s · mentre intonava gli uomini non cambiano di mia martini, altri hanno ascoltato e ap - preso un...

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Mi presento innanzitutto. Sono una per- sona che crede che note e parole possano cambiare il mondo benché dicano il con- trario. Su questa convinzione si basa il mio modo d’essere e d’agire quotidiano, credo nella possibilità di rivoluzionare e cambiare il mondo. Beh, ragazzi, mi direte che è as- surdo vista la situazione in cui ci troviamo, siamo figli sfortunati di una terra che ci mette di fronte solo morte e disastro, la strada per il futuro, quella più cospicua, è la criminalità e anche la salute, la cosa più importante, sta per andarsene. Non si sa dove andremo a finire. Siamo in Italia, in un Paese senza lavoro, senza guide che ci aiutino a trovare la nostra strada, senza giustizia e con un problema in più per chi, come noi, vive nella cosiddetta Terra dei fuochi, fuochi che ci stanno bruciando len- tamente. La nostra unica arma è la cultura e dobbiamo sfruttarla al massimo, dob- biamo essere forti e combattere, è questo il momento in cui sollevarsi e reagire, basta passività, basta sfuggire alle situazioni, basta rimandarle, basta dormire, basta in- differenza, BASTA. Iniziamo dalla nostra Scuola, proviamo a dare il nostro contributo, proponiamo nuove iniziative, nuove attività, tentiamo in tutti i modi di fare qualcosa, qualsiasi cosa che possa aiutare prima noi e poi gli altri. Siamo i giovani, il futuro, e la nostra disillusione, il nostro disinteresse non gio- verà di certo al nostro Paese. Potreste chie- dervi perché dovremmo aiutare la nostra Città, il nostro Stato a cambiare, un Paese che non ci ha dato nulla, o meglio che ci sta dando tutto il peggio che c’è, perché non dovremmo cercare lavoro altrove, fre- quentare università o vivere all’estero, siamo tenuti a farlo, dobbiamo distinguerci da loro, un giorno potremo sentirci non colpevoli se l’Italia si troverà in una situa- zione pessima, potremo dire di aver fatto qualcosa, di aver voluto davvero che le cose cambiassero, di aver messo tutti noi stessi, aver dato anima e corpo per una giusta causa. Io ci credo e vorrei tentare di spiegare a voi l’importanza della cosa, dobbiamo portare la rivoluzione dentro di noi per poterla attuare nel mondo e partire da noi stessi ci aiuterà a comprendere che realmente ne vale la pena. Vedo nella ge- stione di Murales l’occasione giusta per poter condividere con voi le mie idee, per far in modo che qualcosa cambi, per tro- vare collaborazione da parte vostra, non ci hanno sempre insegnato che le grandi ri- voluzioni sono partite da piccoli uomini? E’ la prima volta che una ragazza gestisce il giornalino e per me ha una grande impor- tanza. Vorrei davvero far sì che diventi un’occasione per la nostra scuola, che sia lo spazio in cui ognuno possa farsi cono- scere, possa esprimere la propria visione del mondo e possa semplicemente scrivere ciò che vuole, liberando la propria mente e la propria anima. Mai abbattersi ragazzi, seguiamo i nostri sogni e combattiamo con tutte le nostre forze! “Sii il cambia- mento che vuoi vedere nel mondo” (Gan- dhi). Alessandra Ferrara – Direttore responsabile > Editoriale pag. 1 > Incontri 2 > Incontri 3 > Riflessioni 4-5 > Iniziative 6 > Esperienze 7 > Incontri 8 > Turismo 9 > Cronaca 10 > Incontri 11 > Cultura 12 > Libri 13 > Turismo 14-15 > Viaggi 16 Sommario Comitato di Redazione Direttore Editoriale - Dirigente Scolastico prof. Gennaro Ruggiero Direttore Responsabile Alessandra Ferrara Vicedirettore Vincenzo Orsanto Redattore Capo Vittorio Perrone Fotoreporter Luca Morelli Redattori - Gli Alunni del Liceo Polispecialistico Statale "Gandhi" di Casoria (Na) Coordinatore Prof. Antonio D'Addio e-mail: [email protected] Murales via Aldo Moro, 26 - 80026 Casoria (Na) Tel/Fax: 0817375850 www.liceogandhi.it - [email protected] Stampa: EDITRICE CERBONE - 0818354357 GERENZA Giornale di attualità, musica, teatro, cronaca e costume - a cura del Liceo Gandhi Anno XVII gennaio 2014 E E D D I I T T O O R R I I A A L L E E 01-2014_murales_gandhi_Layout 1 21/01/14 09:00 Pagina 1

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Page 1: S · mentre intonava Gli uomini non cambiano di Mia Martini, altri hanno ascoltato e ap - preso un insegnamento fondamentale. L’autrice, nelle pagine del suo libro, diviene narratrice

Mi presento innanzitutto. Sono una per-sona che crede che note e parole possanocambiare il mondo benché dicano il con-trario. Su questa convinzione si basa il miomodo d’essere e d’agire quotidiano, credonella possibilità di rivoluzionare e cambiareil mondo. Beh, ragazzi, mi direte che è as-surdo vista la situazione in cui ci troviamo,siamo figli sfortunati di una terra che cimette di fronte solo morte e disastro, lastrada per il futuro, quella più cospicua, èla criminalità e anche la salute, la cosa piùimportante, sta per andarsene. Non si sadove andremo a finire. Siamo in Italia, inun Paese senza lavoro, senza guide che ciaiutino a trovare la nostra strada, senzagiustizia e con un problema in più per chi,come noi, vive nella cosiddetta Terra deifuochi, fuochi che ci stanno bruciando len-tamente. La nostra unica arma è la culturae dobbiamo sfruttarla al massimo, dob-biamo essere forti e combattere, è questoil momento in cui sollevarsi e reagire, bastapassività, basta sfuggire alle situazioni,basta rimandarle, basta dormire, basta in-differenza, BASTA.Iniziamo dalla nostra Scuola, proviamo adare il nostro contributo, proponiamo

nuove iniziative, nuove attività, tentiamoin tutti i modi di fare qualcosa, qualsiasicosa che possa aiutare prima noi e poi glialtri. Siamo i giovani, il futuro, e la nostradisillusione, il nostro disinteresse non gio-verà di certo al nostro Paese. Potreste chie-dervi perché dovremmo aiutare la nostraCittà, il nostro Stato a cambiare, un Paeseche non ci ha dato nulla, o meglio che cista dando tutto il peggio che c’è, perchénon dovremmo cercare lavoro altrove, fre-quentare università o vivere all’estero,siamo tenuti a farlo, dobbiamo distinguercida loro, un giorno potremo sentirci noncolpevoli se l’Italia si troverà in una situa-zione pessima, potremo dire di aver fattoqualcosa, di aver voluto davvero che lecose cambiassero, di aver messo tutti noistessi, aver dato anima e corpo per unagiusta causa. Io ci credo e vorrei tentare dispiegare a voi l’importanza della cosa,dobbiamo portare la rivoluzione dentro dinoi per poterla attuare nel mondo e partireda noi stessi ci aiuterà a comprendere cherealmente ne vale la pena. Vedo nella ge-stione di Murales l’occasione giusta perpoter condividere con voi le mie idee, perfar in modo che qualcosa cambi, per tro-vare collaborazione da parte vostra, non cihanno sempre insegnato che le grandi ri-voluzioni sono partite da piccoli uomini? E’la prima volta che una ragazza gestisce ilgiornalino e per me ha una grande impor-tanza. Vorrei davvero far sì che diventiun’occasione per la nostra scuola, che sia

lo spazio in cui ognuno possa farsi cono-scere, possa esprimere la propria visionedel mondo e possa semplicemente scrivereciò che vuole, liberando la propria mentee la propria anima. Mai abbattersi ragazzi,seguiamo i nostri sogni e combattiamocon tutte le nostre forze! “Sii il cambia-mento che vuoi vedere nel mondo” (Gan-dhi). 

Alessandra Ferrara – Direttore responsabile

> Editoriale pag. 1> Incontri 2> Incontri 3> Riflessioni 4-5> Iniziative 6> Esperienze 7> Incontri 8> Turismo 9> Cronaca 10> Incontri 11> Cultura 12> Libri 13> Turismo 14-15> Viaggi 16

SommarioComitato di RedazioneDirettore Editoriale - Dirigente Scolastico

prof. Gennaro Ruggiero

Direttore ResponsabileAlessandra Ferrara

VicedirettoreVincenzo Orsanto

Redattore CapoVittorio Perrone

FotoreporterLuca Morelli

Redattori - Gli Alunni del Liceo Polispecialistico Statale "Gandhi" di Casoria (Na)

CoordinatoreProf. Antonio D'Addio

e-mail: [email protected]

Murales via Aldo Moro, 26 - 80026 Casoria (Na)Tel/Fax: 0817375850

www.liceogandhi.it - [email protected]: EDITRICE CERBONE - 0818354357

GERENZA

Giornale di attualità, musica, teatro, cronaca e costume - a cura del Liceo Gandhi Anno XVII gennaio 2014

EEDDIITTOORRIIAALLEE

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2Incontri

Con 143 voti favorevoli, 3contrari e nessun aste-nuto, il Senato ha promul-gato il decreto sulfemminicidio. Tale decreto

si è reso necessario nel nostro Paese dopoun’attenta analisi delle statistiche: neiprimi sei mesi del 2013 in Italia sono stateuccise 81 donne, di cui il 75% nell’ambitofamiliare o affettivo, da persone con cui

stavano più a contatto (marito, padre, fra-tello, ecc..), da persone di cui si fidavano,da persone che amavano e in luoghi dovequalsiasi individuo, donna o uomo che sia,dovrebbe sentirsi al sicuro, al riparo dabrutalità e maltrattamenti, lontani dallabrutalità e dalla morte. Si tratta di violenzenon esclusivamente fisiche, ma anche psi-cologiche e verbali. Sono umiliazioni a cuile donne vengono sottoposte ogni giorno,quando la loro dignità viene continua-mente calpestata, affondata e svenduta. Atal proposito l’Associazione Clarae Musae,in collaborazione con Legambiente Casa-vatore, lo scorso 28 ottobre ha presentato,presso la biblioteca “B. Perrotta” di Casa-vatore, il libro Donne in carne ed ossa diLuisa Bossa. Hanno preso parte all’incon-tro, oltre all’autrice, il Sindaco di Casava-tore Salvatore Sannino, l’Assessore allaPubblica Istruzione Mario d’Esposito e Vit-toria Caso, docente di Materie Letterarie,Latino e Greco al Liceo Gandhi di Casoria.Chi dice che la gioventù non si curi diquanto ha intorno? L’entusiasmo era allestelle: alla kermesse letteraria hanno par-tecipato numerosi ragazzi del nostro liceo,alcuni hanno letto dei brani tratti dal librocon un sottofondo musicale, altri, invece,hanno svolto un efficace servizio d’ordine,una nostra compagna, Antonietta Ranieri,

ha cantato, lasciandoci tutti incantati,mentre intonava Gli uomini non cambianodi Mia Martini, altri hanno ascoltato e ap-preso un insegnamento fondamentale.L’autrice, nelle pagine del suo libro, divienenarratrice di storie aventi come protagoni-ste cinque donne del Sud, cinque donnevere, cinque donne che soffrono, cinquedonne che lottano. Luisa Bossa tiene moltoa sottolineare che le vicende raccontate

sono reali, per quanto lei abbia tentato dilimarle, in effetti il libro è nato quandonelle vesti di Sindaco di Ercolano dedicavaogni mercoledì a ricevere i suoi concitta-dini e le si presentavano diverse donne,probabilmente il fatto di essere lei stessauna donna le incoraggiava a parlare. Noncercavano una casa né tantomeno un la-voro, avevano bisogno solo di essere ascol-tate, solo questo, volevano solo unconforto, una parola di speranza, parlarecon qualcuno di cosa le tormentava, di

cosa le distruggeva, chiedevano solo di farconoscere la propria storia. CercavanoLuisa, Luisa che con le loro vite ha riempitopagine intere, Luisa che ha fatto delle loroesperienze una lezione, in quanto come leistessa dice, prima di essere una donna im-pegnata politicamente o un’autrice, innan-zitutto è un’insegnante, Luisa che si èmessa a nudo per immedesimarsi comple-tamente in queste donne, che pur essendoper la maggior parte analfabete, avevanouna gran forza, una gran dignità e allequali si è dovuta avvicinare con pudore. Lascrittrice entra nell’animo dei suoi perso-naggi fino a fondersi, fino a divenire untutt’uno, li comprende completamente,comprende le loro sofferenze, le loro sceltedrammatiche, il loro disagio, le loro umi-liazioni, il silenzio e la paura. L’opera diLuisa Bossa a sostegno delle donne non silimita qui, infatti, il ricavato delle venditedelle copie del suo libro, sarà donato alla“Casa delle Donne” di Nairobi. Sia il Sin-daco Sannino che Luisa hanno evidenziatoche c’è un unico modo per combattere evincere la violenza, per migliorare il nostromondo, per vivere in un Paese cosiddettocivile, anche senza dover promulgare unanorma specifica contro gli omicidi chehanno come vittime delle donne: la cul-tura. “Dovremmo modificare lo slogan delMinistro degli Interni, Roberto Maroni, daTolleranza zero a Ignoranza zero” – af-ferma la Bossa ed è quello che noi tutti do-vremmo capire: siamo noi la società e sevogliamo cambiarla, se vogliamo il pro-gresso dobbiamo metterci all’opera, su-bito, qui, adesso.

Alessia Cafaro, Valeria De Stefano,Marta Fontanella e Anna De Luca IV C LSU

METTIAMOCI ALL’OPERA

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Lo scorso 28 Ottobre si ètenuta, presso la biblio-teca “B.Perrotta” di Casa-vatore, la presentazionedel libro “Donne in carne

e ossa” di Luisa Bossa, organizzata dal-l’associazione “Clarae Musae”, presiedutadalla professoressa Vittoria Caso, in colla-borazione con la sezione Legambiente diCasavatore. È stato il primo di otto appun-tamenti che fanno parte dell’iniziativa“Appuntamenti con il libro”. La docenteCaso, nella sua relazione introduttiva, haribadito che, nonostante il libro sia divisoin cinque racconti, ci sia un’unità di intentie di messaggi, in quanto le storie sono in-centrate su donne maltrattate fisicamenteo psicologicamente e spesso vittime di pre-giudizi. La violenza in genere è fatta pro-prio da persone di famiglia, compagni divita che si trasformano in carnefici mentredovrebbero difenderle ed amarle, quandoci sono botte, non c’è amore. All’incontrohanno partecipato numerose personalitàpolitiche, che hanno sottolineato quanto

sia fondamentale la cultura, poiché le cat-tive azioni derivano più dall’ignoranza chedal fanatismo. Ha moderato Raffaele Fer-rara, ex alunno del Liceo Gandhi, presi-dente di Legambiente Casavatore. In effettila presentazione del libro è stata anche unpretesto per poter criticare e discuteredella violenza sulle donne. Alcuni passisono stati letti da Gianluca D’Errico, Mar-tina Del Gatto, Alessandra Galliano e Giu-liana Guarino, alunni del Gandhi,accompagnati dalla musica sublime diMario Scarano. Sicuramente, è stato unmomento culturale assai importante da

tutti i punti di vista. Sono state trattate te-matiche di capitale importanza, che riguar-dano noi tutti e che noi tutti non possiamoignorare; infatti ancora oggi parecchiedonne sono vittime di violenze ed ingiurie.Il primo appuntamento della rassegna nonha affatto deluso le aspettative. Un ottimoinizio che non fa altro che invogliare a par-tecipare al prossimo incontro in cui saràpresentato il libro “Misteri, segreti e storieinsolite di Napoli” di Agnese Palumbo eMaurizio Ponticello.

Alessandro Rega – III B LC

INCONTRO CON GLI AUTORI3Incontri

Nelle ultime settimanedue casi di violenza sulledonne  in India hannosconvolto il mondo in-tero. A distanza di pochi

giorni una ragazza è stata sfigurata dallancio di acqua bollente sul viso e unabambina di dodici anni è stata stuprata epoi bruciata viva. Il primo episodio è avve-nuto nel distretto di Muzzaffarpur, Statosettentrionale di Bihar. Il giovane ricercatoconosceva bene la sua vittima perchéprendeva ripetizioni ogni settimana dalpadre. La ragazza aveva accettato il gio-vane come amico su Facebook, ma con ilpassare del tempo si era stancata di un lin-guaggio sempre più volgare e allusivo neisuoi confronti e così lo aveva rimosso daipropri contatti. Evidentemente per il ra-gazzo si è trattato di un’onta insopporta-bile, tanto che ha subito raggiunto la casadella quindicenne e con una scusa si èfatto aprire la porta. Non appena si è tro-vato vicino alla ragazza, le ha rovesciatosul viso dell’acqua bollente che si era por-tato da casa. La giovane indiana ha ustionigravi sul 20% del viso. Il secondo caso ha

inizio il 26 ottobre scorso, quando sei uo-mini  hanno violentato una bambinadi dodici anni nei pressi di casa sua, a Ma-dhyagram, venticinque chilometri da Cal-cutta. Il giorno successivo la ragazza eraandata al commissariato per denunciarealle autorità l’accaduto, ma per un casosconcertante è stata violentata nuova-mente, questa volta da due uomini. Ma ledisgrazie non erano finite. Il 23dicembre è stata aggredita unaterza volta, questa volta incasa sua, da due delle personecoinvolte negli stupri prece-denti. Gli aggressori non sisono limitati a violentarla, mal’hanno bruciata viva, forse pervendicarsi della denuncia. Leautorità hanno dichiarato chetutti i colpevoli sono stati arre-stati, ma intanto la piccola èmorta in seguito alle ustioni. Inseguito a questi avvenimenti,migliaia di persone si sono ri-versate in varie piazze di cittàindiane per manifestare controqueste barbarie e il governo ha

assicurato lo stanziamento di fondi per ar-ginare il fenomeno dilagante della vio-lenza sulle donne. Il problema èchiaramente culturale. L’India di oggi simaschera dietro a una facciata buonistache vede la donna come “madre delmondo”, ma in effetti è estremamentemaschilista e tratta la donna come un og-getto di proprietà del padre o del ma-rito. Ma il problema della violenza sulledonne e i bambini non è solamente in-diano, è un fenomeno globale che non ri-sparmia il nostro Paese.

ABBASSO LA VIOLENZA

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“L’intelligenza non avrà maipeso, mai / nel giudizio diquesta pubblica opinione. /Neppure sul sangue deilager, tu otterrai // da uno

dei milioni d’anime della nostra nazione, /un giudizio netto, interamente indignato: /irreale è ogni idea, irreale ogni passione,// di questo popolo ormai dissociato / dasecoli, la cui soave saggezza / gli serve avivere, non l’ha mai liberato”. Così ne LaGuinea, contenuta nella raccolta Poesia informa di rosa, Pier Paolo Pasolini si mo-strava amareggiato nei confronti degli Ita-liani. Un popolo - secondo l’autore

bolognese - sostanzialmente inerte, inca-pace di vincere il conformismo dilagante edi sottrarsi al nascente costume consumi-stico. A cinquant’anni di distanza la criticadi Pasolini sembra, più che una reazioneforte ai mutamenti di un’epoca, la denun-cia di una vera e propria caratteristica an-tropologica degli Italiani, ben più grave inquanto trascende il limite di un singolomomento storico. Nella terribile crisi (nonsolo) economica che subiamo oggi, il gridodei cittadini stanchi sembra diventare sem-pre più flebile, specialmente fuori dall’iso-lato centro di potere che esprimequotidianamente il fallimento di un si-stema democratico inadeguato. Da due le-gislature il Paese è governato da esponentipolitici non votati direttamente dai citta-dini, ormai esautorati dalla loro sovranitàpopolare sancita dalla Costituzione. E davent’anni il malcontento generale manife-

sta uno scarto intollerabile tra le loro esi-genze e le non risposte della classe poli-tica. È vero: a dire che sono tutti uguali sidiventa qualunquisti, ed è troppo comodogeneralizzare. Ma qual è l’impressione do-minante, ad osservare un Paese ridotto aiminimi termini in ambito economico, cul-turale, scolastico, ambientale, giuridico, ci-vile? Seguiamo con indifferenzatelegiornali e talk-show che raccontano unperenne stato d’emergenza, e anche le no-tizie di gesti disperati compiuti dai lavora-tori in difficoltà sembrano un fattoordinario. Gli Italiani sono in catalessi, esoprattutto non vogliono uscirne. Le ultime

elezioni politiche hanno rivelato l’esigenzadi un rinnovamento, ma quando questonon si è verificato la rabbia è sembrata ca-lare. Sono troppo pochi coloro che scen-dono in piazza, si attivano sul web,organizzano modi e forme per rivendicarei propri diritti. La maggioranza è catato-nica, ripete meccanicamente mantra di cuinon ha convinzione, si lamenta senza dav-vero indignarsi. Ecco: indignarsi. Manca“un giudizio netto, interamente indi-gnato”, quello che ricercava lo sconfortatoPasolini. Gran parte degli Italiani non ha ilcuore per leggere, informarsi, muoversi,cambiare, agire. E acquista validità l’asser-zione per cui ogni popolo ha la classe po-litica che merita. Occorrerebbe tenere altala tensione ogni giorno, svegliarsi e non di-menticare la collera posseduta in prece-denza; indignarsi, anche in maniera lucida,ma autentica. Ed invece noi siamo ottimi

attori. Aspettiamo le grandi tragedie perfingerci indignati, e poi – a pantomimaconclusa - torniamo alla passività del no-stro vivere quotidiano. È positiva la grandediffusione che sta avendo la notizia deldramma della Terra dei Fuochi, affrontatoanche in questo numero di Murales. Ascuola, per strada, in tv se ne parla, e sem-bra che la portata del problema si sia rive-lata pienamente anche ai più distratti. Manon si può sorvolare su un dato di fatto:l’inchiesta Adelphi, nel 1993 (prima didieci inchieste sullo smaltimento di rifiutitossici in Italia), ha appurato che i Casalesihanno iniziato a sversare rifiuti nel 1989.

Ventiquattro anni non sono un po’ troppiper maturare un sentimento di indigna-zione? Eppure le opportunità di divulga-zione non sono mancate. “Terra deifuochi” è proprio il titolo dell’ultimo capi-tolo di Gomorra, in cui Roberto Savianoanalizzava il problema già nel 2006. Car-mine Schiavone (che ha rivelato i luoghi incui sono stati sversati i rifiuti in Commis-sione Ecomafie nel 1997, in un’audizionefino a pochi giorni fa ancora protetta dalsegreto di Stato) ha rilasciato lo scorsoagosto un’intervista a Sky TG 24 in cui ri-badiva la veridicità dell’operazione. Manon è bastato. Sono state necessarie le te-lecamere de Le Iene, che con sapientecompetenza hanno mostrato le ferite dellanostra terra al grande pubblico. Sui socialnetwork sono partite petizioni (molte nonufficiali), e numerosi vip hanno prestato ilproprio volto per sensibilizzare ulterior-

4Riflessione

L’ITALIA CHE NON SA INDIGNARSI

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mente l’opinione pubblica. Tutto questo èstraordinario. Ma il dubbio resta: se i più,durante tutti questi anni, non si sono ac-corti del problema, quando i riflettori ine-vitabilmente caleranno, torneranno allaloro totalizzante indifferenza? Don Mauri-zio Patriciello tornerà ad essere un pretesconosciuto? I cortei perderanno di nuovopartecipanti? I movimenti ambientalisti ele manifestazioni culturali sensibili al pro-blema scompariranno dalla lente d’osser-vazione della massa? E i cittadini, adessoapparentemente indignati, sapranno di-stinguere, ai seggi elettorali, le forze poli-tiche che hanno permesso questo scempioda quelle che hanno tentato, anche mini-mamente, di contrastarlo? La sensazioneè che l’italiano medio reagisca solo allagrande tragedia, producendosi in una ste-rile attività di coinvolgimento emotivo. Èaccaduto poche settimane fa, al largo diLampedusa, quando 365 eritrei, sudanesi,etiopi (tra cui donne e 16 bambini) hannoperso la vita in un naufragio. La notte del3 ottobre la Sicilia sembrava vicina. Ai mi-granti si dà ordine di gettare i cellulari inmare, poi accade l’imprevisto: la pompa disentina, che avrebbe dovuto limitare le in-filtrazioni d’acqua nello scafo, si rompe. Loscafista accende una coperta per segna-lare la loro presenza, ma la fiammata sca-tena il panico. E il peschereccio affonda.Un peschereccio chiamato Malac 1284,che in arabo significa “Angelo 1284”: unangelo con le ali spezzate dalla morte. Allatragedia sono seguiti repentinamente i di-scorsi struggenti dei politici accorsi sulposto, fra cui anche il presidente dellaCommissione Europea José Manuel DurãoBarroso ed il commissario Cecilia Mal-mström, duramente contestati dagli abi-tanti di Lampedusa. Sì, perché la tendenzadei nostri rappresentanti - il vicepremier Al-fano in testa - è stata quella di accusaretotalmente l’Unione Europa. La quale, lon-tana dalle nostre coste e dalle nostre esi-genze, ha effettivamente gravissimeresponsabilità, oltre a tenere spesso posi-zioni ambigue: i Paesi membri offrono di-ritto d’asilo, ma di fatto non offronoalternative legali ai trafficanti di uomini.Non si capisce, però, cosa c’entri l’Europacon tutta una serie di provvedimenti, danoi adottati, che ostacolano l’accoglienzae si rivelano assolutamente inadeguati adospitare i rifugiati. Inoltre l’UE ha stan-ziato, a partire dal 2007, 535 milioni dieuro per migliorare il sistema nazionale dicontrollo e di assistenza per i profughi. Maquesti fondi sono stati in parte inutilizzati,in parte investiti in ritardo a causa di una

farraginosa macchina burocratica, e inparte sprecati (come i 27 milioni spesi perirrobustire il parco vetture delle forze del-l’ordine, che include veicoli destinati alpattugliamento delle coste e dei porti, tal-volta assegnati al servizio scorta di politicie dirigenti statali). E così, sulla scia delleemozioni, l’intera (o quasi) scena politicasembrava pronta e decisa a risolvere al-meno i principali orrori legislativi. Inutile

scrivere che persino la promessa più scon-tata e dovuta, quella di svolgere i funeralidi Stato, non è stata mantenuta. Molticorpi sono stati sepolti senza neanche per-mettere ai familiari il loro riconoscimento.E, nel giorno in cui scrivo, lo psicodrammasi è già concluso. Non si parla più degliscafisti, membri di una mafia capace di ge-stire i centri di detenzione libici e di con-trollare le rotte che partono dal nord Africae dalla Siria, unica risposta in assenza dicorridoi umanitari. Dai passeggeri delMalac 1284 i trafficanti hanno intascato825 mila dollari: tolte le spese per lo scafo790 mila dollari, al cambio quasi 600 milaeuro. Non si parla del centro di primo soc-corso a Lampedusa, dove si dorme perterra sui materassi, né del suo padiglioneincendiato due anni fa e mai rimesso insesto. Non si parla del palazzo Salaam, aRoma, dove convivono 1250 sopravvissuti,lontani da città, servizi e diritti. Attendonola risposta della commissione esaminatricenel Paese dove hanno fatto domandad’asilo, che per legge dovrebbe arrivareentro 30 giorni dalla richiesta. Nella realtài tempi sono spesso superiori ad un anno.Non si parla dell’insufficiente numero dipunti d’accoglienza messi a disposizionedal Sistema di Protezione per RichiedentiAsilo e Rifugiati (SPRAR), che, accedendo

ai fondi pubblici del ministero dell’Interno,offre poche migliaia di posti a fronte dellequasi 80 mila richieste. Non si parla deinostri rapporti diplomatici con sanguinaridittatori, come il defunto Gheddafi, l’eri-treo Afewerki, il siriano Assad, a cui l’Italiaoffre spesso supporti militari ed economici,né degli accordi di rimpatrio siglati, adesempio, con Libia ed Egitto. Non si parladell’immigrazione illegale, che costituisce

un reato penale, a differenza che negli or-dinamenti francese e britannico, e consi-dera i sopravvissuti a quest’enorme strageclandestini ancor prima che uomini. Clan-destinità il cui favoreggiamento è vietatodalla legge Bossi-Fini, così che molti si ri-fiutano di prestare soccorso. Quella stessalegge che prevede l’espulsione forzataanche dei richiedenti asilo verso Paesi incui potrebbero essere a rischio di graviabusi dei diritti umani, e che si avvale deiCentri di Identificazione ed Espulsione(CIE)li immigrati, considerati “ospiti”,sono in realtà detenuti, in attesa dell’iden-tificazione e di una possibile espulsione. Sidimentica quella fila sterminata di bare,contrassegnate da numeri che sembranosostituirsi all’umanità delle persone: animeridotte a numeri scolpiti su casse di legno.E poi i minuti di raccoglimento, in Parla-mento, negli stadi, a scuola, che dovreb-bero servire da stimolo di riflessione, e cheinvece appaiono funzionali soltanto alavarsi le coscienze. Eppure basterebbepoco, talvolta davvero poco, per tentareun cambiamento concreto. Sarebbe il caso,davvero, di imparare ad indignarsi. Magaricominciando a scuola. Cercando di cam-biare finalmente “questo popolo ormaidissociato / da secoli”.

Roberto Rocco – IV B LC

5Riflessione

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6Iniziative

Nonostante l’articolonove della CostituzioneItaliana garantisca latutela del paesaggio edil bene collettivo a

tutto lo Stato italiano, qui al Sud convi-viamo con un grosso problema: La terradei fuochi. Una terra distrutta, inquinata,avvelenata e costretta a risucchiare rifiutiper anni. Circa trent’anni fa, infatti, i poli-tici del Nord non sapendo come sbaraz-zarsi dei loro rifiuti pagarono la camorraper metterli sotto il terreno dei napoletani.Il risultato è stato che, negli anni, essendotutti all’oscuro di tutto, abbiamo coltivatole nostre terre e mangiato i loro frutti pen-sando di essere al sicuro; ma solo oggi ab-biamo scoperto che tutto ciò che abbiamoricavato e tutto ciò che hanno digerito inostri animali non era altro che cibo alta-mente contaminato, tant’è che nella zonapiù interessata (Caserta – Acerra – Cai-vano) una persona su tre, compresi i bam-bini, ha un tumore. Al giorno d’oggi, infatti,nella regione Campania abbiamo la piùalta percentuale di morti per tumore in tut-t’Italia. E’ possibile non potersi più fidaredi cosa ci dà la natura? Perché tutti hannodimenticato quest’articolo della Costitu-zione. Eppure ci sono anche numerose or-ganizzazioni internazionali, tra cui l’UNEP(United Nations Environment Programme),che sono promotrici, o almeno così do-vrebbe essere, di iniziative per la tutela del-

l’ambiente adottando il principio “chi in-quina paga”, così la direttiva 99/2008detta disposizioni riguardanti i reati am-bientali, prevedendo sanzioni per le attivitàche hanno come effetto quello di deterio-rare la qualità dell’acqua, dell’aria, delsuolo, della flora e della fauna. Più preci-samente, uno dei reati ambientali più gravie al quale si dovrebbe fare ricorso è la rac-colta, il trasporto, il recupero o lo smalti-mento dei rifiuti che possa provocarelesioni gravi alle persone o danni rilevantialla qualità dell’acqua, del suolo o del-l’aria. Allora come mai nessuno ne tiene

conto? Perché non si cerca un responsa-bile? Ormai non potrebbe neanche andarepeggio, il problema non riguarda più soloil suolo, la flora e la fauna ma si sta esten-dendo anche nelle acque; difatti nei luoghiinteressati l’acqua dei rubinetti non è piùpotabile. C’è solo stata mala politica, cor-ruzione e omertà, nessuna protesta e nes-sun tentativo di risolvere questo grandeproblema. Eppure avendo più di una leggea nostro favore restiamo a guardare comequesto grande buco nero inghiottisce di-ritti, salute e bene comune.

Rossella Cassese – II A LSU

LA TERRA DEI FUOCHI

Il progetto “Spot pubblicitario sulla Terra dei fuochi” è natodalla necessità di sensibilizzare gli alunni sul grave problemadell’inquinamento ambientale che si sta vivendo in questi ultimitempi, in vista di un convegno da realizzare sul territorio. L’as-sociazione “Libera”, di cui il Liceo Gandhi è presidio territoriale,ha sposato l’iniziativa e lo utilizzerà nei canali di sua pertinenza.Il punto di partenza è stato la ricerca di un brano musicale chepotesse sostenere le idee, le canzoni di Edoardo Bennato “Lamia città” e quella di Rocco Hunt “Io posso” sono state ritenutele più adatte allo scopo. In seguito ho stimolato i ragazzi sulconcetto di rifiuti sommersi che riemergono e delle mani spor-che che sporcano il futuro “Pulito” di tutti. Per questo si è insi-stito molto sulla responsabilità personale di tutti: quelli che

hanno interrato, quelli che lo hanno permesso, quelli che nonhanno denunciato, l’azione sottolinea infatti lo “sporcarsi” re-ciproco, nessuno è innocente, “L’indifferenza ci rende complici”è la frase che compare sulle immagini dei roghi. Tuttavia erafondamentale sottolineare la speranza che si possa e si debbauscirne: ” La consapevolezza ci rende liberi” è l’aspetto domi-nante che dà il titolo allo spot. Interamente realizzato in classe,la VC delle Scienze Sociali, ed in palestra, come la regista havoluto, per sottolineare la funzione fondamentale della scuola,principale agente educativo insieme alla famiglia, per la forma-zione di cittadini nei quali non debba prevalere l’assenza dietica.

Carmela Giacometti

S P O T P E R L A T E R R A D E I F U O C H I

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Tra impulsi nervosi e sinapsi iniziail nostro viaggio nei meandri dellaragione umana. Tutto ciò che è in-torno a noi, sentimenti, sensa-zioni, emozioni si cela nel

profondo della mente e ha origine nel cervello,uno degli organi più complessi del nostro orga-nismo. Città della Scienza, sul finire del 2013,ha tenuto una mostra che ha permesso ad al-cune classi del liceo Gandhi, andate in visita lì,di toccare con mano l’attività incredibilmentecomplessa ed elaborata della “guida del nostrocorpo”. Arrivati verso le nove e mezza, siamostati accolti nella struttura, dove è iniziato il no-stro cammino all’interno di un vero e proprio“mondo nascosto”: ogni stanza dell’edificio rap-presentava una particolare area del cervello o il-lustrava una sua particolare funzione attraversoimmagini, modellini e giochi interattivi. La primasala era dedicata alla propagazione dell’impulsonervoso. Esso è la modalità con cui vengono ri-cevute ed elaborate le informazioni provenientidall’interno e dall’esterno del nostro corpo; a lorovolta queste vengono trasmesse mediante neu-roni, ovvero cellule nervose, e stimoli chimici,quando vengono rilasciate specifiche molecole, ineurotrasmettitori. I neuroni sono costituiti da uncorpo centrale, il soma, dai dendriti e da una

lunga terminazione, l’assone, lungo cui correl’impulso elettrico. Tutto ciò è stato simulato at-traverso una serie di tubi che, gettata una pallina,riproducevano la trasmissione del messaggio finoalle sinapsi, le quali rilasciavano getti d’acquacome se fossero stati dei veri e propri neurotra-smettitori. In un’altra sala erano esposti dei cer-velli, veri, di varie specie animali: un cervello dicane, di gatto, di squalo, di oca, di delfino, la ri-produzione di un cervello di dinosauro e, infine,un cervello umano. Di quest’ultimo abbiamo esa-minato vari disturbi, come il mal di testa, e pato-logie, come il tumore, e abbiamo scoperto qualisono gli esami da effettuare in caso di problemi(ad esempio la TAC, la risonanza magnetica el’elettroencefalogramma, simulato attraversouno strumento simile a quelli scientifici realmenteutilizzati). Quanti di voi, almeno una volta nelcorso della carriera scolastica, hanno cercato distudiare un programma intero prima di un’inter-rogazione? Oppure studiano la mattina prima diandare a scuola invece del pomeriggio prece-dente? Grazie a questa visita guidata abbiamoscoperto che questo è completamente sbagliato:tutto ciò che apprendiamo, infatti, viene regi-strato all’interno di una memoria a breve ter-mine; è solo col tempo oppure medianteun’assidua ripetizione delle informazioni, oppureancora per mezzo di un’emozione forte legataad alcuni eventi che i solchi scavati nella mentediventano permanenti e passano così alla me-moria a lungo termine. In particolar modo, i per-corsi nervosi incisi durante il giorno vengonoseguiti e quindi ricalcati durante una specifica

fase del sonno, la quinta, detta REM (Rapid EyeMovements) durante la quale si sogna più inten-samente e che dura circa dieci minuti. Gli esseriumani dovrebbero dormire, in media, circa 7-8ore, durante le quali i cicli di sonno (vigile, delta,profondo e REM) si ripetono circa 5 volte. Allastanchezza conseguente la perdita di ore sisonno di può porre rimedio dormendo nei giornisuccessivi, ma non si può fare altrettanto per gliimportanti processi che non verranno più effet-tuati per le informazioni e gli avvenimenti di quelgiorno; perciò, studenti, non crediate che dormirele 24 ore della giornata di Domenica possa com-pensare le ore piccole della settimana! Infine,sorprendente è stata la storia di Phineas Gage,operaio statunitense addetto alla costruzione diferrovie, noto per un incidente capitatogli nel1848: sopravvisse alla ferita infertagli da un’astadi metallo che gli trapassò il cranio, ma subì unradicale mutamento della personalità, diven-tando scontroso e irascibile. A Città della Scienzaè stata realizzata ed esposta una fedele riprodu-zione del teschio perforato a cui era dedicataun’intera sala della mostra. A questo punto cisiamo congedati dalla guida e abbiamo potutovisitare autonomamente i locali. Senza dubbio,questa mostra ha dato il via alla rinascita di Cittàdella Scienza, che sta lottando per recuperare losplendore di un tempo e che sempre sarà sim-bolo e orgoglio della cultura partenopea.

Amelia Casolaro e Alessia Mollame - IV D LS

7Esperienze

UNA GITA ELETTRIZZANTE

“Cave d’oro” e non “cave di ve-leno”: così dovremmo esseredefiniti a dispetto dei grossi ti-toli che, invece, campeggianosu tutti i giornali. La nostra

terra è ricca di tesori a noi ignoti, siamo ungrande mosaico con tasselli mancanti, infattinon conosciamo tutto ciò che possediamocome patrimonio culturale, ma per nostrafortuna, alcune tessere di questo grande mo-saico si stanno aggiungendo. Grazie allascuola, che ci consente visite guidate, infattiabbiamo avuto l’occasione di esplorare davicino il Museo di San Martino, noi ragazziabbiamo potuto osservare e toccare conmano tutto ciò che avevamo conosciutodalle pagine di un libro. Studiare quelle mac-chie di inchiostro sulle pagine bianche deitesti scolastici ci sembrava tanto stressantequanto noioso, ma una volta sul posto tuttoè parso ai nostri occhi come un qualcosa disurreale e magico. Una volta entrati nelMuseo, la guida ci ha spiegato tutto ciò cheha segnato il corso della storia. Abbiamo ap-prezzato oggetti di alto valore, giochi di co-lori e di materiali, immense pareti dipinte,

legno pregiato, pietre preziose, marmi, eraquesto ciò che ci circondava, in quel mo-mento non esistevano smog, immondizia,

urla: era tutto così bello, tranquillo, serafico.Ricordare i resti di un’epoca passata attra-verso armi, carrozze e navi reali, che untempo hanno fatto parte della nostra storia,ci hanno riportato in atmosfere tanto lon-tane, ma che in quel momento sembravanotanto vicine! Un altro momento importantedel nostro percorso è stata la visita al ma-gnifico presepe, dono di Michele Cuciniello,con la scena della Natività di Cristo e i suoipreziosissimi pastori del ‘700 napoletano,tutti rigorosamente realizzati a mano, unavera meraviglia. Per non parlare, poi, della

chiesa che è parte integrante del museo.Essa è in stile barocco, è abbellita da stucchidorati, marmi preziosi e quadri di pittori im-portanti . Poca gente conosce questa realtàdi Napoli, tutti, purtroppo, sono convinti chenoi siamo solo “Camorra e Spazzatura”, manon è cosi. QUESTO POSTO NON DEVE MO-RIRE, LA MIA GENTE NON DEVE PARTIRE, ILMIO ACCENTO SI DEVE SENTIRE. LA STRAGEDEI RIFIUTI DEVE CESSARE, DOBBIAMOBLOCCARE L’AUMENTO DEI TUMORI.SIAMO LA TERRA DEL SOLE, NON LA TERRADEI FUOCHI!!!Ilaria Iannuzzelli - Rossella Nocera IIIA LSU

ALLA SCOPERTA DEL MUSEO DI SAN MARTINO

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8Incontri

“L’amore per la cultura eso-terica di Napoli è la più as-soluta risorsa che abbiamo adisposizione”: sono questele parole con cui Agnese

Palumbo, storiofila giornalista e scrittricepartenopea, ha aperto la presentazione di“Misteri, segreti e storie insolite di Napoli”presso la Biblioteca comunale di Casava-tore, lo scorso 13 Novembre. Affiancatadall’altro autore del libro, Maurizio Ponti-cello, scrittore e giornalista, l’appassionatadi storia napoletana ha saputo, in pochebattute, ricordare l’importanza dei cultimistici della nostra città, lasciando laparola al suo collega, che, poco dopo, haricordato le lorointenzioni nellarealizzazione diquesto avvin-cente diario dellanostra città. Iloro interventisono stati inter-vallati dallesagge parole delsindaco di Casa-vatore, SalvatoreSannino, che ha

sottolineato quanto si debba risparmiaresu tutto, ma non sulla cultura, e dall’ap-passionante discorso della docente VittoriaCaso, che ha saputo descrivere a chiarelettere il libro presentato, richiamando al-l’attenzione degli studenti lì presentinozioni di storia classica. L’incontro si èprotratto a lungo, passando da fugaci let-ture di passi dell’opera ad inserti icono-grafici e filmici, realizzati dagli alunni dellaprofessoressa Caterina Lerro, moderatricedel dibattito. È stato questo il secondo deidieci incontri mensili previsti dallarassegna culturale “Appuntamenti collibro”, proposta dall’associazione culturale“Clarae Musae” e dal circolo locale diLegambiente: l’appuntamento pomeridi-ano ha scosso pienamente le coscienze ditutti coloro che, presenti in sala, non ave-vano ancora avuto modo di apprezzare unlibro, che, dalle “capuzzelle di morto” almito del calcio, Maradona, affronta con lu-cida fermezza le grandi contraddizioni diNapoli, tanto vicina al mito del “muna-ciello” quanto al sangue di San Gennaro,così legata alla sacralità della Verginequanto al profano culto del “dio” del cal-cio. Interessati e pienamente entusiastidell’incontro, molti ragazzi hanno rag-

giunto lo scrittore del libro, per cercare diapprofondire brevemente alcuni passi par-ticolarmente interessanti del testo,sperando in un prossimo appuntamentocon il duo Ponticello - Palumbo.

Francesco Toraldo - V C LS

APPUNTAMENTO CON IL MISTERO

I GIOVANI E LA FEDE

Chi è Dio? Chi crede inDio? Cos’è la fede? Moltepersone si pongono variedomande sull’argomento,ma non trovano risposte.

Nel mondo esistono tante Comunità cheaiutano nel cammino di fede e a trovarerisposte ai dubbi sulla fede e sulla reli-gione. Qui, a Casoria,compie dieci anni laComunità “Amici di Madre Giulia”, unluogo di incontro tra ragazzi curiosi che,oltre a cercare risposte a tante domande einterrogativi, si avvicinano alla chiesa sen-tendosi liberi di esprimere le proprie opin-ioni senza il timore di essere giudicati dauna società che sempre più di frequente lighettizza. Questo gruppo è vicino allacrescita di ogni ragazzo, lo aiuta a super-are le difficoltà dell’adolescenza e gli offrel’opportunità di sentirsi a proprio agio per-chè in Comunità non esistono pregiudizi esi rispetta il prossimo con i propri pregi e ipropri difetti facendo emergere il propriocarattere e rafforzando la propria identità.

Durante i vari incontri, oltre ad una crescitaspirituale, i ragazzi svolgono anche attivitàricreative di ogni tipo, tra cui, ad esempio,calcio, pallavolo, balli, giochi di società,tornei, cineforum, pizza party, feste a temae così via. Le attività sono divise in fascedi età per garantire ad ogni individuo diseguire il proprio percorso con i coetanei.Contrariamente a quanto si potrebbe pen-sare, la Comunità non è rivolta solo ai cre-denti anzi si rende disponibile a chiunqueabbia dei dubbi su Dio e voglia aprirsi adun mondo parallelo fatto di cammino difede. Il gruppo laico “Amici di Madre Giu-lia” è nato nel febbraio del 2004, quasi unanno dopo la Beatificazione di Madre Giu-lia Salzano. In piena e libera adesione, imembri abbracciano il Carisma dell’Evan-gelizzazione, attratti dal fulgido esempiodella Beata Giulia. Tale peculiarità  confe-risce una particolare unione con la Con-gregazione delle Suore Catechiste delSacro Cuore che a Casoria, come in moltialtri luoghi d’Italia e del mondo, annuncia

con gioia ed entusiamo la Parola del Si-gnore e diffonde con fervore la devozioneal Sacro Cuore di Gesù. Il Gruppo rappre-senta una piccola oasi di preghiera e dispiritualità, ma anche di impegno, di la-voro, di condivisione, di gioia, di spensie-ratezza. Alessia Pezzella - Martina Pezzella - MaricaDel Mondo - Giuseppe Pisaniello IV B LC

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9Turismo

Cumoli di teschi, croci di ossa,tombe scoperte con scheletriscomposti: il Cimitero delleFontanelle, a Napoli, nel cuoredella Sanità, tra via Foria e la

collina di Capodimonte, è uno dei luoghi piùsuggestivi e misteriosi di tutto il mondo. In que-sto ossario, che raccoglie oltre 40.000 resti, sipuò capire il rapporto che i napoletani hannocon la religione, la morte, i defunti, il destino ela fortuna. Il nome trae origine dalla presenza,nel quartiere, in tempi remoti, di sorgenti d’ac-qua. Quest’ossario si fa risalire al XVI secoloquando la città fu flagellata da tre rivolte po-polari, tre carestie, tre terremoti, cinque eru-zioni del Vesuvio e tre epidemie, essendo illuogo isolato, vennero raccolti qui i cadaveridelle vittime. Dal 1837  il posto rimase abban-donato fino al 1872 quando fu il parroco della

chiesa di Materdei, Don Gaetano Barbati, checon l’aiuto di popolane devote, mise in ordinele ossa nello stato in cui ancora oggi si vedono.Da quel momento è nata una fortissima devo-zione popolare per questi defunti, che si è raf-forzata nel periodo della grande guerra, in cuile persone che avevano i propri cari al fronteandavano a pregare per loro instaurando unaspecie di rapporto con le ossa, una sorta di “iomi prendo cura di te e tu ti prendi cura di unapersona a me cara”. I fedeli cominciarono adidentificare nelle anime bisognose di cura edattenzione i propri cari, tanto che alcuni teschifurono  “adottati” da devoti, i quali adibironoteche per meglio conservare i resti, a volteanche attribuendogli dei nomi. Queste ossaanonime sono diventate per la gente le animeabbandonate,  le  anime pezzentelle, un pontetra il mondo dei morti e quello dei vivi, che pre-vedeva l’adozione e la sistemazione di un cra-nio (detta capuzzella), al quale corrispondevaun’anima abbandonata in cambio di prote-zione e di grazie. L’infinità di resti umani con-servati sono tutti anonimi ad esclusione di due,Filippo Carafa, Conte di Cerreto dei Duchi di

Maddaloni, morto il 17 luglio 1797 e DonnaMargherita Petrucci, entrambi riposti  in bareprotette da vetri. L’ingresso della cava cimite-riale è racchiuso nella Chiesa di Maria SS. DelCarmine, che custodisce già le prime tombe,probabilmente di bambini. L’ossario chiuso nel1969, per il preoccupante feticismo che il cultoandava denotando, è stato riaperto nel maggiodel 2010. Non potevano mancare storie eso-teriche legate a questo luogo magico, la piùfamosa riguarda i fantasmi del Capitano e deiDue Sposi. Si racconta che un giovane guappoper dimostrare di non avere paura dei teschine prese uno e lo calciò come fosse un pallone,lanciandogli una sfida: “Se è vero quello chedicono ti aspetto al mio matrimonio”. Passadel tempo, arriva il giorno delle nozze e al ban-chetto si presenta un ospite alto col mantellonero e cappuccio che gli copre il viso. Lo sposogli chiese di qualificarsi. Quello abbassa il cap-puccio e dice: “Sono colui che tempo fa hai in-vitato alla festa” e con una risataagghiacciante da quel corpo cade a terra unteschio. Alla vista di questo spettacolo, i duesposi e gli invitati cadono fulminati”. Altre ca-puzzelle emblematiche sono quelladel “monaco” o “A’ cap e Pascal” (La testa diPasquale), che era in grado di fornire  i numerivincenti al gioco del lotto, a chi si fosse presocura di lui. E ancora, “donna Concetta” notacome “a’ cap ch’ sur” ( la testa che suda) unteschio sempre lucido sul quale non si posamai polvere, adorata dalle donne, specie le no-velle spose per la sua peculiarità di aiutare le

giovani ad avere figli, per verificare se ciò av-verrà, basta toccarla e verificare se la propriamano si bagna. Spesso il napoletano si recasul posto, adotta un teschio particolare chel’anima le aveva indicato nel sogno. Da questo

punto in poi il cranio diventa parte della fami-glia del devoto. Suggestivo il cerimoniale cheaccompagna il rito: il cranio veniva pulito e lu-cidato, e poggiato su dei fazzoletti ricamati losi adornava con lumini e dei fiori. Al fazzolettosi aggiungeva il rosario, messo al collo del te-schio per formare un cerchio; in seguito il faz-

zoletto veniva sostituito da un cuscino, spessoornato di ricami e merletti. I fedeli sceglievanochi pregare e a chi offrire i lumini nelle loro vi-site costanti e regolari. Solo allora il morto ap-pariva in sogno e si faceva riconoscere. Insogno comunque la richiesta delle anime èsempre la stessa: tutte hanno bisogno di refri-sco, cioè di refrigerio grazie a preghiere e suf-fragi. Se il teschio era particolarmentegeneroso si ricorreva addirittura a metterlo insicurezza, chiudendo la cassetta con un luc-chetto.I teschi, inoltre, non venivano mai rico-perti con delle lapidi, perché fossero liberi dicomparire in sogno, di notte. L’unico mezzo dicomunicazione tra i vivi e i morti era il sogno,dai sogni spesso nascono così varie personifi-cazioni delle anime pezzentelle, ed ecco mol-tiplicarsi le diverse figure di giovinette mortesubito prima del matrimonio, di uomini mortiin guerra o comunque in circostanze dramma-tiche e singolari.Il culto fu particolarmente vivonegli anni del secondo conflitto mondiale e delprimo dopoguerra: la guerra aveva diviso fa-miglie, allontanato parenti, provocato morti,disgrazie, distruzioni, miseria. Non potendoaspettarsi aiuto dai vivi, il popolo lo chiedevaai morti, e l’evocazione delle anime purgantidiventa insieme la concreta rappresentazionedella memoria e la speranza di sottrarsi mira-colosamente all’infelicità e alla miseria.

La Redazione

CIMITERO DELLE FONTANELLE

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10Cronoca

Stai calmo! è la parola d’ordine

del corso di antiaggressionefemminile, Donne al Sicuro,

svoltosi nella palestra dell’ITCTorrente di Casoria, in colla-

borazione con l’Assessore alla PubblicaIstruzione del Comune di Casoria, la pro-fessoressa Luisa Marro e con l’ausilio delpromotore del corso, il maestro CristianoCurti e di tutti gli istruttori. Al corso, che

sarebbe dovuto durare poche settimane mache poi si è protratto per tanti mesi e che

tuttora continua, hanno partecipato donnedi diverse età. Molto spesso si è scettici sui

corsi di difesa personale ed affini, inquanto vengono considerati troppo tecnici,inoltre si pensa che le varie sequenze sianodifficili da mettere in pratica nel momento

del bisogno, quando lo stress e la pauraprendono inevitabilmente il sopravvento.Ciò accade perché la maggior parte dellepersone non sa affrontare una violenza,

uno scippo o una molestia e si trova impre-parata a gestire questo tipo di situazioni

dal punto di vista psicologico, ma è proprioquesto che gli istruttori cercano di far ca-

pire sin dalla prima lezione.Nonostante l’argomento “violenza” sia

molto delicato, soprattutto per quel che ri-guarda l’universo femminile, i maestri delcorso riescono a conciliare il divertimentocon l’informazione e l’applicazione delle

tecniche basilari per potersi difendere ade-

guatamente, tecniche fattibili per le donnedi tutte le età. “Donne al sicuro” perchè al

giorno d’oggi le donne hanno bisogno disicurezza e protezione, una protezione che,

purtroppo, non sempre è garantita, basti

pensare a tutti gli episodi di violenza, fem-minicidi e quant’altro che ormai sono al-

l’ordine del giorno. Ancor più frequenti, poi,sono i casi in cui le donne per amore, igno-ranza o paura non denunciano la violenza

subita.Lo scopo di questo progetto e di altre ini-

ziative simili è quello di mettere fine a tuttociò e di fare in modo che le donne si ar-mino per tutelare e difendere se stesse, i

loro sogni e la loro vita!Anna Genovese V A LSS

STAI CALMO!

La dieta vegetariana/vegananon è una moda salutistica,una tendenza new age per fric-chettoni o un  fanatismo. Lascelta vegetariana è stata

adottata da diversi personaggi ben noti a noistudenti quali  Pitagora, Leonardo Da Vinci, LevTolstoi e il più grande leader indiano, Gandhi.Ma anche oggi sono diversi i personaggi fa-mosi ad aver scelto questo stile di vita: PaulMcCartney, Natalie Portman, Pamela Ander-son, Brad Pitt, Orlando Bloom, Jovanotti. Pensoche il diventare vegetariani non sia una scelta,ma un comportamento naturale. Esserlo vuoldire semplicemente rispettare la vita di ogniessere vivente. Gli animali sono creature conuna volontà propria e non è giusto imporgli lanostra solo perché possiamo farlo. Essere ve-getariani vuol dire non partecipare alla mortevoluta di esseri viventi. Come si può allevarela vita? Molti affermano che l’uomo è carni-

voro per natura, che la carne è necessaria enon si può  sopravvivere senza. Questo èquanto diffondono i programmi televisivi e ciòche le nostre nonne dicono, ma la scienza hasmentito e motivato tutto ciò. L’uomo non ècarnivoro, ma onnivoro, termine con il quale siindica un organismo che si nutre di una ampiavarietà di alimenti; inoltre i valori nutrizionalidella carne sono facilmente assimilabili attra-verso fonti vegetali senza incorrere in dannisalutari. La scelta vegetariana non è però solouna scelta etica. In molti adottano questascelta anche per impegnarsi nella lotta controla fame del mondo e per motivi salutari. Ri-guardo il primo caso la motivazione è sem-plice: per produrre carne c’è  bisogno dicoltivare terreni con cereali o soia per nutrireil bestiame, poi vengono uccisi gli animaliper mangiarne la carne. Statisticamente man-giando carne una persona riesce a sopravvi-vere mentre tanti altri muoiono di fame.Limitandosi invece alla coltivazione di cereali,soia, patate, mais per soli scopi umani possonosopravvivere un numero maggiore di persone.Per il secondo aspetto è stato scientifica-mente  dimostrato che una dietavegetariana/vegana ben equilibrata sia salu-tare. Non a caso in alcune persone con specificiproblemi di salute viene prescritto di non man-giarne carne e prodotti contenenti grassi ani-

mali. Spesso si rimane shockati dalla notiziache nella cucina tradizionale cinese ci siano ca-daveri di cani e gatti e ciò porta a pensare che,decisamente, proprio i cinesi non amino glianimali. Perché in occidente si consuma abi-tualmente carne di animali ‘’non da compa-gnia’’ e si trova inconcepibile solo l’idea dimangiare un cane? Com’ è possibile amarepiù i cani dei maiali, più i gatti dei conigli, piùi cavalli delle mucche? E soprattutto perché sidecide quali animali amare e quali mangiareseguendo quella che viene definita  culturaquando è solo questione di abitudine? Imma-ginate un terrificante allevamento di cani, inCina potreste vederlo. Un cinese in Italia potràvedere allevamenti di maiali. Un italiano ve-dendo la macellazione di cani dirà che i cinesinon amano gli animali. Ma non rischiamo cheun cinese, vedendo ammazzare i maiali, possadire che gli italiani non sono affatto amantidegli animali, come affermano, ma solodegli incomprensibili ipocriti? 

Manuela Cascarino V A LSS

UNA SANA DIETA VEGETARIANA

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11Incontri

Lunedì 21 ottobre 2013, ore18:00. La Biblioteca Comu-nale di Casoria è affollata dipersone di tutte le età.Un’auto della Rai sosta nel

cortile. Si vedono due uomini trasportareun grosso strumento musicale, che ricono-sciamo essere un contrabbasso, all’internodella Sala Conferenze; poi un violino eduna chitarra. Tutti sembrano in attesa; sonoin abiti eleganti ed abbastanza irrequieti:sembrano aspettare una qualche celebrità.Ed, infatti, è proprio così. Alle 18:10, un’al-tra auto entra nel cortile della biblioteca esosta nel parcheggio, tra applausi, urlaemozionate e foto continue. L’incontro puòcominciare. Mentre ci dirigiamo nella SalaConferenze, udiamo l’inizio di una melodia.Pietra Montecorvino ha deciso di esibirsi.Tutto si apre con un discorso del sindaco diCasoria, Vincenzo Carfora, che, salutandocordialmente i presenti, passa la parolaall’Assessore alla Pubblica Istruzione, LuisaMarro, che dà, ufficialmente, inizio all’ annoculturale. Lei corrisponde a quel modello dicultura a cui, da sempre, mi ispiro, cosìparla l’assessore, rivolgendosi a PietraMontecorvino, la cantante, che, in occa-sione della pubblicazione del suo ultimolibro “Malamusik”, ha concesso agli alunnidel Liceo Polispecialistico Gandhi, dell’Isti-tuto Andrea Torrente e della Scuola MediaKing, ma anche a chiunque volesse parte-cipare all’incontro, di ascoltare alcuni deisuoi scritti e di essere deliziati dal suonodella sua possente voce. Con la presenzadella cantante ma anche delle favolose foto

di Damiano Pitigliano, è iniziato l’ anno cul-turale: Una biblioteca non deve essere con-siderata solo un luogo dove si prendono esi depositano libri, ma, soprattutto, unluogo di aggregazione, di unione – affermala professoressa Marro, che esprime, inquesto modo, il progetto portato avanti du-rante il suo assessorato a Casoria. La pa-rola viene passata ad Enrico Ferrigno,giornalista de “Il Mattino”, che presenta lafigura della cantante.

Barbara D’Alessandro, conosciuta intutta Napoli con lo pseudonimo di PietraMontecorvino, debutta nel 1983 con un fa-mosissimo film di Renzo Arbore, “FF.SS.” -Cioè “... che mi hai portato a fare sopra aPosillipo se non mi vuoi più bene?”; nel1988 incide il primo 45 giri, Una città chevola/Tutta pe’ mme; nel 1992 partecipa alFestival di Sanremo con Peppino di Capri,con la canzone Favola Blues, e nel 2008 ri-torna sul famosissimo palco, duettando conil marito Eugenio Bennato nella canzoneGrande Sud. Attrice, cantante e donna dellospettacolo, con l’incontro del 21 ottobre,Pietra Montecorvino si è dimostrata essereanche una grande scrittrice, avendo pub-blicato, in “Malamusik”, un insieme di pen-sieri ed aforismi, accompagnati da treracconti, di cui vengono interpretati da EvaDe Rosa, durante l’incontro, i punti princi-pali. Scrivo di notte, afferma umilmente Pie-tra, perché la notte è tranquilla e mipermette di riflettere. Ma perché proprio“Malamusik”? Beh, Malamusik, perché èla musica cantata a Napoli, la musica cherappresenta questa città. Alla domanda ri-

voltale da Enrico Ferrigno: “Cosa cambie-resti di Napoli?”, l’artista riflette per qual-che secondo, poi afferma, scoppiando aridere: A dire la verità, non cambierei pro-prio nulla di Napoli, perché la Napoli dioggi è la Napoli che mi ha fatta nascere.Un incontro letterario diverso da tutti gli

altri: un continuo alternarsi di musica e dipensieri; applausi e risate. Tra le domanderivolte all’autrice, vi è l’improvvisa richiestada parte di una sua fan di cantare una can-zone. Hai deciso di mettermi nei guai, af-ferma divertita Pietra, prima di prendere ilmicrofono, sussurrare ai suoi collaboratoriqualche istruzione tecnica e cominciare acantare. Durante tutta la serata, Pietra èstata molto disponibile con il suo pubblico:era felice di partecipare all’incontro e pernulla annoiata. Come inizio per questoanno culturale, possiamo dire che sia an-dato tutto molto bene: l’attenzione dei pre-senti era rivolta all’artista, e,fortunatamente, a differenza degli altrianni, non ci sono stati sbadigli...

Gabriele Cobucci – II A LC

LA MALAMUSIK DI PIETRA MONTECORVINO

Quest’anno ho avuto lapossibilità di effettuareun viaggio meraviglioso,che mi ha lasciato unascia di emozioni straordi-

narie: Lourdes! Sono partita con curiositàper un luogo così importante, famoso, vi-sitato da milioni di persone provenienti dadiversi paesi. Sono partita alla ricerca diquella magia che solo la Grotta può tra-smettere. Ma subito ho capito che non sa-rebbe stata l’unica cosa che avrei trovato.Dinanzi alla Grotta osservavo gli altri e re-stavo affascinata davanti a tanta pace,preghiera e silenzio. Il vero miracolo diLourdes lo senti dentro, ti travolge corpo eanima, ti cambia. Provi una serenità ed

una felicità che conservi nel cuore, insiemeal ricordo delle giornate trascorse. Arrivatalì ho capito subito che c’era qualcosa di di-verso. E in quel soave silenzio è come se sisentissero i cuori pregare. E nonostante lapresenza di numerosi ammalati, non ve-devo sofferenza, ma solo tanta fede, pacee zero disperazione. E quella Madonna,così bella per cui vale la pena di aspettareore di fila per toccarla, pregarla e affidarlela vita. Un momento particolare è stato ilbagno nelle vasche. Quando è arrivato ilmio turno l’emozione aumentava a dismi-sura, le mani mi sudavano, consapevole divivere un momento così unico, accompa-gnato dalla dolcezza del personale. Taleera l’emozione che al momento dell’im-

mersione completa non riesco a ricordarecosa ho pensato, ricordo solo una scia dicalore che mi avvolgeva. Commossa e in-credula del mio corpo asciutto facevo fa-tica a rivestirmi. Grazie a Lourdes la miavita spirituale ha subito dei cambiamenti.Sono partita ignara di ciò che avrei trovatoe provato, ma al termine sono salita suquell’aereo portando con me un pezzo diquella bellezza e maturando la consape-volezza che la Fede è un dono di Dio, daaccogliere. E a distanza di mesi sento an-cora in me la presenza di quelle emozionivissute durante quei giorni, quella Fede in-crollabile che non muore mai, che è pre-sente e viva anche nei momenti bui.

Rosaria Laudiero – V A LSS

UN PEZZO DI CIELO SULLA TERRA

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12Cultura

Voglio raccontarvi la storia di Yvan Sagnet,un ragazzo camerunense, emigrato in Italiaper studiare, che si è ritrovato a fare il brac-ciante, trattato come uno schiavo, a Nardò,nelle campagne pugliesi. Yvan ha raccon-

tato la sua storia nel libro “Ama il tuo sogno”. Non potevascegliere titolo migliore. Infatti, era innamorato dell’Italiae del calcio italiano. Così, decise di continuare i suoi studinel Paese che tanto amava. Erano i primi giorni di Luglio2011, quando i soldi della borsa di studio finirono e alcuniamici gli consigliarono diandare a lavorare al Sudcome bracciante. Così sitrasferì a Nardò, dove sa-peva di una masseria cheaccoglieva braccianti chelavoravano come stagio-nali, togliendoli dallastrada, dove spesso dormi-vano accampati sotto glialberi, dentro case di car-tone, senza acqua né cor-rente elettrica. Appenaarrivati, i caporali requisi-vano i documenti ai brac-cianti e li usavano perprocurarsi altra mano

d’opera, altri immigrati, ma clandestini. Il rischio che i do-cumenti andassero persi era altissimo e quando accadevai braccianti diventavano schiavi. Le condizioni di lavoroerano agghiaccianti: diciotto ore consecutive, di cui moltesotto il sole cocente. Chi sveniva non era assistito e se vo-leva raggiungere l’ospedale doveva pagare il trasporto aicaporali. Il guadagno era di appena 3,5 euro a cassone,un cassone era da tre quintali e per riempirlo ci volevamolto tempo, ore. Si lavorava con questi ritmi anche du-rante il Ramadan, quando molti lavoratori di religione isla-

mica non bevono e non mangiano. Si crede chei ragazzi africani siano abituati ad una vita didisumanità, sporcizia, nulla di più falso. Yvanscrisse: “Mentre nel mio paese la dignità èsacra, a tutti i livelli della scala sociale, il sistemadei campi di lavoro è studiato per togliere aibraccianti la loro dignità, la loro umanità”. Maaccadde qualcosa che i caporali non avevanoprevisto. I braccianti in genere strappavano lepiantine alla radice per batterle sulle cassettecosì che i pomodori cadessero tutti. Ma quelgiorno il caporale impose un altro metodo. Ser-vivano pomodori da vendere ai supermercati perle insalate, quindi dovevano essere presi e sele-zionati uno a uno. Si trattava di riempire glistessi cassoni di sempre, ma selezionare i po-modori significava raddoppiare la fatica. Il ca-

porale imponeva tutto questo lavoro allo stesso prezzo:Yvan e gli altri braccianti si ribellarono e Masseria Boncurine diventò il simbolo. Lo sciopero non era facile da gestire,gli unici ad esprimersi in italiano erano i tunisini; per glialtri era necessario parlare in inglese e francese; altri capi-vano solo l’arabo. Eppure, nonostante le diversità, lo scio-pero continuò e si guadagnò un’eco nazionale. Gli Italianisembrarono prendere finalmente coscienza delle condi-zioni difficili di chi lavorava nei campi e le Istituzioni furonocostrette ad ammettere che il problema del caporalato esi-steva e così, grazie ad Yvan, fu dichiarato come reato. Yvanè stato un grande esempio, ha protestato contro i caporalie la condizione subumana dei braccianti. Vorrei concluderedicendo che per ottenere quel che si vuole si deve lottare,proprio come ha fatto questo umile ragazzo camerunense.

Alfonso Petrellese I A LC

La storia di Yvan Sagnet, bracciante a Nardò

Al giorno d’oggi crescere perstrada è paragonabile ad unagabbia da cui non si puòuscire e che non aiuta a rea-lizzare le proprie ambizioni.

Eppure vi sono esempi di uomini che, purcrescendo in condizioni di disagio familiaree sociale, sono riusciti ad emergere e ad en-trare in contatto con il mondo della musica,influenzandone profondamente un genere.Un esempio è Tupac Shakur, rapper, attivistae poeta statunitense. Tupac nasce a NewYork nel giugno del 1971, figlio di Afeni Sha-kur, esponente dell’organizzazione rivoluzio-naria delle Pantere Nere. Trascorse l’infanziain condizioni di estrema povertà, con lamadre e la sorella frequentava mense perpoveri e ricoveri per senzatetto. Ebbe pocheamicizie e si dedicò esclusivamente alla com-posizione di poesie. All’età di 15 anni, si tra-sferì con la famiglia a Baltimora, dove ebbel’opportunità di frequentare la BaltimoreSchool for the Arts. Conquistò il rispetto deglialtri ragazzi per i suoi atteggiamenti da duro,e in questo periodo compose il suo primorap, dal titolo MC New York. La canzone,ispirata alla morte di un amico, trattava ilproblema delle armi da fuoco e del loro con-trollo. Successivamente fu costretto a trasfe-rirsi in California, dove provò a sostentarsispacciando droga. Tupac raccontò che glistessi spacciatori gli consigliarono di lasciare

l’attività per dedicarsi solo alla musica rap.Dopo aver ottenuto un contratto con la Di-gital Underground, nel 1991 lanciò il suodisco d’esordio 2Pacalypse Now, in cui trat-tava argomenti come droga, razzismo eghetto. L’album ottenne il disco d’oro, e lacanzone Brenda’s got a baby, che narra lastoria vera di una ragazza madre assassi-nata, divenne un autentico successo tra i gio-vani americani. Nel 1994, nei pressi di unostudio musicale di New York, Tupac fu rag-giunto da 5 colpi di pistola. Egli stesso, inun’intervista rilasciata successivamente, di-chiarò di aver notato due uomini che si ag-giravano vestiti da militari e che obbligaronoil rapper e i suoi amici a distendersi sul pavi-mento. Poi lo posero in un ascensore e lo fe-cero salire al piano di sopra, dove loattendevano i suoi amici Notorious B.I.G.,Little Ceasar e Puffy Daddy. Shakur sostennedi aver visto i tre uomini meravigliati, quasicome se non si aspettassero di trovarlo an-cora in vita. Tupac uscì indenne da quell’in-cidente, ma i rapporti con Notorious,accusato di essere il mandante dell’atten-tato, cambiarono rapidamente. Con la can-zone Hit’em up, Shakur accusòpubblicamente il rivale, il quale rispose conil singolo Who shot ya?. Raggiunse l’apicedel successo con l’album All Eyez on me. Mail 7 settembre del 1996, all’uscita di un Ca-sinò di Las Vegas, fu colpito da altri 5 pro-

iettili. Morì dopo una settimana di agonia, a25 anni. Le sue tematiche non riguardanol’amore per i piaceri carnali (alcool e giocod’azzardo), ma denunciano la vita del ghetto,come avviene nel suo singolo più famoso,Changes. Paradossalmente, malgrado il suoatteggiamento da duro e i suoi continui pro-blemi con la legge, è considerato uno dei piùinfluenti uomini di colore del Novecento,quasi al pari di Malcolm X e Martin LutherKing, per la sua voglia rivoluzionaria di porreuomini bianchi e neri sullo stesso piano.

Vittorio Perrone III A LC

CRESCERE PER STRADA: TUPAC SHAKUR

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13Libri

Quanti di voi non hanno maiiniziato a leggere un libro,senza neanche conoscernela trama, perché pensavanofosse noioso, banale o in-

fantile? Oppure semplicemente perché l’au-tore compariva sul libro di letteraturaitaliana? Niente di più sbagliato: mai giudi-care un libro dalla copertina, perché moltidei libri che ignoriamo, consigliatici da amicio professori, possono rivelarsi invece più si-gnificativi di quanto a primo impatto il titoloo l’autore ci inducano a credere. In questonumero commenteremo due trilogie tra loroapparentemente agli antipodi. La prima è INostri Antenati di Italo Calvino, che rientranella categoria dei libri mai aperti solo per-ché consigliati dai professori; la seconda èHunger Games di Suzanne Collins, che faparte di quella categoria di libri che sce-gliamo di nostra iniziativa. Cosa hanno in co-mune questi due autori? Il fatto che le lorostorie possano essere spesso sottovalutate acausa delle loro trame surreali, ma noi vi di-mostreremo il contrario.

I NOSTRI ANTENATILa trilogia I Nostri Antenati di Italo Cal-

vino è composta da tre libri, Il Visconte Di-mezzato, Il Barone Rampante e Il CavaliereInesistente, che furono scritti separatamente,nel 1952, nel 1957 e nel 1959 e che furonoriuniti solo successivamente in questa rac-colta dall’autore stesso. I tre protagonistisono accomunati dal fatto di vivere situa-zioni surreali.

Ne Il Visconte Dimezzato sono narrate leavventure Medardo, un cavaliere che, partitoper la guerra contro i Turchi, ritorna scisso indue metà diametralmente opposte, unabuona e una cattiva.

Ne Il Barone Rampante il protagonista èCosimo di Rondò, un ragazzo che, per scap-pare dalla sua famiglia, si rifugia sugli alberi;ciò che inizia come un capriccio infantile di-venta però una scelta di vita che perseguiràfino alla morte, rinunciando persino alla ra-gazza che ama.

Il protagonista de Il Cavaliere Inesistente

è invece Agilulfo, un uomo che non ha corpo:la sua armatura è una corazza vuota tenutainsieme da ideali cavallereschi e forza di vo-lontà, è un uomo che non c’è, eppure lottacon tutto sé stesso per esistere.

Il filo conduttore di questi tre romanzi,che è il motivo per cui Calvino li ha riunitisotto la stessa raccolta, è la ricerca di sestessi. Medardo rappresenta l’uomo che vivein uno stato di perenne conflitto interiore;Calvino, attraverso la metafora di due metàagli antipodi, ci mostra come la nostra con-dizione di essere umani sia una continua ri-cerca di un equilibro tra bene e male. Cosimodi Rondò è un esempio dell’uomo che ricercase stesso attraverso il distacco dagli altri,dagli schemi e dalle convenzioni impostedalla società. Agilulfo, invece, è la volontàdell’ essenza umana di imporsi sul conformi-smo e la finzione, volontà che spesso perònon è abbastanza forte per affermarsi e de-streggiarsi in quella giungla di idee e voci di-verse che è il mondo in cui viviamo. Questilibri possono essere letti anche come unametafora politica e per comprenderla è im-portante ricordare il complesso periodo sto-rico in cui Calvino visse: gli anni della GuerraFredda, che spaccò l’Europa a metà per piùdi quarant’anni. Medardo, quindi, divental’allegoria di un mondo che, se diviso dueblocchi distinti, non potrà mai raggiungereun equilibrio o trovare pace, mentre Agilulfoè la metafora di uno stato che appare fortedi ideali, ma in realtà poggia su fondamenta,deboli, sul punto di crollare da un momentoall’altro.

HUNGER GAMESHunger Games (I Giochi della Fame) è

una trilogia, scritta da Suzanne Collins, com-posta da: Hunger Games, Catching Fire (LaRagazza di Fuoco), Mockingjay (Il canto dellarivolta). I romanzi sono ambientati nell’Ame-rica del Nord in un’era post apocalittica incui esiste solo “Panem”, un luogo diviso indodici distretti, dove regnano la povertà e isoprusi, che lavorano e producono beni pri-mari per Capitol City, la ricca e lussuosa ca-pitale. Ogni anno si celebrano gli HungerGames, uno show televisivo in cui ventiquat-tro ragazzi, due per ogni distretto, vengonosorteggiati e radunati in un’ arena per com-battere fino alla morte. Gli Hunger Gamessono la principale fonte di intrattenimentoper Panem ma anche un modo per punire idistretti per un’antica ribellione scoppiatamolti anni prima. Quando Primrose Everdeenviene scelta per rappresentare il distretto do-dici ai giochi, sua sorella Katniss si offre vo-lontaria per salvarla da una morte certa. Benpresto, tuttavia, la giovane si rivela molto piùdi una semplice pedina di Capitol City: il suosfacciato gesto di sfida nei confronti del go-verno, che si conclude con la vittoria di duetributi anziché uno, non può passare inos-

servato. Tuttavia, neanche le minacce delpresidente Snow riusciranno ad estinguerel’incendio che coinvolgerà tutta Panem, per-ché Katniss è stata solo la scintilla che il po-polo aspettava per ribellarsi ancora. Laragazza si troverà quindi costretta a combat-tere in una guerra di cui diventerà il simboloe l’epicentro del terremoto che raderà alsuolo il mondo così come l’ha sempre cono-sciuto. Anche in questa storia ricorre il temadella ricerca dell’ “io” perché Katniss, senzavolerlo, diventa il volto della ribellione deidodici distretti e da comune ragazza, chelotta contro la povertà, si trasforma in unacelebrità in cui tutto il popolo soppresso ri-pone speranza, ma prima di poter essere diqualche aiuto per gli altri deve esserlo per séstessa e capire chi è davvero. Dal punto divista politico, come nei libri di Calvino,emerge una forte critica sociale nei confrontidi un mondo dove le masse sono sempre piùsfruttate a vantaggio di un’elite ristretta dipersone che ne trae beneficio. Panem rap-presenta un governo degenerato e, quandofinalmente i suoi cittadini si ribellano, tuttisono costretti a schierarsi: non esiste una viadi mezzo o la possibilità di rimanere neutrale,proprio come accadde nell’Italia di Calvino,nel momento in cui i cittadini si ribellaronocontro il governo e le sue scelte politiche,come l’alleanza con i tedeschi o la dittaturadi Mussolini, che il popolo non poteva piùtollerare.

Ed eccoci alla conclusione del primo nu-mero di questa rubrica, in cui abbiamo di-mostrato che in realtà anche due libriapparentemente molto diversi possono pre-sentare punti in comune. Soprattutto, però,che “giudicare un libro dalla copertina”spesso può rivelarsi un errore, inoltre anchei libri con ambientazioni fantastiche e trameinverosimili possono fornire interessantispunti di riflessione, in quanto, potendo es-sere letti come tante allegorie della storia edella condizione umana, lasciano molta li-bertà di interpretazione al lettore e mostranoai suoi occhi una realtà che può essere ana-lizzata sotto diversi punti di vista.

Guardiamo le stesse stelle e vediamocose diverse. {George R. R. Martin}

Amelia Casolaro - Emanuela Storti IV D LS

VOLTA PAGINA

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14Turismo

Tutti conoscono e apprez-zano le bellezze, l’arte e lacultura della città di Napolima pochi conoscono la sto-ria del suo sottosuolo. Incu-

riosite e desiderose di scoprirlo, il giorno12 dicembre 2013, le classi 3A e 3B delLiceo Classico, accompagnate dai profes-sori D’Addio e Della Pia, si sono adden-trate nella “Napoli Sotterranea”, il

cosiddetto “ventre di Napoli”. Il percorsoè iniziato nei pressi della Basilica di SanPaolo Maggiore, in Piazza San Gaetano, èproseguito con la visita al Teatro Greco-Romano ed è terminato con la passeggiataper la pittoresca via di San Gregorio Ar-meno. Dopo il viaggio in treno, in metro-politana e il tratto a piedi da Piazza Cavoura Via Duomo, siamo giunti in Piazza SanGaetano, all’accesso al sottosuolo che, adire il vero, è parso a noi studenti la portadegli inferi! La discesa di 140 gradini ci ha

portati a 40 metri sotto il manto stradalein uno dei luoghi, certamente, più sugge-stivi e affascinanti del capoluogo cam-pano. Questo mondo sotterraneo sisviluppa sotto l’intero centro storico di Na-poli e si articola in un confuso dedalo dicavità e cunicoli scavati nel sottosuolo di

tufo giallo, materiale tipico della città diNapoli. Qui sono stati rinvenuti numerosiambienti e reperti archeologi. Le prime te-stimonianze risalgono a circa 5.000 annifa, quasi alla fine dell’era preistorica; suc-cessivamente i Greci estrassero grossequantità di tufo per la costruzione di murae templi e crearono degli ambienti fune-rari. I Romani, in epoca augustea, costrui-rono un acquedotto e varie gallerie. Sottogli Angioini, Napoli conobbe una grande

espansione e per questo fu proibita l’estra-zione di tufo, per evitare che ci fosse unaumento incontrollato delle costruzioni. Inapoletani invece, con il loro ingegno e laloro furbizia, grazie ai pozzi già esistenti,resero le cisterne sottostanti più ampie, ri-cavando così altro tufo. E’ proprio questotipo di pratica ad aver reso fragili le stradedi Napoli che si aprono come voragini neigiorni di forte pioggia. E’ intorno al 1600che il vecchio acquedotto e le innumerevolicisterne pluviali furono sostituite da un

nuovo acquedotto, costruito per dissetarela grande città. Agli inizi del ‘900 l’artico-lato sottosuolo venne abbandonato ma loscoppio della Seconda guerra mondiale gliridiede importanza. Infatti, i cunicoli moltistretti sono stati adoperati per accogliere

la popolazione durante i bombardamenti.Da allora, però, e fino agli anni ottanta, legallerie e i cunicoli sono stati sepolti dal-l’immondizia, scaricata abusivamente daipozzi in superficie. Oggi, invece, questoluogo, dopo essere stato recuperato, per-mette di compiere un viaggio nel tempo edi apprezzare le varie cisterne, le cave, i ri-fugi anti-aereo e il passaggio, molto emo-zionante, in alcuni spazi illuminati solo conle candele, perché veramente molto bui. Inalcuni posti vi è un alto tasso di umidità,circa il 90%, che inevitabilmente ha cau-sato dolori sparsi solo ai fragili e delicatialunni. Risalire alla luce ci ha riportato nelpresente e nel caos della città sovrastante,dove abbiamo potuto ammirare due mas-sicce arcate del Teatro Greco-Romano incui Nerone amava esibirsi, risalente al pe-riodo compreso tra il IV sec. A.C. e il II sec.D.C. ; attraverso un tipico “basso napole-tano” e una botola sono visibili i suoi resti.

La visita si è conclusa con la passeggiataper una antica e storica via della città, notaoggi per le tante botteghe artigiane che l’-hanno resa famosa nel mondo: via SanGregorio Armeno, la via degli artigiani delpresepe. Sicuramente una bella giornataalla scoperta del patrimonio storico ed ar-tistico di Napoli.

Giulia Casucci – III A LC

Napoli “di sotto”: la faccia nascosta della città

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15Turismo

Il giorno 3 dicembre le classi III Ae I A del Liceo Scientifico hannopartecipato ad una visita guidataalla scoperta delle bellezze napo-letane. La prima tappa è stata la

chiesa di San Giovanni a Carbonara, diepoca trecentesca e forse poco nota e in-solita per la sua posizione al di fuori dellemura. L’ingresso è preceduto da una scali-nata aperta di puro scopo scenograficorealizzata da Ferdinando Sanfelice. La fac-ciata presenta un portale gotico mentre lastruttura interna della chiesa è a croce la-tina, con un unica navata rettangolare, ilsoffitto a capriate e numerose cappelle. Ilmonumento funebre dedicato al re Ladi-slao è il monumento centrale della chiesa.Esso si trova nell’abside e presenta unapiccola apertura nella parte inferiore cheda l’accesso ad una cappella retrostante.Nella parte inferiore del monumento ap-paiono le quattro virtù, Temperanza, For-tezza, Prudenza e Magnanimità asostenere il defunto, mentre sulla sommitàtroviamo la figura del re rappresentatocome un guerriero, per celebrare non tantola sacralità, piuttosto richiamando la vitaterrena. La chiesa è ancora oggi poco co-nosciuta, ma non per questo meno impor-tante, considerando anche al suo internola presenza di opere del grande Vasari.Possiamo trovare altri affreschi di questoimportante pittore anche nella seconda

tappa del nostro percorso: la chiesa di San-t’Anna dei Lombardi. Particolarmente sug-gestiva al suo interno è stata la sacrestiaaffrescata dal Vasari. Essa era precedente-mente il refettorio degli Olivetani mentreoggi rappresenta una grande testimo-nianza del rinascimento fiorentino. Parti-colari all’interno sono le volte, divise tuttein tre quadranti, dedicati alla Fede, alla Re-

ligione e all’Eternità. Proseguendo il per-corso e spostandoci verso il centro di Na-poli è stato possibile giungere a piazza delGesù dove ad ovest dell’antico decumanoinferiore abbiamo ammirato la facciatadella chiesa del Gesù Nuovo. Questa fac-ciata è molto particolare perché presentadelle bugne simili a punte di diamante.Poiché queste bugne presentano partico-lari incisioni è stata tramandata a Napoliuna leggenda che è basata sulla credenzapopolare che esistessero a Napoli maestridella pietra capaci, attraverso quegli stessisimboli, di convogliare le energie positivea favore di un luogo. Secondo questa leg-genda infatti, colui che aveva fatto co-struire la chiesa aveva anche ordinato ai

maestri della pietra di tenere lontano leenergie negative e di portare una buonasorte dall’esterno verso l’interno. Sfortuna-tamente viste le disgrazie che in realtà col-pirono la chiesa si arrivò alla conclusioneche quei segni erano stati fatti in modoscorretto e che l’effetto ottenuto era statoquello opposto. La parte più emozionante

di tutta la visita è stata il percorso dapiazza del Gesù fino a San Gregorio Ar-meno. In questo tratto è condensata tuttala storia di Napoli e soprattutto il caratterenapoletano, accogliente e generoso. Nona caso c’è un miscuglio di vari stili. Si per-cepisce fin da subito la grande vivacità esoprattutto in questo periodo l’aria natali-zia e il fermento per i preparativi. È inte-ressante e bello sapere che per un giornoabbiamo percorso strade progettate tan-tissimi anni fa ovvero i cardini e i decu-mani, che ancora oggi mantengono lapropria originaria posizione. Infine, PiazzaSan Gaetano che rappresenta la zona incui sorgeva precedentemente l’agoràgreca. Al centro di questa piazza troviamola chiesa di San Lorenzo Maggiore, unadelle chiese più antiche, ma forse ancheuna delle più belle e uniche di Napoli. Lafacciata che presenta un portale gotico, èsettecentesca di epoca barocca ed è attri-buita a Sanfelice mentre l’interno presentaun’unica navata. È possibile notare che laparte iniziale della chiesa segue uno stilepiù povero, mentre nella parte finale è pos-sibile ammirare lo stile gotico francesenell’abside poligonale e nel deambulatoriocon cappelle radiali illuminate da alte fine-stre trifore e bifore. L’emozione che siprova entrando in questa chiesa è vera-mente indescrivibile. La nostra visita gui-data è stata un viaggio attraverso la storia

che dà a tutti un senso di appartenenza.Spesso la nostra generazione riesce ademozionarsi difficilmente, ma questa voltatutti abbiamo provato forti emozioni. Forseè proprio questo il vero scopo, non la visitadi per sé, ma il sapersi emozionare allascoperta di magnifici luoghi che abbiamonella nostra stessa città.Federica Ferrara – Martina Ricciardielli III A LS

Viaggio tra le bellezze Napoletane

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16Viaggi

Scrivere di Berlino in pocherighe è difficile. Una setti-mana è ben poca cosa percomprendere una città, masufficiente per costruirsi

un’immagine approssimativa del suo es-sere e del suo divenire. Una città dal pas-sato straziante, che vive il presente in vistadi un futuro migliore. Berlino, la capitaledella Repubblica federale, è la meta turi-stica principale della Germania, una cittàin continua evoluzione. Arrivo in città alle

23:30 del 24 agosto, prima differenza: ilclima più rigido e fresco, beh si avvertiva amalapena considerando la forte adrenalinascatenata  dalla consapevolezza di esserein una delle metropoli più belle d’Europa.Sveglia all’alba, zaino in spalla, macchinafotografica al collo e finalmente l’inizio diun viaggio che si è rivelato indimenticabile.La città si presenta subito rumorosa, fre-netica, caotica, inaspettata e quasi discon-tinua, se il termine riesce a rendere beneil concetto. La discontinuità si vede neiquartieri che sembrano appartenere atante realtà diverse, nelle architetture atratti moderne, in vetro e metallo, a trattiantiche in materiali modesti, si legge neivolti della gente, donne chic e uomini d’af-fari, punk e giovani dallo stile stravagante,nei luoghi di ristoro che si alternano da ri-storanti e birrerie tipiche pieni di turisti egente del posto che consuma il pasto inrelax e simpatia a minuscoli negozi turchidi kebab con file chilometriche. E’ proprioquesta “intermittenza” il tratto caratteri-stico della città, la sua vera essenza. L’im-portanza politica e culturale di questacapitale ha fatto sì che nel corso dei secolisi accumulassero notevoli capolavori d’artefavorendo la nascita di una quantitàenorme di monumenti e musei. Berlino èsempre stata culturalmente molto vivace,e oggi lo è più che mai trovandosi in unafase di rinascita e ristrutturazione da tutti

i punti di vista. Risiedevamo tra il Mitte eCharlottenburg e le nostre escursioni sisono concentrate principalmente in questidue quartieri. Il Mitte, “centro” in tedesco,che ha un suo ruolo culturale, finanziarioe politico, si estende dalla famosa Alexan-derplatz allo Zoo, dalla piazza di tre ettaririconoscibile da qualsiasi punto della cittàper la caratteristica torre della televisione,al giardino zoologico più grande della Ger-mania ed alla stazione adiacente emblemadel famoso romanzo “Noi, i ragazzi dellozoo di Berlino”. Tra i due il meravigliosoTiergarten il polmone verde della città,posto preferito dai Berlinesi nelle giornateestive; la colonna della Vittoria, 250 scalinied una vista panoramica totale di tuttaBerlino; la Potsdammerplatz dall’architet-tura ultramoderna;  la Unter denlinden;  Gendarmenmarkt, una bellissimapiazza, dallo stile rinascimentale italianocon le due famose cattedrali gemelle e ilteatro musicale Konzerthaus Berlin ed alcentro la statua di Schiller con il viso rivoltoverso un cielo metafisico e sostenuto dallequattro dee della sapienza. Ed ancora,“l’isola dei musei”, cinque importantimusei, la cui unione costituisce una grandeopera d’arte in sé per sé; la Porta di Bran-deburgo, simbolo della città e della Ger-mania e alle sue spalle il Memorialedell’olocausto degli ebrei, percorso che su-

scita nel turista un senso di oppressioneed impotenza. Charlottenburg deve inveceil nome alla principessa Sophie Charlotte,moglie di Federico III che alla fine del ‘600scelse la città per costruire la propria resi-denza estiva, da qui un quartiere che sem-bra ancora appartenere ad un’altra epoca,pieno di romanticismo con il bellissimoSchloss dalle caratteristiche ed unichestanze, i giardini ed il Rathaus, il municipio.Il Kreuzberg è totalmente diverso dai duequartieri precedenti, è un crogiolo di cul-

ture che si fondono dando vita ad un climadi allegria: muri pieni di graffiti, edifici co-lorati ed un’aria di felicità che si respiragiubilante sino all’incontro col muro e allavisione delle Tipografie del terrore; proprioqui il cuore si raggela di fronte alle imma-gini raffiguranti la storia del terrore diffusoin Germania dal 1933 al 1945 in seguitoalla presa di potere dei nazionalsocialisti,ed un’improvvisa sensazione di rabbiamista a dolore pervade l’animo e la mentesi ferma per più di un istante provandoanche solo ad immaginare cotanto dolore.

I frammenti del muro si trovano in sei partidella città e sbucano tra quelli che oggisono una piazza moderna, un’edicola edun ristorante o tra un negozio di souvenired una mostra di arte contemporanea,come a voler dire ai Berlinesi “Dove eroqui io, un tempo, c’era solo divisione e ter-rore, oggi c’è e dev’esserci unità tra voi,son crollato e vi siete riunificati, ricorda perquale motivo mi hai abbattuto, io crollo, turitrovi e costruisci la tua felicità” . Primosettembre, partenza per l’Italia. ArrivederciBerlino, meravigliosa città dai mille colori,dalle mille emozioni, tu, la città della tra-sgressione, quella dai mille volti, dove tuttosembra possibile, dove poter essere chiun-que, dove poter semplicemente ESSERE,grazie per aver preso una parte di me e peravermene regalata una nuova, arrivederci,spero di rivederti presto. Da consigliare aglistudenti dell’ultimo anno per il loro viaggiod’istruzione.

Alessandra Ferrara – IV B LC

BERLINO: UNA CITTÀ DAI MILLE VOLTI

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