IRCCS e dalla rete oncologica nazionale.

... perchè?

Figura 28. Fonte: elaborazione The European House Ambrosetti su dati Scimago e OECD, 2017

Figura 29. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati Scimago e OECD, 2017

La Direzione Generale del Ministero della Salute potrebbe costruire insieme al MISE un centro di TT che faccia da punto di riferimento e aiuti a sviluppare

i centri di trasferimento tecnologico a li-vello delle singole strutture o, meglio, di aggregati delle stesse, così come avviene in altri Paesi con successo (figura 29).

ESEMPI DI TRASFERIMENTO TECNOLOGICO IN LIFE SCIENCE

ASCENION MRC-T

Ritroveremo questa misura anche all’in-terno dell’area di pertinenza del MIUR, questa debolezza pregiudica largamen-te la capacità nazionale di trasferire la ricerca di base in impresa e va neces-sariamente affrontata e superata. Un

ampio documento relativo al Technolo-gy Transfer è già stato messo a punto e costituisce l’Allegato “Una proposta per valorizzare i risultati della ricerca nelle Scienze della vita: creare un transfer lab specializzato” di questa proposta.

Proposte di intervento

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Area MIURDai dati presentati nel corso dell’anali-si appare chiaramente il quadro di un Paese che pubblica molto e bene, che brevetta poco e che non industrializza quasi niente, sempre rispetto ai prin-cipali benchmark europei e mondiali.

Questo non può dipendere unicamen-te da un’attitudine nazionale alla ri-cerca speculativa e teorica o da una remora culturale a “fare business” nell’area della salute (siamo stati uno degli ultimi Paesi ad introdurre il bre-vetto sui medicinali), ma dipende in larga misura dal sistema delle regole.

Sono, quindi, necessari da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Univer-sità e della Ricerca una serie di misure che spingano il sistema dalle pubbli-cazioni verso il brevetto ed il trasferi-mento tecnologico.

Innanzitutto rivedere la proprietà del brevetto, oggi unicamente in capo al ricercatore, cosa che non spinge l’ente universitario a valorizzare la ricerca fatta nei propri istituti.

In secondo luogo cambiare le regole sulla base delle quali i docenti univer-sitari fanno carriera e accedono alle cattedre e alle posizioni di prestigio: se le regole sono basate sull’impact factor, i docenti universitari pubbli-cheranno. Regole che premino la va-lorizzazione della ricerca, il numero di brevetti, il numero di spin off, il va-

lore degli accordi fatti con l’industria privata, il flusso di royalty verso l’ente universitario, spingeranno gradual-mente ma inesorabilmente il sistema universitario verso la “drugability” delle proprie ricerche in area Scienze delle Vita.Qui si innesta il tema trasversale del Trasferimento Tecnologico, che più ancora che il sistema Salute/IRCCS dovrebbe vedere in prima linea il MIUR, considerando le analisi prece-dentemente evidenziate non solo in termini quantitativi ma anche quali-tativi, con il poco personale più orien-tato alla gestione degli adempimenti burocratico-amministrativi che al mix competenze scientifiche/competenze di business development (figura 30).

Accanto a queste raccomandazio-ni operative non possiamo non far-ne una politica: in una prospettiva come quella descritta di progettuali-tà profonda che cambi radicalmente l’approccio dell’Italia nei confronti di Ricerca ed Innovazione, è anacro-nistico e impensabile che uno stesso Ministero si occupi della scuola, della stabilizzazione dei precari, della ri-strutturazione dell’edilizia scolastica, ed allo stesso tempo dell’università, della ricerca e dell’innovazione come volani per la ripresa economica ed oc-cupazionale del Paese. Un’analisi re-lativa al settore dell’università è stata inserita nell’Allegato “Verso un siste-ma universitario in grado di produrre conoscenza e valore”.

Area MEF/MISEAll’inizio del documento si è ampiamen-te riconosciuto il merito degli ultimi due Governi italiani nell’aver instaurato misure fiscali a vantaggio della Piccola Media Industria innovativa e non solo.

Non descriveremo vantaggi (e anche limiti, come nel caso del Patent Box) del credito d’imposta, del super am-mortamento, delle regole di ruling, del riconoscimento dello stato di PMI innovativa, ma anche gli stessi PIR – Piani individuali di risparmio. Si tratta di una serie di misure importanti, ma soprattutto nuove e tutte nella giusta direzione. Adesso si tratta di fare un ulteriore salto di qualità, sia in senso di adattamento di queste misure a un set-

tore peculiare come quello delle Life Science (per esempio nei tempi e nelle regole) rispetto a tutti gli altri settori innovativi, sia in senso di analisi com-petitiva rispetto ai Paesi concorrenti più industrializzati. Pur rimandando allo specifico Allegato “Misure fiscali a favore del comparto biotech” di questo documento, dove sono inserite anche dal punto di vista tecnico una serie di proposte concrete, segnaliamo che in tutti i passaggi del viaggio del bio-far-maco esistono opportunità di inter-venti di semplificazione delle regole e di agevolazione fiscale, dalla parziale defiscalizzazione degli exit del venture capital che investe nelle PMI innova-tive, fino alla defiscalizzazione degli investimenti di riqualificazione/tra-

Figura 30. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati Scimago e OECD, 2017

LEUVEN KNOWLEDGE ECONOMY REGION

Proposte di intervento

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sformazione delle imprese di produ-zione farmaceutiche, che in Italia sono prevalentemente fabbriche di sintesi chimica, mentre il settore va inelutta-bilmente verso la produzione biotec-nologica. In questo specifico settore vi è una grandissima opportunità per l’I-talia, viste le competenze riconosciute

delle nostre maestranze. Va comunque sottolineato che il quadro dell’attrat-tività emerso da un’indagine presso i direttori di un significativo campione di imprese del settore riporta alle aree che necessitano di intervento trasver-sale: burocratico, fiscale, regolatorio (figura 31).

Figura 31. Fonte: survey A.T. Kearney, 2015

ATTRARRE INVESTIMENTI IN PRODUZIONE Fattori chiave emersi dall’esito del survey ATKearney

Solo per enfatizzare la dimensione dell’opportunità, aggiungiamo che le capacità di produzione di prodotti biotecnologici sia nell’area delle pro-teine ricombinanti che degli anticorpi monoclonali, così come in quella dei vaccini e ancor più in quella delle te-rapie geniche e cellulari è totalmente insufficiente rispetto alle attese di pro-duzione per la clinica e per il mercato

dei nuovi prodotti attesi per i prossimi anni. Questo vuol naturalmente dire che nei prossimi anni le grandi Multi-nazionali Biofarmaceutiche dovranno investire miliardi di dollari nel settore produttivo biotecnologico.

L’opportunità però è adesso e se appare evidente che l’Italia non può compete-re con la Cina, dove le imprese loca-

lizzano i propri impianti per facilitare l’ingresso a un enorme mercato, o con la Svizzera, dove esiste un ecosiste-ma in area Life Science e regole al di fuori dell’UE che non sono replicabili dall’Italia, il Paese può guardare alla

capacità di attrazione della Repubblica d’Irlanda, guardando il sito dell’Agenzia per lo Sviluppo Economico dell’Irlanda (IDA) http://www.idaireland.com op-pure all’organizzazione, alla semplicità e alla concretezza del sito Invest in France.

• Strategia nazionale integrata dell’innovazione• Modello di governo efficace, certo e centralizzato• Autorità regolatoria strutturata per facilitare tutti i passaggi che portano all’acces-

so di un prodotto terapeutico• Riduzione dei tempi di accesso ai nuovi farmaci, con cancellazione degli inutili

tempi amministrativi e burocratici• Coordinamento e valorizzazione del patrimonio degli IRCCS pubblici• Creazione di un Technology Transfer Lab• Necessità di misure che spingano il sistema dalle pubblicazioni verso il brevetto e il

trasferimento tecnologico.• Necessità di rivedere la proprietà del brevetto, oggi unicamente in capo al ricerca-

tore• Necessità di cambiare le regole sulla base delle quali i docenti universitari fanno

carriera e accedono alle cattedre e alle posizioni di prestigio• In tutti i passaggi del viaggio del bio-farmaco cogliere opportunità di interventi di

semplificazione delle regole e di agevolazione fiscale

Proposte di intervento

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