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N.5 Novembre 2010N.5 Novembre 2010
In Questo Numero:
Il senso nascosto negli scritti di Raimondo De SangroIl senso nascosto negli scritti di Raimondo De Sangro(di Paolo Galiano)
Origini e formazione della scienza AlchimicaOrigini e formazione della scienza Alchimica(di Anna Maria Partini)
Selezione di articoli, commenti, riedizioni, estratti e segnalazioni relative alle attivit di
Simmetria.
La rivista on-line, agile e di poche pagine, si affianca alla rivista cartacea di Simmetria, ha lo stesso comitato
direttivo ed editoriale e sviluppa temi particolari, prescelti fra quelli di maggiore interesse fra i nostri lettori.
Ha un carattere aperiodico e viene inviata gratuitamente a tutti i soci ed amici che ne facciano richiesta.
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In occasione del terzo centenario della na-
scita di Raimondo di Sangro, in questo numeroabbiamo pubblicato due articoli dedicati agli al-
chimisti e allalchimia. Il primo tratto dal re-
centissimo libro di Paolo Galiano su Raimondo
di Sangro e sui complicati rapporti fra massone-
ria e confraternite ermetiche nel secolo che vide i
drammatici fermenti della Rivoluzione Francese.
Il secondo una introduzione alla scienza alchi-
mica, redatta da Anna Maria Partini e pubblicato
anni fa sulla nostra rivista cartacea. La semplice
efficacia dellarticolo dovuta allesperienza di
una delle ricercatrici che si maggiormente im-pegnata nel recupero e nella riscoperta di testi
degli alchimisti del seicento, vicini al circolo di
Cristina di Svezia.
Il senso nascosto negli scritti di
Raimondo De Sangrodi Paolo Galiano
(estratto da: Paolo Galiano Raimondo De San-
gro e gli Arcana Arcanorum, di prossima pub-
blicazione per le Edizioni Simmetria di Roma)
Delle opere di Raimondo De Sangro, que-
stuomo poliedrico che defin s stesso nella suaLettera apologetica sui Quipu: Vir mirus, ad om-
nia natus, quaecumque auderet, esperto nelle pi
diverse arti meccaniche ed intellettuali, molte no-
tizie ci sono arrivate grazie ad alcuni scritti dei
suoi contemporanei, scritti che per altro si ritiene
siano stati in buona parte ispirati se non elaborati
dallo stesso Raimondo e poi pubblicati sotto altro
nome, come nel caso della lunga trattazione delle
sue opere che si trova sia nellaLettera Apologeti-
ca (Napoli 1750, rist. anastatica a cura di L.
Spruit Napoli 2004) che nel secondo volume dellaIstoria dello Studio di Napoli di Giuseppe Origlia
(Napoli 1754, rist. anastatica Bologna 1973).
A questi scritti si aggiungono altri lavori a luiattribuiti secondo Sansone Vagni (Raimondo di
Sangro Foggia 1992, cap. IIIpassim) ed altri autori.
Delle 19 opere scritte da Raimondo o a lui at-
tribuite solo nove sono giunte fino a noi, ed alcune
di esse sono state ripubblicate in tempi recenti, altre
purtroppo sono rimaste incompiute o in forma di
manoscritto e non sono mai state pubblicate.
La lettura di queste opere di per s sicura-
mente interessante: esse possono essere lette come
resoconti scientifici o come saggi di letteratura e di
certo da questo punto di vista sono aderenti alle co-noscenze della sua epoca.
Ma questo il solo modo di lettura o possibi-
le interpretarle in una chiave differente? E lo stesso
Raimondo che indica la possibilit di una diversa
lettura dei suoi scritti, quando alla fine dellaLettera
apologetica scrive alla dotta Dama per la quale ha
composto il suo lavoro: Mi fa lieto solamente il
pensare che non potrete altri comunicare [la mia
lettera],giacch la maggior parte delle cose ci si
trova in tal gergo conceputa, che appena pu esse-
re a Voi intelligibile, cui i miei sentimenti sono statisempre aperti (pag. 318).
Ricordiamo che questa frase fu una delle basi
per laccusa che gli venne mossa di avere fatto
unopera cabalistica ed eretica, tanto che alla fine la
Lettera fu iscritta allIndice dei libri proibiti.
Tra tutti gli argomenti criptati dal Principe nei
suoi scritti quello concernente la Luce sembra es-
sere stato per lui il pi importante: dallelenco dei
testi vediamo un progressivo svolgersi della sua ri-
cerca attraverso lelaborazione di tre lavori, di cui
solo due sono arrivati a noi, a partire da una data
imprecisata prima del 1750 per concludersi (inten-
diamo per il pubblico profano) solo nel 1756.
La prima notizia riportata nel 1750 dalla Du-
chessa, supposta autrice delle note alla Lettera apo-
logetica, e nel 1754 da Origlia, i quali parlano di un
trattato Sulla vera cagione produttrice della luce,
non pubblicato anche se doveva esserne prossima
ledizione: deliberato avendo il degnissimo Autore
di farlo a tutti comune col darlo alle stampe; suc-cessivamente largomento viene ripreso nel 1753
nelle sette lettere inviate dal De Sangro al Cavaliere
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fiorentino Giraldi (Lettere del Signor D. Raimon-
do di Sangro al signor Cavaliere Giovanni Gi-raldi, raccolte e stampate a cura di Crocco, Napo-
li 1969), poi riunite in un volume in francese de-
dicato allo scienziato Noillet; la ricerca si conclu-
de nel 1756 con lultimo libro dato alla luce dal
Principe: Dissertation sur une lampe antique
trouve a Mnich en lanne 1753 (traduzione e
ristampa con il titoloIl Lume eterno a cura di La-
cerenza, Foggia 1999).
Del primo scritto sappiamo soltanto che esso
si basava su di una interpretazione del Capitolo
Primo del Genesi: quindi sembrerebbe unoperadi carattere cabalistico, nella quale si leggeva il
testo ebraico sulla base dei principii della Kabba-
lah (e il Principe era un buon conoscitore sia della
lingua ebraica che della Kabbalah); possiamo solo
presumere che fosse un lavoro per certi versi ana-
logo a quello di Fabre dOlivet sullinterpretazio-
ne metarazionale delle radici ebraiche.
Nelle Lettere a Giraldi invece il discorso
allapparenza di carattere scientifico e verte su di
una scoperta casuale (oggi diremmo una serendi-
pity) concernente una materia fatta di Fosforiprovenienti dalle ossa umane, della consistenza
di un butirro molle in tempo di estate (pag. 3), e
in particolare da quelle del cranio (pag. 26), capa-
ce di accendersi se accostata ad una fiamma e di
durare per un tempo lunghissimo senza mai con-
sumarsi: infatti il Principe spense per accidente la
prima delle tre dosi disponibili di essa dopo 92
giorni (pag. 9). Da qui il nome di Lume eterno
dato alla sua scoperta dal Principe, il quale decise
di adoperare tale materiale per fare un Lume per-
petuo nella Cappella di famiglia, la famosaPieta-
tella.
NellaDissertazione il discorso cambia di ge-
nere e diventa si potrebbe dire polemico: il Princi-
pe riferisce il reperimento di una lampada accesa
trovata in uno scavo fatto a Monaco di Baviera
nel 1753 (pag. 22) e si lancia in una lunga disser-
tazione sia sulle lampade perpetue degli antichi
sia sulla composizione dei fosfori tratti dalle
ossa umane o dallurina che possono essere colle-
gati ad esse, argomento in parte gi trattato nelprecedente libro.
Linizio della sua ricerca, stando alle notizie
della Lettera apologetica, sarebbe stata una ricercaeffettuata sulle parole del Genesi, applicando sicu-
ramente le arti di trasmutazione delle lettere, della
loro forma e del significato numerico secondo i
fondamenti della Kabbalah.
Fig 1 Fludd - Utriusque cosmi
Forse il Principe rimase insoddisfatto della via
cabalistica fino allora seguita, considerandola ormai
smarrita, come sembra nellaccenno che fa ad uno
dei dodici Fuochi nascosti di Israele che era in
possesso del Rabbino Isaac Abrabaniel di Lisbona,
il quale, fuggendo dalla sua citt per trovare rifugio
guarda caso proprio a Napoli, aveva perduto il suo
Fuoco (Lume eterno pag. 78).
A questo punto egli potrebbe essere passato ad
una ricerca alchemica della Luce, ci che si pu
dedurre osservando come la materia base del suoLume eterno sia costituita dalle ossa del cranio
umano: il cranio simbolo del caput mortuum,
lelemento dal quale inizia la ricerca della Pietra fi-
losofale, dellElisir che lo scopo da raggiungere
per gli alchimisti operativi. Lestrazione del fosfo-
ro da questo materiale significa il primo segno del
passaggio allOpera al Bianco, perch, come scrive
Pernety (Dizionario mito-ermetico, Paris 1758, ri-
stampa e traduzione italiana Genova 1979, sub
voce): Il Fosforo o Portatore di Luce : uno dei
nomi che i Filosofi hanno dato al piccolo cerchio
bianco che si forma sulla materia dellOpera quan-
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do incomincia a diventare bianca. Lo hanno chia-
mato cos perch annuncia la bianchezza che essihanno chiamato luce.
Per sembra che i primi esperimenti del
Principe siano stati originati pi che altro da una
scoperta casuale e difficilmente riproducibile
(cio trasmissibile ad altri), perch come egli stes-
so afferma: Si sa bene dai pratici dellArte Chi-
mica che tutte quelle operazioni, le quali dipen-
dono da certi gradi di calore sia di sole sia di
fuoco, se non sono fatte nel dovuto grado non rie-
scono sempre eguali. Or io, quando mandai ad
una delle nostre vetriere quel genere di roba [cioil materiale estratto dalle ossa del cranio umano]
non mi presi la cura di sapere n quante ore di
fuoco n qual grado di calore essa ebbe (Lettere
pagg. 20 21). Il che tradotto in lingua profana
significa che il Principe non in grado di precisa-
re i particolari della tecnica, essendo il fuoco
lelemento fondamentale per cuocere la Materia
dellOpera ed essendo esso di diversi generi (per
tale complesso argomento alchemico rimandiamo
al Pernetysub voce).
Fig 2 - Lume eterno secondo descrizione Giraldi
Giungiamo cos ad una terza fase nellopera
di ricerca della Luce da parte del Principe conla pubblicazione de Il Lume eterno: nel testo egli
fa una serie di raffronti con altri possibili lumi,
sia antichi sia contemporanei, confrontandoli con il
suo, per dire che solo la sua tecnica per pervenireall Illuminazione completa e perfetta.
Vi sono, egli dice, diversi tipi di luci che si
possono osservare: esse si vedono sui cadaveri dei
condannati a morte, o sono prodotte dalla corruzio-
ne dei corpi (noi parleremmo di fuochi fatui), al-
tre sono state riprodotte in alcune sperimentazioni
fatte al suo tempo, unendo escrementi umani, spe-
cie lurina, con Allume o Sali di Vetriolo di cui la
terra abbonda (Il Lume eterno pagg. 40), o anco-
ravi sono scintille ed altre manifestazioni luminose
provenienti da corpi di persone viventi (pagg. 42 49), che noi diremmo dovuti a scariche elettrostati-
che.
Anche taluni luoghi possono produrre lo stesso
fenomeno secondo il Principe, il quale cita a tale
proposito il padre Kircher il quale frequentava una
certa grotta nei pressi di Roma, entro la quale si ve-
devano innalzarsi fiammelle sopra il capo dei pre-
senti (pag. 44).
Tutti questi fenomeni luminosi non sono per
comparabili con la sua scoperta, cos come quelliche egli chiama le lampade degli antichi, che si
riteneva rimanessero accese nelle loro tombe e su
cui, con la consueta vasta erudizione, il Principe ri-
porta lopinione di numerosi autori greci, latini e
moderni,.
Esclusi questi fenomeni naturali ed occasiona-
li, il De Sangro fa una serie di raffronti pi o meno
espliciti con le Tradizioni ebraiche e massoniche.
Per quanto concerne la Tradizione ebraica il
suo giudizio sembra piuttosto esplicito: la lampada
di Monaco era stata ritrovata in un pilastro di una
chiesa che un tempo era stata una sinagoga (pag.
82) ed a tal proposito il Principe riporta uninteres-
sante notizia avuta dal Barone di Kempelen (pagg.
73 79), il quale, conversando a Costantinopoli
con un mercante ebreo che era stato Rabbino di
quella citt, venne messo a parte da costui circa le-
sistenza di dodici Fuochi nascosti preparati dalla
nazione di Israele ed affidati ad altrettanti Rabbini,
uno dei quali secondo il De Sangro avrebbe proprio
potuto essere quello ritrovato a Monaco. Tali Fuo-chi nascosti avevano lo scopo di mantenere viva
lattesa dellarrivo del Messia promesso.
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Ma circa i lumi degli Ebrei la sua opinione
sembra essere negativa, come si detto: i misticiebrei avrebbero perduto, almeno nella sua terra
napoletana, la capacit di seguire questa Via eso-
terica.
Un secondo riferimento a quelli che egli
chiama a pi riprese gli Scavatori ed i Murato-
ri: gli Scavatori, gente molto facile a prende-
re abbagli (pag. 40), gente grezza ed ignorante
(pag. 50), sono in apparenza gli operai che, dis-
sotterrando le tombe degli antichi, vedevano nel-
laprirle questi effetti luminosi, che De Sangro ri-
conduce alla corruzione dei cadaveri; forse questonome potrebbe in realt celare coloro i quali, se-
guendo pedissequamente i testi degli antichi che
andavano dissotterrando, tentavano di riprodur-
ne le tecniche operative senza alcuna capacit di
reale comprensione (e, noi aggiungiamo, senza la
necessaria trasmissione iniziatica), cio i soffia-
tori di carbone a cui accenna lo stesso De Sangro
nelle Lettere a Giraldi: mavrete preso senzal-
tro in conto di que s fatti Fisici sperimentali, per
non dir Soffiatori, i quali per ogni che si accen-
dono stranamente di fantasia (pag. 9).Il secondo nome, Muratori, lascia perplessi
nel parlare di scavi, perch casomai il muratori
intervengono con il loro lavoro solo dopo che gli
scavatori hanno concluso il loro, e quindi non
hanno la possibilit di vedere il fenomeno lumi-
noso dei Fosfori, se fosse di questo che si parla.
In realt i Muratori, rudi e ignoranti
(pag. 69), potrebbero identificarsi con i Massoni
del suo tempo, i quali avevano perso la capacit
di effettuare quelle operazioni esoteriche che sole
potevano condurre alla Luce e adottavano tec-
niche erronee ed illusorie, come sono i fuochi fa-
tui che si sviluppano dai resti mortali.
Ma c unulteriore possibile riferimento na-
scosto nel trattato del Lume eterno: la lampada
del titolo era stata trovata a Monaco di Baviera
dentro un pilastro che era stato fatto demolire
per ampliare la volta di una Chiesa dedicata alla
Madonna (pag. 22 - 23), la quale a sua volta era
stata costruita al posto di una sinagoga (pag. 82).
Si tratta forse di un modo per dire che vi era
a Monaco o in Baviera unorganizzazione che in-
tendeva sostituire alla Tradizione ebraica e cristiana
una tradizione differente, organizzazione che dove-va abbattere il pilastro delle precedenti, cio il
fondamento esoterico che costituisce lanima della
religione exoterica, per sostituirlo con una volta
pi ampia, un termine che potrebbe essere un riferi-
mento alla volta della cripta sottostante il Tempio
di Salomone massonico, dove si effettuavano le ini-
ziazioni, ed il pilastro di cui parla De Sangro pu
forse riportarsi a quella colonna quadrangolare
presente nella cripta allinterno della quale erano
custoditi i piani del Tempio.
Fig.3 - Vaughan - Lumen de Lumine
Ci troviamo quindi di fronte ad una possibile
simbologia riferita alla Massoneria del tempo del
Principe: ma allora quale poteva essere questa or-
ganizzazione a cui si riferiva? Possiamo solo rile-
vare che la Lampada era stata trovata a Monaco di
Baviera, e ci induce a pensare che, ancor primadella nascita ufficiale nel 1776 degli Illuminati di
Baviera, cio venti anni dopo la pubblicazione del
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suo libro, ivi operasse gi un centro i cui compo-
nenti erano da lui considerati come vani ricercato-ri di una tecnica di Illuminazione.
Quali indicazioni d De Sangro in questi
scritti circa lOpera da lui sperimentata e realizza-
ta? Occorre iniziare dalla sua distinzione tra le di-
verse forme dei Fosfori, cio delle possibili for-
me di illuminazione trascendente.
Nelle Lettere a Giraldi (pagg. 26 28) il
Principe specifica lesistenza di diversi tipi di
Fosfori: vi sono Fosfori di I classe, quelli na-
turali, che si osservano nei cimiteri, nei campi dibattaglia e sulle teste dei malfattori impiccati non-
ch allaprirsi delle tombe, tutti fuochi evanescen-
ti collegati con la putrefazione dei resti mortali, e
Fosfori di II classe cio artificiali, che si ricava-
no dallurina, un liquido che brucia (una parae-
timologia di urina la collega al termine ur, fuoco)
e che rappresenta a quanto scrive il Filalete il
magistero dei Filosofi perfetto al bianco. Ma se
questi Sali sono depurati e sceveri da tutte quel-
le particelle inerti che mettevan freno alla loro
somma attivit, allora diventavano essi atti nonsolo a produrre delle vere e stabili fiammelle ma
eziandio a produrne delle perpetue; ed a questa
terza classe da ridursi appunto il mio lume
eterno.
Loperazione di purificazione dalle particel-
le inerti, cio dalle scorie fisiche e psichiche,
rende stabile e perpetuo la stato di Illuminazione
raggiunto.
E cosa determina la perpetuit del Lume? La
capacit che esso ha di associare a s le particel-
le ignee elementari di cui la nostra atmosfera
ricca: la durata del suddetto mio lume dipende
da quel nuovo alimento, che si procaccia dalle
parti ignee, delle quali pregna la nostra atmo-
sfera (Lettere a Giraldi pagg. 33 36, concetto
che riprende neIl Lume eterno pag. 92).
Queste particelle ignee elementari che
scendono sulla fiamma del Lume e la rinforza-
no, raffigurate da Fludd come fuochi che piovo-
no sulla Terra, sono in modo particolare connesse
al luogo della sua esperienza, Napoli: la mate-ria del mio lume riceve il compenso del picciolis-
simo peso che perde da tanti corpiccioli che nuo-
tano nellaria, e specialmente dai vitrosi e dai sul-
furei, dai quali, per cagione delle solfatare e delmonte Vesuvio, tanto abbonda il nostro Paese
(Letterea Giraldipag. 63); il preciso rimando alla-
rea napoletana pu essere interpretato come riferi-
mento a quella particolare presenza magico-ermeti-
ca che a Napoli si era concretizzata nella fusione tra
la Tradizione egizia ed alessandrina con quella Itali-
ca e pitagorica.
Inoltre delle sue esperienze il Principe ci for-
nisce unulteriore informazione trattando della ma-
teria con cui ha formato il suo Lume perpetuo:da certi mesi sono comparse nella superficie [della
materia di cui fatto il Lume] alcune strisce dun
color rosso, cotanto vivo che supera il colore del
sangue. Io vado a giudicare che in questa sua por-
zione di color sanguigno consista tutta la virt pro-
duttrice di s rare propriet e che inoltre ha in s la
virt di attrarre il fuoco elementare che si trova
sparso nella nostra atmosfera (Lettere pagg. 49
50).
Con queste parole egli potrebbe fare riferimen-
to alla possibilit di una trasmutazione in atto, se lamateria del Lume va intesa in realt come il com-
plesso corpo-anima-spirito dellIniziato. Allora la
parte rossa potrebbe essere interpretata come il san-
gue nel quale si sta compenetrando la potenza eteri-
ca presente nellaria respirata (visto che questa par-
te rossa in grado di attrarre le particelle ignee
presenti nellaria): un riferimento a questo lo trovia-
mo nella concezione dellopneuma nei primi gnosti-
ci cristiani, in particolare Clemente dAlessandria
(si veda il nostro articolo La via dello gnostico ne-
gli Stromata di Clemente dAlessandria su Simme-
tria anno 2002 n 3).
Ci potrebbe trovare conferma in quanto detto
neIl Lume eterno (pag. 79) in riferimento ai dodici
Fuochi nascosti di Israele: questo fuococonsi-
derato [dai Rabbini] come simbolo del desiderio
ardente che essi dovevano sempre conservare nei
loro cuori per la venuta del Messia tanto desidera-
to, racchiude in s una virt di abbreviarne i tem-
pi. Questo sembra dire che il fuoco, pneuma o
Spirito Santo, il mezzo con cui si pu accelerarela trasmutazione del lume = iniziato partendo dal
cuore, sede del sangue e quindi della potenza che
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pu costituire il luogo della prima trasformazio-
ne in essere perfetto ed immortale.
Origini e formazione della scienza
Alchimicadi Anna Maria Partini
Possiamo dire che lErmetismo la filosofiae lAlchimia la pratica.
Entrambe risalgono al mondo mediterraneo e
a Ermete Trismegisto, e sono ritenute scienze sa-
cre, riservate ai soli iniziati. Ermete viene spesso
identificato con il dio egiziano Toth, inventore
della scrittura e delle scienze.
Al mitico Ermete Trismegisto si fa risalire
una vasta letteratura greca che pur contenendo
elementi dellantica tradizione egiziana, risale al
II - III secolo a.C.. Questi testi si possono divi-
dere in due gruppi: uno di tipo filosofico, il Pi-mandro e lAsclepio, in forma di dialogo, dove la
divinit parla alliniziato, al discepolo, laltro di
tipo pi operativo /pratico che contiene dottrine
magiche, alchimiche e astrologiche: tutto ci che
nasce sulla terra messo in relazione con ci che
nei cieli.
Tutto il processo alchimico converge dal
molteplice allUno. Luniverso considerato
come un vasto organismo animato da forze sottili;
fili invisibili uniscono Cielo e Terra, uomo e Co-
smo. Come troviamo scritto nella Tavola di Sme-raldo, il pi antico documento attribuito a Erme-
te.
LAlchimia non da confondere con la Spa-
giria, madre dellodierna chimica.
Il conseguimento dellalchimista una
conquista spirituale. Non si tratta di trasmutare i
metalli minerali, ma di trasformare le qualit fisi-
che e psichiche delluomo in qualit spirituali, per
raggiungere una coscienza integrata.
Jung tratta lAlchimia sul piano psicologico:
lAlchimia, come altre Tradizioni, invece, presup-
pone uno stato trascendente primigenio edenico,
da cui luomo decaduto e, per riottenere questo
stato, egli deve affrontare rischi e pratiche speciali,che nella mitologia sono le fatiche di Ercole, la lot-
ta di Teseo con il Minotauro, Giasone alla conquista
del Vello doro, ecc..
Oggetto della pratica la materia prima che
non si capisce bene quale sia. Viene detto che
quella che si calpesta, che sta sotto gli occhi di
tutti, ma che nessuno vede.
Scopo dellalchimia nosce te ipsum, cio la
conoscenza delluomo dal punto di vista fisico, ani-
mico e spirituale: al chimicamente le tre componen-
ti delluomo corrispondono allo Zolfo che ilNous/S Superiore; il Mercurio lanima, intesa
come psiche (dove avviene la purificazione
dei pensieri e delle emozioni: il camminare sulle
acque); e infine il Sale il corpo, parte fisica, an-
chessa da lavare e purificare.
LAlchimia, anche se a volte viene detta
scienza per fanciulli, in realt una Via irta di
difficolt, che richiede un grande impegno ed una
grande conoscenza dei principi e delle operazionidella Natura; non solo Arte, ma anche scienza, fi-
losofia e religione, e necessita di qualit speciali tra
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cui applicazione, costanza, pazienza.
Non basta studiare i libri, ma c bisognodella guida di un Maestro, che il discepolo incon-
trer al momento opportuno (se lo incontrer e lo
riconoscer).
Si tratta di trasmutare la pietra grezza in pie-
tra levigata. Il Piombo (Corpo) in Oro (vittoria
dello Spirito sulla Materia).
Il linguaggio usato spesso astruso e diffici-
le, un po per non farsi capire dai non iniziati e un
po perch gli argomenti trattati non sono sempre
traducibili con un linguaggio comune. Un tempo
era tutto molto pi segreto, non si conoscevano
tra loro neanche gli stessi Alchimisti. Oggi tutto
molto pi esplicito, e forse a volte troppo.
Il pi antico filosofo ermetico, secondo Pli-
nio, fu Democrito, che, egli afferma, fu iniziato
dal persiano Ostane; Sinesio, seguace della dottri-
na neoplatonica ed ermetica pervasa da elementidi cristianesimo (nel 409 fu nominato Vescovo di
Cirene), precisa che Democrito, non avendo rice-
vuto una iniziazione completa a causa della morte
di Ostane, lo evoc con un apposito rito:da lui
avrebbe avuto il consiglio di cercare i libri nasco-
sti nel Tempio. Pur non avendoli mai trovati, si
afferma che durante un banchetto si staccasse una
pietra dalle mura nella quale erano incise le se-
guenti parole:
La Natura gode della Natura
La Natura vince la NaturaLa Natura domina La Natura (s stessa)
Tale detto citato dal Vescovo Alberto Magno
e ripreso poi da tutti gli altri adepti dAlchimia, perindicare limportanza che in tale scienza ha lo stu-
dio dellaNatura e delle sue operazioni.
Altro alchimista bizantino fu Zosimo di Pano-
poli, noto per le sue visioni oniriche; dobbiamo poi
ricordareMorieno Romano da cui il principe arabo
Khalid avrebbe ricevuto linsegnamento ermetico.
Il trattato di Morieno fu uno dei primi testi tradotti
nel XII secolo e fu linizio della diffusione dei testi
alchemici in Occidente attraverso lintermediazione
araba.
Dal mondo arabo nascono i primi alchimistimedievali. Il pi famoso alchimista arabo fu Geber
che scrisse numerosi libri tra cui La Scienza della
Bilancia e la Summa Perfectionis.
Nel Rinascimento, grazie alla traduzione di Fi-
cino, inizia a rifiorire lo studio sistematico dei testi
ermetici: Ermete viene considerato contemporaneo
di Mos e il suo insegnamento come Prisca Theo-
logia.
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Numero 5 Novembre 2010
Associazione Culturale
Via Muggia 10 00195 Roma
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Due altri importanti studiosi di ermetismo
cristiano sono Annibale Roselli, francescano, eFrancesco Patrizi, insegnante di dottrine platoni-
che, che volle tentare di inserire (con scarso suc-
cesso, in verit) linsegnamento ermetico allUni-
versit di Ferrara.
Un secolo dopo, questo filone ermetico arri-
va al grande gesuita padre Athanasius Kircher,
professore di matematica presso il Collegio Ro-
mano. Kircher riprese gli studi sui geroglifici egi-
ziani (di nessun valore, da un punto di vista inter-
pretativo scientifico, perch la stele di Rosetta
non era stata ancora scoperta), e ne approfondmolti aspetti simbolici. Ha, comunque, il merito
di aver riportato lattenzione sulla religione egizia
e sui miti legati alla triade Iside, Osiride, Horus,
che pu essere paragonata alla successione delle
fasi alchemiche: nero, bianco e rosso.
Importante lo studio del Kircher sulla
Mensa Isiaca, una tavola di bronzo con incisioni
ispirate alla tradizione egizia, sulla quale raccol-
ta tutta la cosmologia. Kircher fu anche un esper-
to conoscitore di musica, colori e ritmi.
Nella Roma della met del Seicento erano at-
tivi:
il laboratorio del Kircher presso il Collegio
Romano
il laboratorio alchemico di Cristina di Svezia
al palazzo della Lungara
Il laboratorio di Massimiliano Palombara che
ci rinvia alle raffigurazioni presenti sugli stipi-
ti della porta Magica di Piazza Vittorio, sui
quali erano scolpite le formule per realizzareloro. Massimiliano forse riusc a produrre lo-
ro (vediIntroduzione allAlchimia eLa Visita
alla Porta Magica di Piazza Vittorio , sul sito
di Simmetria) e comunque si interess di Al-
chimia dal punto di vista filosofico lasciando il
suo messaggio inciso sulla porta, unico monu-
mento del genere (a meno che la Porta di Ri-
vodutri non sia anchessa una testimonianza
analoga per tale argomento rimandiamo al
saggio di Partini e Lanzi La Porta di Rivodu-
tri, Roma 2009).
Chiudo questa breve introduzione con le parole
di Cristina di Svezia, che trovo straordinariamentepertinenti:
LAlchimia una scienza bella, essa lana-
tomia della Natura, la sola e vera chiave che apre
tutti i tesori, questa scienza regale, anzi divina, ul-
timamente in disprezzo presso coloro che credono
di sapere tutto e non sanno nulla.
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