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COMUNE DI LOIRI PORTO SAN PAOLO SERVIZIO DEI LAVORI PUBBLICI PROGETTO PRELIMINARE REALIZZAZIONE DELLE OPERE DI ARGINATURA E DIFESA SPONDALE DEL RIO SCALAMALA NEL CENTRO ABITATO DI PORTO SAN PAOLO RELAZIONE DI COMPATIBILITA’ IDRAULICA

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Page 1: RELAZIONE DI COMPATIBILITA’ IDRAULICA · Pagina 3 Fig. 2 Stralcio ridotto cartografia del Progetto di Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (codice Elaborato: 4_13_SA001_2_1_0) Le

COMUNE DI LOIRI PORTO SAN PAOLO

SERVIZIO DEI LAVORI PUBBLICI

PROGETTO PRELIMINARE

REALIZZAZIONE DELLE OPERE DI ARGINATURA E DIFESA

SPONDALE DEL RIO SCALAMALA NEL CENTRO ABITATO DI

PORTO SAN PAOLO

RELAZIONE DI COMPATIBILITA’ IDRAULICA

Page 2: RELAZIONE DI COMPATIBILITA’ IDRAULICA · Pagina 3 Fig. 2 Stralcio ridotto cartografia del Progetto di Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (codice Elaborato: 4_13_SA001_2_1_0) Le

INDICE

I

1 Premessa ................................................................................................................................... 1

2 Quadro normativo di riferimento ............................................................................................ 2

2.1 La pericolosità idraulica del Riu Scalamala secondo il PAI.............................................. 2 2.2 La pericolosità idraulica del Riu Scalamala secondo il PSFF .......................................... 2

3 Analisi geologica ...................................................................................................................... 4

3.1 Contesto geolitologico di progetto .................................................................................... 4 3.2 Circolazione idrica superficiale e sotterranea .................................................................. 6 3.3 Geomorfologia del bacino idrografico............................................................................... 8 3.4 Geomorfologia dell’asta fluviale ....................................................................................... 9 3.5 Cenni litotecnici .............................................................................................................. 19

4 Analisi idrologica .................................................................................................................... 20 4.1 Caratterizzazione fisica e idrografica del bacino (fonte PSFF) ..................................... 20 4.2 Determinazione delle massime portate di piena ............................................................ 21 4.3 Caratteristiche e funzionalità delle opere idrauliche ....................................................... 21

5 Analisi idraulica ...................................................................................................................... 23 5.1 Allestimento del modello idrodinamico ........................................................................... 23

5.1.1 Assetto geometrico dell’alveo ............................................................................ 23 5.1.2 Le opere di attraversamento .............................................................................. 25 5.1.3 Condizioni al contorno ....................................................................................... 26 5.1.4 Definizione delle scabrezze ............................................................................... 26

5.2 Simulazioni idrodinamiche .............................................................................................. 27 5.2.1 Configurazione ANTE OPERAM ....................................................................... 28 5.2.2 Configurazione POST OPERAM ....................................................................... 29

6 Vulnerabilità delle opere in progetto: verifica di stabilità a trascinamento delle difese spondali ........................................................................................................................................... 31

6.1 Sforzo di trascinamento .................................................................................................. 31 6.1.1 Calcolo delle condizioni critiche di moto incipiente ........................................... 33 6.1.2 Calcolo della tensione di trascinamento critica: dimensionamento ................... 33

6.2 Verifica di stabilità a trascinamento: conclusioni ............................................................ 33

7 Conclusioni: valutazione della compatibilità idraulica ....................................................... 34

8 Piano di manutenzione .......................................................................................................... 35

8.1 Difesa spondale .............................................................................................................. 35 8.1.1 Manuale d’uso ................................................................................................... 35 8.1.2 Manuale di manutenzione ................................................................................. 36 8.1.3 Programma di manutenzione ............................................................................ 36

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INDICE

II

8.1.3.1 Sottoprogramma delle prestazioni ................................................ 36 8.1.3.2 Sottoprogramma dei controlli ........................................................ 36 8.1.3.3 Sottoprogramma degli interventi ................................................... 37

Allegato 1 Analisi idraulica:

risultati del modello numerico monodimensionale (tabelle, sezioni e profili)

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1 Premessa Il presente studio di compatibilità idraulica è parte integrante degli elaborati di progetto preliminare relativi agli interventi di mitigazione del rischio idraulico lungo il rio Scalamala presso l’abitato di Lori Porto San Paolo (OT).

In particolare l’analisi concentra l’attenzione sugli ultimi 2,5 km del rio Scalamala (macro bacino idrografico 4–Liscia), nel tratto urbano, peraltro già in passato oggetto di interventi, a maggiore antropizzazione.

Ai sensi delle Norme Tecniche del Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) lo studio di compatibilità idraulica ha le seguenti finalità:

• analizzare le relazioni tra le trasformazioni del territorio derivanti dalla realizzazione degli interventi di cui sopra e le condizioni dell’assetto idraulico attuale e potenziale dell’area interessata;

• verificare e dimostrare la coerenza dei progetti con le previsioni e le norme del PAI e PSFF;

• prevedere adeguate misure di mitigazione e compensazione all’eventuale incremento di pericolo e del rischio sostenibile associato agli interventi su indicati;

• valutare la vulnerabilità dell'opera, in particolare l'azione di trascinamento della corrente sui rilevati interessati dalla stessa.

In coerenza con quanto disposto dalle Norme Tecniche di Piano, ed in particolare con l’Allegato E alle medesime, le principali attività che verranno svolte sono:

• analisi geologica e geomorfologica del bacino idrografico e del corso d’acqua;

• analisi del trasporto solido dell’asta fluviale e dei fenomeni erosivi;

• analisi idrologica finalizzata alla definizione della piena di riferimento per eventi a differente frequenza probabile in coerenza con i tempi di ritorno adottati nel PAI;

• implementazione di un modello idraulico monodimensionale ANTE OPERAM di estensione adeguata;

• analisi idraulica POST OPERAM del comportamento in piena del corpo idrico per un tratto fluviale di estensione adeguata alla verifica degli effetti degli interventi in progetto sia in termini di aree di allagamento sia di tiranti idrici;

• analisi dei processi erosivi in alveo e nelle aree di allagamento;

• l’analisi delle potenziali sollecitazioni delle opere in progetto.

Nello svolgimento delle attività citate si è tenuto conto dell’aggiornamento del quadro conoscitivo e dei risultati del Progetto di Piano Stralcio delle Fasce Fluviali.

In allegato alla presente relazione tecnica illustrativa ed esplicativa delle procedure adottate e delle analisi svolte sono forniti i seguenti elaborati:

• analisi geomorfologica: confronto diacronico del periodo 1943-2008;

• carta dell’assetto attuale con report fotografico;

• risultati delle elaborazioni numeriche e documentazione grafica con apposite sezioni e profili idraulici a scala adeguata atti ad identificare i livelli di piena;

• elaborati grafici (georeferenziati secondo gli standard del SIT della Regione Sardegna) che definiscono le aree inondabili per eventi a differente frequenza probabile nelle configurazioni attuale e di progetto.

I modelli numerici per la simulazione idraulica monodimensionale sono stati allestiti mediante l’utilizzo del software HEC-RAS 4.1.0.

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2 Quadro normativo di riferimento

2.1 La pericolosità idraulica del Riu Scalamala secondo il PAI

Nel territorio di Loiri-Porto San Paolo il P.A.I-R.A.S. aveva riconosciuto sia il pericolo geomorfologico che quello idraulico, ma non del rio Scalamala, bensì del Riu La Castagna.

Da notare, in ogni caso, che considerando l’intera gamma degli eventi degli ultimi 25 anni (da Novembre 1989 compreso ad oggi) il territorio è stato oggetto di deflussi critici associati a piene almeno 5 volte (Novembre 1989; Dicembre 1998; Ottobre-Novembre 2007; Novembre 2008; Settembre 2009), delle quali almeno 3 hanno coinvolto il Riu Scalamala.

La pericolosità geomorfologica tuttavia mette in evidenza il rapporto fra versante e corso d’acqua relativamente alla possibilità da parte di quest’ultimo di caricarsi di sedimenti.

2.2 La pericolosità idraulica del Riu Scalamala secondo il PSFF

Il recente Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) della RAS ha considerato il Riu Scalamala corso d’acqua principale. Esso è stato, dunque, studiato dal punto di vista idrologico, idraulico e geomorfologico (non è stato studiato il trasporto solido, a causa del suo sostanziale stato di artificializzazione in rapporto al tratto da analizzare) ed è stata fornita la cartografia delle fasce di pericolosità.

Lo studio alla base dell’analisi idraulica si è fondato in una suddivisione in sottobacini secondo lo schema seguente.

Dalla Tab. 4 della Relazione Monografica del PSFF si ricava che l’ampiezza considerata dell’intero bacino idrografico è pari a 6,6 kmq, la lunghezza (L) dell’asta principale 5 Km e la sua pendenza media (I) è del 6%.

Le fasce di pericolosità PSFF sono individuate con riferimento alla legenda sottostante (le fasce A e B sono delimitate con criteri idraulici secondo i tempi di ritorno indicati alla numerazione mentre C è la Fascia delimitata con criteri geomorfologici fluviali), e al successivo estratto di carta.

Fig. 1 Legenda dell’Atlante Cartografico delle fasce fluviali del PSFF

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Fig. 2 Stralcio ridotto cartografia del Progetto di Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (codice Elaborato: 4_13_SA001_2_1_0)

Le conclusioni della Relazione Monografica PSFF non pervengono ad individuare particolari criticità, salvo il coinvolgimento nella fascia C di una porzione di circa 6 ha dell’abitato di Porto San Paolo. Va tuttavia considerato che la copertura topografica a disposizione del PSFF appare abbondantemente obsoleta nella parte costiera a valle della S.S. 125 e, dunque nello stato attuale, l’estensione della criticità rispetto al tessuto abitativo deve considerarsi superiore. La stessa relazione mette inoltre in evidenza (pur non definendola esplicitamente come criticità) la presenza di un tubo (fognario) sostenuto da una piletta centrale che attraversa il tratto canalizzato a circa 30 m a monte del ponte della S.S. 125. In effetti tale manufatto è da considerarsi incongruo sul piano idrogeologico, poiché può determinare un ostacolo all’eventuale deflusso di materiale flottante ed innescare ostruzioni, in caso di piena.

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3 Analisi geologica

3.1 Contesto geolitologico di progetto Facendo seguito all’analisi descritta in relazione geologica, a cui si rimanda per ogni approfondimento, si può riassumere il quadro litostratigrafico dell’area di progetto nei seguenti strati (dal basso in alto):

1A Basamento granitoide più o meno integro in prismi isolati per ragioni strutturali e morfo-climatiche (rilievi residuali), spesso affiorante nel fondo alveo

1B Basamento granitoide fratturato e fessurato, passante di lato a corestones evolventi in boulders (4)

2 Basamento granitoide molto fratturato e parzialmente arenizzato (2)

3 Coltre di arenizzazione più o meno ferrettizzata a spessore variabile, da poco coerente a quasi incoerente

5 Depositi superficiali di versante/pendio

6 Alluvioni attuali in alveo e subattuali della fascia d’inondazione (terrazzo).

Tab. 1 Riepilogo litologico con schematizzazione dall’alto in basso

Unità Età Potenza

6 Depositi alluvioni attuali o subattuali Olocene 0.1-2 m

5 Detriti di versante ghiaiosi attuali o subattuali Olocene 0.2-2 m

4 Accumuli residuali in grossi massi (boulders) stabilizzati o relitti (derivanti dall’evoluzione di 1B e 3)

Pleistocene Varia

(3-8 m)

3 Coltri di arenizzazione e di alterazione spinta (coltre eluviale)

Pleistocene su rocce del

Carbonifero sup.-Permiano

0,5-2,5m

2 Complesso granitoide ercinico a granitoidi porfirici parzialmente arenizzati

Carbonifero sup.-Permiano

(arenizzazione recente)

Varia

(0.5-5,0 m)

1 A-Complesso granitoide ercinico a graniti porfirici integri o poco fessurati

B-Complesso granitoide ercinico a graniti molto fratturati e fessurati

Carbonifero sup.-Permiano

Radicata

in profondità

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Fig. 3 Schema litostratigrafico Riu Scalamala

Fig. 4 Profilo litologico schematico del sostrato granitoide all’altezza della sezione Monte Contros-Monte Bagno

3 Complesso granitoide ercinico deltutto arenizzato 0.50-2,50m

2 Complesso granitoide ercinico parzialmente arenizzato 0.50-5,0m

1A Complesso granitoide ercinico a monzograniti porfirici integri o poco fessurati

1 Complesso granitoide del Carbonifero-Permiano a prevalenti monzograniti porfirici in ammassi rocciosi. Con filoni accessori Radicato in profondità.

Olocene-Attuale

1A

1B Complesso granitoide ercinico a monzograniti molto fratturati e fessurati

3

1B

6 Alluvioni ciottolose. 5 Detriti di versante 0.50-2,00m

2

6 5

Coltre eluvialePleistocene

SSE NNW

Riu Scalamala

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3.2 Circolazione idrica superficiale e sotterranea L’area é descrivibile dal punto di vista pluviometrico in base ai pluviometri di M.te Petrosu (96 m s.l. m.) e di Murta Maria (17 m s.l. m.), rispettivamente con 710 mm/anno e 721 mm/anno (media annuale riferita rispettivamente a 54 e 69 anni di osservazioni disponibili dal 1922 al 1992) con mesi più piovosi in ordine decrescente Dicembre, Novembre, Gennaio per Monte Petrosu e Dicembre, Novembre, Ottobre per Murta Maria e piovosità concentrata nel quadrimestre Ottobre-Gennaio (52-53 %). Le temperature attestano massimi ad Agosto o Luglio con circa 25°. Di seguito l’istogramma di sintesi relativo alle osservazioni della stazione di Monte Petrosu.

Fig. 5 Pluviometro Monte Petrosu: medie mensili di 54 anni, più media annuale (Dati S.I.S.S.)

La circolazione idrica superficiale è caratterizzata, come a scala regionale (Gallura, in genere settore NE della Sardegna) da rapidità dei deflussi, connessa in modo strutturale con la fisiografia del territorio, cioè con la diffusione gradienti/differenziali morfologici relativamente forti, e sollecitata negli ultimi decenni dall’incremento degli eventi intensi su scala regionale.

I fattori che agiscono direttamente sulle caratteristiche della circolazione idrica sono il volume degli afflussi nell’unità di tempo, le caratteristiche d’uso del suolo e la permeabilità dei terreni e del sostrato.

L’eventuale inerzia geo-idrologica è legata infatti alle tipologie litologiche. In particolare, risultano interferenti lo stato, la distribuzione, lo spessore dell’arenizzazione e le condizioni geomeccaniche degli ammassi rocciosi, soprattutto la persistenza, la spaziatura, l’apertura, dalle quali derivano le caratteristiche di permeabilità secondaria che condizionano l’infiltrazione negli ammassi in roccia.. Quest’ultima è tuttavia funzione anche delle caratteristiche d’uso del suolo, essendo le coperture vegetali ed arbustive in grado di limitare i dilavamenti e i ruscellamenti.

Su scala locale si evidenzia un certo stato di conservazione della macchia in quella parte del bacino estranea ad interventi insediativi e non interessata da incendi in tempi recenti. Per il resto (ovvero la parte più meridionale e settentrionale del bacino) la macchia è

0

100

200

300

400

500

600

700

800

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

mm

mesi da Gennaio (1) a Dicembre (12); media annuale (13)

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degradata, il suolo è denudato, le superfici sono bitumate e spesso non dotate di sistemi di caditoie o di raccolta.

L’attivazione dei cantieri edilizi sui pendii (Lottizzazioni di Monte Contros, ecc.), in particolare su tratti con pendenze talora superiori al 30%, le bitumazioni della viabilità al servizio dei lotti edificati su detti versanti (che, sottraggono aree al dilavamento e inducono accelerazione su altre, soprattutto in carenza o mancanza di idonei ed efficienti sistemi di drenaggio e raccolta)5, hanno sempre l’effetto di concentrare i flussi idrici e, pertanto, di amplificare la naturale tendenza ai ruscellamenti, evidenziata dai tassi di biforcazione e densità di drenaggio della rete scolante sul basamento granitoide.

Ulteriore testimonianza concreta di quanto detto sono i consueti riversamenti di detriti al di là dei cordoli e delle eventuali cunette, con invasioni delle sedi stradali lungo ampi tratti delle sedi viarie in concomitanza di rovesci temporaleschi.

Tutto ciò, se unito alla naturale condizione predisponente rappresentata ora dalla coltre di alterazione superficiale sui litotipi granitoidi ora da detrito regolitico o di versante, giustifica una certa produzione di recapito solido a consuntivo, nella rete di drenaggio dell’area insediata.

Nello specifico caso l’area d’indagine, sul lato Dx dell’area d’intervento a monte del tratto artificializzato, è contrassegnata dalla presenza di una via comunale realizzata secondo una pendenza poco inferiore a quella della testata del compluvio. Essa tende pertanto a divenire collettore di deflussi verso valle che, non essendo dotati di idoneo sistema di smaltimento, possono interagire con quelli del corso d’acqua a scapito di manufatti esistenti.

Per ciò che attiene la circolazione idrica sotterranea è noto che i sistemi granitoidi sono contrassegnati da una permeabilità bassa per fratturazione e medio-bassa per porosità, laddove si siano generati e sviluppate plaghe arenizzate. In base a tale ripartizione, nell’area d’indagine, possiamo distinguere due tipologie di strutture acquifere o Unità Idrogeologiche (U.I. ):

1) L’insieme costituito dalle limitate porzioni degradate in superficie, comprendenti le poco spesse coperture regolitiche e le coltri arenizzate, dotate di medio-bassa permeabilità da porosità.

2) I granitoidi che possono fungere da acquiferi a circolazione più profonda in funzione della loro permeabilità dovuta a fratturazione e fessurazione.

In entrambi i casi si può instaurare un circuito idrico con falda libera, in genere a bassa soggiacenza (in particolare nell’U.I. n 1). In genere questi circuiti sono comunicanti in modo che l’acquifero 2 può alimentare l’acquifero 1. Le portate di solito non sono elevate (<< 1 l/sec anche in inverno), data la scarsa trasmissività dei circuiti e sono soggette alle variazioni stagionali, in quanto del tutto dipendenti dalle precipitazioni.

Si noti tuttavia che il Riu Scalamala, per quanto subisca un forte abbattimento della portata, nel periodo più secco e caldo fa registrare una deflusso idrico superficiale nell’asta torrentizia. Poiché in alcuni tratti il deflusso scompare per poi ricomparire a valle,

5 Si noti quindi che, dal punto di vista idrogeologico, l’effetto delle bitumazioni deve giudicarsi duplice, poiché con l’impermeabilizzazione locale si ha la

tendenza al trasferimento delle lame d’acqua ai bordi delle opere stradali. Solo con una rete di scolo di tali acque progettata e verificata per tempi di ritorno definiti realisticamente, secondo corretti criteri di costi-benefici, e successivamente ben manutenuta, si potrebbe ammettere come non negativo l’effetto della bitumazione sul piano idrologico e geomorfologico.

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è realistico ritenere che una parte dei volumi si possa disperdere per via sotterranea nel settore alluvionale costiero e non contrassegnato da accumuli di sedimenti più o meno terrazzati. Tale condizione si determina dunque nel tratto d’intervento a monte di quello già artificializzato e nella porzione alluvionale della bassa valle.

Non è stata localizzata alcuna manifestazione sorgentizia, né nel’area d’intervento, né in quella d’indagine, né nelle pertinenze. Nonostante ciò, dati i caratteri geolitologici di riferimento, non si può certo escludere la formazione di scaturigini a seguito di eventi piovosi.

3.3 Geomorfologia del bacino idrografico Le condizioni geomorfologiche generali riscontrabili entro il bacino del Riu Scalamala sono piuttosto simili a gran parte dei contesti galluresi di ambiente collinare e costiero. Esse sono quindi valide anche nello contesto d’indagine.

Più in dettaglio, lo spartiacque del bacino idrografico attuale del Riu Scalamala corre fra i seguenti rilievi: Monte Scalamala (271m), Monte Ruju (316m), Monte Scopaglio (296m), Monte Colombo (154m). Altri bassi rilievi, simili in tutto ai precedenti (Monte Micalotto, 163m; Monte Pinducciu, 132m, Monte Bagno, 87m), si ritrovano oggi all’interno del bacino a seguito della forzata confluenza fra Scalamala e Riu de Li Stazzi Vecchi.

Esso è circoscritto su rilievi orograficamente collinari e di altitudine assai scarsa, ma pronunciati e, in base ai gradienti morfologici, piuttosto simili alle Serre (o Sarre dagli idiomi locali), anche a causa del loro carattere relitto, cioè di morfologia risultante da condizioni morfoclimatiche non attuali.

Seppur modestissima per dimensioni anch’essi sono stati ridefiniti secondo evidenti elementi tettonici regionali. Questi ne condizionano oltre che il pattern idrografico, tanto le pendenze quanto la forma stessa del bacino che è spiccatamente asimmetrico in senso trasversale (cioè in rapporto alla posizione dell’asta torrentizia), a causa della particolare ristrettezza lungo tutto il settore Nord ossia in Sx. Inoltre, pur non apparendo stretta ed allungata, tale configurazione è certamente riscontrabile almeno nel sottobacino A di Una importante conseguenza di ciò sono le altrettanto evidenti asimmetrie clivo metriche.

Fig. 6 Suddivisione in sottobacini del Riu Scalamala (PSFF).

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La rete idrografica che s’instaura all’interno dello spartiacque, pur nella sua modestia spaziale è assai ben delineata secondo un pattern sub dendritico e sub rettangolare. Sulla base del DTM della RAS, il PSFF ha individuato i seguenti elementi morfologici:

1. Ordine gerarchico No = 4,

2. Rapporto di biforcazione RB = 3,14

3. Rapporto delle lunghezze RL = 2,65

4. Rapporto delle aree drenate (densità di drenaggio) RA = 4,09

Essi, rientrerebbero altresì, secondo il PSFF, nelle medie calcolate di grandi quantità di dati sperimentali (in genere si ha: 3<RB<5, 1,5<RL<3,5 e di 3<RA<6.

Sezione Hmin Hmax Hmedia i

[m s.m.] [m s.m.] [m s.m.] [m/m]

A 28 316 172 0,09

B 13 316 165 0,07

C 0 316 158 0,06

Tab. 2 Altre caratteristiche morfologiche, fisiografiche e altimetriche dei sottobacini del Riu Scalamala.

3.4 Geomorfologia dell’asta fluviale

TRATTO A MONTE DELLA S.S. 125

L’analisi dell’asta pone in evidenza che, se si esclude il solo tratto sorgentizio di I ordine ai piedi del M.te Ruju (315,88m; CTR), essa è collocata all’interno di una stretta valle rettilinea, d’impostazione tettonica con direzione WSW-ENE (la più evidente a scala regionale) a quote orograficamente collinari (a partire da circa 160m s.l.m.).

Tale origine conferisce all’asta un particolare assetto sub-rettilineo, geomorfologicamente tale da poter condizionare la dinamica dell’idrogramma di piena durante gli eventi idrologici intensi (cfr. Verstappen, 1983).

A partire da monte, le condizioni dell’alveo e delle sponde sono da ritenersi abbastanza naturali (fatti salvi ipotizzabili spostamenti di volumi sedimentari con mezzi meccanici, come urgente conseguenza degli eventi alluvionali 2009) fino a circa 20 m s.l.m., cioè fino all’imbocco del tratto artificiale canalizzato e rivestito.

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Fig. 7 Ortofoto Google (06/08/2010). E’ evidenziato il surplus insediativo mancante nella cartografia PSFF

Fig. 8 Manufatto in posizione critica (tratto da Rel. Monografica PSFF)

Tale segmento all’interno del centro abitato di Porto San Paolo, non occupa un ambito vero e proprio di piana alluvionale costiera, se non a partire da quote inferiori ai 15m s.l.m, tuttavia l’attuale lieve sinuosità, parrebbe una condizione idro-morfologica non originaria, in base a confronti diacronici.

Da ciò consegue che si è in presenza di un alveo defluente quasi totalmente su di un’Unità Fisiografica Collinare e soltanto nell’ultimo tratto, pari a circa 1,5 Km di sviluppo, su di un’Unità Fisiografica Alluvionale-Costiera che meglio sarebbe definire, nello specifico, Deltizia. Tale condizione, di per sé rilevante ai fini dell’anamnesi idrologica e geomorfologica, non è sufficiente, tuttavia a giustificare la pericolosità del torrente.

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Occorre infatti sottolineare l’importanza in primo luogo dell’elemento geometrico che più si evidenzia allo stato di fatto, ovvero, come accennato, l’assetto sub-rettilineo dell’asta, unitamente, in secondo luogo, alla sua collocazione ai piedi di rilievi orograficamente collinari ma clivometricamente montani, dove si genera un particolare gradiente di pendenza.

Come detto nei capitoli che discutevano dell’inquadramento regionale, tale assetto è coerente con l’appartenenza della regione alla fisiografia di tipo “gallurese”.

Ad essa va sommata la persistente tendenza al denudamento erosivo che è geomorfologicamente incoraggiata dalla presenza di rilievi collinari tettonicamente recenti, a cui si associano larghe superfici arenizzate e detritiche. Per tale ragione, quantunque, in proporzioni limitate, vista la scarsa consistenza areale del bacino, non deve meravigliare la relativa abbondanza di sedimenti connessi al torrente Scalamala, né la presenza di una condizione palesemente deltaica alla foce, con propensione del sistema idrico a divagare sui volumi solidi aggradanti e progradanti . E’ bene quindi rimarcare, anche in questa sede, per le implicazioni che il tema riveste con le scelte progettuali, l’importanza dell’apporto solido potenziale del sistema idrico del torrente Scalamala sia ai fini della generazione di effetti più rilevanti di quelli modellizzabili idraulicamente che alla conservazione degli equilibri costieri locali.

A tale riguardo chi scrive non ritiene affatto che gli eventi critici che si sono manifestati negli ultimi trent’anni a Porto San Paolo costituiscano l’effetto di una più generale recrudescenza meteo-climatica. Più semplicemente, essi sono la rappresentazione di una oggettiva e naturale condizione idro-geo-morfologica locale in concomitanza di eventi pluviometrici i cui dati definiti outliner rispetto alle serie di quelli disponibili, vengono troppo frettolosamente strumentalizzati come indicatori di particolari variazioni climatiche per assecondare interpretazioni degli eventi tanto catastrofiste quanto, di fatto, totalmente assolutorie rispetto alla gestione dei territori. Ai fini di una più attenta valutazione andrebbero semmai riconsiderate le scelte insediative degli ultimi decenni come cause predisponenti l’incremento di pericolo e di vulnerabilità.

Dato l’assetto geometrico del bacino, l’alveo allo stato attuale è interessato soltanto in Dx idrografica da veri e propri affluenti, con una certa articolazione idrografica. Il principale di essi è il Riu di Lu Colbu che s’innesta nel sottobacino A, a poco meno di 1Km dal tratto d’alveo d’interesse ai fini del progetto. Sempre in Dx ma a valle del suddetto tratto, è presente il Riu de Li Stazzi Vecchi (o Riu Frigni) che, come vedremo meglio più avanti, non è un affluente naturale. Per il resto il Riu Scalamala riceve sia in Dx che in Sx il contributo di soli compluvi di I ordine, alcuni dei quali compromessi, deviati o in parte cancellati dall’urbanizzazione (condizione questa che afferisce ad altra fattispecie di pericolosità idrogeologica).

Pertinenze dell’asta

L’area di alimentazione più a monte (orientativamente oltre i 100 m s.l.m) rispetto allo spartiacque (M.te Scalamala; Monte ….; M.te Ruju etc.) è in gran parte rocciosa con saltuarie coperture detritiche, talora concentrate come colate di pietrame in compluvi e con massi o blocchi residuali disseminati. A Monte Contros, come visto in precedenza, è localizzata un’antica frana di blocchi ciclopici, stabilizzata e in parte relitta (da cui trae origine un locale Hg2 del PAI-RAS). Il fondo dell’alveo e le sponde risentono di questo complessivo stato erosivo dei versanti, almeno fino alla stretta di Monte Contros-Monte Bagno, in quanto il primo, pur presentandosi spesso in roccia sana affiorante, contiene accumuli intermittenti di sedimenti in funzione della caduta locale di pendenza, mentre le seconde sono ritagliate su coperture detritiche colluviali e sul regolite del sostrato roccioso, oppure su locali accumuli alluvionali.

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Con riferimento all’Appendice al Manuale tecnico – operativo per la valutazione ed il monitoraggio dello stato morfologico dei corsi d’acqua - Versione 1 dell’ISPRA (2011), viene data di seguito un a rapida caratterizzazione idro-geo-morfologica dell’alveo.

Nell’area d’indagine a cavallo fra Unità Fisiografica Collinare e Alluvionale, il torrente è descritto sul piano morfologico da un alveo a canale singolo, confinato sino alla stretta di Monte Contros-Monte Bagno. Poco a monte della suddetta stretta valliva, il torrente riduce la sua pendenza e in Dx interrompe lo stato di confinamento passando a quello di semiconfinato. Si tratta in realtà dell’effetto di un “salto”, in quanto poco più a valle il tronco vallivo si restringe ed il fondo riprende ad essere roccioso, con alluvioni sciolte sul fondo discontinue e di preferenza ai bordi della sezione. Tale condizione perdura per alcune centinaia di metri ma muta radicalmente a circa 100 m a monte della canalizzazione. In tale tratto si manifesta una sensibile crescita della tendenza deposizionale (o, se si preferisce, una caduta della capacità di carico conseguente alla riduzione della pendenza). I sedimenti per lo più ciottolosi e ghiaiosi vanno ad ostruire l’alveo stesso, costringendo il deflusso ordinario delle portate formative e a piene rive a piegare verso Sx. Da qui in poi il corso d’acqua non è più confinato ed ha tendenza (nelle sole piene) ad assetto transizionale a barre alternate. In ambito confinato così come in quello semiconfinato, l’alveo ordinario si manifesta comunque a canale singolo sino al l’inizio del tratto canalizzato e rettificato. Sempre in ambito confinato, il fondo è per lo più roccioso in contesto collinare con avvicendamenti di tratti a Step-Pool o addirittura a rapide (Cascade). A scala di tratto il profilo é tendenzialmente a gradinata nel tratto confinato, mentre nella parte rimanente a monte della canalizzazione si può parlare di una tendenza all’assetto Riffle-Poll.

Va comunque considerato che l’incremento di sezione apportato con la sistemazione a profilo trapezio, quantunque sia stata abbattuta la scabrezza col rivestimento in cemento, ha ulteriormente abbattuto la velocità sviluppabile a parità di portata e, dunque, ha indotto, la tendenza locale al sovralluvionamento, al passaggio fra le due configurazioni. Ciò è dimostrato dalle condizione idro-geo-morfologica che si riscontra a monte dell’imbocco del canale rivestito, per almeno un tratto di 200 m.

Ciò, d’altro canto, è riscontrato anche dal fatto che nel fondo del tratto artificializzato del Riu Scalamala, i sedimenti reperibili sono estremamente rari e in genere sabbiosi ma non ciottolosi.

E’ dunque evidente che l’effetto indesiderato dell’intervento del 1991 sia quello di accentuare la tendenza naturale verso del fenomeno della deposizione, in altre parole il sovralluvionamento. Infatti in sostanza i rilievi mettono in evidenza che allo stato attuale tutta la deposizione grossolana di taglia ciottolosa, si scarica prima dell’inizio del tratto in canale oltre il quale è recapitata la sola frazione sabbiosa o ghiaiosa fine.

Considerazioni granulometriche e sul trasporto solido

Lo studio preliminare non può contare su analisi granulometriche di laboratorio. In ogni caso, tuttavia, le osservazioni ricavabili sul terreno sono ben impiegabili ai fini della presente trattazione. Esse infatti:

• Hanno consentito di asseverare ipotesi realistiche sul campo delle velocità massime che la corrente può sviluppare.

• Sono di supporto (con altre osservazioni sul campo) alla valutazione numerica del coefficiente di scabrezza di Manning da introdurre nello studio idraulico.

I sedimenti mobili contenuti all’interno dell’alveo a monte del tratto canalizzato, sono per lo più ciottolosi con un campo dimensionale visibilmente variabile ma con larghissima diffusione modale dai 5 cm ai 25 cm. Più rara la presenza di ciottolame di diametro

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superiore ma sono comunque reperibili blocchi con dimensione massima di 50 cm. Non si tratta di depositi corazzati. La frazione ghiaiosa è presente ma appare nettamente subordinata insieme con quella sabbiosa. Essa invece si presenta come matrice dei cumuli che si rinvengono addensati e terrazzati (in particolare in Dx). Tali frazioni sono ad ogni modo sempre ben riconoscibili per il colore rossastro-rosastro strettamente dipendente dai sostrati arenizzati. La diversità litotecnica ai lati della sponda Dx attesta il divario cronologico della loro formazione. Le aree esterne del terrazzamento rispetto all’alveo, essendo più addensate, sono più antiche, per quanto pur sempre ritenibili oloceniche; quelle più interne sono sciolte e benché spesse circa 2 m, sono attuali (epoca storica) ed attestano di mobilità del fondo con gli eventi intensi.

Valutazione della scabrezza

Nel tratto a monte della canalizzazione trapezia in cemento abbiamo:

• Sponde vegetate con vegetazione arbustiva/cespugli e vegetazione arborea più rada

• Fondo in roccia spesso affiorante al centro ad intermittenza con 10cm /20 cm in ciottolame grossolano e ghiaia + sabbia.

Nel tratto di maggiore accumulo sedimentario la sponda Dx è totalmente caratterizzata da ciottolame grossolano (moda prevalente ϕ = 5cm-25cm), per 2m di spessore naturale (al netto di rimaneggiamento artificiale)

Confrontando coi dati proposti in letteratura, il coefficiente di scabrezza di Manning n [s/m1/3] in prima istanza può essere assunto, con riferimento a alla condizione Alvei di montagna - larghezza a piene rive <30m - fondo su ciottoli e ghiaia, nel seguente campo di valori:

n = 0,035-0,050 s/m1/3

Passando, tuttavia, al calcolo in base all’espressione di Chow V. T. (1959), n = (n0+ n1+ n2 + n3 + n4 ) * m5 occorre considerare anche ulteriori osservazioni sull’alveo ; pertanto, più precisamente si ha (tra parentesi le valutazioni numeriche):

Parametri Condizione Coeff

Materiale d’alveo Ciottoli e sabbie

n0 0,028

Forma della sezione moderatamente irregolare

n1 0,010

Grado uniformità longitudinale con saltuarie strettoie

n2 0,005

Effetto delle ostruzioni apprezzabile n3 0,020

Presenza di vegetazione media n4 0,010

Coefficiente n 0,073

Grado di sinuosità scarso m5 1

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Tab. 6 – Calcolo del Coefficiente di scabrezza

Si suggerisce, pertanto, il seguente valore del parametro

n = (n0+ n1+ n2 + n3 + n4 ) * m5

n= (0,028 +0,010 +0,005 + 0,020 +0,010) * 1 =

n = 0,073 s/m1/3

TRATTO CANALIZZATO E CEMENTIFICATO

Tutto il tratto artificializzato è rivestito in cemento per circa 650m; da monte a valle è suddivisibile in 3 segmenti con 2 geometrie distinte:

- 1° tratto, a monte del ponte sulla S.S. 125 a profilo trapezio

- 2° tratto, sia a monte del ponte sulla S.S. 125 che poco a valle di questo, a profilo rettangolare (attraversato dal ponte sulla S.S. 125)

- 3° tratto, a valle del ponte sulla S.S. 125, a profilo trapezio.

Le sezioni trasversali del 1° e del 2° tratto sono complessivamente sgombere di sedimenti; in particolare non è presente ciottolame né in forma di accumuli né di ciottoli isolati. Si rinvengono discontinui e sottili (3-4 cm) strati di sabbie medio-grossolane con esigua frazione ghiaiosa mentre sia il fondo che i lati manifestano sottili coperture di alghe e vegetazione erbacea. Sono invece diffusi invece i rifiuti (ivi compresi rottami di tubazioni). Fondo e sponde artificiali sono in discreto stato di conservazione salvo isolate carie del cemento di copertura delle sponde, individuate in Dx circa 20m a monte del ponte di via Pertini.

Del 3° tratto si discute nella sezione riguardante l’asta fluviale a valle della S.S. 125.

Valutazione della scabrezza

In base alla condizione Canali in calcestruzzo, considerando lo stato di dissesto di una percentuale importante del fondo, si può ricorrere al campo di valori n = 0,020-0,025 s/m1/3.

TRATTO A VALLE DELLA SS125 (da Ponte sulla SS125 a foce)

Attualmente a valle della struttura di attraversamento sulla S.S,1251 il corso d’acqua piega repentinamente di circa 70° in direzione SE con un tratto cementificato di circa 100 m, dapprima per pochi metri, a sezione rettangolare, successivamente a sezione trapezoidale. Ancora a valle riprende senza rivestimento, più o meno secondo la direzione parallela all’asta di monte, sino alla foce. La sezione, in parte artificiale (per le ragioni esposte più avanti) ed in parte naturale, è alta circa 2,5 m dal fondo in Sx e complessivamente è più stretta di circa il 50% rispetto a quella artificiale.

1 Si noti che, dalle testimonianze raccolte, l’evento del Novembre 1989 aveva manifestato la massima rischiosità della dinamica alluvionale subito a

valle del ponte, sia in Dx che in Sx.

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Quantunque la tendenza allo sviluppo della sinuosità in ambito di breve piana alluvionale sia da considerarsi normale, nello specifico contesto, la geometria immediatamente a valle della S.S. 125 è apparsa non del tutto congrua; per di più, si riscontra in situ sul lato Sx la presenza di conglomerati visibilmente rimaneggiati (a giacitura caotica). Per tale ragione si è provveduto a reperire la cartografia Storica IGMI in scala 1.25000 (Tav. F° 182 IV SE Maladormida della Carta d’Italia), per operare un opportuno confronto diacronico fra l’assetto ivi illustrato e la condizione odierna. La cartografia storica conferma i dubbi di partenza e sorprendentemente rivela che:

il Riu Scalamala ed il Riu de Li Stazzi Vecchi (Riu Frigni), attuale apparente suo affluente in Dx, disponevano di foci ben separate con tratti terminali altrettanto distinti (il PSFF non pone in evidenza questo aspetto);

attualmente la foce del Riu Scalamala coincide con la foce del Riu de Li Stazzi Vecchi;

Se ne deduce che:

1. gran parte del tratto a valle della S.S.125 dell’attuale alveo del Riu Scalamala, in verità coincide con l’alveo del Riu de Li Stazzi Vecchi;

2. Il Riu Scalamala è affluente artificiale di Sx del Riu del Li Stazzi Vecchi;

3. Il Riu Scalamala è un torrente largamente artificializzato anche in tempi precedenti le sistemazioni del 1991.

Non deve meravigliare la particolare abbondanza di sedimenti sabbiosi e ghiaiosi alla foce poiché, in ogni caso, si è in presenza di un particolare, per quanto limitato, sistema deltaico. Questo aspetto, che non pare essere mai stato preso in considerazione, al contrario, andrebbe seriamente valutato d’ora in avanti anche in termini di manutenzione idrografica ordinaria ed ai fini della gestione del litorale sottendente la foce.

In base alle foto Ortorettificate 1954 e 1977 si può documentare inoltre che la foce del Riu Scalamala tendeva a divagare, in particolare verso Est.

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Fig. 9 Spartiacque del bacino idrografico del Riu Scalamala: in rosso il bacino originario; in azzurro la parte complementare del bacino del Riu de Li Stazzi vecchi (Riu Frigni). La chiusura dello spartiacque alla foce, data la presenza di una configurazione ad aggetto deltaico è solo indicativa, in quanto è evidente che entrambe le foci potessero traslare in funzione delle portate degli eventi di piena. Tale possibilità, sussiste a maggior ragione nell’attuale assetto.

E’ dunque evidente che per ragioni che si ignorano ma dettate da esigenze del tutto artificiali, il corso d’acqua del Riu Scalamala nel suo tratto prefocivo a valle della SS125 abbia subito una deviazione netta verso Est. La sua vecchia foce corrisponderebbe oggi all’area indicata sulla CTR come Vecchio Semaforo/Vecchio Faro, in cui sulla carta storica si evidenziano stagni costieri. Tale area è oggi parzialmente edificata.

Ulteriori confronti con Ortofoto rettificate del 1943, 1954, 1977 (cfr: http://www.sardegnageoportale.it/webgis/fotoaeree/) documentano che:

• la deviazione è stata operata in tempi precedenti l’immagine aerea del 1943.

• a tale contesto corrisponde la realizzazione di un frazionamento fondiario

• sono ancora evidenti all’epoca le tracce dell’alveo abbandonato sia nell’immagine 1954 che in quella 1977.

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• L’area in Sx a valle del ponte non può non aver subito rimaneggiamenti topografici miranti al sollevamento parziale delle quote.

Fig. 10 Stralcio ingrandito IGMI storico (Tav. F° 182 IV SE Maladormida della Carta d’Italia 1886)

L’assetto che è stato assegnato al corso d’acqua a valle della SS 125 da oltre mezzo secolo ha costituito senza dubbio una condizione d’incremento di pericolosità rispetto alle condizioni di deflusso originarie. Ciò in quanto, quantunque si supponga sollevata parte della sponda Sx, a valle di una condizione di per sé critica per la presenza del ponte, è stato attribuito all’alveo un artificiale raggio di curvatura non in equilibrio con l’assetto naturale. Tale aspetto confligge, inoltre, a maggior ragione con l’evoluzione assai più recente dell’insediamento in Sx. Nell’ipotesi teorica di sole portate liquide molto elevate, la repentina deviazione in Dx a valle del ponte, produce un evidente ostacolo al deflusso della corrente che solo in parte, ad avviso di chi scrive, è compensato dall’abbattimento della scabrezza della canalizzazione in cemento. L’attuale parziale distruzione del fondo alla ripresa della sezione trapezia, con ammaloramento della parte a valle (deformazione della sagoma con superficie convessa) per uno sviluppo complessivo di circa 80 m, ne costituiscono evidenza chiara (si noti che tali effetti sono descritti anche in letteratura sulle correnti veloci).

Parrebbe dunque che l’assetto canalizzato e rettificato assegnato al corso d’acqua negli interventi posteriori (1991) all’evento del Novembre 1989, per quanto prudenziale per le portate, non abbia preso in considerazione questi elementi, limitandosi all’ampliamento della sezione e all’abbattimento della scabrezza. Peraltro attualmente a valle del tratto canalizzato si possono documentare ulteriori elementi di criticità quali:

• Cattiva manutenzione dell’alveo, sia artificiale che naturale;

• Varie ostruzioni di origine artificiale (materiali di risulta)

• Incremento dell’edificato sulle fasce di esondazione.

Prima di defluire in foce nella baia di Porto San Paolo, il torrente incide una scarpata di terrazzo marino di circa 5m di altezza.

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Fig. 11 Immagine ortorettificata 1954 (da: http://www.sardegnageoportale.it/webgis/fotoaeree/). La numerazione esprime il senso cronologico dell’evoluzione dei rami idrografici sul delta

Fig. 12 Immagine Ortorettificata 1977 (da http://www.sardegnageoportale.it/webgis/fotoaeree/)

A valle del ponte, in corrispondenza del termine della sezione rettangolare, il fondo si presenta dapprima rimosso poi dissestato e con vistose deformazioni convesse per un

1

2

3

1b

1b + 3 1

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tratto di circa 80 m fino oltre il manufatto di scarico in Dx (costituente opera di immissione non controllata ai sensi del PSFF). Le pertinenze di tale tratto sono in genere occupate da abitazioni o dagli spazi a queste funzionali.

Sulla sponda Dx subito a valle della S.S. 125 si segnala per uno sviluppo di circa 20 m una superficie ricavata artificialmente per versamento di circa 1,5m in altezza di terre sciolte deposte fin sopra la protezione spondale in cemento. Tale sovralzo morfologico sulla sponda in cemento non costituisce presidio di tipo idraulico; semmai la posizione è tale da rendere le terre che lo costituiscono, immediatamente esposte ad erosione al passaggio di qualunque corrente veloce e di qualunque ruscellamento. Si tratta dunque di potenziali volumi solidi a disposizione del deflusso che, dunque, a parità di portata liquida, in caso di piene aumenterebbero la pericolosità idraulica del tratto locale, ma che rischiano comunque di riversarsi in alveo. Si tratta in sostanza di una condizione che concorre sia pur di poco, ad incrementare lo scenario di pericolo idraulico.

Fig. 13 Stralcio Tav SA 001 dell’ Atlante Cartografico delle Fasce Fluviali del PSFF (Subbacino 4 Liscia).

3.5 Cenni litotecnici L’area su cui è previsto l’intervento è interessata nel suo complesso da 6 dei 7 termini geolitologici individuati in precedenza: 1A, 1B , 2, 3, 5, 6 (il termine 4 è assente). L’intervento, poiché interessa esclusivamente l’asta torrentizia, rive comprese, coinvolgerà in particolare 1A, reperito per una cinquantina di metri in affioramento, all’interno dell’alveo e il termine 6 presente sulle spond, in particolare a Dx .

Dal punto di vista litotecnico, le correlazioni qualitative individuabili sono le seguenti.

Sigla

1 1A Rocce coerenti

1B Rocce coerenti

2 Rocce da coerenti a pseudocoerenti

3 Rocce pseudocoerenti

5 Terre da poco addensate a sciolte (Rocce incoerenti)

6 Terre da poco addensate a sciolte (Rocce incoerenti)

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4 Analisi idrologica

4.1 Caratterizzazione fisica e idrografica del bacino (fonte PSFF)

Facendo seguito a quanto individuato dal PSFF, si indicano gli elementi principali che caratterizzano le unità idrografiche del bacino del rio Scalamala e i conseguenti parametri geografici, fisiografici e morfometrici:

• superficie del bacino S (km2);

• altitudine massima Hmax (m s.m.);

• altitudine media Hmedia (m s.m.);

• altitudine minima (altitudine sezione di chiusura), Hmin (m s.m.);

• lunghezza dell’asta L (km);

• pendenza media dell’asta i (m/m).

Fig. 14 Schematizzazione in sottobacini del rio Scalamala (PSFF)

Tab. 3 Lista sottobacini rio Scalamala.

Bacino note Sezione

PSFF Area sottobacino

[km2] Area tot

[km2]

A Bacino di testata riu Scalamala 04_SA_005 3,5 3,5

B Intermedio 04_SA_002 0,5 4,0

C Valle confluenza riu minore e foce 04_SA_002 2,6 6,6

Tab. 4 Caratteristiche morfologiche, fisiografiche e altimetriche dei sottobacini del rio Scalamala.

Sezione S Hmin Hmax Hmedia L i

[km2] [m s.m.] [m s.m.] [m s.m.] [km] [m/m]

A 3,5 28 316 172 3,3 0,09

B 4,0 13 316 165 4,4 0,07

C 6,6 0 316 158 5,0 0,06

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4.2 Determinazione delle massime portate di piena Le verifiche idrauliche degli interventi in progetto sono state condotte rispetto alle portate definite dal PSFF per il rio Scalamala.

In particolare gli interventi in progetto ricadono a valle del sottobacino B: in rosso sono evidenziate le portate di riferimento.

Tab. 5 Portate PSFF del rio Scalamala per i differenti tempi di ritorno.

Codice sezione di chiusura

sottobacino

Area Q*(T2) Q(T50) Q(T100) Q(T200) Q(T500)

[km2] [m3/s] [m3/s] [m3/s] [m3/s] [m3/s]

A 3,5 11 37 46 56 68

B 4,0 13 40 49 58 70

C 6,6 19 58 71 85 104

4.3 Caratteristiche e funzionalità delle opere idrauliche Nel tratto d’asta focivo in esame si individua una sola ma estesa opera idraulica: la canalizzazione in calcestruzzo dell’alveo nel tratto urbano.

Fig. 15 Ubicazione planimetrica della canalizzazione

L’opera, progettato nel 1991 per la messa in sicurezza idraulica del centro abitato, ha una lunghezza complessiva di circa 700 m:

• i primi 360 m sino al ponte di v. Pertini con sezione trasversale trapezia (base minore 6 m, maggiore circa 13,5 m, altezza circa 2,0-2,5 m) e pendenza di scorrimento pari a 1,5%;

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• tra il ponte di Pertini e quello della statale SS125 (circa 190 m), la sezione tipo è rettangolare avente larghezza 8 m e altezza circa 2,0-2,5 m e la pendenza rimane circa attorno al 1,5%;

• poco a valle del ponte della SS125, in corrispondenza di una accentuata curva verso destra, la sezione tipologica è nuovamente trapezia per oltre 150 m, con geometrie analoghe al primo tratto ma pendenza aumentata al 2%.

L’opera presenta localizzati segni di dissesto, particolarmente evidenti nel tratto terminale a valle della strada statale e in corrispondenza dei salti di fondo, laddove le velocità di deflusso durante le piene risultano più elevate. In questi punti si segnalano localizzati ammaloramenti e cedimenti delle lastre in calcestruzzo.

Tra i due attraversamenti stradali è presente una condotta fognaria che taglia a mezza altezza la sezione idraulica, costituendo di fatto un elevato ostacolo al deflusso del materiale trasportato durante le piene: è altamente probabile che tanto materiale di trasporto solido che oggetti flottanti di varia natura (vegetazione arbustiva, arborea, rifiuti etc) si accumulino formando un ostacolo di consistente geometria (almeno pari a metà della sezione utile di deflusso).

Fig. 16 Condotta fognaria ubicata ad ingombro all’interno della canalizzazione idraulica

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5 Analisi idraulica Le attività di analisi idraulica sono volte alla definizione dei profili di moto permanente relativi ai tempi di ritorno per i quali sono state determinate le portate di piena nell’ambito delle attività di analisi idrologica; tali profili sono necessari alla successiva attività di perimetrazione della pericolosità idraulica.

Le analisi sono state condotte implementando il modello numerico monodimensionale in coerenza con quanto definito nella relazione metodologica del Piano Stralcio Fasce Fluviali.

5.1 Allestimento del modello idrodinamico

5.1.1 Assetto geometrico dell’alveo

Il tratto di rio Scalamala oggetto di analisi, di lunghezza complessiva pari a circa 2,5 km è stato schematizzato sulla base di 30 sezioni trasversali appositamente estratte dal rilievo LIDAR a griglia 1x1 m realizzato dal Ministero dell’Ambiente.

Alcune di queste sezioni sono state replicate nel modello numerico in corrispondenza di attraversamenti o salti di fondo per una più corretta schematizzazione modellistica. Alla sezione identificata con il numero ”0”, posta in mare, è stata imposta la condizione al contorno.

La localizzazione delle sezioni di calcolo è riportata in forma planimetrica nell’Elaborato “Planimetria di pericolosità idraulica” relativo al tracciamento della configurazione Ante e Post Operam. Rispetto a quanto individuato nel PSFF, in Tab. 6 si riporta la conversione tra le sezioni PSFF e le sezioni utilizzate nel presente studio (denominato per brevità “LOIRI2013”).

La scelta dell’ubicazione delle sezioni lungo l’asse del corso d’acqua ha tenuto volutamente conto dell’ubicazione delle sezioni di riferimento riportate nella cartografia di delimitazione delle fasce fluviali del PSFF.

In corrispondenza del tratto di intervento progettuale le sezioni sono state opportunamente infittite con l’obiettivo di una descrizione di maggior dettaglio della zona.

Tutte le sezioni trasversali del modello sono state estese trasversalmente al fine di rappresentare la massima estensione del deflusso di piena.

Tab. 6 Elenco delle sezioni di calcolo e conversione PSFF-“LOIRI2013”

ID Sezione

PSFF

ID Sezione LOIRI2013

Descrizione

0 0 Condizione al contorno a mare: 1.8 m s.m.

200

335

1 425 SEZ. 1 PSFF

500

600

700

800

930 Fine tratto canalizzato in cls a sezione trapezia

1000

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ID Sezione

PSFF

ID Sezione LOIRI2013

Descrizione

1055

1080 Inizio tratto canalizzato in cls a sezione trapezia

1100 Ponte viale Don Sturzo a Porto San Paolo - S.S.125 - VALLE

1109 Ponte viale Don Sturzo a Porto San Paolo - S.S.125 - VALLE (C)

1117 Ponte viale Don Sturzo a Porto San Paolo - S.S.125

1125 Ponte viale Don Sturzo a Porto San Paolo - S.S.125 - MONTE

(C)

2 1130 Ponte viale Don Sturzo a Porto San Paolo - S.S.125 - MONTE -

SEZ. 2 PSFF

1160 OSTACOLO CONDOTTA FOGNARIA

1161 CONDOTTA FOGNARIA

1162 OSTACOLO CONDOTTA FOGNARIA

1300 Inizio tratto canalizzato in cls a sezione rettangolare

1308 Ponte via Pertini - VALLE (C)

1314 Ponte via Pertini

1320 Ponte via Pertini - MONTE (C)

3 1325 Ponte via Pertini - MONTE - SEZ. 3 PSFF

1400

1500

4 1675 SEZ. 4 PSFF - Inizio tratto canalizzato in cls a sezione trapezia

1700

1725

1750

1775

1800

1900

2000

2100 Area di rimessaggio barche – Valle (affioramento roccioso)

2200 Area di rimessaggio barche - Monte

2300

2400

2500

La schematizzazione geometrica dell’alveo è stata effettuata in modo da ottenere una buona rappresentazione del deflusso in piena, tenendo conto delle caratteristiche geometriche del corso d’acqua e delle opere idrauliche presenti (canalizzazioni a diversa sezione tipologica e diversa pendenza di fondo scorrimento).

I valori dei coefficienti di contrazione ed espansione richiesti dal modello numerico sono stati assunti rispettivamente pari a 0,1 e 0,3, come suggerito dal manuale tecnico in presenza di variazioni graduali.

Al fine di completare la descrizione della schematizzazione dell’alveo nel tratto d’interesse sono stati inseriti tutti gli attraversamenti esistenti: il ponte comunale di v. Pertini, il ponte tubo della condotta in ghisa e il ponte della SS125.

I ponti sono stati schematizzati nel modello HEC-RAS inserendo 4 sezioni trasversali, due a monte e due a valle della struttura; la distanza tra le sezioni è stata definita in modo da rappresentare correttamente la larghezza della struttura e il restringimento geometrico indotto dalla stessa.

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5.1.2 Le opere di attraversamento

L’analisi idraulica evidenzia come gli attraversamenti stradali presenti lungo l’asta nel tratto non interferiscono in generale in modo significativo sui deflussi in corso di piena.

Caso opposto è invece l’ostacolo indotto dalla condotta posta a metà altezza della sezione di deflusso idraulico: gli effetti principali dell’interferenza sono rappresentati da un apprezzabile restringimento della sezione di deflusso, ma soprattutto da un elevato rischio di ostruzione delle piccole luci sottostanti la tubatura. Per la tipologia di deflusso (che come si vedrà in seguito è tipicamente di moto ipercritico) ne consegue un locale e repentino incremento del profilo idraulico (tendente al carico totale).

Le strutture “Bridge” sono state schematizzate utilizzando 4 sezioni trasversali, due a monte e due a valle della struttura. La distanza tra le sezioni è stata definita in modo da rappresentare correttamente la larghezza della struttura e il restringimento geometrico indotto dalla stessa:

• una sezione a valle della struttura, alla distanza a cui termina l’effetto indotto dal restringimento (distanza circa pari alla larghezza dell’attraversamento);

• una immediatamente a valle della struttura;

• una sezione immediatamente a monte della struttura;

• una a monte della struttura, posta alla distanza a cui inizia a risentirsi dell’effetto indotto dal restringimento (distanza circa pari alla metà della larghezza dell’attraversamento).

Per il calcolo del profilo di corrente in corrispondenza delle strutture durante un deflusso al di sotto dell’impalcato (low flow), tra le diverse opzioni offerte dal codice di calcolo sono state selezionate le equazioni di bilancio dell’energia ed il metodo dei momenti, tra le quali il programma seleziona in automatico la formulazione caratterizzata dalla maggiore dissipazione energetica; viene invece assunta la schematizzazione con deflusso in pressione e stramazzo al di sopra dell’impalcato (pressure and weir) per le situazioni con livello della corrente tale da interessare l’intradosso dell’attraversamento o il rilevato stradale d’accesso (high flow). Le condizioni limite per il deflusso in pressione sono definite dal programma in base al livello di corrente a monte.

La corretta schematizzazione di tali strutture è fondamentale per una realistica analisi dei fenomeni idraulici. Per tale motivo, visto l’elevato rischio di ostruzione associato alla presenza della condotta in alveo (sezione 1162), nelle simulazioni di verifica idraulica è stato assunto che le piccole luci sottostanti la condotta stessa siano completamente occluse.

Fig. 17 Schematizzazione in HEC-RAS della ponte-tubo con luci ostruite

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5.1.3 Condizioni al contorno

Il modello idraulico è stato impiegato in condizioni di moto permanente per le simulazioni di assegnate portate di piena.

Nello schema di calcolo, lungo l’asta sono state assegnate le portate determinate sulla base degli studi idrologici nelle sezioni significative individuate dal PSFF.

Tab. 7 Portate massime al colmo PSFF in funzione del tempo di ritorno lungo il tratto focivo del rio Scalamala e assegnate alle diverse sezioni del modello di simulazione idraulica

rio Scalamala – Valori di portata per assegnato periodo di ritorno

ID Tronco Sezioni idrauliche PSFF

Sezioni idrauliche LOIRI2013

Area sottesa [km2]

Portata T=2

[m3/s]

Portata T=50 [m3/s]

Portata T=100 [m3/s]

Portata T=200 [m3/s]

Portata T=500 [m3/s]

1 4-2 2500-930 4,0 13 40 49 58 70

2 2-0 930-0 6,6 19 58 71 85 104

In coerenza con quanto definito dal PSFF, nella sezione 0, ultima sezione a valle posta in prossimità del mare, è stata imposta una condizione di livello costante e pari a 1,8 m s.m. L’effetto della condizione al contorno di valle scema a monte della sezione 500, in corrispondenza della quale peraltro, a causa del brusco cambiamento di pendenza di fondo, è possibile la realizzazione di significativi fenomeni di dissipazione energetica (salti di bidone) in corso di piena.

La condizione al contorno di monte è invece posta circa 300 m a monte del primo intervento in progetto (area di rimessaggio), in un tratto d’alveo a fondovalle regolare e inciso tra i versanti naturali (larghezza di deflusso tra la sez. 2500 e la sez. 2300 pressoché costante e pari a circa 35-40 m per tutti i tempi di ritorno simulati). Vista la conformazione morfologica del tratto di rio, l’ubicazione della condizione al contorno di monte rappresenta correttamente il deflusso nel tratto di interesse.

5.1.4 Definizione delle scabrezze

I calcoli idraulici per la ricostruzione dei profili di piena sono stati effettuati con riferimento al coefficiente di scabrezza di Manning, assegnato in accordo con quanto definito dal PSFF e con le indicazioni fornite dalla letteratura scientifica e in particolare da “Guide for Selecting Manning’s Roughness Coefficients for Natural Channels and Flood Plains” – U.S. Geological Survey Water – Supply Paper 2339, 1989.

Per la valutazione numerica del coefficiente di scabrezza si è fatto ricorso alla nota formula di V.T. Chow, che esprime l’indice di scabrezza di Manning nella forma:

n = (n0 + n1 + n2 + n3 + n4) m5

in cui n0 è in funzione del materiale costituente l’alveo, n1 dell’irregolarità della superficie della sezione, n2 della variazione della forma e della dimensione della sezione trasversale, n3 dell’effetto relativo di ostruzioni, n4 dell’effetto della vegetazione e m5 del grado di sinuosità dell’alveo.

Sulla scorta dei sopralluoghi condotti, dell’analisi di trasporto solido effettuata e del metodo indicato sono stati adottati i seguenti valori dell’indice di scabrezza di Manning:

• n = 0,05 m-1/3 s (pari a c=20 m1/3 s-1 di Strickler) per l’alveo vegetato;

• n = 0,025 m-1/3 s (pari a c=40 m1/3 s-1 di Strickler) per l’alveo rivestito in calcestruzzo ma ammalorato e con presenza di depositi;

• n = 0,035 m-1/3 s (pari a c=28 m1/3 s-1 di Strickler) per le golene poco vegetate.

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5.2 Simulazioni idrodinamiche L’analisi idraulica condotta in moto permanente ha permesso di definire, nel tratto di interesse, le caratteristiche di deflusso verificabili al transito di una piena con tempo di ritorno pari a 50, 100, 200 e 500 anni.

Le simulazioni idrauliche sono state condotte con riferimento alle seguenti condizioni geometriche:

− configurazione Ante Operam, rappresentativa dall’attuale assetto morfologico del corso d’acqua;

− configurazione Post Operam, rappresentativa delle condizioni di progetto costituite dall’inserimento di opere difensive e dall’eliminazione del ponte-tubo di sez. 1162.

Negli allegati idraulici di restituzione del modello numerico monodimensionale (Allegato 1) i risultati delle elaborazioni sono presentati in forma tabellare, come sezioni trasversali e come profili idraulici. Nell’elaborato “Planimetria di pericolosità idraulica” sono invece rappresentate le perimetrazioni scaturite dalla presente analisi.

A seguire si riportano le principali caratteristiche idrauliche individuate nelle tabelle di output per ogni sezione:

• River Sta = identificativo della sezione di calcolo con eventuale descrizione associata;

• Profile = identificativo del profilo di portata (Tempo di ritorno);

• Q Total = portata (m3/s);

• Min Ch El = quota di fondo minimo della sezione (m s.m.);

• Max Chl Dpth = tirante (m);

• W.S. Elev = quota di pelo libero (m s.m.);

• Crit W.S. = quota di altezza critica (m s.m.);

• Diff = differenza tra pelo libero e quota di altezza critica (m) (inserito per meglio valutare la tipologia di moto);

• Froude # Chl = numero di Froude della corrente nell’alveo inciso (-);

• E.G. Elev = quota di carico totale (m s.m.);

• E.G. Slope = pendenza del carico totale (m/m);

• Vel Chnl = velocità media della corrente nell’alveo inciso (m/s);

• Vel Total = velocità media della corrente sull’intera sezione di deflusso (m/s);

• Top Width = larghezza del pelo libero (m);

• Hydr Radius C = raggio idraulico nell’alveo inciso.

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5.2.1 Configurazione ANTE OPERAM

Gli elementi principali che emergono dall’analisi dei risultati nel tratto in studio sono:

1. l’area di rimessaggio barche, posta in sinistra tra la sezione 2200 e 2000, è soggetta ad allagamenti (come peraltro accaduto durante il recente evento alluvionale del 2010), seppur con tirante contenuti (poche decimetri), già per la portata al colmo con tempo di ritorno di 50 anni. Per eventi TR200 il tirante massimo nell’area dei fabbricati è di circa 50 cm, mentre la velocità è di circa 2 m/s, che sale a 3-4 m/s in alveo. Il profilo è di corrente veloce. Le recenti piene hanno asportato il materiale fine presente sul fondo alveo, scoprendo il substrato roccioso. Le rive spondali sono in erosione attiva;

2. presso la sezione 2100 un affioramento roccioso posto in destra idraulica determina il restringimento del deflusso, l’aumento locali delle velocità e favorisce l’erosione sulla sponda opposta;

3. nel tratto tra la sezione 1900 e 1800 si evidenzia, in destra, la riattivazione/formazione di un canale laterale semi-parallelo all’alveo naturale principale. In corso di piena il nuovo canale riattivato può favorire direzioni di deflusso non compatibili con il regolare imbocco al tratto canalizzato artificiale (sez. 1700-1500);

4. il tratto canalizzato è caratterizzato da moto critico, con velocità di corrente superiori a 5 m/s;

5. in corrispondenza del ponte-tubo (sez. 1162), l’effetto di ostruzione dell’ostacolo determina un brusco salto di quota del profilo idraulico, con conseguente allagamento dell’area circostante. L’allagamento è favorito in destra, in quanto la sponda sinistra è mediamente rialzata con muretto in calcestruzzo di circa 0.5 m. Sul lato di esondazione, per eventi catastrofici la propagazione dell’onda di piena potrebbe sormontare la strada e rientrare in alveo poco più valle, interessando tuttavia diverse abitazioni oltre che la statale SS125. L’azione di spinta esercitata sul ponte-tubo dal deflusso di piena potrebbe inoltre compromettere la tenuta della condotta fognaria, con conseguente e altrettanto importante rischio sanitario,

6. l’intradosso dei due attraversamenti stradali non è mai interessato, neppure per l’evento TR500 anni, dal profilo di piena, tuttavia non è garantito il franco di sicurezza secondo la normativa PAI;

7. il tratto di canale maggiormente sollecitato dalle spinte idrauliche è quello in curva, a valle della statale (circa sez. 1100): qui si sommano gli effetti della presenza del ponte, di un salto di fondo prima e di un cambio di pendenza plano-altimetrica poi. La discontinuità geometrica della sezione di deflusso artificiale può accentuare, in corso di piena, criticità di stabilità strutturale. Le velocità nel tratto sono superiori a 5 m/s.

8. i valori del numero di Froude mediamente prossimi a 1,0 (e a volte anche superiori) descrivono condizioni di moto di tipo veloce, rappresentative della dinamica di tipo torrentizio propria del rio Scalamala.

La perimetrazione della pericolosità idraulica nella configurazione ANTE-OPERAM risulta solo puntualmente differire da quanto redatto nel PSFF: si può affermare infatti che generalmente la perimetrazione del presente studio appare ben allineata con quanto redatto nell’analisi di Piano. Le puntuali differenze sono giustificate dal necessario approfondimento che il presente livello di progettazione necessita: l’utilizzo di un rilievo topografico di elevato dettaglio e il contestuale infittimento delle sezioni di calcolo necessario a rappresentare correttamente gli interventi ha condotto a meglio delineare la perimetrazione PSFF.

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5.2.2 Configurazione POST OPERAM

Nella configurazione post-operam sono inseriti i seguenti interventi:

• realizzazione di difesa spondale sinistra estesa tra la sez. 2200 e la sezione 2000 a difesa del gruppo di fabbricati (attività di rimessaggio imbarcazioni);

• demolizione dell’affioramento roccioso presso la sezione 2100;

• allungamento e ampliamento dell’imbocco al canale artificiale esistente mediante realizzazione di difese spondali e platea di fondo (sez. 1800-1675).

Osservazione: l’ubicazione della difesa nella sezione del modello idraulico è stata marcata mediante l’apposizione dell’elemento “levee”; con tale accorgimento è possibile estrarre dalla sezione di calcolo in modo congruo i parametri di dimensionamento dell’opera (velocità, profili e carichi totali);

• eliminazione del ponte-tubo (sez. 1162);

• nel tratto a valle della statale, adeguamento in quota della continuità spondale sinistra e destra (sez. 1109-1055).

Le caratteristiche idrauliche del rio sono del tutto similari, in termini di velocità medie e massime, a quanto calcolato per la configurazione Ante Operam, tuttavia la pericolosità idraulica diminuisce, avendo agito nella direzione di eliminare ostacoli in alveo, di favorire l’ingresso del deflusso nel canale artificiale esistente, di difendere gli insediamenti esistenti da azioni erosive spondali e allagamenti. La demolizione dell’affioramento roccioso presso la sezione 2100 determina una locale diminuzione della velocità massima, nonché una rettifica del deflusso che evita in tal modo di rimbalzare bruscamente verso la sponda sinistra e creare pericolose erosioni presso l’area abitata.

I risultati dell’analisi idraulica nella configurazione di progetto evidenzia i potenziali e migliorativi effetti di mitigazione del rischio:

1. riduzioni delle aree allagabili in aree antropiche, e quindi diminuzione del rischio idraulico associato;

2. recupero e potenziamento delle strutture di difesa idraulica già presenti (canalizzazione);

3. salvaguardia delle infrastrutture territoriali esistenti (attraversamenti stradali e rete fognaria).

NB: Le difese spondali in progetto non sono equiparabili a sistemi arginali. Il profilo del ciglio di difesa spondale ripercorre, regolarizzandolo con eventuali interri mai superiori a 1 m di altezza, il profilo della sponda naturale. Le difese di sponda stabilizzano e indirizzano il percorso di deflusso.

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In sintesi si riporta una tabella degli interventi presso le sezioni di calcolo:

SEZ. Intervento/Ponti/Note Quota TR200

(m s.m.) Quota sommità

intervento Franco

2500 32.45 2400 30.42 2300 28.91 2200 n.1 - difesa spondale SX 27.93 28.5 2100 n.1 - difesa spondale SX 26.87 27.5 2000 n.1 - difesa spondale SX 25.90 25.7 1900 n. M-01 difesa spondale DX 24.12 24.3 1800 n.2 - difesa spondale SX/DX 22.65 22.8 1775 n.2 - difesa spondale SX/DX 22.42 22.6 1750 n.2 - difesa spondale SX/DX 21.99 22.2 1725 n.2 - difesa spondale SX/DX 21.92 22.1 1700 n.2 - difesa spondale SX/DX 21.38 21.6 1675 n.2 - difesa spondale SX/DX 20.59 21.4 1500 17.09 1400 15.30 1325 15.28

1320 Ponte v. Pertini

(q. intradosso = 15.25 m s.m.) 14.85

0.40

1314 Ponte 1308 Ponte 14.30 1300 13.79 1162 n.3 – Rimozione interferenza 11.12 1160 n.3 – Rimozione interferenza 11.18 1130 10.45

1125 Ponte SS125

(q. intradosso = 11.88 m s.m.) 11.47

0.41

1117 Ponte 1109 Ponte 11.27 1100 n.4 – Recupero canale + rialzo arginale SX 10.53 12.5 1.97 1080 .4 – Recupero canale + rialzo arginale SX 10.34 12.2 1.86 1055 .4 – Recupero canale + rialzo arginale SX 10.28 11.8 1.52 1000 8.20

930 n.5 e 6 – Prolungamento canale cls e

pulizia da vegetazione 7.24 7.6

800 n. M-02 e M-03 – Interventi prolungamento

spondale e di pulizia alveo 4.47 4.7

700 3.86 600 2.61 500 2.06 425 2.06 335 2.01 200 1.94 0 1.80

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6 Vulnerabilità delle opere in progetto: verifica di stabilità a trascinamento delle difese spondali

L’analisi della stabilità del materiale utilizzato per le difese di sponda in progetto rispetto all’azione di trascinamento della corrente idraulica è svolta secondo la seguente procedura:

1. definizione dei parametri idraulici di interesse;

2. caratterizzazione del materiale e verifica della sua stabilità nella situazione di progetto.

Differenti formule di calcolo sono disponibili in letteratura per la valutazione della stabilità di materiali di assegnata granulometria soggetti all'azione di trascinamento della corrente.

Questi procedimenti si basano sulla determinazione dei valori critici (in generale desunti da dati sperimentali) delle velocità o delle tensioni tangenziali (intesi come valori che corrispondono alle condizioni di moto incipiente per il materiale considerato) e sul confronto con i valori reali di tali grandezze.

Le variabili che possono essere prese in considerazione sono:

• velocità media della corrente;

• velocità al fondo;

• pendenza del fondo alveo;

• portata per unità di larghezza;

• numero di Froude;

• sforzo di trascinamento;

• dimensione caratteristica dei grani;

• parametro di Shields.

6.1 Sforzo di trascinamento L’analisi delle condizioni critiche di moto incipiente è effettuata anche mediante l'utilizzo di formule basate sul confronto delle tensioni di trascinamento.

Tale criterio si basa sulla definizione dello sforzo tangenziale esercitato dalla corrente sul materiale costituente il letto fluviale, secondo la formula:

iR ⋅⋅γ=τ0 (N/m2)

dove:

− g (N/m3) è il peso specifico dell’acqua,

− R (m) è il raggio idraulico della sezione, − i (m/m) la pendenza di fondo.

La condizione di stabilità del fondo risulta quando tcr ≥ t0, ossia quando la tensione tangenziale critica è maggiore o uguale a quella di moto incipiente esercitata dalla corrente.

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La seguente analisi di stabilità è riferita alla teoria della tensione tangenziale critica (Shields - 1936 - la cui formula base è stata ricavata da esperimenti su letti a granulometria uniforme di forte scabrezza), attraverso la valutazione della forza che determina il moto incipiente dei granuli, esprimibile in termini generali con la seguente relazione che esprime una condizione di equilibrio:

( ) *)(Reds

cr Φ=γ−γ

τ

dove:

− tcr = tensione tangenziale critica (N/m2);

− gs = peso specifico materiale d’alveo (N/m3);

− g = peso specifico dell’acqua (N/m3);

− d = diametro del granulo (m); − F= parametro adimensionale dipendente dalle caratteristiche dei granuli, del letto

fluviale e dal numero di Reynolds (Re*) relativo alla velocità di attrito

(u* = ρτ cr ).

Per la traduzione della condizione di equilibrio suddetta in termini empirici ed ingegneristici sono state proposte varie formulazioni, derivanti da osservazioni sperimentali, ciascuna caratterizzata da limiti e campi di applicabilità specifici che ne condizionano l’utilizzo alla preventiva definizione della tipologia dei substrati naturali o artificiali e del comportamento idraulico dell’alveo.

In particolare alcuni autori hanno individuato valori empirici specifici del parametro di Shields:

− F = 0,058 ÷ 0,060 nell’ espressione originale di Shields, valida in moto turbolento Re*>1000 e con diametro medio del materiale molto inferiore del tirante idrico;

− F = 0,116 nell’ espressione di Kalinske, che considera un fattore di compattezza del materiale rappresentante l'effetto di mutuo incastro delle particelle;

− F =

+

0,5

hd

0,6710,06 nella formulazione di Armanini, valida per diametri

comparabili con il tirante idrico h.

Per le verifiche di stabilità del rilevato in progetto verrà fatto riferimento, nel caso specifico, all’espressione di Kalinske.

Per le verifiche di stabilità del paramento inclinato, la condizione di moto incipiente va espressa considerando le componenti attive del peso e della spinta idrodinamica in relazione alla pendenza (a) della sponda rispetto all'orizzontale. A tal scopo è normalmente utilizzata la seguente espressione (E.Lane, 1953):

( ) ( )

−=

ϕαατατ

2

2

1cos0tgtg

crcr

dove

− tcr (0)= tensione critica sul fondo,

− f = angolo d’attrito interno del materiale.

Dal confronto fra le tensioni tangenziali esercitate dalla corrente sul paramento e la corrispondente tensione tangenziale critica legata alla pezzatura del materiale utilizzato per il rivestimento, è possibile verificarne la stabilità.

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6.1.1 Calcolo delle condizioni critiche di moto incipiente

La tensione tangenziale t0 agente sul fondo (al piede del rilevato stradale nel caso specifico) è stata calcolata con riferimento all’espressione:

iR ⋅⋅= γτ 0

assumendo − g = 1000 kg/m3 peso specifico dell’acqua;

− R = raggio idraulico in alveo inciso e scelto tra le sezioni 2200-2000 e sezioni 1800-1675 al passaggio dell’evento TR200 anni = 1,5 m;

− i = pendenza media del fondo alveo nel tratto in esame = circa 1.5%.

Dall'applicazione della formula sopraccitata risulta:

t0 = 220 N/m2

che, trasportato sulla sponda, diminuisce a 165 N/m2.

6.1.2 Calcolo della tensione di trascinamento critica: dimensionamento

Si assumono le seguenti valutazioni per le caratteristiche del materiale di rivestimento delle sponde (ipotizzate in massi): diametro medio del masso di riferimento pari a circa 1.0 m (circa 1 m3) e un peso specifico medio del masso pari a circa 2200 kg/m3.

Inoltre si assume un angolo della scarpata di progetto pari a 3/2 (circa 34°) ed un angolo di attrito del materiale analogo.

La presenza di eventuale intasamento in calcestruzzo non viene cautelativamente considerata nella presente verifica.

L’applicazione dei parametri alla formulazione di Shields-Kalinske permette di calcolare per le opere in progetto una tensione critica (di equilibrio del masso) di circa 300 N/m2, garantendo un coefficiente di sicurezza di 1.8.

6.2 Verifica di stabilità a trascinamento: conclusioni Nell’ipotesi di utilizzo di massi di cava sciolti a ricoprimento e difesa delle sponde del rio, tali massi dovranno avere peso specifico non inferiore a 2200 kg/m3 e diametro medio non inferiore a 1.0 m.

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7 Conclusioni: valutazione della compatibilità idraulica

Modifiche indotte sul profilo inviluppo di piena: la realizzazione degli interventi in progetto determina nel tratto urbano una significativa diminuzione del profilo di piena, agendo nella direzione di eliminare gli ostacoli presenti nel tratto canalizzato e di favorire l’ingresso del deflusso nello stesso canale ampliando e sagomando l’imbocco di monte. Nel tratto di monte, la realizzazione della difesa spondale sinistra induce un modesto effetto di innalzamento del profilo idraulico (circa 10 cm); l’incremento di profilo nel breve tratto tra la sez. 2200 e 2000 tuttavia non induce sul lato opposto all’intervento alcun incremento di rischio, essendo la sponda destra acclive e rocciosa.

Riduzione della capacità d'invaso dell'alveo: le difese in progetto non sottraggono capacità d'invaso all'alveo (ne capacità idraulica ne solida), essendo realizzate a regolarizzare le quote morfologiche.

Interazioni con le opere di difesa idrauliche esistenti: gli interventi in progetto recuperano e migliorano la funzionalità idraulica delle opere di difesa idraulica esistenti.

Opere idrauliche in progetto nell'ambito dell'intervento: sono previste nuove difesa di sponda: una in sinistra a difesa di fabbricati esistenti, altre due, integrate con eventuale soglia di fondo, ad ampliare e allungare l’imbocco al canale in cls esistente.

Modifiche indotte sull'assetto morfologico planimetrico e altimetrico dell'alveo inciso e di piena: la realizzazione dell’intervento non è causa diretta di effetti di instabilità plano-altimetrica dell'alveo: lo opere spondali di imbocco al canale sono progettate per raccordare l’alveo naturale con quello artificiale, mentre la difesa sinistra di monte è posizionata planimetricamente lungo l’attuale ciglio spondale sinistro naturale.

Modifiche indotte sulle caratteristiche naturali e paesaggistiche della regione fluviale: le difesa di sponda saranno realizzate lungo scarpate in erosione, pertanto al di fuori dell’alveo naturale inciso. Le difese saranno estese in raccordo coi versanti acclivi e rocciosi e realizzate esse stesse con massi di cava locali. Le modifiche ambientali indotte appaiono pertanto limitate.

Condizioni di sicurezza dell'intervento rispetto alla piena: le difese di sponda risultano dimensionate a trascinamento rispetto alla piena di riferimento TR200 anni.

L'insieme delle analisi e verifiche condotte di carattere idromorfologico, idrologico, topografico ed idraulico, conduce pertanto a ritenere che l'opera in progetto rispetti sotto il profilo della compatibilità idraulica le disposizioni previste dal PAI, in quanto si riscontra la mitigazione della pericolosità idraulica attuale.

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8 Piano di manutenzione Il presente capitolo ha la funzione di esplicitare nel dettaglio le pratiche da eseguire per l’esecuzione degli interventi di ripristino e/o di manutenzione delle opere in progetto ricadenti nelle aree di pericolosità idraulica.

In generale gli obiettivi cui si deve fare riferimento nella predisposizione del piano di manutenzione sono:

- prevedere gli interventi di manutenzione necessari, con particolare riferimento alle opere realizzate, alle modalità di realizzazione delle stesse ed ai materiali impiegati;

- pianificare gli interventi di manutenzione, dando indicazione delle scadenze temporali da prevedersi per ciascun ambito manutentivo o manutenzione delle varie parti di opera realizzata;

- programmare le risorse necessarie al rispetto delle scadenze definite in fase di pianificazione per l’effettuazione degli interventi manutentivi.

Le azioni di cui sopra devono essere fissate per garantire non solo l’efficienza e la funzionalità dell’opera realizzata, ma anche il mantenimento del valore economico della stessa.

Così come previsto dal D.P.R. 554/99, il piano di manutenzione dell’opera è costituito dai seguenti documenti operativi:

- manuale d’uso;

- manuale di manutenzione;

- programma di manutenzione.

Nel caso specifico, il tipologico di opera in progetto da analizzare è la difesa spondale.

8.1 Difesa spondale

8.1.1 Manuale d’uso

Il manuale d’uso in generale “contiene l’insieme delle informazioni atte a permettere all’utente di conoscere le modalità di fruizione del bene, nonché tutti gli elementi necessari per limitare quanto più possibile i danni derivanti da un’utilizzazione impropria, per consentire di eseguire tutte le operazioni atte alla sua conservazione che non richiedono conoscenze specialistiche e per riconoscere tempestivamente fenomeni di deterioramento anomalo al fine di sollecitare interventi specialistici”.

L’ubicazione precisa delle opere è individuata negli elaborati grafici planimetrici di accompagnamento alla presente relazione. La finalità delle opere è di tutela da fenomeni di divagazione laterale dell’alveo attivo in corrispondenza di fabbricati e in imbocco alla canalizzazione esistente. Tali opere seguiranno l’andamento planimetrico della sponda naturale esistente e sono in questa fase progettuale pensati in massi di cava a spigoli vivi, di pietra non geliva di pezzatura media avente diametro caratteristico non inferiore a 1,0 m. A tale diametro caratteristico corrisponde un volume minimo di 0,8 m³.

La massicciata verrà realizzata, previa predisposizione del piano di appoggio regolarizzato e la stesa di geotessile (peso minimo 300 gr/m²), secondo una pendenza non superiore a 1/1 e, a mutuo incastro, per uno spessore minimo di 1,0 m. Il piede di fondazione deve essere robusto per garantire all’opera la necessaria flessibilità in caso di fenomeni di scalzamento: i massi di diametro maggiore dovranno pertanto essere

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posizionati al piede. In caso di substrato roccioso è sufficiente il semplice appoggio. Nella porzione superiore della massicciata è previsto un immorsamento nel piano campagna di alcuni metri (circa 2 m).

Deve essere garantita forma e posizione degli elementi costituenti l’opera integra e collaudata.

La massicciata di massi mutuamente incastrati dovrà garantire, lato fiume, una superficie uniformemente liscia, a falda di pendenza regolare.

8.1.2 Manuale di manutenzione

Parti d’opera a manutenzione

omogenea Materiali Anomalie riscontrabili Attività di manutenzione

Difese spondali Massi di cava

Erosione al piede per azione della corrente

Ricarica e sistemazione mediante apporto di massi di caratteristiche uguali o superiori

Fenomeni di instabilità locale e globale del paramento, cedimento

Ripristino mediante rifacimento di parte della difesa

Formazione di buche nel terreno retrostante la difesa

Ricarica e costipamento con materiale naturale grossolano, tipo ciottolame e ghaia

Crescita di arbusti lungo le scarpate Sfalcio, disboscamento, decespugliamento

8.1.3 Programma di manutenzione

Il Programma di Manutenzione definisce i controlli e gli interventi e le scadenze alle quali devono essere eseguiti al fine di una corretta gestione dell’opera.

Per mantenere in buono stato di conservazione ed efficienza il patrimonio delle opere in progetto, è necessario provvedere alle attività di seguito riportate:

• definizione del livello prestazionale che l’opera realizzata può garantire secondo i dati progettuali, ed eventualmente quali accorgimenti siano stati introdotti per la loro verifica di campo;

• verifiche e controlli dello stato di manutenzione delle opere; tali operazioni devono essere svolte da personale competente, qualificato ed attrezzato, in relazione al tipo di opera e di intervento previsto;

• manutenzione ordinaria (o programmata) delle opere;

• manutenzione straordinaria delle opere.

8.1.3.1 Sottoprogramma delle prestazioni La sezione del Programma di Manutenzione è subordinata a quanto previsto dagli enti gestori delle opere in alveo in merito ai requisiti minimi prestazionali.

In ogni modo gli obiettivi perseguiti sono di garantire la stabilità strutturale delle difese nei confronti degli eventi alluvionali.

8.1.3.2 Sottoprogramma dei controlli Le verifiche e i controlli devono essere eseguiti da personale esperto, qualificato ed idoneamente attrezzato in relazione alla categoria di opera da manutenere, in grado di eseguire i controlli previsti ed in particolare quanto segue:

• ispezionare periodicamente le opere realizzate;

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• verificare eventuali malfunzionamenti;

• verificare l’integrità dei paramenti spondali, al corpo di fondazione e al coronamento;

• verificare presenza di erosione/scavi;

• verificare presenza di assestamenti del terreno;

Ogni operazione deve essere svolta nel rigoroso rispetto di fondamentali norme atte a tutelare l’incolumità degli operatori addetti ad opere di manutenzione; per questo dovranno essere adottate tutte le precauzioni idonee ad evitare qualunque tipo di rischio.

Di seguito si riporta una scheda “tipo” di verifica e controllo che dovrà essere utilizzata dal personale tecnico responsabile della gestione manutentiva dell’opera.

Ad ogni ispezione diretta dovrà essere compilata da parte del personale preposto una dettagliata relazione di consistenza delle opere.

Si riporta una tabella ad indicare la frequenza delle verifiche per le opere in progetto:

8.1.3.3 Sottoprogramma degli interventi Per quanto riguarda il sottoprogramma degli interventi il presente piano non prevede specifiche manutenzioni programmate dedicate specificatamente alle opere di progetto; eventuali manutenzioni “specifiche”, come già ricordato in precedenza, saranno effettuate “secondo condizione” ovvero “a guasto” e previste in seguito alle ispezioni realizzate in conformità con lo scadenziario predisposto dall’Ente gestore.

PIANO DI MANUTENZIONE DELL’OPERA E DELLE SUE PARTI

Scheda n.

PROGRAMMA DI MANUTENZIONE - SOTTOPROGRAMMA DEI CONTROLLI Data verifica

Scheda di verifica e controllo

Tipo (compartimento) Indispensabile Cadenza Ditta/tecnico

incaricato Anomalie da verificare

% diminuzione livello

prestazionale Osservazioni

SI NO 1 2 3 4 5 6 7 8

Difesa - Coronamento

Dopo evento alluvionale

Specializzata Cedimento, formazione di

buche, presenza di corde

molli lungo il profilo

sommitale

Difesa – Paramento Dopo evento alluvionale

Specializzata Cedimento, distacco,

presenza di buche

Difesa – Piede di

fondazione

Dopo evento alluvionale

Specializzata Cedimento/ scalzamento