rilettura di un brano della città storica
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Progetto di riconversione di un'area monofunzionale: il caso dell'Arcispedale S.Anna di Ferrara. Master thesis with Antonio MarsegliaTRANSCRIPT
RILETTURA DI UN BRANO DELLA CITTÀ STORICA
PROGETTO DI RICONVERSIONE DI UN’AREA MONOFUNZIONALE:IL CASO DELL’ARCISPEDALE S.ANNA DI FERRARA
Tesi di laurea in ArchitetturaFABIO GRILLI - ANTONIO MARSEGLIA
anno accademico 2009/2010
Relatori: Prof.Arch. Gabriele Lelli - Prof.Arch. Daniele Pini
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DELLA
CITTÀ
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Fabio Grilli - A
ntonio Marseglia
Università degli Studi di Ferrara
Facoltà di Architettura “Biagio Rossetti”
Tesi di Laurea in Composizione Urbana e Architettonicaa.a. 2009/2010
Fabio Grilli, Antonio Marseglia
Rilettura di un brano della città storicaProgetto di riconversione di un’area monofunzionale:
il caso dell’Arcispedale S.Anna di Ferrara
Relatori: Prof.Arch.Gabriele Lelli, Prof Arch. Daniele Pini
Università degli Studi di Ferrara
Facoltà di Architettura “Biagio Rossetti”
Tesi di Laurea in Composizione Urbana e Architettonicaa.a. 2009/2010
Fabio Grilli, Antonio Marseglia
Rilettura di un brano della città storicaProgetto di riconversione di un’area monofunzionale:
il caso dell’Arcispedale S.Anna di Ferrara
Relatori: Prof.Arch.Gabriele Lelli, Prof Arch. Daniele Pini
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Indice
Ringraziamenti
Abstract
1. Ferrara. La prima città moderna d’Europa
1.1 Evoluzione dell’assetto urbano
1.2 Strutture insediative
1.3 Il funzionamento della città
2. L’Arcispedale S.Anna
2.1 L’antico ospedale
2.2 Il nuovo ospedale
2.3 Verso il polo ospedaliero di Cona
3. Un nuovo scenario
3.1 Strategia d’intervento
3.2 Il programma funzionale
4. Un nuovo quartiere per Ferrara
4.1 Il disegno urbano
4.2 Lo spazio della sosta
4.3 Lo spazio dei flussi
4.4 L’isolato. La cellula del tessuto urbano
4.5 Il parco
Riferimenti Bibliografici
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RINGRAZIAMENTI
La volontà di ringraziare quanti abbiano contribuito, a vario titolo, a portare a termine
questo lavoro, nasce dalla sincera convinzione che questa sia un’esperienza
totalizzante, da condividere con altri.
Siamo debitori con molti, dei quali solo pochi menzioniamo qui.
Il primo ringraziamento lo dobbiamo ai professori Daniele Pini e Gabriele Lelli, sempre
pronti a guidarci e consigliarci nonostante i numerosi impegni professionali.
Ci sembra doveroso ringraziare il servizio Pianificazione Territoriale del Comune
di Ferrara e in particolare l’Architetto Zaira Sangiorgi, sempre disponibile a darci il
materiale necessario per gli approfondimenti sul tema.
Vogliamo ringraziare Masha, il Popo, Leo e Federigo per la dedizione con la quale ci
hanno assistiti e talvolta sopportati, dandoci prova di vero affetto.
Tutti gli amici che ci hanno accompagnato in questa esperienza di vita ferrarese.
Per ultime, ma sicuramente per prime in ordine di importanza, ringraziamo le nostre
famiglie per averci sempre fornito il supporto morale e materiale necessario al sereno
compimento di questo percorso.
Fabio Grilli, Antonio Marseglia
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ABSTRACT
La rivitalizzazione di grandi aree monofunzionali
dismesse all’interno dei centri urbani rappresenta il tema
dominante dell’urbanistica a partire dagli anni novanta. La
delocalizzazione di importanti funzioni all’esterno della città
permette, in certi casi, di riutilizzare tali spazi come fulcro
di operazioni urbanistiche su vasta scala a vantaggio della
collettività e dei soggetti direttamente interessati.
Il trasferimento di gran parte delle funzioni socio-sanitarie
dell’Arcispedale S.Anna di Ferrara al nuovo polo ospedaliero
di Cona, approvato con delibera del Consiglio Comunale
nell’Aprile del 1992 ed ancora in fase di ultimazione, pone
una questione cruciale sul destino di una vasta area interna
alla cinta muraria, la cui trasformazione offre un’importante
occasione di sviluppo per tutta la città.
La nostra tesi propone la riqualificazione urbana dell’area
attraverso una serie di interventi, analiticamente e
progettualmente approfonditi su scale differenti, che
restituiscano una nuova gerarchia morfologica e funzionale,
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mettendo così in forte crisi un sistema insediativo
autoreferenziale avulso dal contesto.
Data la collocazione così privilegiata del complesso
ospedaliero - ad est costeggiato dalle mura, a sud
dall’asse Giovecca, ad ovest da Via Mortara, a nord dal
polo Scientifico Universitario - si cerca di porre l’accento
sulle enormi potenzialità inespresse del comparto, tenendo
conto, in modo rispettoso ma non per questo remissivo,
delle presistenze interne all’area.
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1. Ferrara. La prima città moderna d’Europa (Jacob Burckardt)
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Premessa
La necessità di costruire una solida base analitica e cono-
scitiva a supporto di un progetto che tenesse conto di una
lettura su scala ben più vasta rispetto a quella di intervento,
ci ha portati ad avvalerci di specifiche indagini condotte nel
Piano Strutturale Comunale di Ferrara da tecnici esperti. A
questo importante strumento di analisi si è affiancata un’in-
dagine personale su Ferrara, la sua storia e su particolari
brani di città, guidata da finalità più inerenti alle problema-
tiche progettuali.
1.1. EVoLUZIoNE DELL’ASSETTo URBANo
Le addizioni
“E’di grande interesse lo studio della evoluzione fisica di
Ferrara nel tempo, come essa sia andata formandosi ed
ampliandosi e come abbia raggiunto quella completezza di
disegno che ora si rivela eccezionalmente felice e raffina-
to”. (Carlo Bassi)
La prima struttura insediativa di forma compiuta con rego-
le precise e codificate della città di Ferrara è il “castrum”
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Seconda addizione XV sec.
Addizione erculea XV sec.
Castrum bizantno VI sec.
Città lineare IX-X sec.
Borgo superiore X sec.
Borgo nuovo XI sec.
Prima addizioneXIV sec.
XX sec.
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bizantino, un sistema di strade che si articola intorno all’at-
tuale via di Porta S.Pietro. Il sistema viario denuncia con il
suo andamento la sua originaria funzione di fortificazione.
Quest’area urbana risulta inoltre tra le più alte della città
essendo definita dalla curva di livello di quota 9, il che con-
solida la tesi della fortificazione che come noto, venivano
costruite nei punti più alti. La forma a ferro di cavallo dell’im-
pianto suggerisce la presenza di un fossato che chiudeva
la fortezza su tre lati, mentre a Sud poggiava sulla sponda
sinistra del po. L’ espansione urbanistica avvenuta nel cor-
so dei secoli ha comportato il riempimento dei fossati e lo
spianamento delle mura del castrum, così che si formarono
nuove aree fabbricabili che hanno mantenuto il sistema di
strade parallele di servizio al castrum leggibili ancora chia-
ramente.
Tra il IX e X secolo l’urbanizzazione si sviluppa verso
Ovest, fino all’attuale zona dell’acquedotto di Corso Piave,
in modo parallelo al Po di Ferrara, come viene conferma-
to dall’ubicazione delle chiese altomedievali. Immaginiamo
questa nuova zona urbanizzata come un agglomerato che
segue le strade congiungenti il castrum e la parte occiden-Bartolino da Novara. “Ferrara e i suoi borghi”, 1385, Biblio-teca Ariostea di Ferrara
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tale della città secondo un andamento lineare. Contempo-
raneamente a questa città definita fluviale dagli storici si
formano due nuovi nuclei che verranno presto inglobati in
un unico organismo: il Borgo Superiore e il Borgo Inferiore.
Il Borgo Superiore sorgeva sull’ area denominata in pre-
cedenza fundus Bagnolus e si estendeva ad occidente fino
all’attuale via Boccanale di S.Stefano , un canale che co-
stituiva un vero e proprio limite all’espansione della città.
Il Borgo Inferiore si estendeva ad est del castrum e non fu
interessato a differenza degli altri casi da particolari opere
di fortificazioni.
Una nuova fase dell’evoluzione urbanistica di Ferrara co-
minciava con lo spostamento della cattedrale da San Gior-
gio a nord della città. La decisione di spostare il centro di
culto della comunità comporterà l’affermarsi di nuove dina-
miche di sviluppo. Ferrara comincia a perdere quella carat-
teristica di città parafluviale e la piazza del duomo diventa
fulcro di aggregazione del centro monumentale della città,
con il sistema di piazze e con i palazzi. Con la realizzazio-
ne della nuova cattedrale si conclude la storia urbanistica
di Ferrara altomedievale.
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Il borgo Nuovo era un agglomerato urbano isolato situato a
nord della città e che venne inglobato dalla crescita della
città racchiuso dal nuovo sistema di fortificazioni.
Nel XIV secolo avviene a Ferrara un fatto rilevante sul pia-
no urbanistico: per la prima volta non si amplia la città per
annessioni di borghi extram mura mam ma recintando uno
spazio libero ed urbanizzandolo con strade rettilinee. Il ri-
sultato è du una città nuova, pianificata, come non avveniva
in Italia dall’epoca delle colonizzazioni romane; strade lar-
ghe ed edifici rapportate ad esse con giardini e affaccio dei
fabbricati di servizio con strade secondarie”. L’operazione
urbanistica in questione è la prima addizione propriamente
detta; opera dell’architetto militare Bartolino da Novara è
databile 1340 circa. La visione che si ha di Ferrara fino a
questo punto è quella di una città tipica medievale, chiusa
all’interno dalle sue mura.
Con la seconda addizione del 1451 veniva inglobata dalla
città il Polesine di S.Antonio in seguito alla costruzione del-
le nuove mura fatte erigere dal duca Borso degli estensi su
G.B. Aleotti, Pianta “Come andrebbe fatta la fortezza se tornasse il Pò navigabile”, 1605, Biblioteca Ariostea di Ferrara, mappe serie XIV-5
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progetto dell’architetto Pietro Brasatola e all’impoverimento
dell’alveo del fiume Po in quella stessa zona. Sull’esempio
della prima addizione se ne creò un’altra, e sulla traccia
del fiume interrato viene creata via della Ghiara che diven-
ne l’asse longitudinale portante della nuova zona legata al
contesto urbano più antico attraverso connessioni viarie
perpendicolari all’asse viario citato. Questa addizione di-
venne la centrale economica della città e andava a com-
pletare quel disegno secondo cui il centro politico sarebbe
dovuto rimanere nella prima addizione col fine di porre in
zone controllate i poteri della città.
L’ampliamento della città di Ferrara nota come Addizione
Erculea fu iniziata dall’architetto ducale Biagio Rossetti nel
1492. Questa grande trasformazione, operata a nord del-
le mura della Givecca,viene considerata come una delle
più significative realizzazioni urbanistiche del XV secolo.
Dopo tale intervento Ferrara può essere definita “la pri-
ma città moderna d’europa” come scrisse lo storico Jacob
Burckardt. La decisione intraprendere questo grande am-
pliamento scaturì, secondo Zevi, da una serie di motivi mili-
tari, economici, politici e psicologici. Sotto il profilo militare,
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l’impresa fu dettata dall’urgenza di costruire una line difen-
siva più lontana al centro urbano, a settentrione. I motivi
politici ed economici si riassumono nell’ambiziosa prospet-
tiva di un forte incremento demografico. Sin dal 1480 un
folto gruppo di ebrei emigrati dalla Spagna era venuto ad
accrescere la popolazione dei borghi situati presso la porta
San Biagio, attorno a San Guglielmo e alla porta di San
Leonardo. In parte il territorio della nuova addizione era già
popolato ma il miraggio politico di Ercole fu di accrescere
l’immigrazione, di rendere Ferrara una città numericamen-
te forte e, di conseguenza, di determinare un’espansione
della sua economia di scambio. Per ottenere lo scopo, non
si poteva però ammettere una dilatazione pluridireziona-
le, a macchia d’olio, un insinuarsi di borghi poveri tra mo-
numenti pregevoli e attrezzature principesche. Bisognava
pianificare la città nuova valicando il fosso della Giovec-
ca e includendo l’immensa area a settentrione nell’ambi-
to urbano. Qui s’innesta la spinta ideologica, la brama di
rivaleggiare con altre città che si venivano arricchendo di
splendide chiese e sontuosi palazzi, e ancora il desiderio
delle famiglie nobili di non vivere più nelle anguste e tortuo-
se vie della maglia medievale.
Tratta da G.B. Aleotti, Alzato prospettico, 1605, Biblioteca Ariostea di Ferrara, mappe serie XIV-5
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L’addizione con i suoi reticoli funzionali e il particolare as-
setto progettuale non risulta avulsa dal contesto urbano a
sud della giovecca ma con esso, attraverso allineamenti
viari e urbanistici partecipa in modo inscindibile alla forma-
zione della nuova e moderna città rinascimentale.
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1.2. STRUTTURE INSEDIATIVE
Morfologia del costruito
osservando più da vicino la struttura insediativa di Ferrara,
gli spazi e i luoghi di cui è fatta, le modalità di aggregazione
dello spazio aperto, dello spazio costruito e le loro relazioni
con le strade, possiamo riconoscerne l’articolazione in al-
cuni diverse parti, tessuti e frammenti. E’ possibile leggere
regolarità ed irregolarità, somiglianze e differenze tra i di-
versi tessuti insediativi attraverso un’analisi non esclusiva-
mente tipologica, ma capace di considerare una pluralità di
aspetti: il rapporto tra edificio e strada, il principio insedia-
tivo, la densità edilizia, le configurazioni della rete stradale,
il trattamento degli spazi aperti, l’altezza degli edifici, ecc...
Risulta evidente che, il riconoscimento di alcune “specie
di spazi”, costituisce un’operazione di semplificazione della
realtà: anche universi di oggetti e di spazi complessi pos-
sono, in fondo, essere ricondotti ad alcuni tipi prevalenti,
ad un numero limitato di forme e, a loro volta, ciascuna di
queste forme può essere descritta nominando un numero
limitato di regole e caratteri. E’ evidente che osservare e
descrivere Ferrara, prestando attenzione ai suoi caratteri
21
Campioni del reticolo viario a sud di Corso Giovecca.
Campioni del reticolo viario a nord di Corso Giovecca.
Campioni di diversi tessuti insediativi nella città murata.
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morfologici, diventa tanto più importante oggi se pensiamo
che una quota rilevante degli interventi futuri possa riguar-
dare le parti già edificate, se consideriamo che un ruolo
importante per la gestione delle trasformazioni urbane, so-
prattutto attraverso il nuovo Regolamento Urbanistico ed
Edilizio, sia affidato alle regole d’intervento nei tessuti “con-
solidati”, che dovranno interpretare correttamente i carat-
teri di questo specifico paesaggio urbano riconoscendone
i diversi elementi costitutivi. Un’indagine di questo tipo re-
stituisce un’immagine di Ferrara composita, eterogenea e
molteplice, in cui, agli isolati compatti del centro medievale,
si affiancano il tessuto più poroso dell’Addizione Erculea,
il quartiere Arianuova, l’intervento Ina-Casa di viale XXV
Aprile e il rione Giardino, parti di “città pubblica” caratte-
rizzati dalla ripetizione di alcuni tipi edilizi, principalmente
edifici in linea anche di una certa consistenza, e da vasti
spazi aperti, brani di case a schiera con giardino privato,
gruppi di palazzine caratterizzati da alta densità ed, infine,
sequenze di case minime lungo strada. Tra tutti questi di-
versi pezzi, a volte resti del processo di selezione prodotto
dal tempo, altre volte ritagli di progetti più ambiziosi, altre
ancora frammenti di un’intenzionalità speculativa, si insi-
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Cortina compatta caratteriz-zate da edilizia continua for-mata da isolati compatti con affaccio diretto sulla strada e piccoli spazi aperti all’interno.
Cortina porosa caratterizata da edilizia continua formata da grandi isolati con affaccio diretto sulla strada e spazi in-terni di considerevole dimen-sione occupata da orti giardini e parchi.
Griglia regolare caratterizza-ta da edifici isolati collocati secondo una regola program-mata di iterazione, su lotti vin-colati da tracciati, con piccoli spazi aperti privati.
Griglia irregolare caratteriz-zate da edifici isolati secon-do una regola programmata di iterazione, su lotti vincolati da tracciati, con piccoli spazi aperti privati.
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nuano gruppi di case isolate su lotto organizzate in tessuti
dai tracciati più o meno regolari e caratterizzati da spazi
aperti prevalentemente privati o condominiali. Questa mol-
teplicità di parti, ciascuna chiaramente riconoscibile nella
sua configurazione spaziale, possiede, però, una diversa
capacità di organizzare la città, contribuendo solo in alcuni
casi a definirne la struttura, a garantirne un corretto funzio-
namento e una sufficiente dotazione di servizi.
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1.3. IL FUNZIoNAMENTo DELLA CITTÁ
Attrezzature e servizi
oggi a Ferrara, come in molte altre città, non si riscontra
una grave mancanza di servizi pubblici e il territorio
risulta relativamente ben servito. Nondimeno, si rileva
la necessità di una continua ricalibratura dei servizi
offerti sulle reali esigenze della popolazione. In questo
senso, le trasformazioni sociali che hanno investito la
città contemporanea ed anche Ferrara, richiedono nuove
indagini ma soprattutto spingono la politica urbanistica, e
del welfare state in generale, ad indagare nuove risposte
sul ruolo che, ad esempio, assume oggi un centro civico,
sulle potenzialità del volontariato e del terzo settore nella
realizzazione di una città più amichevole, di fronte ad una
società dell’individuo, sul ruolo di una politica dei servizi
urbani che cerchi di delineare nuove forme di comunità.
Attrezzature ricreative
oltre alle attrezzature coperte (palestre e piscine) e ai
campi da calcio, la principale risorsa sportivo/ricreativa
della città è il circuito delle mura storiche, che costituisce,
27
per i ferraresi, una vera e propria “palestra all’aperto”, uno
spazio polivalente in cui camminare, correre, andare in
bicicletta. Già oggi complementare agli spazi verdi e
agli impianti sportivi del parco urbano, può acquisire un
ruolo ancora più significativo attraverso una maggiore
integrazione con una rete di percorsi e piste ciclabili che
consenta di considerare anche la campagna e le rive dei
fiumi come straordinari luoghi collettivi.
Turismo
Il flusso dei turisti disegna un’altra importante geografia
urbana costituita dal centro monumentale (Duomo, Castello,
Palazzo del Municipio), dall’area dei musei (Pinacoteca
Nazionale, Museo de Pisis, ecc.), da alcune preminenze
puntuali (la Certosa, la casa di Biagio Rossetti, ecc.), ed
ancora una volta dalla cerchia delle mura stesse.
I turisti connettono questi luoghi ad altre parti urbane dove
sono localizzati alberghi, ristoranti e parcheggi, dando
luogo ad un ulteriore sistema di funzionamento della città.
Rete stradale e mobilità
oggi la rete stradale di Ferrara appare formata da tratti
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disomogenei, disegnati ed utilizzati in modo contraddittorio
e non sempre coerente. Un’esigenza prioritaria, ai fini di
alleggerire l’attraversamento del centro storico, viene
considerato il completamento della circonvallazione
interna, come previsto dal Prg vigente. Infatti, le uniche
strade alternative oggi sono caratterizzate da una grande
diversificazione dei tipi di sezione e dalla congestione dei
nodi. In alcune ore della giornata il numero delle persone
che abita le diverse parti della città ed il numero dell
persone che queste parti di città solamente attraversano
tendono ad equivalersi. Diverse popolazioni (il lavoratore
pendolare, chi frequenta la città per fare acquisti, chi laabita,
lo studente, chi deve andare in centro per affari, ecc.), si
contendono lo stesso spazio urbano ed in particolare la
stessa rete stradale che, per sua natura, si configura come
risorsa rigida e rara.
Uffici
Gli uffici pubblici e privati (sedi di amministrazioni locali, studi
professionali, banche, ecc.) presentano una distribuzione
parzialmente diversa rispetto a quella dei negozi, soprattutto
per quanto riguarda il centro antico. Qui, infatti, gli uffici non
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sono concentrati solo nella parte medievale ma coprono
in modo quasi omogeneo anche l’addizione erculea.
Inoltre, se da un lato si può dire che pure queste attività si
allineano lungo alcune strade, dall’altro sembra però forte la
tendenza a distribuirsi su tutto il centro antico. ovviamente
uffici pubblici e privati sono riconoscibili anche all’esterno
delle mura, ma la loro articolata presenza nel centro antico,
sommata a quella di negozi, musei ed università, se è vero
che crea alcuni problemi nella gestione del traffico e della
mobilità, tuttavia ci dice che Ferrara ha un centro dinamico
e attivo, del quale considerare con grande attenzione la
qualità di vita dei residenti, pur consentogli di continuare
a svolgere un importante ruolo urbano. Proprio per questa
capillare distribuzione di negozi, attività artigianali, uffici
pubblici e studi professionali, il centro antico costituisce
un luogo in cui non solo si abita ma anche si produce,
rappresentando una delle principali “aree produttive” della
città, attirando ogni giorno un elevato numero di addetti.
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2. L’Arcispedale S.Anna
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2.1. L’ANTICo oSPEDALE
La prima struttura ospedaliera, che occupava il comparto
urbano in prossimità dell’attuale via Boldini, si articolava
come un vasto complesso architettonico, realizzato in
seguito al Breve papale datato 8 ottobre 1440. Con tale
atto veniva incaricato il vescovo di Ferrara, Giovanni
Tavelli da Tossignano, di impiantare un grande sanatorio,
al servizio e per il sollievo degli infermi poveri, di cui
all’epoca la città non era ancora dotata. Nel gennaio 1444,
quando cominciarono i lavori, Tavelli si avvalse dell’opera
dell’architetto Pietrobono Brasavola in virtù di un contratto
che prescriveva di realizzare il nuovo ospedale, anche
attraverso la ristrutturazione di un complesso conventuale
preesistente che insisteva in quella zona. La costruzione
del nuovo ospedale fu sollecitata prima da Nicolò III e poi
da Leonello d’Este, oltre che dal Tavelli, figura che emerge
rispetto a tutte le altre nell’ambito della fondazione della
struttura. Il 27 maggio 1445, al termine dei lavori principali,
l’ospedale Sant’Anna fu consegnato dal vescovo Tavelli alla
Magistratura Civica che svolgeva un ruolo paragonabile a
quello degli attuali comuni.
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All’intervento di Pietrobono Brasavola del 1444-45
appartengono il portale di ingresso alla cosiddetta “prima
sala dell’ospedale”, la cornice sommitale della facciata e
parte del chiostro adiacente, ovvero le colonne ottagonali
in mattoni che lo caratterizzano, mentre il bellissimo protiro
che si trova a nord di piazzetta Sant’Anna sarebbe stato
costruito sul finire del ‘500, nell’ambito delle ristrutturazioni
portate a termine nel complesso ospedaliero proprio in quel
periodo. Il portichetto a sinistra invece è settecentesco,
quello di destra è stato modificato nella struttura del coperto
negli anni Trenta del ‘900. Tutti questi elementi, compresi
il chiostro e il palazzo Sant’Anna (che si affaccia sia su
corso Giovecca che su piazzetta Sant’Anna) sono stati
oggetto di recenti restauri, così come è stata riqualificata
la piazzetta stessa, parcheggio fino a qualche anno fa. Le
fondamenta dell’antico ospedale, risalenti all’intervento
del Brasavola del XV secolo, furono realizzate all’epoca
attraverso l’impiego di volte sotterrane, ancora visibili nel
fabbricato del Conservatorio e nelle cosiddette Grotte del
Boldini, adibite oggi a spazi espositivi. Il lato meridionale
di piazzetta S.Anna, invece, fu trasformato tra il 1824 ed
A. Bolzoni, L’antico ospedale S.Anna, 1747
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il 1825, quando venne realizzato il grande loggiato con le
colonne e i capitelli rimasti dalla demolizione della parte
orientale del convento di San Benedetto.
L’ospedale fu interessato nel tempo da una serie di
modifiche e ampliamenti, fino ad occupare nel ‘700 un’area
consistente, ovvero gran parte dell’isolato compreso tra
le vie Palestro, Borgoleoni, Giovecca e Mascheraio. Nei
due secoli precedenti inoltre, l’area era stata interessata
da una serie di nuove realizzazioni tra le quali citiamo le
più importanti chiesa del Gesù, con annesso convento dei
gesuiti, palazzo Roverella, e la chiesa di San Carlo. L’antico
sanatorio si trovò così chiuso tra questi ed altri edifici sorti
nel tempo, aspetto piuttosto negativo dal punto di vista
igienico-sanitario.
2.2. L’ARCISPEDALE S.ANNA
Il 15 giugno 1910, in seguito all’ acquisto di alcuni terreni
della nuova area dove sarebbe dovuto sorgere il nuovo
ospedale, il re Vittorio Emanuele III pose solennemente
la prima pietra. Nell’anno successivo la Commissione
A. Bolzoni, L’antico ospedale S.Anna, 1747
Catasto Pontificio, 1842, Ferrara
Campanile di San Silvestro, Collezione privata, 1902
35
Provinciale di assistenza e beneficenza approvò il progetto
dell’odierno Arcispedale S.Anna che sorse poco dopo e
occupò gran parte dell’area compresa tra Corso Giovecca,
Rampari di San Rocco, via Mortara e via Fossato di
Mortara. In precedenza sull’area vi insistevano alcuni
complessi religiosi: i conventi di San Silvestro, di San
Bernardino e di San Rocco, in gran parte demoliti nel XIX
secolo, ad eccezione di alcune porzioni del monastero
di San Bernardino, di cui il lato ovest del primo chiostro,
dove si osservano archi murati con colonne e capitelli,
mentre sull’area della chiesa fu costruito l’edificio di stile
neoclassico, tuttora esistente in corso Giovecca n.191,
oggetto di ulteriori trasformazioni nel ‘900. L’antica chiesa
di San Silvestro, anteriore all’anno Mille e ristrutturata nel
1497 da Biagio Rossetti, fu demolita assieme al monastero
dal Duca Alfonso I nel 1512 per fortificare la città in quella
parte. Successivamente le monache benedettine ebbero
in permuta un casale nelle adiacenze del convento di
San Bernardino sulla via della Giovecca. In quel luogo
edificarono la chiesa e l’ampio monastero. Le monache lo
occuparono il 12 maggio 1520 e la chiesa fu consacrata il
14 settembre 1524. L’edificio di culto rovinò in gran parte
Pianta di G.B. Benedetti, Collezione privata, 1728
Planimetria nuovo ospedale S.Anna, 1910
Anonimo, Pianta Ferrara est, 1705
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durante il terremoto del 1570, tanto che venne riedificato
con pianta ad aula. La chiesa, che conteneva affreschi del
Filippi e tavole di Benvenuto Tisi da Garofano e Scarsellino,
subì poi gravi danni a causa di due incendi, prima nel 1735
e poi nel 1804.
Nel 1796, con l’occupazione francese, chiesa e convento
furono chiusi. Nel 1799 vi rientrarono le suore per un breve
periodo, quindi tutto il complesso venne abbandonato nel
1820 ed in seguito in gran parte demolito. Già nel 1825
fu trasferito sulla facciata della chiesa di Santo Stefano il
portale marmoreo di quella di San Silvestro. Il campanile fu
l’ultimo ad essere abbattuto nel 1912.
La struttura principale: i padiglioni. 1914
I lavori cominciarono nel 1912 su progetto dell’architetto
Filippo Galassi. Il progetto di impianto funzionalista,
prevedeva la realizzazione di un primo lotto composto
da due gruppi di padiglioni doppi con la relativa galleria a
due piani, l’edificio dell’accettazione infermi, il Padiglione
operatorio e il Laboratorio Analisi. Il secondo lotto
edificato comprendeva un edificio principale su corso E. Scanavini, pianta di Ferra-ra, 1912
Filippo Galassi, pianta e prospetto del padiglione “in-fermi”, Archivio Ufficio Tenico Arcispedale S.Anna, 1912
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Giovecca, composto da un corpo centrale a quattro piani
e di due ali ai lati di due piani ciascuna, destinato agli
uffici dell’Amministrazione e della Direzione Sanitaria,
all’Economato, alla Farmacia, agli ambulatori per le visite e
per la breve cura degli infermi per i quali non era necessario
il ricovero, a dormitori per infermieri, a camere per i sanitari
di servizio e all’abitazione del custode. Agli inizi del 1914
poteva già essere considerato ultimato il primo lotto di lavori
ed il secondo era in avanzato stato di esecuzione, fu deciso
di appaltare il terzo lotto, che prevedeva la costruzione di
tre ulteriori corpi di fabbrica: nel primo fabbricato trovarono
posto la Cappella (in posizione prospettica rispetto al viale
centrale dell’ospedale), l’abitazione per le suore, il dormitorio
delle infermiere, alcuni magazzini e la cantina; nel secondo
fabbricato la lavanderia, il guardaroba, la disinfestazione, la
centrale termica e il forno crematorio; nel terzo la cucina e
la dispensa (fabbricato rifatto completamente in altra forma
negli anni ’90).
Per completare l’ospedale e renderlo finalmente funzionante
come nosocomio cittadino erano necessarie altre opere
di una certa entità, che furono realizzate nei primi anni Foto Aerea, Archivio Ufficio Ricerche Storiche del Comu-ne di Ferrara, 1939
40
dell’avvento del fascismo. Si dovette però modificare il primo
progetto Galassi, rinunciando alla costruzione di nuovi
padiglioni nell’area retrostante la cappella. Si completarono
i padiglioni esistenti e si sistemarono tutte le aree scoperte
interne.
Nel 1924 furono acquistate alcune proprietà private,
in previsione di future espansioni, per una superficie
complessiva di circa 40.000 mq, cosicché il costruendo
ospedale poteva disporre di un’area di circa 140.000 mq,
cioè quasi dell’intero isolato.
Il 18 aprile 1927, in una solenne cerimonia, l’ing. Luigi Sani,
Presidente dell’Amministrazione ospedaliera, alla presenza
di Italo Balbo, consegnò alla cittadinanza ferrarese e per
essa al Podestà Renzo Ravenna, la nuova sede ormai
ultimata, capace di ospitare 600 degenti. Ma fu la nuova
Amministrazione, presieduta dal rag. Raoul Caretti, ad
occuparsi del trasferimento dei malati dalla vecchia alla
nuova sede, effettuato piuttosto rapidamente il 17 settembre
1927 grazie alla perfetta organizzazione predisposta dal
direttore Sanitario di allora, il dott. Ferdinando Calzolari.
41
42
Vittorio Emanuele III, che nel giugno del 1910 aveva posto la
prima pietra, inaugurò il 31 ottobre 1928 il nuovo complesso
ospedaliero del S.Anna alla presenza di un numerosissimo
pubblico.
Padiglione mortuario. 1930
L’ing. Carlo Savonuzzi progetta e costruisce il Padiglione
Mortuario utilizzando un fabbricato rurale disabitato
preesistente. L’edificio mantiene in gran parte le
caratteristiche orignarie, tuttavia si riscontrano alcune
piccole modifiche interne eseguite negli ultimi decenni, oltre
all’ampliamento con relativa sopraelevazione in cemento
armato del corpo minore più a sud, che, sia pure in parte,
altera l’assetto primitivo del prospetto principale.
Istituto di Anatomia Umana Normale. 1933
Questo edificio, più conosciuto come sede della “medicina
legale”, è destinato a struttura ospedaliero-universitaria. Il
fabbricato fu costruito nel 1933 ancora una volta su progetto
dell’ing. Carlo Savonuzzi. Nell’Istituto di Anatomia Patologica,
Carlo Savonuzzi mostra la consueta propensione per la
geometrizzazione dei prospetti, ma qui la forma absidale
Foto Aerea dell’ospedale, Archivio Arcispedale S.Anna, anni ‘20
Prospetto su Corso Giovec-ca, Biblioteca di Scienze della salute, Arcispedale S.Anna, 1920
43
del corpo principale si sposa con i corpi rettangolari
adiacenti, rendendo manifesta la propensione del giovane
ingegnere comunale per l’architettura razionalista, che lo
guiderà negli altri suoi capolavori di quegli anni, spesso
all’insegna del dinamismo e della ricerca dell’interazione
tra elementi curvi e rettilinei. Nell’edificio di via Fossato
di Mortara i corpi rettangolari hanno i prospetti contigui
rivolti nell’angolo concavo del corpo cilindrico. Savonuzzi
si ispirò molto probabilmente ad alcuni razionalisti romani,
come l’architetto Pietro Aschieri (Roma 1889-Roma 1952);
infatti, sembra evidente il riferimento alla Casa dei Ciechi di
Guerra (1931), una delle costruzioni più importanti realizzate
nella capitale in quel periodo, dalla quale Savonuzzi seppe
cogliere l’idea essenziale, facendola poi interagire con la
tradizione ferrarese. La costruzione di Savonuzzi appare
più moderna, elegante e dinamica rispetto all’opera
architettonica romana.
Dermatologia. 1932
Nel 1932 l’Arcispedale S.Anna si era arricchito anche
di un padiglione destinato ai malati cronici frutto della
ristrutturazione dell’ala ovest del primo chiostro dell’ex
La nuova chiesa di sfondo al Viale monumentale, Bolletti-no Statistico del Comune di Ferrara,1927
L’ultimo tratto di Corso Givec-ca, Collezione A.Cavallaroni, inizi ‘900
44
1823 - il complesso di san Bernardino del 1400
Demolizione del monastero di San Silvestro, fatta eccezione del campanile.
1912-1918 - il nuovo ospedale
Viene posata la prima pietra dal re nel 1910.
1932-1935 - ampliamento
oltre all’ampliamento di vari reparti, vengono aggiunte le ali laterali all’ingresso principale.
1946 - ampliamento
Realizzazione del pronto soccorso e farmacia.
1927-1930 - ampliamento
Ultimati i lavori del nuovo ospedale, vengono costruiti lungo via Mortara il reparto cronici e la scuola-convitto infermiera.
1937-1940 - ampliamento
Realizzazzione ingresso lettighe e ampliamento sale operatorie.
1950 - ampliamento
Realizzazione del padiglione oftalmico.
45
1958 - ampliamento
Realizzazione del padiglione est.
1966-1970 -ampliamento
Ampliamento dei padiglioni e della gallerie.
1980-2010 - ampliamento
Nuova chirurgia pediatrica, il tunnel esterno con servizi di ristorazione, nuovo ingresso per le ambulanze e depositi.
1950 - ampliamento
Realizzazione del padiglione oftalmico.
1960-1965 - ampliamento
Ampliamento radiologia e magazzini.
1976-1980 - ampliamento
Ampliamento padiglioni.
2011 - progetto di recupero
46
convento di San Bernardino, fino a poco tempo prima di
proprietà della sig.ra Lina Luppise destinata a magazzini.
Convitto Profesionale per Infermiere. 1932
Tra il 1932 e il 1933 viene adattato e ampliato dall’ing.
Carlo Savonuzzi l’edificio in corso Giovecca n. 195, per
destinarlo a Scuola Convitto Professionale per Infermiere.
Il padiglione fu sopraelevato nell’immediato dopoguerra,
perché si era manifestata la necessità di aumentare i posti
letto. Le capacità progettuali dell’ingegnere ferrarese si
riconoscono anche osservando l’interno dell’edificio, che
interagisce ottimamente con le audaci linee architettoniche
della struttura cilindrica, anche se la scala è stata sottoposta
a modifiche nel tempo. Alcuni temi verranno ripresi
successivamente nell’ex Linificio Canapificio (1938) di via
Marconi, dove Savonuzzi pone le scale dello stabilimento
proprio all’interno di corpi di fabbrica cilindrici.
Con questi ed altri interventi intrapresi a partire dall’apertura
ufficiale dell’Arcispedale S.Anna, il complesso sanitario
venne continuamente ampliato e migliorato sia dal punto
di vista edilizio che delle strutture in dotazione, ma spesso
47
furono interventi isolati, avulsi dal contesto complessivo,
perciò non inseriti in una strategia unitaria.
Proprio gli edifici degli anni ‘30 all’interno del vecchio e
del nuovo ospedale dimostrano che Carlo Savonuzzi,
ingegnere e fervido intellettuale, operò nella Ferrara tra gli
anni Venti e gli anni Trenta un vero e proprio salto di qualità
nel campo della progettazione; ciò fu possibile non solo
perché aveva avuto la fortuna di stare a stretto contatto con
il fratello maggiore Girolamo, ingegnere capo del Comune
dal 1925 al 1943, a cui si deve in parte la sua evoluzione
intellettuale, ma soprattutto perché Carlo era riuscito a far
tesoro delle molteplici esperienze personali e dell’ottima
conoscenza dell’architettura a lui contemporanea, italiana
ed europea.
Il sopraggiungere della Seconda Guerra Mondiale
interruppe le opere di potenziamento del nosocomio,
tuttavia l’opera di assistenza continuò e per certi aspetti
aumentò, perché l’attività di cura non fu praticata soltanto
sui malati, ma anche sui numerosi feriti dai bombardamenti
aerei, che dal 1943 al 1945 furono numerosissimi. Un’opera
estremamente meritoria da parte di medici e infermieri,
48
soprattutto se si tiene conto che, come scrive Livatino, gli
eventi bellici costrinsero l’Arcispedale a sfollare una buona
parte dei reparti nel Sanatorio dell’I.N.P.S. di Tresigallo.
Solo dopo l’aprile del 1945 il Sant’Anna, sia pure
gradualmente, cominciò a funzionare di nuovo regolarmente
a seguito della riorganizzazione dei propri reparti, anche di
quelli che erano stati momentaneamente trasferiti.
Padiglione della divisione oculistica “Adriana Ascoli”. 1949
Tra il 1948 e il 1949 fu costruito il padiglione della divisione
oculistica. Progettato dagli architetti Gaspare e Luigi Lenzi
di Roma, la direzione dei lavori venne affidata all’ing. Carlo
Savonuzzi. Fu inaugurato il 28 maggio del 1950 e donato
(completo di arredamento e di attrezzature scientifiche)
dal prof. Max Ascoli, da tempo emigrato negli Stati Uniti.
Con questo encomiabile gesto egli aveva voluto onorare la
memoria della madre Adriana, operata agli occhi negli anni
’30 dal prof. Mario Verzella, il quale l’aveva seguita durante
il decorso della malattia. Il fabbricato, costituito da ampi
sotterranei, da un piano rialzato e da un primo piano, fu
considerato subito uno dei migliori centri italiani ed europei,
49
tanto che già nell’ottobre del 1950 ospitò il primo congresso
della Società Tosco-Umbro-Emiliana di oftalmologia.
Costruzione delle Cliniche Generali Mediche e Chirurgiche
Universitarie. 1966-1969
Dotate di un Istituto di Radiologia e di un Reparto di
Angiografia, il complesso di 2000 mq, progettato alla
fine degli anni ’50 dall’architetto Daniele Calabi, autore
di apprezzate strutture ospedaliere ed universitarie, è
composto da un piano seminterrato e da 5 piani compreso
il piano terra. La struttura, che venne realizzata dopo
l’improvvisa morte dell’architetto, si articola in tre edifici,
che si connettono tramite un nucleo centrale contenente i
corpi scala, ascensori e servizi.
Negli anni settanta sono effettuati ulteriori ampliamenti
dei padiglioni oltre alla galleria dell’ala ovest. Negli anni
’80 e ’90 si registrano piccoli ampliamenti e alcune nuove
realizzazioni, come ad esempio le costruzioni sorte a fianco
dell’ex Macello e dietro l’Istituto di Anatomia, destinati a
nuovi uffici, ambulatori universitari e aule didattiche.
50
2.3. VERSo IL PoLo oSPEDALIERo DI CoNA
1988
La legge finanziaria del 1988 art. 20 stanzia a livello
nazionale 30.000 miliardi di lire per la realizzazione di
nuove strutture sanitarie. I finanziamenti vengono erogati
sulla base di studi di fattibilità. La USL 31 candida 2
programmi: uno per la ristrutturazione del Sant’Anna
(70 miliardi di lire); uno per la costruzione di un secondo
ospedale (100 miliardi di lire), concepito come struttura “di
supporto” al Sant’Anna (le politiche sanitarie prevedono
infatti una riduzione di posti letto per il vecchio ospedale
da 1.400 a 950). Il Ministero della Sanità boccia il progetto
di ristrutturazione del Sant’Anna, ma stanzia i 100 miliardi
destinati alla nuova struttura.
1992
Il Consiglio Comunale in data 10 aprile 1992 approva la
delibera che colloca il nuovo ospedale a Cona, con 26 voti
favorevoli su 37.
1995
Viene aggiudicato alla CCC di Bologna, il 1° stralcio
del contratto d’appalto. Il 21 aprile il Comune rilascia la
51
concessione edilizia.
1996
11 maggio: consegna del I° stralcio finanziato alla Costruttori,
individuata dal CCC quale impresa costruttrice, dopo che
il progetto esecutivo ha ricevuto l’approvazione del Gruppo
tecnico regionale e dopo le procedure di esproprio. dei
terreni interessati. Il I° lotto prevede la realizzazione della
struttura del nuovo ospedale a supporto del S.Anna.
1997
Primo ampliamento del progetto di Cona 1. A fine agosto
vengono approvate variazioni inerenti il I°stralcio, e
concessa all’impresa una proroga.
1998
In maggio viene approvata la perizia di variante per modifiche
dell’ alloggiamento di apparecchiature per radioterapia, e
concessa la conseguente proroga. A fine giugno terminano
i lavori relativi al I°stralcio finanziato.
E’ in questo periodo che si fa strada la scelta del “Grande
Cona”: non più un sostegno per il Sant’Anna con 450 posti
letto bensì un unico maxi presidio ospedaliero da 900
posti letto, con 18 sale operatorie invece delle 7 iniziali, le
52
emergenze e la facoltà di Medicina.
Con l’arrivo degli ultimi 75.000 miliardi della Finanziaria
1988, a dicembre vengono assegnati i lavori per il 2° stralcio.
Finanziamenti che devono essere impiegati per terminare
Cona 1, secondo indicazioni specifiche della direzione
generale del S.Anna, mentre resta aperto il problema di
Cona 2 per il quale non sono disponibili risorse certe. Sulla
carta, però, il maxiprogetto procede, seppure in assenza di
indicazioni formali.
1999
In marzo si stanno elaborando per Cona 2 la variante
sulle sale operatorie e lo studio di fattibilità per il raddoppio
delle degenze, la creazione di altri servizi e il trasferimento
della Facoltà di Medicina. Lo studio e la variante devono
essere valutati dal Gruppo tecnico regionale, che approva
l’ampliamento delle sale operatorie da 7 a 18, potendo
contare su un finanziamento aggiuntivo di una decina di
miliardi da Legge finanziaria. La Regione Emilia Romagna,
con una delibera del 23 luglio del 1999, “prende atto del
parere favorevole” del Gruppo tecnico sulla variante, dando
di fatto il proprio nulla osta alla realizzazione del maxipolo
53
ospedaliero Cona 2.
2000
L’11 gennaio Regione, Comune, Provincia, Università
degli Studi, Azienda Usl e Azienda ospedaliera S.Anna
sottoscrivono un protocollo d’intesa in cui, preso atto dello
stato di attuazione di Cona 1, si conviene di considerare
superata l’ipotesi di mantenere 2 ospedali, e si ratifica
l’ipotesi di realizzare Cona 2. Il protocollo mette anche
a punto il ruolo dei diversi soggetti firmatari dal punto di
vista delle procedure, delle autorizzazioni, della ricerca dei
finanziamenti necessari al nuovo progetto.
Viene elaborata ed approvata dalla conferenza di servizi la
perizia di variante 3 sulle aree di degenza.
2001
Si procede ad ulteriori perizie di variante e di assestamento
finale. Occorre un atto tecnico che stabilisca come
procedere relativamente a Cona 2. Questo compito occupa
quasi tutto il 2001 e i primi mesi del 2002, ed è ovviamente
condizionato dall’esigenza di trovare i finanziamenti
necessari alla realizzazione dell’opera.
54
2002
Il 10 maggio la Direzione generale del Sant’Anna vara
la “Delibera 77” che quantifica in 140 milioni di euro le
risorse necessarie per il progetto Cona. La delibera,
oltre all’estensione del contratto con la Costruttori fino
alla decorrenza del quinto d’obbligo, indica quali possibili
modalità di finanziamento del progetto la vendita di immobili
del Sant’Anna, la vendita all’Inail di una porzione di ospedale
per 60 milioni di euro e un leasing immobiliare per 70 milioni di
euro. Da pochi mesi, su suggerimento dell’amministrazione
comunale, l’azienda ha nominato supervisore un tecnico
esterno al Sant’Anna con funzioni di coordinamento tra i
diversi enti. La gara del leasing immobiliare va deserta e
questa soluzione viene accantonata definitivamente.
2003
In settembre vengono completati i lavori del primo modulo
Cona 1 .
Viene approvato con delibera il progetto di fattibilità (Master
Plan) relativo alla realizzazione del Nuovo Arcispedale
S.Anna in Cona. Questa decisione ratifica la svolta sulla
dimensione e le caratteristiche del futuro ospedale che è
venuta maturando a partire dal ’98 e si è consolidata con il
55
Protocollo del gennaio 2000.
2004
In maggio viene approvato il Progetto Preliminare redatto
dal Servizio Tecnico dell’Azienda USL di Modena, incaricata
della progettazione, e si decide di indire una licitazione
privata per l’affidamento in concessione della progettazione
definitiva ed esecutiva, dei lavori di completamento del nuovo
ospedale di Ferrara in località Cona, del suo ampliamento
con successiva gestione dei servizi di supporto alle attività
assistenziali (gestione pluriennale integrale servizi no core:
lavanolo, ristorazione, sterilizzazione,vigilanza, logistica,
call center, manutenzione , servizio energia…) e dei servizi
commerciali compatibili (giornalaio , banca, posta…).
2005
Il 23 maggio viene prorogato il termine di presentazione
delle offerte dal 30 maggio al 14 giugno.
2006
Il 13 gennaio la commissione conclude i lavori; il 28 marzo
la realizzazione viene aggiudicata al CCC di Bologna,
per un Importo di contratto pari ad € 137.235.617 di cui
€96.903.000 a carico dell’Azienda ospedaliera ed i
rimanenti € 40.332.617 a carico dell’aggiudicatario.
56
L’ATI (Associazione Temporanea di Imprese) capitanata dal
CCC costituisce la società Progeste per la realizzazione e
la gestione del nuovo ospedale. I lavori vengono iniziati in
data 5/12/2006. Il termine contrattuale previsto è di 800
giorni (11/02/2009).
2007
Il 7 novembre viene approvata la perizia di variante
suppletiva n° 1, consistente nella realizzazione del Centro
Didattico, nell’ampliamento della superficie dei laboratori,
nelle fondazioni per il nuovo bunker per cobaltoterapia.
Per l’esecuzione degli ulteriori lavori sono stati concessi 78
giorni lavorativi per cui la nuova scadenza di ultimazione
lavori rimane fissata per il 30/04/09.
2008
Il 30 gennaio la Regione Emilia Romagna e il Comune di
Ferrara prendono atto positivamente delle nuove intese
intercorse tra l’Azienda Universitaria ospedaliera di Ferrara
e la Società Progeste. Sulla base di dette intese l’Azienda
ospedaliera e la Progeste si impegnano a: completare entro
il febbraio 2008 la progettazione esecutiva delle varianti;
ultimare entro il febbraio 2009 tutte quelle lavorazioni
previste dal contratto originario necessarie e coerenti
57
con il rispetto dei successivi termini; garantire entro il 30
aprile 2009 la sostanziale ultimazione dei lavori del nuovo
Polo ospedaliero di Cona; effettuare entro la data del
30 settembre 2009 tutte le attività relative e correlate al
trasferimento delle tecnologie dell’ospedale Sant’Anna.
oggi
La vicenda del trasferimento del polo ospedaliero non può
dirsi conclusa in quanto le funzioni socio sanitarie in attesa
di trasferimento restano a Ferrara, nonostante frequenti
ultimatum da parte delle autorità. Di fatto, la nuova struttura
di Cona è pronta ad accogliere le funzioni ospedaliere ed
un piano particolareggiato per il recupero dell’area S.Anna
sarà varato nei prossimi mesi.
58
59
3. Un nuovo scenario
60
3.1. STRATEGIA D’INTERVENTo
Il lavoro di ricerca e analisi sviluppato sul tema dell’area
S.Anna è stato orientato nel tentativo di allargare il campo
di indagine verso la comprensione di quelle relazioni
che nel tempo si sono sviluppate tra l’ospedale e la città.
Questo percorso ci ha portato a una serie di considerazioni
che hanno guidato poi l’impostazione e la definizione del
progetto.
In primo luogo la riflessione sulla posizione del sito preso in
esame, che si presenta come sistema intermedio tra centro
storico e prima periferia, suggerisce di investire sul valore
pubblico dell’area S.Anna, considerando la flessibilità del
tipo a padiglioni come una risorsa per sperimentare una
struttura aperta per la città a concentrazione di funzioni
diversificate. La trasformazione dell’area S.Anna, da
specializzata non accessibile a spazio pubblico urbano,
impone inoltre un nuovo assetto fondato su una concezione
contemporanea della permeabilità fisica-visiva e della
raggiungibilità dei futuri servizi offerti. Tale risultato viene
raggiunto con la attuazione di un piano delle demolizioni
61
e costruzione ex-novo compatibile con i nuovi flussi della
città, senza aumentare la densità del costruito.
Ripensare il limite dell’intera area come elemento di
ricucitura con le differenti condizioni urbane circostanti
nel tentativo di rafforzare una pratica di esperienza
urbana attraverso il tessuto costruito consolidato, che
è caratteristica peculiare di Ferrara. L’interferenza e la
sovrapposizione tra spazi pubblici, semipubblici e privati
permettono di creare un sistema di relazioni e percorsi
dentro e attraverso la città.
Intervenire infine sugli edifici conservati per costruire una
gerarchia degli spazi interni con un progetto che miri a
preparare la struttura a nuove funzioni.
Come tutti i settori monofunzionali e specializzati, presenti
ai limiti del tessuto urbano storico, la relazione che si è
istaurata con la città si basa su logiche di esclusione
reciproca e autonomia. L’ospedale, come le grandi aree
industriali inglobate nell’espansone urbana è un recinto
protetto. Ѐ in questa mutata condizione che l’ospedale
assume una nuova posizione strategica. Nel caso specifico
62
l’area S.Anna si configura come superficie intermedia tra
centro storico e prima periferia orientale; come baricentro,
secondo l’asse nord-sud di un sistema diffuso nel tessuto
urbano di punti cospicui costituiti da chiese, monumenti,
musei, sedi e servizi universitari. Lavorare al suo interno
sull’assetto degli edifici e all’esterno sulle connessioni con il
contesto urbano, significa concedere alla città un’occasione
per evidenziare e far emergere le relazioni che governano
tale sistema e che, tutt’oggi, si presentano frammentate e
discontinue.
Nel concreto il lavoro è stato impostato definendo tre temi
principali: la città, il quartiere e l’isolato, aventi come tratto
comune quel carattere di introversione che comporta
talvolta il funzionamento per comparti stagni di questi tre
sottoinsiemi.
La strategia d’intervento adottata prevede :
-il ripensamento del margine della città storica ricercando
una maggiore interazione e relazione tra la città e il sistema
delle mura;
63
-la trasformazione dell’area S.Anna da struttura chiusa
in struttura aperta, definendo un nuovo programamma di
funzioni che ridia vitalità ed energia a tutto il complesso;
-la reinterpretazione tipologica come occasione
per sperimentare e inaugurare una nuova stagione
dell’architettura a Ferrara.
ANALISI
RECINToURBANo
RECINTo S.ANNA
TIPoLoGIA RECINTo
STRATEGIA INTERVENTo
64
3.2. PRoGRAMMA FUNZIoNALE
Presupposto fondamentale per un concreto recupero di
un’area monofunzionale è un solido, ma non per questo
rigido, programma funzionale che tenga conto delle
potenzialità dell’area fino ad oggi inespresse. Gli indirizzi
macrofunzionali che dovrebbero guidare la trasformazione
di un complesso così grande, devono tener conto del
dinamismo sociale di cui la città contemporanea è, o
dovrebbe essere, sfondo ed espressione.
Un obiettivo fondamentale è la garanzia della maggiore
flessibilità d’uso degli spazi progettati in modo da poter
risultare adeguati ad accogliere diverse funzioni a seconda
delle esigenze. La dislocazione delle destinazioni d’uso di
progetto è commisurata al contesto circostante. Dal lato
di via Mortara abbiamo previsto una maggiore quota di
residenziale mista a piccoli spazi commerciali, con una
densità via via più alta verso il baricentro dell’area; a nord
prevalgono le funzioni di servizio agli studenti universitari
(studentato, palestra, aula studio, campi sportivi) data la
vicinanza con il polo scientifico Universitario; ad est, verso livello -1
livello 0
livello 1
livello 2
livello 3
livello 4
65
le mura, abbiamo previsto una funzione specialistica che
desse una risonanza su scala maggiore all’intero intervento
di trasformazione: l’auditorium. Tale visione nasce dalla
constatazione della carenza di una struttura di tale portata in
una città culturalmente molto attiva. Nondimeno la posizione
in prossimità della porta est della città e la presenza di un
ampio spazio adibito a parcheggio ai margini dell’area sono
elementi a sostegno di una simile tesi.
Il programma prevede la conservazione di alcune funzioni
socio-sanitarie residue nei padiglioni (cliniche, uffici
amministrativi). Di fondamentale importanza all’interno
del nuovo masterplan è la piazza centrale. Su questa si
affacciano due importanti architetture conservate: una,
la cappella dell’ospedale, diventa parte integrante di un
percorso museale che include l’edificio principale su
Giovecca ed il viale centrale. Le “nuove cliniche” vengono
riadattate per ospitare funzioni ricettive, data la privilegiata
collocazione al centro dell’area. Oltre a questi edifici
specialistici, a dar vita alla piazza centrale concorre una
mixitè di funzioni commerciali, direzionali e residenziali che
garantiscano uno sfruttamento il più continuo possibile dello
SPAZI PER STUDENTI
SCUoLA INTERAZIENDALE
AUDIToRIUM
MUSEo
RICETTIVo
CoMMERCIALE
SoCIo-SANITARIo
UFFICI
RESIDENZA
PARCHEGGI
66
spazio pubblico. Se la porzione sud-est è caratterizzata da
una prevalenza di residenze di tipo misto ai piani superiori e
commerciale al piano terra, andando verso nord, aumenta
la residenza sociale immersa nel parco verde.
67
CORSO GIOVECCA
tempo libero
Esploso assonometrico - Macrofunzioni
cultura
commerciale
68
69
4. Un nuovo quartiere per Ferrara
70
4.1. il disegno urbano
L’intero impianto urbano è stato definito e dimensionato su
uno schema di assi viari esterni, con l’intento di stabilire fin
da subito una relazione forte con il contesto. La matrice
rossettiana ha suggerito la misura per il disegno di una
nuova struttura urbana sulla quale ha preso forma il nuovo
insediamento.
< Stato di fatto
> Stato di progetto
71
72
direttricistruttura urbana
verde strutturante pieni - vuoti
quota piano di calpestio (0-6 mt) mobilità (carrabile-cilopedonale)
nodi funzionali coni ottici principali
73pianta piano terra
74
75
76
4.2. Lo SPAZIo DELLA SoSTA
La piazza sorge nel cento fisico
dell’area d’intervento e assurge a
diventare il polo attrattore di flussi,
energia urbana e interessi collettivi
del nuovo quartiere. Un grande
spazio pubblico centrale in grado
di imprimere identità e senso di
appartenza.
Il disegno è generato dai due
assi principali che tagliano l’area
rispettivamente da nord a sud e da
est a ovest, e dalle impronte degli
edifici esistenti.
Questo grande vuoto è delimitato
su tre lati da fronti chiusi e compatti,
mentre il fronte corto è lasciato
libero per consentire la connessione
con l’auditorium e la sua piazzetta
77
78
antistante, garantendo la fluidità tra questi spazi. Sempre lo
stesso fronte, che potremmo definire la scena della piazza,
inquadra le mura e la ciminiera della vecchia centrale
termica, due elementi che chiudono la composizione.
L’importanza morfologica di questo spazio è sostenuta dal
ruolo strategico che assume nell’intera area di quartiere:
agli edifici contenitori di funzioni pubbliche si aggiunge
l’auditorium che si configura come scena della piazza. Il
confluire di questa mescolanza di funzioni, non dimenticando
la consistente quota di residenziale, garantirebbe un vivace
e continuato uso dello spazio pubblico nell’arco della
giornata, tra gli obiettivi del progetto.Fossato di Mortara
si presta ad essere l’arteria principale dell’area su cui si
alternano una serie di nodi-episodi come il parco, la piazza,
lo studentato, il viale commerciale, la piazzetta del chiostro.
Il risultato ottenuto è una sequenza di piazze e strade che
restituiscono lo spazio pubblico agli abitanti.
La piazza centrale ha una configurazione spaziale chiusa
su tre lati dal “Calabi” e da due nuovi edifici dal fronte
compatto. La scena occupata dall’auditorium, è invece
connotata da un fronte libero che proietta lo sguardo oltre
79
80
il margine dell’area d’intervento fino alle mura. Questa
centralità è enfatizzata dal gradiente altimetrico del tessuto
che la circonda. L’edificato infatti è studiato per avere un
numero di piani inferiore in prossimità dei bordi dell’area e
per crescere gradualmente verso la piazza.
81
82
4.3 Lo SPAZIo DEI FLUSSI
Il progetto prevede la concentrazione
di funzioni diversificate per consentire
la fruizione di utenze differenti. Il fine
è quello di creare uno spazio vitale e
vivibile, permettendo la coesistenza
di pedoni, biciclette e automobili.
L’intero percorso raccoglie i flussi di
una serie di nodi come la piazzetta del
chiostro San Bernardino, il parco, la
piazza centrale, le strutture sportive,
che gli conferiscono in tutta la sua
lunghezza caratteri via via differenti.
Da un punto di vista morfologico, le
quinte edilizie che delimitano lo spazio
si spezzano per spingere l’utente ad
avanzare e a scoprire gradualmente
nuove visuali.
83
84
A differenza dei fronti strada prevalentemente chiusi, con
bucature che scandiscono un ritmo pressochè regolare
talvolta spezzato in prossimità degli incroci, il basamento,
in cui sono inserite prevalentemente funzioni commerciali
e pubbliche, diventa permeabile per favorire connessioni
visive e fisiche con le corti degli isolati.
85
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4.4 L’ISoLATo.
LA CELLULA DEL TESSUTo
URBANo
L’edificio sviluppa una serie
di relazioni con gli isolati
contermini che hanno un
effetto diretto sulla morfologia
e sulla composizione della
sua architettura. L’idea di base
è creare un continuum con
il contesto in modo da poter
recuperare quell’ atmosfera
urbana propria dei centri storici
medievali.
Da qui la soluzione immediata
di connettere al pian terreno
i diversi isolati rendendo
gli edifici che vi insistono
permeabili. I percorsi sono
così progettati ricercando
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quel carattere di imprevedibilità dovuto ai repentini cambi
di direzione mediante un segno spezzato in pianta e
l’articolazione di differenti piani prospettici in alzato.
Il disegno finale prevede una serie di corpi chiusi su se
stessi attraversati da un reticolo di percorsi pedonali a
misura d’uomo.
Dal punto di vista tipologico, alla scala dell’edificio, il principio
guida è la distinzione tra lo spazio pubblico, semipubblico
e privato ai quali corrispondono tre livelli: strada, terrazza,
appartamento.
Il programma prevede la costruzione di due blocchi principali
rispettivamente di quattro e tre piani a destinazione mista,
più un basamento a destinazione commerciale e un piano
interrato adibito a parcheggi. Anche in questo caso la scelta
di trattare in maniera differente il piano terra, prevedendo
una funzione rivolta al pubblico, mira a rafforzare il
carattere e la vivacità dei percorsi che tengono insieme i
diversi isolati. La strada si rapporta con l’edificio in modo
differente. Sul fronte esterno, infatti, la presenza delle vie
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carrabili si riflette sul carattere introverso delle facciate,
mentre il fronte interno ha una relazione più forte con la
strada evidenziata dalle grandi aperture degli affacci.
Uno spazio costruito va considerato per lungo tempo come
immutabile anche se, specialmente nelle sue parti aperte,
varia regolarmente a seconda della stagione, dell’ora e del
tempo per quanto riguarda le possibilità di essere percepito
ed utilizzato. Ma solo quando viene ricercato e utilizzato in
determinati momenti e per determinati scopi questo spazio
acquista il suo particolare carattere, sotto l’aspetto sociale
e in relazione all’uso, come strada, piazza, cortile, giardino,
parco, sala o abitazione. Uno spazio viene utilizzato, non
importa se in corrispondenza o in contrasto con le intenzioni
di progetto, o in base ad una limitata libertà di scelta, fintanto
che ci si aspetti una utilizzabilità, o necessariamente
nell’ambito di una precisa relazione spazio-funzionale. La
soluzione dell’isolato consente di ordinare questa relazione
in modo che le prestazioni richieste agli spazi esterni non
vengano sentite come forzate o che non si verifichino dei
conflitti dovuti alle aspettative, tra loro incompatibili, degli
utenti. Con un corretto e preciso rapporto tra rete stradale,
Isolato chiuso disposto su griglia viaria funzionale
sovrapposizione di un secondo livello di percorribilità interna
isolati semiaperti con doppio livello di percorribilità
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casa e cortile si predispone invece una relazione tra le
funzioni che porta ad un uso armonico dello spazio.
Se gli spazi urbani per poter essere usati devono avere un
certo grado di sicurezza e di distanziamento, non devono
esserci solo di tanto in tanto dei passanti, ma soprattutto
dei residenti che utilizzano la strada di giorno e di notte e
possono riconoscerla e raggiungerla facilmente. Il fatto che
una strada possa diventare pubblica, non come categoria
giuridica, bensì sociale, dipende dalla sua posizione in una
struttura spaziale (l’inserimento in una rete viaria), dalle
conseguenti condizioni d’uso, dalla struttura degli abitanti
e dalla differenziazione formale. Il fatto che il carattere
pubblico di una strada dipenda anche da ciò e che non
sia costantemente uguale indipendentemente dalla
sua utilizzazione è dimostrato è dimostrato dalle strade
senza uscita o dalle strade nei ghetti: l’uso omogeneo
e\o l’omogeneità della popolazione in zone puramente
residenziali o in zone residenziali non offre garanzie di
potervisi trattenere in ogni momento indisturbati e senza
correre pericoli. Una mescolanza di condizioni d’uso
realizzata in base a questi punti di vista è però sostenibile
soltanto se in questo modo non si generano conflitti sopra tipologie abitative
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descritti tra le diverse esigenze di funzionamento e si
predispongono invece dei contatti che si integrano in modo
sensato. Questi sono argomenti determinanti a favore del
sistema di edifici a blocco che genera strade e cortili. L’uso
della strada diventa possibile solo attraverso il controllo
da parte degli abitanti e l’uso degli edifici attraverso la
sicurezza della strada. Per l’utilizzazione privata degli
edifici, specialmente per le abitazioni, oltre all’affaccio sulla
strada è necessario uno spazio aperto che logicamente si
troverà nel retro. Come giardino, cortiletto, officina aperta
e spazio di ampliamento esso serve per diverse funzioni
accessorie necessariamente pertinenti alla funzione
residenziale e deve essere perciò delimitato e schermato
rispetto alle funzioni vicine dello stesso tipo o di diverso
genere per evitare disturbi o contatti compromettenti. Ciò
non significa però una rinuncia all’utilizzazione in comune
della strada per scopi limitati che in quella sede arrecano
meno disturbo; per esempio tutti i giochi (andare in bicicletta
o sui pattini a rotelle, correre) rumorosi e di movimento,
ma anche la manutenzione dell’automobile, per i quali deve
essere previsto uno spazio adeguato, sia nella forma che
nei materiali.
93
94
4.4 IL PARCo
Per verde urbano intendiamo l’elemento
dell’ambiente costruito in relazione
con il paesaggio naturale. Nei paesi
anglosassoni infatti la disciplina che
se ne interessa è conosciuta come
urban forestry, quasi a indicare che le
aree verdi possono proporsi come oasi
naturali all’interno dei confini urbani.
In generale possiamo definire verde
urbano una qualsiasi parte dello
spazio aperto progettato, interessato
in tutto o in parte da vegetazione.
oggi è sempre più percepito, in termini
di spazio vitale per lo svolgimento di
alcune funzioni importanti, che vanno
da quelle ecologico-ambientali a
quelle culturali, sociali ed economiche.
Queste funzioni sono determinate in
prevalenza, oltre che dall’estensione
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degli spazi verdi, anche dalle loro caratteristiche strutturali,
tipologiche, formali e compositive.
E’ indubbio la capacità del verde urbano di favorire uno
sviluppo urbanistico improntato al miglioramento della
qualità della vita nella città.
La questione ambientale a partire dagli anni ’70 e ’80 ha
dato nuovo impulso alla definizione di nuovi approcci alla
materia, difatti il verde, nella sua accezione ambientale più
ampia diventa una risorsa fondamentale per l’organizzazione
dello spazio insediativo.
Le strategie di sviluppo per modelli di città sostenibili
vengono definite, in particolare, a partire dalla Carta di
Aalborg del 1994, nelle Agende 21 locali, che assegnava
allo spazio pubblico, in generale, e alle aree verdi, nello
specifico, un ruolo di primo piano nella rigenerazione
ambientale dell’assetto insediativo. Il verde quindi come
elemento fondamentale nella riorganizzazione delle città,
come componente di riequilibrio ecologico del territorio,
come tessuto connettivo delle frange urbane, ma anche il
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fascia sud sezione trasversale
fascia nordsezione trasversale
verde come materiale progettuale di sperimentazione.
L’organizzazione del verde urbano può contribuire in
maniera significativa a soddisfare alcuni fondamentali
requisiti prestazionali della teoria della qualità urbana
(Lynch 1981). Questi criteri sottolineano aspetti del verde
urbano connessi in particolare alla vitalità, al significato,
alla coerenza e alla’accessibilità. La vitalità va intesa come
capacità del verde urbano di rendere i luoghi abitati a misura
d’uomo, più consoni alle funzioni vitali degli esseri umani,
più adatti a soddisfare i bisogni biologici degli individui, e
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che ne migliorino le condizioni di salute grazie anche alla
capacità di abbattere le diverse forme di inquinamento. Il
significato richiama la chiarezza con cui il verde urbano
può essere percepito e identificato e la facilità con cui
esso si riconnette ad altri elementi ambientali o, più in
generale, ad altri luoghi nello spazio insediativo. Ciò riporta
all’identità del verde e alla sua struttura; nell’uno e nell’altro
caso il verde risulta subito percepibile e leggibile come
componente qualitativa dei luoghi da parte delle comunità
insediate.
La coerenza rappresenta il grado di rispondenza
dell’organizzazione del verde urbano ai comportamenti
abituali degli utenti. L’accessibilità e la facilità di raggiungere
gli spazi del verde in breve tempo, in assoluta agevolezza.
L’organizzazione del verde mira in primo luogo a stabilire
una nuova relazione tra i due sistemi che costituiscono i
i bordi dell’area presa in esame: il tessuto rossettiano e
il parco delle mura. Qui è prevista la realizzazione di due
corridoi verdi configurati in modo da penetrare l’intera area
da levante a ponente, che stabiliscano una struttura all’area
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attualmente carente di gerarchie e proporzione tra gli
spazi. Le due fasce creano dei vuoti prospettici che offrono
molteplici punti in cui si stabiliscono relazioni fisico-visive
tra gli spazi più interni all’area e il margine delle mura. Nello
specifico la morfologia delle due “fasce verdi” si differenzia
per il contesto in cui si inseriscono e per le funzioni
previste.
La fascia nord si distende dalle mura verso la città
intersecando la struttura ospedaliera ad anello in modo da
aprire nuovi coni visivi e valorizzare il peculiare parallelismo
dei padiglioni, scandito dal ritmo misurato dei prospetti.
La fascia sud raccoglie il verde interno all’area connettendolo
con il parco delle mura attraverso un rampa che supera la
barriera stradale costituita da via rampari di S.Rocco.
Complessivamente il parco prevede :
-funzioni di carattere ecologico ambientale, per favorire
la rigenerazione della vegetazione e ricostruire habitat
favorevoli alla microfauna urbana, oltre che a ridurre
l’inquinamento e migliore il microclima;
100
-funzioni sociali e ricreative, in relazione alla domanda di
socializzazione e ricreazione che i giardini, i viali e gli spazi
alberati possono soddisfare;
-funzioni culturali e didattiche, in relazione al significato
culturale che che il viale conservato rappresenta per la
memoria del luogo;
-funzioni sportive, in relazione alla pratica dell’attività
sportiva consentita nelle aree adibite a verde soprattutto
se dotate di opportune attrezzature;
-funzioni rappresentative, ornamentali, paesaggistiche ed
101fascia sud
sezione longitudinale
fascia nordsezione longitudinale
estetiche, con l’obiettivo di migliorare il paesaggio urbano
e favorire l’integrazione tra spazi pieni e vuoti e tra aree
verdi e costruite;
-funzioni sanitarie e terapeutiche, sfruttando la capacità del
verde di contribuire al benessere psicofisico , e di favorire
la convalescenza.
102
fascia nord
fascia sud
103
soleggiato
prato
pedonale
ombreggiato
vegetazione ornamentale
ciclabile
boschivo
sosta
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RILETTU
RA
DI U
N B
RA
NO
DELLA
CITTÀ
STOR
ICA
Fabio Grilli - A
ntonio Marseglia