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RISCOPRIAMO LA VOCAZIONE DEI LAICI NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ OGGI

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ATTI DEL CONVEGNO ECCLESIALE DIOCESANO 2011-2012

PRESENTAZIONE DEL VESCOVO

Presento volentieri gli Atti del re-cente Convegno diocesano, raccoltiin opuscolo.

Diventa così più facile consultarlie tenerli presenti come comodo vade-mecum, che unisce in rete tutti glieducatori, sacerdoti, famiglia, opera-tori pastorali nell’opera comune:quella dell’educare, senza correre ilrischio di disperdersi in una forestalussureggiante e senza confini.

Riviste, giornali, pubblicazionivarie si moltiplicano di giorno ingiorno arricchendo di spunti, di con-siderazioni, di prospettive l’argo-mento dell’educare, con il rischiotuttavia di rendere più problematicoe sfrangiato l’impegno che pur nonammette tregua o rinvio.

Il Convegno diocesano con gliAtti che ha prodotto è in grado disventare questo rischio, restrin-gendo all’essenziale quanto occorretener presente e si trova riassuntonella prolusione del prof. PierpaoloTriani e nei dibattiti che lo hanno se-guito: educare in famiglia, nellascuola, nella società.

Son certo, perciò, che tale Conve-gno, da tutti partecipato e arricchito,produrrà i suoi frutti. Una relazioneautenticamente educativa porta – in-segna S. Agostino – a scoprire qual-cosa, o meglio Qualcuno, che è piùprofondo e più alto di ogni possibilealtezza.

Scopriremo così che l’educarenon è un’attività neutra o senza con-

Presentazione diMons. Raffaele Calabro,Vescovo di Andria

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PRESENTAZIONE DEL VESCOVO

seguenza, perché cambia e modifical’educatore prima che l’educando.

In un bell’articolo comparso suLa Civiltà Cattolica del 7.1.2012,Padre Giandomenico Mucci, S.J., po-neva in evidenza per noi presbiteri ilsaper conversare, raccomandato dalConcilio Vaticano II nel Decreto sullaformazione sacerdotale.

L’esortazione centrale è quella,mi pare, di saper ascoltare, prima diparlare e, comunque, di non parlaremai senza aver prima ascoltato.

Sant’Ignazio di Lojola arriva alpunto da mettere la conversazionecon il prossimo allo stesso livello diascoltare le confessioni sacramen-tali.

Con paterno e fraterno affetto visaluto e vi benedico.

Andria, 20 gennaio 2012,memoria di San Sebastiano, Martire e Patronosecondario della città di Andria.

† Raffaele CalabroVescovo

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ATTI DEL CONVEGNO ECCLESIALE DIOCESANO 2011-2012

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PRESENTAZIONE DEL CONVEGNO DEL VICARIO GENERALE

ATTI DEL CONVEGNO ECCLESIALE DIOCESANO 2011-2012

Buonasera a tutti,

il Convegno Diocesano che civede impegnati oggi e domani trae lasua origine più remota dai recentiOrientamenti Pastorali1 dei VescoviItaliani.

Il nostro Vescovo, che salutiamocon filiale affetto e sincera gratitu-dine, nel programma pastorale dio-cesano ha riportato che “laConferenza Episcopale Italiana chiedealle comunità diocesane, nel loro com-plesso, di prendere coscienza della gra-vità e complessità del compitoeducativo nelle attuali circostanze”.2

Ma il Convegno di quest’anno, cosìcome è stato strutturato, trova, in

particolare, la sua ragione nelle pre-cise indicazioni offerte dal nostro Ve-scovo che ha voluto finalizzare ilpercorso pastorale diocesano deiprossimi due anni “ad una presa di co-scienza e consapevolezza di essere comeChiesa locale una comunità educante”.

Certo, i problemi non mancano,ma in più occasioni Mons. Calabro ciha ricordato che siamo discepoli diCristo e non possiamo tirarci indie-tro, intimoriti di fronte alle sfide delnostro tempo. Siamo, pertanto, chia-mati a rinnovare il nostro impegno,animati da una grande passione edu-cativa e in dialogo costruttivo con lealtre agenzie educative.

Presentazione del Convegnodel Vicario Generale,don Gianni Massaro

1. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastoralidell’Episcopato Italiano per il decennio 2010 – 2020, Paoline, Milano 2010.

2. DIOCESI DI ANDRIA, Dio educa il suo popolo. Programma pastorale diocesano 2011 – 2013, Andria2011, p. 4.

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PRESENTAZIONE DEL CONVEGNO DEL VICARIO GENERALE

Da qui la struttura delle due se-rate di questo Convegno: la prima de-dicata all’ascolto della relazione delprof. Pierpaolo Triani, sul tema“Educare, impegno di tutti”; la se-conda, domani, allorquando ci suddi-videremo in tre gruppi di lavoro econfronto con le altre realtà ( fami-glia, scuola e società) che operanonel territorio nell’ambito educativo.Ogni gruppo avrà come relatori, te-stimoni locali che presenterannopunti di forza e di debolezza apparte-nenti ad ogni ambito e indicherannoprospettive per un maggiore impe-gno educativo. I gruppi di lavorosaranno coordinati da alcuni compo-nenti del Comitato di Presidenza delConsiglio Pastorale Diocesano.

Una considerazione sui numeri diquesto Convegno. Alla segreteriadello stesso sono pervenute, compi-late, le schede di iscrizione di tuttele parrocchie della diocesi, dalla piùlontana alla più vicina a questa sede,dalla più numerosa alla meno nume-rosa. Le comunità parrocchiali sonorappresentate da sacerdoti, religiosie fedeli laici. Sono presenti anche icomponenti dei Consigli PastoraliDiocesano e Zonali e, infine, ben 21aggregazioni laicali hanno segnalato

la loro presenza con alcuni referenti.Sono numeri importanti che ci di-cono che possiamo vivere davverouna bella esperienza di Chiesa conl’augurio che il Convegno generi re-lazioni di fraternità, proposte crea-tive, passione educativa ed impegnoper un cammino di vita cristiana ri-velatore nella storia di un Dio che inGesù Cristo, vero Maestro, continuaad educare il suo popolo.

Il ringraziamento va a Lei, Eccel-lenza, per aver fortemente volutoquesto evento e per le preziose indi-cazioni dateci ed a lei, ProfessorTriani, per averci dato la disponibi-lità ad essere tra noi. Come anche alComitato di Presidenza del ConsiglioPastorale Diocesano, alla segreteriadel Convegno per la faticosa ma con-divisa e gioiosa organizzazione e atutti voi per l’interesse mostratonelle settimane che hanno precedutoquest’evento e la numerosa parteci-pazione di questa sera. Per consen-tire a tutti di vivere questaesperienza si è pensato di registrarel’intera serata, il cui video, da do-mani, sarà inserito nel sito della dio-cesi con la possibilità di ascoltare idiversi interventi.

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EDUCARE, IMPEGNO DI TUTTI

ATTI DEL CONVEGNO ECCLESIALE DIOCESANO 2011-2012

Ringrazio innanzitutto, sincera-mente, il vostro Vescovo, e il vicariogenerale per la presentazione e perl’accoglienza. Grazie per avermi in-vitato.

Sono abituato a parlare in pub-blico, ma non con uno così vasto. Unpubblico così non è da tutti i giorni,quindi un po’ di timore reverenzialece l’ho.1

Il compito affidatomi è quello diintrodurvi al tema di questo conve-gno, che poi è il tema che accompa-gnerà le chiese del nostro paese peri prossimi dieci anni. È un tema dif-ficile e molto importante, quindi ilmomento di oggi, come anche quellodi domani saranno, per voi, davverofondamentali.

Nelle cartelle consegnatevi potetetrovare lo schema della relazione chetra poco terrò, affinché tutti possanoessere agevolati nel seguire il mio in-tervento in tutti i suoi punti, senzaperdersi. Tale schema, in parte, ri-calca il mio contributo, contenuto nellibro citato poc’anzi, ossia “Educare,impegno di tutti” 2, un lavoro scritto apiù mani che vuole essere un com-mento, una guida alla lettura, capi-tolo per capitolo del documento deivescovi “Educare alla vita buona delVangelo”. Questa sera suddetto testosarà il nostro punto di riferimento.

Alcune premesse

Parto, innanzitutto, da alcunepremesse, che fanno da sfondo e dascenario al discorso. Sono alcuni as-

1. Il testo mantiene il tono colloquiale del parlato.2. P. TRIANI (a cura di), Educare impegno di tutti. Per rileggere insieme gli Orientamenti Pastorali della Chiesa

Italiana 2010-2020, AVE, Roma 2010. Il testo contiene i contributi di P. BIGNARDI, F. G BRAMBILLA,I. LIZZOLA, D. SIGAINI, F. MIANO e la prefazione di Mons. G. CROCIATA.

Educare,impegno di tutti

Prof. Pierpaolo Triani, docente di Pedagogia “Università del Sacro Cuore di Piacenza”

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EDUCARE, IMPEGNO DI TUTTI

sunti fondamentali che credo siasempre bene ridirci.

La prima premessa riguarda ilfine dell’impegno educativo.

Il fine dell’impegno educativo èniente di meno che lo sviluppo dellapersona. Noi educhiamo per promuo-vere la persona. Noi educhiamo, perusare un’espressione di Maritain,per risvegliare l’umano3. O, per dirlacon Mounier, per suscitare la per-sona, per suscitare l’umano.

Mounier, in un testo molto fa-moso, Il personalismo, dice cosi: “Dachi prende le mosse l’educazione delfanciullo. Questa domanda dipende daun’altra: qual è il suo compito? Nonquello di fare, ma di stimolare le per-sone. Per definizione una persona si su-scita con un appello e non si fabbricacon l’addestramento. L’educazione,quindi, non può avere per fine di adat-tare il fanciullo al conformismo del-l’ambiente familiare, sociale o statale.Né limitarsi a preparalo per il compitoo la funzione che egli esplicherà daadulto. La trascendenza della personaesige che la persona appartenga sol-

tanto a se stessa” 4.

Attenzione anche alla prossimafrase (la quale rischia facilmente diessere equivocata): “Il fanciullo è unsoggetto, non una res societatis né unares familiae né una res ecclesiae. Manon è nemmeno un soggetto puro o unsoggetto isolato. Inserito in collettività,egli si forma per mezzo di esse e inesse...” 5.

L’uomo – lo vedremo tra poco –non si educa da solo. Egli si educagrazie alle istituzioni, ma queste nonposseggono la persona. La personatrascende sempre le istituzioni. Loscopo dell’educazione è formare lapersona nella sua libertà (che perònon va intesa riduttivamente comemera espressività) e nella sua re-sponsabilità.

Questa è dunque la prima pre-messa: siamo qui per il bene dellepersone ed educhiamo per promuo-vere il loro bene che trascende sem-pre le istituzioni dentro cui sonoinserite. L’insegnante educa l’alun -no, ma attraverso la scuola vuolefare in modo che si realizzi la per-

3. J. MARITAIN, Per una filosofia dell’educazione, La Scuola, Brescia 2001, p. 70.4. E. MOUNIER, Il personalismo, AVE, Roma 2004, p. 154.5. Ibidem.

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EDUCARE, IMPEGNO DI TUTTI

sona. Il genitore non ha il compito dieducare il figlio a sua immagine e so-miglianza (se facesse così, per defi-nizione sarebbe Dio!); il suo compitoè quello di agire perché la personadel figlio si possa sviluppare. Quindinoi siamo sempre “mezzo”, mai finedell’educazione. L’educatore è sem-pre secondo rispetto al soggettoprimo, che è la persona.

Quindi, la seconda premessaviene immediatamente di conse-guenza: L’educatore è collaboratore.Ma chiediamoci: collaboratore di chi?Per noi cristiani l’educatore è, innan-zitutto, collaboratore della Grazia.

Cosa vuol dire questa parola, chenoi oggi usiamo poco ma che è fon-damentale per ogni cristiano? Provoa dirlo, nella consapevolezza di sem-plificare la questione; provo a dirlo,balbettando. Significa che siamo col-laboratori di un amore che ci precedee che opera nella nostra vita, checon-forma le nostre coscienze. Chesiamo collaboratori di un maestro in-teriore, presente in tutti noi.

Lo so. È molto facile quandoguardiamo un bambino di un anno emezzo che ci sorride, pensare che ilsuccitato maestro sia all’opera. Maquando, per esempio, si litiga col

proprio figlio adolescente, è più dif-ficile pensare che ci sia! Però noi cri-stiani riteniamo che tutte le personesono plasmate da un amore piùgrande e che noi siamo a servizio ditutto questo. Non siamo gli arteficidell’atto educativo, ma c’è un’azioneche ci precede e ci supera. Siamo col-laboratori della Grazia.

Permettetemi allora la battuta:“L’educatore è chiamato a compiereatti graziosi”. Qui “grazioso” non vainteso logicamente come atti cariniin senso superficiale. Piuttosto nelsenso di “carino” che rimanda al kai-ròs, alla Grazia amorevole del mi-stero di Dio.

Chi tra voi lavora con la vita fe-rita, cioè con ragazzi trascurati e ab-bandonati, che fanno fatica a vivere,sa quanto questo sia importante. Diquanto questi ragazzi hanno bisognodi uno sguardo che gli dica: “Seiamato... anche se non ti comportibene, anche se dentro di te staimale!”

Questa è la collaborazione dellaGrazia.

Terza premessa: se è vero che ilfine dell’educazione è la persona;che la fonte dell’atto educativo e del-

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l’impegno educativo della comunitàcristiana è l’amore di Dio che ci pre-cede – è Dio che educa il suo popolo– dobbiamo riconoscere che questacollaborazione è un fatto che coin-volge sempre gli uomini; tutte le ge-nerazioni sono tenute ad educare.L’atto educativo, ecco la premessa, èun compito permanente.

Prima alcuni giornalisti mi chie-devano: “È difficile, oggi educare?”Ce lo chiediamo tutti. Allora, sgom-beriamo subito il campo: non pos-siamo sapere se era più difficileeducare una volta rispetto ad oggi.Perché non c’eravamo!

Noi sappiamo che oggi educare cicosta fatica. Ma perché? Perchél’educazione è un compito perma-nente. Dire ciò significa che va sceltocontinuamente.

Un genitore non può dire: “Oggifaccio il genitore, domani no”. Ognigiorno deve scegliere di essere geni-tore. Così l’insegnante, così l’allena-tore e così il catechista.

Allora l’educazione è un compitopermanente perché ogni generazionedi adulti deve scegliere di educare. Ese una generazione di adulti scegliedi non educare nessuno può farlo al

suo posto. E, inoltre, deve sceglieredi educare facendo i conti col propriotempo, con le sue relative fatiche erisorse.

Per questo oggi ci è chiesta unarinnovata responsabilità educativa.Perché? I fenomeni sociali chestiamo vivendo ci consegnano unpresente dove non puoi fare comple-tamente affidamento sui dispositivi,gli strumenti e i linguaggi di ciò cheti ha preceduto.

Fino a qualche tempo fa, forse, sipoteva dire: fai come hai semprefatto che va bene. Oggi, invece, citroviamo di fronte a situazioni dovela responsabilità educativa va rinno-vata.

Prendete l’esempio di internet edelle chat. Non possiamo affrontarela situazione guardando semplice-mente a ciò che hanno fatto i nostrigenitori; abbiamo la necessità di leg-gere e capire i fenomeni nuovi, dioperare tenendo presenti i fonda-mentali dell’educazione e scegliere.Si potrà pure sbagliare, visto che lescelte comportano degli errori. Manessuno può sostituirsi alla nostrascelta, al nostro dovere di scelta.

Educare quindi richiede una rin-

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novata responsabilità educativa. Èquello che i vescovi sottolineano. Perquesto ci hanno consegnato un la-voro di dieci anni, sottolineando lanecessità di riformare la responsabi-lità educativa. È un lavoro che vafatto con coraggio.

Questa responsabilità educativada rinnovare ha, per noi cristiani, lasua radice nel Vangelo. E’ bene, aquesto proposito, richiamare diretta-mente il documento dei vescovi: “Laresponsabilità educativa nasce per dueragioni: per un desiderio e per una pre-occupazione. Nell’introduzione del do-cumento, i vescovi, prima di dirsipreoccupati della situazione educa-tiva attuale, dicono una cosa moltobella: noi abbiamo un grande dono dadare a tutti: la Parola buona del Van-gelo”.6

La responsabilità educativa pren -de forza sul desiderio. Sul desideriodi dare a tutti una vita buona. Sieduca volentieri non perché si hapaura, ma solo se si desidera dav-vero il bene delle persone.

Chi vive nella scuola lo sa benis-

simo. L’insegnante che ha paura deiragazzi entra in classe mettendo ingioco un circolo vizioso.

L’educazione non parte dallapaura. Si educa se tu ami la vitadell’altro, se hai un desiderio: che labellezza della vita che hai incontrato,della parola buona del vangelo,possa essere data agli altri. Questoè il desiderio dell’educazione, desi-derio che ci interpella e ci chiede,conseguentemente, una risposta.

Naturalmente non siamo ciechi equindi la responsabilità educativanasce, si declina e si articola su undesiderio, ma anche su una preoccu-pazione. Essa è espressa bene dal di-scorso del Papa, presente comeallegato al documento dei vescovi.7

Benedetto XVI mette in evidenza i ri-schi della concezione relativistica eipersoggettivistica della vita.

Se si pensa che niente valga, per-ché tutto è sullo stesso piano, non sihanno più ragioni da dare agli altri.Allora il percorso della vita, o megliodi umanizzazione della vita umana ri-schia di perdersi.

ATTI DEL CONVEGNO ECCLESIALE DIOCESANO 2011-2012

6 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastoralidell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, Ottobre 2010, n. 4.

7 BENEDETTO XVI; Discorso alla 61º Assemblea generale della Cei, 27 maggio 2010.

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EDUCARE, IMPEGNO DI TUTTI

Le persone rischiano di chiudersiin se stesse e la loro ‘umanità’ ri-schia di perdere forma e forza.

La responsabilità educativa èquindi articolata su questa dialet-tica: desiderio e preoccupazione. È unaresponsabilità che interpella tutti.Anche in questo i vescovi sono moltochiari. Essi parlano, sì, alla comunitàecclesiale ma non solo ad essa, per-ché l’educazione riguarda tutti, piùsoggetti: la famiglia, la parrocchia,la scuola, le università, le associa-zioni sportive, i mass media, il terri-torio. Interpella tutti. E visto cheinterpella tutti dobbiamo prendereconsapevolezza di cosa è effettiva-mente l’educazione. E noi, come cri-stiani, essere capaci di condividerealcuni punti fermi.

1. I punti fermi per una rinnovataresponsabilità educativa

Educare che cosa richiede? L’edu-cazione richiede la fiducia. RomanoGuardini dice che l’educazione è unatto di fiducia8: un atto di fiducia nelmistero di Dio; è atto di fiducia versola persona che si ha di fronte. È attodi fiducia in te come educatore. È un

fidarsi che ci sia il bene.

Quindi, ogni volta che riduciamoquesta fiducia l’educazione si riduce.Un insegnante che ha fiducia solo inse stesso, ma non nel ragazzo, fa fa-tica. Un educatore che ha fiduciasolo nel ragazzo, ma non in sestesso, fa anch’egli fatica. Un geni-tore che ha fiducia solo in se stesso,ma non nel bambino – o nel coniuge- anche.

L’educazione è fiducia che ci siaun bene da coltivare. Do tempo albene, affinché esso cresca.

In questo senso, l’educazione,oggi è una controcultura, perché nelnostro tempo, così mosso dalla frettae dalla frenesia, dove bisogna fare iconti ogni giorno e si vuole otteneretutto e subito, la fiducia, cosa che ab-bisogna di tempo per potersi co-struire e instaurare, viene esclusa.

L’educazione richiede fiducia e,naturalmente, speranza. Perché sela fiducia è ammettere che ci sia unbene, speranza è ammettere che ilbene cresca e che si compirà.

Oggi abbiamo tutti bisogno diavere verso gli educandi uno sguardo

8. R. GUARDINI, Etica, Morcelliana, Brescia 2001.

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EDUCARE, IMPEGNO DI TUTTI

fiducioso. Ma anche di avere unosguardo fiducioso verso noi adulti,pur nella durezza dei tempi chestiamo vivendo.

Come credenti dobbiamo dirciche, nonostante le fatiche che cisono e che magari ci aspettano, noicrediamo che il bene c’è. Che il benesi compie. E che su tale bene noi pos-siamo far crescere le nuove genera-zioni. E non sulla disperazione.

Mounier dice: “Disperare di uno èun renderlo disperato”9. È una frasemolto significativa, che ogni educa-tore dovrebbe tenere sempre pre-sente.

Quindi, chi è l’educatore? Quelloche non si rassegna a disperare diqualcuno. È il genitore che, una voltaandato a letto furibondo a causa diuna lite col proprio figlio, il giornodopo si sveglia e dice a se stesso:Ok. Ricominciamo!

Questo, a mio parere, è un talentofondamentale dell’educatore: di nondisperare mai e di scommettere an-cora una volta sul bene.

Secondo punto fermo: l’educazionerichiede scelte valoriali. In poche e

semplici parole: non si educa nelvuoto. Quando un bambino o un ra-gazzo ti guarda, ti guarda bene. Vedein te una testimonianza incarnata.

È un’illusione dire: “Io non do va-lori ai mie figli. Se li sceglieranno dagrandi”. Se tu genitore non glienedai, qualcun altro glieli darà. Il vuotoche tu crei sarà riempito da qual-cos’altro, da ciò che i pedagogistichiamano le educazioni informali enon formali della quotidianità.

Allora, educare comporta il farescelte valoriali, nella famiglia e nellasocietà. Naturalmente ciò apre laquestione dell’individuazione dei va-lori su cui costruire l’impegno edu-cativo.

Terzo punto fermo: non si educasenza un orizzonte, senza una proget-tualità.

Per progetto non intendiamo quisolo un testo scritto. S’intende qual-cosa di più ampio: l’orizzonte del pro-prio agire e del proprio cammino.

Voglio un bambino che raggiungatutte le sufficienze o voglio un bam-bino che oltre a questo abbia qual-cosa altro, un desiderio di vivere e

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9. E. MOUNIER, Il personalismo, op. cit., p. 62.

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EDUCARE, IMPEGNO DI TUTTI

sviluppi determinati interessi?

Mounier dice: “...quando gli uo-mini non sognano più le cattedrali, nonsono più nemmeno in grado di costruiredelle belle soffitte”10. Questa è la pro-gettualità: l’immaginare qualcosa digrande e cominciare a realizzarlodalle piccole cose.

Lo so che nel concreto è dura.Quando si hanno ventisette bambiniin classe è difficile sognare una cat-tedrale. Però la progettualità è fon-damentale nell’atto educativo.

Quarto punto fermo: educare ri-chiede collaborazione. Detto con unasola frase: non si educa da soli.L’educazione è un atto di collabora-zione, come s’è detto poc’anzi, con laGrazia. Ma l’educazione è un attocollaborativo coi bambini e coi ra-gazzi. L’educazione è una dinamicadi libertà. Senza collaborazione noipossiamo addestrare il discente, manon educarlo fino in fondo.

Educare è un atto di collabora-zione tra adulti. Ecco i vescovi chenel documento ci ricordano la neces-sità di un’alleanza educativa.

Io genitore mi devo fidare deglieducatori dei miei figli, devo coope-rare con loro. Se guardiamo benel’educazione è intrinsecamente unatto collaborativo, che costante-mente richiede la fatica di tesserecollaborazioni per creare una comu-nità educante.

Un esempio molto forte possiamoricavarlo dagli adolescenti. I vescovigiustamente sottolineano l’impor-tanza della famiglia, ma l’adole-scenza ci restituisce la necessitàdella famiglia ma anche la sua im-possibilità di fare tutto, perché la di-namica dell’adolescenza è unadinamica di revisione dei rapporti tragenitore e figlio.

Per cui è normale che un figlionon abbia più come unico punto di ri-ferimento la mamma o il papà. Ciò si-gnifica che c’è bisogno di punti diriferimento adulti al di fuori della fa-miglia che sostengano il ragazzo.

Provo a fare un esempio con-creto, un po’ duro: se un ragazzo co-mincia ad avere problemi con ladroga, di certo la prima persona a cui

10. IVI, p. 100.

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andrà a dirlo non sarà la madre.Qualche volta sì, ma generalmentenon è così. È normale che la madretenga d’occhio il figlio, cogliendo isegnali di pericolo. Una volta colta larealtà del problema è chiaro che lamadre non può semplicemente dirgli“Cosa stai facendo?” La madre ha bi-sogno di altre figure adulte, checreino esperienze positive con suo fi-glio, lei stessa ha bisogno di con-fronto e sostegno.

Nessuno è autosufficiente in edu-cazione: la cooperazione è fondamen-tale.

Appunto perché l’educazione ri-chiede cooperazione, essa richiederisorse. Ma non solo risorse economi-che – su cui oggi è difficile parlare,visto il momento di grave crisi chestiamo attraversando – ma anche ri-sorse spirituali. Vanno continua-mente coltivate le risorse spiritualidell’adulto che educa. E passiamocosì ad un altro punto fermo: La ne-cessità del sostegno.

Oggi gli adulti in generale, eancor più gli educatori, hanno biso-gno di sostegno educativo, di mutuo

aiuto tra genitori, di esperienze incui confrontarsi sui problemi educa-tivi.

Un testo illuminante, citato nellabibliografia dell’opuscolo consegna-tovi, potrà risultarvi illuminante: Ilfiglio del desiderio. Una rivoluzione an-tropologica, di M. Gauchet. Questoautore dice: “Non siamo che all’iniziodel sostegno da dare alla genitoria-lità”11.

Quando io applico questa rifles-sione alla scuola, dico agli inse-gnanti, per poi discutere insieme:“Guardate che oggi, voi, dovete at-trezzarvi per sostenere i genitori.Come potete cambiare, ad esempio,il vostro modo in cui fate i colloquicon loro?”

2. Stare dentro il cambiamento

Questi sono quindi i punti fermi.Essi valgono sempre, in realtà, nonsolo oggi. Da sempre, l’educazionerichiede fiducia, scelte valoriali, pro-gettualità, collaborazione, risorse esostegno. Ma questi punti fermi,oggi, devono fare i conti con una de-

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11. M. GAUCHET, Il figlio del desiderio. Una rivoluzione antropologica, Vita e Pensiero, Milano 2010, p. 64.

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terminata cultura educativa che ciattraversa, che ha dei pro e dei con-tro, e che io sintetizzo in tre parolechiave: pluralità, soggettività e profes-sionalizzazione12.

Il primo punto: pluralità.

La cultura educativa di oggi fa iconti con la pluralità. Oggi edu-chiamo in un contesto dove la plura-lità è all’ordine del giorno. Viviamoed educhiamo in un contesto di plu-ralità valoriale. Ognuno ha i suoi ri-ferimenti valoriali e se li legittima.Questo incide molto nell’educazione.

Viviamo in un contesto segnatoda una pluralità di culture, di co-stumi e di tradizioni culturali, diforme di vita familiare, di fonti delsapere (una volta la funzione di ‘farcircolare il sapere’ era prerogativadell’insegnante, del sacerdote, deiprofessionisti, oggi, grazie a inter-net, le informazioni sono accessibilicon facilità).

Tutto questo che cosa comporta?Sia delle opportunità, visto che lapluralità è una ricchezza, ma anchedelle difficoltà.

Oggi dobbiamo fare i conti colfatto che l’accordo non è un datoscontato, dobbiamo crearcelo in-sieme decidendo su quali valori ba-sarci. Dobbiamo costruire, come èstato ricordato da più parti, pattieducativi espliciti.

Secondo punto. Siccome oggi i ra-gazzi incontrano una pluralità dimessaggi, abbiamo il compito di aiu-tare i ragazzi a fare sintesi. È diffici-lissimo, ma è un compito inevitabileche la pluralità ci consegna.

È controproducente negare lapluralità, magari rinchiudendo i no-stri figli o rinchiudendoci. Prima opoi prendono le ali e cominciano avolare nel mondo della pluralità.

Ecco quindi la sfida: attrezzarli avivere nella pluralità affinché nonperdano la bussola.

Secondo punto: la soggettività

Oggi il valore di riferimento è ilbenessere e la realizzazione perso-nale. Forse dovremmo tornare a par-lare di sacrificio per le nuovegenerazioni, visto che questo tempo

12. P. TRIANI, I nodi culturali della scuola in atto,, in A. ANTONIETTI – P. TRIANI (a cura di), Pensare einnovare l’educazione. Scritti in memoria di Cesare Scurati, Vita e Pensiero, Milano (di prossima pubbli-cazione).

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ce lo chiede, ma è indubitabile affer-mare che oggi la ricerca del benes-sere personale è il motivopredominante.

Oggi il bambino, come spiegamolto bene Pietropolli Charmet neisuoi scritti13, non è più visto come unpiccolo selvaggio da civilizzare, bensìcome un talento da far crescere e faresprimere. Questa idea ha fortementecambiato l’atteggiamento e la prassieducativa di noi genitori. I nostri figlinon vivono più in una cultura educa-tiva ‘edipica’, ma ‘narcisistica’14.

Le pubblicità televisive sosten-gono il narcisismo in modo incredi-bile. Pensate agli slogan: Tuttointorno a te. Tu senza confini. Powerto you!. (non a caso tutte facenticapo a delle compagnie di telefoniamobile).

Pensate ad una delle ultima ap-parse in televisione (e tolta moltopresto, pare per una vibrante prote-sta dei pediatri): Un bel bambinobiondo, dentro una casa comincia ad“esprimersi”. La sua espressivitàconsiste nel gettare nel water le

chiavi dell’auto del papà; rompere ipiatti per terra; far ribaltare i mobilidella casa e imbrattare, artistica-mente, i muri. Arrivano i genitori, ecosa fanno? Guardano soddisfatti illoro bimbo, sorridono, si baciano e,guardandosi innamorati, dicono: lecose belle si fanno in due!

Qual è l’idea di fondo che vienetrasmessa? Che nostro figlio, che èun talento, ha tutti i diritti per espri-mersi come vuole! Se l’abbiamo fattonoi, non può che compiere qualcosadi bello!

Se la tua idea è che tuo figlio deveseguire il suo ‘talento’, senza nessunlimite, la causa delle difficoltà cheincontra risiedono per forza in qual-cun altro. Ecco allora, per fare unesempio, che a scuola, quando ma-gari il docente riferisce che il ra-gazzo ha delle lacune in matematica,il genitore tenderà a rispondere cheè impossibile e ad attribuire la re-sponsabilità al docente stesso.

L’autocentratura è la deriva dellasoggettività la quale, però, ha anchedei lati molto positivi. La centralità

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13. G. PIETROPOLLI CHARMET, Fragile e spavaldo. Ritratto dell’adolescente di oggi, Laterza, Bari 2008.14. Ibidem.

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del benessere del soggetto ci ha fattoriscoprire la necessità di educareognuno, di coltivare i suoi talenti. Mabisogna anche affrontare il rischioche la soggettività possa trasfor-marsi in narcisismo.

Da qui, quindi, la sfida educativadi non chiudere i ragazzi in se stessie di aiutare i genitori a non chiudersidentro l’immagine che hanno deipropri figli.

Terzo punto: la professionalizzazione

La categoria della professionaliz-zazione la sintetizzo brevemente neiseguenti termini. Fortunatamente inquesti anni si sono moltiplicate leprofessioni educative. Questa è unagrande cosa. Qual è, quindi, il pro-blema? Pensare che l’educazione siasolo un compito dei professionisti del-l’educazione. Quindi di delegare a taliprofessionisti tale compito.

Facciamo esempi concreti. Ilcompito di educare alla fede, nellacomunità cristiana, non è solo dei ca-techisti, che sono tenuti ad essere,in senso lato, dei professionisti, ma ècompito di tutti. Se noi delegassimosolo i catechisti, o solo i membridella famiglia naturale, l’educazionealla vita di fede sarebbe molto meno

ricca e la comunità stessa divente-rebbe molto più povera.

Il rischio della professionalizza-zione è forte. C’è la tendenza a rivol-gersi agli esperti ogni qual volta sipresenta un minino segno di qual-cosa che non va. Certo, se tali sin-tomi si ripetono nel tempo, è logicoche bisogna approfondire e coinvol-gere figure professionali. Ma questonon esime il genitore dal tentare diosservare, capire ed operare.

I professionisti ci vogliono. Laprofessionalità è necessaria, mal’educazione è fatta anche dalle ri-sorse ordinarie, dalla forza della quo-tidianità e della informalità.

3. Lo stile educativo della Chiesa

Dentro questo cambiamento dob-biamo e possiamo ribadire lo stileeducativo della Chiesa. Per solleci-tare la responsabilità educativa dob-biamo ridire lo stile educativo dellaChiesa, il quale è magistralmentetracciato dai vescovi, con tre parole:la chiesa educa perché è discepola,madre e maestra. Guardate che l’or-dine di queste tre parole non è ca-suale, esso esprime invece unaprecisa logica.

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La chiesa educa perché innanzi-tutto impara. Noi cristiani edu-chiamo nella misura in cuiimpariamo e seguiamo il Maestro,l’unico Maestro. Nella chiesa impa-riamo perché seguiamo Gesù. Edu-chiamo nella misura in cui cilasciamo plasmare da Lui.

In termini operativi vuol direchiedersi: il Vangelo cosa mi sugge-risce? Dove posso trovare le forze edavere ancora la pazienza, per dareancora la vita? Vuol dire affidarsi,anche attraverso la vita di preghiera.

Noi educhiamo perché impa-riamo. Ma noi, come Chiesa, diamol’idea di seguire qualcuno? Diamol’idea di una realtà che sta impa-rando da qualcuno e che educa per-ché ha imparato da qualcuno? E cheeduca perché la passione di impararenon è mai finita, e che vive piena-mente nella sequela di Gesù?

La chiesa educa nello stile diMadre.

Noi educhiamo nella misura in cuiaccudiamo, nella misura in cui desi-deriamo la vita. E qui le donne col-gono in profondità il significato diquesta realtà, molto più di noi ma-schi I desiderio di essere madre è il

desiderio di dare la vita. Il padre locapisce appieno, spesso, solo quandovede il bambino. La donna da quandoegli viene concepito.

Questo è il carattere della mater-nità: il desiderio e l’accoglienza dellavita.

Allora, noi educhiamo nella mi-sura in cui noi accogliamo e nella mi-sura in cui noi desideriamo la vita dichi ci sta davanti. Noi vogliamo chela vita della persona che ci è ‘affi-data’ sia felice, bella.

La chiesa educa nella misura incui è Maestra.

C’è chi dice: “la vita è bella, com-portati come vuoi”. Mi sembra unasemplificazione. La vita è bella, maè una cosa seria e complessa. Un’av-ventura in cui uno può perdersi. Pro-prio per ridurre i rischi della perditae accrescere le possibilità di sviluppol’educazione comporta l’insegna-mento di principi, conoscenze, re-gole.

4. Le direzioni di lavoro

Il discepolato, la maternità, il ma-gistero, vanno dunque tenuti in-sieme. Ma per quali direzioni dilavoro?

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Educare vuol dire formare le co-scienze. Ciò vuol dire rendere le per-sone capaci di avere uno sguardolibero e responsabile sulla vita e oggiquesto vale ancora di più. Questa èla vera fatica del nostro compito.Una volta potevamo basarci maggior-mente sulla forza dei dispositivi or-ganizzativi.

Faccio un esempio concreto. Ionon credo che, cinquant’anni fa,tutte le persone che si sposavano inchiesa lo facevano perché erano con-vinte del sacramento del matrimo-nio. Si sposavano in chiesa, in parte,perché il dispositivo esterno dicevaquesto. Oggi i dispositivi esternisono frammentati e plurali. Oggi sidice poche volte “Fai cosi, perché telo dico io!”, piuttosto si dice ai ra-gazzi, il messaggio:“Fai quello chevuoi!”. Ma questo “fai quel che vuoi”è un messaggio molto impegnativo ericco di difficoltà. Perché per saperequello che si vuole bisogna avere unacoscienza formata. Ecco il punto. Noioggi non possiamo moltiplicare i di-spositivi esterni, ma puntare di piùsulla formazione delle coscienze deiragazzi, che significa aiutarli a svi-luppare una riflessività interna, adanelare alle esperienze positive.Senza lo sviluppo dell’interiorità il

messaggio “fai quello che vuoi”tende a coincidere con la realizza-zione dei bisogni immediati, con lamera espressività di ciò che si provain un determinato momento.

Ma come possiamo formare le co-scienze? Provo a fare semplicementealcuni accenni, per avviarmi poiverso la conclusione.

Ci è chiesto di operare attraversocontesti vitali e significativi. I ra-gazzi crescono se incontrano espe-rienze belle, adulti con la voglia divivere e che hanno qualcosa da dire;compagni con cui condividere leesperienze. Questo è ciò che accadein un contesto vitale significativo. Laparrocchia è oggi uno dei pochi postiche può essere definito come conte-sto vitale significativo intergenera-zionale. Un bambino che va inpalestra (senza naturalmente smi-nuire il valore dell’esperienza spor-tiva) incontrerà solo i suoi compagnie il suo allenatore. Quando, invece,la domenica va a messa, incontratutti: amici e sconosciuti che si in-contrano per un’esperienza comune

Noi, come comunità ecclesiale,abbiamo dei tesori educativi straor-dinari da valorizzare.

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I ragazzi per crescere hanno biso-gno di contesti vitali significativi, maanche di percorsi strutturati, di per-corsi formativi, così come gli adultine hanno bisogno. La coscienza siforma se è coltivata intensamente.

A questo proposito vorrei sinteti-camente ricordare alcuni temi forma-tivi:

1. È importante aiutare i ragazzi adaprirsi alla realtà e al mondo. Anon pensare che il mondo giri esclu-sivamente intorno a se stessi.

2. Aiutarli ad affrontare il temadella fragilità. Oggi i ragazzi fannofatica a fare i conti con i limiti. Biso-gna aiutarli ad imparare a viveredentro i limiti. Chi è l’adulto ideale?È colui che è riuscito a mantenere ilsuo desiderio vivendo dentro i limiti,dentro le fatiche del vivere , è coluiche dentro tali fatiche trova nuoveenergie, nuovi orizzonti e nuove spe-ranze. Gli adolescenti, oggi, hannobisogno di incontrare adulti che te-stimonino loro che la verità della vitanon sta nella perfezione dell’uomo,che non c’è. Ma nel riconoscere chetu sei abitato da un grande desideriodi vita, che fai i conti con il limite econ il peccato, che puoi vivere espe-rienze di liberazione e salvezza! Ri-

conoscere che ciascuno di noi puòcompiere il male, ma impegnarsianche, ogni giorno, per il bene. Met-tendo a tema la questione della fra-gilità si può portare il ragazzo acapire la complessità dell’animoumano, a comprendere che ciò che cipassa per la mente può anche esseresbagliato, a cogliere l’importanza deldiscernimento.

3. Aiutare a concepire la libertà noncome mera espressione di sé macome scelta del bene.

4. Educare al dono di sé. Questo èdavvero un punto chiave. Tutti oggici dicono che il compito principaledella vita è il realizzarsi. I cristianidicono: il compito principale dellavita è il realizzarsi donandosi. È di-verso! Guardate come cambia la pro-spettiva educativa e il suoorientamento. Come voglio donare lamia vita? Con chi voglio donare lamia vita? Per chi voglio donare lamia vita? Perché il cristiano ha que-sta prospettiva, la quale, come tuttinoi sappiamo, è faticosissima.

Educare alla trascendenza. È im-portante aiutare i ragazzi a pensareche il confine della vita non sta sem-plicemente in ciò che vedi, ma chec’è un orizzonte più ampio, che è il

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mistero di Dio! Non dobbiamo dareper scontata la cura della dimen-sione trascendente Da una recentericerca analisi condotta su un cam-pione di giovani italiani, solo il cin-quantadue per cento degliintervistati si è dichiarato cattolico.Ciò significa dire che l’apertura allatrascendenza nella forma del cattoli-cesimo oggi è, culturalmente, anchenel nostro paese, in difficoltà.

5. Un lavoro comune

La complessità delle direzioni dilavoro ci indica l’importanza di un la-voro comune. Usciamo da ogni formadi retorica e riconosciamo che lavo-rare insieme è difficile. Ai miei stu-denti faccio fare un esercizio checonsiste nel disegnare la propriacasa ideale. Su cento ne trovassi unoche vorrebbe vivere in un condomi-nio! Tutti vorrebbero vivere in unavilla isolata, circondata da un giar-dino che ne delimiti il confine. Per-ché? Perché convivere e collaborareè difficile.

Questo deve essere il punto dipartenza per lavorare insieme.

Stiamo facendo una cosa che costafatica, ma è necessaria. Perché ne-cessaria? Perché da solo non ce lafaccio. Perché da solo sono menoumano. Quindi la collaborazione èpiù difficile, ma necessaria. Allora vascelta. Anche, la collaborazione, nel-l’educazione va scelta.

Quando in oratorio, per esempio,proviamo ad organizzare percorsiformativi comuni, coinvolgendo edu-catori, allenatori e catechisti e ci tro-viamo magari dinanzi a domandetipo: “Ma quanti incontri dobbiamofare?”, non preoccupatevi perché ènormale. Costa fatica cooperare in-sieme.

La cooperazione però va scelta eva costruita con dei passaggi, chesono: accrescere la comunicazionereciproca; accrescere il confronto suiproblemi e cominciare a fare esperi-menti di lavoro insieme. Questi sonoalmeno tre passaggi del lavoro.

Anche in questo caso il discorsosi farebbe lungo, ma è ora di conclu-dere, ringraziandovi per l’attenzionee augurandovi di cuore un buonlavoro.

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Da sinistra: il Prof. Pierpaolo Triani, Mons. Raffaele Calabro, Don Gianni Massaro

Panoramica dell’Assemblea

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Sintesi dei lavori dei Gruppi di Studioa cura di Antonio Mario De Nigris

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RISCOPRIAMO LA VOCAZIONE DEI LAICI NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ OGGI

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

Educare in Famiglia

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Presso l’auditorium del LiceoScientifico R. Nuzzi, sede per ilgruppo dei fedeli laici che hannoscelto il tema dell’educare in fami-glia, la prima relatrice, la prof.ssaAngela D’Avanzo, docente di Storiae Filosofia, presso il Liceo Pedago-gico “Carlo Troia” di Andria, ha im-postato il suo discorso raccontandola sua personale esperienza fami-liare.

La famiglia è il luogo privilegiatodelle relazioni senza delle quali essastessa non sussiste. Nella famiglia sifa esperienza di un legame che rap-presenta il prototipo di tutti i legamisuccessivi. Come afferma Mounier:una persona è tale proprio perché èsegnata dalla relazione; infatti, siraggiunge la piena consapevolezza dise stessi quando si incontra l’altro.

Assieme al marito, AngelaD’Avanzo, ha deciso di scegliere lavita familiare caratterizzando l’istitu-zione - famiglia nell’essere acco-gliente e aperta al mondo. Taleaccoglienza si è manifestata innanzi-tutto quando hanno saputo di doveraccogliere una nuova vita, diversa da

loro, la quale non è semplicementeun prolungamento di loro stessi,come coppia e genitori, bensì unnuovo soggetto con una propria iden-tità e personalità.

Il progetto principale per questofiglio è quello di renderlo una per-sona realizzata.

Si è compreso che nella relazionein famiglia il rapporto è biunivoco,nel senso che i genitori generano ilfiglio, ma anche il figlio genera i ge-nitori. Primo elemento che si è vo-luto insegnare a questo figlio è statoquello di avere fiducia innanzituttoin se stesso, così da poterne averepoi negli altri.

È importante anche che il bam-bino abbia la consapevolezza dei pro-pri limiti e sappia dare un fine allasua libertà, per orientarsi nella suavita. Altresì importante è fornire glistrumenti ai propri figli affinché que-sti imparino a fare da soli, Il genitoremai deve sostituirsi ai propri figli.

Il genitore principalmente as-solve a due compiti: prendersi cura eamare incondizionatamente evitando il

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

rischio di compiere le scelte al postodei figli o di assistere passivamenteai loro errori.

Segue l’intervento della dott.saMichela Di Gennaro, PresidenteRegionale della Federazione dei Con-sultori Familiari d’ispirazione cri-stiana. Anche la seconda relatriceribadisce che la famiglia è un luogodi livello aggregativo primario, chetiene insieme le differenze originariedell’umano (di genere, di generazionie di stirpi). La famiglia è un soggettofatto di relazioni e legami. La fami-glia genera l’umanizzazione di ciòche si è generato, è qualcosa che di-viene continuamente, rende possibilesempre un cambiamento: il figliocresce e i genitori sono sempre piùgenitori.

Anche i Vescovi, negli Orientamentipastorali affermano che “è la differenzae la reciprocità tra il padre e la madre acreare quello spazio fecondo per la cre-scita piena del figlio”.1 Oggi, però, sitende a dare molto spazio alla figuradel genitore-amico, evitando l’inse-gnamento delle regole ed esaltandosolo la dimensione affettiva.

Altro dato significativo è che afianco delle famiglie tradizionali cene sono altre caratterizzate da rap-porti provvisori, come anche sonoimpressionanti i dati che vedono ilraddoppiarsi delle coppie che si se-parano e divorziano dagli anni no-vanta ad oggi.

Questi dati devono spingerci ascendere in campo affinché la fami-glia continui nella sua missione, cioèad educare alla trasmissione dellavita e alla fede, che vanno di paripasso. Il genitore deve avere insiemebenevolenza e pazienza, perché labenevolenza da sola può diventarebuonismo, la pazienza da sola può di-ventare masochismo.

Per dire qual è il compito educa-tivo dei genitori si può usare l’e -spressione di Giovanni Paolo II, ilquale, in occasione del ventennaledella Familiaris consortio, ripren-dendo il suo: “Famiglia diventa ciò chesei” ebbe a dire “Famiglia sii ciò chesei”.2

La famiglia, oltre al compito edu-cativo dei suoi componenti, partecipa

1. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastoralidell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, Ottobre 2010, n. 27.

2. GIOVANNI PAOLO II, Familiaris Consortio, Città del Vaticano 22 novembre 1981.

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anche allo sviluppo della società,quindi anche dei compiti sociali epolitici, di conseguenza partecipaanche alla missione della Chiesa. Perquesto è importante la consapevo-lezza della ministerialità dei coniugiche scaturisce dal Sacramento delmatrimonio.

In questo modo dobbiamo vederela parrocchia come una grande fami-glia di famiglie perché essa deveessere una comunità educata ed edu-cante, quindi tutti noi dobbiamo sen-tirci educatori educabili.

Non basta però fermarsi alla par-rocchia, è necessario andar fuori, adesempio, nel mondo dell’associazio-nismo in modo da creare un’alleanzaeducativa, come l’ha chiamata il Prof.Pierpaolo Triani. Le associazioni, in-fatti, devono essere viste come unponte verso le istituzioni.

Gli interventi dei presenti hannosottolineato in particolare la diffi-

coltà delle famiglie che vivonol’esperienza traumatica della separa-zione: si è chiesto qual è il ruolodella Chiesa in questi casi, soprat-tutto nell’educazione dei figli.

– Altro punto messo in evidenza ri-guarda le parrocchie, su come sia ri-duttivo proporre il corso perfidanzati solo a pochi mesi prima delmatrimonio e non quando si è addi-rittura giovanissimi, per fare in modoche si giunga più consapevoli alla re-sponsabilità del matrimonio.

– Un ulteriore punto messo in lucedai presenti è la poca forza che i cat-tolici mostrano nel far sentire la pro-pria voce nelle questioni riguardantile politiche familiari; inoltre la classepolitica non incentiva il lavoro di chiaiuta e sostiene la famiglia.

– C’è poi chi si chiede se si debbanonascondere ai propri figli i limiti deigenitori o non piuttosto avviare in-sieme dei processi di cambiamento.

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

Da sinistra: Angela D’Avanzo, Giuseppe Tortora, Michela Di Gennaro

Partecipanti al gruppo di studio “Educare in Famiglia”

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

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Educare nella Scuola

Presso l’auditorium della ChiesaCuore Immacolato di Maria si è riu-nito il secondo gruppo di studio,quello finalizzato ad analizzare“L’Educare nella scuola”.

Due i relatori scelti per affrontareil tema: il Prof. Saverio Di Liso, do-cente di Storia e Filosofia presso ilLiceo Scientifico Statale “Galileo Ga-lilei” di Bitonto, e il Dirigente Scola-stico della Scuola secondaria diprimo grado “A. Manzoni” di Andria,Prof. Carlo Zingarelli.

Educare è il compito fondamen-tale della scuola, nel senso di e - du-cere, cioè tirar fuori dall’allievo le suequalità, le sue doti. Però tale com-pito risulta essere veramente arduonella società attuale, quella definita,secondo vari filosofi con terminiquali post – moderna, liquida e/o infrantumi, che ci fanno capire che lasituazione non è delle migliori,quindi la scuola, oltre ad essere unfondamentale conduttore di nozioni– di stampo curricolare, didattico eprofessionalizzante – deve essere ca-pace mettere in atto processi di inte-riorizzazione e di produzione di

valori.

La scuola opera collegialmente,agendo in équipe, creando una retedi cooperazione che, oltre al circolodegli insegnanti e del personale inessa coinvolto, si estende soprat-tutto alle famiglie stesse degli alunnied al territorio. Alla formazione cur-ricolare, quindi, si lega necessaria-mente quella extra curricolare.

Ma come operare nel contesto po-c’anzi definito in frantumi? La culturapost-moderna, secondo il prof. DiLiso, è sia un rischio sia un’opportu-nità. Certamente essa suscita preoc-cupazione per via dello sfondonichilistico, fautore di scetticismo eindifferentismo, o viceversa, di ege-monismo e autoritarismo. D’altraparte, essa costituisce un’opportu-nità in quanto richiede assunzione diresponsabilità, richiede una vigi-lanza maggiore da parte degli educa-tori in primis, dei genitori poi.

Accanto alla perfezione formale efunzionale dei curricoli didattici,come di quelli extra curricolari (leggiattività al di fuori del tempo normale

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

scolastico) la scuola, aiutata dallaChiesa, deve porre l’accento su te-matiche alte, quali la vita comune e laricerca della verità, nel rispetto delleidee e delle convinzioni di ognuno.

In quest’ottica il rapporto traScuola e Chiesa diventa determi-nante, poiché quest’ultima oltre adoffrire la possibilità nel formare do-centi competenti e umanamente cre-dibili, capaci di diffondere il lievito delVangelo nel mondo, può mettere a di-sposizione della società risorseumane e progettuali, volte a riempirecon senso e valore i vari percorsiextracurricolari che insieme si pos-sono costruire, valorizzando appienol’umano presente in chi si vuoleeducare.

Il Prof. Zingarelli sottolineal’urgenza del fatto educativo e la im-procrastinabile necessità della tra-smissione del sapere e della culturada parte delle generazioni adulte aquelle giovani. Per cultura non sideve intendere il puro nozionismo oil solo apprendere tecniche e/o me-stieri ma anche altre dimensioni piùtrascendenti, quali il bene comune, ilsenso del sociale, la costruzione dellapropria identità e l’interiorizzazionedegli ideali.

A tale gravoso compito concor-rono tre fondamentali soggetti: la fa-miglia, la scuola e ovviamente lasocietà. Ognuna opera nello speci-fico, senza mai dimenticare il relazio-narsi con gli altri soggetti inquestione.

La scuola, non soltanto ente locale,ovvero fredda istituzione propina-trice di servizi, non deve mai dimen-ticare di mettere al centro la persona,di far risaltare come questa ha unruolo sociale attivo che si esplica benenel concetto di cittadinanza; educarealla democrazia, intesa come dirittoallo sviluppo individuale nell’ugua-glianza e nella possibilità. Tutto ciòcon competenza, caratteristica fonda-mentale che la scuola deve trasmet-tere, intendendo per essa capacità,strumento per fronteggiare i cambia-menti, tenendo sempre conto che losfondo principale deve essere quelloetico.

Etica, deve essere per la scuola,e i succitati soggetti cooperatori,vera ricerca del bene comune, dei valori,e sempre condivisi in una visioneuniversalistica.

Tali strumenti offerti dalla scu -ola, e consolidati dal valido entou-rage, se ben trasmessi, possono

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

aiutare gli educandi a navigare nellacosiddetta società liquida, affinchéquesti possano orientarsi con validipunti di riferimento. Le parrocchie,come anche le associazioni eccle-siali, hanno un ruolo importante seintese come luoghi ove si viene for-mati a valori positivi e di vera condi-visione, superando la sola offerta diintrattenimento.

In quest’ottica di sinergia si puòdavvero tentare di guardare verso ilfuturo con sguardo fiducioso, senzalasciarsi andare allo sconforto piut-tosto tipico del nostro tempo pre-sente.

Dal vivace dibattito scaturitodopo gli interventi dei due relatori,diversi sono stati gli spunti e le pro-poste sorte dal numeroso uditorio.

– Educare nella scuola richiede un

approccio diverso oggi. Essa deve ri-spondere congruamente alle sfideproposte dal mondo moderno. Macome fare? Una possibile risposta stanel riscoprire la dimensione del bello,perché ogni cosa bella parla di Dio.E i ragazzi si appassionano quandoun cosa, qualsiasi cosa è bella!

– Riscoprire, anche da parte degliadulti, il valore della realtà. Dunque,anche loro devono farsi umili e ren-dersi disponibili ad essere educati altempo presente.

– Superare il dualismo “scuola – al-lievi”, inteso come rapporto commer-ciale. La scuola non è “un’azienda” ei genitori non sono i “clienti”. È ne-cessario, come più volte si è ribaditodurante la relazione del Prof. Triani,creare delle alleanze educative, co-struite sulla reciproca fiducia, sia alivello umano sia professionale.

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

Da sinistra: Saverio Di Liso, Carlo Zingarelli, Leonardo Fasciano, Riccardo Lapenna

Partecipanti al gruppo di lavoro “Educare a scuola”

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

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Educare nella Società

Il tema “Educare nella società” èstato trattato presso l’Auditoriumdell’Istituto Professionale G. Cola-santo ed ha avuto come relatori il so-ciologo Natale Pepe e la dott.ssaRossella Miracapillo, Presiedentedella sezione andriese del Movi-mento Consumatori.

L’educare nella società rimandadirettamente all’educare alla socialità,ovvero all’insieme delle relazioni chesi stabiliscono tra gli individui e leistituzioni. Il compito dell’educa-zione, tra l’altro, è permanente: nonsi limita ai soli giovani: tutti educanotutti in quella che è la società edu-cante. Ognuno ha un ruolo ed è alcontempo educatore ed educando.

A cosa educhiamo e come edu-chiamo? Due domande cruciali allequali, per dare risposta, bisognanecessariamente contestualizzaree contestualizzarsi, al tempo chestiamo vivendo.

La crisi finanziaria e valoriale inatto richiede capacità di discerni-mento.

Lo spettro della povertà e il pro-

blema dell’iniqua distribuzione dellericchezze si avvertono concreta-mente anche qui ad Andria, cosìcome nell’intero territorio della Dio-cesi. I rapporti della Caritas diconoche è aumentato in maniera impres-sionante il numero di coloro che sirecano quotidianamente presso iCentri di ascolto.

I dati sono evidenti: il livello dipovertà è direttamene proporzionalea quello di istruzione. Nell’ignoranzasi cullano azioni irresponsabili, qualil’incapacità nella gestione del pro-prio stipendio, quindi, molte volte,del budget familiare. L’ideologia deltutto e subito e dei soldi facili, che vatanto a braccetto con le lotterieistantanee, il lotto e i Gratta e Vinci,vera e propria piaga sociale, va su-perata appunto con l’educazione,un’educazione che deve essere sì se-colarizzata, ma che anche deve es-sere orientata verso qualcosa di piùgrande.

Questo ideale è contenuto nellanozione di Beni comuni. Questi sono,sì, beni quali l’acqua, l’energia el’aria, ma anche la stessa educa-

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zione, l’istruzione e la cultura. Que-sti, nel libro di Franco Cassano,L’umiltà del male,1 sono ricondottianche alla solidarietà e alla ricercadi ciò che è vero e bello. Come iprimi, una volta posseduti, anchequelli enunciati da Cassano hannol’esigenza, il bisogno di essere condi-visi, resi di tutti. Educare quindi aldiscernimento, alla capacità di orien-tarci sempre di più verso di essi.

Educare ai beni comuni vuol quindidire educare a far crescere la consa-pevolezza che nella città, nella polisci sono dei valori, alla portata ditutti, a cui far riferimento. Tale com-pito è fortemente coadiuvato dallanostra Costituzione, la quale ci parladi sussidiarietà orizzontale. Essaimplica la possibilità che i cittadini,dal basso, possano organizzarsi alfine di perseguire i beni comuni.

La nostra città è piena di risorse,di capacità umane e logistiche. Peròsi vive un inspiegabile senso di insof-ferenza tra i cittadini.

Ultimo punto emerso dalla rela-zione del dott. Pepe è la scarsa spe-ranza per il futuro che i nostrigiovani nutrono verso la nostra città.

Di conseguenza, spesso, l’unica pro-spettiva è quella di andar via. Mauna città senza giovani, senza le loroforze, è destinata a scomparire.

Educare nel sociale vuol dire,quindi, educare al futuro, a far risco-prire e valorizzare le opportunità chesia le risorse umane sia il nostro ter-ritorio offrono.

Dove, quindi, le fondamenta deldiscorso dell’educare nella società?Probabilmente nel brano tratto daGen 4,9: «Allora il Signore disse aCaino: “Dov’è Abele, tuo fratello?”.Egli rispose: “Non lo so. Sono forse ilguardiano di mio fratello?”».

Questo brano è importante nellanostra esperienza, perché in essoemerge con forza come a ciascuno dinoi sia dato il compito di custodire ilnostro fratello. Educhiamo, allora,alla fratellanza, alla responsabilitàreciproca gli uni degli altri, alla giu-stizia, alla legalità, alla sostenibilità,al futuro.

L’intervento della dott.ssa Mira-capillo parte subito con un’interes-sante riflessione: stiamo vivendo unmomento politico e sociale di crisi in

1. F. CASSANO, L’umiltà del Male, Laterza, Roma – Bari, 2011.

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

cui si fa necessario recuperare il con-cetto di responsabilità individuale. Èfinito il tempo in cui si pensava chefosse compito degli altri l’occuparsidi cose sociali (leggi i politici o leistituzioni). Non siamo più monadiisolate dal contesto. Ci stiamo accor-gendo che dobbiamo uscire, guar-dare oltre la nostra finestra, dobbiamocapire cosa sta succedendo fuoridalla nostra casa, dalle nostre par-rocchie, dal nostro mondo.

Linea guida dell’intervento delladottoressa è Il rapporto annuale cheil movimento consumatori, sezione diAndria, ha stilato per le annualità2007//2008. Da questo risulta chenumerosi sono i soggetti che si sonoindebitati con le finanziarie, spessoa causa di acquisti di non fondamen-tale importanza (telefonini di ultimagenerazione, computer e altro), il cuiinadempimento delle rate ha portatoa sanzioni e tassi di interesse alti.

Si torna di nuovo, quindi, sull’in-capacità di una gestione del budgeteconomico familiare in maniera ra-zionalizzata.

Tale situazione di debito e di crisieconomica ha la sua cartina al torna-sole in vari aspetti, che possiamotoccare con mano nella nostra città.

Il numero sempre maggiore di poveri- sia veri, ossia senza risorse, sia in-dotti, ossia incapaci di gestire i pro-pri beni; l’apertura di svariati, troppicentri ove è possibile permutare ilproprio oro (per poi, magari, spen-dere il ricavato in giochi d’azzardo).

Dai casi di persone che semprepiù spesso si rivolgono presso il Mo-vimento Consumatori (dall’anzianoche già ad inizio mese si è giocato lapensione coi Gratta e Vinci a coloroche si trovano con debiti triplicati acausa di interessi e more dovute ascadenze non onorate, ecc.), si capi-scono due cose: che siamo vittimedel consumismo più sfrenato e chemolti sono quelli che hanno perso lapropria autodeterminazione, cioèhanno perso il senso dell’agire inaccortezza guardando al futuro. Ciòaccade perché, probabilmente, siamovittime di un condizionamento. Cisiamo abituati a pensare che se nonsi possiedono determinati beni non siè nessuno e se non acquisti il pro-dotto di quella determinata marcanon prendi il top.

Ciascuno di noi, quindi, può edeve dare un contributo al cambia-mento della società anche se puòsembrare difficile: dobbiamo provare

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

a modificare le nostre azioni quoti-diane.

Il Movimento Consumatori hatentato di cambiare alcune cose nellanostra città. Ecco due esempi con-creti: la campagna Vaschetta? No,grazie!, durante la quale, grazie al-l’ausilio del Comune, è riuscita a ri-durre del 90% l’utilizzo di talicontenitori, inquinanti e capaci di al-terare i cibi che contengono, e lacampagna referendaria contro la pri-vatizzazione dell’acqua (in questocaso l’intervento della comunità ec-clesiale della nostra Diocesi, è statodeterminante). In entrambi i casi sisono raggiunti ottimi risultati, otte-nuti da un agire collettivo efficace: èevidente, quindi, che con la nostraazione quotidiana possiamo cam-biare qualcosa.

Questi esempi sono la dimostra-zione che l’agire del singolo, se som-mato a quello del proprio vicino, puòportare davvero a dei grandi cambia-menti nella società. Tale scelta – del-l’agire comune – se associata ad altrifattori quali il recupero dell’etica edella morale nell’agire quotidiano -può portare ad ottenere risultati ri-levanti. Il recupero della responsabi-lità individuale, attraverso la

formazione e l’autoformazione, comeanche del confronto con gli altri e latraduzione in realtà di alcuni dei diecicomandamenti, quali il non rubare(non solo materialmente, ma ancheintenzionalmente nel senso dell’ap-profittare di ciò che è comune quindinon nostro), possono concretamentedare un possibile slancio verso il no-stro futuro.

Il dibattito seguito ha registratodiverse proposte interessanti, chepossono essere così sintetizzate:

– Uno dei problemi di fondo che haportato e porta tutt’oggi a far rista-gnare ulteriormente la situazione dicrisi presente nella nostra società èquello della mancanza di formazionee di informazione: quanti sono capacidi leggere il territorio, le sue esigenzee le sue problematiche? Quanti si in-formano su ciò che realmente ac-cade?

– Quanto incide l’immaturità reli-giosa nella vita sociale? Si parlatanto di secolarizzazione, di crisieconomica… Perché noi cristiani vi-viamo questi momenti di crisi con unatteggiamento passivo e deman-diamo ad altri di farsi carico di tutti iproblemi sociali?

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– Altro elemento scaturito dalla di-scussione riguarda l’impegno poli-tico dei cristiani. Assistiamoobiettivamente ad una minore parte-cipazione politica attiva da parte deicristiani. Lo stesso card. Bagnascoha detto che i cattolici sono colpevolidi assenteismo sociale, mentre papaBenedetto XVI, in occasione dellasua visita in Calabria (9 ottobre2011), ha rinnovato il suo appelloper una nuova generazione di cattoliciche sappia pensare al Bene Comune. Cisi domanda, quindi: questi moniti

sono recepiti dalle Chiese locali? Inpratica, quale deve essere il compitodella Chiesa in questo preciso mo-mento contingente?

– Non si fa altro che parlare di diritti,di richieste fatte da parte dei piùcirca la situazione attuale, affinchéessa possa migliorare. È una chiararichiesta di difesa dei propri diritti.Ma non dobbiamo mai dimenticareche noi, in quanto cittadini facentiparte di un contesto più grande, ab-biamo anche dei doveri, da appren-dere e rispettare.

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SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO

Da sinistra: Natale Pepe, Silvana Campanile, Rossella Miracapillo

Partecipanti al gruppo di studio “Educare nella società”

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PARTECIPANTI

Parrocchie Città Nº

Beata Vergine Immacolata (Minervino) 16

Beata Vergine Immacolata (Andria) 22

Cuore Immacolato di Maria (Andria) 16

Gesù Crocifisso (Andria) 41

Gesù Giuseppe e Maria (Canosa) 9

Gesù Liberatore (Canosa) 13

Maria SS. Incoronata (Minervino) 17

Maria SS. del Rosario (Canosa) 5

Madonna della Grazia (Andria) 16

Madonna del Carmine (Canosa) 7

Madonna di Pompei (Andria) 28

Maria SS. dell’Altomare (Andria) 24

S. Agostino (Andria) 20

S. Andrea Apostolo (Andria) 16

S. Michele Arcangelo e S. Giuseppe (Andria) 17

S. Francesco e Biagio (Canosa) 4

S. Francesco d’Assisi (Andria) 13

S. Giovanni Battista (Canosa) 14

S. Giuseppe Artigiano (Andria) 30

S. Luigi a Castel del Monte (Andria) 3

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Partecipanti

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PARTECIPANTI

S. Maria Addolorata alle Croci (Andria) 9

S. Maria Assunta e S. Isidoro (Andria) 6

S. Maria dei Miracoli (Andria) 20

S. Michele Arcangelo (Minervino) 14

S. Nicola di Myra (Andria) 25

S. Paolo Apostolo (Andria) 10

S. Riccardo (Andria) 10

S. Teresa (Canosa) 5

Sacre Stimmate (Andria) 15

Sacro Cuore di Gesù (Andria) 30

San Sabino (Canosa) 8

Santa Maria Vetere (Andria) 21

Santa Maria Assunta (Minervino) 3

SS. Annunziata (Andria) 15

SS. Sacramento (Andria) 24

SS. Trinità (Andria) 15

Seminario Vescovile 6

Aggregazioni Laicali

Anno di Volontariato Sociale (CARITAS) 20

Apostolato della Preghiera 7

Associazione “Figli in cielo” 6

Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC) 6

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PARTECIPANTI

Associazione Nazionale S. Paolo per gli Oratori (ANSPI) 3

Azione Cattolica – Presidenza Diocesana 8

Cappellania Ospedale Civile (Andria) 6

Centro Italiano Femminile (CIF) 7

Centro Volontari della Sofferenza (CVS) 3

Consultorio diocesano ESAS 4

Fraternità Comunione e Liberazione 6

FRATRES (Andria) 1

FRATRES S. Giovanni (Canosa) 1

Insegnanti di Religione Cattolica 13

Movimento Focolari 6

Movimento Lavoratori SCIMPID 1

Ordine Francescano Secolare (O. F. S.) 20

Pax Christi 6

Pia Associazione dei Crociferi 3

Rinnovamento nello Spirito Santo 5

Unione Cristiana Imprenditori - Dirigenti (UCID) 8

Volontariato Vincenziano 2

Numero totale di partecipanti: 695

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RISCOPRIAMO LA VOCAZIONE DEI LAICI NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ OGGI

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PROPOSTE PER IL “TERZO GIORNO”

– SCHEDA 1 –

Testi biblici

“Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro perchéerano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose”.

(Mc 6,34)

“Vi do un comandamento nuovo: che via amiate gli uni gli altri; come io vi hoamato, cosi amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che sietemiei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri”.

(Gv 13, 34 – 35)

Dagli Orientamenti Pastorali

“Nel corso dei secoli Dio ha educato il suo popolo trasformando l’avvicendarsidelle stagioni dell’uomo in una storia di salvezza [...] Di questa storia noi ci sen-tiamo partecipi. La guida di Dio, in tutta la sua forza e tenerezza, si è fatta pie-namente e definitivamente visibile in Gesù di Nazaret [...] è Lui il Maestro e ilredentore dell’umanità, il pastore le cui orme guidano al cielo [...] Mentre risuo-nano in noi le parole del Vangelo – “Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tuttifratelli (Mt 23,8) – vorremmo poter dire con S. Agostino: “Parliamo a voi come

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Proposte per continuare...

Schede di lavoro

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PROPOSTE PER IL “TERZO GIORNO”

condiscepoli alla stessa scuola del Signore [...] Sotto questo maestro, la cui cat-tedra è il cielo – è per mezzo delle sue Scritture che dobbiamo essere formati –fate dunque attenzione alle parole che vi dirò”. 1

Dalla relazione del prof. Pierpaolo Triani

Se è vero che il fine dell’educazione è la persona; che la fonte dell’attoeducativo e dell’impegno educativo della comunità cristiana è l’amore di Dioche ci precede – è Dio che educa il suo popolo – dobbiamo riconoscere chequesta collaborazione è un fatto che coinvolge sempre gli uomini; tutte legenerazioni sono tenute ad educare. L’atto educativo è un compito perma-nente [...] perché ogni generazione di adulti deve scegliere di educare. E seuna generazione di adulti sceglie di non educare nessuno può farlo al suoposto. E, inoltre, deve scegliere di educare facendo i conti col proprio tempo,con le sue relative fatiche e risorse [...] Per questo oggi ci è chiesta una rin-novata responsabilità educativa.

L’educazione richiede fiducia e, naturalmente, speranza. Perché se la fi-ducia è ammettere che ci sia un bene, speranza è ammettere che il bene cre-sca e che si compirà.

Noi cristiani riteniamo che tutte le persone sono plasmate da un amorepiù grande e che noi siamo a servizio di tutto questo. Non siamo gli arteficidell’atto educativo, ma c’è un’azione che ci precede e ci supera. Siamo col-laboratori della Grazia. Permettetemi allora la battuta: “L’educatore è chia-mato a compiere atti graziosi”. Qui “grazioso” non va inteso logicamente comeatti carini in senso superficiale. Piuttosto nel senso di “carino” che rimandaal kairòs, alla Grazia amorevole del mistero di Dio.

Chi tra voi lavora con la vita ferita, cioè con ragazzi trascurati e abbando-nati, che fanno fatica a vivere, sa quanto questo sia importante. Di quantoquesti ragazzi hanno bisogno di uno sguardo che gli dica: “Sei amato….

1. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastoralidell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, Ottobre 2010, n. 1.

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PROPOSTE PER IL “TERZO GIORNO”

anche se non ti comporti bene, anche se dentro di te stai male!” Questa è lacollaborazione della Grazia.

Questo deve essere il punto di partenza per lavorare insieme. Stiamo fa-cendo una cosa che costa fatica, ma è necessaria. Perché necessaria? Perchéda solo non ce la faccio. Perché da solo sono meno umano. Quindi la colla-borazione è più difficile, ma necessaria. Allora va scelta. Anche la collabora-zione nell’educazione va scelta [...] La cooperazione però va scelta e vacostruita con dei passaggi, che sono: accrescere la comunicazione reciproca;accrescere il confronto sui problemi e cominciare a fare esperimenti di lavoroinsieme.

Proposte per la discussione

– Dio ha scelto di educare il suo popolo. Per far ciò ha bisogno della nostracollaborazione. Il prof. Triani parlava dell’uomo come collaboratore della gra-zia, capace di mettere in opera atti pieni di tale carisma. Concretamente comeè possibile mettere ciò in atto? Quali sono le maggiori difficoltà che ostaco-lano il riaffiorare della Grazia nei nostri gesti quotidiani?

– Cooperazione e collaborazione sono due termini che più volte abbiamoavuto modo di udire durante i vari interventi del Convegno. Cooperazione conla scuola, con la Chiesa e le parrocchie e con la stessa società in cui viviamo.Però, cooperare e collaborare richiedono fatica. Sicuramente nel vostrogruppo/parrocchia sorgono spesso conflitti di idee circa il raggiungimento diqualsivoglia obiettivo. Come affrontare queste divergenze di vedute, tenendoconto che l’obiettivo comune deve essere quello di educare alla vita buonadel Vangelo?

– Educare richiede speranza e fiducia. Mai termini furono più adatti nel de-scrivere le esigenze educative sorte negli ultimi tempi. Nella tua realtà comesi affrontano le varie problematiche educative che quotidianamente si incon-trano (ragazzi e famiglie con problemi economico sociali, immigrati, ecc.)?Vi sono speranza e fiducia nel comune operare tra i fedeli in vista del rag-giungimento degli obiettivi, sia pastorali sia sociali che la comunità si pone?

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PROPOSTE PER IL “TERZO GIORNO”

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PROPOSTE PER IL “TERZO GIORNO”

– SCHEDA 2 –

Dalle tre sintesi dei lavori di gruppo sono emersi numerosi interrogativi e pro-poste. Essi sono importanti punti di partenza per una costruttiva discussione al-l’interno delle parrocchie, delle associazioni, dei gruppi ecclesiali cui si appartiene.

Qui di seguito proponiamo tre interrogativi “complessivi”, che riassumono inmaniera generale quanto raccolto, durante la seconda giornata, dai tre gruppi.

– La famiglia è un luogo di relazione privilegiato. È il nucleo fondamentaledella società, da dove partono tutti i ponti verso l’esterno. Purtroppo, oggi-giorno, la famiglia come istituzione, avverte sempre di più i gravosi segni deitempi. Quali scelte pastorali si dovrebbero attuare perchè la famiglia continuiad essere parte costitutiva della società? Come può la comunità cristiana,“alleandosi” con le altre agenzie educative, collaborare con la famiglia nelsuo insotituibile compito educativo nella formazione dell’uomo?

– Anche la scuola, luogo educativo per eccellenza, deve ripensarsi alla lucedi quanto detto durante il convegno e di quanto riportato nel documento dellaC.E.I. Educare alla vita buona del Vangelo. Essa deve mirare a trasmettere nonsolo contenuti nozionistici, tecnici e professionalizzanti, bensì anche valorialti, cioè etici e trascendenti. In ciò la Chiesa risulta essere un valido sup-porto, attraverso l’insegnamento della Religione Cattolica e i diversi percorsiformativi proposti nelle parrocchie e nelle aggregazioni laicali.Nelle vostre parrocchie/comunità, come viene vissuto il rapporto con le isti-tuzioni scolastiche presenti nel territorio circostante? Vi sono proposte biu-nivoche e di collaborazione?

– Educare nella società risulta essere difficile, a causa di diversi fattori: lamancanza di punti di riferimento; l’immagine di una società fluida, ove nonsono più presenti valori a cui riferirsi. A dar man forte al peggioramento dellasituazione v’è la crisi economica in atto, fomentatrice di ulteriori derive so-ciali e fautrice di incapacità di discernimento. La Chiesa, luogo ove i Valorisono fermamente creduti e trasmessi, rimane un baluardo cui aggrapparsiper ritrovare un punto di riferimento. Ma questo può avvenire solo se essa

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PROPOSTE PER IL “TERZO GIORNO”

esce dal tempio.Come si rapporta la tua comunità al mondo circostante? Tende ad esso lamano, interessandosi a ciò che avviene o preferisce chiudersi nell’autorefe-renzialità? Cosa proponi affinché la tua comunità partecipi maggiormentealle questioni sociali presenti nel suo territorio?Che spazio occupa nella pastorale parrocchiale la riflessione sui nuovi stilidi vita, per educare a vivere più responsabilmente nel mondo che Dio ci haaffidato? Conoscete la proposta della Rete Interdiocesana Nuovi Stili diVita (nata nel 2007 per promuovere un movimento del popolo di Dio suiNuovi Stili di Vita nella Chiesa e nella Società) a cui aderisce la nostra CaritasDiocesana?

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA

In quest’ultima sezione degli Atti abbiamo deciso di segnalare ai lettori unacongrua bibliografia contenente tutti i testi citati e a cui si rimanda durante i variinterventi tenuti al Convegno Ecclesiale Diocesano, affinché le proposte, gli spuntie le idee da esso partorite possano essere approfondite e meglio assimilate.

ANTONIETTI A. – TRIANI P. (a cura di), Pensare e innovare l’educazione.Scritti in memoria di Cesare Scurati, Vita e Pensiero, Milano (di prossima pub-blicazione).

BENEDETTO XVI, Discorso alla 61º Assemblea generale della Cei, 27 maggio2010.

ID., Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione,Gennaio 2008.

BIGNARDI P., Il senso dell’educazione, AVE, Roma 2011.

CASSANO F., L’umiltà del Male, Laterza, Roma – Bari, 2011.

COMITATO PER IL PROGETTO CULTURALE CEI, La sfida educativa.Rapporto – proposta sull’educazione, Laterza, Bari 2010.

ID., L’emergenza educativa. Persona, intelligenza, libertà, amore. IX Forum delprogetto culturale, EDB, Bologna 2010.

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Van-gelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato Italiano per il decennio 2010 – 2020,Paoline, Milano 2010.

DILIBERTO L., L’arte dell’incontro, AVE, Roma 2010.

DIOCESI DI ANDRIA, Dio educa il suo popolo. Programma pastorale diocesano2011 - 2013, Andria 2011.

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BIBLIOGRAFIA

GAUCHET M., Il figlio del desiderio. Una rivoluzione antropologica, Vita e Pen-siero, Milano 2010.

GUARDINI R., Etica, Morcelliana, Brescia 2001.

GIOVANNI PAOLO II, Familiaris Consortio. Esortazione Apostolica, Città delVaticano 22 novembre 1981.

MARITAIN J., Per una filosofia dell’educazione, La Scuola, Brescia 2001.

MARTINI C. M., Educare nella postmodernità, a cura di F. MONACO, Lascuola, Brescia 2011.

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MIANO F., Educare in famiglia. Un’impresa esaltante, Elledici, Torino 2010.

MOUNIER E., Il personalismo, AVE, Roma 2004.

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TRIANI P. (a cura di), Educare impegno di tutti. Per rileggere insieme gli Orien-tamenti Pastorali della Chiesa Italiana 2010-2020, AVE, Roma 2010.

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VERSO IL TERZO CONVEGNO ECCLESIALE REGIONALE (28 APRILE - 1° MAGGIO 2011)

Indice

Presentazione di Mons. Raffaele Calabro Vescovo di Andria . pag. 5

Presentazione del Convegnodel Vicario Generale don Gianni Massaro . . . » 7

“Educare, impegno di tutti”Relazione del Prof. Pierpaolo Triani . . . . » 9

Sintesi dei lavori dei Gruppi di Studio . . . . » 27

Educare in Famiglia . . . . . . . » 29

Educare nella Scuola . . . . . . . » 33

Educare nella Società . . . . . . . » 37

Partecipanti . . . . . . . . » 43

Proposta per continuare...Schede di lavoro . . . . . . . » 47

Bibliografia . . . . . . . . . » 53

ATTI DEL CONVEGNO ECCLESIALE DIOCESANO 2011-2012

Page 56: RISCOPRIAMO LA VOCAZIONE DEI LAICI NELLA · PDF filecon Mounier, per suscitare la per-sona, ... Mounier, in un testo molto fa-moso, Il personalismo, dice cosi: “Da chi prende le

GRAFICHE GUGLIELMI - ANDRIA