s enza dubbio, per molti, la parte migliore delle feste · il nome di questo dolce deriva da “pan...

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Il presepe e l’albero di natale U na delle tradizioni principali è sicuramente quella del presepe e dell’albero di Nata- le. Da qualche tempo si è diffusa la tradizione del presepe vivente. Il primo della storia è quello che fu allestito da San Francesco D’Assisi, nel 1223 La tradizione dell’albero di Natale è di origine nordica. Molto importante è l’albero di Natale di Gubbio, che nel 1991, alto 650m e decorato con oltre 700 luci, è entrato nel “Guinness dei Primati” come l’albero di natale di Natale più alto del mondo S i avvici- nano le feste natalizie e siamo tutti molto eccitati all’idea di riceve- re regali, mangiare i dolci tipici o semplice- mente passare del tempo con i pro- pri cari. Soprattutto per noi alunni, queste feste, rappresentano il modo per staccare un po’ dalla scuola. In ogni parte del mondo ci sono u- sanze diverse, in occasione di que- sta festa, ma quali sono le tradizioni tipiche della nostra Italia? Natale e le sue tradizioni Natale 2016 N°1 19/12/2016 Gastronomia S econdo la tradizione la cena della vigilia di natale non deve contenere carne. Un piatto molto diffuso al sud è l’anguilla o il capitone Dolci S enza dubbio, per molti, la parte migliore delle feste sono i DOLCI. I dolci tipici del Natale sono il panet- tone, il pandoro e il torrone. Il panettone è il dolce natalizio con uvetta e canditi originario di Milano. Esiste una leggenda riguardo al nome. Sarebbe stato creato da uno sguattero di nome Tom al servizio del Duca Ludovi- co. Da qui deriva il nome PANETTONE, cioè da “Pan De Ton”. Il Pandoro è invece di Verona, creato nel 1884 da Domenico Melegatti. Il nome di questo dolce deriva da “Pan De Oro”, in ricordo di un dolce a forma conica che veniva ricoperto di foglie d’oro zecchino. Il Torrone è originario del Nord Italia. Secondo la tradizione, ha avuto origine da un dolce servito a Cremona nel 1441, in occasione del matrimonio tra Fran- cesco Sforza e Bianca Maria Visconti Webdesign Antonio Cozza

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Page 1: S enza dubbio, per molti, la parte migliore delle feste · Il nome di questo dolce deriva da “Pan De Oro”, in ricordo di un dolce a forma conica che veniva ricoperto di foglie

Il presepe e l’albero di natale

U na delle tradizioni principali è sicuramente quella del presepe e dell’albero di Nata-le. Da qualche tempo si è diffusa la tradizione del presepe vivente. Il primo della storia è quello che fu allestito da San Francesco D’Assisi, nel 1223 La tradizione dell’albero di Natale è di origine nordica. Molto

importante è l’albero di Natale di Gubbio, che nel 1991, alto 650m e decorato con oltre 700 luci, è entrato nel “Guinness dei Primati” come l’albero di natale di Natale più alto del mondo

S i avvici-

nano le

f e s t e

natalizie

e siamo tutti

molto eccitati

all’idea di riceve-

re regali, mangiare i dolci tipici o semplice-

mente passare del tempo con i pro-

pri cari. Soprattutto per noi alunni,

queste feste, rappresentano il modo

per staccare un po’ dalla scuola.

In ogni parte del mondo ci sono u-

sanze diverse, in occasione di que-

sta festa, ma quali sono le tradizioni

tipiche della nostra Italia?

Natale e le sue tradizioni

Natale 2016 N°1 19/12/2016

Gastronomia

S econdo la tradizione la cena della vigilia

di natale non deve contenere carne.

Un piatto molto diffuso al sud è l’anguilla

o il capitone

Dolci

S enza dubbio, per molti, la parte migliore delle feste

sono i DOLCI. I dolci tipici del Natale sono il panet-

tone, il pandoro e il torrone.

Il panettone è il dolce natalizio con uvetta e canditi

originario di Milano.

Esiste una leggenda riguardo al nome. Sarebbe stato creato

da uno sguattero di nome Tom al servizio del Duca Ludovi-

co. Da qui deriva il nome PANETTONE, cioè da “Pan De

Ton”.

Il Pandoro è invece di Verona, creato nel 1884 da Domenico

Melegatti.

Il nome di questo dolce deriva da “Pan De Oro”, in ricordo

di un dolce a forma conica che veniva ricoperto di foglie

d’oro zecchino.

Il Torrone è originario del Nord Italia.

Secondo la tradizione, ha avuto origine da un dolce servito

a Cremona nel 1441, in occasione del matrimonio tra Fran-

cesco Sforza e Bianca Maria Visconti

Webdesign Antonio Cozza

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Incontriamo il sindaco di San Marco Argentano, Virginia Mariotti, durante uno dei pomeriggi

dedicati all’attività comunale.

Entriamo subito nel vivo dell’intervista con la prima domanda:

C ome è nata l’idea di realizzare a San Marco la giornata contro il femminicidio

e da quando?

L’idea è nata già molti anni fa, quando venne istituita la commissione per le pari oppor-

tunità, durante l’amministrazione del sindaco Mollo, grazie alla sollecitazione della con-

sigliera di minoranza, Leonilde Artusi. All’epoca ero assessore, e tutti abbiamo accettato con gran-

de disponibilità la proposta, consapevoli che se il comune avesse già avuto la lungimiranza di isti-

tuire un assessorato alle pari opportunità la commissione non avrebbe potuto far altro che aiutare

l’assessore a svolgere al meglio il suo compito. In questo modo si sarebbero potute realizzare del-

le iniziative che avrebbero dato risalto alla nostra cittadina, poiché è stata la prima commissione

istituita nel nostro comprensorio, e una delle primissime nella provincia di Cosenza.

Quali enti vengono coinvolti nella manifestazione?

Vengono coinvolte diverse associazioni, a cominciare dal centro italiano femminile, ma soprattutto

quelle che operano nel campo sociale, a difesa delle persone in difficoltà e dei portatori di disabili-

tà. A loro si aggiungono le parrocchie, l’unione ciechi, la misericordia, le cooperative sociali più rappresentative, agenzie

importantissime che hanno dato tante idee e valorizzato l’operato della commissione delle pari opportunità. Sono, dun-

que, tutte quelle associazioni impegnate nel realizzare servizi di tipo sociale, a far sì che le condizioni delle persone svan-

taggiate siano non solo tenute in considerazione, ma siano anche supportate dalle opportunità. In modo particolare ci si

è sempre rivolti elettivamente alle scuole, che sono state sin dall’inizio l’interlocutore privilegiato.

Essendo Lei il primo sindaco donna a San Marco come vive questo incarico? Ci sono momenti in cui vorreb-

be essere un sindaco uomo?

No, non vorrei mai essere un sindaco uomo. Il fatto di essere il primo sindaco donna lo sento in modo molto forte poiché

mi carica di grandi responsabilità, quindi è un impegno importante e spero di riuscire a dare alla mia azione un’impronta

significativa per prestare la giusta attenzione ai bisogni degli ultimi, alle problematiche sociali. Quest’ultime sono tante,

soprattutto in questo periodo difficile di crisi. Uno dei miei obiettivi è quello di aiutare ad esempio, quelle famiglie che

hanno perso il lavoro ed hanno difficoltà a mandare i figli a scuola, affinché si possano sentire uguali a tutti gli altri nei

diritti. C’è in me la consapevolezza di essere sindaco in un momento difficile, cerco di avere comprensione per tutti e cre-

do fermamente nelle pari opportunità in qualsiasi ambito, in modo tale da far sentire tutti parte fondamentale dell’intera

comunità.

Riguardo l’argomento specifico della giornata contro il femminicidio come l’ha vissuta e cosa ne pensa?

Negli anni, partendo dal passato, posso dire che si è sempre operato a riguardo. Già da quando ero in carica come as-

sessore abbiamo istituito un premio in memoria di una nostra studentessa, morta in seguito ad un intervento chirurgico,

Federica Monteleone. Poi, con questa amministrazione, la commissione insediatasi successivamente ha scelto di non pro-

seguire con questo concorso, ma nonostante ciò sono state portate avanti, in occasione della giornata del 25 novembre

diverse iniziative significative. Sono state intitolate due strade nel nostro paese, una il 25 novembre del 2014, l’altra

l’anno successivo, rispettivamente a Roberta Lanzino e a Lea Garofalo. Quest’anno invece si è deciso di istituire una bor-

sa di studio, intitolata ad una nostra concittadina vittima di femminicidio, Vincenzina Fernanda Scorzo, insegnante e

mamma.

Qual è stata la partecipazione della popolazione a questa giornata?

Avrei voluto fosse stata molto più ampia. Erano presenti le scuole, quindi tanti giovani, c’erano alcuni cittadini rappresen-

tanti delle varie associazioni, i quali sono stati invitati ad intervenire e che hanno voluto celebrare con noi questo mo-

mento importante. Auspico, però per i prossimi anni una partecipazione della cittadinanza ancora maggiore, poiché si

tratta di temi troppo importanti, e quello del femminicidio, purtroppo è un fenomeno in diffusione che tocca tutti indistin-

tamente. Ogni anno, infatti, sono sempre di più le donne che vengono uccise.

Titolo brano interno

Di più...

La giornata contro la

violenza sulle donne

c’è stata giorno

21/11/2016 dove ab-

biamo assisto ad un

Flash Mob e poi tutti

assieme abbiamo

percorso una marcia

silenziosa in onore di

tutte le vittime

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T ramite l’apporto di diversi enti si è venuti a conoscenza di qualche episodio di violenza sul territo-

rio? Come siete intervenuti? Qualcuno si è rivolto direttamente a Lei?

Non direttamente a me, però più persone, grazie a queste iniziative si sono rivolte alle presidenti di associazio-

ni che si occupano appunto delle donne, piuttosto che all’assessore alle pari opportunità, o agli uffici comunali

per chiedere dove potersi rivolgere per avere aiuto ed essere ascoltate.

Poiché la giornata ormai si svolge da tempo ha notato miglioramenti o una consapevolezza diversa nella

popolazione?

Una consapevolezza diversa sì, grazie anche al contributo importante che in tutte le edizioni del 25 novembre abbiamo

celebrato; è stata significativa, ad esempio, la presenza dell’arma dei carabinieri. Siamo sede del comando della compa-

gnia. Vi è stata da parte dell’arma la proiezione di un filmato, lo scorso anno, che ha impressionato bene anche tanti ge-

nitori, facendo percepire a tutti la vicinanza di questa istituzione, nell’essere sempre al nostro fianco e nello svolgere un

ruolo importante al livello preventivo.

Secondo Lei è importante partire dall’educazione alla non violenza tra i giovani?

E’ fondamentale, è questo il segreto. Speravo proprio me lo chiedeste. E’ la base di tutto, il rispetto dei generi e dei ruoli

sono, secondo me, la ricetta che può aiutarci a far scomparire il termine stesso del femminicidio, in sé molto brutto. I

cambiamenti che ci sono stati nel corso degli anni, in particolare ultimamente, hanno permesso alla donna di acquisire

un ruolo di responsabilità maggiore nella società, e ciò ha causato molte volte nell’uomo uno smarrimento. Molti non

perdonano alla propria compagna di essere più brava di loro, di riuscire a realizzarsi in una carriera professionale meglio

di quanto abbiano fatto loro, questo perché vi è ancora quel retaggio dell’educazione che vuole la donna in una posizione

inferiore. Uomini e donne devono camminare in parallelo, sono due persone identiche e diverse. Quindi fin quando non si

comprenderà che tra questi vi è complementarietà e non conflitto, purtroppo continueranno ad accadere fatti spiacevoli.

Le nostre iniziative vogliono essere finalizzate a far comprendere alle ragazze quanto importante sia rivendicare la pro-

pria libertà e il rispetto, valori che non devono mai venire meno. Comprendo, da donna, che quando ci si innamora,

spesso della persona sbagliata, il sentimento non fa comprendere i segnali che dall’altra parte arrivano, e che dovrebbe-

ro far capire quando è meglio prendere le distanze da gente che, anziché ascoltare e confrontarsi vuole prevaricare, vuo-

le imporre la propria voce con la forza.

Quanti dei suoi collaboratori sono donne? Quali ruoli ricoprono?

Ci sono nell’amministrazione comunale ben otto donne che siedono in consiglio, sei in maggioranza e due in minoranza.

Alcune donne della maggioranza ricoprono il ruolo di assessori: una all’ambiente, al bilancio e agli affari legali, l’altra ha

delega al turismo, sport, spettacolo, commercio e pari opportunità. La presidente del consiglio comunale è donna. Sono

fiduciosa e consapevole del valore e dell’aiuto che mi donano. Vi è poi una struttura comunale in cui molte dipendenti so-

no donne : su sei responsabili dei servizi, ve ne sono tre, media abbastanza importante per una realtà come la nostra, in

cui fino a qualche decennio fa lavoravano due o tre signore circondate esclusivamente da uomini. Questo è per me un

traguardo importante e significativo.

La ringraziamo per la disponibilità e la pazienza, è stato un piacere parlare con Lei.

E. Di Cianni, M. Scarniglia – IV sez. A – Liceo Classico

Incontriamo il sindaco di San Marco Argentano, Virginia Mariotti, durante uno dei pomeriggi

dedicati all’attività comunale.

Entriamo subito nel vivo dell’intervista con la prima domanda: (CONTINUA)

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P ygmalion Is a play by George Bernard Shaw, this play Is divided In two acts. A professor of phonetics Henry

Higgins makes a bet that he can train a bedraggled Cockney flower girl, Eleza Doolittle, to pass for a duchess at

an ambassador’s garden party. They play Is a sharp lampoon of the rigid British class system of the day and a

commentary on women’s independence. The first act begins while a lady and her daughter in evening dress

were peering out gloomily at the rain, they were waiting for Freddy who had gone to find a cab. Suddenly he rushed in

out of the rain and came between them closing a dripping umbrella. The daughter of the lady tried to force him to go

out into the rain to find a taxi . Since he was in hurry he crashed with a common flower girl, making fall her basket.

Then a military gentleman entered from the rain and the flower girl sold a flower who was writing all what she had done

and said . the reaction of the flower girl was hysterical , she said that she was only a poor and honest girl, believing he

was a cap. The man showed the ability to determine where a person came from, listening to his accent. He bet with the

gentleman that he could have made a duchess out of the flower girl, moreover he found that the gentleman was Colonel

Pickering , a famous scholar of Indian dialects who had to come to meet him. They decided to go for a supper.

In the second act as Higgins demonstrates his phonetics to Pickering, the housekeeper , Mrs Pearce, tells him that a

young girl wants to see him. Eliza has shown up because she wishes to talk like a lady in a flower shop. She tells Higgins

that she will pay for lessons . He shows no interests, but she reminds him of his boast the previous day. Higgins claimed

that he coved pass he for a duchess. Pickering makes a bet with him on his claim, and says that he will pay for her les-

sons If Higgins succeeds. She Is sent off to have a bath. Mrs Pearce tell Higgins that he must behave himself in the

young girl’s presence. He must stop swearing and improve his table manners. He is at lass to understand why she should

find fault with him. Alfred Doolittle, Eliza’s father , appears with the Sole purpose of getting money out of Higgins. He

has no paternal interest in his daughter ‘s welfare. He sees himself of a member of the undeserving poor, and means to

go on being undeserving. With his intelligent mind untamed by education he has an eccentric view of life. He is also ag-

gressive , and when Eliza , on her return , sticks het Tongue out at him, he goes to hit her, but Is prevented by

Pickering. The scene ends with Higgins telling Pickering that they really have got a difficult job on their hands.

Emanuela La Cava

Roberta Bruno

4 A Liceo

Titolo brano interno

Pygmalion

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I n the morning of 12th November 2016, it was performed in the Garden theatre of Rende a very famous play, writ-ten by George Bernard Shaw, the so-called Pygmalion. “Palketto stage” is the theater company’s name, that since 1985 – so, for over thirty years until today – has been working in a very active way, to take the school, in the whole Italy, in the attractive and always actual world of the classic theatre. Pygmalion has been written by Shaw in

1912 and, since that moment, became one of the most valued and loved plays in British society of the 20th century. In fact, very soon, and mostly in the last decades, the work has been translated and revalued in a lot of different ways, from the musical interpretation to the theatrical presentation. In the first act, the scene opens in the ancient city of London, where two gentlemen meet in the rain one night at Covent Garden. Professor Henry Higgins, a scientist of phonetics, bets Colonel Pickering, a linguistic of Indian dialects, that he can convince high London society that he will be able to transform the cockney speaking Covent Garden flower girl, Eliza Doolittle, into a woman as a poised and well-spoken as a duchess, in only three months. In the second act, Eliza shows up at the Higgins’ house to take him up on his offer. Higgins in cruel to the young lady and mocks her accent; however, Pickering suggests that the girl has feelings and offers her a seat. They agree that Eliza will live in that house for six months and he will tutor her to turn the girl in a true lady. In the third act, Higgins tries to show off Eliza’s transformation with his mother and her group at tea. Eliza drops in a long story of her aunt dying of influenza. The group is put off by this and the girl leaves the group while the young Freddy, from now, will always be in love with her. In the fourth act, Higgins and Pickering congratulate themselves on their work. They don’t consider the work Eliza has put into changing and ignore her completely. A huge fight arises between Eliza and Henry, who consider her ungrateful to him. As the act ends, she leaves and throws her ring in the fire. In the final act, Eliza has taken refuge at Henry’s mother house, who criticizes her child and Pickering for treating the young lady like and experiment and not like a lady. Higgins shows his love to her and invites her to move in with him again as his daughter, or even to marry Pickering. She says she’s thinking to merry Freddy, who’s been writing a letter to her. Her father enters claiming that Higgins money has “ruined me and destroyed my happiness”. As the play ends, we’re not sure if she marries Freddy, but play ends with Higgins laughing at the notion. For some theatergoers, George Bernard Shaw’s classic 1912 play “Pygmalion” is “My Fair Lady” without the song and the traditional romantic ending. In fact, in the light of the whole story, and especially during the end, the audience could ex-pect a totally different final, in which, for example, the by now-lady Eliza is falling in love with Henry and married him. It’s for this that, in general, everybody should watch this theatrical representation, that until the end knows as keep in suspense. ALESSANDRO PICARELLI 4A

A Beautiful experience

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JESSE OWENS:

un campione nello sport e nella vita

J esse Owens, è stato un atleta statunitense.

Egli nacque il 12 Settembre 1913 ad Oakvil-

le in Alabama, da cui successivamente si

trasferì con la sua famiglia a Cleveland in

Ohio. La sua vita fu segnata dalla discriminazione raz-

ziale, perché le persone erano ancora legate al fenome-

no dello schiavismo

che era intrinseco nel-

la comunità statuni-

tense. Infatti Jesse,

per via del colore della

sua pelle,venne sem-

pre considerato infe-

riore paragonato agli

altri atleti che invece

rientravano nei canoni

classici. La sua vita

cambiò quando scelse di iscriversi all’università statale

dell’Ohio, dove incontrò l’allenatore Larry Snyder. O-

wens voleva essere allenato da lui e Snyder riuscì ad

andare oltre i pregiudizi e decise di far diventare O-

wens la punta di diamante della sua squadra che gareg-

giava nei campionati americani. Per i record conseguiti

nelle gare nazionali Owens venne scelto come atleta

partecipante alle Olimpiadi. Nel 1936 gareggiò alle O-

limpiadi di Berlino dove vinse quattro medaglie d’oro

nelle seguenti discipline:100 metri, 200 metri, salto in

lungo e staffetta 4x100. Però quando dovette fare la

consueta foto di rito con il capo di stato del paese o-

spitante le Olimpiadi,venne rifiutato: Adolf Hitler non

voleva essere ritratto con un uomo di colore in una fo-

to ufficiale. Inoltre Hitler era rimasto sconvolto e de-

luso dalla vittoria di Owens, perché egli considerava la

squadra olimpica tedesca come la più forte a livello

mondiale, perciò rifiutando di farsi fotografare con O-

wens, Hitler, indirettamente, non accettava le sue vit-

torie. Dopo le Olimpiadi Jesse Owens partecipò a gare

di poco conto e alla fine si ritirò dalla scena sportiva

mondiale. Morì di cancro ai polmoni nel 1980 a Tucson

in Arizona all’età di 66 anni. Con il tempo la figura di

Owens venne rivalutata sia dalla comunità sportiva che

dalla comunità sociale,

divenendo un simbolo di

lotta contro il razzi-

smo, oltre che un cam-

pione sportivo. Per ce-

lebrare la sua figura

sono stati girati

film,documentari e sono

stati scritti libri e sag-

gi. Questa proclamazio-

ne di Owens ad eroe

contro il razzismo può essere sintetizzata nella se-

guente affermazione del presidente degli Stati Uniti

Gerald Ford:

“Owens ha superato le barriere del razzismo, delle se-

gregazione e del bigottismo mostrando al mondo che un

afro-americano appartiene al mondo dell’atletica”

Per questo può essere considerato sia un campione

nello sport che nella vita

Sarah Canonico 2B

CINEFORUM

RACE - Jesse Owens

Dual language

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JESSE OWENS - A champion in sport and in life

J esse Owens was an American athlete. He was born on September 12, 1913 in Oakville, Alabama, after that he moved to Cleveland, Ohio, with his family. His life was marked by racial discrimination, because the people still were tied to the phenomenon of slavery which it was inherent in the US community. In fact Jesse , because of the colour of his skin, was always considered infe-

rior compared to the other athletes that instead were within the classical canons. His life has changed when he chose to enroll at the Ohio State University, where he met the coach Larry Snyder. Owens wanted to be trained by him and Sny-der was able to go beyond the prejudices and he decided to make Owens the spearhead of his team that was compet-ing in the American championships. For the record achieved in the national matches , Owens was chosen as athlete par-ticipant at the Olympics. In the 1936 he competed at the Berlin Olympics where he won four gold medals in the follow-ing disciplines:100 meters,200 meters, long jump and 4x100 meter relay. But when he had to do the usual ritual photo with the president of the host country of the Olympics, he was rejected: Adolf Hitler didn’t want to be portrayed with a colored man in an official photo. Also Hitler was shocked and disappointed by the victory of Owens, because he consid-ered the German Olympic team as the strongest worldwide, therefore, Hitler by refusing to be photographed with Owens, indirectly, didn’t accept his victories. After the Olympics Jesse Owens competed at minor matches and he finally retired himself from the world sports scene. He died of lung cancer in the 1980 in Tucson, Texas at the age of 66 years. With time the figure of Owens was revalued by the sports community and by social community, becoming a symbol of the fight against the racism as well as a sports champion. To celebrate his figure movies and documentaries were filmed and books, essays were written This proclamation to hero against the racism could be summed up in the follow-ing statement of the American president Gerald Ford:

“Owens has overcome the barriers of racism, Segregation and bigotry showing the world

that an African-American belongs to the world of the athletics”

For this reason , he could be considered a champion in sport and in life. Sarah Canonico II B

CINEFORUM

RACE - Jesse Owens

Dual language

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Solo una giornata grigia

E ra una fredda mattina di ottobre, grigia come solo a Londra possono essere, e tra le mille persone affaccendate che andavano avanti e dietro per

le strade, ognuna presa dalle proprie preoccupazioni ed i propri impegni, si notava una sola, piccola personcina, stretta in un cappotto nero e

con gli occhi fissi per terra, che semplicemente si lasciava trasportare dal vento. Mary, questo era il suo nome, camminava da sola e senza meta,

il volto nascosto dietro una sciarpa azzurra e la mente persa in pensieri ancora più grigi della stessa città, come ogni giorno del resto.

Da quando era arrivata nella capitale, la ragazza dagli occhi vuoti non aveva fatto altro che vagare e vagare senza uno scopo, cercando solamente di alle-

viare la stretta ferrea attorno al suo cuore malinconico. Mai avrebbe creduto di poter vivere un giorno in quella città che tanto a lungo aveva solo intravi-

sto tra le parole di mille libri e sognava fin da quando era piccola. Eppure, adesso che era lì, che poteva assaporarla, respirarla e sentirla in ogni suo a-

spetto non riusciva a fare altro che pensare al passato, alla casa che aveva lasciato, a quei giorni a cui aveva dovuto dire addio quando, a quella maledet-

ta sera che avrebbe solo voluto dimenticare, quando un agente aveva bussato alla sua porta e le aveva detto che la sua famiglia non c’era più. Si era tra-

sferita a Londra, da un parente lontano di cui prima ignorava addirittura l’esistenza, e da allora si era comportata come un fantasma in una casa vuota,

continuando a fare le stesse cose in un macabro girotondo senza fine. A questo stava pensando Mary, al passato che non avrebbe più potuto avere, men-

tre attraversava la strada, ed era così persa nei suoi pensieri grigi che nemmeno sentì il forte clacson che attraversò l’aria, né le urla delle persone attorno

a lei. Si rese conto di ciò che stava accadendo quando alzò distrattamente lo sguardo e vide una macchina venirle incontro a tutta velocità. Incapace di

muoversi o anche solo di gridare, la ragazza rimase immobile in mezzo alla strada e tutto quello che riuscì a fare fu chiudere gli occhi, aspettando

l’impatto ed un dolore che però non venne.

Confusa, aprì nuovamente gli occhi e quello che vide la lasciò senza fiato. Non era più nella strada rumorosa ed affollata di prima, piena di gente elegante

e macchine costose ed all’ultima moda. Era seduta in un angolino sporco di una via sconosciuta, appena ricoperta di foglie gialle e marroni, che portava

ad una grande strada centrale, ricolma di persone. Ma le persone che passavano in fretta, quasi avessero paura di essere nel posto sbagliato nel momen-

to sbagliato, non erano vestite come le persone di Londra. Non della Londra di quel secolo, almeno. Tutti indossavano preziosi e raffinati abiti pregiati,

che sembravano quasi usciti da un film in costume. Gli uomini portavano giacche e camicie scure, cappelli a bombetta e tube altissime, mentre le donne,

belle come dipinti, erano avvolte in vestiti lunghi, gonne ampie e giacche di stoffa antica e ricercata. Anche la strada era piena, ma non di macchine; car-

rozze e cavalli correvano avanti e dietro in una giostra infinita, senza mai fermarsi. Mary, confusa, si alzò dal suo angolino e, attenta a non farsi notare, si

avvicinò alla strada, osservando rapita ed incantata quello spettacolo mozzafiato che sembrava uscito da uno dei suoi libri preferiti. Non capiva cosa stes-

se succedendo, ma era talmente estasiata da quello che vedeva che non se ne preoccupava nemmeno. Seguiva con lo sguardo ogni angolo, ogni detta-

glio, perdendosi in quell’aria di antico e al contempo di attuale che non riusciva a spiegarsi, tanto da finire a sbattere contro un passante senza nemmeno

accorgersene. Cadde a terra con un tonfo e subito lo sconosciuto accorse in suo aiuto, porgendole una mano e chiedendole scusa al posto suo.

“Chiedo perdono, signorina, non l’avevo proprio vista.” questa voce dal forte accento ma dal tono cordiale la spinse ad alzare lo sguardo, per incontrare

quello limpido di colui che le stava davanti. Era un giovane dall’aria e gentile e vestito semplicemente, con grandi occhi gioiosi e sinceri. La ragazza, dopo

qualche secondo di esitazione, accettò la sua mano tesa e si alzò, togliendosi le foglie attaccate al cappotto. “Mi scusi lei” borbottò, imbarazzata

dall’assurdità di quella situazione “Ero persa nei miei pensieri.”. Il ragazzo sorrise gentilmente per poi osservarla, soffermandosi con particolare attenzione

sulla sciarpa e sugli stivaletti di lei. “È straniera?” domandò, curioso “Non ho mai visto una fanciulla indossare simili abiti.”. Mary si sentì arrossire e si af-

frettò a rispondere “In un certo senso, sì. Vengo da . . . lontano.”.

Era la verità, in fondo, anche se non proprio tutta tutta. L’altro fece per aprire la bocca e chiederle qualcosa, quando un vocione improvviso come un tuo-

no lo interruppe, facendolo quasi sobbalzare “Arthur, si vuole muovere?”.

Il ragazzo si voltò verso la carrozza ferma vicino ad un lampione, per poi gridare in risposta un nervoso e frettoloso “Arrivo, professore!”. Si girò nuova-

mente verso di lei e le sorrise, passandosi una mano tra i capelli, imbarazzato. “Vuole venire con me, signorina? Mi farebbe piacere averla a cena, per far-

mi perdonare per prima.” domandò, mentre le guance gli si coloravano appena di rosso. Mary rimase senza parole, stupita da quell’insolita richiesta e dal

modo in cui era stata posta, ma qualcosa, negli occhi speranzosi di lui, le impedì di rispondergli negativamente. “Se per lei non è un disturbo . . .” mormo-

rò, incerta. Il viso del giovane si illuminò e subito questi si affrettò a scuotere la testa, come se solo l’idea di una cosa del genere gli fosse impensabile

“Ma certo che no! Venga, avanti!”. Le porse il braccio e la ragazza, seppur con un pizzico di imbarazzo, lo prese e si lasciò guidare verso la carrozza, dove

li attendeva un uomo dal volto serio e gli occhi vispi ed intelligenti, tutto intento a fumare una pipa.

Quando i due presero posto di fronte a lui li osservò curioso e poi si rivolse al giovane. “Alla buon’ora, Arthur. Chi è questa signorina?” domandò, in tono

burbero. Subito il ragazzo si affrettò a fare le presentazioni, mentre la carrozza percorreva la strada che li separava dalla loro destinazione. “Lei è la signo-

rina . . . ehm, temo di aver dimenticato il suo nome.” mormorò, rivolgendosi a lei. Subito Mary si presentò e l’uomo con la pipa, dopo aver borbottato il

proprio nome, un nome a lei stranamente noto – Professor Joseph Bell -, lanciò un’occhiata ai suoi vestiti, ma non commentò e rimase in silenzio fino a

quando giunsero di fronte ad un piccolo ed accogliente appartamento. Arthur lasciò l’ospite alle cure di una vecchietta affabile, che le preparò un bagno

caldo e le diede un elegante abito in totale stile vittoriano, con pizzi e balze e tutto il resto. La ragazza, dopo averlo indossato con un po’ di difficoltà, sce-

se in quella che precedentemente le era stata indicata come la sala da pranzo e lì trovò i due uomini intenti a discutere di una notizia appena uscita sui

giornali, abbandonati con noncuranza sul tavolino.

Titolo brano interno

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“È sicuro, professore, che abbiano preso l’uomo sbagliato?” stava chiedendo il giovane, osservando l’insegnate con uno stupore misto a curiosità. Questi

annuì, giocherellando con la pipa. “Conosce i miei metodi, Arthur. L’alibi del sospettato è stato manomesso dal vero colpevole, ovvio come la luce del so-

le. Credo che domattina andrò a fare una visitina al detective Lestrade, sperando che per una buona volta Scotland Yard si renda conto dei suoi errori e

ritorni sui suoi passi . . .” si bloccò nel vedere la ragazza ferma accanto alla porta, le sorrise e le fece segno di avvicinarsi. “Venga pure avanti, cara. Io ed

Arthur stavamo discutendo di un caso di omicidio avvenuto nei giorni precedenti, la cui risoluzione sarebbe stata tanto semplice da sembrare elementare

se i nostri agenti fossero capaci di notare i punti di interesse più evidenti.” sbruffò, riprendendo a fumare mentre Mary si sedeva accanto ad Arthur, sen-

tendosi quasi girare la testa. Omicidi, Scotland Yard, Lestrade . . . le sembrava quasi di essere entrata in un romanzo poliziesco, uno di quelli che aveva

divorato così tante volte prima che la sua vita cambiasse per sempre. Arthur si voltò verso di lei, gli occhi illuminati di un entusiasmo senza pari. “Deve

sapere, Mary, che il professore ama dilettarsi nella cosiddetta scienza della deduzione; cioè, dai dettagli più piccoli, osservando e ragionando con logica, si

può arrivare a conclusioni più o meno precise. Le sue deduzioni sono così accurate che spesso la polizia gli chiede aiuto ed in passato è riuscito a cattura-

re anche alcuni criminali!” spiegò, eccitato come un bambino che racconta la sua storia preferita. Il professore gli regalò un sorriso affettuoso, seppur

commentando con tono burbero “Suvvia Arthur, adesso non esageri. Sono solo un semplice professore che si diverte a scoprire cose che gli altri ignora-

no. Niente di più, niente di meno.”.

A Mary si strinse il cuore, mentre la sua mente lavorava veloce come mai prima di quel momento. Lei aveva già letto della scienza della deduzione, in ro-

manzi noti in tutto il mondo, scritti da un giovane medico che, secondo gli storici, si era ispirato alle abilità del proprio professore ai tempi dell’università.

Si voltò verso il giovane, la voce che le tremava mentre cercava di formulare quella domanda che ormai non riusciva più a tenersi dentro. “Arthur” mor-

morò, esitante “Il suo nome completo è Arthur Conan Doyle, vero?”. Il ragazzo la guardò incredulo, aggrottando la fronte. “Sì, è così. Come fa a saperlo?”

domandò, stupito. Lei scosse la testa, mentre cercava di controllare la sua agitazione. Di fronte a lei stavano Arthur Conan Doyle, colui che aveva scritto i

romanzi di Sherlock Holmes e che le aveva insegnato ad amare la letteratura e Londra, e l’uomo che gli aveva ispirato quel personaggio straordinario e

quelle storie senza tempo.

“Ho . . . trovato dei fazzoletti col suo nome, in bagno.” inventò, cercando di cambiare argomento “Quindi, vivete e lavorate insieme alle vostre indagini?”.

Il ragazzo scoppiò a ridere, divertito “Oh, no. Io sono solo un semplice studente di medicina e il professore Bell è il mio insegnante. Da quando ho perso il

mio coinquilino e compagno di studi, il professore viene qui ogni sera a farmi compagnia ed a distrarmi con le sue deduzioni.” spiegò gentilmente. L’uomo

si inserì, sbruffando “Questo ragazzino fastidioso che ha davanti si stava buttando giù, dopo la morte del suo amico, e io ho solo cercato di fargli vedere

che la vita, nonostante tutto, va avanti. L’ho coinvolto in qualcosa di nuovo per fargli capire che i cambiamenti, anche i più brutti, portano sempre qualco-

sa di bello su cui ricostruire la propria vita. Dopotutto, non si può né si deve rinunciare al presente per un passato che non ha futuro.” borbottò, per poi

indicare il giovane con la pipa “Ripongo grandi speranze in questo giovanotto e sono certo che non mi deluderà.”. Arthur arrossì, colpito dai complimenti

del suo insegnante, e farfugliando cercò di cambiare discorso.

I tre passarono una serata piacevole insieme, cenando e chiacchierando, e quando venne il momento di chiudere le luci ed andare a letto il professore

Bell li lasciò soli e tornò nel suo appartamento, dall’altra parte di Londra. I due giovani rimasero a parlare ancora a lungo, come ad entrambi non succe-

deva da tempo, e quando ormai la luna era alta nel cielo si alzarono per andare a dormire. Prima che Mary potesse salutarlo, Arthur le fece segno di a-

spettare e si sfilò qualcosa dalla tasca, una bellissima collana dal ciondolo rosso. “Per lei.” le disse, arrossendo e porgendogliela “Per ricordare questa

giornata e ricordarsi di me.”. La ragazza avrebbe voluto rifiutare, ma non ne ebbe la forza, dopo aver incontrato gli occhi di Arthur. Esitante, prese la col-

lana e la indossò, ringraziando l’amico con uno sguardo timido ed un sorriso. “Non potrei mai dimenticare.” fu quello che disse, prima di andare nella sua

stanza ed addormentarsi con una mano stretta attorno al ciondolo.

Quando riaprì gli occhi, però, non si ritrovò nella sua camera decorata in modo vittoriano, bensì in una stanza d’ospedale, con una mascherina a coprirle

la bocca. Spaventata, iniziò ad agitarsi, ed un’infermiera comparsa quasi dal nulla le si avvicinò e la rassicurò. Controllò i suoi segni vitali e le spiegò che il

giorno prima era finita sotto una macchina ed era stata portata d’urgenza in ospedale ed operata. L’operazione era andata bene, ma lei era rimasta inco-

sciente a lungo, persa in uno stato a metà tra sonno e coma, facendo temere ai medici il peggio.

Mary, capendo che doveva essersi trattato solamente di un sogno, abbassò tristemente lo sguardo e vide con suo grande stupore, stretta attorno al suo

collo, la stessa collana dal ciondolo rosso che Arthur le aveva dato. Con fatica, la sfiorò con la punta delle dita, ricordo indelebile del suo viaggio inspiega-

bile e della sua promessa di accettare il passato, ma di far sì che non distruggesse più il suo futuro, e giurò a se stessa di non dimenticare mai ciò che

aveva compreso in quella grigia giornata di ottobre.

Sara Rachiele

Solo una giornata grigia (CONTINUA)

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“ Non esiste una curva dove non si possa sorpassare”, queste le parole del pilota Ayrton Senna, tre volte campione di Formula 1, consi-

derato una vera e propria leggenda. Corse la sua ultima gare nel 1994, era il GP di San Marino e morì schiantato contro un muro, ucci-

so da un braccetto delle sospensioni.

La Formula Uno è tra gli sport più seguiti in Italia e nel mondo ed è apprezzata poiché permette di gustare le alte velocità, ammirare i

grandi sviluppi tecnologici e le abilità dei piloti professionisti. Eppure le competizioni di F1 sono spesso state rese celebri a causa delle morti di

giovani corridori in seguito ad incidenti. I casi di decessi in pista sono purtroppo innumerevoli e spesso coinvolsero anche alcuni tra i piloti più

promettenti, come nel caso di Senna.

La morte dell’esordiente Jules Bianchi nella scorsa stagione ha riaperto vecchie ferite, portato alla mente tristi episodi passati e posto molti

interrogativi sulla sicurezza dei veicoli da gara e sulle piste stesse. In realtà, parallelamente allo sviluppo dei motori, le grandi scuderie hanno

anche attuato strategie sempre migliori per salvaguardare non solo i guidatori delle iridate Ferrari e Mercedes, ma anche chi si mette in auto

ogni giorno, poiché spesso i progressi tecnologici e sperimentali, testati sulle macchine da corsa, sono stati poi impiegati sulle comuni vetture.

Purtroppo è proprio grazie ad alcune terribili disgrazie su pista che si è iniziato a sentire il bisogno di sviluppare determinati meccanismi e, per

comprendere al meglio l’evoluzione dei sistemi di sicurezza, è necessario ripercorrere brevemente la cronaca nera di questo sport.

La sicurezza, nel 1961, non era assicurata neanche per gli spettatori, infatti nel GP di Monza il ferrarista Von Trips finì contro le reti di prote-

zione, uccidendo 15 persone. Inoltre, ciò che causò moltissime morti fu la mancanza di tempestività nei soccorsi, come nel caso di Roger Wil-

liamson. Era il 1973, GP d’Olanda e i filmati ci mostrano l’auto di Williamson in fiamme e l’intervento tardivo dei medici di gara, i cui tentativi

furono inutili. Nel 1977 invece, sempre in luogo di un altro incidente, due commissari decisero di attraversare la pista per offrire soccorso al

pilota fuori pista. Uno dei due fu investito da Tom Pryce, il quale morì colpito dall’estintore trasportato dal soccorritore.

Forse una degli incidenti più discussi, a causa dell’uscita del recente film-documentario “Rush”, è quello che colpì Lauda, un autista tra i più

esperti e premiati. Egli rimase bloccato nella sua macchina in fiamme e tutt’ oggi conserva le cicatrici del bacio del fuoco. Infine è importante

ricordare l’incidente del 1982 di Villeneuve, durante il quale la sua vettura fu sbalzata in aria e, nel momento dell’impatto, il pilota rimase ucci-

so.

Con le migliorie apportate oggi forse molte di queste morti sarebbero state evitate, a partire proprio dall’incidente mortale di Senna, il quale fu

colpito da un braccetto che attraversò il casco. Oggi i caschi sono prodotti in carbonio kevlar, più resistente del 70 % rispetto ai vecchi modelli

e anche la visiera è stata inspessita. Nel 2003 fu introdotto anche l’ Hans, un dispositivo che diminuisce drasticamente i rischi connessi al com-

plesso testa-collo. Una vera e propria rivoluzione in questo campo è avvenuta grazie all’introduzione della “cellula di sopravvivenza, ossia la

parte di vettura che circonda il pilota e lo protegge non solo dal possibile impatto con detriti, ma anche dalle possibili collisioni. Ogni qual volta

poi una vettura subisca modifiche, essa viene sottoposta a rigidissimi crash test che ne verificano l’idoneità. Le ruote, spesso protagoniste di

incidenti, sono stati applicati dei cavi di ritenzione che le mantengono connesse alle macchine anche in caso di cedimento delle sospensioni.

Anche il fuoco rientra nei maggiori pericoli per un pilota ed esso si genera di solito in caso di mal funzionamenti del serbatoio. Oggi è quasi

impossibile subire una perdita di carburante e i serbatoi sono rivestiti di carbonio, ancora una volta più resistente rispetto ai materiali impiega-

ti in precedenza.

Per quanto riguarda i soccorsi, oggi questi sono situati in posizioni strategiche sulla pista tali da permettere di raggiungere ogni punto in 30

secondi. Infine i circuiti sono state rifornite di barriere che attutiscano gli urti. Infine, tute ignifughe e cinture di sicurezza sono obbligatorie sin

dagli anni Settanta.

Il numero di incidenti mortali è così drasticamente diminuito e il caso del giovane Jules Bianchi è stato il primo in Formula 1 dal 1994, causato

purtroppo da scarsa visibilità e dalla presenza momentanea di una gru che stava rimuovendo proprio una vettura che aveva appena subito un

impatto. Senza dubbio il settore della sicurezza continuerà ad evolversi parallelamente al potenziamento delle altre parti meccaniche, così da

permettere ai piloti professionisti maggiore protezione, non deturpando questo magnifico sport con macchie di sangue.

Virginia Cozza 5A

Non esiste curva dove non si possa sorpassare