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Rischio da Campi elettromagnetici come comunicare Manuale del corso di formazione a distanza Comunicazione del rischio elettromagnetico Rischio da Campi elettromagnetici come comunicare Progetto cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma DOCUP obiettivo 2 misura 4.3 «Informazione ed educazione ambientale» Regione Veneto Assessorato alle Politiche per l’Ambiente e per la Mobilità Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto

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Rischio da Campi elettromagnetici

come comunicareManuale del corso di formazione a distanza Comunicazione del rischio elettromagnetico

Rischio da Campi elettromagnetici

come comunicare

Progetto cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programmaDOCUP obiettivo 2 misura 4.3 «Informazione ed educazione ambientale»

Regione Veneto

Assessorato alle Politiche per l’Ambiente e per la Mobilità

Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto

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REGIONE VENETO

Assessore alle Politiche per l’Ambiente e per la MobilitàRenato ChissoSegretario Regionale all’Ambiente e Lavori PubbliciRoberto Casarin

ARPAV

Direttore GeneralePaolo CadrobbiDirettore Area Ricerca e InformazioneSandro BoatoDipartimento per il Sistema Informativo e l’Educazione AmbientalePaola SalmasoOsservatorio Regionale Agenti FisiciPierluigi Mozzo, Flavio Trotti

PROGETTAZIONE E COORDINAMENTO:Paola SalmasoGianfranco BaldoAlessandra Tosi

TESTI:Luca Carra (Zadig srl, Milano)Bruna De Marchi (ISIG, Gorizia)Margherita Fronte (Zadig srl, Milano)

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE:Laboratorio srl, Milano

Novembre 2003Stampato su carta ecologica sbiancata senza uso di cloro

Progetto cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programmaDOCUP obiettivo 2 misura 4.3 «Informazione ed educazione ambientale».

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campi elettromagnetici sono presenti in natura e l’uomo èda sempre esposto alla loro azione.

L’aumento, negli ultimi anni, delle fonti artificiali di campi elet-tromagnetici – prodotti dagli elettrodotti, dalle telecomunica-zioni e dalla telefonia mobile – ha portato a forti preoccupa-zioni nell’opinione pubblica.Ai rischi ipotetici sulla salute, derivanti dai campi elettroma-gnetici, si sovrappone nella popolazione una percezione del ri-schio che dipende in maniera preponderante da fattori di na-tura culturale non direttamente connessi, quindi, al fenomenoe pertanto fortemente influenzati dalla qualità dell’informa-zione.Occorre dire che i mezzi di comunicazione di massa, in genera-le, non sempre aiutano il cittadino a capire la reale portata deirischi ambientali per la salute umana ed in particolare per l’e-lettromagnetismo la cui produzione dipende non solo dagli im-pianti (elettrodotti e antenne) ma soprattutto dagli elettrodo-mestici e da altre apparecchiature elettriche di uso quotidiano(televisione, computer, asciugacapelli, telefonino cellulare,lampade, ecc.).Per favorire una corretta informazione sul problema ambien-tale specifico, le cui conseguenze sulla salute sono controverse,

la Regione Veneto e l’ARPAV, nell’ambito delle attività di co-municazione, educazione e formazione ambientale – previstenel Piano Triennale Regionale di Educazione Ambientale 2001-2003 – hanno programmato l’attuazione del presente «Corso diformazione a distanza sulla comunicazione del rischio da campielettromagnetici» rivolto a tecnici e operatori dipendenti degliEnti Locali e delle aziende ULSS del Veneto.Lo scopo del corso è di formare operatori in grado di svolgereun’efficace funzione informativa ed educativa sulla tematicaambientale in oggetto, attraverso l’acquisizione di specificheabilità nell’uso delle tecniche di comunicazione e conoscenzadelle chiavi di lettura del processo relazionale con particolareriferimento alla gestione delle situazioni critiche.La metodologia utilizzata della formazione a distanza, con l’u-tilizzo di una piattaforma informatica «on line», oltre a con-sentire il coinvolgimento di un rilevante numero di operatoriinteressati ad approfondire l’argomento, consente all’Agenziadi sperimentare ed integrare le metodologie formative di tipoattivo, già utilizzate nei corsi del Catalogo ARPAV di formazio-ne ambientale 2003-2004.

L’ASSESSORE REGIONALE IL DIRETTORE GENERALEALLE POLITICHE PER L’AMBIENTE ARPAV

E PER LA MOBILITÀ

Renato Chisso Paolo Cadrobbi

I

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Caratteristichedei campi elettromagnetici

La radiazione elettromagnetica si propaga co-me un’onda ed è caratterizzata da due gran-dezze: la frequenza, che si misura in hertz (Hz)e indica il numero di oscillazioni che l’ondacompie in un secondo, e la lunghezza d’ondache corrisponde alla distanza fra una cresta del-l’onda e la successiva. La gamma completa del-le frequenze è detta spettro elettromagnetico.Le radiazioni elettromagnetiche che si origina-

no da sorgenti artificiali si posizionano in puntidiversi dello spettro e hanno vari utilizzi (figura1). Per esempio, la banda delle radiofrequenze,che va da 10 megahertz a 300 gigahertz, èsfruttata nella telefonia mobile o per le trasmis-sioni radiotelevisive. Le linee che trasportano lacorrente elettrica e molti elettrodomesticiemettono invece campi elettromagnetici allafrequenza di 50 Hz (60 Hz negli Stati Uniti).Nelle misurazioni sull’intensità dei campi elet-tromagnetici si utilizzano diverse unità di misu-ra. Negli studi epidemiologici, l’intensità del

CAPITOLO PRIMO

Campi elettromagnetici e salutedi Margherita Fronte

I campi elettromagnetici sono presenti in natura, e l’uomo è sempre stato esposto alla loro azione. Tuttavianell’ultimo secolo lo sviluppo delle reti di distribuzione dell’energia elettrica e, più recentemente, quello delletelecomunicazioni e della telefonia cellulare, hanno enormemente incrementato la presenza di questi agentinell’ambiente in cui viviamo. In passato, alcuni studi hanno collegato l’esposizione ai campi elettromagneti-ci con l’insorgenza di varie malattie – in particolare tumori. Questi studi hanno destato allarme nella popola-zione, e in alcuni casi hanno influenzato le politiche di alcuni stati o regioni, che hanno varato leggi ad hocper proteggere la popolazione. Studi successivi hanno peraltro ridimensionato l’allarme di alcuni anni fa.

Basse frequenze: gli elettrodot-ti e più in generale gli impianti didistribuzione dell’energia elettri-ca, gli elettrodomestici.

Alte frequenze: telefoni cellula-ri, impianti per la telefonia cellu-lare, antenne per trasmissioniradio e TV, forni a microonde.

LE SORGENTI PIÙ COMUNI SONO:

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campo magnetico alle basse frequenze èespressa attraverso il tesla (T), che esprime ladensità di flusso, una grandezza correlata all’in-tensità del campo magnetico. Per le alte fre-quenze si utilizza spesso il volt al metro (V/m)(unità di misura del campo elettrico), oppure ilwatt per metro quadro (W/m2) (unità di misuradella densità di potenza). La densità di potenzadiminuisce in maniera proporzionale al quadra-to della distanza dalla stessa.

La distinzione fra basse frequenze e alte fre-quenze è fondamentale quando si parla di ef-fetti sulla salute dei campi elettromagnetici, in

quanto emissioni di tipo diverso provocano ef-fetti diversi sull’organismo. Non è quindi cor-retto estrapolare i dati scientifici ottenuti per lebasse frequenze alle alte frequenze, né è pos-sibile fare il processo inverso.

Che cosa succede quando siamoesposti ai campi elettromagnetici?

A seconda della frequenza e dell’intensità, icampi elettromagnetici esercitano azionidiverse sull’organismo.I campi elettromagnetici a 50-60 Hz influen-zano la distribuzione delle cariche elettriche

nei tessuti biologici e inducono correnti nelcorpo, la cui intensità dipende dall’intensitàdel campo. Per livelli particolarmente elevati(superiori a quelli cui è esposta normalmentela popolazione), i campi elettromagnetici allebasse frequenze possono provocare la contra-zione involontaria di muscoli, oppure possonostimolare i nervi. Il limite di esposizione di 100microtesla indicato dall’ICNIRP (InternationalCommission on Non-Ionising Radiation Pro-tection) è stato stabilito proprio in base allasoglia di intensità cui inizia a manifestarsi lastimolazione di muscoli e nervi.Per i campi elettromagnetici alle radiofrequen-

0 Hz 102 Hz 104 Hz 106 Hz 108 Hz 1010 Hz 1012 Hz 1014 Hz 1016 Hz 1018 Hz 1020 Hz 1022 Hz

RADIAZIONI IONIZZANTI

CORRENTECONTINUA

0Hz

LUCEVISIBILE

1015Hz

RAGGI X

RAGGI GAMMA

50 Hz

15-30 KHz

50-90 KHz

900-1800 MHz

2450 MHzALL’INTERNODEL FORNO

SPETTRO ELETTROMAGNETICO

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RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI: COME COMUNICARE

ze, l’effetto biologico principale che si riscon-tra in seguito all’esposizione è il riscaldamen-to dei tessuti che sono più a contatto con lasorgente. Questo fenomeno è ben visibilenegli utilizzatori dei telefoni cellulari, in cui èstato evidenziato un incremento della tempe-ratura dalla parte della testa ove si posiziona iltelefonino durante l’utilizzo.Gli esperti sottolineano che il fatto che l’espo-sizione ai campi elettromagnetici provochieffetti biologici misurabili (come l’aumentodella temperatura o l’induzione di correnti)non significa automaticamente che debbanoesserci conseguenze sulla salute. L’Organiz-zazione Mondiale della Sanità, che nel 1996ha avviato un programma specifico sui campielettromagnetici, sottolinea che gli effetti bio-logici sono le risposte naturali dell’organismoagli stimoli che provengono dall’ambiente. Glieffetti sulla salute si verificano quando l’espo-sizione lede l’integrità dell’organismo.

Effetti sulla salute

Da una trentina di anni a questa parte la ricer-ca scientifica studia la questione degli effettisulla salute dei campi elettromagnetici.

ALTE FREQUENZE (3-3000 MHZ): ■ Soglie da rispettare

(DPCM 8 luglio 2003GU n. 199 28/8/03)

valori limite dicampo elettrico 20 V/m

valori limite dicampo magnetico 0,05 A/m

valori di attenzione 6 V/mdi campo elettrico (per edifici con permanenze non inferiori alle 4 ore)

valori di attenzione 0,016 A/mdi campo magnetico (per edifici con permananenze non inferiori alle 4 ore)

obiettivo di qualità 6 V/mdi campo magnetico (per aree all’apertointensamente frequentate,come parchi gioco e altri luoghi di ritrovo pubblico)

■ Modalità per l’installazionedegli impianti per telefonia mobile (D.Lgs 259/03)

L’interessato deve chiedere au-torizzazione o effettuare de-nuncia inizio attività all’entelocale (rispettivamente per po-tenza > o < 20 W). Da allegaredocumentazione , tra cui valu-tazione di impatto elettroma-gnetico per le antenne > 20 W.Si prevede un pronunciamentodell’ARPA sulla documentazio-ne fornita entro 30 giorni dalricevimento dell’istanza. NellaRegione Veneto si è mantenu-ta la pregressa accompagnato-ria della comunicazione del-l’attivazione dell’impianto.Tale modulistica consente di te-nere aggiornato il catasto degliimpianti per telefonia mobile acura dell’ARPAV.

BASSE FREQUENZE: ■ Soglie da rispettare

(DPCM 28 luglio 2003,GU n. 200, 29/8/03)

valori limite di 5 kV/mcampo elettrico

valori limite di 100 microTcampo magnetico

valori di attenzione 10 microTdi campo magnetico (permanenze superiori alle 4 ore e aree gioco e scolastici per l’infanzia)

obiettivo di qualità 3 microTdi campo magnetico(nuovi impianti e nuovi edificicon permanenze superiori a 4 oreo aree gioco per l’infanzia)

■ Soglie da rispettare(legge regionale Veneto 27/93,in vigore dal 1° gennaio 2000)

valori di attenzione 0,5 kV/mdi campo elettrico

valori di attenzione 0,2 microTdi campo magnetico

LE LEGGI

Sulle esposizioni ai campi elettromagnetici esi-stono leggi recenti che vengono considerate,in rapporto alle legislazioni degli altri paesi,

cautelative. Alle leggi nazionali si aggiungonoinoltre leggi regionali, in genere con soglie an-cora più precauzionali.

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CAPITOLO 1 CAMPI ELETTROMAGNETICI E SALUTE

Soprattutto per le emissioni alle basse fre-quenze, la questione è stata indagata a fondoe sono stati prodotti circa 25.000 articoliscientifici che riguardano sia le conseguenzeimmediate dell’esposizione (effetti acuti), siaquelle che potrebbero insorgere nel lungoperiodo (effetti cronici).

Effetti acutiGli effetti acuti per le basse frequenze si mani-festano nel breve periodo quando si è esposti aintensità del campo magnetico superiori a 100microtesla (µT), e cessano quando si rimane perun tempo sufficiente distanti dalla sorgente delcampo. Per le alte frequenze gli effetti acuti siverificano per valori di campo elettrico noninferiori a 20 V/m.I disturbi più comuni sono insonnia, brividi emal di testa, sensazione di malessere. Questieffetti sono stati accertati da molti studi e sudi essi i ricercatori non hanno dubbi. E’ notoche alcuni individui sono particolarmente sen-sibili ad azioni di agenti ambientali, quali pos-sono essere quelle dei campi elettromagneticisia alle alte sia alle basse frequenze, manife-stando malesseri anche a intensità per le qualinormalmente non vengono avvertiti. Fino a

oggi, gli studi che hanno analizzato l’ipersen-sibilità elettromagnetica non hanno tuttaviadato risultati riproducibili.A parte questi casi, comunque, soltanto lavo-ratori di particolari categorie sono esposti aintensità tali da provocare questi disturbi. Il

dibattito sulla presunta nocività dei campielettromagnetici si concentra invece suglieffetti cronici, che si manifesterebbero aintensità molto minori, che si registrano avolte anche nelle abitazioni e nei comuni luo-ghi di lavoro.

Effetti cronici1

Per motivi storici, la gran parte della ricerca epi-demiologica si è concentrata sugli effetti croni-ci dei campi elettromagnetici a 50-60 Hz, mentre le indagini sulle con-seguenze a lungo termine dell’espo-sizione alle radiofrequenze è indaga-ta in modo sistematico da meno tempo.

■ Basse frequenze: le ricerche prese-ro il via nel 1979, quando NancyWertheimer e Ed Leeper pubblicaro-no sull’American Journal of Epide-miology uno studio che collegaval’esposizione a intensità superiori a0,2 microT alla leucemia infantile.Poiché ai campi elettromagneticisiamo tutti esposti, e poiché, col-pendo i bambini, la malattia inquestione ha un forte impatto

Campi elettrici (E) e magnetici (H) variabili neltempo, come quelli prodotti da linee elettriche eda elettrodomestici, inducono nel corpo il passag-gio di correnti elettriche che si differenziano traloro per il diverso tipo di percorso (fonte: Bevitori,«Pericoli e Paure», ed. Marsilio, 1994)

CAMPI ELETTRICI E CAMPI MAGNETICI

E H

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RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI: COME COMUNICARE

psicologico, quello studio fece molto scalpore,e indusse altri ricercatori a indagare a fondo laquestione. Per molti anni i risultati sono statiincerti. Alle incertezze su come misurare l’e-sposizione individuale dei soggetti in esame, siunivano i dubbi relativi alla plausibilità biologi-ca. Negli ultimi anni mettendo assieme glistudi prodotti i ricercatori sono arrivati a unpur minimo accordo. Secondo l’OMS, nono-stante le prove rimangano controverse, «se icampi elettromagnetici hanno un effetto can-cerogeno, allora l’incremento del rischio deveessere molto piccolo». L’unica forma tumoraleper cui si vede un piccolo aumento del rischioè la leucemia infantile. Il rischio resta costantefra 0,2 e 0,4 microtesla, mentre tende a cre-scere per intensità più elevate. Una stimadell’Istituto Superiore di Sanità calcola che inItalia l’esposizione ai campi magnetici a 50-60Hz possa provocare ogni anno tre casi di leu-cemia infantile.L’Agenzia internazionale per la ricerca sul can-cro (IARC) definisce i campi elettromagneticicome «possibile cancerogeno», come peraltrocaffé e saccarina (vedi tabella).Gli studi epidemiologici non hanno fornito leprove che esista un’associazione fra esposizio-

GRUPPO DATI SCIENTIFICI NECESSARI ESEMPI N°Gruppo 1: prove epidemiologiche sufficienti alcolici, asbesto, benzene, radon 75Agente cancerogeno

Gruppo 2A: prove epidemiologiche limitate o inadeguate formaldeide, benzopirene 59Probabile cancerogeno e prove sufficienti su animali

Gruppo 2B: prove epidemiologiche limitate e dimostrazioni cloroformio, caffè, saccarina, 227Possibile cancerogeno limitate o inadeguate su animali CEM a 50-60 Hz

Gruppo 3: prove epidemiologiche inadeguate e prove caffeina, mercurio 471Non è classificabile inadeguate o limitate su animalicome cancerogeno

Gruppo 4: mancanza di prove di cancerogenicità su caprolattano 1Probabilmente non è animali e uomini, oppure dimostrazioniun cancerogeno epidemiologiche inadeguate con mancanza

di dimostrazioni di cancerogenicità in animali

N° = numero di sostanze che fanno parte del gruppo

DEFINIZIONE EPIDEMIOLOGIA STUDI SU ANIMALIProve sufficienti relazione causale stabilita relazione causale dimostrata

in due studi indipendenti o in due specie diverse

Prove limitate Osservata una relazione per cui è credibile Osservata una cancerogenicità, una associazione causale, ma in un solo studio oppure ma in cui non si può escludere solo per tumori benigni o tumori una interpretazione non causale che hanno un’elevata incidenza

Prove inadeguate Studi di qualità insufficiente o poco Studi di insufficiente qualitàconsistenti per stabilire l’esistenza e consistenza per arrivaredi una associazione, oppure mancanza a una conclusione, oppuredi dati nell’uomo mancanza di dati negli animali

Mancanza Studi negativi e consistenti che comprendano Studi negativi e consistenti in almenodi cancerogenicità un ampio range di esposizioni e due specie con un ampio range

che non mostrano una associazione di esposizioni e che non mostranocon nessun tipo di tumore carcinogenesi

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CAPITOLO 1 CAMPI ELETTROMAGNETICI E SALUTE

ne ai campi elettromagnetici a 50-60 Hz emalattie diverse dalla leucemia infantile.

■ Alte frequenze: gli studi epidemiologiciche hanno analizzato gli effetti dell’esposizio-ne a radiazioni emesse da antenne e ripetitorisono troppo pochi e hanno dato risultati con-traddittori. Questi risultati hanno tuttavia atti-

rato l’attenzione sui possibili dannida esposizioni croniche alle

alte frequenze.Più che su antenne e ripeti-tori, gli studi epidemiologi-ci si sono concentrati sulle

relazioni fra tumori del cer-vello e uso del telefono cellu-

lare. Due studi importanti pubbli-cati fra la fine del 2000 e l’inizio del 2001escludono che l’esposizione prolungata alleradiazioni emesse dai telefoni cellulari provochila malattia. «I nostri dati non avvalorano l’ipo-tesi secondo cui l’utilizzo dei telefoni cellulariprovoca tumori al cervello» scrivono gli espertidel National Cancer Institute statunitense suNew England Journal of Medicine. «I nostridati suggeriscono che l’impiego dei telefonininon è associato al rischio di sviluppare il tumo-

re del cervello» concludono su JAMA i medicidell’American Medical Association. Entrambigli studi sono stati condotti su gruppi dipazienti maggiori di 18 anni, mentre restanoda accertare gli effetti sui bambini. Si ritieneinfatti che un sistema nervoso ancora in fase disviluppo possa essere più sensibile agli effettidelle radiazioni. Per questo motivo l’OMS rac-comanda di non far usare il telefonino ai bam-bini.

Tornando ai presunti effetti cronici delle radio-frequenze, l’OMS sostiene che «non c’è nes-suna evidenza convincente che l’esposizione aradiofrequenze abbrevi la durata della vitaumana, né induca o favorisca il cancro».Le organizzazioni internazionali sottolineanocomunque la necessità di ulteriori studi, siasugli adulti sia sui bambini, e, considerato ilcontinuo aumento nell’ambiente di fonti dicampi elettromagnetici ad alta frequenza,diversi autori consigliano l’adozione di politi-che cautelative2 basate sulla riduzione di taliesposizioni soprattutto per i bambini.

Note

1. Per un approfondimento dei temi relativi agli effettisulla salute delle esposizioni croniche ai campi elet-tromagnetici si veda la revisione di P. Comba, «Studiepidemiologici sui campi elettromagnetici: evidenzedi rischio e indicazioni per la prevenzione», Epide-miologia&Prevenzione 4/2002.

2. Per una messa a punto del concetto di principio diprecauzione si veda il testo di P. Comba «Il principiodi precauzione: evidenze scientifiche e processi deci-sionali», in pubblicazione su Epidemiologia&Preven-zione. Sul principio di precauzione si veda anche ilcapitolo terzo.

Né i campi elettromagnetici a 50-60 Hz, néquelli alle radiofrequenze hanno un’ener-gia sufficiente per rompere i legami chimicidel DNA; tuttavia, proprio questa è unacondizione necessaria affinché si instauri unprocesso tumorale. Per questo motivo,molti ricercatori escludono che i campi elet-tromagnetici possano rappresentare lacausa primaria di un tumore. Per molti annisi è pensato, tuttavia, che potessero favori-re un processo tumorale già in atto, scate-nato da altri agenti cancerogeni. Tuttavia,fino a oggi, non esistono dati scientificicerti in grado di avvalorare questa ipotesi.

LA PLAUSIBILITÀ BIOLOGICA

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Lezioni dal passato

Una trentina di anni fa si era pensato che il dif-fuso scetticismo e timore del pubblico verso al-cune tecnologie, in particolare quella nuclea-re, fosse il risultato dell'incapacità di compren-dere il calcolo probabilistico. Sarebbe bastatodunque «alfabetizzare» la gente, chiamandogli esperti a spiegare quanto bassi fossero i ri-schi, per farle abbracciare con entusiasmo lanuova promettente tecnologia.I presupposti sottesi erano numerosi. Fra que-sti: che l'unica conoscenza valida e attendibile

fosse quella prodotta dagli scienziati; che ilpubblico fosse formato da una massa abba-stanza omogenea di individui per lo più igno-ranti; che gli esperti avrebbero saputo e potu-to fornire valutazioni obiettive, corrette e so-prattutto univoche; che il pubblico dovesse fi-darsi dei loro risultati, delle loro competenze edella loro buona fede; che l'accettabilità o me-no di un certo rischio dipendesse solo da con-siderazioni sulla sua frequenza; e così via.I ripetuti insuccessi derivati dall'applicazione diuna strategia comunicativa a senso unico dal-l'alto in basso (top-down) vennero attribuiti al-

l’irriducibile ignoranza della gente (a cui pro-prio non si riusciva a spiegare il concetto diprobabilità). Finché qualcuno non pensò di in-terrogarsi sui presupposti e sulle ipotesi di par-tenza.

Nacque così il filone di ricerca sulla percezionedel rischio, etichetta che con il tempo, comevedremo, si è rivelata infelice e riduttiva, mache comunque denota il superamento dellesemplificazioni fino ad allora dominanti.L'obiettivo prevalente era ancora quello di con-vincere la gente ad accettare determinate tec-

CAPITOLO SECONDO

Filosofia della comunicazione del rischiodi Bruna De Marchi

Esiste una lunga tradizione di studi e ricerche sulla «percezione del rischio», le cui origini risalgono all'iniziodegli anni settanta del secolo scorso e che ha fornito anche numerose indicazioni operative e suggerimen-ti pratici per la gestione e la comunicazione dei rischi. Sarebbe opportuno non ignorarla, per non re-inven-tare continuamente la ruota (scoprendo cose già note da tempo) e soprattutto per evitare di inventare unaruota quadrata, ovvero, fuor di metafora, di proporre strategie che si sono già abbondantemente e ripe-tutamente rivelate inefficaci o addirittura controproducenti.

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nologie e i relativi rischi – che gli esperti valuta-vano irrilevanti o inesistenti – ma veniva ricono-sciuto che il modo di ragionare del pubblico èun po' più complesso e articolato di quello finoad allora dato per scontato. Sono stati comun-que gli ingegneri i primi ad avventurarsi a inda-gare la psicologia popolare e a tentare di svelarele preferenze del pubblico, non interrogandolo,ma utilizzando dati statistici relativi ai rischi e be-nefici di vari tipi di industrie e attività. Attraver-so calcoli e modelli complicati, all’interno di unparadigma rigorosamente ingegneristico-eco-nomicistico, essi arrivarono a proporre vere eproprie formule di calcolo. Per esempio, una diqueste stabiliva che l’accettabilità del rischio diuna data attività è pressappoco proporzionaleal suo beneficio elevato alla terza potenza.

Il paradigma psicometrico

Il pubblico vero entra in scena quando entra-no in scena gli scienziati sociali, più inclini adaccettare il fatto che, nell’attività di ricerca,soggetto e oggetto non possono sempre esse-re nettamente separati, e disposti anche a con-cedere che «il dato» debba essere interpreta-to e che, attraverso scelte e costrizioni meto-

dologiche, esso viene in qualche misura «co-struito».Il paradigma psicometrico deriva da una serievastissima di indagini effettuate con questio-nari contenenti domande sulla percezione dirischi e benefici e dei rapporti fra gli stessi . Es-so si discosta da quello economicista (cheadotta il denaro come unico parametro per laquantificazione di perdite e benefici) e indivi-dua una serie di elementi che influen-zano l'accettabilità o meno dideterminati rischi, o megliodi determinate attività.Il rischio, valutato intermini probabilisticida quanti applicanotecniche quantitati-ve formalizzate di as-sessment, diventa,all'analisi degli scien-ziati sociali, una co-struzione complessache permette di indivi-duare, per le più diverseattività, dei profili di rischioin cui entrano e si combinano in vari modi ca-ratteristiche e considerazioni di tipo persona-

le, economico, culturale, etico. La «irraziona-lità» della gente comincia dunque a mostrareuna sua logica.

Nel formarsi delle opinioni, la gente non per-cepisce il rischio – che come ogni entità astrat-ta non si può percepire – bensì compie una se-rie di valutazioni di diversi elementi di una de-terminata attività in base a diversi criteri. L'eti-

chetta «percezione del rischio»,purtroppo ormai definitivamente

appiccicata a tali processi, ge-nera confusione. Si continua

così a parlare di «rischiopercepito», in con-

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RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI: COME COMUNICARE

sferisce ad altri. Così può accadere che unacerta comunità si opponga alla costruzione diun impianto di smaltimento dei rifiuti sovradi-mensionato rispetto alle proprie esigenze, manon si attivi per evitare che i rifiuti tossici pro-dotti nel proprio territorio vengano esportatiin qualche paese in via di sviluppo.

trapposizione a «rischio reale» o «rischio og-gettivo», essendo le seconde espressioni nonmeno scorrette della prima. Esse rappresenta-no infatti una vera e propria contraddizione ditermini, dato che si riferiscono a valutazioniprobabilistiche, fondate talvolta su statistichedi eventi (incidenti, malattia, morte eccetera),talvolta su stime degli stessi: possono dunqueessere definite scientificamente basate, macertamente non oggettive o reali tout court .

La considerazione delle diverse componenti in-dividuate dagli studi psicometrici è essenzialeper instaurare un dialogo con il pubblico. Ciòcertamente non eviterà contrasti e conflitti, mapotrà ridurre la confusione e i fraintendimenti epossibilmente favorire un confronto civile che ri-spetti l’integrità degli attori coinvolti, pur nelladifferenza di posizioni e valutazioni.

Fattori rilevanti nella «percezione del rischio»

Qui di seguito elencheremo e commenteremoalcuni fattori e aspetti relativi alla «percezionedel rischio», che assumono particolare rilevan-za in vista di un dialogo con il pubblico:

■ Rischi volontari e rischi imposti o tenutinascosti: le persone tendono a giudicare inac-cettabili i rischi a cui siano state sottoposte con-tro la propria volontà o a propria insaputa, inconseguenza di attività o decisioni umane. Ledecisioni possono riguardare anche fenomeni oeventi che non sono determinati dall’attivitàdell’uomo, e che tuttavia siano stati tenuti na-scosti da quanti ne erano a conoscenza: peresempio la riconosciuta esistenza di un rischiosismico, i segnali di un’imminente eruzione vul-canica o di un’inondazione, eccetera. Dunqueoltre che l’imputabilità del rischio, assume rile-vanza la responsabilità della diffusione o menodell’informazione, aspetto quest’ultimo semprepiù rilevante, nel momento in cui sfuma la di-stinzione fra rischi di origine naturale e rischi diorigine antropica, a causa degli interventi mol-teplici e invasivi dell’uomo sull’ambiente.

■ Distribuzione di rischi e benefici: in ge-nerale si fa appello al principio secondo cui chigode dei vantaggi derivanti da una certa scel-ta dovrebbe anche sopportarne i costi (certa-mente non solo di natura economica). In pra-tica la questione viene sollevata da chi si trovaa subire un rischio, e non da parte di chi lo tra-

Ognuno di noi tende a vedere più facil-mente i torti subiti che quelli provocati einoltre si sente più o meno vicino ad altriesseri umani in base a molteplici conside-razioni. Tuttavia, oltre agli individui diret-tamente interessati, altri soggetti, emana-zione dello stato o della società civile, pos-sono fare appello a principi di equità e re-sponsabilità, parlando non per se stessi,ma per entità che non hanno capacità opossibilità di espressione: l’ambiente, di-verse specie vegetali e animali, i bambini,alcuni gruppi svantaggiati, le generazionifuture. Tali principi, ancorché non sempretradotti in specifiche norme, sono spessosanciti giuridicamente e possono esserefatti valere in consessi nazionali, sovra na-zionali e internazionali.

DARE VOCE A CHI NON CE L’HA

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CAPITOLO 2 FILOSOFIA DELLA COMUNICAZIONE

Le considerazioni relative all’equa distribuzio-ne non sono né univoche né oggettivamentemisurabili, quando si passa dai principi alle ap-plicazioni. Come ha ben sintetizzato alcuni de-cenni fa un giornalista, formulando la «leggedel morto per chilometro», l’effetto psicologi-co di un certo episodio è direttamente propor-zionale al numero dei morti e inversamenteproporzionale alla distanza geografica. Oggi,in tempi di globalizzazione, la legge ha certa-mente ancora valore, purché al termine «di-stanza» non venga attribuita una valenzaesclusivamente spaziale. Restando nell’ambi-to dello smaltimento dei rifiuti, non è raro sen-tire affermare che tanto vale continuare a in-quinare siti già degradati, magari pagandouna piccola compensazione in denaro, così iresidenti potranno almeno vivere un po’ me-glio (grazie ai rifiuti).

■ La gravità delle conseguenze: è certa-mente un elemento di valutazione, ma, comesi è detto la gravità non si misura con semplicinumeri. Chi subisce un danno, ne aveva con-sapevolmente accettato il rischio? E i danni so-no reversibili o permanenti? Si manifestanoimmediatamente o possono essere differiti nel

tempo? Riguardano solo la persona esposta oanche altri soggetti, magari ignari e impossibi-litati a proteggersi (si pensi per esempio ai dan-ni al patrimonio genetico causati dalle radia-zioni ionizzanti).Nella percezione della gravità di un certo ri-schio, e nel giudizio relativo alla sua accettabi-lità personale o sociale, entra anche l’elemen-to del controllo, ossia la misura in cui si pensadi poter influenzare, con proprie scelte o azio-ni, una determinata attività potenzialmentepericolosa e le sue conseguenze. Per esempio,la maggioranza delle persone tende a sentirsipiù sicura alla guida della propria auto piutto-sto che su un aeroplano di linea, indipenden-temente dalla loro maggiore o minore cono-scenza delle statistiche di morte per incidenti ditrasporto stradale e aereo. Per ragioni simili (eancora indipendentemente dalla conoscenzadelle statistiche), molti fumatori, inclusi moltimedici, sono convinti che il loro uso di tabacconon sia tale da danneggiare la loro salute, eche comunque saprebbero rinunciare al fumonel momento in cui ciò si rivelasse necessario(momento che, guarda caso, non è mai quellopresente). E, ancora, molti chirurghi sono piùallarmati di un comune paziente quando fini-

scono sul tavolo operatorio, sia pure per un’o-perazione banale, perché, dovendosi metterenelle mani di un collega, vengono espropriatidi una funzione di controllo che normalmentepossiedono. Per quanto riguarda i campi elet-tromagnetici, molte persone si preoccupanoper l’installazione di antenne radio base, macontinuano a utilizzare il telefono cellulare.

■ Conoscenza di un certo rischio, nella suadefinizione e valutazione scientifica: si è ri-tenuto a lungo che la conoscenza dei rischi de-rivanti da nuove tecnologie portasse a una loromaggiore accettazione. In realtà, la relazionenon è né univoca né automatica. Molto spessosono proprio quanti hanno approfondito lequestioni da un punto di vista scientifico a ma-nifestare riserve su conclusioni troppo affretta-te e a suggerire cautela verso applicazioni trop-po rapide e diffuse. Essi conoscono infatti le li-mitazioni delle tecniche di risk assessment; san-no che, se il rischio è calcolabile, non lo è l’in-certezza; sono consapevoli del fatto che ogniscelta di metodo (a partire dalla stessa definizio-ne del problema) condiziona inevitabilmente irisultati; riconoscono l’esistenza di aree di verae propria ignoranza (non sapere) e addirittura di

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RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI: COME COMUNICARE

«ignoranza al quadrato» (non sapere di non sa-pere). Tornando al chirurgo sul tavolo operato-rio, egli sa che ogni intervento, anche il più ba-nale, comporta la possibilità di imprevisti diffi-cilmente calcolabili (incertezza) o addiritturanon ipotizzabili a priori (ignoranza).

■ Familiarità con un oggetto o attivitàfonte di rischio: una lunga coabitazione, so-prattutto se non funestata da incidenti, tendea spegnere le preoccupazioni, o addirittura apromuovere una sindrome di invulnerabilità,dovuta a eccessiva fiducia in se stessi, «neglidei» o nella buona sorte. Ciò può avere effetti

deleteri, per esempio limitando l’at-tenzione ai segnali di pericolo o

all’applicazione delle norme di

sicurezza. Al contrario un agente di rischiosconosciuto, nuovo, e magari neppure diretta-mente esperibile con i propri sensi (come è ilcaso dei campi elettromagnetici), causa ansiae preoccupazione. Il fattore che i ricercatorihanno chiamato «dread» si riferisce ad attivitào eventi che, per la loro natura, le loro finalitào le loro conseguenze, suscitino timore o addi-rittura terrore. Insomma, in assenza di control-lo e conoscenza si può solo sperare, oppure fi-darsi di qualcuno. Ma di chi?

A quali domande siamo chiamati a rispondere?

I problemi di metodo nella valutazione dei ri-schi tendono a non trovare spazio nelle comu-nicazioni pubbliche. Le domande della gentein merito vengono screditate come non perti-nenti o non rilevanti.«Come fate a sapere che una tale sostanza nonfa male?»; «Per quanto tempo avete studiatoquesto fenomeno, per giungere alle vostre con-clusioni?»; «Avete considerato l’influenza di al-tri fattori?»; «Quanti e quali soggetti avete con-siderato?»; «Quali tipi di danni alla salute o al-l’ambiente avete preso in considerazione?»;

«Sulla base di quali teorie o modelli avete scel-to di esplorare certe ipotesi e di trascurarne al-tre?» e così via. Tali domande, benché spessoformulate in un linguaggio inadeguato, e tal-volta in modo ingenuo, sono di fatto domandesul metodo di valutazione dei rischi (il metodo,si badi, non semplicemente le tecniche).La prima cosa da fare, per fornire una rispostaadeguata, è capire che cosa il nostro interlocu-tore sta chiedendo. Una risposta adeguatanon è necessariamente esauriente, né definiti-va, né certa; è una risposta alla domanda cheè stata posta, e non ad altre (o a nessuna). Puòanche essere un onesto «non so», che in ognicaso è meglio di uno spocchioso «questo nonc’entra».Tornando alle domande di metodo che piùspesso la gente solleva, e traducendole in ter-mini un po’ più tecnici, possiamo dire che essesi riferiscono a come gli errori vengono trattati.Si ricordi che l’errore di tipo 1 indica i falsi po-sitivi (trovare la prova di un effetto o relazionequando in realtà non sussiste) e quello di tipo2 i falsi negativi (non trovare prova di un effet-to o relazione quando in realtà sussiste). Sot-tesa a molte domande della gente, vi è unapreoccupazione riguardo ai falsi negativi, che�

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CAPITOLO 2 FILOSOFIA DELLA COMUNICAZIONE

si ritiene siano indagati con molta minore at-tenzione dei falsi positivi, qualora si voglia pro-muovere una certa tecnologia o quando simettano in atto misure di salute e igiene pub-blica. Il seguente scambio di battute a propo-sito della encefalopatia spongiforme bovina(mucca pazza), avvenuto fra due «personequalunque», serve a chiarire di che cosa si staparlando: «Il ministro della salute ha detto checi sono buone notizie. Hanno ripetuto il test suuna mucca che era risultata ammalata alla pri-ma prova, e risulta invece che è sana». «Bene,ma chissà se ripetono i test anche su tutte lemucche che risultano sane alla prima prova!».

Esiste poi un altro errore possibile, che si è pro-posto di codificare come di tipo 3, quello di es-sere totalmente fuori strada, avendo definitoil problema oggetto di indagine in modo im-proprio, o inadeguato, oppure sbagliato, peresempio ipotizzando certi tipi di meccanismi diinduzione del danno anziché altri, o certi tar-get, invece di altri.Un altro dubbio espresso dalla gente comune,che di fatto riguarda il metodo, è relativo almodo di considerare l’assenza di prove che di-mostrino gli effetti negativi: «Anche se i ricer-

catori non hanno scoperto effetti negativi, co-me faccio a essere sicuro che non si manifeste-ranno o verranno scoperti in futuro?». Anchenumerosi scienziati hanno espresso avverti-menti a questo proposito. Per esempio DavidFisk, Chief Scientist dell’ufficio del vice primoministro britannico, nel suo indirizzo inaugura-le alla giornata Schuman del 1998 presso ilcentro Comune di Ricerca della CommissioneEuropea di Ispra, ricordava che: «uno degli er-rori più comuni nella valutazione scientifica è diconfondere l’assenza della prova di un effetto,con la prova che tale effetto non esiste».

Come dobbiamo rispondere: comunicazione e fiducia

Da quanto si è detto fin qui, appare chiaro cheil contenuto della comunicazione deve essereben più articolato e sofisticato che la semplice«spiegazione dei numeri». Ma oltre che aspet-ti di contenuto, la comunicazione comprendeaspetti di relazione. L’efficacia di un comuni-catore dipende anche dalla sua capacità di co-struire una relazione che faciliti, se non l’ac-cettazione, almeno la comprensione del mes-saggio secondo le sue intenzioni.

La centralità della fiducia per la realizzazioni dipolitiche efficaci nel campo dell’ambiente, del-la sicurezza e della salute è riconosciuta e sot-tolineata in un numero crescente di norme edocumenti programmatici dell’Unione euro-pea, che insistono sull’importanza del dialogofra autorità e cittadini e sulla necessità che que-sti ultimi partecipino anche all’analisi dei rischiintegrando (non certo sostituendo) il contribu-to degli esperti.E’ bene chiarire subito che riconoscere l’im-portanza del dialogo e la centralità della fidu-cia implica una revisione radicale del rapportofra autorità e cittadini, che non si realizza sem-plicemente apprendendo e applicandouna serie di tecniche comunicative.Queste possono certamente risul-

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RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI: COME COMUNICARE

tare utili per capire e per farsi capire meglio,per recepire il feedback e per correggere il pro-prio messaggio in modo che venga compreso,migliorando al contempo anche le pubblicherelazioni. Tuttavia esse da sole non sono suffi-cienti a costruire un rapporto di fiducia, se nonvi è, da parte di tutti, la disponibilità di fondoad ascoltare, a mettersi in discussione ed even-tualmente a rivedere i propri presupposti, ipropri atteggiamenti, le proprie convinzioni, leproprie conclusioni.In particolare, quando si trattadi tecnologie (vecchie o nuo-ve) che implicano la messain gioco di interessi

economici notevoli, le questioni di rischio e si-curezza si intrecciano saldamente con altre (ene sono spesso inseparabili), relative, in ultimaanalisi, alla fiducia: fiducia nei sistemi esperti,ma anche e soprattutto nei sistemi regolativi edi gestione. La gente porrà domande su chi fi-nanzia la ricerca, chi finanzia le applicazionitecnologiche, chi è responsabile della gestio-ne, chi, in caso di danni, verrà chiamato a ri-sponderne, legalmente, economicamente e

moralmente.E poiché in una società democrati-

ca l’informazione (e anche la di-sinformazione) circolano confacilità, è ingenuo pensare dipresentare solo gli aspettipositivi di certe tecnologie,occultandone o semplice-mente ignorandone i po-tenziali impatti negativi.Alle voci tranquillizzanti deisoggetti che promuovono

una certa scelta se ne con-trapporranno immediata-

mente altre, preoccupate o ad-dirittura allarmistiche. Più o meno consapevolmente, la gente valu-

terà sia la congruenza interna di un certo mes-saggio sia quella fra messaggi diffusi da fontidiverse. Inoltre – cosa che si tende a dimenti-care – i giudizi sull’affidabilità di un certo atto-re si formeranno sulla base di un «record co-municativo» di maggiore o minore congruen-za: «Come mai oggi affermi qualcosa di diver-so da ieri?»; «Come mai oggi ammetti che cisono dei rischi, ancorché minimi, quando finoa ieri affermavi che qualunque preoccupazio-ne era pura fantasia?»; «Come mai fai riferi-mento a uno studio i cui risultati non sono deltutto tranquillizzanti, solo dopo che un altroattore lo ha citato, mentre prima non ne avevifatto cenno?». Si tende a dimenticare anche che la congruen-za comunicativa non si misura solo in base aimessaggi verbali: il record sulla base del quale siformano i giudizi include i comportamenti chesi sono tenuti, oltre alle informazioni che si so-no diffuse, e i primi hanno un peso ben mag-giore delle seconde: «Come mai, se non c’è al-cun rischio, non mandi i tuoi bambini alla scuolaaccanto all’antenna per la telefonia mobile?»;«Come mai la linea ad alta tensione passa ac-canto ai quartieri popolari e non tocca quelli re-sidenziali?».

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CAPITOLO 2 FILOSOFIA DELLA COMUNICAZIONE

cerca, le sue applicazioni tecnologiche, l’ana-lisi e la gestione dei rischi. Tutto ciò va unito al timore che qualora do-vessero verificarsi danni, l’onere della provaspetterà a chi li ha subiti e che, verosimilmen-te, essi non saranno riconosciuti e tanto me-no risarciti.La seguente formula, proposta da Peter Sand-

man della Rutgers University,4 sintetizza effica-cemente la situazione

RISK = Hazard + Outrage

laddove con «hazard» ci si riferisce agli aspet-ti prettamente tecnici del rischio e con «ou-trage» (letteralmente «sdegno») a quelli nontecnici.

Note

1. Classico è il lavoro di Paul Slovic, Baruch Fischhoff e Sa-ra Lichtenstein «Cognitive Processes and Societal RiskTaking», in J.S. Carrol e J.W. Paine (a cura di), Cogni-tion and Social Behavior, Potomac, MD, Erlbaum,1976, pp.165-184. Per un resoconto aggiornato si ve-da James Flynn, Paul Slovic, Howard Kunreuther (a cu-ra di), Risk, Media, and Stigma: Understanding PublicChallenges to Modern Science and Technology, Earth-scan Publications Ltd., London, 2001. Per una sintesiin italiano, si veda B. De Marchi, L. Pellizzoni, D. Unga-ro, Il rischio ambientale, Il Mulino, Bologna, 2001 (inparticolare il cap. 3).

2. Per chiarire ciò che qui si intende, si veda la seguentecitazione tratta dalla rivista Nature: «Ma giudizi devo-no essere espressi in molti stadi, anche in studi che sisuppongono oggettivi. L’estrapolazione da modellianimali a impatti sull’uomo porta con sé delle incer-tezze; supposizioni apparentemente ragionevoli pos-sono rivelarsi disastrosamente sbagliate [...]. Anche laselezione di appropriate misure di impatto necessita di

Una formula sintetica

Il rifiuto o la diffidenza che spesso la gente ma-nifesta verso la tecnologia contemporanea ri-flettono dunque la percezione di una minacciae di una mancanza di conoscenza e di control-lo, nonché il sospetto che interessi particolari,di tipo economico o altro, condizionino la ri-

essere considerata con attenzione: il rapporto mortiaccidentali di lavoratori per tonnellata prodotta dal-l’industria del carbone statunitense è andato calandonegli ultimi anni, ma il rapporto fra morti accidentali enumero dei lavoratori è andato crescendo. [...] In bre-ve, anche un’analisi del rischio altamente oggettiva ègravata di giudizi che richiedono un esame minuzio-so» [«Risk and the Inadequacy of Science», Nature385, 1997, p. 1 [Traduz. nostra].

3. Ne citiamo alcuni, solo a mo’ di esempio: il Sesto pro-gramma d’azione per l’ambiente, COM(2001)31-2[http://europa.eu.int/comm/environment/newprg/in-dex.htm]; il Libro bianco Commissione sulla gover-nance, COM(2001) 428, Bruxelles, 25.7.2001 [http://europa.eu.int/comm/governance/white_paper/in-dex_en.htm]; la Comunicazione della Commissionesul principio di precauzione, COM (2001) 1,02.02.2000 [http://europa.eu.int/ comm/dgs/health_consumer/library/pub/pub07_en.pdf]; il Piano d’azio-ne della Commissione su «Scienza e società» del

2002 [http://www.cordis.lu/ science-society]. Sononumerosissime anche le direttive, recepite nella legi-slazione nazionale, in cui la partecipazione del pub-blico è non solo raccomandata, ma prescritta, adesempio in materia di rischi industriali, nucleari, lega-ti alla produzione di energia, relativi alla filiera ali-mentare, ecc. Merita di essere ricordata anche la pub-blicazione dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, Euro-pean Environment Agency (2001), Late lessons fromearly warnings: The precautionary principle 1896-2000, Luxembourg, Office for Official Publications ofthe European Communities [http://www.eea. eu.int].I casi illustrano i tipi di errore in cui si può incorrere nel-la valutazione e nella gestione dei rischi e dimostranocome anche la conoscenza «laica» possa offrire uncontributo importante nei processi decisionali.

4. P. M. Sandman, «Hazard Versus Outrage: a Concep-tual Frame for Describing Public Perception of Risk», inH. Jungermann, R.E. Kasperson, P. Wiedemann, RiskCommunication, Forschungzentrum Julich: 163-168.

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Le persone più sensibili al problema sono gli an-ziani; la fonte principale delle informazioni inmateria sono i telegiornali (52%). Tra gli elettro-domestici che vengono reputati più dannosi perla salute svetta il cellulare (87%). Specularmen-te un Focus Group condotto a cura dell’ARPAVa Teolo nell’ottobre 2001 (in preparazione diquesto corso), rivolto a sindaci, funzionari pub-blici, medici e altri soggetti «competenti», hamesso in luce un profondo scetticismo nei con-fronti della natura nociva di tale inquinamento.

CAPITOLO TERZO

La comunicazione sul rischio elettromagneticodi Luca Carra

In nessun altro caso come nei campi elettromagnetici vale l’affermazione secondo la quale il rischio per gli«esperti»1 è di dimensioni assai ridotte e per i «non esperti» può essere molto alto. Da una recente analisi con-dotta dall’ARPAV sulle percezioni dei temi ambientali da parte dei cittadini del Veneto («L’ambiente e i cittadinidel Veneto. Comportamenti, conoscenze, percezioni») emerge che, relativamente ad altri rischi, il cosiddetto in-quinamento elettromagnetico viene percepito in realtà come meno grave rispetto a inquinamento da traffico,inquinamento industriale, da amianto e diminuzione dell’acqua potabile. Tuttavia, per una buona percentualedegli intervistati (81%) i campi elettromagnetici rappresentano un problema per l’ambiente e la salute dell’uo-mo; principalmente perché causano malattie (55%).

Questo paradosso rende assai difficile, per i fun-zionari della pubblica amministrazione, agire ecomunicare su questo tema senza incorrere inspiacevoli incidenti e incomprensioni. E’ quindiurgente riuscire a elaborare una strategia di co-municazione che consenta di riempire il vuotoinformativo che esiste tra esperti e non esperti,cercando di riannodare un dialogo difficile allaricerca di un possibile consenso.A questo fine è opportuno porsi alcune do-mande strategiche.

Il diritto all’informazione

■ Stante questa polarizzazione del dibat-tito, ha senso porsi l’obiettivo di comuni-care con la cittadinanza?

La domanda non è peregrina, poiché secondoalcuni autori quello da esposizioni elettroma-gnetiche (antenne radiobase, ripetitori ed elet-trodotti) sarebbe un «rischio fantasma»,2 so-stanzialmente inesistente ma percepito come

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reale per una sorta di «disturbo sociogenico dimassa».3 Gli stessi autori ritengono che la co-municazione del rischio in questi casi non puòsuonare che negativa e così facendo aumen-tare le resistenze e le reazioni avverse di quellacategoria di cittadini che vede nei campi elet-tromagnetici qualcosa di profondamente no-civo. Meglio sarebbe non parlarne agendopiuttosto sui media affinché non continuino apropalare notizie allarmistiche e scorrette sul-l’argomento. In questo caso la strategia po-trebbe essere di parlare d’altro, proponendo aimedia la trattazione di rischi ben più gravi,quali il radon, il fumo, l’alimentazione sbilan-ciata, andando in questo modo a occupare lospazio finora occupato dai campi elettroma-gnetici.

In realtà, come succede nel caso dei campi elet-tromagnetici ad alta e bassa frequenza, nonparlarne alimenta sospetti sempre più gravi sul-la trasparenza della pubblica amministrazione efomenta il dubbio che dietro il silenzio si na-scondano dati gravi e preoccupanti che si vo-gliono tenere nascosti. Questo effetto-censuraingigantisce, anziché moderare, la percezionedel rischio. Un secondo motivo per cui è bene informare lacittadinanza è l’esistenza di uno specifico dirit-to-dovere a essere informati. Lo sancisce in pri-mo luogo la legge istitutiva del Servizio Sanita-rio Nazionale (833/1978). L’articolo 20 dice chele attività di prevenzione devono comprenderela comunicazione dei dati accertati sui fattori dirischio e la diffusione della loro conoscenza (nei

luoghi di lavoro e negli ambienti residenziali), siadirettamente sia attraverso gli enti locali. Il dirit-to a una informazione adeguata viene ricono-sciuto anche dalla legge 81/1998 («Disciplinadei diritti dei consumatori e degli utenti») e daalcune leggi su specifici inquinanti quali la leg-ge 277/1991 («Controllo di piombo, benzene erumore»). Come osserva Marco Biocca «permotivi che mi sfuggono, in altre importanti leg-gi di interesse ambientale non compare alcun ri-ferimento al dovere di informazione: si pensi al-la legge quadro sull’inquinamento acustico; alladirettiva ministeriale per i piani del traffico (…).Neppure nella recente legge quadro sulla pro-tezione dalle esposizioni a campi elettrici, ma-gnetici ed elettromagnetici (legge 36/2001)compare alcun riferimento esplicito all’informa-zione dei cittadini. Questo esempio è ancora piùsorpredente perché il problema dei rischi dacampi elettromagnetici ha suscitato molta at-tenzione e discussione in questi anni e sotto ilprofilo della comunicazione del rischio rappre-senta un caso molto significativo».4

La legge 241/1990 (diritto di accesso ai docu-menti amministrativi) sancisce inoltre un dirittodi accesso alle informazioni, mentre la legge150/2000 disciplina l’organizzazione dell’atti-R

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Basso

TABELLA 1

LA MATRICE DELLE CON-TROVERSIE TRA ESPERTIE PERSONE COMUNI Basso

Rischio percepito (non esperti)

Medio Alto

Rischioelettromagnetico

Medio

Alto

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RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI: COME COMUNICARE

posizione minimalizzatrice degli esperti rassicu-randosi sul reale impatto sanitario dei campielettromagnetici, che è sostanzialmente nullo.Un’altra possibile risposta è che la differenzanasce dal senso radicalmente diverso che ledue comunità danno al concetto di rischio, dacui seguono diverse valutazioni: per gli esperti il rischio si fa spiegare in terminiprobabilistici, e considera l’effetto sull’insiemedella popolazione. Gli eventi avversi vengonocontati e non ponderati (in base, per esempio,al fatto di conoscere o meno la persona, o alfatto che la vittima sia giovane o vecchia). Si ac-cetta inoltre come costitutiva l’incertezza ine-rente alla scienza e si ragiona in base a prove;per i non esperti il rischio si traduce in espe-rienze, casi della vita reale. La prospettiva è in-dividuale: le vittime non si contano ma si pon-derano in base alla maggiore/minore vicinan-za a sé. L’aneddoto ha la meglio sulla prova.Non si accetta l’incertezza scientifica. Si chie-dono risposte cautelative su certe categorie dipersone (bambini) e si manifestano preoccu-pazioni sulle generazioni future. Per il pubbli-co, la maggiore o minore sensibilità ai rischi di-pende da una molteplicità di variabili che ven-gono riassunte nella tabella a fianco:6

vità di informazione e di comunicazione nellepubbliche amministrazioni. Infine tali diritti diaccesso all’informazione e di partecipazionedel cittadino vengono sanciti con il decretolegge 39/1997 e con la legge 108/2001, cherecepisce la Convenzione di Aahrus. Da questi cenni si vede che non solo informa-re, ma anche ascoltare l’opinione altrui si con-figura come un dovere per la pubblica ammi-nistrazione. In generale vale la legge secondocui le decisioni prese insieme alla popolazionesortiscono effetti più duraturi delle decisioniprese isolandosi dall’opinione pubblica, e te-nendo conto delle informazioni provenientidalla comunità scientifica. L’attenzione sul ri-schio da parte della cittadinanza può essere in-terpretata anche come un modo per esprime-re l’esigenza di partecipazione.

Modelli di rischio

■ Perché esiste questa differenza di perce-zione tra esperti e pubblico sulla rilevanzadel rischio da campi elettromagnetici?

Una risposta possibile, abbracciata da non po-chi scienziati, è che la differenza è dovuta alla

asimmetria di conoscenze tra pubblico ed esper-ti. Se il pubblico fosse in grado di comprendereil linguaggio della scienza si sposterebbe sulla

Tabella 2 FATTORI DI PAURA (BENNETT)

In genere preoccupano di più e sono meno ac-cettabili i rischi:■ non volontari (es. l’esposizione all’inquinamento)

rispetto a quello volontari (es. sport pericolosio il fumo)

■ distribuiti in modo diseguale (alcuni ne bene-ficiano mentre altri ne soffrono le conseguenze)

■ ineludibili, anche prendendo precauzioni

■ con origini non note o nuove■ derivanti da cause umane e non da fonti na-

turali■ che causano danni nascosti e irreversibili (es.

determinano l’insorgere di malattie molti anni do-po l’esposizione)

■ particolarmente pericolosi per i bambini oper le donne incinte, o in generale per le ge-nerazioni future

■ che possono portare a forme di morte (o dimalattie) particolarmente temute

■ che danneggiano vittime identificabili e nonanonime

■ poco compresi dalla scienza■ oggetto di affermazioni contraddittorie da

parte delle fonti responsabili (o, peggio, dellastessa fonte)

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CAPITOLO 3 LA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO ELETTROMAGNETICO

Una efficace strategia comunicativa, volta acostruire il consenso sulla gestione del rischioda campi elettromagnetici, si deve quindi por-re alcuni obiettivi:

a. Conoscere le prove degli esperti e com-prendere le ragioni degli oppositori a un de-terminato progetto.E’ opportuno quindi entrare in relazione conorganismi scientifici istituzionali (vedi Istitu-to Superiore di Sanità, CNR, OMS, ICNIRP)sui quali appoggiarsi per l’autorevolezzadella parte scientifica. Nel contempo sonoutili strumenti di analisi delle opinioni qualifocus group e indagini di popolazione permettere a fuoco le ragioni dell’opposizioneal singolo progetto. In questo senso risultautile capire quanto il fattore «rischio per lasalute» sia sentito come primario o comestrumentale al raggiungimento di un fineche ha una valenza diversa. In alcuni casi, in-fatti, la battaglia sul rischio salute subentraquale argomento retorico per avere più ade-sioni a una battaglia che muove da presup-posti diversi: contro un’infrastruttura posso-no esserci ragioni di tipo paesistico, econo-mico (valore immobiliare), ecc.

b. Individuare i soggetti del pubblico con cuientrare in relazione.Sono i gruppi di cittadini che hanno solleva-to il problema, per esempio della localizza-zione di un’antenna radiobase della telefo-nia cellulare, i medici, le associazioni e gliesperti che a vario titolo supportano l’azio-ne del gruppo, i giornalisti, che dalla relazio-ne con il gruppo traggono materia di rac-conto e di inchiesta.

c. Elaborare un piano di comunicazione diret-tamente sul pubblico e sui media.Siamo dunque arrivati al che fare: che cosadire, come dirlo, quando dirlo, attraversoquali mezzi e in che contesti di relazione conil pubblico.

Un piano di comunicazione

■ Che cosa dire?

E’ impossibile dettare regole su cosa dire a pre-scindere dalle situazioni concrete nelle quali cisi trova. Molto di quanto si va a dire è in rispo-sta alle domande e alle istanze dei cittadini,anche se sarebbe buona regola non rincorrere

ma precedere tali domande. Per far questo bi-sogna definire con precisione gli obiettivi del-la comunicazione.

a. In primo luogo non si deve nascondere il ca-rattere intrinsecamente incerto delle cono-scenze in materia. La stima del pubblico na-sce anche dalla percezione di avere un inter-locutore istituzionale che impronta la suaazione alla trasparenza. La gente si aspettadi essere informata e tutelata rispetto ai pos-sibili rischi.

b. La coerenza tra i messaggi e i comporta-menti è un altro punto importante del pro-cesso di comunicazione. Se per esempio siteorizza il controllo delle emissioni inqui-nanti e poi non si effettuano tali controlli, lafiducia del pubblico viene meno.

c. Come amministrazione pubblica, predilige-re i contenuti che riguardano la propria atti-vità rispetto a contenuti scientifici generali,sui quali si viene facilmente portati nella di-scussione pubblica. A questo proposito, unodei temi che è prioritario affrontare con ilpubblico è quello del controllo delle esposi-

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RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI: COME COMUNICARE

pre le mappe dei livelli di campo generati dagliimpianti con le sezioni del censimento ISTAT,la distribuzione della popolazione rispetto aivalori di campo elettrico, da correlare con i li-miti di legge; 8,9 il test effettuato sul comune diVerona dà indicazione di un valore medio dicampo elettrico intorno a 0,6 Volt/metro.

Il principio di precauzione

■ Nelle discussioni pubbliche sugli effettidei campi elettromagnetici, così come sualtri rischi, spesso viene invocato il «prin-cipio di precauzione». Che cos’è esatta-mente? E’ giustificabile nel caso dei cam-pi elettromagnetici?

Di principio di precauzione parla per la primavolta la Dichiarazione di Rio, del 1992, all’in-terno dell’Agenda 21, nel modo seguente:«Per proteggere l’ambiente, gli stati devonoprendere misure precauzionali secondo le lorocapacità. In caso di rischio di danno grave e ir-reversibile, l’assenza di certezza scientifica as-soluta non deve servire come pretesto per rin-viare l’adozione di misure effettive che mirinoa prevenire il degrado dell’ambiente».

zioni. E’ importante spiegare nel modo piùchiaro che la pubblica amministrazione, conle sue articolazioni tecnico-scientifiche, stalavorando seriamente per monitorare leesposizioni a questi campi, ritenuti pericolo-si oltre una certa soglia. In tutte le esperienzesvolte in Italia, il monitoraggio costante delleesposizioni, con la produzione di mappe delrischio, è sempre stato un elemento apprez-zato dalla popolazione, comunque un pun-to di partenza importante per negoziare unaccordo.Nella Regione Veneto tale monitoraggio vie-ne effettivamente svolto dall’ARPAV e in par-ticolare dai sette Dipartimenti Provincialicompetenti per territorio per quanto riguar-da le misure sul campo e le valutazioni mo-dellistiche preventive a successive installazio-ni. Inoltre, ad opera dell’Osservatorio Regio-nale Agenti Fisici (ORAF), sono in fase di ela-borazione degli indicatori di esposizione del-la popolazione ai campi elettromagnetici, ol-tre alla raccolta periodica di una serie diinformazioni sintetiche inerenti i vari aspettidel rischio da campi elettromagnetici, utiliper una fotografia sempre aggiornata dellasituazione regionale.

Per le basse frequenze (elettrodotti) si èprodotto un catasto delle linee elettriche dialta tensione (quasi interamente popolato) elo si è incrociato alle sezioni di censimentoISTAT arrivando a stimare con una certa ap-prossimazione la percentuale della popola-zione che vive a un livello di esposizione su-periore a 0,2 microtesla (livello di esposizio-ne della legge regionale, non ancora sop-piantata dal DPCM nazionale approvato nel2003, che sposta tale soglia a 3 e 10 micro-tesla). Nella zona di Verona l’ORAF ha calco-lato un tasso di circa il 2% di popolazionecon livelli di esposizione superiori ai cautela-tivi 0,2 microtesla.7

Per le alte frequenze (antenne radiobase eripetitori) si è messo a punto uno strumentodi simulazione (progetto Etere) per stimare i li-velli di esposizione ai campi elettrici generatidalle installazioni; da esso e dai controlli ese-guiti sul campo risulta, in sostanza, che il pro-blema degli sforamenti della soglia di legge di6 Volt/metro non si pone quasi mai per le an-tenne radiobase, mentre si pone in diversi ca-si per i ripetitori radiotelevisivi. Per l’intera re-gione, è possibile stabilire, incrociando sem-

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CAPITOLO 3 LA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO ELETTROMAGNETICO

Negli anni il principio si è andato meglio defi-nendo come uno dei cardini della politica am-bientale della Unione Europea.10 In sostanza,esso «implica un insieme di regole finalizzate aimpedire un possibile danno futuro, prenden-do in considerazione rischi tuttora non del tut-to accertati».11

Questo principio riguarda quindi sia la valuta-zione, sia la gestione, sia la comunicazione deirischi incerti. Infatti, quando un agente presen-ta un rischio accertato per la salute, scattanonorme preventive. La precauzione si applica arischi di natura incerta, ma – si potrebbe ag-giungere – non così incerta da essere semplicicongetture di qualche ricercatore.Caratteristiche salienti del principiodi precauzione sono «l’aspetto del-l’anticipazione, l’ascolto dellepreoccupazioni del pubblico e unamodalità di gestione del rischio chetenga conto delle istanze etiche ol-tre che di quelle tecnologiche edeconomiche».12

Sull’applicabilità o meno di taleprincipio al rischio elettromagneticoc’è controversia. Alcuni sono favo-revoli, altri ritengono che adottare

approcci precauzionali in materia non faccia cherinforzare le preoccupazioni della popolazione afronte di un rischio minimo, se non inesistente.13

Una possibile via d’uscita da questa diatribaviene indicata da molteplici esperienze locali,in cui diversi enti hanno applicato misure diprudent avoidance sui campi elettromagneti-ci. Va sottolineato in questo senso il ruolo disupporto tecnico-informativo spesso esercita-to dall’ARPA nei confronti degli organi deciso-ri: va da sé l’azione istituzionale di individua-zione di situazioni di non conformità alle sogliedi legge e il supporto per il risanamento. Sipensi, in aggiunta, al controllo sistematico svi-

luppato dall’ARPAV sugli impiantiper telefonia mobile, tramite lostrumento Etere, che consente dirappresentare la distribuzione del-l’esposizione al campo elettrico se-gnalando le aree di maggiore in-tensità, ovvero di ottimizzare le in-stallazioni sul territorio attraversopiani di localizzazione.14

L’ARPA della Regione Toscana haseguito una gestione del rischio si-mile, monitorando i campi elettro-magnetici a bassa frequenza e

adottando misure atte a riportarli al livello diesposizione di 0,2 microtesla, obiettivo di qua-lità specificato dalla legge regionale toscana51/99. A questo fine l’ARPAT ha individuatodiverse tipologie di intervento in ordine decre-scente di complessità e impatto economico:

a. spostare la linea elettrica su un tracciato al-ternativo in modo da ridurre le esposizioni

b.spostare dalle aree urbane le cabine prima-rie di trasformazione in modo da evitare chele linee passino vicino alle aree residenziali

c.ottimizzare la disposizione delle fasi per li-nee in doppia terna

d.ottimizzare la disposizione delle fasi rispettoalla gestione dei flussi di energia in presenzadi due linee (in molte situazioni sullo stessosostegno vengono installate due linee distin-te. In questo caso è possibile ottimizzare le fa-si conoscendo il verso dei flussi di energia).

Adottando, a seconda dei casi, le soluzioni A,B, C, o D in varie situazioni territoriali, l’ARPATè riuscita, con spese contenute, a minimizzare

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RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI: COME COMUNICARE

le esposizioni per una popolazione interessatadi circa 1500 persone.15

Recependo il valore positivo di queste esperien-ze, è in fase di avanzata elaborazione una nuo-va bozza di documento dell’OMS dedicato allaadozione di politiche precauzionali in caso di ri-schi incerti.16 Il documento chiarisce che un ap-proccio precauzionale (Precautionary Fra-mework), a differenza di una compiuta gestio-ne del rischio (Risk Management), non si basasolo su dati scientifici (che nel caso di rischi dinatura incerta sono insufficienti) ma anche suinformazioni di altro genere, tra cui ovviamen-te un calcolo rischi/benefici, osservazioni episo-diche, ragionamenti per analogia con altriagenti rischiosi, percezioni del pubblico coin-volto nel problema. Tutti questi elementi devo-no integrarsi con i dati scientifici noti per dar vi-ta a una valutazione del rischio in questione chetenga conto di molteplici fattori:● quantificazione del danno,● probabilità del suo verificarsi,● elementi di incertezza,● ubiquità dell’agente in esame,● modalità di esposizione,● diseguaglianze nella distribuzione dell’e-

sposizione,

● gravità reale o simbolica della malattia inquestione e disagio psicologico associato al-l’esposizione,

● valore etico-culturale che si assegna alle po-tenziali vittime dell’esposizione (in molte so-cietà, per esempio, i bambini e le fasce piùvulnerabili godono di uno statuto partico-larmente elevato),

● natura volontaria o involontaria dell’esposi-zione.

In base a questi parametri è possibile stilare uncalcolo costi/benefici per decidere quali azioniintraprendere per minimizzare questo rischio.A seconda che la severità del danno e il gradodi certezza del rischio in questione siano giudi-cati più o meno elevati si procederà da un mi-nimo (“non fare niente”) a un massimo (“ban-dire l’agente in esame”), passando attraversogradi intermedi di risposta, tra cui: un attentomonitoraggio dell’esposizione; programmi dicomunicazione intesi a rendere la popolazioneedotta delle caratteristiche del rischio; nuovenorme protettive; tecniche di mitigazione del-le esposizioni, ecc.In linea generale, secondo il documento OMS,le misure che vengono eventualmente adotta-

te in base al principio di precauzione devonoessere:● proporzionate al livello di tutela che si inten-

de garantire, ● non discriminatorie nella loro applicazione,● coerenti con le misure adottate in casi ana-

loghi in presenza di dati adeguati, ● basate su un bilancio costo-beneficio basa-

to anche, dove possibile, su valutazioni di ti-po economico,

● soggette a revisione periodica alla luce deinuovi dati scientifici.

Come comunicare

■ Come dire le cose? Cenni sul linguaggiopiù appropriato per una comunicazionecon il pubblico.

Il linguaggio dev’essere lo stesso degli interlo-cutori. Quindi non rigorosamente scientifico macomune; non gergale né tecnicistico bensì di-scorsivo e comprensibile. Prima ancora di dareregole linguistiche – compito solo in parte rea-lizzabile – bisogna partire dalla constatazione difondo della differenza di percezione del rischiotra tecnici e non tecnici, prima riportata: quan-

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CAPITOLO 3 LA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO ELETTROMAGNETICO

l’evento considerato). Dire, per esempio,che nel caso delle esposizioni ai campi elet-tromagnetici a bassa frequenza, si corre unrischio raddoppiato di leucemia infantile, èun’informazione fuorviante se non si ag-giunge quanto è la probabilità di contrarreuna leucemia infantile. Raddoppiare unaquantità infima, infatti, è molto diverso cheraddoppiare una probabilità assai comune.

d.Bisogna sempre essere in grado di trasfor-mare le scale di grandezza dei rischi in ter-mini comprensibili, traducendo i numeri inaggettivi e metafore (si veda la tabella 3).

e.E’ molto pericoloso confrontare tra loro ri-schi non omogenei, per esempio, rischi vo-lontari con altri imposti da terzi (per es. fu-mo con campi elettromagnetici). Più in ge-nerale, qualsivoglia confronto fra rischi puòfacilmente erodere la fiducia e la credibilitàacquistata con il pubblico, perché si presta agravi fraintendimenti e strumentalizzazioni.Non è mai corretto scagionare una fonte dirischio mettendola in rapporto a rischi piùgravi che già accettiamo. Tale situazionespinge piuttosto a rigettare qualsiasi nuovorischio aggiuntivo!

■ Come comportarsi con i media?

Attraverso i media si arriva alla cittadinanza,ma non necessariamente nei termini in cui ci sivoleva arrivare. E’ bene quindi da un lato svi-luppare – anche attraverso uffici di comunica-zione e stampa – una migliore conoscenza coni giornalisti, e dall’altro perseguire anche unacomunicazione diretta con il pubblico. I giornali, le radio, le televisioni, sono macchineche producono notizie con una forte predile-zione per contenuti non banali, nuovi, imprevi-sti, possibilmente a forte impatto emotivo. Dif-

Tabella 3 SCALA DI GRANDEZZA DEI RISCHIPossibile Grandezza Frequenza

atteggiamento del rischio attesa

Non 1:1 In ogni individuoaccettabile 1:10 Uno per famiglia

1:100 Uno ogni strada

Fascia di 1:1000 Uno ogni paeseattenzione 1:10 000 Uno ogni città piccola

1:100 000 Uno ogni città media

Accettabile 1:1 000 000 Uno ogni città grande1:10 000 000 Uno ogni regione1:100 000 000 Uno ogni nazione1:1 000 000 000 Uno ogni continente1:10 000 000 000 Uno al mondo

do parla di rischio, il tecnico privilegia un’otticadi popolazione, mentre il cittadino si riferisce auna prospettiva individuale.10 Da ciò conseguela necessità di una attenzione maggiore al casosingolo, alla traduzione dei dati a dimensioniquantitative più semplici e riferibili al singolo.

a.L’uso della statistica e dei numeri il più dellevolte ha sul pubblico un effetto annebbian-te. In primo luogo bisogna evitare l’iperpre-cisione: non serve, per esempio, riportarepiù di un decimale nelle statistiche.

b.Nel riferire di studi epidemiologici, è moltomeglio dare rischi assoluti rispetto a rischi re-lativi, cioè il numero delle persone colpite daun certo effetto piuttosto che l’aumentopercentuale di rischio. A questo proposito,l’Istituto Superiore di Sanità aveva calcolatoche il numero annuo di leucemie infantili at-tribuibili a campi elettromagnetici a bassafrequenza era, in base agli studi epidemiolo-gici svolti, di circa tre unità all’anno in Italia.

c.In ogni caso, laddove si parla di un rischio re-lativo, questo va contestualizzato dando ilrischio di base (vale a dire la frequenza del-

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RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI: COME COMUNICARE

ficilmente bastano rassicurazioni generiche pergiustificare l’uscita di un articolo che ridimen-sioni un rischio. Nel caso dei campi elettromagnetici e di altri ri-schi i media hanno avuto un ruolo centralenell’amplificazione sociale del rischio.

a. E’ importante quindi sviluppare un rapportodi consuetudine con i giornalisti dando lorodati, mappe e materiale già lavorato in sen-so divulgativo affinché siano spinti a utiliz-zarlo efficacemente nei loro servizi.

b. Utile, a questo proposito sarebbe tenereconferenze stampa periodiche per proporre

nuovi dati e novità, enfatizzando il fatto diaver riportato a norma impianti, o di avercompletato mappe del rischio, cui allegareun’interpretazione corretta ma comprensi-bile.

c. Importante parlare attraverso personaggi ri-conoscibili e credibili, da investire del ruolodi “paladino” della precauzione dai rischiambientali per conto della pubblica ammini-strazione.

d. Non aspettare a dover difendersi da accuse,rimostranze ecc. ma andare al confrontocon le proprie strategie. Chi l’ha detto che

una pubblica amministrazione debba esse-re conservatrice e non piuttosto proattivanella difesa della salute dei cittadini attra-verso attività di controllo e prevenzione?

■ Con quali materiali arrivare direttamen-te agli interlocutori?

Accanto a quanto viene detto in occasione diincontri pubblici e in occasioni di articoli o ser-vizi giornalistici, è utile creare un set di docu-menti sul tema per il pubblico più generale(che vale anche per i media).

a. A monte è utile prevedere uno o più rap-porti tecnici sintetici e comprensibili, ma ab-bastanza precisi, da mettere sul sito internetdell’istituzione e da far conoscere ai princi-pali soggetti interessati al tema.

b. Altre brochure, documenti in power-point elocandine possono essere pensati – meglio serealizzati sotto il profilo redazionale e graficoda professionisti dell’editoria – per un pubbli-co selezionato in grado di diffondere i conte-nuti al resto della popolazione. Costoro, chealcuni definiscono «cittadini competenti»,18

Tabella 4 LE MOLLE CHE SCATENANO I MEDIA (BENNET)

■ Qualcosa/qualcuno da biasimare■ Presunti segreti o tentativi di insabbiare

■ Interessi umani identificabili con precise figure: l’eroe, le vittime, il cattivo, il credulone, ecc.

■ Legami con importanti personalità o con temi molto dibattuti■ Conflitti■ Possibili mali futuri ■ Alto numero delle persone esposte al rischio, se pure ad un livello basso■ Forte impatto visivo (es. fotografie di persone sofferenti)■ Connessioni con il sesso e/o il crimine

Un rischio possibile perla salute pubblica diven-terà più facilmente uncaso di cronaca se saran-no presenti alcuni dei se-guenti fattori:

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CAPITOLO 3 LA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO ELETTROMAGNETICO

sono insegnanti, medici, dirigentidi associazioni, professionisti, poli-tici, sindacalisti ecc.

c. Solo nel caso si ritengaimportante contrastare ilmessaggio sul tema fatto pas-sare dai media, si puòprevedere di andaredirettamente su tuttoil pubblico con mate-riali ad hoc, caratterizzati da for-te chiarezza e sinteticità del mes-saggio, che rimanda per even-tuali approfondimenti ai documenti dellivello illustrato in (b). Tali strumenti dicomunicazione possono essere siacartacei (locandine, dépliant da in-viare a casa) sia audiovisivi per unatrasmissione attraverso radio e tele-visioni locali. Anche un numeroverde che risponda ai dubbi dellapopolazione può essere unostrumento adeguato a entrarenel merito dei contenuti, sem-pre che il servizio sia prestatoin modo efficiente.

■ Quando iniziare a parlaree quanto a lungo parlarne?

Le grandi emergenze ti-po Chernobyl, mucca

pazza, ecc. hanno insegnatoche tutto ciò che viene detto

con un ritardo superio-re ai dieci giorni vieneletto dall’opinione pub-

blica come un’ammissione di col-pevolezza, o quanto meno dicollusione e ignavia, da partedella pubblica amministrazione.

● La comunicazione deve essere tem-pestiva e proattiva, cioè non rincorre-re ma anticipare le proteste.

● La comunicazione deve essere con-tinuativa: non serve a niente impo-stare una campagna di comunica-zione per poi abbandonarla dopoqualche mese. Fino a che ci saràil problema, è un dovere tenereattivi canali di comunicazione

con il pubblico.

■ Come creare e, soprattutto, mantenere,un clima di fiducia con il pubblico e un’im-magine di credibilità come istituzione?

Nessun contenuto, informazione, per quantocorretta essa sia, possono nulla se non c’è un cli-ma di fiducia con l’interlocutore. Riportiamonelle pagine seguenti le sette «regole cardinali»per cercare di «immergere» la comunicazionein un clima propizio.19

■ Come verificare se la comunicazione ap-prontata è stata efficace o meno?

L’unico modo per migliorare le proprie capacitàcomunicative e avere un riscontro di quanto fattoconsiste nel monitorare la comunicazione. A finecampagna, sarebbe opportuno quindi condurreanalisi sulla percezione del problema da partedella popolazione interessata e, parallelamente,condurre focus group mirati per misurare even-tuali cambiamenti nella consapevolezza del pro-blema.Come ricordato all’inizio di questo capitolo, en-trambi gli strumenti sono stati sperimentati dal-l’ARPAV in merito alla percezione dei campi elet-tromagnetici. L’analisi della percezione pubblica

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LE «SETTE REGOLE CARDINALI» PER LA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO

RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI: COME COMUNICARE

1 Accettare e coinvolgere il pubblico considerandolo interlocutore legittimo a tutti gli effetti

● Coinvolgere tutti i soggetti interessati o portatori diinteressi ricordando che ognuno ha i propri interessi, bi-sogni, priorità, preferenze e organizzazioni. ● Dimostrare rispetto per gli interlocutori e sottolinea-re la sincerità dell'impegno comunicativo coinvolgendola comunità fin dalle fasi iniziali e comunque prima chevengano prese importanti decisioni. ● Rendere evidente che nel prendere le decisioni fon-damentali vengono presi in considerazione tutti i fatto-ri e non solo la grandezza del rischio.

2 Programmare accuratamente il processo co-municativo e valutare i risultati

● I differenti gruppi coinvolti hanno obiettivi diversi erichiedono strategie comunicative diverse. Iniziare conobiettivi semplici e chiari quali offrire informazioni, mo-tivare le persone ad agire, stimolare un comportamentoin caso di emergenza o contribuire alla soluzione di unconflitto.● Considerare l'informazione disponibile su un rischioe conoscere la sua forza e i suoi punti deboli. ● Classificare e segmentare gli interlocutori in modo daindirizzare la comunicazione in modo preciso. ● Utilizzare per la comunicazione persone capaci dipresentare bene i problemi e di interagire con gli inter-locutori. ● Curare la formazione delle persone, compresi i tec-

nici, incaricate di svolgere compiti di comunicazione. ● Fare una verifica preliminare, se possibile, del mes-saggio da comunicare. ● Valutare accuratamente gli sforzi effettuati e impa-rare dagli errori commessi.

3 Ascoltare gli interlocutori● Le persone sono spesso più attente alla fiducia, allacredibilità, al controllo, alla competenza, alla volonta-rietà, all'equità e alla compassione che alle statistichedi mortalità o ai dettagli sulla stima quantitativa del ri-schio. ● Non ci si può aspettare che gli interlocutori ascoltinose non li si è ascoltati. ● Non bisogna fare assunzioni affrettate su ciò che isoggetti coinvolti conoscono, pensano o desideranoche venga fatto sui rischi. ● Occorre, invece, dedicare tempo e risorse a indaga-re su ciò che le persone pensano utilizzando tecnichecome le interviste, i focus group e le indagini di popo-lazione. ● Permettere a tutte le parti in causa di essere ascol-tate. ● Riconoscere i sentimenti delle persone. Far capire chesi comprendono gli argomenti e le preoccupazioni degliinterlocutori e li si considerano alla pari dei propri. ● Riconoscere gli elementi nascosti, i significati simbo-lici e le considerazioni di carattere più generale di ordi-ne economico e politico che spesso sottostanno e com-plicano i processi comunicativi.

4 Essere onesti, franchi e aperti● La fiducia e la credibilità sono le basi più solide su cuicostruire la comunicazione e anche le più difficili da ot-tenere. Se vengono perdute è quasi impossibile ricon-quistarle. ● Presentarsi senza aspettare automaticamente di es-sere creduti. ● Se non si conosce una risposta o si è incerti è megliodirlo. ● Tornare dalle persone con la risposta alle domandecui non si era risposto in precedenza. ● Ammettere gli errori. Rendere nota l'informazioneappena possibile sottolineando eventuali riserve sull'at-tendibilità. Se in dubbio è meglio condividere più infor-mazioni che essere accusato di nasconderne. Discuterele incertezze sui dati, la rilevanza e i punti critici, anchedi quelli identificati da altri soggetti credibili. Descriverele stime peggiori come tali e considerare il range nellestime quando è il caso.

5 Coordinarsi e collaborare con altre fonti credibili

● Le alleanze possono essere importanti. I conflitti e ledivergenze in pubblico tra fonti credibili sono uno deiprincipali problemi per la comunicazione del rischio.● Dedicare tempo e risorse per costruire relazioni e col-laborazioni con le altre organizzazioni e per coordinarein modo integrato le comunicazioni.● Utilizzare intermediari credibili e autorevoli.● Cercare di diffondere comunicazioni congiunte con

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CAPITOLO 3 LA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO ELETTROMAGNETICO

altre fonti autorevoli e credibili (esperti universitari, me-dici, funzionari di enti pubblici riconosciuti).

6 Andare incontro alle esigenze dei mezzi di informazione

● I mezzi di informazione sono un trasmettitore pri-mario di informazioni. Essi svolgono un ruolo critico neldefinire la priorità degli argomenti e nel determinarel'effetto. Essi sono spesso più interessati alla politicache alle statistiche, più alla semplicità che alla comples-sità, più al pericolo che alla sicurezza.● Occorre, quindi, essere aperti e disponibili nei con-fronti dei giornalisti. Rispettare i loro tempi, molto stret-ti di solito.● Offrire le informazioni in modi utili per ogni tipo dimedia (ad esempio: fotografie, grafici e altri sussidi au-diovisivi per la televisione).● Preparare in anticipo e offrire materiale informativodi base sulle questioni più complesse e importanti.● Garantire la continuità della comunicazione su un epi-sodio, indipendentemente dai risultati positivi o negativi.Cercare di stabilire relazioni stabili di fiducia e collabo-razione con giornalisti ed editori.

7 Esprimersi con chiarezza e passione● Il linguaggio tecnico e gergale può essere utile perfacilitare le comunicazioni tra esperti, ma è un ostacoloall'efficacia della comunicazione con gli altri interlocu-tori. Se le persone sono motivate sufficientemente so-no anche abbastanza in grado di comprendere infor-

mazioni complesse sui rischi anche se sono in disaccor-do.● Occorre, quindi, usare un linguaggio semplice, nontecnico, usare immagini concrete e comprensibili adattea una comunicazione a livello personale. È utile usareesempi e aneddoti che danno vita ai dati tecnici sui rischi.È, invece, opportuno evitare un linguaggio distante,astratto, scostante su temi come la morte, gli infortunie le malattie. Riconoscere e rispondere, a parole e neifatti, alle emozioni che il pubblico esprime come l'an-sia, la paura, la rabbia, l'oltraggio, il bisogno di aiuto.● Riconoscere e rispondere in merito alle distinzioniche il pubblico giudica importanti nella valutazione delrischio come la volontarietà, la controllabilità, la fami-liarità, la paura, la causa (naturale o umana), i benefici,l’equità e il potenziale catastrofico. ● È utile utilizzare paragoni tra i rischi per aiutare a ve-dere i rischi in prospettiva, ma è controindicato fare pa-ragoni che ignorano elementi di distinzione che le per-sone considerano importanti. ● Cercare di includere sempre una descrizione delleazioni che sono state intraprese o delle decisioni adot-tate. Dire con chiarezza cosa non si può fare. ● Promettere solo ciò che si può mantenere e assicu-rarsi che venga fatto. ● Non lasciare mai che gli sforzi che si fanno nell'infor-mare sui rischi inducano a dimenticare di riconoscere emanifestare che ogni malattia, infortunio o morte èuna tragedia. ● In ogni caso, indipendentemente dagli sforzi, vi saràsempre qualcuno insoddisfatto.

dei rischi si basa su una selezione ponderata dellapopolazione in modo da ottenere un campionerappresentativo della stessa, cui somministrareun questionario. Un’analisi quali-quantitativa diquesto genere può essere riproposta in modo piùmirato sui campi elettromagnetici su piccole po-polazioni locali prima e dopo una campagna dicomunicazione, in modo da verificare l’impattodella stessa sulla cittadinanza. Lo strumento del focus group si integra conl’analisi della percezione del rischio, svolgen-do un’analisi qualitativa in profondità su unadecina di persone tramite questionari, giochidi ruolo, libere discussioni e altre tecniche. Sisvolge generalmente in una giornata e si di-mostra particolarmente utile per far emerge-re i punti critici di un tema.

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RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI: COME COMUNICARE

1. Uso il termini «esperti» tra virgolette per intenderela comunità tecnico-scentifica che, pur non avendonecessariamente nozioni precise sull’epidemiologiadei campi elettromagnetici (fisici, ingegneri, medicidi famiglia ecc.), ha a che fare con l’informazione etalvolta la gestione di questo rischio.

2. K. Foster, D. Bernstein, P. Huber, Phantom Risk.Scientific inference and the Law, MassachussettsInstitute of Technology Press, 1993.

3. M. Fronte, «Il caso della Coca Cola: malattia socio-genica di massa?», Epidemiologia&Prevenzione24(1) 2000.

4. M. Biocca, La comunicazione sul rischio per la sa-lute, Centro scientifico editore, 2002. Devo a que-sto autore molti suggerimenti e ispirazioni per latrattazione del tema in questo opuscolo.

5. Si vedano i ricorrenti editoriali di Tullio Regge su LeScienze.

6. P. Bennett, K. Calman, Risk communication andpublic health, Oxford University Press, 1999.

7. Flavio Trotti, Giampaolo Fusato, ARPAV (Direzione

Area tecnico-scientifica – Osservatorio Agenti Fisi-ci), Popolamento di indicatori di esposizione aiCEM, 2002.

8. Flavio Trotti, Marco Vassanelli, ARPAV (DirezioneArea tecnico-scientifica – Osservatorio Agenti Fisi-ci), Popolamento di indicatori di esposizione aiCEM, 2002.

9. F. Trotti, M. Vassanelli, C. Zampieri, ARPAV (Direzio-ne Area tecnico-scientifica – Osservatorio Agenti Fi-sici), Controllo dell’inquinamento elettromagneti-co sul territorio della Regione Veneto, 2002.

10. P. Kourilsky, G. Viney, Le principe de precaution,Rapport au premier ministre, Odile Jacob Edition,Paris, 2000.

11. P. Comba, R. Pasetto, «Il principio di precauzione:evidenze scientifiche e processi decisionali», Epide-miologia&Prevenzione, in pubblicazione.

12. Idem

13. Per una rassegna completa delle posizioni sul prin-cipio di precauzione e i campi elettromagnetici sivada al sito internet http://europa.eu.int/ comm/

health/ph_determinants/environment/EMF/ conf_february_2003_en.htm

14. F. Trotti, M. Vassanelli, C. Zampieri, op cit.

15. G. Licitra, N. Colonna, «Applicability of the precau-tionary principle to power lines: some successful casestudies in Tuscany», Luxembourg, 24 Febbraio 2003,scaricabile dal sito internet http://europa.eu.int/comm/health/ph_determinants/environment/EMF/conf_february_2003_en.htm

16. WHO, «Precautionary Framework for Public Healthprotection», Draft for.review (2 maggio 2003), sca-ricabile dal sito dell’Organizzazione mondiale dellasanità http://www.who.int/peh-emf/meetings/Lux_PP_Feb2003/en/

17. M. Biocca, La comunicazione sul rischio per la salu-te, Centro scientifico editore, 2002, pp.44-45.

18. M. Biocca, op.cit.

19. V. Covello, F. Allen, Seven cardinal rules of risk com-munication, US EPA, Office of Policy Analysis, 1998.

Note

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