salute da vio a sasso · contro la violenza a pagina 9 vecchio chirurgia plastica ... accedere agli...

16
Lunedì, 28 Novembre 2016 www.corrieredelmezzogiorno.it E PREVENZIONE Salute Non facciamoci influenzare Il virus è più resistente, il picco arriverà tra un mese alle pagine 2 e 3 Nespoli Sport e disabili Da Vio a Sasso I campioni di Rio e il ruolo dell’Inail a pagina 5 Gorgoni Diventare madre Il parto cerca casa «Il luogo ideale è agli Incurabili» a pagina 8 Di Napoli Pignatelli Centro Dafne Al Cardarelli nasce il percorso contro la violenza a pagina 9 Vecchio Chirurgia plastica Ricostruire il seno dopo la malattia Il Pellegrini è al top On line L’inserto speciale Salute e Prevenzione si può consultare anche su www.corrieredelmezzogiorno.it Sos bruxismo All’Elena d’Aosta si cura chi digrigna i denti di notte a pagina 12 Nesti a pagina 14 Codice cliente: 2685541

Upload: phamhanh

Post on 24-Feb-2019

214 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Lunedì, 28 Novembre 2016 www.corrieredelmezzogiorno.it

E PREVENZIONESalute

Non facciamoci influenzareIl virus è più resistente, il picco arriverà tra un mese

alle pagine 2 e 3 Nespoli

Sport e disabiliDa Vio a SassoI campioni di Rioe il ruolo dell’Inail

a pagina 5 Gorgoni

Diventare madreIl parto cerca casa «Il luogo idealeè agli Incurabili»

a pagina 8 Di Napoli Pignatelli

Centro DafneAl Cardarellinasce il percorsocontro la violenza

a pagina 9 Vecchio

Chirurgia plasticaRicostruire il senodopo la malattiaIl Pellegrini è al top

On lineL’inserto speciale Salute e Prevenzione si può consultare anche su www.corrieredelmezzogiorno.it

Sos bruxismoAll’Elena d’Aostasi cura chi digrignai denti di notte

a pagina 12 Nesti

a pagina 14

Codice cliente: 2685541

NA2 Lunedì 28 Novembre 2016 Corriere del Mezzogiorno

La previsione è di circa 7 milioni di italiani costretti a letto Il picco vero e proprio arriverà tra dicembre e gennaioI sintomi: dolori, spossatezza e patologie intestinaliI consigli: non uscire prima di essere guariti e bere molto

Influenza di stagioneIl virus è più resistenteOra è tempo di vaccinarsi

U n nuovo sbarco, stavol-ta dalle coste libiche eanche molto pericolo-so. Non si tratta di mi-

granti, né di terroristi. Ad arri-vare dalla Libia è il virus del-l’influenza del ceppo A/H3 e le premesse sono delle peg-giori: la previsione è infatti dimettere a letto circa 7milionidi Italiani, con un picco per co-loro che sono nella fascia d’etàtra i 50 e i 60 anni. «In realtà –spiega Salvatore Marotta, me-dico di medicina generale –quest’anno oltre alla modifica-zione del ceppo A dovremo fa-re i conti anche con una modi-ficazione del ceppo B». Insom-ma, si prospetta un inverno danon sottovalutare.

Ma cosa significa dover af-frontare ceppi “mutati”? Ma-rotta lo spiega con un esem-pio: «E’ un po’ come se que-st’anno ci trovassimo a fare i conti con ceppi di virus che sisono “vaccinati” contro le no-stre difese. Quindi, questi vi-rus hanno una maggiore resi-stenza e possono creare qual-che problema in più. Non a ca-so l’Istituto Superiore di Sanitàha stimato un allarme influen-zale che è un gradino più in sudello scorso anno».Di qui unnuovo invito alla vaccinazione.Marotta ripete che mai comequest’anno l’influenza puòportare complicanze e che isoggetti a rischio dovrebberoaffrontarla con tutte le precau-zioni del caso. «Purtroppo –aggiunge – abbiamo giù avutoqualche caso e sappiamo chela stagione sarà severa, ma ilpicco vero e proprio arriveràtra dicembre e gennaio, concode che si protrarranno an-che nei mesi a seguire».

La notizia è dunque chequest’anno l’influenza potreb-be non solo rovinare le feste amoltissimi italiani, ma anchel’anno nuovo. Meglio alloranon farsi trovare impreparati econoscere quelle poche ma es-senziali regole da adottarequando arriva la febbre.

«Il primo consiglio – dice ilmedico – è sempre quello dinon sottovalutare i sintomi edi concedersi un po’ di riposo.Quest’anno l’insidia maggiore dei virus influenzali sembraessere il veloce salto di tempe-ratura. Si passa rapidamente ein maniera del tutto inattesada una fase di incubazione atemperature che possono fa-

guariti a dovere, perché que-st’influenza può causare an-che bronchiti o polmoniti. Percurarsi bastano nella maggiorparte dei casi presidi medicida banco, quali il paracetamo-lo, e poi come sempre tantaacqua. «Tenersi idratati – con-

clude il medico - è fondamen-tale».Lo è soprattutto negli an-ziani, che vista l’età sono por-tati a bere meno del dovutoanche in condizioni normali.

E per quel che riguarda l’in-fluenza, superata una certaetà, ci sono dei rischi in più ai

di Raffaele Nespoli

Il focus

quali prestare attenzione. Lospiega con chiarezza la geria-tra Titti Pavese. «Il pericolopiù grande – avverte – non èl’influenza in sé, è l’alletta-mento. Purtroppo nel nostroPaese non c’è ancora un’ade-guata cultura del rischio lega-to all’ipomobilità. Anche conla febbre, è bene che le perso-ne più anziane stiano a riposoin posizione seduta, e comun-que non dovrebbero trascorre-re a letto più di 24 ore». La dot-toressa spiega che di normal’influenza passa in circa 4giorni, mentre il danno piùgrave che può essere connessoall’allettamento, le piaghe dadecubito, sono un gravissimorischio. «Per gli anziani – ag-giunge – trascorrere troppotempo a letto può essere dele-terio per la possibile riduzioneo perdita di tutte le abilità con-nesse alla vita quotidiana.Questo – sottolinea - è un gra-ve problema».

Altro tema, come detto, èquello dell’idratazione. Inquesti casi è infatti molto sem-plice che si possa arrivare aduna condizione di disidrata-zione che a sua volta può gene-

TittiPaveseGeriatra e specialista ambulatoriale dell’Asl di Bari. È tra i Geriatri Extraospedalieri della Puglia

cilmente superare i 38 gradi. Epoi i classici sintomi, quali do-lori generalizzati e spossatez-za. Inoltre, stiamo vedendoanche molte patologie intesti-nali».

Marotta consiglia di nonuscire di casa prima di essere

SalvatoreMarottaMedicodi medicinagenerale, specialista inchirurgia d’urgenza e pronto soccorso

AnzianiIl pericolopiù grande è restare a letto per troppo tempo

PaoloBonanniOrdinario di Igiene all’Università di Firenze, coordinatore Gruppo Vaccini della SItI

No ai bambini non vaccinati negli asili. Quello che sta accadendo in Emilia Romagna dove il progetto di legge della Giunta regionale di riforma dei servizi educativi per la prima infanzia, che introduce l’obbligatorietà dei vaccini, è stato approvato dall’Assemblea legislativa, potrebbe ripetersi anche in Campania. Il presidente del gruppo consiliare Campania libera, Psi e Davvero Verdi, Francesco Emilio Borrelli, componente della Commissione regionale sanità, ha chiesto al presidente della stessa commissione, Lello Topo, di avviare al più presto la discussione del disegno di legge che prevede il divieto di accedere agli asili nido e agli altri interventi sociali regionali ai bimbi che non sono vaccinati. «Continuano ad arrivare - dice Borrelli - allarmi sulla salute dei bambini messa a rischio dall’incoscienza di quei genitori che, seguendo teorie senza alcun fondamento scientifico, non vaccinano i figli, non bisogna perdere altro tempo e seguire l’esempio dell’Emilia Romagna. Di fronte a un tema simile, non devono esserci divisioni e differenze politiche, il disegno di legge va approvato in tempi rapidi».

Bimbi, asilo vietatose non c’è profilassi

Il disegno di leggeTutto quello che bisogna sapere

Quest’anno l’influenza saràcausata dalla modificazionedei ceppi A e B

Le fascia d’età più colpita saràquella tra i 50 e i 60 anni

Per il Ministero della Salute la vaccinazione antinfluenzaleè raccomandata per:

I bambini devono farela vaccinazione antinfluenzale?

Le stime parlano di circa7 milionidi italiani costretti a letto

Si stima che ogni anno in Italia8.000 decessisiano legati all’influenza

Bambini di età superioreai 6 mesi, ragazzi e adultifino a 65 anniaffetti da patologieche aumentano il rischiodi complicanzeda influenza

Soggetti addetti a servizipubblici di primariointeresse collettivoe categorie di lavoratori

Personale che, per motividi lavoro, è a contattocon animaliche potrebbero costituirefonte di infezioneda virus influenzalinon umani

Un bambino in buonecondizioni di salute è in gradodi reagire autonomamenteo con il semplice supportodi terapie sintomatichenei confrontidel virus influenzale.

Tuttavia ci sono bambiniper i quali la vaccinazione,non solo è utile come mezzodi prevenzione collettivama è necessaria ai finidi una protezione individuale,in quanto, in caso di malattie,potrebbero più facilmenteandare incontro a complicanze

Bambini e adolescentiin trattamento a lungotermine con acidoacetilsalicilico, a rischiodi Sindrome di Reyein caso di infezioneinfluenzale

Donne che all’iniziodella stagione epidemicasi trovano nel secondoe nel terzo trimestredi gravidanza

Individui di qualunqueetà ricoveratipresso struttureper lungodegenti

Medici e personalesanitario di assistenza

Soggetti di età pario superiore a 65 anni

Familiari e contattidi soggetti ad alto rischio

Codice cliente: 2685541

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 28 Novembre 2016 NA3

N on bisogna farsi ingan-nare dalle sindromi “si-mil influenzali” che cir-colano in questo perio-

do. Fino alla scorsa settimanal’attività dei virus influenzali èstata ai livelli di base, come nelleprecedenti stagioni, ma la fasciadi età più colpita è di gran lungaquella tra 0 e 4 anni. «In genera-le, le difficoltà – spiega il pedia-tra Antonio D’Avino – nella ge-stione della malattia nei bambi-ni sono spesso legate a dueaspetti. In primo luogo molti ge-nitori giovani, alle prime armi,non sanno bene come compor-tarsi e tendono ad andare nelpanico quando aumenta la tem-peratura corporea. L’altro aspet-to, anche questo comprensibile,è la difficoltà ad interpretare isegnali di malessere lanciati dalpiccolo di famiglia. Nei primianni di vita i bambini non han-no infatti la capacità di farsi ca-pire dai genitori in manierachiara, che comprensibilmentevanno in crisi, soprattutto se so-

Inutile correre al pronto soccor-so, si rischia di sottrarre deltempo ai colleghi che dovrebbe-ro curare patologie più impe-gnative».

Passando a qualche consigliopratico, il pediatra chiariscequale debba essere il comporta-mento giusto in caso di una feb-bre troppo alta. «Se il bambinoha 38 o 38,5 è bene tenere d’oc-chio il suo comportamento:mangia? È attivo? È il solito bim-bo?. Come la maggior parte del-le malattie virali, l’influenza ri-chiede solo una terapia sinto-matica, vale a dire se necessarioun antifebbrile o al massimo unanalgesico. Un errore da noncommettere è quello di iniziarein autonomia una terapia anti-biotica, che in queste condizioninon serve a nulla e anzi sarebbedannosa perché un uso ingiusti-ficato di tali farmaci può favori-re il fenomeno della resistenzaagli antibiotici. Si tenga ben pre-sente che l’influenza ha un de-corso di 3 o 4 giorni, nei quali èbene che il bambino sia benidratato e resti a riposo».

Raf. Nes.© RIPRODUZIONE RISERVATA

rare uno squilibrio elettroliti-co che può portare a problemicognitivi. Pavese insiste moltosull’esigenza di far bere l’an-ziano, perché - spiega - conl’età si perde lo stimolo alla se-te. Al di là di quelle che sono leconseguenze dell’influenza, econcentrandosi invece sulletemperature, la geriatra chia-risce che «non ci dev’essere al-cun allarme sino ai 38 gradi, seil termometro sale oltre è beneconsultare il medico. Ciò nonvuol dire che i valori più bassidebbano essere trascurati. Iostessa – conclude – pur essen-do una specialista territoriale,porto a termine molte visitedomiciliari».

Per evitarle e mettersi al ri-paro da situazioni pericolose,oltre i 65 anni è bene sempresottoporsi al vaccino antin-fluenzale. Tema molto caro aPaolo Bonanni, direttore dellaScuola di Specializzazione inIgiene.

«L’importanza dei vaccini, equindi anche di quello antin-fluenzale – dice – è legata al fa-to di metterci al riparo dallamalattia o dalle complicanzeche può generare. Per l’in-

Il pediatra: tra 0 e 4 anni l’età più colpita«Mai iniziare in autonomia terapie antibiotiche nè correre subito al pronto soccorso»

fluenza il primo obiettivo èproteggere il paziente propriodalle complicanze, non tantodalla malattia. Infatti, chi sivaccina può anche contrarreuna forma lieve di influenza,ma il decorso sarà ben piùsemplice». Anche dal profes-sor Bonanni arrivano forti rac-comandazioni alla prevenzio-ne. «La vaccinazione va fattada tutte le persone che hannopiù di 65 anni, e comunque atutti i soggetti a rischio».Im-pressionante è il numero didecessi che in Italia ogni annosono legati al virus influenza-le. «Parliamo di circa 8.000morti, e il numero è sottosti-mato». La vaccinazione è unproblema che deve riguardaresolo gli over 65? «Dovrebberovaccinarsi anche i più giovani se hanno malattie cronicheche possono portare a compli-canze del virus. Chi ha una ma-lattia oncologica è ad alto ri-schio. Purtroppo però conti-nuano a girare informazionifuorvianti sulle vaccinazioni equesto è paradossale. Abbia-mo armi efficacissime per lanostra salute e non le usiamo adovere».

Quello del quale parla Bo-nanni è un po’ il paradossodell’efficacia. I vaccini sonostoricamente talmente efficacida non lasciare traccia nellenuove generazioni della lorostessa importanza. Molti geni-tori di oggi non hanno vissutoe non ricordano i danni dellegrandi epidemie. Alcuni sonoaddirittura convinti che dietroi vaccini si nasconda chissàquale complotto o lobby. Maquesto è un altro discorso. E’bene sapere proprio questo: èil momento di fare l’iniezione.Il vaccino, perché sia efficace,va fatto prima del picco in-fluenzale. «Ogni regione –conclude Bonanni – ha unasua organizzazione. Ad ognimodo basta prendere contattocon il medico di famiglia o conla propria Asl di appartenenzae prenotarsi. Niente paura sedopo la puntura si nota un pic-colo arrossamento della parteo se dovesse sopraggiungerequalche linea di febbre».

La vaccinazione, insomma,non è mai un rischio. Il veropericolo è scegliere di non far-la.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

no alle prime esperienze. La feb-bre, ad esempio, può essere unodei sintomi presenti nelle infe-zioni da virus dell’influenza, macomunque rappresenta una di-fesa dell’organismo che cosìfronteggia qualsiasi tipo di infe-zione».

D’Avino, segretario per la pro-vincia di Napoli della Federazio-ne italiana dei medici pediatri(Fimp) sottolinea allora l’impor-tanza del ruolo del pediatra difamiglia nella corretta gestione di questi casi, soprattutto in vi-sta del picco influenzale deiprossimi mesi. «I colleghi pe-diatri del territorio sanno benequanto sia importante non soloprestare la dovuta attenzione al-le preoccupazioni dei genitori,ma soprattutto ai sintomi deipiccoli pazienti. Quello che vor-rei raccomandare ai genitori è diaffidarsi al proprio pediatra difamiglia, di stabilire con lui unrapporto di assoluta fiducia, findalla prima visita». Poi sorri-dendo aggiunge: «Una delle di-

avere per un buon numero diore, durante la giornata, un pe-diatra territoriale di riferimento.Egli non farà altro che imple-mentare l’educazione sanitaria,che verrà sempre più divulgata,per insegnare ai genitori comecomportarsi nelle malattie piùfrequenti, che impareranno a gestire sin dalla loro insorgenza.

Siringhee termometriL’influenza di stagionenel disegnodi DanielaPergreffi

scussioni più frequenti tra neo-genitori riguarda l’opportunitàdi disturbare o meno il dottore.Quanto tempo a domandarsi“ma lo chiamo ora o è preferibi-le portarlo allo studio per unavisita? O è meglio aspettare?”. Larisposta sarà nella futura attua-zione del piano di riordino dellecure primarie, che consentirà di

AntonioD’AvinoMedico pediatra di famiglia, segretario provinciale della Fimp (Federazione Italiana Medici Pediatri)

Codice cliente: 2685541

NA4 Lunedì 28 Novembre 2016 Corriere del Mezzogiorno

La didattica

L o studio, l’università, la prepara-zione teorica sono punti chiaveper la futura carriera professio-nale. E i nostri medici e neo lau-

reati sono molto apprezzati erichiesti all’estero proprio perché la co-noscenza acquisita anche sui libri èconsiderata un valore». Per il professo-re Alfonso Barbarisi ordinario di chi-rurgia generale presso la Facoltà di me-dicina e chirurgia della Seconda Uni-versità di Napoli, Sun, la formazione universitaria è fondamentale per tutti ilaureati e futuri medici. L’approfondi-mento teorico, ossia la volontà di stu-diare e approfondire la conoscenza suilibri, rappresenta un vantaggio, un va-lore in più da poter spendere sul mer-cato del lavoro. «È uno slogan, non deltutto corretto, prediligere subito il la-voro sul campo, o in corsia. I giovanilaureati chiedono di saltare in parte lateoria e incominciare subito con la pra-tica. Non è del tutto corretto come ap-proccio al mondo del lavoro. Si devonoavere delle solide basi teoriche per es-sere dei buoni operatori», chiarisce.

Le università italiane e campane, co-sì come le altre università del Mezzo-giorno, hanno ancora una tradizione in tal senso che è molto apprezzata an-che all’estero. Se dunque dopo la lau-rea ormai è una necessità, non più unlusso, cercare lavoro fuori dall’Italia,non bisogna dimenticare di esserecompetitivi. Un’attitudine che passaanche attraverso l’avere studiato tanto.Le università campane sono ancora unfiore all’occhiello per il Mezzogiorno.Lo dimostrano sia i tanti studenti chefrequentano i vari corsi ma anche imolti docenti stranieri che insegnanopresso le università del territorio. «Le

università – dice il professore Barbarisi- in Campania e a Napoli ormai sonomolteplici e dunque l’offerta è maggio-re. Una condizione che rappresentauno stimolo a fare di più per tutti gliatenei. Anche sul fronte internaziona-le. Abbiamo tanti scambi con professo-ri stranieri. Presso il nostro diparti-mento di scienze chirurgiche, aneste-siologiche e dell’emergenza, collaboraad esempio un docente bulgaro che haun corso molto apprezzato e seguitodagli studenti sulle tecniche d’inter-vento e cura in occasione di disastri ecatastrofi naturali. L’università deve sa-pere ascoltare i giovani: da un lato ga-rantendo loro di diventare buoni medi-ci, dall’altro colmando la curiosità e lasete di conoscenza», sottolinea il pro-fessore Barbarisi.

Le università dunque guardano oltre

i confini nazionali. Anche tramite unsistema di premialità del Ministero, difinanziamenti e azioni di sostegno. Ac-canto all’Erasmus - il programma del-l’Unione Europea che consente ad unostudente universitario di trascorrereun periodo di studio all’estero ricono-sciuto in Italia - esistono diversi inter-venti per favorire gli scambi culturali tra docenti e studenti.

«Come delegato all’internazionaliz-zazione per la Sun - dice - ho sempre creduto molto nella necessità degliscambi culturali tra diversi paesi. Tra levarie iniziative, abbiamo messo a pun-to tre linee di intervento: con un pro-getto che ha interessato tutto il diparti-mento abbiamo formato, e formiano,personale sanitario e chirurghi palesti-nesi. Ed ancora, guardiamo molto an-che all’Europa dell’ Est sebbene ci sia-

no ancora dei ritardi tecnologici inquelle aree; infine, abbiamo avviato unprogetto di cooperazione con il SudAmerica, anche per laureati in econo-mia e commercio, per favorire scambicon quei paesi, come l’Argentina, chepossono offrire grandi potenzialità edove inoltre vivono tanti giovani di ori-gine italiana».

Ma l’estero non è solo una fonte diarricchimento culturale. Per i giovanilaureati lasciare casa e andare a lavora-re fuori dai confini nazionali è una ne-cessità. Una scelta obbligata. Il mercatodel lavoro in Italia offre poco, se nonquasi nulla. «È un peccato per il nostroPaese. Formiamo i nostri ragazzi, liprepariamo, investiamo delle risorse, epoi le loro capacità e abilità vanno ad arricchire il patrimonio culturale di al-tri Stati. Ma purtroppo – evidenzia - non c’è una situazione lavorativa a lorofavorevole. Certo, il sud sconta delledifficoltà maggiori rispetto al nord del-l’Italia, ma la situazione è abbastanzadifficile dovunque. E per inserirsi al meglio all’estero è fondamentale parla-re benissimo le lingue. Avere una pa-dronanza professionale di una linguastraniera, e dunque non a livello super-ficiale, aiuta molto nel mondo del lavo-ro».

Ma le università del Mezzogiorno so-no realmente al passo dei tempi e com-petitive con le altre? «Assolutamente sì– conclude il professore - abbiamoun’ottima offerta universitaria e la di-mostrazione è che gli studenti campa-ni, appunto all’estero, sono molto ri-chiesti. Le nostre università attirano ancora tanti ragazzi. Anche se bisognafare sempre di più, e questo riguarda lestrutture, le attrezzature e gli alloggiper studenti. Un passo in più su talestrada è sicuramente bene farlo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Alessandra Grassi

Alfonso Barbarisi Professore ordinario di chirurgia generale presso la facoltà di medicina e chirurgia della Sun di Napol. È direttore del Dipartimento di scienze anestesiologiche, chirurgiche e dell’emergenza e delegato all’internazionalizzazione.

Parla il professor Alfonso Barbarisi, ordinario di Chirurgia alla «Federico II» di Napoli«A Scienze chirurgiche organizziamo anche tanti scambi didattici con docenti di Atenei esteri»

«La formazione passa dall’Università»

MariaTriassiProfessore ordinario di Igiene presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Direttore del dipartimento universitario di sanità pubblica e del master di II livello in Management sanitario della Federico II,Ha scritto oltre mille pubblicazioni

Un focus per i manager del futuroFederico II, pronta la nuova sfida della scuola del dipartimento di Sanità pubblicaLa professoressa Triassi: «Da qui sono uscite seicento persone in quindici anni»

«G uardiamo al nostrolavoro, in un certosenso ci preparia-mo a “studiare noi

stessi”. Questa è la sfida di unnuovo progetto editoriale dellascuola di formazione in manage-ment sanitario del dipartimentodi sanità pubblica della Federico II». Un progetto del quale parla laprofessoressa Maria Triassi. «Ogni anno – aggiunge – al termi-ne del master di II livello in mana-gement sanitario, viene realizzatoun volume che raccoglie le tesiprogettuali dei discenti del corsoe i contributi di autori del mondodella sanità, della comunicazionee dell’innovazione tecnologicasulle più attuali tematiche emer-genti nell’area della salute e dellamedicina».

Quest’anno, il team di curatoridel progetto editoriale realizzerà un focus sulla formazione, met-tendo a sistema il patrimonio cul-turale che la scuola, con i suoiquasi quindici anni di attività, haormai consolidato. L’obiettivo èrealizzare delle linee guida meto-dologiche sulla formazione ma-nageriale in sanità attraverso laraccolta di diari biografici e inter-

viste qualitative di docenti e di-scenti del master.

«Possiamo realizzare un’inda-gine qualitativa che in tutta Italiaha pochi eguali – aggiunge Triassi- la scuola di formazione in mana-gement sanitario ha formato circa600 persone in quindici anni. Idocenti storici del percorso didat-tico e i nostri discenti, alcuni deiquali hanno raggiunto posizioni

apicali in ambito sanitario regio-nale e nazionale, rappresentanodegli interlocutori privilegiati in grado di fornire un contributo chepuò ridefinire le caratteristiche diuna formazione di qualità in gra-do di impattare sui modelli ge-stionali e organizzativi».

Lo scorso anno, il volume ri-chiamava l’agorà della medicina,un luogo simbolico in cui i temi

più attuali sono stati affrontati at-traverso interventi multidiscipli-nari, con l’obiettivo di restituire allettore un confronto intenso eaperto, partendo da orientamentie prospettive culturali profonda-mente diverse. Quest’anno, dal-l’agorà si passa alla «Koinè» dellamedicina.

«L’idea è di proporre l’ identifi-cazione di un linguaggio condivi-so, di una partecipazione indivi-duale per una visione complessi-va del ruolo, della funzione e delleopportunità della formazionemanageriale in sanità».

Tradizione e innovazione si co-niugano, quindi, nel nuovo pro-getto editoriale della scuola, così come avviene per l’offerta forma-tiva.

La scuola, infatti, da quest’annoha introdotto due nuovi corsi diperfezionamento in managementsanitario e governo clinico, unorivolto a pediatri di libera scelta,coordinatori di aggregazione fun-zionale territoriale e unità com-plesse di cure primarie, già allaseconda edizione, l’altro progetta-to per gli specialisti ambulatorialie i dirigenti della sanità territoria-le.

Attraverso i percorsi formativi, iprofessionisti acquisiscono le abi-lità e le competenze richieste peril coordinamento delle aggrega-zioni funzionali territoriali e delleunità complesse di cure primarieistituite dal decreto 18/2015 cheha introdotto significativi cam-biamenti nell’organizzazione del-le cure primarie in Regione Cam-pania.

«Per vincere la sfida posta dallariorganizzazione del servizio sa-nitario regionale – chiarisce Ma-ria Triassi - le figure professionalia preminente funzione clinico as-sistenziale, come i pediatri di li-bera scelta e gli specialisti ambu-latoriali, devono acquisire com-petenze gestionali e di governoclinico, per poter coniugare il mi-glioramento della qualità dei ser-vizi offerti con il raggiungimentodi risultati economicamente so-stenibili». Come il master di II li-vello in management sanitario,anche i corsi di perfezionamentoin management sanitario e gover-no clinico propongono un’offertadidattica centrata sui bisogni for-mativi dei discenti, valorizzandol’aspetto pratico e la ricaduta ope-rativa del know how acquisito.

Questo e molto altro è l’impe-gno della scuola di formazione inmanagement sanitario del dipar-timento di sanità pubblica nel for-mare i manager di domani.

Gianluca Vecchio© RIPRODUZIONE RISERVATA

I testUn momentodelleprovesostenutedagli aspirantimedicinella Facoltàdi Medicinadell’Università«Federico II»di Napoli

«La cura del nostro secolo. Incontro con Edoardo Boncinelli» è uno di quegli eventi che non avrebbe bisogno di presentazioni. Il 1 dicembre alla Federico II (dalle 15 alle 18 nell’aula magna di Biotecnologie) lo scienziato di fama internazionale, genetista, divulgatore scientifico, già docente di Fondamenti Biologici della Conoscenza alla facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute di Milano, affronterà il tema della salute e del rapporto salute-

benessere, contestualizzandolo ai giorni nostri. Bonicelli nel 2006 ha vinto con il libro “L’anima della tecnica” il IV premio letterario Merck Serono, dedicato a saggi e romanzi, pubblicati in italiano, che sviluppino un confronto e un intreccio tra scienza e letteratura, con l’obiettivo di stimolare un interesse per la cultura scientifica accessibile anche ai meno esperti. Il seminario è gratuito e aperto a tutti e dà diritto all’attestato di partecipazione. Info: 0817463753.

In ateneoSalute e benessereLectio magistralisdi Boncinelli

Codice cliente: 2685541

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 28 Novembre 2016 NA5

A bilità diverse e la stessapassione per lo sport: unbinomio capace di abbat-tere le disuguaglianze. Se

una diversità, infatti, crea non po-che difficoltà d’integrazione so-ciale, lo sport elimina qualsiasi barriera. «La sfida sportiva è ilmomento del riscatto sociale erende le persone con una disabili-tà importante di nuovo parte dellasocietà» spiega Gianni Sasso,48enne di Ischia, 9° nel Triathlonalla sua prima Paralimpiade loscorso settembre a Rio. Una com-petizione più con se stessi e con ilmondo intorno, per superare pre-giudizi, incertezze e diventare au-tonomi.

Utilizzando il linguaggio dellosport, linguaggio universale pereccellenza, le Paralimpiadi sonol’avvenimento capace di metteremeglio in rilievo le abilità a di-spetto delle disabilità. Le ultimecompetizioni a Rio 2016 hanno vi-sto oltre 4.000 atleti, di cui 101 ita-liani. Disabili per modo di dire,perché le loro abilità sono indi-scutibili. Con 39 medaglie (10 ori,

bronzo nei 100m, Federica Maspe-ro 4° nei 400m e record italianonei 100m, Roberto La Barbera 8° a49 anni nel salto in lungo, GianniSasso 9° nel Triathlon alla primaParalimpiade a 48 anni. C’eranoanche atleti con ausili, come Vit-torio Podestà handbike un oronella crono H3 ed un secondo nel-la staffetta mixed team relay H2-H5 o Giovanni Achenza bronzo diParatriathlon nella categoria PT1(carrozzina).

Mentre a Rio si svolgevano legare, Paolo De Vizzi, il sub 42ennedi Manduria, disabile da 20 anniin seguito ad un incidente strada-le, stabiliva un nuovo record mon-diale. Rimanendo a 10 metri diprofondità al largo del porticciolodi Santa Caterina di Nardò, per 51ore e 56 minuti ha superato di 35minuti il record precedente, sta-bilito lo scorso anno nelle acquedi Sharm el Sheik da un medicoiperbarico militare egiziano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

14 argenti e 15 bronzi) il risultatodella spedizione italiana rimarrà negli annali come una delle edi-zioni più vittoriose per lo sportparalimpico azzurro. Campioniveri, fisicamente segnati dalla vi-ta, ma capaci di sostenere allena-menti e sacrifici, per raggiungereun obiettivo. Come Alex Zanardi che perse le gambe nel 2001 du-rante una gara di Champ Car oMartina Caironi, oro a Londra nei100 metri, a cui dovettero amputa-re la gamba sinistra dopo un inci-dente in motorino nel 2007. O an-cora Beatrice Vio, fenomeno dellascherma.

Rio 2016, con oltre due milionidi biglietti venduti, è il secondo evento più partecipato della storiadel movimento, dopo Londra

so tra allenamenti intensivi. Ogni anno sono circa 11.500 i

pazienti che ricorrono a protesi:tra infortunati sul lavoro, assistitidall’Inail che sono l’80% ed invali-di civili, assistiti dal Servizio Sani-tario Nazionale e privati. I tratta-menti protesici sono per il 70% diarto inferiore e per il restante 30%di arto superiore, secondo i datidel Centro Protesi di Vigorso diBudrio, struttura sanitaria del-l’Inail. Le protesi, quando sononecessarie, vengono costruite perqualsiasi disciplina (atletica, sci,tennis, equitazione, scherma,wind-surf, ciclismo) sia a livelloamatoriale che agonistico. Il “Pro-getto Sport del centro protesi Inail”, in collaborazione con il Co-mitato Italiano Paralimpico, na-sce proprio per informare e orien-tare all’attività sportiva. Ai recentigiochi paralimpici di Rio gli atleticon protesi erano: Martina Cairo-ni oro nei 100m e argento nel saltoin lungo, Monica Contraffatto

Oltre la disabilità

2012, quando i biglietti venduti furono 2,7 milioni. Il 2016, invece,è stato da record come coperturatv, con gare trasmesse in 154 Pae-si, il 30% in più dei 115 che avevanovisto la Paralimpiade londinese.

Al contrario delle Olimpiadi, leParaolimpiadi sono diventate uni-versali solo nelle ultime edizioni.Nel secolo scorso era ancora con-siderato un evento minore al qua-le partecipava un numero limitatodi Paesi ed atleti. Medaglie e ori,però, non importa tanto che colo-re abbiano, perché contengonotutto il sudore e le lacrime di chi èarrivato in Brasile con un sognocomune: vincere quella che è lamedaglia più importante, quelladell’integrazione e del riconosci-mento sociale, del tempo trascor-

AlexZanardiPilota automobilistico, paraciclista e conduttore tv, ha perso le gambe durante una gara nel 2001. Nella foto grande, Beatrice Vio, fenomeno della scherma

GiovanniSassoAlle spalle ha un passato di vero atleta: ex dirigente di una squadra di calcio a 5 semiprofessionista e capocannoniere Nazionale di Calcio Amputati

Sasso, l’atleta-coraggio senza la gambaA 47 anni ha partecipato alle gare in Brasile ed è arrivato nono nel paratriathlon«Ho coronato un sogno, ora torno a correre con le stampelle per battere il mio record»

«T antissime personecon una disabilitàimportante trovanonello sport il mo-

mento del riscatto: sei di nuovoparte di una società che probabil-mente all’inizio ti vede in manieradiversa - racconta Giovanni Sasso,47 anni, arrivato 9° nel Paratria-thlon a Rio 2016. Una delle più bel-le pagine azzurre della Paralimpia-de è stata scritta proprio nel tria-thlon (basata su tre sport diversi, in rapida successione: nuoto, cicli-smo, corsa), all’esordio come di-sciplina paralimpica a Rio De Jane-iro. Giovanni Sasso ha perso unagamba da bambino in un inciden-te. Alle spalle ha un passato di veroatleta: ex dirigente di una squadradi calcio a 5 semiprofessionista ecapocannoniere della Nazionale diCalcio Amputati della stagione2014-2015, nel 2012 realizza adAmsterdam il record del mondodella maratona con stampelle. Dal2013 arrivano i trionfi anche nelParatriathlon: 3º agli Europei diAlanya (Turchia), sale sul gradinopiù alto del podio in occasionedella Coppa del Mondo del 2014,in Canada. Ai Mondiali di Chicagodel 2015 ottiene l’ottavo posto econquista la medaglia di bronzonella Coppa del Mondo di Yokoha-ma del 2016, in Giappone. Correcon una protesi sistemata al centro

Inail di Budrio. «Nel 2012 ad Amsterdam - rac-

conta - ho fatto il record del mon-do in 4 ore e ventotto minuti». Lanazionale italiana di triathlon loconvoca in quel momento ed ini-zia, per Sasso, l’avverarsi del sognodi Rio 2016. «Da lì sono iniziati glianni di preparazione per cercare di avvicinare l’obiettivo. Sono statianni di allenamento intenso, ho imparato ad andare in bici ancora

più forte e così per il nuoto».«Se lo sport è un momento di ri-

scatto - spiega Sasso - le paralimpi-adi sono il momento della meda-glia, che tu la vinca o meno, la vit-toria è già tua, quella del riconosci-mento come atleta a 360°». Sullavisibilità, l’atleta ischitano dice: «igiochi paralimpici, quest’anno, so-no stati più seguiti delle olimpiadi.Come introito, per quanto riguar-da il sistema sportivo brasiliano,

hanno avuto il 25 % in più del meseprecedente. La visibilità è stata no-tevole e, secondo me, sarà ancorapiù alta in futuro». «Se c’è una co-sa che vorrei migliorare - continua- se alle olimpiadi normali vannodiecimila atleti per qualificazione,alle paralimpiadi siamo stati soloin 4000 qualificati, un numero chepotrebbe aumentare». «Per quali-ficarmi - racconta - è stata durissi-ma, della mia categoria ne andava-

no soltanto dieci». Il suo, comequello degli altri atleti che si pre-parano a una competizione inter-nazionale, è un lavoro costante: «cisi allena intensamente per 2-3 an-ni, ma con il rischio di non poterciarrivare». «Le paralimpiadi, comele olimpiadi, sono il massimo ri-sultato sportivo che un atleta puòsognare o può ottenere».

Tra i progetti futuri: «fra 3-4mesi correrò in Europa per battereil mio vecchio record, dopo tre an-ni tornerò a correre con le stam-pelle». Giovanni Sasso non si fer-ma e vuole tornare a giocare anchecon la Nazionale di calcio.

A livello umano, racconta: «Riomi ha arricchito molto. Conosceregrandissimi sportivi a livello inter-nazionale e sapere che anche tu nefai parte è una grande soddisfazio-ne». Non manca il calore della suaisola e dei suoi supporters: «la miapagina Facebook, nei primi settegiorni delle olimpiadi, prendevain media 2000 like al giorno». «Lecose più belle della vita non sonola gara in sé, ma le emozioni e gliaffetti delle persone più care».«Sono orgoglioso di essere isola-no dell’isola d’Ischia e questo ri-sultato è importante sia per l’isolasia per il comitato paralimpico ita-liano».

S. G© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Sofia Gorgoni

Il linguaggio universale dello sport elimina qualsiasi barrieraDa Zanardi a Vio le storie di sudore e lacrime che vincono

Passione e riscatto socialeattraverso le ParalimpiadiI veri grandi campioni di Rio

Codice cliente: 2685541

NA6 Lunedì 28 Novembre 2016 Corriere del Mezzogiorno

Codice cliente: 2685541

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 28 Novembre 2016 NA7

La salute mentale Il cinema per promuovere i vaccini. Un ciak per la salute collettiva, in primis dei bambini ma anche degli altri pezzi delle famiglie italiane. A Roma sono stati presentati «#graziemammaepapà» e «La Famiglia», i due minispot con la voce di due bambini che si sono aggiudicati il contest «Un ciak per la Vita», progetto di sensibilizzazione promosso dalla Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica, in collaborazione con la Fondazione Centro Sperimentale di

Cinematografia. La scarsa adesione ai vaccini è ormai un problema italiano, con la diffusione di notizie senza fondamento scientifico che spingono i genitori a non vaccinare i propri figli, nonostante salvino 7000 persone al giorno, oltre 2,5 milioni l’anno. Si chiama vaccine hesitancy, la formula diffusa in tutt’Europa sull’esitazione dei genitori a sottoporre i figli alla somministrazione dei vaccini a causa di paure infondate, false ideologie e soprattutto distorte informazioni ricevute.

L’iniziativaSalute dei bimbie corretti stili di vitaEcco due minispot

S i può essere ostaggio diuna ripetizione com-pulsiva di idee indesi-derate, in genere scon-

nesse dal resto del suo pensie-ro, di dubbi irrisolvibili, di riti,di azioni finalizzate a evitareeventi indesiderati, di azionidi controllo esagerate, di do-mande insistenti, di premureesasperanti. Sono i sintomidel disturbo ossessivo com-pulsivo spiegati dalla psichia-tra Gemma Trapanese. «Spes-so il disturbo - spiega - è com-plicato da depressione e dauna grave menomazione nellavita sociale, tanto che gli stessifamiliari o colleghi possonoessere condizionati in modosignificativo. Nelle azioni di controllo che hanno spessouna componente fobica, spic-cano l’ossessione per la puliziae la continua incertezza/verifi-ca di misure atte a chiudere ilgas, la luce, l’acqua, le porte, lefinestre, ma anche azioni piùcomplesse volte a eliminarepossibilità assai fantasiose di

za, coesistenza dell’amore edell’odio in ogni manifestazio-ne dei propri sentimenti neiconfronti di una persona affet-tivamente significativa e dallapaura di danneggiare con ipropri desideri sessuali l’og-getto desiderato. Il completa-mento ossessivo deve conte-nere da una parte l’aggressivitào il desiderio sessuale, impe-dendo loro di estrinsecarsi edall’altra dare loro una soddi-sfazione, indiretta e camuffa-ta». «Gli impulsi indesiderati -spiega la psichiatra - non sonoadeguatamente rimossi. Il soggetto se ne difende con laloro disconnessione dal restodei suoi vissuti». «Questomeccanismo - continua - èmolto evidente nell’isolamen-to di un contenuto ideativocompromettente dal resto del-le emozioni e dell’attivitàmentale». Dal disturbo si gua-risce: «è pur vero che molti pa-zienti resistono agli sforzi te-rapeutici». Questo perché,spesso, questi sintomi proteg-gono da scompensi più gravi:rappresentano, cioè, per il pa-ziente una “soluzione” che perquanto scomoda, serve ad an-dare avanti e a mettersi al ripa-ro dalle ragioni profonde.

«La psicoterapia può mi-gliorare notevolmente il fun-zionamento interpersonaledei pazienti, affrontando cosìproblematiche relazionali se-condarie alla sintomatologia».In definitiva - conclude la psi-chiatra - la patologia ossessivacolma lo spazio di una impos-sibile intimità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

provocare disastri o di evitarecontatti. Sintomi che produ-cono a volte gravi problemi re-lazionali».

La diagnosi è spesso accom-pagnata dal rischio di separa-zione e divorzio. Lo stesso pa-ziente è consapevole del pro-blema e molto spesso vuolechiedere aiuto. «Questo qua-dro va distinto da un disturboanalogo, detto ossessivo com-pulsivo di personalità, in cuigli schemi di comportamento,duraturi, non causano disagioai pazienti, che sono perfetta-mente adattati, riuscendo ad-dirittura ad eccellere in alcuniambiti, proprio grazie a certe personali caratteristiche: rigo-rosa devozione al lavoro, at-tenzione al dettaglio, all’ordi-ne, all’organizzazione, parsi-monia, ostinatezza. Natural-mente difficoltà relazionali sipalesano allorché la coscien-ziosità diventa esagerata e ma-gari si accompagna a rigidità eostinazione, o allorché l’ecces-siva dedizione al lavoro esclu-

di Sofia Gorgoni

Fissazione per le pulizie di casa?È disturbo ossessivo compulsivoLa componente fobica si manifesta anche con la paura di non aver chiuso gas o luceLa specialista: «La psicoterapia può aiutare a superare le problematiche relazionali»

sti soggetti molto faticosa». Sulle motivazioni profonde,

«la letteratura dà una grandeimportanza alle esperienze fa-miliari infantili del futuro os-sessivo. Un’infanzia senzaspontaneità, una rigida educa-zione sfinterica, modelli intra-familiari rigidi e dominati daipercontrollo e elevate aspet-tative certamente sono i primifattori chiamati in causa».

La genesi del disturbo os-sessivo è quasi sempre asso-ciata «ad una certa ambivalen-

de qualsiasi attività di svago edi relazionalità». Nello sforzodi non dipendere dagli altri,chi ne è affetto finisce per evi-tare qualsiasi relazione intimache lo esponga ad un coinvol-gimento e al rischio di perditadi controllo. «Tutto ciò - rivelala psichiatra - crea un isola-mento, con conseguente bassastima di sé e il supposto timo-re di non essere amati, valoriz-zati, di perdere gli altri. Lamancanza di spontaneità o diflessibilità rende la vita di que-

Gemma Trapanese Psichiatra, socio ordinario didatta della Società italiana di Psicologia e Psicoterapia Relazionale

Troppa igieneAnche lavare le mani continuamente denota un problema

Codice cliente: 2685541

NA8 Lunedì 28 Novembre 2016 Corriere del Mezzogiorno

La salute al femminile

N ei giorni scorsi si è te-nuto a Napoli un con-vegno sulla salute del-le donne nel momen-

to della gravidanza e del par-to . I l c o n ve g n o è s t a toospitato non a caso al Refetto-rio delle Suore 33, luogo stori-co in cui le suore nei secoli so-no state custodi della salutedelle partorienti. Fondato nel1585 per opera della nobil-donna Maria Lorenza Longo,ebbe la sua prima sede in al-cuni locali annessi all’Ospe-dale degli Incurabili, il più an-tico luogo di assistenza e curadelle donne: significativa latarga, posta nel cortile del-l’ospedale «Qualsiasi donnaricca o povera, patrizia o ple-bea, indigena o straniera,purché incinta... bussi e le sa-rà aperto». Ed è proprio neilocali adiacenti a questo bel-lissimo chiostro che le DonneMeridiane, hanno voluto par-lare di gravidanza, parto e ca-sa del parto. Donne Meridia-

sario incrementare la parteci-pazione delle partorienti, almomento in Campania infe-riore al 10%, ai corsi di accom-pagnamento alla nascita, equini è indispensabile rilan-ciare il ruolo dei consultori eridefinire quello delle ostetri-che al fine di demedicalizzareun evento naturale quale è ilparto. Per concludere il mes-saggio che queste donne in-tendono dare è quello che ladonna con le proprie caratte-ristiche ambientali, possa es-sere al centro del percorso na-scita, in sicurezza, compresa eaiutata, vicino casa. Auspican-do una totale integrazione traospedale, università e struttu-re territoriali, con una cartellaostetrica condivisa che rac-conti la storia della gravidan-za. A tutto ciò si può arrivare solo iniziando a cambiare la cultura femminile, mostran-do le differenti opzioni alledonne e facendo in modo chesiano in possesso degli ele-menti necessari per operareuna scelta consapevole.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Napoli e la casa del parto«Scegliamo gli Incurabili»Le Donne Meridiane rilanciano: «È una struttura ideale,serve in città l’esistenza di un luogo non ospedalizzato»

zato» contrastando il ricorsoautomatico al taglio cesareo,in una regione che registrauna percentuale fra le più altedi parti chirurgici, difenden-do la libera scelta delle don-ne, favorendo così anche l’al-lattamento materno, senzainterrompere bruscamente ilrapporto madre figlio. La donna per ritornare ad essereprotagonista del proprio per-corso gravidanza-parto, deveavere tutti gli elementi utiliper scegliere consapevolmen-te quale sia il tipo di parto cheintende avere, in totale sicu-rezza, appoggiata dalla fami-glia e dalle strutture.

Per Anna Maria Carloni, de-putata Pd e sostenitrice diDonne Meridiane: «Il mo-mento forse più delicato dellavita di una donna, di una fa-miglia, è quello del parto, ri-spettarlo e proteggerlo è di-fendere un diritto di civiltà».Per garantire e rendere effetti-vo il diritto della donna allascelta maggiormente adatta, in modo speciale nel caso del-la prima gravidanza, è neces-

ne è una rete trasversale aper-ta, cui hanno aderito donnecon storie e provenienze di-verse, impegnate nelle istitu-zioni, nelle associazioni, neimovimenti che si propongo-no di elaborare riflessioni ca-paci di trasformarsi in azioniciviche.

Tra loro Giuseppina Tom-masielli, che oltre ad esseremedico di famiglia è anche laportavoce di questo gruppo.«È importante avere un luogodel parto non ospedalizzato –dice - in cui informare le don-ne, aiutarle ad acquisire con-sapevolezza sul fatto che ilparto è un evento fisiologico equindi aiutarle a vivere in unambiente familiare questomomento».

L’ospedale degli Incurabiliè stato da anni identificato co-me luogo ideale per la nascitadi questa realtà, poi il proget-to è stato abbandonato. Ma laprogettualità resta valida, for-se ancora di più dopo l’aper-tura presso la Sun del prontosoccorso ostetrico, in Largo Madonna delle Grazie, diretto

dal professor Nicola Colacur-ci, con annessa terapia inten-siva neonatale.

La vicinanza geografica conun centro di III livello, comequello diretto dal professorColacurci, dove è presenteun’offerta assistenziale oste-trica completa, dal travaglioin acqua, alla partoanalgesia,alla gestione delle gravidanzead alto rischio, assicurerebbealla casa del parto la possibili-tà di avere immediate risposteterapeutiche in tutte quelle si-tuazioni che da fisiologichedovessero divenire patologi-che. La presenza di una realtàterritoriale, come la casa delparto, darebbe inoltre la pos-sibilità all’ateneo di formare«sul campo» le nuove genera-zioni di ginecologi ed ostetri-che nello spirito della «uma-nizzazione» del parto.

La casa del parto, continuala dottoressa Tommasielli, unposto dove si possa informarela donna, incoraggiare la scel-ta del parto naturale, favoren-do la cultura del parto «ri-spettato» e non « medicaliz-

Anna MariaCarloniDeputatadel Pd, è la moglie di AntonioBassolino

di Emanuela Di Napoli Pignatelli

Nicola Colacurcidirettorepronto soccorsoostetricodel I Policlinico

GiuseppinaTommasielliMedico di famiglia, ex assessora comunale

Il presidioSi trovavicinoal prontosoccorsoostetricoapertodalla Sun

La sfidaIl servizioutileancheperdire noal tagliocesareo

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 28 Novembre 2016 NA9

La salute al femminile

A l di là delle parole, aldi là delle iniziativesimboliche, fare unpasso in avanti nellalotta alla violenza sul-

la donne significa mettere incampo progetti concreti. Perquesto il percorso antiviolenzadel Cardarelli e il centro Dafnesegnano un cambio di passoimportante. L’inaugurazionedi venerdì scorso ha dato il viaad un modo nuovo di accoglie-re, sostenere e curare le don-ne. Il Centro Dafne - codice ro-sa è un progetto sostenuto evoluto sia dal direttore genera-le Ciro Verdoliva che dal gover-natore Vincenzo De Luca. Unpercorso che ha trovato il so-stegno dell’assessore regiona-le alle pari opportunità ChiaraMarciani. «In un pronto soc-corso come il nostro – spiegaVerdoliva - che ogni anno in-tercetta decine di migliaia dipazienti, non potevamo nondedicare un’attenzione parti-

le cure fingono che nulla siaaccaduto, esponendosi ad unrischio ancora maggiore.

Un segnale importante èstata la presenza all’inaugura-zione del centro di GiuseppeCimmarotta, sostituto procu-ratore aggiunto della Procura della Repubblica presso il Tri-bunale di Napoli IV sezione –tutela delle fasce deboli,e diMaria de Luzenberger, procu-ratore della Repubblica pressoil Tribunale dei Minorenni diNapoli Il Centro Dafne – codi-ce rosa è quindi un luogo dovele pazienti possono trovare ildovuto sostegno da parte dellepsicologhe dell’associazioneSalute Donna, ma anche laconsulenza necessaria ad inse-rire in cartella un referto che chiarisca, e dia valore legale, aldanno psicologico che è con-seguenza della violenza fisicao morale. «Le nostre psicolo-ghe sono pronte ad accoglieree sostenere tutte le pazientiche vorranno rivolgersi a noi.»- spiega Elvira Reale, rappre-sentante regionale dell’Osser-vatorio Nazionale Antiviolenzae responsabile del nuovo cen-tro del Cardarelli - la direzionegenerale ci ha sostenuto conforza e riteniamo che la forma-zione continua del personalesia cruciale anche come pre-venzione del femminicidio».

Gianluca Vecchio© RIPRODUZIONE RISERVATA

Centro DafneIl percorso rosadel CardarelliAl via il progetto antiviolenza in ospedaleIl direttore generale: «Assistenza e privacy»

re che il Cardarelli è al loro fianco, senza se e senza ma. Lanostra struttura ha gli stru-menti per garantire sicurezza,privacy e sostegno psicologi-co». Uno dei rischi, nei casi diviolenza, è infatti che i datidella paziente possano essereutilizzati dall’aggressore percostruire una tesi difensivaladdove dovesse esserci unadenuncia. Spesso per paura eperché non sono state adegua-tamente accolte e informatedalla struttura sanitaria allaquale si sono rivolte dopo l’ag-gressione, molte donne dopo

colare a quei segnali dietro iquali si maschera la violenza».Così il Cardarelli ha scelto dilanciare un segnale forte econcreto, accelerando con de-cisione e inaugurando il Cen-tro Dafne – codice rosa al padi-glione M (piano terra), che è lacomponente più visibile di unenorme lavoro che inizia giàdal pronto soccorso e si esten-de lungo tutto il percorso diassistenza alle donne vittimedi violenza.Grazie alla forma-zione che da più di un annocoinvolge il personale medicoe infermieristico del prontosoccorso, portata avanti dal-l’Associazione Salute Donna,oggi al Cardarelli è possibileindividuare precocemente isegni di una violenza in quelliche a prima vista potrebberosembrare gli effetto di un “in-cidente”.

È a questo punto che allacartella della paziente vieneapplicato il “codice PR” (Per-

corso Rosa).Questo significache la paziente viene trasferitain una medicheria dedicata,un ambiente protetto nel qua-le viene garantita oltre all’assi-stenza anche la privacy.«A re-gime – aggiunge Ciro Verdoli-va – il percorso rosa porterà al-l’introduzione di una specialecartella clinica “blindata” doveil verbale di pronto soccorso e idati clinici della paziente sa-ranno consultabili solo dalladirezione sanitaria dell’ospe-dale e dalla responsabile dipronto soccorso. Le donne vit-time di violenza devono sape-

Rosso di seraL’ospedale Cardarelli si illumina di rosso per l’inaugurazione del Centro Dafne

CiroVerdolivaDirettore generale dell’ospedale Cardarelli, è statocommissario ad acta per l’Ospedale del Mare

Si chiama «La preservazione della fertilità nei pazienti oncologici» ed è un corso di formazione che si pone l’obiettivo di coordinare l’azione dei medici che operano in campo oncologico con gli esperti della medicina riproduttiva e con gli psicologi. Il risultato atteso è che, al termine del corso, i trenta partecipanti ( che sono stati scelti tra medici, psicologi, biologi, ostetriche e infermieri) saranno in grado di informare i pazienti sulle possibilità di trattamento e sulle corrette tecniche

di preservazione della fertilità, oltre che a indirizzarli verso un adeguato supporto psicologico che possa accompagnarli ad affrontare il problema dell’infertilità indotta dai trattamenti. Il corso è stato organizzato dalla Asl di Caserta in collaborazione con il Registro nazionale della procreazione medicalmente assistita (Pma) dell’Istituto Superiore di Sanità, l’Azienda Ospedaliera di Avellino e l’associazione italiana malati di cancro.

Il corsoCome preservarela fertilità in pazientimalati di tumore

Codice cliente: 2685541

NA10 Lunedì 28 Novembre 2016 Corriere del Mezzogiorno

La patologia rara

L a Malattia di Pompe èuna malattia geneticarara, dovuta all’altera-zione dell’enzima alfa-

glucosidasi la cui mancanzanell’organismo è spesso quasitotale e non consente un nor-male utilizzo di glicogeno eglucosio, specie a livello dellamassa muscolare.«Semplifi-cando - spiega Antonio Tosca-no docente dell’università diMessina - chi è affetto da ma-lattia di Pompe subisce l’accu-mulo del glicogeno in vari tes-suti e organi. Quest’anomaliaproduce sia un danno diretto,legato all’accumulo, che indi-retto, dovuto alla mancata di-sponibilità di un componenteessenziale del metabolismoenergetico necessario per ilfunzionamento del muscolo odi altri organi».Dal 2006 esisteuna terapia che, seppure nonrisolutiva, produce un miglio-ramento delle condizioni cli-niche del paziente e una suc-cessiva stabilizzazione della

patologia.«Oggi - dice Tosca-no - riusciamo ad ottenere unbuon risultato, specie se com-parato con il destino di questipazienti fino a 10-15 anni fa».

Poi, come sempre in questicasi, a fare la differenza è an-che la celerità con la quale siriesce a diagnosticare la ma-lattia e a intervenire. Cruciale eimportante è eseguire la dia-gnosi prima possibile anche senon è cosa semplice. «È para-dossalmente “più facile” arri-vare ad una diagnosi nel neo-nato che in bambini o adulti –dice Toscano- data la presenzagià alla nascita di una sinto-matologia tipica che fa accen-dere un campanello d’allarmee stimola il sospetto di malat-tia di Pompe ovvero quandosono presenti nei neonati sin-tomi quali la cardiomiopatia, idisturbi respiratori e l’ipotoniamuscolare. Viceversa, neglianni successivi, l’inizio dellamalattia può essere più sfu-mato e rimanere sotto i nostriocchi anche per parecchi annie ce ne accorgiamo solo quan-do la situazione clinica diventa

di Raimondo Nesti

«L’assistenza ai pazienti con malattie rare: una sfida per il Sistema Sanitario Nazionale», è il tema del dibattito che alla Scuola di Medicina e Chirurgia della Federico II ha riunito i maggiori esperti d’Italia. L’incontro è stato organizzato dalla commissione Task Force Sanità Rotary International con la presidenza di Raffaele Scarpa (R.C. Napoli Posillipo). Di assoluto primo piano la faculty composta da Generoso Andria (professore emerito di Pediatria alla Federico II

e responsabile del Centro di coordinamento regionale per le malattie Rare della Campania), Giuseppe Limongelli (referente aziendale per le Malattie Rare Aorn Colli), Francesco Salvatore (professore emerito di Biochimica Umana alla Federico II e presidente e coordinatore scientifico del Ceinge Biotecnologie Avanzate) e Orfeo Mazzella (presidente del forum campano delle associazioni pazienti con malattie rare).

Il convegnoNuove terapie,a confrontoi massimi esperti

Il neurologo: «Dal 2006verso questo problema c’è più conoscenza»«I sintomi sono più evidenti nei neonati,negli adulti pesa anche il fattore solitudine»

Debolezza muscolare che peggiora col tempo La malattia di Pompe colpisce 5 su 10milaUn morbo genetico che si trasmette dai genitori ai figli. L’importanza della diagnosi precoce

di Raffaele Nespoli

I nomi con i quali viene iden-tificata sono diversi: deficitdi maltasi acida, malattiada deposito di glicogeno di

tipo II, glicogenosi di tipo II,deficit di alfa-glucosidasi acidao, nel modo più comune, ma-lattia di Pompe. In qualsiasimodo la si chiami, la malattiadi Pompe è una di quelle ma-lattie che si definiscono “rare”,perché colpisce non più di 5persone su 10mila. Un proble-ma da non sottovalutare, vistoche i costi per la ricerca sonoaltissimi, mentre il più dellevolte le risorse sono scarse. Laprima cosa da sapere è chequesta malattia può interessa-re sia gli uomini che le donne.Si tratta di una malattia geneti-ca, ossia trasmessa dai genitoriai figli, e purtroppo chi ne sof-fre va incontro a diversi proble-mi. Anche se il segno più co-mune è la debolezza muscola-re che peggiora nel tempo se lamalattia non viene affrontataprecocemente. Pur non essen-doci una cura risolutiva, esisteinfatti un trattamento per con-trastare i sintomi e la progres-sione della malattia.

Ma cosa causa la malattia di

Pompe? Gli enzimi sono so-stanze prodotte dalle celluledell’organismo che permetto-no lo svolgimento delle reazio-ni biochimiche. Esistono moltienzimi, con azioni diverse, chegarantiscono il corretto fun-zionamento dell’organismo.Uno di questi enzimi, prodottonormalmente dall’organismo,si chiama “alfa-glucosidasi aci-da” o più semplicemente“GAA”. L’enzima GAA permet-te la degradazione di una so-stanza chiamata glicogeno. Lamalattia di Pompe è una ma-lattia in cui l’organismo nonproduce sufficiente GAA equindi il glicogeno non puòessere degradato in modo nor-male. Il risultato è che si accu-mula nelle cellule dell’organi-smo, in particolare nelle cellu-le muscolari. Questo accumulofinisce col danneggiare i mu-scoli e comprometterne il nor-male funzionamento. Unesempio, se i muscoli danneg-giati sono quelli delle gambe,camminare diventerà moltodifficile. Se invece sono inte-ressati i muscoli respiratori, larespirazione diventerà moltocomplessa.

In comune con molte altremalattie rare, questa patologiaha il fatto di essere definita da

accumulo lisosomiale. Questoperché la parte della cellula incui si accumula il glicogeno sichiama “lisosoma”. In altri ter-mini, è come se il meccanismoche permette alle cellule di li-berarsi di alcune sostanze discarto non funzionasse in ma-niera corretta, creando quindiun accumulo che finisce colcompromettere la funzione dialcuni organi o, come in que-sto caso, dei muscoli.

In definitiva, la malattia diPompe è genetica, perché tra-smessa dai genitori ai figli. E’

neuromuscolare perché influi-sce sulla funzionalità dei mu-scoli ed è metabolica perchéinfluisce sui processi chimicidelle cellule.

Una delle domande alle qua-li i genitori chiedono una ri-sposta una volta diagnosticatala malattia è “come l’abbiamotrasmessa a nostro figlio?”.Ogni gene che codifica il GAAdel nostro organismo derivadall’unione dei geni trasmessidai genitori. Quindi se entram-bi i geni GAA della coppia sonodifettosi, la persona avrà la ma-

La ricercaFondamentale per individuare una cura che sia risolutiva per la malattia di Pompe è il ruolo svolto dai nostri ricercatori

Antonio Toscano Professore ordinario di neurologia all’università di Messina e responsabile del centro di riferimento regionale per le malattie neuromuscolari rare

lattia di Pompe, se un geneGAA è normale e l’altro difetto-so, la persona sarà invece “por-tatrice” della malattia di Pom-pe. I portatori non sono affettidalla malattia, ma hanno ungene GAA difettoso e possonotrasmetterlo ai figli. Il proble-ma è anche se i portatori dellamalattia di Pompe hanno ungene GAA difettoso, l’altro ge-ne GAA normale impediscel’accumulo pericoloso di glico-geno. E quindi chi è portatorenon riesce a scoprilo in tempo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

tra cosa per avere una diagno-si. E questo è di per se terribile.Oggi fortunatamente c’è piùinformazione e una maggioreattenzione. Anche per i medi-ci, che possono avvalersi distrumenti che prima non esi-stevano, è più semplice arriva-re ad una diagnosi. Battersi af-finché la conoscenza sulle ma-lattie rare si diffonda, impe-gnarsi per promuovere esostenere la ricerca, sono que-ste le sfide da vincere per ga-rantire un futuro migliore achi soffre.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

tia di Pompe dobbiamo spera-re che gli studi, una decina intutto il mondo nei quali è sem-pre coinvolta la comunità ita-liana, portino presto a dei ri-sultati ancor più importanti».E’ importante ripetere come spesso uno dei problemi legatialle malattie rare sia la solitu-dine. La solitudine dei pazien-ti e delle loro famiglie, costret-ti a lottare contro dubbi, incer-tezze e contro l’angoscia chepuò produrre un male del qua-le si sa troppo poco. Chi è af-fetto da malattia rara spessodeve battersi prima di ogni al-

più grave». Pertanto, nel casodi un fondato sospetto, biso-gna rivolgersi ai centri di rife-rimento specifici che sonopresenti in varie regioni italia-ne.Fortunatamente, negli ulti-mi 10 anni le cose sono moltocambiate ed il livello di cono-scenza di questa malattia è no-tevolmente cresciuto.

«L’auspicio – conclude To-scano – è che in generale la no-stra società assuma maggioreconsapevolezza e conoscenzadi questo mondo, veramentesterminato, delle malattie ra-re. In particolare per la malat-

La ricerca«Ci sono una decina di studi nel mondo, speriamo bene»

Cos’èSi trattadi una malattia neuromuscolare e meta-bolica

Codice cliente: 2685541

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 28 Novembre 2016 NA11

La malattia infettiva Sempre più la medicina omeopatica entra a far parte della vita di centinaia di migliaia di pazienti. Una medicina che in molti definiscono “alternativa” ma che in diversi casi produce grandi benefici. Nelle giornate di sabato 26 e domenica 27 è stato inaugurato il sessantunesimo corso di medicina omeopatica Luimo. Un corso che vede la partecipazione di medici, studenti in medicina, farmacisti, biologi ed infermieri. La storia della medicina

omeopatica, la sua struttura concettuale, i suoi metodi sperimentali, clinici e terapeutici sono solo alcuni dei temi affrontati nel corso della due giorni. Tra i principi che fondano la medicina omeopatica c’è la volontà di curare l’individuo malato nella sua unità psico-fisico-ambientale, non solo la malattia la quale rappresenta la somatizzazione di uno squilibrio interno che si manifesta nel punto più debole dell’organismo.

L’iniziativaBoom omeopatia,medici e studential 61° corso Luimo

L a Campania è purtroppo la primaregione d’Italia per quel che ri-guarda le persone affette da epa-tite C ed è al secondo posto per

numero di trattamenti avviati con inuovi farmaci antivirali, efficaci sì nel95% dei casi ma, visti i costi, disponibilisolo per chi è in stadio avanzato. Un controsenso, come spiega il dottor Er-nesto Claar epatologo dell’ospedaleVilla Betania, «considerati i risultati ot-tenuti trattando i pazienti più difficili,fa riflettere il fatto che così si curano imalati più gravi ma non ci si preoccupadi eliminare l’infezione tra i pazienti più giovani e quindi più a rischio per ladiffusione dell’infezione».

Ernesto Claar è stato anche coordi-natore con il dottor Francesco Messinadel corso «L’epatologia nel III millen-nio», promosso dal dipartimento dimedicina interna e dal centro di epato-logia dell’ospedale Evangelico Villa Be-tania. Ed è proprio da questo focus chevengono fuori dati inquietanti sullaCampania, la regione italiana con lapiù alta prevalenza di epatite C, che

raggiunge in alcune aree il 12% (controil 3% della media nazionale). I numeriemersi durante la due giorni di studioa Napoli integrano il meeting della so-cietà americana per lo studio delle ma-lattie del fegato tenutosi a Boston. Il congresso a Napoli ha visto alcuni deimassimi esperti di epatologia ma an-che ginecologi, neonatologi e anestesi-sti che hanno affrontato oltre alle pro-blematiche legate all’epatite C, temiquali la gestione delle malattie epati-che in gravidanza. Tornando all’epatiteC, ogni anno in Italia muore circa mez-zo milione di persone a causa del virus.

«Tanto è stato fatto – spiega il pro-fessore Antonio Craxì, presidente dellasocietà italiana di gastroenterologia –attraverso l’utilizzo di questi nuovi an-tivirali e nel 2017-2018 si utilizzerannonuove combinazioni che mirano al re-cupero dei fallimenti e ad una abbre-viazione dei tempi di terapia».

In Campania sono stati avviati oltre7.800 trattamenti per l’epatite C con ifarmaci di nuova generazione (in Italia60mila). L’età media dei pazienti intrattamento è di 65 anni e il 60% di pa-zienti ha più di 65 anni. Circa l’80% deitrattamenti avviati da aprile 2016 è ter-

minato e, in base ai dati di monitorag-gio, il 95% ha ottenuto la scomparsa delvirus. Pochissimi anche gli effetti colla-terali.

«Quella di partire dal trattamentodei pazienti più seriamente compro-messi – aggiunge Ernesto Claar – è unascelta comprensibile, ma non del tuttocondivisibile. A parte le considerazionidi carattere etico, non consente disfruttare pienamente l’efficacia dellacura somministrata prima dello svi-lupparsi delle complicanze non solo intermini di salute ma anche di rispar-mio per il sistema».Ormai è opinionecondivisa che l’infezione da virus del-l’epatite C (HCV), deve essere conside-rata una malattia sistemica.

«Un’infezione che, oltre al fegato,colpisce i più disparati organi e tessuti,provocando una serie di malattie ex-traepatiche estremamente invalidan-

ti», prosegue Claar che è anche presi-dente dell’Aigo Campania (associazio-ne italiana gastroenterologi ospedalie-ri). Oltre ai già noti legami tra il virusdell’HCV e le malattie linfoproliferative(linfomi in primis) è stata recentemen-te evidenziata la correlazione tra il vi-rus dell’HCV e disturbi neurologici(Morbo di Parkinson, neuropatie peri-feriche, disturbi cognitivi) , psichiatrici(depressione, spossatezza debilitante),patologie cardiovascolari, aterosclero-si, diabete mellito, insufficienza renalee numerosi tipi di neoplasia.

Il corso a Napoli è servito anche pertracciare lo «stato di salute dell’epato-logia». Dal rapporto Aigo sui ricoveriper malattie dell’apparato gastroente-rico, recentemente presentato al Mini-stero della Salute, risulta che a livellonazionale le malattie dell’apparato di-gerente costituiscono il 10% di tutti i ri-coveri per patologie acute e nel 2014hanno rappresentato la seconda causadi ospedalizzazione con 878.729 casi,ma solo il 7,4% dei pazienti bisognosidi cure specialistiche è curato nel re-parto giusto cioè la gastroenterologia.Ciò produce gravi ricadute sia in termi-ni di costi, sia in termini di durata delricovero, di appropriatezza delle cure edi mortalità.

«In Campania - conclude il presi-dente campano dell’Aigo - la gastroen-terologia è sottorappresentata rispettoalla reale esigenza del territorio ed unaprossima auspicabile riorganizzazionedella rete di assistenza potrà garantireai gastroenterologi di erogare una mi-gliore assistenza ed ai pazienti di rice-vere cure adeguate».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Raffaele Nespoli

Ottomila trattamenti con farmaci di nuova generazione

Epatite C, la Campaniaprima regione in Italiaper persone contagiate

Ernesto ClaarMedico epatologopressola clinicaVilla Betaniadi NapoliHa coordinatoil corso «L’epatologianel III Millennio»

PatologiaOltreil fegatocolpiscei più disparatitessutie organi

Codice cliente: 2685541

NA12 Lunedì 28 Novembre 2016 Corriere del Mezzogiorno

La chirurgia plastica

L e criticità della sanitàcampana che nonostan-te i passi in avanti nonriesce ancora a venir

fuori dal commissariamentorischiano di costare caro nonsolo per le diseconomie che siproducono, ma anche perl’impossibilità di valorizzare labuona sanità. «Una situazionespesso complessa», dice Al-fredo Borriello, direttore del-l’unità operativa di Chirurgia Plastica del Pellegrini. E in tut-ta l’Asl Napoli 1 Centro quellodella Pignasecca è l’unicoospedale nel quale è possibilefarsi ricostruire il seno dopoun cancro.

«Lo stato delle cose - prose-gue il primario - fa si che trop-pe donne siano costrette a vi-vere con un seno mutilato do-po aver subito una mastecto-mia a seguito di un cancro». Iproblemi sono ancora unavolta legati a lungaggini buro-cratiche o liste d’attesa infini-te, per non parlare della ne-cessità quantomeno di am-modernare le sale operatorie,che nelle condizioni attualirallentano ancor più gli inter-venti. Così, pazienti che han-no già dovuto combattere il

così da far conoscere a tutti i pazienti realtà come quelle dell’unità operativa di chirur-gia plastica del Pellegrini.

Nel novero dei centri dove sicurano le neoplasie, l ’Asl Na-poli 1 può contare su tre ospe-dali di riferimento; oltre al Pellegrini che è in prima fila,anche il Sanpaolo e l’Ascalesi.In queste tre strutture sonostate operate quest’anno più di cento neoplasie mamma-rie, numeri che potrebberoaumentare ancor più se si au-mentasse l’attività operatoria.Peraltro, nella maggioranzadei casi i pazienti in questione

to all’uso condiviso delle saleoperatorie. Vorremmo averepiù spazio, del resto la nostraè una delle equipe più qualifi-cate».

Altro aspetto sconosciuto aipiù è che nel reparto direttodal primario Alfredo Borriellosi trattano anche i rimodella-menti corporei a seguito dichirurgia bariatrica (braccia,gambe e addome) e natural-mente tumori cutanei comemelanomi e carcinomi.

Gli interventi prevedonosempre anche un’adeguatachirurgia di ricostruzione, so-prattutto in distretti delicaticome quello cervicofacciale.

Queste le grandi eccellenzecustodite da uno degli ospe-dali più attivi del centro stori-co di Napoli. Eccellenze da va-lorizzare, che i tagli e le restri-zioni della spending reviewsanitaria rischiano invece dipenalizzare. In questo sensol’Asl Napoli 1 Centro sta facen-do grandi sforzi per riuscire amigliorare sempre più e ridur-re al massimo le liste d’attesa.Un lavoro che può valorizzarela professionalità di Borrielloe del suo staff e che per questavia può arrivare a restituire a moltissime pazienti la femmi-nilità perduta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pellegrini, avamposto delle operate al senoL’ospedale della Pignasecca è un modello da salvaguardare e potenziare ma servono fondiIl primario: «Troppe donne costrette a vivere mutilate per lungaggini e liste d’attesa infinite»

cancro, si trovano fuori da unpercorso di cura che tengapresente anche l’aspetto rico-struttivo e psicologico.

In questo quadro il Pellegri-ni è un modello da salvaguar-dare e potenziare, per questosarebbe importante aumenta-re le risorse, garantendo nuo-va linfa all’unità di senologia multidisciplinare.«Il nodo –prosegue Borriello – è metterei chirurghi in condizione diaumentare il numero di inter-venti».

Altrettanto importante sa-rebbe puntare su campagneinformative efficaci e mirate,

si sono avvalsi della possibili-tà di effettuare il percorso diricostruzione proprio nel-l’ospedale della Pignasecca,ospedale al quale possono fa-re riferimento per la ricostru-zione anche le pazienti chehanno subito una mastecto-mia altrove.

Le tecniche adoperate sonole più innovative, la ricostru-zione del seno che viene fattasia con protesi che con tra-pianti autologhi di tessuto,usando cioè muscolo e grassodella paziente.

«L’unico limite che abbia-mo – spiega Borriello – è lega-

di Raimondo Nesti

Uomini che chiedono il “ritocchino”In tutto il mondo sono stati 1,5 milioniLo specialista: «Al top gli interventi a naso e contorno occhi»

C hi lo dice che la medi-cina e la chirurgia este-tica sono a completoappannaggio delle

donne, con una tendenza piùche mai chiara e forte in vistadel Natale è che sempre piùsono gli uomini a chiedere il“ritocchino”. «Le ragioni diquesta inversione di tendenzasono diverse – spiega RobertoGrella, specialista in chirurgiaplastica ricostruttiva ed esteti-ca – ma sempre riconducibilialla maggiore attenzione pre-stata dall’uomo al proprio aspetto, a tutte le età». PerGrella, he è anche consiglieredella Società italiana di chirur-gia plastica ricostruttiva edestetica (Sicpre) «si tratta diun fenomeno sociale e cultu-rale, ormai evidente e consoli-dato». E a quanto pare non è solo italiano, come dimostra-no i numeri raccolti dall’Inter-national society of aestheticplastic surgery (Isaps): gli uo-mini che si sono sottoposti aun intervento di chirurgia estetica sono stati circa 1,5 mi-lioni nel 2015 (1,4 nel 2014).Decisamente più ingenti, e an-che in questo caso in crescita, inumeri relativi ai trattamentimini-invasivi. Quelli per in-tendersi che non presuppon-gono il bisturi. Si parla infattidi 3,1 milioni di uomini nel2015, contro i 2,7 milioni del2014.

«In Italia non ci sono dati

statistici attendibili – aggiun-ge Grella - ma sicuramente pu-re da noi i trattamenti di medi-cina estetica sono in crescita,anche e soprattutto a pochesettimane dalle feste, quandoil desiderio di apparire al me-glio è più forte che mai, se pos-sibile senza dover affrontarel’inevitabile convalescenza chesegue a un intervento chirurgi-co». Quali sono i trattamentipiù richiesti? Innanzitutto leinfiltrazioni di botulino, la tos-sina che induce una tempora-nea e parziale paralisi dei mu-scoli nei quali viene iniettata. «Non tutti lo sanno – dice ilchirurgo - ma con l’età i mu-scoli mimici perdono la capa-cità di rilassarsi completa-mente e questo spiega perchéalcuni volti tendano progressi-v a m e n t e a d a s s u m e r eun’espressione corrucciata otriste. Se ben utilizzato, il bo-tulino “mette a riposo” questimuscoli , r idando al visoun’espressione serena e piùgiovane». Il secondo postonella classifica dei trattamentipiù richiesti spetta all’acido ia-luronico, il filler riassorbibileutilizzato per colmare i solchiche appaiono con l’età sul viso,ma anche per rendere più de-cisi gli zigomi e il mento. Nontutto, però, può essere risoltocon qualche “punturina”.

«Medicina e chirurgia este-tica sono ancora in gran partevissute dagli uomini come un

tabù – sottolinea Grella -, perquesto la prima richiesta èquella di un ritocco efficacema completamente naturale,con cicatrici nascoste». Gli uo-mini, esattamente come ledonne, hanno delle preferen-ze: per il viso, rinoplastica eblefaroplastica sono al top, nelprimo caso per cancellare il di-fetto di un naso che non piace,nel secondo per attenuare lerughe, le borse e i cedimentiche con l’età appaiono attornoagli occhi. A proposito di in-vecchiamento, nella hit degliinterventi ci sono anche liftinge mini-lifting, a cui si ricorrequando il cedimento dei tes-suti impone il loro riposizio-namento. Per quanto riguardail corpo, le correzioni più get-tonate riguardano l’addome ela regione pettorale. «È la gi-necomastia – dice ancoraGrella – un inestetismo checausa notevoli problemi psico-logici. Per scegliere il tratta-mento, l’intervento e il medico«il primo consiglio è semprequello di rivolgersi a uno spe-cialista in chirurgia plastica ri-costruttiva ed estetica – sotto-linea Grella - chiedendo noti-zie sulla formazione e l’espe-rienza conseguita. Infine, èimportante sentirsi ascoltati ecapiti, è il presupposto fonda-mentale per ottenere dei buo-ni risultati».

Raf. Nes.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da lunedì 12 a venerdì 16 dicembre (dalle 9 alle 17) presso l’Umaca di Oncoematologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II saranno organizzate delle sedute di trucco individuali riservate alle donne in cura per patologia neoplastica con i make up artist professionisti della Youngblood Mineral Cosmetics, azienda cosmetica americana che utilizza prodotti minerali e antiallergici. L’iniziativa, «Sguardi

d’energia», mira ad aiutare le donne colpite dal cancro a riappropriarsi della bellezza e della femminilità minata dalle cure. È possibile iscriversi all’iniziativa entro lunedì 5 dicembre, contattando la segreteria organizzativa ai numeri 081 7463660 (dalle 10 alle 12) oppure 347 1361443 (dalle 14.30 alle 16). Oppure contattando lo 081 7462037 (dalle 10 alle 12) e 338 1141269 (dalle 14.30 alle 16).

Il progettoIl make-upper recuperarela bellezza

RobertoGrellaSpecialista in chirurgia plastica

AlfredoBorrielloDirettore dell’Uo di chirurgia plastica dell’ospedale Pellegrini di Napoli

Dopo il cancroTecniche innovative per la ricostruzione del seno dopo la mastectomia

E PREVENZIONE

Lunedì 27 Ottobre 2014 www.corrieredelmezzogiorno.it

Salute

Povero Sud, si risparmia

SaluteAncmzxzxzxzxzzxzxzxzxzx

Sanità, i dati Istat 2013

perfino sulle cure mediche

prevenzione

A PAGINA XX

ein collaborazione con

di EMANUELE IMPERIALI

Lunedì 24 marzo 2014

Coordinatore tecnico-scientificoMarco Trabucco Aurilio

In questo numero hanno scritto: Alessandra Caligiuri, EmanuelaDi Napoli Pignatelli, Sofia Gorgoni, Alessandra Grassi, Raffaele Nespoli, Raimondo Nesti,Gianluca Vecchio

Sono stati intervistati: Vincenzo Andreoli, Alfonso Barbarisi, Paolo Bonanni, Alfredo Borriello, Anna Maria Carloni,Ugo Cesari, Ernesto Claar, Nicola Colacurci, Antonio D’Avino, Roberto Grella, Salvatore Marotta, Paolo Muto, Titti Pavese, Giovanni Sasso, Giuseppina Tommasielli, Antonio Toscano, Gemma Trapanese, Maria Triassi,Ciro Verdoliva

Supplemento della testata

Distribuito con il Corriere della Seranon vendibile separatamente

Enzo d’Erricodirettore responsabileCarmine Festaredattore capo centralePaolo Grassiredattore capo centrale

Editoriale del Mezzogiorno s.r.l.con socio unico, soggetta a direzione e coordinamento da parte della società RCS Mediagroup S.p.A. Alessandro Bompieripresidente Domenico Erricoamministratore delegato

Redazione, produzione, amministrazione e sede legale: Vico II S. Nicola alla Dogana, 9 - 80133 Napoli - Tel: 081.760.20.01Fax: 081.58.02.779 Reg. Trib. Napoli n. 4881 del 17/6/1997Responsabile del trattamento dei dati (D.Lgs. 196/2003): Enzo d’Errico© Copyright Editoriale del Mezzogiorno s.r.l.Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questoquotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici,meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione saràperseguita a norma di legge.

Stampa:Sedit Servizi Editoriali srlVia delle Orchidee, 1 - 70026 Z. I. Modugno Bari - Tel. 080.585.74.39Sped. in A.P. - 45% - Art.2 comma 20/B Legge 662/96 - Filiale di Napoli

Diffusione:m-dis Distribuzione Media SpaVia Cazzaniga, 19 - 20132 MilanoTel. 02.25821

Pubblicità:Rcs MediaGroup S.p.A.Dir. ADV &Communication SolutionsNazionale e FinanziariaVia Campania, 59/C - 00187 RomaTel. 06.6882.8692 - 06.6882.8662Legale: Tel. 02.2584.6665www.rcscommunicationsolutions.itrcs.communication.solutions@rcs.it

Pubblicità locale: Piemme S.p.A.Via G. Arcoleo, snc - 80121 Napoli.Tel. 081.247.31.11 - Fax 01.247.32.20www.piemmeonline.it

Proprietà del Marchio:

RCS MediaGroup S.p.A.

Distribuito con il

Direttore responsabile: Luciano Fontana

Codice cliente: 2685541

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 28 Novembre 2016 NA13

Cure per i pazienti oncologiciL’unione degli esperti fa la forzaPatologia prostatica, al via l’iter terapeutico multidisciplinare e personalizzato

N uove e più efficaci cureper i pazienti oncolo-gici. Esperti di radiote-rapia si confronteran-

no sulle modalità di tratta-mento radioterapico per la pa-tologia oncologica prostatica.La riunione programmata peroggi e domani da Paolo Muto,direttore della Radioterapiadella Fondazione Pascale Int-Irccs, pone l’accento su un ap-proccio innovativo al tumore.Vale a dire più specialisti cheinsieme disegnano un iter te-rapeutico multidisciplinarepersonalizzato per ogni singo-lo paziente. Da qui la necessitàdi creare un team di lavoro incui siano presenti radioterapi-sti, oncologi e chirurghi.

«Il 60% dei pazienti curatiper cancro - spiega Muto - in-clude la radioterapia nel pro-prio percorso terapeutico, l’ar-gomento che vede a confrontogli specialisti di radioterapiasarà il cancro della prostata ele sue modalità di trattamentoradioterapico con o senza or-monoterapia. Due giorni distudi,discussione e confrontoaperti a specialisti che si occu-pano di problemi oncologici

necessario l’adeguamento del-le tecnologie in molti centripresenti sul territorio naziona-le». In Campania, molto è sta-to fatto negli ultimi due anni, 9acceleratori lineari sono statiacquisiti nelle strutture pub-bliche e 7 nelle strutture priva-te accreditate con il Ssn, su cir-ca 40 Linac presenti in regioneCampania. Il passo successivosarà potenziare le strutturecon personale giovane, moti-

vato e formato dal punto di vi-sta clinico e tecnologico.

Oggi in Italia si contano 185centri radioterapici e 418 Li-nac. Il numero soddisfa il fab-bisogno della popolazione?«Ilnumero in sé è soddisfacente– dice Muto - bisogna verifica-re l’età delle apparecchiature.In Campania, la situazione èmigliorata e ci sono strutturesia pubbliche che accreditatecompetitive con quelle delCentro-Nord, ma bisognereb-be potenziare le strutture pub-bliche con l’acquisto di una se-conda macchina, il vero pro-blema è la scarsità di turn over,le macchine non funzionanoH24 per la mancanza di perso-nale. Inoltre l’assenza di infor-mazione causa spesso il pro-blema della migrazione sani-taria. Oggi è possibile erogareelevate dosi di radiazioni inmaniera mirata sulle massetumorali, aumentando la pos-sibilità di guarigione. Con inuovi macchinari si rispar-miano tessuti e organi sani ri-ducendo la tossicità del tratta-mento che viene concentratoin poche sedute. La radiobio-logia che studia modelli di fra-

PaoloMutoSpecialista in radioterapia ed oncologia, opera in tale settore dal 1985.Dal 2010 dirige la Radioterapia della Fondazione Pascale dove dal 2012 ha trovato posto la CyberKnife, un sistema robotico per la radiochirurgia full-body.

zionamento della dose potràsicuramente portare scheminuovi ed efficaci per combat-tere il cancro».Quali sono ivantaggi?«In alcuni uomini af-fetti da cancro alla prostata, laradioterapia evita parte deiproblemi legati ad incontinen-za e potenza sessuale. Possonoessere trattati in 5 sedute a dif-ferenza delle 35/40 che di nor-ma vengono proposte. Unadelle relazioni del convegnoriguarderà la presentazione diun nuovo protocollo di tratta-mento ipofrazionato in 5 se-dute in associazione ad Ormo-noterapia, di cui il Pascale saràil centro di coordinamento.Altri centri si aggregheranno aquesta sperimentazione».

Muto sottolinea anche chela Campania «dispone di cen-tri dotati di moderne tecnolo-gie che le consentono di reg-gere alla pari il confronto conaltri centri d’Italia e del mon-do. La Radioterapia Campanaè in rete www.radioterapiaita-lia dove è possibile avere infor-mazioni su tutti i centri, tipodi trattamento che viene effet-tuato, esperienza degli opera-tori, età delle macchine e tem-pi di attesa per il trattamento.Il messaggio da trasmettere è“curarsi a casa propria è me-glio e costa meno”». L’incon-tro vede il supporto incondi-zionato di Ipsen, multinazio-nale del farmaco, che prevedenella propria mission attività di formazione degli specialistie sostegno alla ricerca.

Gian. Vec.© RIPRODUZIONE RISERVATA

La prevenzione

per capire quanto e come sipuò migliorare l’assistenza aisingoli pazienti. Le radiazioni sono utilizzate in modo sem-pre più mirato e con minori ef-fetti collaterali. La tecnologiasi è modificata nell’ultimo de-cennio, i cicli di radioterapiasono più efficaci, meglio tolle-rati e forse più brevi. Questoapre nuovi scenari nella curadel cancro, alla luce di questevalutazioni si rende urgente e

PrevenzioneUn controllo periodico dall’urologo aiuta a prevenirei problemi

«Ambulatori assistenziali per ammalati di tumore aperti anche nel fine settimana. E gestiti da medici di medicina generale, assieme agli infermieri delle Asl». Invoca con questa proposta un ulteriore cambio di passo nella sanità campana il segretario Favo (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) della Regione Campania Sergio Canzanella dopo la deliberazione dei commissari ad acta della rete oncologica campana Roc dello scorso ottobre, che

è andata a colmare una lacuna pluriennale nella struttura sanitaria regionale. Con vantaggi per il paziente dalla qualità delle prestazioni, alla possibilità per ogni cittadino, anche se proveniente da altre regioni d’Italia, di poter accedere alla Rete, equità nell’accesso al servizio per tutti i cittadini. «Questi ambulatori – spiega Canzanella - potrebbero confermarsi un circuito sanitario territoriale consolidato, a cui i cittadini faranno sempre più riferimento».

La propostaCanzanella (Favo):ambulatori apertinel fine settimana

Codice cliente: 2685541

NA14 Lunedì 28 Novembre 2016 Corriere del Mezzogiorno

All’Asl Na 1 è nato un centro per chi digrigna i denti di notte

In ambulatorio

Bruxismo, Elena d’Aostaspecialisti in prima linea «Così curiamo la malattia»

di Raffaele Nespoli

E siste una forma patolo-gica della quale moltis-simi pazienti non sirendono conto, ne sof-

frono ma ne sono del tutto in-consapevoli. Perché? Per ilsemplice fatto che si manife-sta la notte, nel pieno del son-no. Il problema in questione èil bruxismo, ovvero il serrare edigrignare i denti durante il ri-poso notturno. Succede a cau-sa dello stress ed è un mododel tutto involontario per sca-ricare le tensioni accumulatedurante il giorno.

Il grosso problema per chisoffre di bruxismo è legato an-che alla difficoltà di accederead un percorso polispecialisti-co che possa portare ad una ri-sposta efficace. In questo sen-so è ancor più importante va-lorizzare le buone pratiche le-gate all’assistenza territoriale,buone pratiche come quelledettare dal presidio sanitario

tanti all’apparato dentale: oltreall’usura, può aumentare lasensibilità dei denti per la pro-gressiva scomparsa dellosmalto e l’insorgenza di carie.A lungo termine può ancheprovocare delle modifiche sia dell’aspetto sia della funzionedella dentatura. Altro sintomoè l’affaticamento dei muscolidella testa, del collo, oltre auna tensione muscolare gene-ralizzata, cefalea e indolenzi-mento».

Al presidio partenopeo siaccede con un’impegnativadel medico di medicina gene-r a l e , s e r v e l a d i c i t u r a«89.700057 Visita odontoiatri-ca per bruxismo». Qualora siriscontrassero diverse esigen-ze, per il paziente il percorsoprevede l’intervento di diversi specialisti. Contribuiscono alpercorso multidisciplinare delpresidio i dottori Davide Visio-li (psichiatra), Augusto Brone (medico dello sport) e Gaeta-no Pisano (odontoiatra).

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di natura odontoiatrica, comel’imperfetto posizionamentoreciproco delle due arcatedentali o l’assunzione di posi-zioni mandibolari scorrette.Le cause più frequenti però ri-guardano la sfera emotiva epsicologica, si pendi allostress, all’ansia, alla frustrazio-ne o anche a perfezionismo ealla competitività.

Solitamente i più colpiti gliadulti, ma neppure i bambinine sono risparmiati, semprepiù coinvolti dalla velocità deitempi e da giochi iper-tecno-logici, come i videogiochi, cheimpongono uno stato di pe-renne alta tensione.

«Non sempre è facile accor-gersi del disturbo», spiegaVincenzo Andreoli, che si oc-cupa del case management.«A volte ad avvisarci è il part-ner, infastidito dal rumoredello sfregamento dei denti,altre volte diventa evidente perl’usura dei denti, fino allacomparsa di fratture. Il bruxi-smo può causare danni impor-

of Neuroscience, 2012). Eppu-re sono pochissime le struttu-re pubbliche, sia ospedaliereche sul territorio, che sono ingrado di occuparsene.

Questo proprio perché serveun approccio plurispecialisti-co con un’equipe che com-prenda specialità quali odon-toiatria, psicoterapia, posturo-logia e medicina naturale.Quanto alle cause del bruxi-smo sono diverse, alcune sono

Elena d’Aosta (dell’Asl Napoli 1Centro).

Qui è infatti attivo un per-corso dedicato specificamentealla diagnosi ed al trattamentomultidisciplinare del bruxi-smo. Le cause del bruxismopossono infatti essere odonto-iatriche, psicologiche o postu-rali.

Per la prima volta queste di-verse competenze sono riunitein un’unica struttura pubblica,consentendo agilmente al pa-ziente di usufruire di tutte lecompetenze necessarie senzadoversi preoccupare di rin-tracciare i diversi medici emetterli in contatto tra loro.Tornando alla patologia, il fe-nomeno aumenta di frequen-za e intensità all’aumentaredel livello di stress.

L’incidenza in Italia arriva al20% della popolazione. Alcunistudi dimostrano come l’80% dei pazienti affetti da disturbidel sonno Rem sono più espo-sti a malattie degenerative co-me il Parkinson (The Journal

La patologiaPer la primavoltauna strutturapubblicahaindicatoun percorsoai pazienti

Cosa avvieneLe cause principalidella patologiasono odontoiatriche, psicologiche e posturali

Il fenomenoL’incidenza in Italiaarriva al 20 per centodella popolazioneEsposti al Parkinson

Vincenzo Andreoli È case manager dell’ambulatorio di odontosto-matologia del presidio polispecialistico Elena D’Aosta di Napoli

Codice cliente: 2685541

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 28 Novembre 2016 NA15

Il corso

C antanti e attori fanno della lorovoce uno strumento di espres-sione artistica, sono, dunque,professionisti nell’uso delle lo-

ro corde vocali. Secondo il professorUgo Cesari, specialista in otorinolarin-goiatria e fonia, «il nostro apparato fo-natorio può raggiunge frequenze ele-vatissime, la corda vocale arriva a vi-brazioni altissime e può rispondere adaltrettanto elevate sollecitazioni, comeun motore che va ad altissima quantitàdi giri, come una macchina di FormulaUno».

Macchina complessa, dunque, quel-la voce che può produrre suoni di altis-simo livello e trasmettere emozioni,ma che bisogna saper guidare e con-trollare. Proprio come i motori, ci sonotanti stili musicali diversi. Insomma, sifa presto a dire musica, ma non tutte lecanzoni sono il risultato della combi-nazione di sette note, come spiega lospecialista della voce: «Il ritmo musi-cale non è uno solo, ad esempio il jazzha un tipo di ritmica che è diversa dallaclassica o dal pop, infatti, la sua scalamusicale non è quella del canto tradi-zionale, in pratica non è “do-re-mi-fa-sol-la-si”. Quindi, è a tutti gli effetti co-me se fosse un’altra lingua. Ritengoche non sia vero che basti studiare inconservatorio una sola tecnica di cantoper pensare di averle imparate tutte».

Quella macchina chiamata voceUgo Cesari, docente e fonista napoletano, coordina un master all’Università Federico IIObiettivo: creare un profilo professionale tra il logopedista e l’insegnante di canto

Dunque, continua il foniatra napoleta-no, «se per trattare determinati moto-ri, particolarmente complessi, ci vuoleun personale specializzato, anche percurare un cantante o un attore profes-sionista, ci vuole una figura specifica che sia altamente preparata e, soprat-tutto, conosca la musica».

Per rispondere a quella che lui ritie-ne essere una vera e propria mancan-za, da 3 anni, il professor Cesari coor-dina, alla Federico II, il master dal tito-lo «Fisiopatologia della voce cantata erecitata», l’unico di questa genere inItalia. Il corso, spiega il foniatra, si pro-pone di creare un «profilo professio-nale nuovo che sarà a metà strada tra ilterapista della voce, ossia il logopedi-sta, e l’insegnante di canto. Spesso gliattori e i cantanti professionisti sono trattati in maniera imprecisa. Il logo-pedista sa riabilitare la voce del mala-to, di quello che non parla bene, men-tre l’insegnante di canto insegna a can-tare a chi sta bene, ma molte voltesconfina nel campo della riabilitazio-ne, così come molte volte il logopedi-sta mette bocca sulle tecniche di canto,consigliandone alcune piuttosto chealtre, senza in realtà conoscerle».

Dunque, al centro della formazionedi questa nuova professionale c’è la co-noscenza del mondo della musica e della recitazione in prima persona, co-me chiarisce Cesari: «Chi cura la vocedeve capire la tecnica del canto e, quin-di, la deve studiare anche lui, lo stesso

discorso vale per la recitazione. Sapercantare e recitare, serve per parlare lalingua del professionista».

Il professore poi aggiunge sull’argo-mento: «Ad esempio, quando un pa-ziente dice che dopo il mi 4 non riescepiù a cantare, il futuro riabilitatore de-ve sapere di cosa si sta parlando. Dal-l’altra parte, sul lato psicologico, è pre-vista tra le materie anche il counseling,non una è psicoterapia, ma è una figu-ra che spiega tutte le problematiche diuna patologia e cosa si può fare pertrattare al meglio l’organo vocale, cosasi deve mangiare o si deve evitare, co-me riscaldare la voce e affrontare l’im-patto con il pubblico».

L’obiettivo del foniatra è quello dicreare «una medicina dell’arte», per-ché, aggiunge: «nella riabilitazione del cantante che fa 250 concerti all’an-no, dell’attore che tra fiction, doppiag-gi e cinema, fa 350 pose per anno, nongli si può dire stai a casa in silenzio. Ècome per i calciatori, non si può co-stringere un grande atleta a giocareuna partita al mese, deve andare incampo ogni domenica, se no perde in-teressi, soldi e visibilità». Conclude:«Se per riabilitare uno sportivo ci vuo-le un personale competente, esiste, in-fatti, una medicina dello sport, deve esistere il riabilitatore dell’arte, un te-rapista particolare che aiuti gli artisti che usano la voce per esprimere la pro-pria creatività».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ugo CesariDa tre anni Ugo Cesari coordina all’Università Federico II di Napoli il master dal titolo «Fisiopatologia della voce cantata e recitata», l’unico di questagenere in Italia. In modo particolare, dunque, al centro della formazione di questa professionec’èla conoscenzadel mondodella musicae della recitazionein prima persona

La stagionalità dei prodotti. È il tema del calendario che è stato realizzato dall’ufficio formazione dell’ Università degli studi Federico II di Napoli. Per scegliere frutta, verdura e pesce al momento giusto è infatti importante tener conto della stagione. Sicurezza, gusto, risparmio e sostenibilitàsono le parole chiave del progetto. Consumare alimenti seguendo il naturale ciclo delle stagioni permette di gustare i cibi quando sono più genuini, con la maggiore concentrazione di sostanze

protettive, riducendo il rischio di ingerire sostanze fertilizzanti, che possono essere dannose per la salute. Il calendario 2017 raccoglie suggerimenti pratici per migliorare il proprio benessere, attraverso una maggiore consapevolezza nella scelta degli alimenti, rispetto alla stagionalità: ogni mese infatti è accompagnato da un consiglio utile, corredato da un’illustrazione ed è arricchito da un aforisma che è tratto dal calendario agricolo di Esiodo.

La curiositàCibo di stagioneTutti i consigliin un calendario

di Alessandra Caligiuri

Codice cliente: 2685541

NA16 Lunedì 28 Novembre 2016 Corriere del Mezzogiorno

Codice cliente: 2685541