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San FELICE Protettore di Pomigliano d'Arco

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San FELICE Protettore

di Pomigliano d'Arco

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Scuola Tipo-Litografica «Istituto Anselmi» Marigliano (Napoli) - Tel. 081/841.1136

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SAN FELICE protettore di Pomigliano d'Arco

a cura della Comunità Parrocchiale di San Felice Pomigliano d'Arco

RISTAMPA A CURA DELL'ASSESSORATO

ALLA PUBBLICA ISTRUZIONE E CULTURA

ANNO 1988

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PRESENTAZIONE

Molte volte mi sono state chieste notizie della vita di S. Felice.

Ho sempre rimandato alla lettura dei Carmi di S. Paolino, per molti di difficile consultazione.

Finalmente una breve vita del nostro Santo Patrono, sgorgata dalla mente e dal cuore di Mons. Andrea Rug-giero, cultore. riconosciuto di S. Paolino, cantore delnostro Santo.

Con una nota storica sulla Chiesa di S. Felice in Pomigliano d'Arco viene anche ristampata l'antica Co-roncina e l'inno composto da Mons. Felice Basile e mu-sicato da V. Martano.

Tutto è stato fatto nella speranza che nelle giovani generazioni si rinnovino i sentimenti di fede e di devo-zione che ci hanno tramandato i nostri padri.

22 giugno 1987

festa liturgica di S. Paolino

I l P a r r o c o Sac. Francesco Coppola

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INTRODUZIONE

La biografia di un santo non può essere meglio in-tesa e narrata che da un altro santo. La santità, difatti, e una esperienza di grazia e di vita che nessuno può comprendere e descrivere meglio di un uomo che l'ab-bia vissuta personalmente.

E' quello che si è verificato per il nostro S. Felice Prete1, la cui vita colpì profondamente il cuore di san Paolino, Vescovo di Nola. Questi, nato a Bordeaux, nella Francia meridionale, tra il 354-355, fu a Nola come go-vernatore della Campania negli anni 379-380. In questa occasione vide personalmente le manifestazioni di fede da parte dei pellegrini, che affluivano presso la tomba di S. Felice e i prodigi che il Signore vi operava. Ne rimase profondamente colpito e concepì il disegno di tornarvi per stabilirvi la sua definitiva dimora.

Dopo la sua conversione, il battesimo e l'ordinazio-ne sacerdotale realizzò questo disegno e con la sposa Terasia ed alcuni amici, nel 395, tornò a Nola e vi si stabilì dando vita ad una Comunità di monaci presso la tomba di S. Felice. Quivi trascorse il resto dei suoi giorni prima da monaco e poi da Vescovo, coltivando

1 La denominazione «S. Felice in Pincis» è connessa con la presenza a Roma, precisamente nel Pincio, di una Basilica dedica -aal Santo di Nola, il cui culto a Roma è per la prima volta nel secolo VII.

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e facendo conoscere il culto al suo Santo Patrono, che proprio in questo tempo oltrepassò i confini regionali e si sparse per buona parte d'Italia.

S. Paolino scrisse 14 carmi in onore di S. Felice, conosciuti sotto il nome di Natalizi, per celebrarne il giorno della nascita al cielo. In due di questi (IV e V) traccia a grandi linee il racconto della vita di S. Felice attingendo alla tradizione locale, che vi si era andata formando. Questa costituisce come il nucleo centrale della narrazione, a cui Paolino aggiunse elementi di ela-borazione ascetica, biblica, poetica; dovuti alla sua cul-tura e alla sua pietà.

Sicura validità storica conserva, dunque, l'essenza del racconto paoliniano, a cui va aggiunta a conferma il monumentale complesso basilicale che andò stratifi- candosi intorno alla tomba di S. Felice ad opera di Pao-lino e dei secoli successivi, partendo dalla piccola edi cola della tomba venerata, ubicata nell'area di una pre-esistente necropoli pagana e cristiana nell'attuale terri- torio del Comune di Cimitile.

Di questo racconto seguiremo le fasi salienti atte-nendoci strettamente agli scritti di Paolino, di cui ripor-teremo anche qualche brano più significativo.

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Vita di San Felice

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S. Felice: Statua in legno.

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Nascita, vocazione, formazione, sacerdozio

La famiglia di Felice è di origine orientale; il padre siro, di nome Ermia, si stabilì a Nola, dove gli nacque-ro due figli, Felice e un altro che chiamò col suo stesso nome. I due fratelli, pur essendo nati dallo stesso san-gue; manifestarono subito indole e tendenze diverse. Er-mia si sentì portato al mestiere delle armi come il pa-dre, Felice avvertì nel cuore la voce di Dio che lo chia-mava ad una vita diversa, di servizio al Signore e alla Chiesa.

E' questo il primo passo del nostro Santo nel cam-mino della santità. Ebbe così inizio la sua preparazione al sacerdozio nella preghiera e nel silenzio. Disimpegnò ancora giovanissimo il ministero di lettore e poi quello di esorcista. Sembra, così, già delinearsi quello che sarà il suo futuro apostolato: proclamare al popolo la Pa-rola di Dio durante le celebrazioni liturgiche ed impe-gnarsi a scacciare dalle anime l'impero di Satana, fonte del peccato. La sua giovinezza fu luminosa di virtù e ricca di meriti, per cui ben presto la Comunità eccle-siale lo volle insignito della dignità di sacerdote.

S. Paolino iniziando il suo racconto, così si rivolge a Felice: « Tu a noi sei padre, patria e ricchezza; nel tuo grembo sta il luogo del nostro riposo. e a noi è ri-fugio il tuo seno. In questo ben nutriti, cresciamo e, mentre i nostri corpi si trasformano, noi ci liberiamo dei vincoli terreni. Sotto l'azione della parola divina, ecco, diventiamo come uccelli che le ali portano in alto.

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Tu ci insegni a riconoscere il leggero giogo di Cristo; in te Cristo è benigno anche verso gli indegni e man-sueto verso i violenti. Perciò il giorno della tua festa deve essere celebrato da noi: tu in esso distruggi i no-stri mali e ci fai morire al mondo per nascere a Cristo nel bene » (Ca. XV).

La vocazione di Felice viene così descritta: « Un diverso modo di pensare divise i due fratelli

nati ad un parto: il mondo trasse a sé Ermia, Cristo si scelse Felice. L'uno preferì i beni caduchi, l'altro quelli eterni; l'uno si legò alle cose presenti, l'altro cam-biò la terra col cielo, le ricchezze del mondo col Regno di Dio. Quello fu soltanto erede del proprio padre, que-sto fu coerede di Cristo » (Ca. XV, 78-84).

Il sacerdote

Le caratteristiche dell'apostolato sacerdotale di san Felice si possono così sintetizzare: zelo, predicazione, vincolo filiale col proprio Vescovo. La sua funzione di presbitero lo portò a dare generosamente al suo popolo le energie di cuore e di intelletto, di luce e di grazia, di cui il Signore lo aveva arricchito. Predicazione e san-tità di vita lo fanno emergere tra i suoi confratelli, per cui il Vescovo Massimo lo sceglie come suo collaboratore nel governo della Diocesi di Nola e nutre verso di lui paterna compiacenza, desiderando farne il suo suc-cessore nel servizio episcopale. Tutto sembra procedere nella tranquillità e libertà, quando la persecuzione si ab-batte insidiosa e feroce sulla Chiesa.

Il vecchio Vescovo Massimo, diffidando della sua debolezza e fragilità dovuta soprattutto all'età avanzata, si ritira sui monti vicini dove soffre e prega per il suo

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gregge. Felice rimane solo a sostenere il peso dell'apo-stolato e gli assalti della persecuzione.

Non teme; Cristo è in lui a combattere per la ve-rità. E' arrestato e rinchiuso in prigione. Eppure il mar-tire rimane tranquillo, circondato di luce; le catene che lo tengono legato nel corpo, non possono impedire al suo spirito di levarsi in alto nella contemplazione di Dio, sua forza. E Cristo viene in suo soccorso.

Un Angelo splendente di luce. lo libera e lo guida tra i monti fino al luogo dove il vecchio Vescovo Mas-simo giace sfinito.

Felice cerca di rianimarlo. Il Signore gli offre un grappolo d'uva, che miracolosamente gli appare vicino. Il succo di pochi acini fa rinvenire il morente. Felice lo prende in spalla e con l'aiuto celeste lo riporta in città nella sua povera casa. Massimo lo ringrazia e lo benedice.

Così Paolino termina il vivace racconto:

« Alla vecchia serva Felice si rivolge: Prendi questo deposito; con me le vigili stelle della notte e le mani degli Angeli, secondo la volontà di Cristo, per mezzo mio lo consegnano a te. Accogli nel grembo questa gem-ma per restituirla a noi incolume nell'ultimo giorno di-nanzi al giudizio del Signore, nella cui presenza lo ri-cevi. Massimo soggiunge a queste parole, richiamando il suo Felice: Anche tu, o figlio mio, a tua volta ricevi la parte del dono che ti spetta. Colui che ti mandò ad assistermi morente mi impone di trasmettertela ora che sono salvato. Pone la sacra destra sul capo dell'amato Felice, chiedendo insieme per lui tutti i doni di Cristo. Come il venerando Patriarca Isacco aveva benedetto il figlio con la rugiada del cielo e la fecondità della terra, così Massimo con labbra paterne e voce di apostolo, benedicendo e rendendo Felice ricco di Cristo, lo inco-

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ronò con la gloria di una corona immarcescibile e lo riempì dei beni eterni che ancora contempliamo » (Ca. XV, 345-361).

Ritorna la pace e poi di nuovo la persecuzione Felice ottiene con la sua preghiera che tutto ripren-

da il corso tranquillo di prima. Le opere dell'apostolato fioriscono ancora sul cammino del santo sacerdote: il gregge si rallegra di aver ritrovato il pastore fedele e zelante. Esorta, corregge, illumina, conferma nella fede con la parola e con l'esempio. Soprattutto educa il suo popolo a non cedere dinanzi alle intimidazioni dei po-tenti, ad affrontare coraggiosamente anche la persecu-zione fidando nell'aiuto divino.

Sotto le apparenze della tranquillità, intanto, il Ma-ligno nascondeva i suoi assalti. Di nuovo Felice è fatto oggetto di odio da parte dei cattivi, ma il Signore lo salva sempre con interventi divini e straordinari, ora non facendolo riconoscere dagli avversari, ora nascon-dendolo dietro un improvvisato terrapieno e una tela miracolosamente intessuta da un ragno.

Felice trova, infine, per sei lunghi mesi ricovero in una vecchia cisterna, dove è sfamato a cura di una buo-na donna, che, inconsapevolmente, guidata da Dio, gli porta il cibo e dissetato da una meravigliosa rugiada. Così Dio protegge i suoi santi.

Il racconto di Paolino per questa parte della vita di Felice si chiude con un brano che vale la pena am-mirare per la vivacità del linguaggio e lo spirito di fede che lo anima.

« Si narra che per sei mesi interi di seguito il Mar-tire, lungi dalla compagnia degli uomini, visse nel na-scondiglio di quella casa oscura ed angusta, per niente

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bisognoso dell'aiuto umano, ricco sempre della conso-lazione di Cristo. Si tramanda che spesso durante quel tempo Cristo si sia degnato di rivolgergli la parola, che spesso lo abbia nutrito con la sua mano e gli abbia dato non bevande di acque piovane, ma la rugiada che la grazia manda dal cielo in particolare al solo Felice. In-fatti, come suole avvenire, allora la torrida estate sotto i raggi del sole aveva essiccato anche il pozzo, che aveva offerto al santo nascosto un poco di acqua da bere. Af-finché, però, la sete fisica non tormentasse colui che, assetato di Cristo, sopportava anche questa pena del corpo dolorante, una nube discesa dal cielo e raccolta -in una sfera sottile attraverso la stretta apertura del-l'impluvio, quasi premuta da una mano, col succo di latte di un vello celeste ristorò colui che era destinato al cielo. Perché meravigliarsi che Cristo nutre, sciolto dalle infermità, colui che lo Spirito Santo nutriva quan-do era relegato nel corpo, a cui era pane lo stesso Ver-bo divino, cibo dei Santi, del quale si nutre ogni An-gelo? » (Ca. XVI, 192-214).

Gli ultimi anni, la morte, la sepoltura

Anche questa seconda persecuzione cessa. Felice può finalmente tornare tra i fedeli, che lo accolgono con gioia ed insieme stupore. Il buon sacerdote riprende il suo lavoro umile, nascosto, paziente.

Quando il vescovo Massimo muore, tutta la Chiesa lo chiede come successore, ma Felice, sempre pronto ad affrontare pericoli e lavoro per il gregge di Cristo, riputandosi indegno, rifiuta l'onore che gli viene insi-stentemente offerto. Viene eletto, quindi, l'anziano Quin-to, col quale Felice continua sempre con lo stesso slan-cio di prima, la più devota collaborazione pastorale.

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S. Felice liberato dal carcere (affresco della volta)

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Lavorò fino all'ultimo della vita nell'annuncio del Van-gelo, nel nascondimento e nella povertà.

Non solo non volle far richiesta per riottenere i beni che gli erano stati confiscati durante la persecu-zione, ma visse col lavoro delle. proprie mani coltivando un campo preso in fitto.. Non fu di peso a nessuno, anzi divise coi più poveri mensa, vesti, ritenendo per sé sol-tanto l'indispensabile. Esempio autentico di un prete operaio, che rimane sempre povero e si schiera dalla parte dei poveri.

Così trascorse gli ultimi anni lavorando, pregando, insegnando, ricco di meriti e di virtù. La sua morte fu l'incontro gioioso col Cristo, corona dei santi.

Pianse il popolo cristiano sulla sua bara e gli tri-butò l'omaggio devoto dei figli, che onorano il padre.

Ecco come S. Paolino presenta la scena della sua sepoltura.

« La devota città in lui aveva perduto il sacerdote per i sacri riti e il padre nel tempo, ma lo avrebbe avuto benigno protettore nei cieli; con la speranza consolava il rimpianto... A ciascuno non basta averlo contemplato una sola volta, ognuno desidera fermarsi, fissare su di lui lo sguardo e, fin quando gli è concesso, baciare le sue membra esposte alla venerazione... Là dove la vasta contrada era sgombra di mura e di case, ivi la pianura rideva ammantata da un prato ubertoso e il terreno era coperto di più ricca vegetazione; già allora quasi la ter-ra, presaga del sepolcro, che sarebbe stato sempre cir-condato dalla venerazione del mondo godeva di essere santificata dal sacro corpo e, adorna di una veste pri-maverile, per essere più degna della sepoltura del mar-tire, si abbelliva di erbe profumate... I Santi e i cori degli Angeli gli corsero incontro, lieti lo portarono in volo lungo le vie trionfali degli astri al cospetto del Re,

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dinanzi al volto del sommo Padre. Allora gli ornarono il capo di una bianca corona, ma un'altra corona di rose aggiunse il Padre per volere di Cristo e ricoprì la bianca veste con un abito purpureo: duplice onore dovuto ai suoi meriti. Ottenne, difatti, una corona candida perché trasportato nel cielo con placida morte, ma, benché morto come confessore, ottenne anche la porpora del martire immolato, perché fu dotato di indomito corag-gio... Compirono i fedeli i riti dovuti e rinchiusero il santo corpo nel sepolcro, ma la grazia di Dio, infusa nelle sante membra, non poté con la carne morire ed essere sepolta. Ed ecco subito dalle ossa deposte si sprigionò una luce che da quel tempo mai finora cessa di dare i segni della potenza del Santo con salutari gua-rigioni. E la stessa luce risplenderà in ogni tempo finché il mondo sarà custode nei secoli delle sacre spoglie. Questa è la prova della vita del Martire defunto e porta i doni di Cristo al sepolcro di Felice, diffonde per tutte le terre dintorno il nome glorioso di Felice, e rende famosa Nola, che, unica tra tutte le città, ha avuto la gloria di sì grande ospite » (Ca. XVI, 110-166).

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UNA RIFLESSIONE CRITICA

Il racconto elaborato da Paolino si snoda semplice ed insieme ricco di poesia e di fede. Rimane, però, trop-po vago ed impreciso.

Ci vengono pertanto spontanei due interrogativi:

1) In quale periodo della storia va collocata la vicenda di S. Felice?

2) Quali sono gli ornamenti poetici e i richiami biblici che si sono sovrapposti al nucleo essenziale del racconto della cui storicità non si può dubitare?

Risponderemo brevemente ad ambedue i problemi.

1) Periodo storico. E' da escludere senz'altro una datazione troppo antica che faccia risalire la vita di S. Felice al I o II secolo dell'era cristiana. I reperti ar-cheologici del complesso basilicale di Cimitile fanno pen-sare con sufficiente certezza al III secolo.

Dal racconto paoliniano, poi, emergono i seguenti dati:

a) S. Paolino, venendo a Nola, trova una antica tradizione di culto popolare già esistente intorno al se-polcro di S. Felice;

b) al tempo di S. Paolino il culto di S. Felice è già esteso in terre lontane da Nola comprendendo re-gioni che vanno da Roma alle Puglie e alle Calabrie;

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La gloria di S. Felice (Abside in tela).

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c) la vita di S. Felice deve porsi in rapporto con una persecuzione prima irruente, poi sedata e, quindi, ripresa;

d) al termine del periodo di persecuzione segue un decreto di restituzione dei beni che erano stati con-fiscati ai cristiani.

Facendo perno su questi punti gli studiosi si dividono fra due ipotesi:

1) S. Felice fu perseguitato nella persecuzione di Decio che ebbe termine nel 251 e poi di nuovo in quella di Valeriano disposta col Rescritto del 258. Tra le due persecuzioni c'è un periodo di calma a cui S. Paolino fa chiaro riferimento. Alla persecuzione di Valeriano fa seguito il Rescritto di Galliano che stabilisce la restitu-zione dei beni confiscati ai cristiani che ne facessero richiesta.

2) S. Felice fu perseguitato durante la persecuzione di Diocleziano (303 d.C.) a cui fece seguito la libertà, concessa ai cristiani da Costantino (313).

Tra le due ipotesi e da preferirsi senz'altro la pri-ma, che fa risalire la vita di S. Felice alla metà circa del III secolo, per poter trovare lo spazio di tempo ne-cessario alla formazione della vasta tradizione popolare e del culto già esteso a cui si riferisce S. Paolino. I circa 60 anni intercorsi tra la persecuzione di Diocleziano e il primo arrivo di Paolino a Nola non sarebbero suffi-cienti a questo scopo.

Al secondo interrogativo rispondiamo con molta semplicità. Fanno parte di elaborazione sulla scorta della Bibbia i seguenti punti: Felice è oriundo dell'Oriente, la terra dei Patriarchi e dei Profeti, si consacra a Cri-sto lasciando al fratello Ermia l'eredità paterna, è liberato dal carcere miracolosamente come S. Pietro, i per-

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secutori non riescono a catturarlo, Dio gli fa trovare un grappolo d'uva per rianimare il morente Vescovo Massimo, è dissetato come Elia per intervento straor-dinario di Dio.

Non mancano elaborazioni ascetiche e morali come il Cristo che combatte per lui, l'umiltà, la povertà, la generosità fino a dividere la mensa col povero.

L'importante è vedere attraverso questi richiami la figura storica di S. Felice, intorno alla cui tomba Pao-lino vive e crea tutto un movimento di vita monastica e contemplativa, fino a fare di Nola come un crocevia dello spirito.

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UNA PAROLA DI CONCLUSIONE

Il culto dei Santi, ci insegna S. Paolino, importa sempre un messaggio di fede e di vita, che va letto e seguito dai fedeli di ogni tempo. Molte sono le idee che S. Felice suggerisce al cristiano di oggi, soprattutto l'at-taccamento alla Chiesa locale, vivente intorno al Vesco-vo, l'amore ai fratelli, l'esempio della vita, la. povertà evangelica, il coraggio della testimonianza della fede dinanzi a qualunque prova. S. Paolino attinse da S. Fe-lice tutto questo, in particolare l'amore a Cristo, sor-gente di pace e di luce.

La lettura di queste semplici pagine portino a te, cristiano del XX secolo, la, gioia di avere un grande pro-tettore nei cieli e un vero maestro di vita sulla terra.

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S. Felice: Interno della Chiesa.

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Cenni storici sulla Chiesa di San Felice in Pincis

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L'attuale Chiesa di San Felice non è l'antica chiesa di tal nome, sorta forse nel rione « Spedale », intorno alla quale si stanziarono i primi abitanti di Pomigliano. La prima nota storica di una chiesa dedicata a san Pao-lino e così denominata è dell'anno 1483, anno in cui il Vescovo Orsini di Nola, venuto in santa Visita, trovò la chiesa retta dal prete Giovan Pirro Di Costanzo, « to-taliter ruinata » al punto da non potervisi celebrare più la Messa. Le rendite di un terreno dell'estensione di 24 moggia, detto « campo dei santi », appartenente alla Chiesa, non erano sufficienti per il suo restauro, per cui il nobile Galeazzo di Costanzo, di Napoli, sostenne le spese necessarie e ne ottenne per se e per i suoi suc-cessori il diritto di patronato.

In questo stesso tempo fu forse abbandonata l'an-tica Chiesa di S. Felice, perché « divenuta inadatta e diruta » e il culto del Patrono fu trasferito nella restau-rata Chiesa di S. Paolino.

In seguito il parroco di S. Felice, ospite di quella di S. Paolino, vi ottenne il primo posto, perché « dignior atque praeminens » com'è detto nei canoni. Ciò spie-gherebbe perché fino al 1854 vi furono due parroci in S. Felice.

Certo è che, come si può rilevare dal « Libro del-l'Onciario » 1753-1754 t. 191, conservato nell'Archivio Mu-nicipale di Pomigliano d'Arco, la Chiesa di S. Felice e accatastata come « governata, et amministrata da que-sta magnifica Università » e quella di S. Paolino come

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semplice « beneficio » tenuto dal Sacerdote Giuseppe Sciarra di Napoli.

Verso il 1645 Leonardo Primicile, assieme ai fratelli Nicola e Luigi, fondò nella Chiesa di S. Felice « una cap-pella e beneficio » intitolata all'Assunta, nella quale fu-rono posti una lapide e un mezzo busto del fondatore Leonardo. Sia la lapide che la statua e lo stemma dei Primicile, come anche il quadro dell'Assunta, furono ri-mossi nel 1727 per lavori di restauro.

Oltre alla predetta cappella dell'Assunta esistevano nella Chiesa di S. Felice altre cinque cappelle, disposte tre per lato e separate dalla navata centrale da un can-cello di ferro. Erano intitolate a S. Francesco Saverio, S. Maria della Stella o Nome di Gesù, S. Anna, S. An-tonio di Padova, Anime del Purgatorio e S. Lucia.

Nel 1727 fu operata una rilevante rifazione della Chiesa per cui fu necessario sgombrare le cappelle la-terali. Nel 1793 fu ricostruita la cupola, che poi, grave-mente lesionata, fu restaurata prendendo la forma at-tuale.

Nel 1872 per decisione dei Decurioni, amministra-tori della Città, essendo sindaco il Dott. De Falco Pa-squale, la Chiesa fu ancora radicalmente trasformata in tre navate, le cappelle laterali furono rese interco-municanti e i cancelli, che le dividevano dalla navata centrale, furono eliminati. Nello stesso tempo fu modi-ficata anche la facciata. Questi lavori ebbero termine nel 1876.

Nel 1853 il Vescovo di Nola, Mons. Pasca, ad evi-tare contrasti e dissidi, aveva proposto che, a scelta dei Decurioni, o si attribuisse all'economo di S. Maria delle Grazie la cura delle anime di parte del paese o si dividesse in due l'antica Parrocchia assegnando uno dei due parroci ad ognuna di esse. Fu scelta questa seconda soluzione e così il 27 giugno 1854 furono stabiliti i con-

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fini delle rispettive giurisdizioni riservando alla Chiesa di S. Felice l'esercizio delle « primarie funzioni sacre » e al parroco di essa un titolo di distinzione da confe-rire da parte del Vescovo. Tale decisione fu deliberata da una Commissione, composta dal sindaco, dal parro- co Don Gabriele Palmese, da Don Modestino Terraccia-no, economo di S. Maria delle Grazie, e dal Giudice Regio, il 27 luglio 1855. Il 27 agosto dello stesso anno fu istituita la nuova parrocchia nella Chiesa di S. Maria delle Grazie.

Per interessamento dell'attuale Parroco Don Fran-cesco Coppola, dal 1977 succeduto al Rev. Mons. Giu-seppe Campanale, è stato rifatto il pavimento della Chiesa, restaurata, la cupola, modificato il tamburo, spo-stato l'altare maggiore a ridosso del muro concavo pe-rimetrale, trasformata l'antica sagrestia in Cappella del SS. Sacramento.

Questi ultimi lavori hanno reso più solenne, austera e, nello stesso tempo, più funzionale la Chiesa consa-crata al S. Patrono S. Felice in Pincis.

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C O R O N C I N A

V) 0 Dio vieni a salvarmi. R) Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre...

1. O glorioso S. Felice, per quella ferma costanza che avesti nel professare la fede in Gesù Cristo, che fu fuoco al tuo cuore e vita delle tue azioni ti preghiamo di accendere nelle nostre anime una fede ferma e gene-rosa che ci aiuti a vivere nello spirito del Vangelo.

2. O benigno S. Felice, per la tua ineffabile carità verso i poveri, nei quali vedesti sempre l'immagine di Gesù Cristo, ti preghiamo di ottenerci un amore generoso verso il prossimo per aiutarlo nei bisogni e compatirlo nei difetti.

3. O illibatissimo S. Felice, per lo splendore della tua purezza, ti preghiamo di conservare sempre il nostro spirito libero dalle umane passioni e il nostro corpo luminoso come tempio di Dio.

4. O nostro carissimo Protettore, per i tanti pro-digi operati da Dio sul tuo sepolcro, fa che anche noi sperimentiamo la potenza del tuo patrocinio nelle tante difficoltà che rendono duro il nostro cammino nella vita cristiana.

5. O invitto martire della Chiesa Cattolica, a cui il Signore concesse la gloria di essere unito alla pas-sione di Cristo nella persecuzione e nella sofferenza, ottienici la grazia della conversione del cuore e perse-veranza nel bene fino alla morte.

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6. O zelantissimo S. Felice, da Dio scelto ad essere

padre e maestro della nostra comunità cristiana, confi-dando come figli nel tuo patrocinio, Ti preghiamo di essere nostro sostegno nei pericoli, in tutte. le neces-sità della nostra vita. Concedi salute e rassegnazione ai malati, pace e gioia ai tuoi fedeli, pane e lavoro a tutti. In te riponiamo la nostra speranza, sicuri di es-sere esauditi. Aiutaci a vivere in modo conforme ai tuoi esempi per renderci degni della corona di giustizia da Cristo promessa a quanti vivono il suo Vangelo. Amen.

INNO A S. FELICE

Salve, Felice! fervida, Leviamo a Te la voce; Commossa, evòca l'anima Il tuo martirio atroce E la milizia eroica Di Cristo, Eterno Re.

Su Nola ancora splendono Le tracce del tuo ardore, La luce del miracolo La fiamma del tuo cuore: La palma del martirio Fiorisce innanzi a Te.

Il sangue di tre secoli T'è fulgida corona Di lotta e d'alta gloria Il nome tuo risuona; Roma si stanca all'impeto Del cristiano amor.

Tu, Sacerdote e Milite Nell'aspra, lunga guerra, Tu, fiero, invitto Apostolo Della campana terra, Cantasti la vittoria Sul vizio e sull'error.

La scure del carnefice Sul corpo tuo non scese, Ma grande,illustre Marti-Il santo zel Ti rese: [re La tomba manda fremiti D'intrepida virtù.

Salve, Felice! Vigila Su tu t t i i f i g l i tuo i , Prega pel nostro popolo, Insegna a tutti noi Ch'è bello e dolce vivere, Morire. per Gesù.

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S. Felice: Particolare della Statua in legno.

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INNO A SAN FELICE

I. O Felice . se il sangue non scese a bagnare . la bianca tua stola, più che martire . illustre ti rese, l'apostolico . zelo, la fe'

e la terra vetusta di 'Nola ha l'osanna più bello per te.

II. Come a Pietro . a te pure gittato, di prigione tra l'orride pene, al martirio nel cuore votato, un cherubo . il Signore spedì,

si spezzarono le dure catene ed il carcere orrendo si aprì.

III. In un antro . morente trovasti il tuo Massimo . e strettolo al seno, all'ovil sbigottito portasti redivivo l'amato pastor, e alle lotte tranquillo e sereno tu tornasti . più fervido ancor

IV. O Felice nell'ore affannose, della vita . nei duri perigli, le più salde . speranze ripose questo trepido . popolo in te,

odi il grido pietoso dei figli quando atterransi mesti al tuo pie'.

si ripete

si ripete

si ripete

si ripete

Mons. Felice Basite

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