riot van #12 - volta la carta

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MAGAZINE INDIPENDENTE GRATUITO #12 AUTUNNO 2012 Testata iscritta presso il Tribunale di Firenze il 12/3/2009, reg. n. 5707 La cultura, il digitale, la crisi. Chi ci guadagna? VOLTA LA CARTA

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RiotVan numero 12: Volta la carta

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MAGAZINE INDIPENDENTE GRATUITO #12 AUTUNNO 2012

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La cultura, il digitale, la crisi. Chi ci guadagna?VOLTA LA CARTA

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ratro, che sta il mercato, meraviglioso ponte che ci illude di esser saldi. È il mercato – e non più le idee – che detta il cambiamento, che delinea i momenti di passaggio. E quando ce ne accorgiamo nasce una lotta d’identità: la vita degli artisti, degli operatori culturali o di chi trova in un libro, in un disco o in una piéce teatrale una buona ragione per sorridere al cielo. Per questa grande comunità, la sopravviven-za è legata a doppio filo all’ultima terzina del Para-diso e alle tessere fedeltà dei negozi d’elettronica. La nostra non è una battaglia contro il progresso. E nemmeno una sfida tra romantici e tecno-ottimisti. Noi di RV non abbiamo antidoti contro la vertigine, non siamo intellettuali, non siamo in lotta con Apple, non abbiamo sull’anima Fabio Volo e non citiamo a caso Truffaut. Però ci guardiamo in giro e percepiamo la frattura, e mentre la faglia si allarga vi raccontiamo quel che vediamo. Descriviamo il bello, il brutto, ciò che resiste e ciò che muta. Ma non scordiamo che la voragine è aperta: perché il rischio è che un giorno anche il francese Stendhal, tornando nella Firenze di oggi, non provi che un po’ di solletico (altro che sin-drome!), giusto un formicolio leggero: lo condividerà con Instagram e poi se ne tornerà a casa a scrivere qualche romanzetto per signore. E magari andrà for-tissimo, negli ipermercati e tra i bestseller in autogrill.

Daniele Pasquini, giornalista e scrittore

n giorno a Parigi mi capitò di fermarmi di fronte alla bottega di un antiquario. Ricor-do, se non sbaglio, di essere stato attratto da un grammofono e da alcuni libri. Entrato nel negozio fui rapito però da un grosso cartello

scritto a mano che stava dietro al bancone dell’an-tiquario, un ometto tutto preso dallo studio di una vecchia carta. Io non so il francese, ma la traduzione doveva suonare più o meno così: siamo spiacenti, ma i pezzi migliori non sono in vendita. Nessuna cifra – mi pare dicesse - può far pari col valore di qualco-sa che valore non ha. Mi è rimasto impresso dentro, come un monumento alla resistenza. Sorrisi beato al negoziante e ripresi il mio giro per la città. Ma qua siamo in Italia, a Firenze. Il paese di Dante, dove le librerie chiudono e il numero di cellulari pro-capite è il più alto del mondo. Forse è proprio nella città-simbolo dell’arte che in tempo di cambiamento si fa più chiara la frattura tra ciò che siamo e ciò che cre-diamo di essere. Convinti che la storia ci abbia lascia-to il genio nel dna sentiamo il diritto di inorgoglirci per un passato da cui in realtà siamo ormai distanti. Ed è sulla voragine, come una passerella sopra il ba-

Rv è una rivista indipendente, finanziata dall'università di Firenze, dal DSU toscana e talvolta auto finanziata. RV è aconfessionale, apartitico ed è redatto da giovani studenti, laureandi e neo-laureati. Fondata nell'ottobre del 2008 da due studenti del corso di Media e Giornalismo per l'esigenza di fare pratica nel settore del giornalismo e dell'editoria, possibilità che il corso non offriva, si è poi evoluta in un magazine di ampio respiro, un canale video, un sito web e un'associazione culturale che organizza eventi sul territorio fiorentino. Fornire un'informazione svincolata da logiche prettamente commerciali o da interessi politici è la nostra missione. Musica emergente, arte undeground, auto produzioni sono il nostro pane, ve lo offriamo fragrante ogni qual volta i fondi ci permettono di uscire.

Buon appetito.

Direttore responsabi le

Direttore editoria le

Responsabi l i organizzativ i

Redattori e col laboratori

Graf ica e impaginazione

Web Developement

Michele Manzotti

Mauro Andreani

Niccolò Seccaf ieno, Giuseppe Di Marzo, Alessandra Giachetti, Andrea Lattanzi, Michele Santel la, Giul io Schoen, Mattia Vegni

Daniele Baldassarri, Francesco Guerri, Mario Mancini, Rosa Monicel l i, Chiara Morel lato, Daniele Pasquini

Aldo Cauteruccio, Mattia Vegni

Francesco Canessa

Sono stati fatti tutti gl i sforzi per segnalare e a l locare correttamente i crediti fotograf ici. Ricordiamo che i l d ir itto del l'immagine fotograf ica resta del l'autore

Numero chiuso in redazione i l 05/11/2012

Stampato presso Pol istampa, Firenze - Tiratura 4000 copie in carta ecologica - Real izzato con i l contributo del l’Ateneo Fiorentino

UL'editoriale

Riot Van Magazine Indipendente Gratuito n.12

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Bar Argentina via della Mattonaia/viale Gramsci---Bevo vino via di San Niccolò 59/r---Gold Via Gioberti 54/r---Feedback store Cor-

so Tintori 43/r---Gold Via Verdi 19/r---Centro Java infoshop via Pietrapiana angolo via Fiesolana---Caffè biblioteca delle Oblate via

Dell'Oriuolo 26---Bar della facoltà di Architettura piazza Ghiberti---Ninotchka via Pandolfini 29-31/r---Velvet Goldmine Officine, via

Giampaolo Orsini 87/r---Société Anonyme via della Mattonaia 24---Off Bar Lago dei Cigni---Danex Records via degli Artisti 8---Circolo

Aurora V.le Pratolini angolo p.zza Tasso---La farmacia dei sani p.zza Giorgini 7/a---Strizzi bar via Oriani 20/r---Bar Massimo, via Carlo

del Prete 9/r---Cardillac Via degli Alfani 57/r---New Store via San Gallo 95/r---Australiano Borgo Santa Croce 31/r---Soul Kitchen Via

de Benci, 34/r---Il Panino Tondo via Montebello 56/r---Rullante Club via Cantagalli 1/r---La citè Borgo San Frediano, 20/r---BeBop Via

dei Servi 76---Velvet Club P.zza Ghiberti 17/r---X graphics Via della Pergola 47---Cargo Via dell'erta canina 12/r---Jazz Club Via nuova

de' Caccini 3---Pop Cafè p.zza Santo Spirito 18/r---Circolo Gada via de'Macci 11---Il Barone via Romana 123/r---Casa della Creatività

vicolo santa Maria Maggiore---Eskimo via de' canacci 12r---Plaz p.zza dei Ciompi---Unplugged via de' Saponai 14/r---Fuoriskema Via

del Corso---Kitch Viale Gramsci 3/r---Tempo reale Villa Strozzi Via Pisana 77---Notte fiorentina Borgo san Frediano---Gustapanino

Via de' Michelozzi 13/r---Caffè Cabiria piazza Santo Spirito 4/r---Cafè Artigiani Via dello Sprone 16/r---Libreria Brac via dei Vagellai

18/r---Piccadilly music store via San Gallo 69/r---Volume Piazza Santo Spirito 5/r---Verticale Via Ponte alle Mosse 41/b---Ultra via

XXVII Aprile---Ethic Borgo Albizi 37/r---Data Records Via dei Neri 15/r---Rock Bottom records Via degli Alfani 34/r---Marque Moon

Piazza Santa Maria Maggiore 7r---Jules & Jim via dei Pecori 11/r---Scuola di Comics Via Del Corso 1---Nardini Book Store via delle

Vecchie Carceri---Le Bertucce Pizza & Taglieri via Santa Elisabetta 16r angolo via delle Oche---Caffè letterario Piazza delle murate-

--Jokolarte, Via degli Alfani 51 rosso---Sound System Studio Via Ramazzini 2 rosso---Copisteria Universale Via della Pergola 47 n

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Per info e iscrizioni:[email protected] - Alessandra: 331/7752028 (dalle 15 alle 20)

Giulio: 349/1334418 (dopo le 17) - Redazione: via Santa Reparata 40/r

A 5 mesi dall’inaugurazione della Riot House, è con immenso piacere che vi comunichiamo... l’inizio dei

Il primo ciclo di corsi, incontri e seminari tenuti da esperti che metteranno a disposizione le proprie competenze

RIOTWORKSHOP!

Posti limitati, iscrizione obbligatoria

Mattia VegniWorkshop di pittura

L’utilizzo del colore dalla teoria alla pratica

Giulio Peretti Workshop di chitarra elettrica e acustica

La chitarra ritmica nel rock: la rhythm-picking e la hybrid picking

Stefano BoccioliniWorkshop di giocoleria ed espressione corporea

Pratica con attrezzi e tecniche espressive

Claudio fucileSeminario e Workshop di fumetto

Fumetto, la 9° arte

Daniele PasquiniWorkshop su scrittura creativa

Dall’ideazione alla pubblicazione: le principali tecniche narrative

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BAR MASSIMOaperti anche il sabato

Via Carlo del Prete 9/r - 055 410174

insalatone 5€

primo 4,30 €

secondo e contorno 8€

burrata campana 8€

cocktail 5€ - birra 3.50€ - vino 4€

Apericena Venerdì e Sabato dalle 19 alle 22

cene organizzatefeste di laurea

antipasto toscano

1/2 primo a scelta

macedonia

L' OFFERTONE 8 euro

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Riot Van presenta

L’ALTRO LATO DELLA CINEMATOGRAFIAAll’Odeon va in scena la cultura di Chiara Morellato pg. 22

TUTTO CIÒ CHE SAI È FALSOIl primo NON - LIBRO di Guerrilla Spam di Mauro Andreani pg. 11

A PROPOSITO DI CAMBIAMENTILa rivoluzione degli e-book di Mario Mancini pg. 8

BADAMIMBUMBANDcome far esplodere la musica di Francesco Guerri pg. 24 - 25

PAZZI SCATENATILa follia di lavorare nell’editoria italiana di Daniele Pasquini pg. 14

FLORENCE FOR FRINGE

di Michele Manzotti pg. 27

ACSI SOCIAL NETWORKINGOvvero come aprire un circolo culturale di Chiara Morellato pg. 18 - 19

BALKAN EXPRESS

di Chiara Morellato pg. 23

LA GRANDE MELA NELLA PICCOLA CITTÀIl fallimento di Edison e i timori dei dipendenti di Andrea Lattanzi pg. 12 - 13

IL FUTURO DEL LIBRO NON È QUESTIONE DI DEVICEla sfida persa della qualità. di Daniele Pasquini pg. 9 - 10

THE PROMISEParola di Compagnia Nuova Aurora di Chiara Morellato pg. 26

INSERTOIa edizione del concorso fotografico RV Fotografia di Federica Greta Castagna pg. 15 - 17

JAZZEGGIANDO QUA E LÀ (PIÙ LÀ CHE QUA...)La cultura della musica si scontra con la TV di Chiara Morellato pg. 28 - 29

CI SALVI CHI PUÒRodolfo Siviero di Andrea Lattanzi pg. 20 - 21

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Arriva Schumpeter

n enorme mete-orite è caduto nel placido stagno del libro, una nobile in-dustria secolare che

iterava i propri riti con la regolarità delle fasi lunari. A scagliare questo masso è stato un unico soggetto fino ad allora un mero satellite del pianeta editoriale: Amazon, il gigante di Internet che ha messo i panni del Leviatano, “fatto per non avere paura”. Amazon ha inventato l’e-book, prima sbef-

feggiato dall’industria costituita, ha inventato il dispositivo per leg-gerlo e ha edificato la più grande libreria del sistema solare dove si può prelevare un libro con un clic, pagarlo meno di 10 euro e legger-lo dopo 4 secondi dall’insorgere del desiderio. I lettori sono esta-siati, la faccenda gli piace troppo. Gli editori sono inebetiti, guar-dano attoniti a un cambiamento che non hanno richiesto, non lo vogliono e lo subiscono supina-mente. Gli autori cominciano ad apprezzare lo stato di fatto, anche troppo: per loro tutte le barrie-

re a pubblicare sono abbattute, possono farlo con un clic senza passare per il campo minato degli editor che gli ricordano il temuto professore di latino e greco.Se fosse vivo Schumpeter ve-drebbe in azione, come in un esperimento, la sua spaventosa teoria della distruzione creativa, che rammenta una purga molto amara.

L’e-book al 50%

La crescita degli e-book è in effet-ti impressionante. Pew Research

La rivoluzione degli e-bookdi cambiamentiA propositoMario Mancini, goWare team, Polo Tecnologico di Navacchio

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agine dal sito: link2universe.net

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«Ma io preferisco l’odore della carta»

i parla di libri e di ebook, c’è sempre qualcuno che tira fuori questa storia. Il profumo del libro,

le pagine da sfogliare, le orec-chie alle pagine. La nostalgia. Ecco: parlare di futuro del libro facendo riferimento a questi pa-

rametri significa essere lontani anni luce dal problema (peraltro sarebbe bello allargare la discus-sione – romantica ma poco pro-ficua – a tutta una serie di perso-naggi, come un uomo primitivo affezionato alle pitture rupestri, uno scriba col papiro, un ama-nuense in monastero, un amico del buon Gutenberg, e via e via.)In questo momento di passag-gio epocale (nostalgici di tutto

il mondo, arrendiamoci: ci sono buone probabilità che tra venti anni il libro di carta stia all’ebook come oggi il vinile sta all’mp3) c’è un’unica cosa di cui possia-mo essere sicuri: la storia ce l’ha insegnato: la morte del suppor-to, del device, non comporta la morte dei contenuti. Le storie, i saggi e la narrativa sopravvi-veranno. Cambieranno forma, saranno un po’ più brevi, inse-

Center, uno dei più autorevoli os-servatori sull’industria dei conte-nuti, ha previsto che nel 2025 gli e-book saranno il 75% del merca-to del libro. Altri si sono arrischiati a prevedere che, negli USA, già nel 2014 la quota di mercato rag-giungerà il 50%; e poi a distanza di qualche anno succederà lo stesso negli altri mercati. Nel 2011 negli USA sono stati rilasciati 211.000 ISBN per e-book di titoli autopub-blicati, quasi il doppio dell’anno precedente e quasi due terzi dei titoli pubblicati dall’intero grup-po degli editori, che ammontano a 350.000. Si ritiene che nel 2013 per ogni e-book pubblicato da un editore ve ne sarà uno pubblica-to da un soggetto indipendente. «Come si scrive Tsunami?» ha commentato Peter Turner, atten-to osservatore dei fenomeni edi-toriali. Le barriere a pubblicare sono venute meno.Dove sono acquistati e letti que-sti e-book? Una recente indagine condotta su 10.000 consumato-ri rileva che il 35% li preleva da Amazon e li legge sul Kindle, il

23% li scarica da Apple iBookstore e li legge sull’iPad, il 13% li compra direttamente sul negozio dell’au-tore e li legge sul dispositivo di cui dispone. Il restante 30% è più erratico, ma prima o poi sposerà una piattaforma.Se uno dei fattori di crescita del mercato degli e-book è l’offerta di titoli, l’altro fattore è la diffu-sione dei dispositivi di lettura. Qui le previsioni sono ancora più impressionanti: il mercato dei tablet e degli e-reader, prevede Gartner, crescerà del 37% di qui al 2016. Per dare un elemento di confronto, quello dei personal computer crescerà meno del 5%.

Che succederà?La prima e più piacevole conse-guenza è che i libri costeranno di meno, tra 50 centesimi e 10 euro. Costerà di meno produrli, distribu-irli e l’impatto ambientale di que-sta industria sarà vicino allo zero. In conseguenza dell’abbattimento di ogni barriera a pubblicare, l’of-ferta crescerà in modo esponen-

ziale, così come s’impennerà la domanda, seppure in misura non paragonabile: molti lettori per troppi contenuti. Molti di questi resteranno nell’oscurità insieme ai loro creatori, perché i mecca-nismi di promozione e successo premieranno solo i best-seller come avviene di norma nell’in-dustria culturale digitale. Ci sarà molta omologazione, ma anche le nicchie ne troveranno un gran-dissimo giovamento. Attraverso queste nicchie crescerà la demo-cratizzazione dell’industria. Il libro non sarà più qualcosa da leggere soltanto. Una recente indagine ci dice che dei 90 minuti giornalieri trascorsi sul tablet, la lettura occu-pa meno della metà del tempo e che la concentrazione su un’unica attività dura solo qualche minuto. I libri saranno molto più brevi, più visuali e inframezzati da altre pro-poste.Per gli editori non sarà la fine del mondo, ma per gli autori e i lettori sarà il “nuovo mondo”.

Mario Mancini

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Il futuro del libro non è questione di device

la sfida persa della qualità.

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guiranno i tempi e le mode… ma non moriranno. C’è però un aspetto che mi la-scia perplesso: il momento del-la rottura, quello che Mancini chiama “l’abbattimento della barriera a pubblicare”. Qui in-travedo un pericolo: che una totale scomparsa di editori e filtri di valutazione porti ad una produzione sconfinata di opere letterarie. Destinate a finire di-rettamente sul mercato. Si avrà cioè un’offerta di titoli ancor più vasta di quella, folle, con cui già oggi ci dobbiamo confrontare. Ci guadagna davvero il lettore, che così ha più scelta? E come diventa possibile fare una scelta di senso? Ed è davvero giusto un sistema in cui chiunque può scri-vere il proprio libro e metterlo direttamente in vendita? In que-sto passaggio storico: chi è che davvero può beneficiarne?

La coda lunga, le librerie digitali ed il Far westA mio avviso in questo proces-so l’unico a guadagnarci dav-vero è il distributore, l’Amazon di turno. Qualche anno fa Chris Anderson spiegò cos’era la coda lunga. In poche parole ci raccon-tò la differenza tra una libreria fisica ed una digitale: in quella fisica il numero di libri che può essere contenuto ed esposto è limitato, perciò il libraio è desti-nato a vendere solo un numero ristretto di titoli, e sarà necessa-rio puntare soprattutto su quelli che danno maggiori garanzie. Che non sempre sono i grandi classici o i bei romanzi: spesso i best-seller, i libri che funziona-no, funzionano indipendente-mente dalla qualità (le 50 sfu-mature di… ne sono una recente dimostrazione).Questa situazione, quella che ci ha accompagnato fino ad oggi, mostra le falle del mercato edi-toriale: pubblicare tanti titoli a caso, investire sui personaggi fa-mosi, e una volta buttato il libro nella mischia continuare a pun-tarci finché può vendere.

Nella libreria digitale, dove lo spazio fisico non è un problema e dove il numero di titoli ospi-tato può essere infinito, per il librario vendere centomila co-pie di un libro o una singola co-pia di centomila libri diversi è la stessa identica cosa e non deve neppure fare sforzi per capire il mercato. Il lettore dovrà trovarsi a scegliere in un sistema che sì, è vero, potrà accontentare anche “le nicchie”, tutti i gusti saranno soddisfatti… ma di fatto sarà un grande far west. Sarà più difficile, rispetto ad oggi, vedere in giro testi di alto livello, destinati a dar luce ai se-coli. Rispetto ad oggi… ma senza nostalgie: perché il mondo edi-toriale, anche prima degli ebo-ok, era comunque allo sbando.

Se solo gli editori avessero fatto il proprio mestiereSe solo avessero fatto scelte di qualità, pensando a pubblica-re solo ciò che davvero poteva meritare di essere letto, senza riempire gli scaffali con titoli nuovi ogni giorno, aumentan-do sempre l’offerta (sorpassan-do di gran lunga la domanda). Chiederete: cosa è la qualità? La qualità è soggettiva, non è pos-sibile stabilirla per sempre, per me i libri gialli sono belli, per me solo la letteratura russa. A me le risposte adesso non interessano: dico solo che riflettere sulla qua-lità – indipendentemente dalle conclusioni che se ne può trarre – è la vera svolta: ci si confronta sul perché di un contenuto e non su quanto può farci intascare, su come può funzionare. Riflettere sul mercato porta solo alla schi-zofrenia che già adesso domina il mondo editoriale.

Magari tra dieci anni saremo an-cora a parlarne, e sul Kindle avre-mo caricato trecento opere (ne leggeremo due-tre: ma potremo dire di averne tante), qualche no-stro amico un po’ vintage (andrà sempre di moda ‘sta cosa?) terrà orgoglioso un Prévert di carta sotto braccio e finiremo con lo scannarci sui soliti temi: il pro-fumo della carta, la praticità del digitale.Non avremo capito nulla, nep-pure il vero problema: che non è come leggere i libri, ma quali e perché. Ma purtroppo nel far west conta avere la pistola veloce.

Daniele Pasquini

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ue anni di attività tra attacchinaggio, non mostre, san-tini provocatori, tesi di laurea ed

esposizioni in giro tra Italia e re-sto d’europa. Un modo per fare un piccolo bilancio della vostra attività?Sono stati anni d’intenso diver-timento. C’è stato molto lavoro, impegno, ore passate a buttare giù idee, disegni e progetti, fatico-se nottate e stancanti viaggi, ma quello che oggi rimane di tutto ciò, è solamente il divertimento e il piacere provato nell’aver fatto tut-to questo. Siamo partiti da quattro disegni attaccati sui muri quasi per gioco, e ci siamo ritrovati a dover scegliere un nome che ci rappre-sentasse, a fare interviste e vedere giornalate con le foto dei nostri la-vori. Siamo arrivati a festival come il RipArte di Fabriano che vanta artisti come Blu o Ericailcane, op-pure ad ARTAQ in Francia, esposti insieme a opere di Obey, Banksy o Space Invader. Quello che oggi ci occorre è di non dimenticare la linea originale. I faretti e i riflettori dell’arte ufficiale non ci hanno mai tentato, ma è giusto sempre ripe-terselo. Cosa dobbiamo aspettarci da questa non-pubblicazione? Ma-gari partiamo dal titolo: Tutto ciò che sai è falsoQuesta pubblicazione arriva come un riassunto per immagini della nostra esperienza. Ci sono mo-menti mai raccontati, fotografie di backstage, disegni inediti per at-tacchi mai realizzati. Tutto ciò che

sai è falso è un percorso guidato attraverso molto materiale tenuto ad oggi segreto, che svela un po’ di più della vera storia di SPAM. Il titolo ci piaceva perché è lapida-rio; non lascia interpretazioni, è semplice e ci pone di fronte ad un dato di fatto d’impotenza. Tutto ciò che sappiamo (o perlomeno molto) è falso, e questo è dovuto alla mancanza d’informazione, alla disinformazione, alle credenze popolari, all’ignoranza. In secondo luogo il titolo si riversa anche su ciò che la gente sa o crede di sapere di SPAM svelando i retro scena delle nostre idee, delle nostre scelte, proporremo alla gente una nuova visione di SPAM più completa e più vicina a tutti.Il libro sarà disponibile sia fisica-mente, al costo di 15 euro, che in versione digitale, in free downlo-ad. Come valutate la situazione della cultura e del suo rapporto con il mercato, a Firenze come nel resto d’Italia?Era importante che anche questo lavoro fosse fruibile e gratuito. Questa scelta nacque di paripasso con la presa di coscienza che un lavoro con una casa editrice tradi-zionale sarebbe diventato troppo costoso e il libro sarebbe lievitato di prezzo. Scegliemmo l’autopro-duzione: scriviamo noi, impaginia-mo noi, stampiamo noi, vendiamo noi. In questo modo, chi volesse comprare la verisone cartacea del libro spenderà solo 15 euro, com-poste da 14 euro per le spese di stampa, e 1 euro di guadagno per SPAM per finanziare i progetti fu-turi. Un prezzo non concepibile

per il mercato tradizionale se si considera che stiamo parlando di 250 pagine con più di 400 imma-gini a colori. Il mercato dell’editoria dovrebbe fare i conti con queste realtà. Il messaggio che abbiamo il dovere di dare è quello di un nuovo modo di comunicare, informare, provare a fare cultura, forse arte, sicuramente provocazione.A Firenze stiamo assistendo ad una cannibalizzazione commer-ciale di quello che un tempo era il ventre culturale della città (chiu-dono librerie come Edison e Fel-trinelli international per far posto ad Apple e Nespresso). Immagino che la cosa non vi lasci completa-mente indifferenti.Non si può che essere dispiaciuti. Le mani delle multinazionali sono sempre lunghe e s’intrufolando ovunque. I portici di piazza della Repubblica ora, dopo l’avvento del recente Hard Rock Cafè (oggi più un Chic Pop Cafè) ospiteranno for-se le mele grigiastre dell’Apple Sto-re. Cosa dire? Il dispiacere si unisce purtroppo alla consapevolezza. L’ambiente culturale critica prima l’Hard Rock, ma poi va a vedere, giustamente, Iggy Pop in piazza, promosso e finanziato dall’Hard Rock stesso. Le contraddizioni sono infinite, ci sarebbe solo bisogno di alternative. Si dovrebbe, invece di piangerci addosso e discutere sui soliti luoghi comuni, tentare nuo-ve proposte, creare aria di novità, di scelta e di stimoli. Chiudere una libreria ma aprirne un’altra, forse altre due.

Mauro Andreani

È FALSOTUTTO CIÒ CHE SAI

Il primo NON - LIBRO di Guerrilla Spam

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opo che hai lavorato cin-que, dieci, quindici anni nello stesso posto e te lo vedi chiudere anche se la colpa non è tua,

un po’ ci sta pure che ti arrabbi. Ma la rabbia, cattiva consiglie-ra, a poco a poco lascia il passo alla delusione, soprattutto se sai che al posto tuo, quello dove hai faticato, ti sei innamorata, sei andato in cerca di un lavoro nor-male, arriverà forse un negozio di computer e cellulari. Perché, al fin della fine, Apple quelli fa. Certo, si dirà, le tecnologie apro-no al mondo della “cultura” in altri modi, connettono gli utenti in uno spazio immensamente più ampio di quello che una semplice comunità di lettori può fare, ma, fino a prova contraria, i libri sono una cosa e gli IPad un’altra. E non è una questione ideologica o di retropensiero. È una questione di clienti, che sono diversi, di pro-fessionisti del settore, altrettanto differenti per formazione e mis-

sion lavorativa, di estetica del me-stiere (“faccio il libraio, che edizio-ne ti serve della ricerca del tempo perduto?”/”faccio il commesso in un negozio eppoll, hai scaricato l’app che ti fa d’antizanzare?”). Insomma, non è proprio la stessa cosa vendere libri o cellulari.

Ma perché la Edison chiude? Come ha ricordato il direttore della libreria di piazza della Re-pubblica Alessandro Falciani, se essa cesserà la sua attività è perché ci sono state «errate politiche aziendali». E di fatti, anche i punti vendita di Pistoia e Livorno sono sull’orlo del ba-ratro. «Se non hanno chiuso è perché ce li siamo tirati dietro noi che siamo sempre andati bene», gli fa eco un’altra dipen-dente. Il punto, però, è che se hai lavorato davvero fra quegli scaffali per anni, il fatto di ve-derti andare a rotoli la vita per colpa d’altri non ti consola trop-po. Anche perché che questi

«Se pensi che la tecnologia prenda il posto della carta, prova a pulirti il culo con l’iPhone»

Paulo Coelho

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La Grande MelaIl fallimento di Edison e i timori dei dipendenti.

di Andrea Lattanzi

Apple al suo posto? Molto dipende da chi governa

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agine dal sito: ww

w.libreriaedison.it

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“altri” non sono solo i tuoi da-tori di lavoro. Anzi, sono anche i datori di lavoro di gente che fa il tuo stesso mestiere, ma per un’altra catena libraria. Nella fattispecie, la più blasonata Fel-trinelli. Accade, infatti, che nel 2004 l’e-ditore milanese, tramite la sua controllata Effe.com, acquista la società immobiliare Repubblica Srl, che è proprietaria dell’im-mobile dove Edison ha la sua attività. Feltrinelli, diventa così titolare dell’immobile di piazza della Repubblica. Edison, nel frattempo, accumula una se-rie di debiti presso fornitori ed editori che inducono legittima-mente Feltrinelli a non essere sicura «dell’affidabilità economi-co-finanziaria del gruppo Bellen-tani» e, di conseguenza, «a non rinnovare il contratto di affitto a Edison». Verrebbe da chiedersi se Feltrinelli non conoscesse già al momento dell’acquisto del lo-cale la situazione economica di una diretta concorrente, ma poi si finirebbe per pensare male. Anche perché, la Magistratura ha già detto che l’operazione è stata lecita rispetto alle norme sulla concorrenza.

Non è la stessa cosa vendere li-bri o cellulari. Anche il Comune di Firenze lo sa bene e, nel 2004, si tutelò contro la svendita della cultura nei suoi confini appan-naggio delle grandi catene, pre-vedendo un vincolo d’uso sugli immobili del centro storico (art. 57 delle Norme attuative del Pia-no Regolatore Generale). Firenze è infatti una una piccola città. Per dimensioni, naturalmente, ma non per valore assoluto. Per questo motivo, per preservare il suo grande valore, ha bisogno di essere protetta.

Il vincolo rappresenta uno stru-mento di protezione che riserva il 70% delle aree che si rinnova-no ad attività di natura culturale. Il restante 30% può trasformarsi in esercizio di altro tipo, anche commerciale. Ma già nel 2004, Repubblica Srl prima, e Feltrinel-li poi, intentano un ricorso al Tar contro di esso. La sentenza rifiu-tò di dichiarare fuorilegge l’atto comunale che finì poco dopo sui tavoli del Consiglio di Stato per un nuovo ricorso. Bisogna vedere oggi, con Apple e altri papabili ac-quirenti in agguato, se il vincolo reggerà all’urto in Consiglio co-

munale e il tipo di interpretazione che riceverà d’ora in poi. Bisogne-rà vedere, cioè, se chi amministra la cosa pubblica si comporterà nell’interesse della Piccola Città o della Grande Mela americana.Nell’attesa del giorno di chiusura definitivo, intanto, i dipendenti della Edison sperano almeno di ottenere le rimanenti spettanze come straordinari e tfr, evitando di divenire il simulacro delle con-tese fra il gruppo Bellentani e Fel-trinelli. Il loro massimo obiettivo sarebbe il rimpiazzo della libreria con qualcosa di molto simile, per un motivo di sostanziale riassor-bimento occupazionale ma an-che per la questione più politica della sopravvivenza di un luogo culturale in piazza della Repubbli-ca. Di qui, la petizione affinché il vincolo d’uso non sia toccato.

Ma tu queste cose, tu che hai lavorato per tutto quel tempo tra libri e pamphlet, le sai già. La Mela, il vincolo, Bellentani, Feltri-nelli, la Piccola Città, Renzi e via discorrendo. Tu sai già tutto e sicuramente lo sai meglio di me. Ed è per questo che io ho fatto la mia scelta, amico libraio. Io sto con te.

Nella Piccola Città

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#12 - Autunno 201214

Lavorare in una casa editrice: non farlo. Pensare piuttosto a delle al-ternative, a partire dall’università. Penso che l’editoria viva al di sopra delle sue possibilità e che tutto il sistema sia basato su una grande illusione collettiva. Gli editori – so-prattutto quelli piccoli e alle prime armi – sono sinceramente illusi di poter un giorno pagare chi intan-to fanno lavorare gratis (o quasi), così come chi si infila in queste situazioni è convinto che quella paghetta che riceve saltuariamen-te un giorno diventerà uno stipen-dio: ebbene, non succederà.

Associarsi non basta, ma con-viene. Parecchie grandi case edi-trici sfruttano in modo diabolico i (troppi) strumenti che la legge mette a disposizione per appro-fittarsi legalmente il prossimo, per imbastire una sorta di schiavitù legalizzata: parlo della rotazione degli stagisti, delle formule con-trattuali “creative”, come le colla-borazioni occasionali che però si ripetono in eterno e le migliaia di persone che semplicemente lavo-rano in nero. È un settore poco re-golato e per niente controllato, sa-rebbe davvero ora che arrivassero i controlli fiscali, e che chi non si

può permettere di pagare il lavoro chiuda, di editori ce ne sono dav-vero troppi. In ogni caso ho visto che stanno nascendo associazioni di redattori, traduttori, perfino au-tori per provare a far nascere una forma di tutela collettiva. Non ba-sta ma è un buon segno.

Se la caverà solo chi saprà muo-versi. Questo è stato un anno tragico per editori e librerie, i dati di vendita sono eloquenti: siamo al collasso, avrete notato quante librerie chiudono. In un mercato che oscilla tra il -7 e il -12% esisto-

no però dei segmenti che fanno registrare record come +30% ed uno di questi è la vendita di e-re-ader. Questo fenomeno una buo-na indicazione già ce la dà. Non temo nulla per la sopravvivenza della cultura, e di quella partico-lare forma che è la parola scritta, la tramanderemo in altri modi, e tra i soggetti che hai citato tu sopravviveranno quelli capaci di adattarsi. Ma gli editori servi-ranno sempre meno: il self-pu-blishing di-ebook, come lo fanno in America, consente agli autori di vendere direttamente i libri al pubblico, saltando la trafila e massimizzando i propri margini.

Gli e-book come i papiri. La scrittura non morirà. L’editoria cambierà forma, ma la trasmis-sione della parola scritta non corre nessun rischio.Pensa che la forma volume, che ha domina-to gli ultimi 2.000 anni, è vicina all’abdicazione. Con quella, cioè il libro come lo conosciamo noi, tramonta un’unità percettiva così fondamentale e che ha tanto in-fluenzato millenni di letterature da sembrare incredibile: finisce l’epoca della pagina. Leggere su e-book è più simile a svolgere un papiro, trovo questi ricorsi molto affascinanti ed è normale che di fronte a simili cambiamenti poi si modifichi a cascata tutto quello che riguarda la parola scritta. In realtà queste mutazioni investo-no territori molto più profon-di: cambiano il nostro modo di pensare, e visto che il linguaggio è “l’organo formativo del pen-siero”, a cambiare sarà la nostra mente.

Pazzi scatenatiLa follia di lavorare nell'editoria italiana

ederico di Vita è nato a roma nel 1982 ha lavorato con diversi editori e lavora tutt’ora da Altroquando, importante libreria indi-pendente romana. “Pazzi scatenati - usi e abusi dell’editoria” è un’inchiesta romanzata che indaga in profondità il mondo delle case editrici italiane, mettendo a nudo i meccanismi che porta-

no all’iperproduzione di libri, allo sfruttamento dei precari, all’appiatti-mento delle proposte editoriali stesse. Un’edizione nuova ed ampliata del libro è in uscita per Tic, un minuscolo editore romano. Federico di Vita ha raccontato a Riot Van perché è da pazzi sperare di lavorare nel mondo editoriale. E ci ha regalato una sua visione – lucida e disincantata – sul futuro del libro.

Fa cura di Daniele Pasquini

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agine: copertina del libro Pazzi Scatenati

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In arte JJ Ginger, nasce a Lecco, cresce nelle Alpi, segno BilanciaDurante gli studi, svolti a Milano, studia Cinema e Video design, si specializza nel-la documentaristica, passione che nasce dallo studio delle persone e dalla socio-logia sopratutto legata a temi di disagio e di estraniazione sociale. Tema che si svi-luppa nella fotografia. Frequenta un corso a Firenze che la porta a partecipare a svariate mostre e concorsi fotografici, architetture, reportage e soprattutto ritratti che raccontano l'ambiente underground nel quale è cresciuta. Viaggiatrice, il suo stile personale è "wild punx", birra preferita Tennents, sempre accompagnata da un cane nero di nome Tora. Fa parte di Gash Rouge, gruppo indipendente di espressione artistica, fondato a Milano nel Gennaio 2012, da un gruppo di amiche provenienti da realtà diverse, moda, video, fotografia, design.

siti di riferimento :Facebook

https://www.facebook.com/jj.ginger1Blog

http://jjginger.tumblr.comSito GR

http://www.gashrouge.com

Federica Greta Castagnavincitrice del concorso

Biografia di

Abbiamo scelto, per iniziare in maniera classica, il tema riot, nelle sue più disparate accezioni. Ci sono state in-viate foto di girasoli che non guardano verso il sole, vec-chi riottosi, rasta, rivoluzionari armati di fionda, macchi-ne in fiamme, monumenti e chi più ne ha più ne metta. Quella che vedete pubblicata nelle due pagine seguenti è la vincitrice, scelta dalla giuria di redazione.

Per il prossimo numero formeremo una giuria tec-nica, oltre ad avvalerci del voto dei lettori tramite like di Facebook. Nel ringraziare tutti i fotografi che ci hanno inviato i loro lavori (visibili su riotvan.net e sulla nostra pagina FB), vi diamo appuntamento per la seconda edizione del concorso.

Stay Riot!

Prima edizione del concorso fotografico targato RV

FOTOGRAFIAii

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Riot Girl

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a tempo viene sbandie-rata la parola “cresci-ta”, da politici, tecnici, telegiornali etc. C’è chi però, senza starnazzare

al vento parole vuote, si da vera-mente da fare, e lo fa con uno stile “molto poco italiano” (cit. Stanis La Rochelle). Stiamo parlando dell’ACSI, ente nazionale, del quale la delegazione fiorentina è presente sul territorio con 105 circoli (Garage Club, Logic, Korova, Rullante Club, Fuorigioko, Il Pode-rino per citare i più famosi), che contano 55.000 tesserati, con un exploit che ne ha raddoppiato il numero, visto che nel 2009 erano 27.000. Le linee guida nazionali sono le stesse per ogni dirama-zione, ma sul territorio le strate-gie dipendono dal know-how del presidente. Gino Mauro Vitali mi accoglie nella sua sede in Via delle Porte Nuove, e mi racconta i se-greti che stanno dietro a questo trend, così inusuale di questi tem-pi. «L’obbiettivo dell’ACSI è quello di sviluppare una community nel

mondo della cultura, dello sport e del tempo libero. E perseguia-mo questo scopo facendo rete, accogliendo idee individuali che condividiamo e sviluppiamo insie-me a professionisti convenziona-ti» Gli chiedo se si può parlare di una specie di incubatore, di hub, ma mi risponde che le etichette gli interessano poco, un punto di riferimento per iniziative e idee è una descrizione che calza, se vogliamo. Quello che gli preme sottolineare è che stanno crescen-do perchè hanno riempito uno spazio vuoto, una zona grigia che va dal fare un’azienda e mettersi in proprio, che richiede tempo, conoscenze e sopratutto molti soldi, al fare una festicciola tra amici. Si sono inseriti nel mezzo, proponendo una forma di diverti-mento e svago meno improntata sul guadagno e sul divertimento “commerciale”. Se vuoi far partire la tua attività, l’ACSI ti mette a disposizione dei professionisti del settore come avvocati, commercialisti e geome-

Hai un idea (e tanta voglia di fare) per aprire un locale culturale? L’ACSI ti da una mano a orientarti nella jungla delle norme burocratiche che regolano un club

Social Networkingovvero come aprire un circolo culturale, nonostante la SIAE

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ACSI

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agini di: Logic Club

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tri, a prezzi convenzionati. Gino tiene a rimarcare il fatto che l’ente non prende nes-suna percentuale sui compensi di que-ste prestazioni. Il rientro econo-mico per l’ACSI arriva dai tesse-ramenti nei cir-coli, che invece guadagnano ero-gando servizi.«Per colpa o per merito dello stato, che bada solo a controllare e regola-mentare, e molto poco invece ad incentivare l’imprenditoria giova-nile, l’ACSI è diventata il punto di riferimento che adesso è. Ci sono anche dei bandi che finanziano questo settore, ma sono spesso difficili da reperire, da decifrare e sopratutto non sono solo i soldi il muro insormontabile. Le normati-ve, e gli uffici che le regolano, non hanno i mezzi ne le competenze per aiutare il giovane imprendi-tore»Insomma, start up helper, net-work maker, community. L’ACSI sembra più vicina al futuro di tan-te altre realtà che sbandierano novità e poi rimangono la stessa zuppa da una vita. C’è anche chi potrebbe sollevare la questione che alcuni circoli ACSI possano sembrare dei veri e pro-pri bar. La differenza sta nell’ac-cezione di circolo privato, ovvero di entrata non libera. Non ci pos-sono essere vetrine sulla strada. Quindi chi vuole entrarvici deve interessarsi in primo luogo, ovve-ro dimostrare un interesse verso quello che accade all’interno, e poi affiliarsi ad un’associazione, leggendone quindi lo statuto ed accettandone le condizioni. Sem-bra una semplice scappatoia, for-se potrebbe esserlo. Ma è davve-ro così importante?

Mentre la SIAE cade a pezzi, svelando tutti i

suoi retroscena da carrozzone ciuccia soldi e anti-libe-ralista all’italiana, continua a im-porre i suoi dazi a chicchessia. Tutto

ciò nonostante sia un’azienda monopo-

listica in perdita, roba che ti ci devi impegnare.

Tant’è che ACSI Firenze è sul piede di guerra contro la SIAE. Fino a sco-modare l’organo direttivo nazionale, che però ha le mani legate. Tutto na-sce da un’accordo quadro, fatto nel 1999, tra la SIAE e vari enti di pro-mozione sociale, tra cui l’ACSI, dove si approva una formula forfettaria per calcolare quanto pagare per i di-ritti d’autore. In pieno stile “qualcu-no lo sapeva prima”, giusto un anno dopo, esce una legge (la 383) che si rivolge al terzo settore, e che dice che i centri di promozione sociale non generano imponibile con il pa-gamento delle quote e con ogni tipo di contributo, e che quindi alla SIAE è dovuto solo il diritto d’autore non proporzionale ai guadagni della se-rata. Ma l’accordo del ‘99 ormai ave-va regolamentato questo pagamen-to a scaglioni, basandosi sul numero degli associati ad un circolo. Ovvero, se un circolo ha 300 affiliati, paga un tot, anche se all’evento singolo par-tecipano 15 persone. Quindi si sfo-cia nell’incostituzionalità, in quanto non c’è imponibile e quindi propor-zionalità del pagamento: la legge in questo caso non è uguale per tutti. Una commissione avrebbe dovu-to controllare e aggiornare questo accordo annualmente, ma chissà come, tutto è rimasto come prima. Non c’è un sistema per decidere quanto vale il diritto d’autore, in quanto la SIAE autoreferenzialmen-te decide per tutti. E tutto questo grava sulle tasche dei consumatori, che devono pagare i diritti d’autore anche per l’amico socio che stasera è rimasto a casa.Grazie SIAE.

Niccolò Seccafieno

C’è chi rema contro

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luglio 1944. Firenze, Lungarno Serristori. Cinque del mattino. Nella palazzina di Giorgio Castelfran-

co, storico dell’arte di origine ebraica, alcuni giovani parti-giani sono impegnati nella lot-ta contro i nazi-fascisti. Ma c’è qualcosa di diverso fra questi ragazzi e quelli combattono su in montagna, fra gli Appennini e le Alpi Apuane. La fede è la stessa, liberare il paese. A esse-re diverse, sono le armi. Sì per-ché nella palazzina al numero 1 del Lungarno Serristori, di gra-nate Mk2, se ne vedono poche. Ci sono, naturalmente, nasco-ste da qualche parte. In quella palazzina, però, tendenzial-mente non si spara. Si fa altro. Si cospira. Si agisce contro un corpo militare particolare, che ormai da qualche tempo non fa più il suo lavoro. Si tratta del

“Kunstschutz”, branca dell’e-sercito tedesco che avrebbe dovuto proteggere le opere d’arte ma che, con la scusa del pericolo dei bombardamenti, comincia invece a requisirle e a trasportarle verso la Germania.

Un classico delle guerre, il bot-tino.Proprio quella mattina del 3 luglio, a pochi passi dalla pa-lazzina, gli uomini del Kunst-schutz trafugano dalla Galleria degli Uffizi 200 splendidi dipin-ti. Poi la guerra va avanti, come se nulla fosse. Anzi, i soldati di Hitler si portano a casa di tutto e di più. Statue, oggetti d’an-tiquariato, emblemi religiosi. Non solo a Firenze, ma in tut-ta l’Italia centro-settentrionale con il benestare di Benito Mussolini, che già prima dell’8 settembre aveva lasciato che i tedeschi si portassero a casa

preziosi souvenir. Un grande statista. Non molti giorni dopo Firenze si libera. È l’11 ago-sto 1944. E, come per magia, meno di un anno dopo, i 200 quadri approdati nel Reich at-traverso la Repubblica di Salò tornano al loro posto. I ragazzi del Lungarno Serristori hanno fatto bene il loro lavoro. La rete di informatori ha tenuto e ha seguito passo passo i dipinti nel loro percorso. A fine con-flitto, è bastato andare a bus-sare alla giusta porta con un mandato di confisca.

Il comandante di quei ragazzi è un certo Rodolfo Siviero, che passerà alle cronache come lo 007 dell’arte italiana. Nato a Guardistallo, vicino Pisa, nel 1911, aveva da sempre colti-vato due passioni. Una per la letteratura e la critica artistica. L’altra, più riservata e avven-

Ci salvi chi puòRodolfo Siviero

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agini: opere conservate al Museo degli U

ffizi - Firenze

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turosa, per l’intelligence. Già nel 1934 inizia a lavorare come agente per il Servizio informa-tori Militari italiano, sotto l’egi-da del regime fascista. Spia i na-zisti nei loro piani d’invasione dell’Austria. Siviero, come tanti giovani italiani, aveva aderito al regime convinto che le cose potessero essere cambiate dal nuovo ordine mussoliniano. Bene? Male? Deprecabile o condivisibile? Non è questo che importa. Importa che il giovane 007 italiano normal-mente fa la sua vita di studente in Storia dell’arte e, altrettanto normalmente, agendo sotto copertura, raccoglie informa-zioni, ascolta soffiate, è attento anche ai respiri di chi gli sta in-torno. D’altro canto, uno che si chiama Rodolfo Siviero il nome da agente segreto lo ha. Quan-do l’Italia poi si avvicina e, per certi aspetti, si sottomette al regime di Hitler, Siviero matura sentimenti antifascisti.

Non è d’accordo soprattutto con le leggi razziali, che emar-

ginano e discriminano i citta-dini italiani di fede ebraica. E allora si trasforma nel riferi-mento degli angloamericani in Italia. Tesse rapporti con gli ancora pochi italiani avversi a Mussolini e via via che il con-flitto procede la sua attività di spionaggio si fa sempre più intensa. Tanto intensa che il camicia nera Mario Carità lo fa arrestare e torturare nella Villa Trieste di via Bolognese. E giù con olio di ricino, ricchi premi e cotillon. Ma Siviero ha la pelle dura e riesce a scappare grazie a partigiani infiltrati nell’eser-cito di Salò. Il resto è cronaca. Dopo la guerra i suoi meriti vengono riconosciuti e diventa una sorta di ministro plenipo-tenziario addetto al recupero di tutte le opere d’arte trafu-gate durante il conflitto. Lo 007 dell’arte conduce alla firma di un trattato fra il presidente del Consiglio italiano Alcide De Gasperi e quello tedesco Ade-nauer per la restituzione degli oggetti sottratti all’Italia, come i capolavori dei musei napole-

tani che erano stati portati via dall’abbazia di Montecassino o La Leda del Tintoretto. Ma non solo.

Siviero va a caccia in tutto il mondo di opere illegalmente esportate dal nostro paese e mette in mostra tutto il suo valore diplomatico e di contrat-tazione. Il 26 ottobre 1983 tira l’ultimo respiro a Firenze, or-mai divenuta la sua città. Con lui sono morti anche tutti – o quasi – i suoi segreti. Nell’at-to testamentario, lascia alla Regione Toscana la sua casa e tutta la sua collezione persona-le, in maniera tale da rimane-re a memoria dei «valori per i quali ho combattuto per tutta la vita». Oggi quella casa è un museo aperto gratuitamente al pubblico ed è dotata anche di un’uscita segreta. Se fai l’agen-te segreto non si sa mai. Per informazioni, rivolgersi a una certa palazzina sul Lungarno Serristori, numero civico 1.

Andrea Lattanzi

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ove settimane, cinquanta giorna-te, nove Festival, centocinquanta proiezioni e cinquantamila presen-ze registrate nelle scorse edizioni. Sono questi i numeri della 50 Gior-ni di Cinema Internazionale, la ras-

segna cinematografica più grande e cosmopolita d’Italia. Dal prossimo 25 ottobre, e fino al 14 dicembre, all’Odeon Firenze si sprecano i generi e le nazio-nalità. Commedie, noir, documentari, film musi-cali, cinema “corsaro”, videoarte e ancora cinema francese, cinema dei Balcani occidentali e cinema indiano… Un insieme variopinto di film in un unico ed etero-geneo cartellone. I festival saranno nove, dal Florence Queer Festival, che il 25 ottobre aprirà le danze, al France Odeon dal 1 al 4 novembre. Il Festival dei Popoli, che co-mincerà il 10 novembre, passerà poi il testimone a Immagini e suoni del mondo. Festival del Film Etno-musicale, in programma il 18 e il 19 novembre. Una sezione sarà dedicata anche all’arte, con Lo Scher-mo dell'Arte Film Festival, dal 21 al 25 novembre, e al mondo femminile con il Festival Internazionale di Cinema & Donne, dal 30 Novembre al 5 Dicem-bre. Chiuderanno la 50 giornate a Dicembre River to River Florence Indian Film Festival, dal 7 al 13, e il Premio Nice Città di Firenze il 14.Novità di quest’anno il Balkan Florence Express (26/29 novembre), la prima rassegna di cinema dei Balcani occidentali in Italia. Uno spaccato so-stanzioso della cinematografia balcanica, vicina sì, ma ancora lontana e poco conosciuta in certi

suoi aspetti. A colorare lo schermo le sfumature e i personaggi di Emir Kusturica assieme a produzioni croate, serbe, albanesi, macedoni, montenegrine e kosovare.In più - direttamente dalle Giornate degli Autori veneziane - un omaggio alla penna di Emilio Salga-ri e al cinema “corsaro”, con documentari, sezioni dedicate ai pionieri della videoarte e ai nuovi lin-guaggi cinematografici.Confermati gli appuntamenti con il cinema sociale di Cospe e con il premio dei Raccorti sociali, oltre alla giornata dedicata al cinema africano, Africa day, il 20 Novembre.Un autunno caldo ricco di rassegne, anteprime, di-battiti, eventi, mostre d’arte e incontri con gli auto-ri, una realtà unica nel panorama toscano, in grado di “sfamare” anche i cinefili più raffinati.

Sfaccettata ed eterogenea, all’Odeon va in scena la cultura

L’ALTRO LATO DELLACINEMATOGRAFIA

RV CONSIGLIA

Thérèse Desqueyroux interpretato da Audrey TautouChico & Rita di Fernando TruebaThe Radiant di Otolith GroupViagem a Portugal del regista portoghese Sèrge TréfautRaja Harishchandra di Dadasaheb Phalke.

Na cura di Chiara Morellato

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agini tratte dai film in program

ma

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na stagione im-portante per l'O-DEON che presen-ta un cartellone ricco di appunta-

menti sempre più ricercato ed ampio. Quali sono i nomi e le pro-duzioni di punta di questa sesta edizione?Novità assoluta di quest'anno è il Florence Balkan Express. I Balca-ni come non li avete mai visti. Il Balkan Florence Express, organiz-zato da Oxfam Italia in partnership con Festival dei Popoli, Fondazio-ne Sistema Toscana e con il con-tributo dell'Unione Europea – pro-gramma Prince, avrà la sua prima

edizione all'interno della sesta edi-zione dei 50 giorni. Il BFE è la ras-segna di cinema contemporaneo proveniente dai Balcani occidenta-li che porterà nelle sale dell'Odeon di Firenze 20 pellicole tra fiction e documentari che esploreranno la società dei Balcani occidentali di oggi. Un'area geografica che sta compiendo il suo lento ma determinato cammino verso l'U-nione Europea. Immagini di ferite aperte e non ancor rimarginate, la contemporaneità inquieta, le città e i vil-laggi, la conflittualità generazionale, il disa-gio e le contraddizio-ni di un dopoguerra carico di fratture per ora irrisolte, la nuova gioventù che quel passato recente vuole superare se non dimentica-re, l’irruzione di un “altro” modo di comunicare, che si riflette infine anche nei metodi di ripresa e nel-le strutture narrative adottate dai diversi autori. Dinamiche aperte e controverse per una rassegna davvero senza confini. Il BFE sarà anche cultura ed eventi, con semi-nari dedicati al cinema attraverso le sponde dell’Adriatico, matinée rivolte alle scuole toscane, un media pool di operatori italiani e balcanici, una mostra fotografica organizzata in collaborazione con la Fondazione Studio Marangoni e la Thetys Gallery, un concorso fotografico ed un concerto dell’ar-tista Kal all’Auditorium Flog.La rassegna più grande d'Ita-lia, con ben 9 festival al suo

interno,dedicata ad un cinema di qualità con un profilo cultu-ralmente molto alto. Una realtà unica nel panorama nazionale, il bilancio di questi 6 anni? Un bilancio più che positivo. Ogni anno la rassegna ha attirato spet-tatori - più di 50.000 per ogni edizione - provenienti da Firenze, ma progressivamente anche dalla Toscana e da tutta Italia. Una ri-sposta calorosa da parte del pub-blico, che ha saputo apprezzare

l'ampia scelta di film di qualità da parte dei festival e il respiro internazionale della rassegna.Le presenze parlano chiaro, Firenze re-cepisce molto bene

queste iniziative culturali, quali saranno i luoghi dell'edizione 2012?Il luogo principale della "50 Gior-ni" sarà, come già avvenuto per le scorse edizioni, il Cinema Odeon di Firenze, al quale si affianche-ranno la Mediateca di Fonda-zione Sistema Toscana e l'attiguo Auditorium di Sant'Apollonia in Via San Gallo. Vi saranno inoltre una serie di eventi dislocati nella città, in luoghi simbolo della vita culturale fiorentina, che per l'oc-casione aprono le proprie porte agli spettatori della 50 Giorni.Ad esempio Palazzo Vecchio, Pa-lazzo Strozzi, l'Istituto Francese di Firenze, il Museo Marino Marini, Palazzo Tornabuoni, Cango- Can-tieri Goldonetta, il Caffè letterario Le murate, e tanti altri ancora.

Ci parla della 50 giorni di cinema internazionale Stefania Ippoliti, Responsabile Area Cinema di FST presso Odeon Firenze/Mediateca Regionale Toscana/Toscana Film Commission

Balkan Express

Ogni anno 50.000

spettatori

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MERCANTIAL’artista di strada è colui che si esibisce in luoghi pubblici, piazze e strade gratuitamente o richieden-do un’offerta. Le esibizioni sono molto varie e l’unica costante è quello di offrire al pubblico uno spettacolo d’intrattenimento. Oggi, con l’industria della cultura che indirizza verso forme più istituzionalizzate di svago, prodotte con grandi mezzi e tecnologie anche molto sofisticate, gli artisti di strada sono molto più rari di un tempo, quan-do non vi erano radio o televisione e i loro spettacoli costituivano un’attrattiva immancabile in ogni festività.

Terzostudio, associazione di promozione teatrale, sintetizza così lo spirito dell’arte strada: Quando si scriverà la storia del Teatro non si potrà ignora-re il ruolo sempre più significativo ed importante svolto dal teatro di strada. Un fenomeno straor-dinario che ha avvicinato al teatro migliaia e mi-gliaia di persone strappando sorrisi, espressioni di stupore, calore umano. Un teatro semplice, po-polare, diretto, immediato, coinvolgente talvolta ignorato da critici con la puzza al naso ma amato dalla gente.

dove arte e spettacolo si fanno strada

L’idea di una street band nasce nel 2006 quando mi fu commissiona-to un gruppo di allievi e ragazzi da far suonare in strada per una manifestazione. Il caso ha voluto che in quel periodo Alessandro

Gigli cercasse una “street band che non fosse ancora street band” e che gli permettesse di mettere in pratica alcune sue idee un po’ fuori dagli schemi delle stesse marching band. Decisi di accetta-

re e mettermi in gioco insieme a tutti gli allora giovanissimi ragazzi e a colui che è diventato il mio in-separabile compagno d’avventura e saggio consigliere, il coetaneo Massimo Giannini.Le esibizioni di una street band si rifà molto alla marcia, dove però, la formazione spesso era divisa in ruoli gerarchici. Per essere in grado di suonare tutti insieme, c’è bisogno di tanto studio e pro-fessionalità. La preparazione è fondamentale,

di Francesco Guerria musica si può ascoltare e suonare in vario modo. Siamo sicuri che molti di voi avranno provato, almeno una volta, a stare nel bel mezzo di un esibizione di una banda di strada. RV è andato a conoscere i ra-gazzi di BadaBimBumBand. Perché la strada anzi del

palco? Sandro Tani, “direttore” del gruppo ci ha raccontato come è iniziata questa avventura.

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BADAMIMBUMBANDcome far esplodere la musica

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agini da: Mercantia 2012

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direi che è una delle carte di svolta delle moderne street band. Non ci si improvvisa più musicisti di stra-da nel senso tradizio-nale del termine, non è più sufficiente. Alcuni hanno già ter-minato il conserva-torio, altri lo stanno ancora frequentando, altri pur non facendo lo studio professio-nale hanno affrontato la pratica strumentale con serietà e dedizio-ne raggiungendo comunque livelli egregi di preparazione.Oltre alla perfezione del suono, c’è bisogno anche di una bella resistenza fisica. Una street band suona spesso in manifestazioni folcloristiche eccellenti, le strade sono piene, e le persone ballano accanto ai musicisti. Alla base di tutto c’è il movimento e la respirazione che deve essere univoca per tutti. Nel nostro caso c’è una difficoltà in più dovuta alle complesse coreografie messe in scena dal nostro regista Italo Pecoretti che rendono la Bada-bimbumband forse unica nel suo genere.Il nostro show è una continua sor-presa che incuriosisce il pubblico tenendolo incollato alla nostra performance. Il nostro tour av-

viene in piazze e strade. La street band è questo, a stretto contatto con la gente, si ascolta il respiro e

la fatica del musicista che gioca e scherza con il pubblico e lo fa ballare a un ritmo ver-tiginoso.Il nostro spettacolo può essere fatto an-che sopra un palco ma verrebbe privato

di una caratteristica principale che è appunto l’assenza di “cattedra”: noi suoniamo con il pubblico e cerchiamo spesso il rito collettivo con lui.La Badabimbumband è sempre presente a Mercantia, uno dei più importanti Festival di arte di strada che si svolge a luglio a Certaldo. Abbiamo chiesto a loro un opinione sulla manife-stazione e sulla situazione al di fuori del nostro paese. Mercantia è senza dubbio un punto di riferimento in Ita-lia e non solo, l’aria che si respira forse è unica. Poi c’è ne sono molti altri più o meno interessanti e coinvolgenti. La differenza più evidente è forse all’estero dove il pubblico è molto educato e ri-

spettoso nonostante si parli di musica in strada: si ferma, ascol-ta attentamente, rispetta il musi-cista e spesso compra anche il cd!Le ultime trasferte nei Paesi Ba-schi e al Kilkenny festival in Irlan-da di questa estate hanno confer-mato tutto ciò.Un gruppo rock è formato in me-dia da quattro, cinque elementi, con Riot Van seguiamo le sorti delle band emergenti, vediamo come procede la loro carriera, crediamo molto nelle poten-zialità di queste. Eppure è mol-to dura per loro chissà per una band composta da più di dieci persone. È vero siamo in tanti ma non ab-biamo bisogno di casse, amplifi-catori, palchi, luci, fili e cavi che “ingessano” un gruppo da palco.Noi siamo “liberi” di suonare in qualsiasi situazione, ci adattiamo alle feste di piazza, ai festival più

rinomati e a tutto ciò che attiene alla “strada”.Questo è il nostro punto di forza, an-che a livello econo-mico e di ingaggi da trovare.

Le questioni si risolvono come in tutte le famiglie, si parla, si discu-te poi io cerco di mediare le posi-zione e “decido”.Salutiamo Sandro Tani e la Bada-bimbumband facendoci raccon-tare un episodio da ricordare. Tornammo nel 2010 al festival di Apriti Borgo di Campiglia Ma-rittima dove l’anno precedente avevamo effettivamente avuto un successe strepitoso decretato anche dal numero di cd venduti: ben 300 in due serate!Ebbene quando Massimo ha in-tonato le parole del Maggio, tut-ta la piazza si è messa a cantare: non nascondo i brividi di piacere sulla pelle e lungo la schiena, ci siamo guardati, avevamo in pu-gno circa 2000 persone intorno a noi ed è stato entusiasmante, quella sera ha lasciato il segno in ciascuno di noi.Fortunatamente negli anni suc-cessivi la scena si è riproposta più volte.

Mercantia punto di

riferimento

Liberi di suonare

sempre

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La compagnia nasce nel maggio del 2012 dalla passione per il teatro, la danza e la musica. Non a caso è composta da me che sono ballerina e coreografa e da Michela Mirabucci, regista di musical e commedia

brillante. Ci occupiamo prevalentemente di show in cui fondiamo la musica, eseguita rigorosamen-te dal vivo, alla recitazione e alla danza. Non siamo associate prevalentemente ad un genere, bensì ogni volta cerchiamo di cimentarci in stili diversi in modo da metterci sempre in gioco. Presentiamo circa un lavoro all’anno, un po’ a causa dei tanti la-vori commissionati, sia singolarmente che insieme. Lo spettacolo The Promise è un po’ un’eccezione. Lo abbiamo realizzato e messo in scena in due mesi (impresa folle) ed era specifico per il festival di Mer-cantia. All’inizio si sarebbe dovuto ispirare il più possibile alla vera vita di Tracy Chapman, quindi la storia della discriminazione in America e il trascorso di ribellione di una cantante che nelle sue canzoni chiedeva al suo popolo di “alzarsi in piedi”. Ma era un tema troppo forte per una manifestazione gio-iosa come Mercantia, così abbiamo deciso di cre-are la versione più “leggera” The Promise per il festival e la versione che rispecchia ciò che Tracy racconta nelle sue canzoni in New Begin-ning produzione che andrà in scena in Teatro nell’ inver-no 2013. Io personalmen-te ho un grande amore per Mercantia e la città di Cer-taldo, ci lavorai per la prima volta nel luglio del 2011, e subito mi resi conto di aver davanti qualcosa di straordi-nario. Per non parlare delle persone straordinarie che contribuiscono con il loro impegno a rendere questo festival un festival d’Arte. The Promise si è fatto rico-noscere tra i tanti spettacoli e nonostante l’orario tardo in cui andavamo in scena il pubblico ci ha seguito, sup-portato ed elogiato durante i

cinque giorni. La cosa buffa è che le persone a Mer-cantia non mi chiamavano più Maria ma bensì Tra-cy, nonostante nella storia incarnassi il personaggio di Nancy, la protagonista di The Promise. La storia per ragioni di palco e di spazio è stata ridotta ad un cast di sette attori.Le musiche e l’esecuzione dei brani è stata affidata all’abilità di Elena Mannocci musicista, che nono-stante i “contrasti” con gli altri tanti suoni prodotti dagli altri spettacoli, è riuscita a garantirci le note melodiche di Tracy coinvolgendo ed emozionando il pubblico. Il tutto racconta la storia di Nancy, cantan-te afroamericana, spensierata, libera, che parte in-sieme alle due sue amiche più strette Clara e Dana per Cleveland alla ricerca di Tracy Chapman. Giunte li dovranno impattare con la dura realtà della pro-stituzione e del degrado in cui sono coinvolti: Ray, Luna ed Emily sotto la “protezione” di Chud Price. Il tema dello spettacolo è la speranza, la speranza che il destino può cambiare con la determinazione, che se lo si desidera si può attuare la propria rivolu-zione umana che non tocca ed illumina solo noi ma anche gli altri.

Superare l’apparenza del co-lore di pelle, della sessualità e delle esperienze per apri-re il proprio cuore realmen-te alla vita. Tracy insegna ad alzarsi in piedi ed a correre incontro al proprio destino. Il Festival di Mercantia è sicu-ramente una manifestazione in cui gli artisti hanno modo di conoscersi e creare nuovi contatti, la grande affluenza di persone anche se in alcu-ni momenti troppo caoti-ca, garantisce vasto pubbli-co a tutti i partecipanti. Gli straordinari musicisti delle bande coreografate, con il suono dei loro potenti stru-menti, fanno realmente bat-tere il cuore. La magia è ciò che rende veramente unica Mercantia.

Daniele Baldassarri

Parola di Compagnia Nuova Aurora

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agini di: The Promise

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DIMBURGO - «La sele-zione è stata molto dura, dato che c’erano molti concorrenti. Alla fine ce l’abbiamo fatta forse gra-

zie anche al parere del direttore dello spazio teatrale che voleva un certo tipo di spettacolo». Giovanni Mezzedimi, video artista, racconta così la vittoria di Sulle labbra tue dolcissime al progetto internazio-nale Florence for Fringe creato dall’organismo Cult Cube in colla-borazione con l’Istituto di cultura italiana a Edimburgo, la Camera di commercio italiana a Glasgow, il Teatro la Pergola, Agri Culture Toscana, il Consiglio regionale e il Comune. Un progetto che dà la possibilità a un sodalizio artistico della nostra realtà di partecipare al festival della capitale scozzese, gemellata con Firenze, che si tiene ogni agosto. Sulle labbra tue dolcis-sime è stato realizzato della compa-gnia di danza Francesca Selva per la quale Mezzedimi ha creato le im-magini. Il soggetto, ispirato al film Io la conoscevo bene del 1965 con Stefania Sandrelli, è curato da Mar-cello Valassina e tratta della fragilità dell’esistenza umana di fronte alla tenace consistenza degli oggetti. «Le rappresentazioni - spiega Mez-zedimi - si sono tenute ogni gior-

no dal 3 al 27 agosto a esclusione dell’8 e del 20. Il nostro orario coin-cideva con altri 160 appuntamenti in programma. Eppure abbiamo sempre avuto pubblico, probabil-mente grazie anche alla critica che si è subito accorta di noi. A partire dal Guardian fino allo Scotsman, i giornalisti hanno consigliato il nostro lavoro. Tutto questo in un festival dove la danza non è così in primo piano rispetto al teatro e alla musica» Eppure, grazie al lavoro dell’Istituto di cultura la presenza italiana è stata importante proprio grazie alla danza. Deyes, che dirige il Dance Base, ha infatti ospitato molti spettacoli provenienti dal nostro paese tra cui I am Son della compagnia Sanpapié.Il Fringe, come già accennato in precedenza, è un festival che riem-pie la città di spettacoli. Gli austra-liani Daniel Holdsworth e Aidan Ro-berts hanno fattto il tutto esaurito ogni sera confrontandosi con uno dei capolavori della musica moder-na, Tubular Bells di Mike Oldfield, suonando tutti gli strumenti (ta-stiere, chitarre, percussioni) con il solo aiuto di pedali di risonanza e di un'invidiabile forma fisica. Per quanto riguarda i musicisti di casa, la Battlefield Band si è conferma-ta la formazione più solida con un

marchio che dura da 40 anni ma con componenti giova-ni che hanno sapu-to rinnovare al me-glio la tradizione scozzese. Buona parte del cartel-lone di concerti è

stato riservato alla musica vocale a cappella. In questo settore la Vocal Orchestra del beat boxer inglese Shlomo ha mostrato come la voce non sia solo uno strumento per cantare, ma soprattutto un mezzo espressivo completo per suoni che generalmente sono generati da altre fonti. La tradizione britannica della musica a cappella ha invece trovato l’apoteosi nella serata di gala del Voice Festival Uk con 12 gruppi sul palco, come i vincitori del concorso All the King’s Men e le scatenate Oxford Belles. In pratica il Fringe, con una gran-de componente di giovani artisti, è festival totalizzante per la città, un esempio per Firenze, che è già stato ricordato su queste pagine. «L’esperienza in questa rassegna _ conclude Mezzedimi _ è molto importante per un artista. Per fare fronte alla numerosa concorrenza di spettacoli in cartellone bisogna che il livello sia altissimo, e special-mente per una formazione stranie-ra bisogna tenere conto di dover stare lontani da casa e concentrar-si completamente sul lavoro. Ma quando c’è la risposta del pubblico e della critica capisci che ne è valsa la pena».

Florence forFringedi Michele Manzotti

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JAZZEGGIANDO QUA E LÀ (PIÙ LÀ CHE QUA….) Quando la cultura della musica si scontra con le logiche televisive

lasse 1977, sicilia-no di nascita ma fiorentino d’ado-zione, musicista eclettico con una vera e propria

passione per la cucina. Si presen-ta così, Fabrizio Mocata - capello ricciolo e camicia fricchettona – che di fronte al suo verticale Yamaha ci parla di lui e della sua musica. Tra lezioni improvvisate al pianoforte (voi sapete che cosa è una fuga?) e qualche nota di bandoneón argentino, rimane la voglia di levarsi qualche sassolino dalla scarpa nei confronti di chi trasmette musica in Italia….

Partiamo dalla tua musica, in che genere possiamo catalogarti?In realtà suono tanti generi di-versi e in ognuno metto un po’ di tutti gli altri. Alla fine catalogare è abbastanza difficile, diciamo che spazio dal jazz, alla classica al tango… e sicuramente, anche quando compongo, la musica che viene fuori è un po’ un insieme di tutte queste cose.Ne è un esempio il tuo cd Trio Puccini Moods in cui riproponi brani di Giacomo Puccini reinter-pretandoli in chiave jazz... come mai questa scelta? Tutto nasce da un chiacchierata

in terre pucciniane, a Bargecchia per l’esattezza, dove così, tra ami-ci, mi ero messo a fare jazz con i brani di Puccini. L’idea mi stimolò e il risultato mi piacque talmen-te tanto che decisi di registrare facendolo diventare un prodotto discografico vero e proprio.C’è chi dice che hai “dissacrato” anche la musica sacra con la rein-terpretazione per il "Concerto della beata Cristiana" in cui "jaz-zeggi " con la musica sacra...(ride) Sì, il Comune di Santa Croce sull’Arno mi commissionò un con-certo celebrativo per i 700 anni della nascita del patrono della città, la Beata Cristiana da Santa Croce. E quindi ho pensato di fare a modo mio mettendo insieme un quartetto jazz e un quartetto classico d’archi. È venuto fuori un disco abbastanza strano in realtà, e la cosa più particolare del dvd è che abbiamo avuto la possibilità di registrare in chiesa, in effetti una celebrazione abbastanza dis-sacrante….Sei un pianista ma, sbirciando su Youtube, ho trovato video in cui suoni anche altri strumenti, o sbaglio?Sì, c’è un video dove, assieme a Marco Fontana, suono sotto la pioggia di Parigi la diamonica, un piccolo pianoforte a fiato che mi

diverte perché colma la manche-volezza del piano di non poter modulare le note dopo averle suonate, cosa che invece posso-no fare gli strumenti a fiato e ad arco. Ricorda un po’ una picco-la fisarmonica. In più suono un po’ di contrabbasso, chitarra “da scampagnata”, e il bandoneón argentino, uno strumento di una bellezza unica, lo strumento del tango. Recentemente c'è stato a Firenze il Pitti Jazz e, a detta degli orga-nizzatori, è stato un tentativo per riportare un po' di jazz in città. Tu come la vedi, che riscontro hai dal pubblico?Qualsiasi iniziativa è ben accetta, certo non si può dire che Firen-ze e il jazz siano una cosa sola, non c’è molto jazz in città, ci sono molti jazzisti questo sì, ma sono poche le occasioni per ascoltarli. Fosse per me suonerei tutte le sere!Come mai la musica classica, e in generale quella strumentale, continua ad avere un pubblico ed un mercato ristretti? E' un problema culturale o cos'altro?Ti rigiro la domanda: nelle te-levisioni di largo consumo, Rai, Mediaset, All music, Deejay tv, MTV… quante volte senti jazz? (silenzio) Ti sei già risposta, è un

Ca cura di Chiara Morellato

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genere che non viene trasmesso, il concetto di musica di nicchia non esiste di per sé, dipende tutto da questo discorso. Il jazz sarebbe anche bello da vedere, non solo da ascoltare, ma non lo mandano mai in onda.Sostieni quindi che la gente non ascol-ta jazz perché non viene trasmesso da tv e radio?Mettiamoci oggi nei panni di un ragazzi-no di 14 anni, come si può approcciare al jazz? Cosa trova? A scuola niente. In fami-glia dipende, se qualcuno suona o gli fa ascoltare jazz. In televisio-ne niente - e non vale solo per il jazz - in radio si trova pochissima roba, giusto qualche trasmissione qua e là. Non si ascolta jazz- e questo vale anche per la classica - non per-ché non ci siano bravi musicisti, ma perché, anche se suoni bene, suoni solo in casa tua. Pensa a Stefano Bollani. Un gran-dissimo jazzista, per arrivare in tv però non si è presentato come jazzista, fa entertainment, è pas-sato dal cabaret e, grazie a questa cosa, è riuscito, poi, a portare un po’ di jazz in tv.Te invece come hai cominciato?

In maniera un po’ strana, che poi è la storia di tutta la mia idea musicale. Fondamentalmente mi piaceva molto il pianoforte ma, allo stesso tempo, non mi piaceva la musica classica. Dovevo trovare un’alternativa. Avevo lo strumen-

to ma non sapevo cosa farci e quando ho incontrato il jazz ho pensato – ecco! Questa è proprio una bellissima cosa ! – Poi a vent’anni ho capito che, in

realtà, avevo bisogno della base classica, e allora mi iscrissi al Conservatorio a Firenze. Il fatto che mi sia divertito a fare delle reinterpretazioni jazz di musica classica rientra proprio nel mio modo di fare classica. Dopo tut-to ciò c’è stato l’incontro con il tango.Da Mazara del Vallo a Firenze, per poi viaggiare in varie par-ti del mondo, in quali città hai suonato?Dalla Sicilia a Firenze, poi sono stato in Canada, Stati Uniti, Afri-ca, Spagna e in Sud America mol-to spesso. Non sono ancora riu-scito a dirigermi verso Oriente.E rispetto all’Italia, come viene recepita la tua musica?Il pubblico è più ricettivo, c’è più

attenzione all’ascolto. In Italia prima ti chiedono di chi sei ami-co, e poi ti ascoltano. All’estero, invece, prima ti ascoltano, poi… è molto poco importante di chi sei amico se quello che fai ha un valore. Ad ogni modo devo constatare che ho pochi amici in Italia.Ultima domanda, ma dicci la verità: lo strumento è lo stesso, la capigliatura è simile... sei mai stato scambiato per Allevi?( sorride) Né quando suono, né quando parlo.

II Jazz? genere mai trasmesso

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ORIZZONTALI1- Processo di lavorazione della gomma, la quale viene legata chimicamente allo zolfo mediante riscaldamento.13- Si può cal-colare facendo base per altezza. 14- Novantanove nel sistema di numerazione romano. 15- E’ famoso quello viennese. 16- Uten-sile da pasticceria. 18- Insieme di software che forniscono una serie di funzioni di base per l'accesso all'hardware. 19- L’ultima parte della magnolia. 20- Sistema Operativo. 21- Non del tutto rock. 22- Chi non ce l’ha è un apolide. 24- Ordine Predicatore. 26- Oppure a Parigi. 27- Il Ferretti scenografo italiano (iniz.). 28- Li scrisse Tacito. 30- Confermare. 32- E’ preceduta da stella in una famosa birra. 35- Film di Woody Allen del 2006. 36- Sigla per gli antidepressivi triciclici. 38- E’ un’ insegnante della scuola elemen-tare di Springfield. 39- Gli inglesi lo traducono con each o every. 40- Passare alla serie inferiore. 43- Isernia in auto. 44- Rimane al ribes togliendoci le due estremità. 45- Versione completa di un film. 46- Un onomatopeico grattare. 48- Dieci guardie della re-gina Elisabetta. 49- E’ classico con prosciutto cotto e formaggio. 50- Escursionisti Esteri. 51- Il Reggiani commentatore del motoci-clismo in tv (iniz.). 52- Lo si può ottenere con tre donne. 54- Ri-correre alla quiescenza. 56- Ossia in latino. 57- Modanature dei cornicioni Londra. 58- Gigante personaggio del manga One Piece.

59- Nel caso in cui. 60- Aziende che fanno parte del servizio sani-tario nazionale. 61- Bevanda alcolica a base di vino, spezie e frut-ta. 63- Sigla dell’emittente televisiva Sportitalia. 65- Simbolo del millilitro. 66- Divinità della gioventù, figlia di Zeus e di Era. 67- Etologa senza pari. 68- costruzione tipica degli Inuit.

VERTICALI1- Sostanza che provoca un aumento della pressione sanguigna. 2- Catena montuosa russa. 3- Non sanzionabile legalmente. 4- Specie di pappagallo. 5- Precede tuck in un famoso telefilm. 6- E’ uno dei poliedri archimedei ed ha 32 facce, divise in 12 penta-goni e 20 triangoli. 7- Famoso amaro. 8- Targa di Zante. 9- Film di Marco Risi del 1994. 10- Padre di tutti i vizi. 11- Politica Oc-cidentale verso il Terzo Mondo. 12- Economic Research Service. 17- Emma Marcegaglia ne è la presidente. 23- Solfuro di Zinco. 25- Chirottero. 29- Assemblies of God. 31- Per colpa sua affondò il Titanic. 33- Figura professionale che unisce aspetti dello scien-ziato con quelli dell'ingegnere. 34- Spesso raffigurata nella mano di Zeus. 37- Lo era Ippocrate. 41- Non è in. 42- Interpretazione di un testo. 47- Prefisso “della terra”. 53- Il mare a Dover. 55- Lo Scamarcio attore (iniz.) 62- Congiunzione. 64- La Gandhi politica indiana (iniz.).

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iliman

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Rebusa cura di Filiman

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