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SANTO NATALE 2015
Fiesole, Santo Natale 1949!
Figlie dilettissime nel Dio Nascente!
Al ritorno della melodia natalizia, il cuore mio si apre, nell'attrazione potente dei raggi che
la investe. Mi pare che per noi Missionarie del Verbo Divino, la festa delle feste sia proprio il Santo Natale!
Il perdono e la pace, cioè, di Dio agli uomini.
La soavità del bacio divino alla povera umanità smarrita! Quale incanto d'ideale più commovente e più af-
fascinante di questo "darsi" per salvare; "morire" per dar vita?
In quest'anno poi, un'alata di misericordia divina, pervade il Presepio di Cristo. Un inno di sovrumana po-
tenza s'intreccia al "gloria" e al "pax" angelico. E' il Santo Giubileo! Ascoltiamolo! "Ritorno! Perdono! Pa-
ce!" E' la voce del dolce Cristo in terra. In ginocchio: adoriamo!... Preghiamo, cooperiamo! E' un'offerta di
prezzo divino; un'ora d'amnistia celeste. Un'onda di salvezza universale!
Voi lo sapete: il mio polso d'anima, batte col polso del mondo delle anime! Il respiro del
tempo è il mio respiro! Non posso, non voglio estraniarmi ad esso, perché attraverso i suoi brividi di febbre
e ai suoi singulti d'attesa - afferro la mano di Dio - che salva, che raccoglie, che perdona!
Oh, sì, attraverso gli eventi umani passa la volontà di Dio.
A noi l'afferrarla e tradurla in infinite opere di fede e di carità. ( c ontinua a pag. 3 )
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Sommario
L’anno di Grazia del Signore pag. 1
Sapienza del cuore. Laici e consacrati insieme per servire sr Benedetta pag. 7
Festival francescano a Bologna I ragazzi della Parr. S. Giovanni Battista (GE) pag. 8
Giornata missionaria a Cassina Amata
Comunità Pastorale di Cassina Amata e Palazzolo pag. 9
Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo sr Enrica pag. 10
Pellegrinaggio in treno a Lourdes Enza Natale pag. 11
La comunità filippina di Genova verso Assisi Rosa della Mesa pag. 12
Torneo di calcio con i giovani del vicariato sr Josephine pag. 13
La mia Africa Diana pag. 14
In Cristo Gesù nuovo umanesimo: echi dal V convegno di Firenze sr Caterina pag. 18
Un serio lavoro sul presente e sul futuro della chiesa Giusy Toscano pag. 22
Ingresso di Monica in Postulandato sr Rosalie pag. 24
La mia storia è il ritratto di Dio Margherita e sr Stefania pag. 25
I nostri cari defunti pag. 26
I giubilei della nostra Famiglia pag. 27
Per chi desidera mandare articoli può inviarli a:
Suore M.F.V.I. – per notiziario- Via Martiri della libertà, 18 -
41039 San Possidonio (MO) e-mail: [email protected]
In Famiglia - Santo Natale 2015 Anno IX, n° 1
Notiziario Trimestrale ad uso interno
dell’Istituto delle Missionarie Francescane del Verbo Incarnato.
-Provincia Vergine Lauretana- Via Ferrari Bonini 3 42100 Reggio Emilia
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….
Scendete nelle umiltà più vive e più nascoste, onde divenire atte ai disegni del Signore.
"Ecce Ancilla Domini"!
Il Presepio v'insegni, vi spinga, v'inebrii! Il Serafico Padre San Francesco, iniziò in questa
meditazione la sua vita di gloria eterna!
Così sia di noi: povere e beate! Semplici e potenti! Pure e ardenti! Trascinatrici di anime a Dio! Salvatrici
di spiriti naufraghi! Donatrici di vita ai languenti!
Sintesi: cooperatrici del Regno di Dio sulla terra; e del trionfo dell'Amore nell'Eternità! Così sia!
Da questo Colle Lunato, che seppe l'offerta di tanti santi, v'invito al mistico abbraccio d'u-
nione, della Santa Messa della mezzanotte santa. Oh, sì! Venite! Adoremus!
Dalle Alpi alla Calabria; dall'Emilia alla Toscana; dalla Liguria alla Svizzera; dall'Italia all'America! Gloria
in excelsis Deo! E pace, pace, pace! S'apre l'anno santo.
Ad una ad una vi bacio, in fronte, maternamente benedicendovi.
Voi pregate per me e per la cara nostra Congregazione.
Santo Natale e felice Anno Santo!
In Corde Verbi
la Vostra
Madre Giovanna Francesca dello Spirito Santo
Superiora generale
La Lettera è stata scritta in occasione dell’Anno Santo del 1950 indetto da Papa Pio XII che,
in un mondo ancora segnato dalle ferite della guerra, intuì che, più che un papa politico, la
gente aveva bisogno di un "pastore angelico che porta il suo gregge sulle vie della pace".
Con questi intenti, Pio XII proclamò il Giubileo cui molti si dichiararono contrari. In tanti
sostenevano che l'Italia, ancora distrutta dalla guerra, non era in grado di reggere ad una
manifestazione di respiro mondiale.
Invece il Giubileo, con il suo messaggio di riconciliazione, speranza e pace, fu un vero trionfo,
con oltre un milione e mezzo di pellegrini e, tra l'altro, contribuì a far conoscere le bellezze ita-
liane all'estero.
Come tema di approfondimento abbiamo scelto per questo nuovo anno
La Misericordia, in occasione del Giubileo già iniziato lo scorso 8 Dicembre
e che si concluderà il 20 novembre 2016.
Nelle pagine formative di questo Notiziario approfondiremo il brano del vangelo Luca (Lc 2,1-21) che a-
scolteremo il giorno di Natale. Il commento è stato ripreso dal sussidio biblico-pastorale dell’Arcidiocesi
di Modena-Nonantola “L’anno di Grazia del Signore - La misericordia nel Vangelo di Luca.” .
Il racconto della Natività è forse il più celebre di tutto il Vangelo di Luca, quello più fami-
liare alla nostra memoria affettiva perché rivissuto anno dopo anno nella liturgia del presepe
tra le mura delle nostre case.
Prima di entrare nell’analisi più puntuale non possiamo non evidenziare un particolare
che risalta subito agli occhi di tutti i venti versetti della narrazione, uno solo, il settimo, è de-
dicato alla descrizione della nascita di Gesù; gli altri diciannove versetti si dilungano a pre-
sentare il contesto storico, la situazione o altri particolari che a primo acchito non sembrano
fondamentali.
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Allo stesso modo sorprendono i protagonisti: se valutiamo lo spazio e l’attenzione dedi-
cata ai personaggi, gli attori principali di questo brano non sono Gesù con la sua famiglia,
bensì altri due gruppi di personaggi: gli ignari e potenti Augusto e Quirino da una parte e i
miseri ma consapevoli pastori di Giudea dall’altra. Perché Luca no parli maggiormente della
nascita di Gesù rimane un “mistero”. A mio parere è comunque possibile trovare una spiega-
zione: con questa scelta narrativa Luca focalizza l’attenzione più sugli “effetti” degli eventi
che non sulla modalità in cui si sono svolti. Detto altrimenti Luca non è interessato a descri-
vere la nascita di Gesù in sé, quanto piuttosto a far comprendere cosa questa nascita ha si-
gnificato in chi era allora presente, cosa è avvenuto nella via delle persone intorno a Gesù e
in chi l’ha incontrato; esperienza questa, che può essere ripetuta anche oggi dal lettore.
“In quei giorni” (v. 1). Come abbiamo appena osservato, la nascita di Gesù è descritta in
modo asciutto ed essenziale. Sebbene i protagonisti sembrino essere Maria e Giuseppe nel
loro lungo viaggio, l’attenzione di Luca è concentrata su altri particolari, su un’altra storia,
sulla Storia.
“Cesare Augusto e Quirino” (vv. 1-2). I primi due attori nella scena della Natività sono i
personaggi più improbabili e inaspettati, un imperatore e un governatore. Colpisce il contra-
sto tra il grande Cesare Augusto, il primo imperatore di Roma, e l’insignificanza dei luoghi e
della vicenda finora narrata, in un’oscura regione della periferia imperiale. L’accostamento
ovviamente non è casuale: Augusto allora era indubbiamente l’uomo più potente della terra e
grazie alla sua politica militare e amministrativa, oggettivamente lungimirante, era riuscito
a tenere sotto controllo il suo vastissimo impero provocando un lungo periodo di prosperità e
assenza di belligeranza che sarà poi chia-
mato “pax romana” (o “pax augusta”); a
causa di questo gli fu attribuito il titolo di
“Soter tou cosmo” (Salvatore del mondo).
Quando gli Angeli appariranno ai pastori
proclameranno loro: “Oggi, nella città di
Davide, è nato per voi un Salvatore, che è
Cristo Signore.” (v. 11) e subito canteran-
no: “e sulla terra pace agli uomini che egli
ama.” (v. 14). Abbiamo un parallelismo an-
titetico tra Augusto e Gesù: il mondo, la
“grande Storia”, sembra avanzare grazie
alle opere dei personaggi potenti, ma la
vera storia, la pace reale, l’unico Salvatore
appare lontano dai grandi palazzi, si ma-
nifesta nelle “periferie esistenziali”, là do-
ve meno ce l’aspetteremmo. E’ la logica
cantata da Maria nel Magnificat (Lc. 1,52
“ha rovesciato i potenti dai troni, ha innal-
zato gli umili”) che trova ora il suo compi-
mento.
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D’altro canto l’inserzione del nome di Quirino ha il compito di dare delle precise coordina-
te storiche. La Natività è un evento di Grazia, ma la logica dell’Incarnazione prevede che la
Grazia segua le regole del tempo e dello spazio. Pensando ad ogni donna o uomo, Dio sceglie
un luogo e un momento ben preciso per incontrarlo, per creare una nuova storia di Alleanza.
“Tutti andavano a farsi censire” (v. 3). Maria e Giuseppe ritornano in scena obbedendo
all’ordine dell’imperatore. In apparenza chi dirige il mondo sembra essere Cesare, ma anche
la sua grande opera censoria diventa, a sua insaputa, uno strumento nelle mani di Dio per
portare a termine il suo piano di Grazie e di misericordia, perché “solo Dio è il grande regista
della storia.” (cf. Battaglia)
“E lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (v. 7) Molto si
è discusso su cosa sia questo “alloggio” (katáluma) ma oggi la maggior parte degli studiosi
tende a pensare che non si trattasse di un “albergo pubblico”, bensì di una casa privata. In
quest’ottica il brano assume una connotazione ancor più drammatica, perché Giuseppe e sua
moglie sarebbero stati rifiutati da tutti i privati, compresi i parenti dello stesso Giuseppe, dai
suoi che non lo accolgono.
Gesù allora viene adagiato in una mangiatoia, un “non luogo” per un bambino. Non
credo esista immagine più vivida per comprendere l’invito di Papa Francesco a “uscire dalla
propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della
luce del Vangelo” (EG 20).
“C’erano in quella regione alcuni pastori” (v. 8). L’episodio degli angeli che appaiono ai
pastori richiama alla nostra mente una scena di pace bucolica; non è esattamente così. La
figura dei pastori è in effetti un po’ ambigua perché se da un lato la Scrittura si riferisce a
Dio chiamandolo più volte pastore (così Gesù dirà di sé in Gv. 10,14 “io sono il bel pastore”),
d’altro canto la tradizione giudaica vedeva in questa categoria un gruppo sospetto, prossimo
ai briganti e ad attentatori. Di fatto, nonostante la sua origine nomadica, al tempo di Gesù il
popolo d’Israele aveva già da tempo abbandonato la pratica della pastorizia, relegandola alle
classi meno abbienti.
Nel Vangelo di Luca i primi destinatari dell’annuncio della nascita del Salvatore sono
dei poveri pastori, pastori della nobile ma decaduta Betlemme, posti ai margini della “società
che conta”, i quali a differenza dei ricchi abitanti di Gerusalemme “vegliavano tutta la notte”,
all’aperto, nell’attesa dettata dalla precarietà. La notizia della nascita di Gesù viene data in
primo luogo a dei “quasi briganti”, così come al termine del Vangelo, poco prima di morire,
Gesù dirà a un altro brigante: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso” (Lc. 23,41).
I primi destinatari della Buona notizia del Vangelo sono i personaggi più inaspettati,
quelli più lontani dal nostro orizzonte di pensiero; a loro per primi s’indirizza la misericordia
di Dio, e non perché più meritori, ma perché più bisognosi di un amore di Grazia e di Perdo-
no.
L’inizio del Vangelo mostra chiaramente che la vita in Dio è Misericordia, un dono di
Grazia accessibile a ciascuno; l’unico ostacolo che si frappone tra noi e questo dono può essere
la chiusura del nostro cuore, ovvero l’assurda pretesa di bastare a noi stessi, di sentirci già
giusti, di credere che, in fondo, non siamo noi i poveri, i peccatori a cui il Vangelo si rivolge.
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“Non temete” (v. 10). Come l’angelo Gabriele aveva detto a Zaccaria (1,13), a Giuseppe
(Mt. 1,20) e a Maria (1,30), la prima parola dell’angelo ai pastori è “non temete”. I pastori te-
mevano di un paura grande mentre la Gloria di Dio li avvolgeva; questa è la condizione
dell’uomo, essere avvolti dalla Grazia di Dio, dal suo amore misericordioso, ma allo stesso
tempo temerlo. I problema della vita cristiana non è sentire Dio come lontano, è l’avere pau-
ra di Lui, dubitare che Egli ci ami davvero nonostante la nostra povertà e il nostro peccato,
credere che Egli continua a credere in noi, a scommettere su di noi. E il nostro dubbio è leci-
to: come fa Dio a credere in noi, ad amarci, quando noi non siamo in grado di amare noi stes-
si, né tantomeno capaci di amarci gli uni gli altri?
In fin dei conti la vera conversione non consiste nel credere in Dio, ma nel credere che
Egli crede in noi.
“Questo per voi il segno” (v. 12). È davvero strano i segno che gli angeli indicano ai pa-
stori: un bambino avvolto in fasce. Tutto il racconto lucano si svolge all’insegna della picco-
lezza della presenza di Dio cui si contrappone la grandezza della gloria proclamata dagli an-
geli.
La vita dell’uomo è costellata sempre di segni che Dio lascia; nostro compito è di riuscire
a coglierli e a interpretarli correttamente, sapendo che “l’uomo vede l’apparenza, ma il Signo-
re vede il cuore” (1Sam. 16,7).
“E pace in terra agli uomini, che Egli ama” (v. 14). La nuova traduzione della Bibbia
della CEI rende giustizia a un testo che la tradizione ci ha consegnato in modo non corretto.
La vecchia traduzione (“agli uomini di buona volontà”) poteva essere interpretata nel senso
che Dio dona la pace a chi ha una buona volontà, a chi collabora con la Grazia divina. Il testo
originale è un po’ complicato, ma la maggior parte degli studiosi ora preferisce leggere “per
gli uomini della sua benevolenza” (en anthrópois eudokías), espressione semitica per noi un
po’ oscura; essa indica la “buona volontà di Dio” (non dell’uomo), e cioè che è Dio a scegliere
gli uomini, amarli quali oggetto della sua benevolenza. Certamente Dio da noi attende che
questa buona volontà sia ricambiata, ma l’amore di Dio è gratuito, Egli vuole donare e dona
pace a tutti.
È nella responsabilità dell’uomo poi di accogliere e far fruttificare la pace oppure, al
contrario, rifiutarla per vivere ripiegato in se stesso.
“I pastori se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito
e visto” (v. 20). Ultima scena del nostro brano presenta la lode (dóxa) che dai cieli scende sul-
la terra; la gioia angelica contagia gli uomini che hanno udito e visto, inizia il grande ban-
chetto nuziale (cf. 14,16-24) cui tutti sono invitati. La Misericordia è alla portata di tutti gli
uomini. Il Dio Altissimo si è rivelato nella piccolezza di un bambino per farci comprendere
che non importa quale sia il nostro status morale, sociale, di vita.
Nei pastori chiamati, con loro timore e sorpresa, c’è l’umanità tutta, incapace di coglie-
re lo sguardo di Dio perché si pensa troppo lontana da Lui. Dio stesso, in Gesù, si mette in
cammino per cercarci, come pecore perdute (cf. 15,4-7), e per farci tornare come figli smarriti
alla casa del Padre (cf. 15,11-32).
Non lasciamoci scippare dalla paura l’occasione di fare festa.
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Ci sono state varie testimonianze di persone che hanno detto la loro esperienza personale e nelle
quali tutta l’assemblea si è ritrovata, pensando all’esercizio quotidiano a contatto della sofferenza.
Si è parlato di ‘Sapienza del Cuore’. La Sapienza è uno spirito che ama l’uomo, è il respiro
dell’anima. Essa ci fa capire cosa fare per Dio, dove andare e scegliere quello che dà maggior gloria a Dio.
Ci aiuta a curare la preghiera di contemplazione e ci aiuta a ricaricare l’anima per la missione; crescere in
umanità, curare il silenzio, saper ascoltare, prendersi cura.
La mia impressione riguardante la Sapienza: ho capito ancora una volta che se non c’è conversione
personale con una vita di preghiera e di ascolto della volontà di Dio, la nostra missione pastorale sanitaria è
un andare a vuoto!
La Madre Giovanna ci diceva: “andate di casa in casa, non una sola volta, ma più volte per ascolta-
re, consolare, incoraggiare, prendersi cura.”
È ciò che il mondo di oggi ci chiede! Uscire da noi stessi e insieme ai laici saper collaborare allo stesso
scopo: far conoscere l’Amore che Dio ha per ogni creatura, in special modo nei momenti di sofferenza fisi-
ca o altro.
Si è poi parlato del ‘cuore ferito’. Tre mamme hanno dato la loro testimonianza di aver perso un
figlio. È stato un momento davvero toccante! Nel loro dolore han saputo reagire con l’aiuto di altre mam-
me; insieme hanno dato vita all’Associazione ‘Figli in Paradiso’; periodicamente si incontrano per pregare,
ascoltarsi a vicenda e per conoscere altre famiglie con la medesime esperienza.
Riguardo a queste famiglie con esperienze davvero dolorose per la perdita di un figlio o di un geni-
tore, cosa può fare la pastorale sanitaria? Essere loro vicino, in silenzio saper ascoltare, poter essere presen-
ti – religiosi e laici – nel ricordare nella preghiera i vari anniversari, far conoscere l’Associazione ‘Figli in
Paradiso’ perché queste famiglie non si isolino e
chiudano nel loro dolore.
Nel programma del Convegno si è parlato e
riflettuto anche sulla vita consacrata, attraverso va-
rie testimonianze, chiedendoci come la propria Fa-
miglia religiosa incarna il carisma di fondazione e
lo condivide con i laici.
Ascoltare le varie esperienze delle Religio-
se relatrici, è stato anche questo un momento molto
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interessante. Con le mie povere parole posso dire che per ogni Congregazione di vita attiva e in parte anche
di vita contemplativa, è indispensabile il rapporto con i laici, e noi nel nostro piccolo, da sempre, operiamo
insieme ai laici negli ambiti dove l’obbedienza ci ha posto.
Il nostro Carisma è in piena sintonia con ciò che da sempre e
oggi in modo attuale la Chiesa ci chiede: andare, stare con la famiglia!
Possiamo dire che operiamo con i Laici da sempre e ora la presenza
dei MA.GI. non è una vera collaborazione con i Laici?
Certamente ciò che si dice nel dopo Convegno con argomenti
così attuali e direi urgenti e indispensabili, non si può dire non dico
tutto, ma in parte; ci si augura di essere presenti a questi Convegni più
numerose, per sapere e scoprire, imparare come vivere meglio e attua-
re il proprio Carisma là dove siamo.
sr Benedetta
Il festival francescano è un occasione per dimenticare la frenesia della città e lasciarsi tra-
sportare dalla gioia e semplicità del mondo francescano. Ci
ha dato la possibilità di assistere a conferenze, a spettacoli e
di partecipare a laboratori molto divertenti.
Ciò che caratterizza il Festival Francescano può esse-
re descritto con le parole: spensieratezza, tranquillità, ar-
monia, semplicità, gioia, fraternità, amicizie, solidarietà e
condivisione.
Un momento molto bello è stato quando con il gruppo di
giovani abbiamo iniziato a cantare ballare in piazza. La gente
si fermava a cantare e ballare con noi. Non c'era imbarazzo
ma solo voglia di stare insieme e divertirsi con cose semplici.
I ragazzi della parrocchia di San Giovanni Battista (GE)
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Oggi è una giornata particolare: è la Giornata Missionaria Mondiale che, per noi del “rito ambro-
siano”, cade una settimana dopo rispetto al rito romano.
Mi presento: scrivo a nome della Comunità Pastorale di Cassina
Amata e Palazzolo, in provincia di Milano a nome del gruppo
Missionario.
Siamo una realtà medio-piccola rispetto a molte altre realtà par-
rocchiali presenti sul territorio e da molti anni legate alla Congre-
gazione delle Suore Francescane del Verbo Incarnato.
Un’amicizia nata grazie a un membro del nostro gruppo e poi e-
stesa a tutti: un affetto che cresce sempre di più ed un sostegno
che cerca di essere sempre presente nei piccoli ma grandi pro-
getti che la Comunità delle Suore Francescane porta avanti con
grande coraggio. Eh sì, ci vuole coraggio ad andare contro cor-
rente ed aprire una Casa Migrantes nel centro di Genova: coraggio di mostrare a tutti noi fedeli
che è tempo di spalancare le porte dell’accoglienza, aprirsi all’altro, allo straniero, al “diverso”
dando semplicemente il proprio amore.
Suor Alessia ha colpito, nella sua testimonianza, per la semplicità delle parole e della verità che,
in fondo, non tutti hanno accettato e accettano facilmente. Una realtà che ci invita, come ha invi-
tato Papa Francesco, ad aprire le porte. E questo stesso messaggio è stato riproposto da Suor
Alessia: ha raccontato gli aspetti positivi e, tuttavia, non ha nascosto le difficoltà, le pratiche buro-
cratiche dovute alle leggi italiane che sanno rendere difficile anche il più semplice gesto, quello
dell’accoglienza. Grazie a Suor Alessia, grandi e piccoli, hanno ricevuto un messaggio – diretto-
di quanto sia importante imparare ad amare anche chi non “è come te”, chi scappa da una guer-
ra, chi decide di affrontare un viaggio, a volte di anni, e pieno di incognite. A volte si ha solo una
meta, altre volte neppure questa, tanto è forte la paura di morire da un momento all’altro. Tutta la
tua vita in una sacco di plastica: queste parole di Suor Alessia hanno colpito. Hanno sottolineato
un particolare che era sfuggito alle numerose immagini già viste e che non può passare inosser-
vato.
Grazie Suor Alessia per la tua testimonianza di vita e di amore. Grazie alla tua congregazione
per l’aiuto che offrite.
Con affetto Comunità Pastorale di Cassina Amata e Palazzolo
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E' il saluto del Vescovo Emerito di Vigevano Mons. Vincenzo Di Mauro, che ha aperto la Mis-
sione Popolare dando il mandato e l'augurio a noi missionari.
Nell'omelia ci ha invitato ad una riflessione personale di ri-motivazione della nostra scelta e
ci ha domandato se la gioia della Consacrazione continua a riempire di felicità la nostra vita;
solo così possiamo essere testimoni andando per le strade e nelle famiglie.
Era una bellissima giornata e tanta gente ha partecipato.
La Celebrazione Eucaristica si è svolta sulla piazza. E' iniziata con la Processione di noi mis-
sionari; quindi il Vescovo si è recato alla porta chiusa del Battistero ed ha bussato. La porta
si è aperta significando l'inizio della vita cristiana. Ogni battezzato è chiamato ad essere te-
stimone di Cristo. E' seguita la consegna del Crocifisso a noi missionari e di una lampada alle
famiglie che avrebbero ospitato il centro d'ascolto.
Corbetta si trova nell' hinterland Milanese; ha 20.000 abitanti.
Noi missionari eravamo 36, con 7.000
campanelli da suonare ( non sempre con
risultato positivo).
I centri d'ascolto erano 35.
La giornata iniziava sempre con la S.
Messa alle 6,45.
Che cos'è la Missione Popolare? Per noi
francescani è una lunga e riconosciuta
storia nella stupenda Missione di Evan-
gelizzazione.
S. Francesco considerava la "vita itinerante" come espressione della vita penitente al servi-
zio dell'evangelizzazione.
San Giovanni Paolo II chiamò in particolare i francescani all'impegno delle missioni popolari:
"Andate voi incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo; non aspettate che vengano
loro."
Anch'io come M.F.V.I. sento questo messaggio rivolto alla nostra famiglia religiosa; è un'e-
spressione del nostro Carisma e della nostra Spiritualità, caratterizzate dall'incontro con o-
gni fratello per farci carico delle sue sofferenze.
Per me partecipare alla missione popolare è sempre una grande gioia.
sr Enrica
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Circa un anno fa, quando stavo appena uscendo da un infarto ed ero molto in crisi, l’energica Sr. Cla-ra della Parrocchia di S. Giuseppe (RE), mi esortò a partecipare al pellegrinaggio a Lourdes, sicura che mi a-vrebbe fatto bene. Accettai con piacere e ora, a pellegrinaggio finito, posso dire di aver fatto la scelta giusta.
E’ stata per me la prima volta e sebbene il viaggio di andata con partenza a mezzanotte da Reggio è stato, come di consueto, molto lungo, l’ho superato.
Svolgimento del viaggio:
sistemazione in albergo e subito, con una pellegrina mia compagna di viaggio e già pratica, andiamo
alla grotta;
la prima sensazione di serenità mi prende subito, ma sono stanca e non l’assaporo in tutta la sua pie-
nezza;
il giorno seguente cerimonia nella Chiesa di S. Pio X con tutti i rappresentanti delle province d’Italia
dell’UNITALSI. Qui mi accorgo che la sensazione di serenità e di pace con il mondo e con me stessa è
reale e non mi abbandonerà più per tutto il pellegrinaggio.
Il programma procede secondo il calendario, con qualche variante per noi accompagnati da Sr. Clara.
Via Crucis guidata da Mons. Guiscardo in modo semplice, ma chiaro e intenso; S. Messa nella prateria
con un tempo magnifico che ci ha accompagnati per quasi tutto il tempo;
“cammino di S. Bernadette” nel pomeriggio, per tutti. Ma io che lo desidero particolarmente, mi reco
prima alle vasche. Sono molto agitata e ansiosa perché ho sentito tante voci diverse e non so cosa cre-
dere… mi affido alla Madonna e mi preparo spiritualmente.
Non ci sono parole per descrivere ciò che ho provato, è un’emozione molto intima e personale.
Il pellegrinaggio continua tra S.
Messe, visita alle Basiliche, gui-
date magnificamente da un re-
sponsabile dell’UNITALSI e, natu-
ralmente, visite quotidiane alla
grotta, dove ti senti più che mai
a contatto con Maria.
Al telefono con i miei di-
co, un po’ scherzando, ma molto
anche seriamente, che non vor-
rei più tornare.
Non descrivo l’avventura
del viaggio di rientro perché è
stato ampiamente trattato dai
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vari notiziari; voglio invece sottolineare lo spirito che ha caratterizzato questa disavventura: spirito di soli-
darietà da parte dei francesi, di assistenza continua da parte del personale.
Tra canti e addirittura balli, durante la lunga e interminabile sosta, tra S. Rosari e preghiere, il viag-
gio termina.
Tutti stanchi, ma per niente pentiti di questa esperienza che ci ha arricchiti di spiritualità e di fede.
Grazie Sr. Clara Enza Natale
Il giorno 26 settembre 2015, alle ore 15,30, pieni di entusiasmo partiamo per Assisi,
con una piccola valigetta, borse e sacchetti, il minimo indispensabile per trascorrere fuori
casa, una notte e un giorno. E' stato un momento diverso che ci ha fatto uscire dalla nostra
quotidianità.
Il viaggio è durato di circa 6|7 ore . Ci siamo fermati in autogrill per una breve pausa
di ristoro condividendo tutto ciò che avevamo portato con noi, come al solito secondo le no-
stre usanze.
Lungo il viaggio abbiamo pregato, cantato, letto la vita di san Francesco , Santa Chia-
ra e la spiegazione dei luoghi che andavamo a visitare
Appena arrivati a Santa Maria degli Angeli, abbiamo corso verso la Basilica illuminata e af-
follata di gente, per partecipare al santo rosario e alla processione con tanta gioia ed emozio-
ne. Poi abbiamo ammirato l'esibizione dei fuochi d'artificio, che hanno reso festosa la serata.
Risaliti pullman, siamo arrivati al Pensionato delle monache benedettine dove abbiamo pas-
sato la notte. Grazie alla loro cortese accoglienza e ad alcune sorelle nostre compaesane, con
cui abbiamo scattato foto di ricordo.
Al mattino presto ci siamo incamminati per Assisi dove abbiamo raggiunto il nostro
l'autista che con la sua simpa-
tia, ha contributo a rendere
allegro il nostro viaggio.
Quanti emozioni abbiamo vis-
suto ammirando da lontano la
Basilica di San Francesco … e
finalmente giunti sul piazzale,
tutta le nostre stanchezze so-
no sparite. Abbiamo partecipa-
to alla santa Messa, visitato la
Basilica, le meraviglie di Assi-
si compresa la Basilica di San-
ta Chiara, prima seguace di
san Francesco.
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Ho provato una sensazione che sembrava mi levasse il peso del corpo e mi sentivo leg-
gera come sulle nuvole.
Non siamo riusciti a visitare il giardino delle rose....ma abbiamo toccato con mano le
reliquie, lette tanti frasi toccante dedicati al Santo di Assisi.
Siamo andate a pranzare dalle suore MFVI consorelle di suor Josephine, la nostra
guida piena di energia e da noi amata. Dopo il pranzo, abbiamo visitato la loro cappella do-
ve è deposto il corpo della fondatrice. Abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia.
Le suore infaticabili e da ammirare, hanno accompagnato al Pullman in auto, alcuni
di noi che, causa la stanchezza non riuscivano a camminare.
RINGRAZIARE NON BASTA! SIETE MIRAVIGLIOSE.
Tornando nella nostre case, abbiamo portato ricordi indimenticabili e una gioia impagabile.
ROSA DELLA MESA
comunità religiosa filippine di Genova
All'inizio del cammino dell’ anno pastorale la Commissione giovani del vicariato di Rivarolo
ha organizzato per il secondo anno, un torneo di calcio; una proposta importante per cono-
scere un po' di più la realtà giovanile nel territorio.
Visto il successo dell'anno scorso con maggior entusiasmo i giovani si sono dati da fare per
invitare amici e conoscenti anche provenienti da altre zone, a formare la propria squadra.
Erano presenti 14 squadre tra cui una, composta dai preti e dalle suore.
Mi è stata chiesta la disponibilità, abbiamo sfidato varie squadre. Anche se non so giocare,
anzi, … rubavo il pallone a chi era nella mia squadra …, il tifo mi incoraggiava a proseguire,
dimenticando anche i pericoli a cui sarei andata incontro, botte e calci …
Sono state serate divertenti, dove con rispetto e amicizia si è giocato non per vincere, ma per
stare insieme. L'ultima sera, solenni premiazioni per il 1°,2°,3° e ultimo posto.
Abbiamo avuto l'onore, di avere con noi il vesco-
vo ausiliare Don Nicolò Anselmi, grande sporti-
vo, che ci ha regalato la sua presenza ed il suo
saluto.
In questa occasione i giovani hanno salutato sr
Alessia, che è stata promotrice del torneo, insie-
me al “don” responsabile, perché, il giorno dopo,
sarebbe partita per la nuova comunità di Salso-
maggiore Terme.
sr Josephine
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Quante volte, studiando la storia del passato, ci è capitato di chiederci: “ma io, che
cosa avrei fatto?”. A me è sempre capitato! E questa domanda mi è sempre risuonata den-
tro come un tormento, in ogni occasione: “Ai tempi di Gesù, cosa avrei fatto? L’avrei osan-
nato o condannato?”… “Ai tempi della Shoah che cosa avrei fatto? Avrei nascosto in casa
mia anche un solo ebreo o avrei denunciato?”. Ho sempre pensato che a parole tutto è sem-
plice e col senno di poi tutto sembra scontato. Ma a volte mi chiedo: “e se non avessi fatto
nulla? Se fossi rimasta indifferente?”, non so perché, ma questo è l’atteggiamento che più
detesto, che mi fa paura, perché capisco che forse è davvero quello che avrei fatto: niente!
La cosa stupenda della vita è che poi ti mette alla prova! E tu ti ritrovi ad affrontare
dilemmi che diventano concretezza! Forse non tutti ci rendiamo conto, ma ci ritroviamo a
vivere, oggi, uno degli eventi storici più grandi e drammatici della storia dell’uomo:
l’immigrazione clandestina!
Potrei parlare di dati e grafici realizzati da studiosi e da chi si occupa del fenomeno,
ma la cosa annoierebbe anche me! Dirò solo che, dando uno sguardo agli ultimi mesi del
2015, si possono contare 43.000 migranti, sbarcati in Grecia dal 17 al 21 Ottobre, e prove-
nienti da Siria, Afganistan, Iraq, Pakistan e Somalia. Solo a Settembre 170.000. In due me-
si sono morti 80 bambini. In un anno 3.135 tra bambini e adulti.
In Italia, solo a Settembre ne sono arrivati 12.000, provenienti da Eritrea, Somalia,
Nigeria, Siria e Gambia. In un anno ne sono morti 1.850. Come
diceva il mio professore di filosofia, 1.850 persone, non sono noc-
cioline! Questo è un evento di grandissima emergenza umanita-
ria. Che ne siamo consapevoli o no, sta scrivendo e segnando for-
temente la storia ed io, all’interno di queste pagine, voglio esser-
ci!
Alla fine dell’estate ho chiesto ad un amico scout di assistere ad
uno sbarco. Il 4 Settembre mi ha dato appuntamento alle 8.00
del mattino al porto di Reggio Calabria. Mentre lo aspettavo,
perché sempre in ritardo, ho visto il grande barcone della Prote-
zione Civile, solcare le acque azzurre e tranquille del porto e at-
traccare. All’interno 332 extracomunitari, con maggioranza di
donne e bambini. Abbiamo dovuto attendere un po’ prima di ve-
derli scendere.
Mi hanno messo addosso la pettorina di volontaria e in mano
merendine e succhi di frutta. Mentre li osservavo all’interno del
barcone con le gambe penzoloni dalle ringhiere della nave, il mio
amico, veterano agli sbarchi, mi spiegava che quella che arriva nelle coste calabre è tutta
gente proveniente dalle regioni sub sahariane. Prima di compiere il viaggio per mare, at-
traversa per giorni e giorni il deserto e affronta ogni sorta di pericoli e difficoltà. Patisce
fame, freddo notturno, caldo diurno, sete e torture varie, fino a giungere nel luogo di par-
tenza del barcone.
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Per alcuni il viaggio dura anche anni. Per chi vuole salirvi la quota è di 1.000/ 2.000
euro. A questo prezzo, pretenderebbe un viaggio di lusso, ma in realtà i viaggiatori devono
stare tutti in piedi, stretti l’uno all’altro perché non c’è spazio. Alcuni vengono ammassati
nella stiva. Altri fin dentro la sala macchine dell’imbarcazione, dove si ustionano a contatto
con i macchinari roventi. Qualcuno arriva con ustioni gravissime. Se uno osa ribellarsi o la-
mentarsi, viene fustigato, gli viene tagliato qualche arto per punizione, oppure viene getta-
to in mare.
Io credo che vengano costretti a lasciare le proprie cose a terra, prima della partenza,
perché ciò che mi ha scioccato è che questa gente viaggia senza niente! Non hanno niente! A
volte neanche le scarpe.
Quando li vedi scendere ti accorgi che hanno addosso più paia di pantaloni, quelli di
alcuni sono indumenti sporchi e macchiati perché sulla barca non c’è un posto e spazio per
fare i propri bisogni. E quando cominciano ad avvicinarsi, un odore acre, mai sentito, ti per-
vade e quasi ti soffoca. Lo avverti anche con la mascherina addosso, tanto è forte. E’ l’odore
di umanità!
Dio, guardandoli per la prima volta negli occhi, ho pensato che fosse il Tuo profumo!
Prima di scendere dalla barca, vengono controllati dai medici una prima volta. A terra, ven-
gono ricontrollati per sicurezza. Chi è malato o sta male viene portato in un tendone a par-
te, allestito dalla Croce Rossa. Chi è in perfetta forma viene portato in altri tendoni e fatto
mettere in fila per la registrazione. Mi ha fatto sorridere osservare i bambini. Un piccoletto
stava dormendo sulle spalle della giovanissima mamma, avvolto in un grande scialle colora-
to. Quando i medici, con i loro tutoni bianchi e la mascherina, hanno dovuto disturbarlo per
visitarlo, lui alla vista degli omoni in bianco ha cominciato a strillare e piangere. Qualcuno
dei volontari gli scuoteva davanti un palloncino colorato per distrarlo, ma mi è sembrato
che per lui quel palloncino fosse più minaccioso dei medici stessi.
Arrivati al tendone, il mio compito era quello di distri-
buire una merendina ed un succo di frutta a ciascuno. Dietro
di me, un altro volontario distribuiva le scarpe, mentre altri
volontari avevano il compito di fare il bagnetto ai bambini e
consegnare loro vestitini puliti. Presto sarebbero tutti partiti
per le case di accoglienza sparse in tutta Italia.
Già l’anno precedente ero andata con un gruppo di vo-
lontari in una grande struttura piena di profughi, arrivati
qualche giorno prima e in attesa di essere destinati nelle ri-
spettive case di accoglienza.
Non so… distribuire merendine e succhi di frut-
ta mi ha fatto sentire così inutile, così piccola, così impoten-
te. Credo che distribuire scarpe o aiutare a fare il bagnetto
non sarebbe stato diverso. Ma non avrei voluto essere altro-
ve! E pensare che fino a qualche anno fa ero ossessionata
dall’idea di voler andare in Africa e diventare missionaria. A
far cosa concretamente non lo so, ma comunque ora capisco
che, all’epoca, era solo il desiderio di poter dire “sono missio-
naria” a spingermi. Forse ancora un po’ lo sogno, ma ora
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comprendo che il senso non è tanto il “fare qual-
cosa” ma “esserci”.
Mi sono sentita davvero come i
“servi inutili” di cui parla Gesù nel Vangelo. I-
nutile si, ma presente! Dentro le pagine della
storia, a distribuire merendine! Una cosa di po-
co conto, ma che mi ha fatto essere lì, immersa
totalmente nella mia vita e in quella degli altri.
E sono felice perché quegli sguardi, quei sorrisi
carichi di paura, mi hanno scavato dentro e non
mi hanno lasciato in pace per giorni, mesi! E an-
cora non mi lasciano in pace.
Un mese fa, le suore Alcantarine di
Archi, periferia di Reggio Calabria, con cui io
collaboro per il progetto Caritas “Animazione di
Strada”, hanno chiesto aiuto per creare dei labo-
ratori per gli immigrati. E’ accaduto che molti
migranti degli sbarchi, a causa del grande afflusso, abbiano dovuto attendere un po’, prima
di essere collocati nelle case di prima accoglienza sparse in tutta Italia. Inizialmente, il
tempo di attesa era solo di qualche giorno, adesso si è trasformato in mesi e molti di loro
sono stati accolti in una grande struttura ad Archi, che in passato era stata sede
dell’Università di Architettura. Ciò che chiedevano principalmente era qualcuno che si pro-
ponesse per insegnare loro la lingua italiana. Un anno fa io ho pagato 1.000 euro per pren-
dere una certificazione per insegnare nelle scuole Italiano agli stranieri. Ero entusiasta di
averla conseguita perché mi avrebbe permesso si inserirmi nella scuola pubblica con dei
progetti pomeridiani.
Ebbene, dopo un anno mi sono resa conto che in realtà, la scuola pubblica non ha
molti fondi da investire in questi progetti, soprattutto per insegnanti esterni. Non ho esita-
to neanche un attimo a mettere a servizio le mie conoscenze! In fondo insegnare è quello
che so fare!
Abbiamo avviato, insieme ad altri volontari, dei laboratori di lingua italiana tre volte
a settimana. I ragazzi stranieri ne sono entusiasti, perché conoscono pochissime parole di
italiano e sono in difficoltà quando devono comunicare qualcosa.
Quando mi trovo faccia a faccia con
ciascuno di loro, mi viene in mente che il
prezzo che abbiamo pagato entrambi per es-
sere lì è lo stesso: 1.000 euro per il viaggio,
1.000 euro per accrescere le mie conoscenze!
E mi viene da sorridere perché io e l’altro
(che mi guarda e ascolta la pronuncia di
qualche parola strana per lui) siamo uguali!
Credo fortemente che tutto ciò che sta
succedendo qui in Italia e in tutta l’Europa,
non debba essere visto come un problema da
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risolvere, ma come un’opportunità da cogliere al volo.
E non perché “negli occhi dell’altro vedo Dio”…stupide frasi
fatte e risentite, soprattutto quando poi concretamente senti
uno strano odore e storci il naso, sai che qualcuno ha la scab-
bia e appena li vedi corri via a gambe levate perché potrebbero
infettarti, sai che qualcuno ha i pidocchi e se si avvicina ti al-
lontani e la sera ti controlli i capelli per sicurezza! No! Perché
ti fanno capire che tu non sei diverso da loro, perché ti inse-
gnano ad avere il coraggio di aprire il cuore e lanciarti verso
un futuro incerto, che forse un po’ ti fa paura! Personalmente,
mi stanno facendo innamorare sempre di più della vita! Oggi
mi sento al mio posto. Perché con ciò che sono, sono immersa
totalmente nella mia quotidianità e nelle situazioni metto, a
servizio tutta me stessa!
Quando sono a scuola, guardo i miei alunni italiani e rivedo gli
stessi occhi dei ragazzi stranieri: pieni di vita, pieni di speran-
za!
Gesù dice “non c’è amore più grande: dare la vita!”. Dirlo a parole è facile, sognarlo è
bello, ma spendere ogni giorno un pezzetto della tua vita incarnata nella storia di ogni fra-
tello che ti sta davanti è decisamente più stupendo!
Diana
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Tutto il nostro cuore ed il nostro desiderio è giustamente orientato ad aprirsi, co-
me una Porta Santa, ad accogliere la Grazia del giubileo della misericordia…., ma come si è
preparata la Chiesa a questo evento di salvezza?
La celebrazione del V Convegno di Firenze della Chiesa italiana: “in Gesù Cristo il
nuovo umanesimo” possiamo dire che ha significato il proemio per eccellenza.
Dal 9 al 13 novembre, dentro la fiumana umana di fede e di attese, la sinodalità
della Chiesa ha cercato di ascoltare, di riflettere, ma soprattutto di promuovere le vie di
una Chiesa in uscita, che annuncia, abita, e-
duca e si lascia trasfigurare dal volto incar-
nato, umano di Cristo per farsi presenza, vi-
cinanza, Madre, guida, riflesso del Suo Amo-
re per ciascun uomo e donna di oggi!
Dentro questo cuore palpitante è sta-
ta intensa la partecipazione, ma soprattutto
immensa per me la gratitudine nel rappresen-
tare, seppur poveramente, la vita consacrata
per la nostra Chiesa diocesana di Lamezia
Terme, ma ancora di più come MFVI.
Ogni diocesi partecipava in delegazio-
ne con il proprio Vescovo, sette dalla nostra
Chiesa lametina, compreso Mons. Luigi Canta-
fora.
Fin da subito i toni della solennità dei
vespri nel Duomo fiorentino, preceduti dalle
diverse processioni, che facevano convogliare, da alcune delle Basiliche principali di Firen-
ze, i partecipanti al Battistero, ci hanno immesso in un clima fortemente ecclesiale, anche
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se il vero tono a tutto il percorso dei lavori poi
effettuati l’ha dato Papa Francesco.
Difatti, la vera solennità da richiamare è
l’umanesimo concreto che il Papa ha più volte
sottolineato nel suo discorso e nella densità del- le
sue parole. Nell’ascoltarlo mi sembrava di coglie-
re in alcuni passaggi dei richiami “sensibili”, per
cui li ho accolti come rivolti a noi Missionarie
Francescane del Verbo Incarnato.
A noi che cerchiamo di incontrare il Volto di Gesù, Verbo Incarnato il Papa ci dice:
“Il volto di Gesù è simile a quello di tanti nostri fratelli. Dio ha assunto il loro volto. E
quel volto ci guarda …. Se non ci abbassiamo non potremo vedere il suo volto. Non vedremo
nulla della sua pienezza se non accettiamo che Dio si è svuotato”.
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A noi chiamate da Madre Giovanna ad essere donne, ad essere sorelle, ad essere ma-
dri…. :
“Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarez-
za. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà”.
Qual’è, in sintesi…., l’umanesimo vero, autentico che il Papa indica alla Chiesa italiana?
“Non capiremo nulla dell’umanesimo cristiano se le nostre parole saranno belle, colte,
raffinate, ma non saranno parole di fede.
Non voglio qui disegnare in astratto un «nuovo umanesimo», una certa idea dell’uomo,
ma presentare con semplicità alcuni tratti dell’umanesimo cristiano che è quello dei
«sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5). Essi non sono astratte sensazioni provvisorie
dell’animo, ma rappresentano la calda forza interiore che ci rende capaci di vivere e di pren-
dere decisioni”. (Dal discorso di Papa Francesco)
Appena il Papa ha ripreso il volo, dopo la celebrazione eucaristica nello stadio di Firen-
ze, per rientrare a Roma, si sono avviati i lavori ufficiali.
La sinodalità dapprima respirata ora diventava realtà concreta, gruppi di dieci persone
provenienti da diocesi, realtà ecclesiali diverse per luoghi, esperienze... laici, sacerdoti, reli-
giosi, vescovi, cardinali… intorno ad un tavolo hanno lavorato, collaborato, si sono ascoltati
indistintamente, cercando insieme di essere Chiesa italiana inquieta, rispetto alle sfide o-
dierne, aperta a camminare come Gesù sulle vie di Cafarnao tra le pieghe e la piaghe
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dell’uomo e della donna di oggi.
Una esperienza di interscambio, di sincero impegno, ma soprattutto, almeno per me,
una forte esperienza di comunione in cui davvero ci accumunava lo stesso unico obiettivo e la
stessa medesima missione: annunciare e portare il lievito di un’umanità nuova che nasce dal
nostro voler incontrare ogni persona sotto la luce del Vangelo di Gesù, perché sia davvero il
Fondamento che promuove la dignità di ogni figlio e di ogni figlia, a cominciare dai più poveri
feriti nello spirito, nel corpo, negli affetti, nella ricerca della verità e dell’amore di cui è af-
famata la società.
Per concludere….
Secondo quando è stato raccolto e che presto sarà reso pubblico negli Atti del Conve-
gno, riceveremo le risposte attese? Troveremo un volto di Cristo, mediato dalla Sua Chiesa
per l’Italia, più incarnato? O le periferie esistenziali, quelle delineate dal dott. Magatti, uno
dei relatori principali del Convegno, della solitudine, della sofferenza, della emarginazione,
della lontananza da Dio continueranno a rientrare nella logica dello scarto…, e pertanto ad
essere scartati, ossia a non essere presi in considerazione?
Siamo stati invitati ad evitare l’astrazione, ad evitare di trasformare i pensieri in puri
ragionamenti … o che ricercano soluzioni semplicistiche, ci hanno quasi proibito di elaborare
programmazioni eteree…, impersonali, inconsistenti, che non tengono conto del vissuto sof-
ferto ed offerto…., in poche parole che non sanno di Carne, di Eucaristia: vita spezzata nel
dono di sé.
Credo che al di là di quello che leggeremo, di quello che ancora potremo dire o ascolta-
re è compito anche nostro, delle nostre comunità avere il coraggio di una fedeltà creativa,
appassionata nel testimoniare il volto di una Chiesa che annuncia, soprattutto che rende vi-
sibile, trasfigura e si fa profezia del volto del Verbo Incarnato, riflesso dell’Amore, della
Bellezza, della Bontà del Padre.
Ti benedico Signore per il dono ricevuto.
sr Caterina
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9 Novembre 2015. Inizia il convegno ecclesiale a Firenze.
Dalla diocesi di Fiesole eravamo sei delegati, ognuno con alle spalle un bagaglio di formazione diversa, o-
gnuno con un suo carattere e un suo carisma. Ci ritroviamo insieme con il proposito di dare e di prendere
tutto il meglio che questo evento potrà portare a noi, alla nostra diocesi e a tutta la Chiesa Nazionale.
Anche tutti i delegati delle altre diocesi sono arrivati a Firenze, accolti non solo dalle varie personalità reli-
giose e politiche, ma soprattutto da centinaia di volontari, che da tempo avevano preparato tutto affinché la
nostra permanenza nel capoluogo toscano fosse risultata quanto più facilitata possibile.
Martedì 10 novembre è stato il giorno dell'incontro con il papa, la mattina in cattedrale e il pomerig-
gio con la messa allo stadio.
Questa è stata senza dubbio la giornata più emozionante, per motivi evidenti.
Il papa non è stato clemente con noi nel suo discorso. A dire il vero ce lo aspettavamo e ce lo auguravamo.
Abbiamo bisogno di essere scossi, di scrollarci di dosso la polvere e di sporcarci le mani.
I tratti salienti del suo discorso, si possono ricondurre a tre stili di vita, due tentazioni e un compito da fare.
I tre stili che dovremmo incominciare ad assumere sono l'umiltà, il disinteresse e le beatitudini.
Bisogna considerare gli altri al di sopra di noi stessi, l’ossessione di preservare la propria dignità non deve
fare parte dei nostri sentimenti.
Nel fare le cose non bisogna cercare il nostro interesse e basta, ma quello di tutti.
Il cristiano è un beato perché ha in sé la gioia del Vangelo. Nelle beatitudini il Signore ci indica il cammino.
La beatitudine ha a che fare con umiliazione e povertà.
Le due tentazioni sono il pelagianesimo e lo gnosticismo: non bisogna avere paura del nuovo, confidando
nelle strutture, nascondendosi davanti ai mali della Chiesa in conservatorismi e fondamentalismi, nella re-
staurazione di condotte e forme superate che nemmeno culturalmente hanno capacità di essere significative.
Non bisogna neppure confidare in ragionamenti e soggettivismi che tengono fuori il mistero
dell’Incarnazione. L’unica dottrina che noi dobbiamo seguire ha un nome: si chiama Gesù Cristo.
L'indicazione pratica è quella di assumere nelle nostre diocesi, nelle nostre parrocchie, nei nostri gruppi
uno stile sinodale, prendendo in mano l'Evangelii Gaudium, leggendo e commentando un approfondimento e
cercando i risvolti pratici da mettere in atto.
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Tutta la giornata di Mercoledi 11 e la mattina di Giovedi 12 Novembre sono state dedicate al lavoro
nei gruppi. In tutto eravamo 2200 delegati da ciascuna delle diocesi d’Italia.
Erano state individuate cinque “vie” su cui riflettere : USCIRE, ANNUNCIARE, ABITARE, EDUCA-
RE, TRASFIGUARARE. Dalla discussione insieme sono stati prodotti dei verbali che poi, una volta con-
frontati e sintetizzati hanno condotto a 5 relazioni finali che in definitiva erano lo scopo del convegno.
Eravamo stati aiutati nella riflessione sia dalla traccia preparatoria che già mesi fa avevamo avuto modo di
leggere e analizzare, sia da alcune riflessioni che il giorno prima avevano condiviso con noi alcuni esperti.
Don Mauro Mergola, parroco di Torino, riguardo alla via dell’USCIRE ha raccontato la sua esperienza:
ha deciso di aprire le porte della chiesa dalle 23.00 alle prime ore dell’alba, per accogliere tanti ragazzi che
trascorrevano le loro serate nella piazza antistante la parrocchia a bere alcolici
Il dott. Vincenzo Morgante, direttore della testata giornalistica regionale della RAI, ha affermato che AN-
NUNCIARE è un dovere. Per lui che è giornalista, l’annuncio non può prescindere dalla verità.
Ma non si fa solo con le parole. Si annuncia soprattutto con la testimonianza.
ABITARE è un diritto per la prof.ssa del PIME di Monza Valentina Soncini , diritto che viene negato a
chi non ha una casa, ma anche a chi vive da solo o è malato.
Il professore e scrittore Alessandro D’Avenia riflette sulla via dell’EDUCARE ribadendo con forza più
volte che noi possiamo educare solo nella misura in cui siamo educati. Educare dipende da quanto preghia-
mo ogni giorno. La sua ricetta sono venti minuti quotidiani di dialogo con il Signore
Infine padre Jean Paul Hernandez, spiega il TRASFIGURARE come una metamorfosi, in cui si può sì
cambiare forma, ma si può anche cambiare il modo di vedere una stessa cosa. Il nodo cruciale è il buon uso
del tempo, che va abitato in maniera diversa. Pregare richiede di riorganizzare la propria giornata, metten-
do ordine ai nostri impegni per valorizzare il momento di nutrimento spirituale.
Se la giornata del martedi è stata unica per la presenza del Santo Padre in mezzo a noi, quella di Giovedi
12 novembre ci ha lasciato più ricchi per gli incontri che abbiamo fatto.
Durante la mattina, infatti, hanno condiviso con noi delle riflessioni p. Georgij Blatinskij, arciprete della
Chiesa Ortodossa Russa di Firenze; la prof.ssa Letizia Tomassone, pastora della Chiesa Valdese di Firen-
ze; Rav Joseph Levi, rabbino capo della Comunità Ebraica di Firenze e Izzedin Elzir, Imam di Firenze.
L’incontro con questi capi religiosi ci ha stimolato a continuare il dialogo interreligioso come unica via di
conoscenza e collaborazione tra i popoli, unica via per cancellare ogni forma di razzismo, unica via per
sentirci davvero tutti fratelli.
Infine Venerdi 13 novembre è stata la giornata delle conclusioni, quella in cui si sono tirate le fila dei
nostri contributi in questo convenire insieme.
Il nuovo Umanesimo si può concretizzare solo attraverso una conversione continua di ciascuno di noi, as-
sumendo uno stile di vita che porti a una evangelizzazione per attrazione, più che per predicazione.
È stato ribadito che è tempo che i laici si prendano maggiori responsabilità all’interno delle comunità e che
siano il vero motore dell’educazione. Occorre puntare ancora e ancora sulla formazione degli adulti, sia
attraverso scuole di cittadinanza attiva, sia con dei corsi specifici che affrontino il tema della genitorialità e
della formazione nel mondo della scuola.
Occorre che il Vangelo sia sempre messo al centro e che la preghiera sia il punto fisso attorno al quale ven-
ga organizzata la nostra giornata.
Occorre annunciare senza stancarci il perdono e la misericordia di Dio.
Occorre mettercela tutta, ciascuno di noi, senza scuse.
Giusy Toscano
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Ingresso di Monica
in Postulandato. Nel tramonto di venerdi 20 novembre 2015 la comunità di Lamezia Terme ha accolto l’arrivo di Monica e della sua sorella Anna Lisa con gioia e allegria .
La Provvidenza di Dio non manca, per questa circonstanza hanno condiviso con noi la gioia del suo ingresso sr Glo-ria, sr Ester e Antonella. Prima della ce-lebrazione ufficiale, ossia durante l’ora media ci siamo suddivise nella prepara-zione di questa festa: liturgia, cucina, doni….
Finalmente Sabato 21.11.2015 alle ore 10.30, Monica ha fatto l’ingresso uffi-ciale in postulandato nella nostra Fami-glia religiosa. Un momento di grazia e di commozione per tutte.
La gioia continua, dopo un breve mo-mento di condivisione, ci siamo riunite intorno alla tavola in un atmosfera fa-migliare per condividere il cibo.
Terminato il pranzo abbiamo concluso questo momento con i regali offerti a Monica: doni semplici, ma ricchi di signi-ficato… ciascuno dei quali lanciava un messaggio per il suo nuovo cammino.
A nome di tutta la Congregazione rin-graziamo il Signore per il dono della vita di Monica, per la sua disponibilità nel porsi a servizio del suo amore e nella sua messe…
Accompagniamo il suo cammino con la preghiera, invocando la luce dello Spiri-to Santo, la benedizione e la protezione di San Francesco e di Madre Giovanna.
Sr Rosalie
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“ La mia storia è il ritratto di Dio!”
INCONTRO DI EQUIPE PGVM “allargata”
Domenica 22 novembre 2015 ci siamo ritrovati a Genova- Begato come Equipe PGVM
“allargata”. Insieme a suor Maria Pia, suor Stefania e suor Ester erano presenti alcuni edu-
catori che vi presentiamo: Nicol e Pietro, una giovane coppia di Genova, sposati dal
settembre scorso, sono edu-
catori del gruppo giovanissimi
della Parrocchia di S. Giovan-
ni Battista, Lorenzo sempre di
Genova, sposato con Paola e
hanno tre figli, anche lui insie-
me a Pietro e Nicol segue i
giovanissimi, Umberto e Mar-
gherita di Luzzara (Re), sposa-
ti con due figli, sono educato-
ri del gruppo giovani-
giovanissimi della Parrocchia
e Laura di Lamezia T. che stu-
dia all’università a Cesena.
Credo sia stato un bell’incontro! Abbiamo utilizzato un video di Alessandro D’Avenia “ La
mia storia è il ritratto di Dio”, che ci ha permesso di condividere alcune esperienze perso-
nali e fare alcune sottolineature importanti circa la realtà giovanile e la ricerca di luoghi
e persone significative per la loro vita.
Per approfondire abbiamo scelto un Documento della CEI, gli Orientamenti al Sacerdo-
zio e alla Vita Consacrata e in particolare i percorsi vocazionali, attraverso cinque parole
chiave: PREGATE! TESTIMONIATE! EVANGELIZZATE! CHIAMATE! ANNUNCIATE! Questo ci ha
permesso di soffermarci ogni qualvolta avevamo dei contributi o dei commenti da fare
rispetto alla nostra esperienza personale o di gruppo. È stato molto arricchente lo scam-
bio e il confronto.
Qui di seguito trovate il contributo di Margherita in una lettura simbolica del suo percorso
di educatrice del gruppo giovani - giovanissimi di Luzzara (Re):
Nel riflettere sul ruolo di educatori/genitori che siamo chiamati a “svolgere” l’immagine che
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mi appare è quella di una nave, un veliero.
La nave è senz’altro sinonimo di “viaggio”: la vita.
Si parte guidati da capitani sicuri ed esperti, la famiglia, e si viene via via avviati alla navi-
gazione, alla conoscenza, alla scoperta. Si fa esperienza di fatica e di grandi soddisfazioni, di
stupore e di delusioni, di gioia e di dolore…
Si ha, ad un certo punto, la convinzione di poter governare una nave propria.
Forse i tentativi, le fughe e le ribellioni dell’età adolescenziale sono proprio alimentate da
questa convinzione; allora ecco che in mare troviamo barchette a remi, zattere di fortuna, ca-
notti…
Noi dalla nave è come se invitassimo questi “naviganti improvvisati” a fare ancora un po’ di
strada insieme, al “sicuro”, in un nuovo equipaggio: “dai, salite!”
E si ri-parte. Ognuno avrà un compito secondo le sue capacità ed inclinazioni..
Ognuno sarà importante, unico.
Quando si affronterà la tempesta si dovrà tutti collaborare per resistere e reagire, quando
farà bonaccia si dovrà remare in sintonia, dandosi il cambio.. e quando il vento gonfierà le
vele allora sarà gioia condivisa.
La rotta? Noi abbiamo scelto la nostra stella: Gesù!
… continuiamo ad avventurarci verso nuovi mari e nuove rotte!
Per l’Equipe di PGVM “allargata”
Sr Stefania e Margherita
I NOSTRI CARI DEFUNTI
Laura, sorella di sr M. Emanuela Sassu 11 novembre
Rosa, sorella di sr M. Rosaria Pantano 28 novembre
Sr Emanuela Corti 4 dicembre
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Quest’anno le nostre sorelle condividono, attraverso un pensiero, la loro gratitudine a Dio per
questi anni vissuti con Lui e tra di noi.
60° anniversario di vita religiosa
Sono grata a Dio che insieme ai miei genitori mi hanno fat-
to nascere cristiana. Facendo memoria dell'obbedienza vissu-
ta redendomi disponibile a lasciare me stessa per andare do-
ve Gesù voleva, mi ritrovo con tantissimi doni ricevuti e vissuti
nel servizio a Dio alla comunione intima con Lui.
Lui mi ha messo in un luogo di accoglienza, di preghera e riti-
ri esercizi spirituali dove molte giovani hanno scelto di di-
re di si a Gesù. Lui mi ha permesso anche di servirlo mol-
to volentieri nei suoi sacerdoti nelle varie parrocchie
e all’Onarmo, normalmente abbastanza soli nella loro pastorale
presso i lavoratori e le famiglie dei senza lavoro.
Dio è pace e la mia vita è avvolta da Dio quando sono strumento di pace. Ho cerca-
to di fare la sua volontà. Chiedo allo S.S. il dono di vivere la conversione ogni gior-
no della mia vita, affinchè posso lodarti e glorificarti e benedirti qui in terra e quando
tu vorrai in cielo.
Cordiali saluti e preghiere. Con affetto fraterno.
Suor Bernardina
Carissime sorelle,
Mi è stato chiesto un pensiero su come mi sto preparando per i miei 60 an-
ni di vita religiosa; devo dire che ho cominciato a viverlo con una certa dinamica,
già all’inizio di questo anno, il 18 maggio è una data molto significativa per me
perché ho dato il mio Sì al Signore e ho rinnovato questo Sì dopo 60 anni, direi con
l’entusiasmo della mia gioventù e, in più, con l’esperienza della mia “vecchiaia”.
Non pensavo di rinnovare ancora l’”Alleanza” con il mio Gesù, unita alle
carissime sorelle dell’ Italia, (con il mare che ci separa) il 10 Dicembre, data più
che bella per noi M.F.V.I.
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Quando la Madre Generale mi ha informata mi sono fatta un piccolo programma: più tempo per stare
con Lui nella solitudine della nostra Cappella, con la preghiera e la contemplazione, più gentilezza con
le sorelle, non misurare il tempo che dispongo per la mia missione fra i fratelli più bisognosi. Piccole co-
se, perché non sono capace di grandi cose.
Vi saluto con un abbraccio fraterno di Pace e di Bene,
Sr Lorenza
In questo 60° anniversario di Professione religiosa sorgono in me sentimenti di gratitudine…
GRAZIE al Signore che, nonostante le mie fragilità me ha sempre
sostenuto, aiutato rendendo sereno il mio cammino.
GRAZIE ai miei genitori che, pur soffrendo, hanno favorito il disegno
di Dio sulla consacrazione delle loro figlie..
GRAZIE a tutte le persone che mi hanno aiutato: sacerdoti e suore
tutte, con le quali ho condiviso tratti di strada nelle varie parrocchie
e scuole dell’infanzia.
GRAZIE grande a sr Rosa, sr Graziana, sr Chiara per l’esperienza
fatta a Bozoum (Repubblica Centrafricana): è stato un tempo breve (poco più di tre mesi) ma mi
hanno arricchito spiritualmente, è una presenza che continua in me con il ricordo, la preghiera e
l’affetto per il carissimo popolo africano.
GRAZIE a M. Maria José e a tutte le sorelle delle comunità di Sabbione con le quali condi-
vido questo tratto di strada verso la Terra Promessa nella certezza, per Bontà di Dio, che con-
templeremo il suo volto nella terra dei viventi!
Con affetto,
sr Maria Grabiella
Ringrazio il Signore per il dono della vita e della vocazione. Lo rin-
grazio per la gioia di celebrare sessanta anni di vita donata a Lui, ai
fratelli e alle sorelle. Sono molto contenta che la Provvidenza divina
mi abbia guidata nella nostra Famiglia religiosa. A tutte le madri e a
tutte le sorelle, alla comunità che tutt’ora i accoglie il mio sentito
grazie.
Sr Saveria
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Sorelle carissime, fraternamente vi comunico che sto preparando-
mi alla festa del 60° di Professione Religiosa fissando lo sguardo
interiore sull’Amore di Dio per me.
“Sono piccola e povera, ma lo Sposo ha cura di me” e il vostro a-
more fraterno mi sostiene.
Per la mia pochezza mi abbandono all’Amore misericordioso di
Gesù e per quanto mi donerà ancora di vivere, con tutta me stessa
ripeto la mia gratitudine per avermi unita a sé per sempre, tra le
Missionarie Francescane del Verbo Incarnato.
In unione di anima e di cuore, vi abbraccio con fraterno affetto,
sr Scolastica
50° anniversario di vita reli-
giosa Come mi sto preparando al 50.mo di professione Religiosa?
In un primo momento mi sembrava di dover fare cose
straordinarie, in segno di gratitudine al Signore, per quanto mi
ha donato con tanta abbondanza; alla nostra famiglia Religiosa
che mi ha accolta e accompagnata con pazienza e amore. Tutta-
via mi sono convinta che il Signore non vuole da me cose stra-
ordinarie, ma quelle quotidiane, le stesse che faccio ogni gior-
no, semmai vissute con più amore.
Ho fatto il proposito che ogni giorno terrò nel cuore con la preghiera la mia famiglia naturale, le
necessità del nostro Istituto, le tante persone che ho incontrato in tutti questi anni…….,Impossibile citare
dei nomi, rischierei di dimenticarne qualcuno. Riconosco per l’esperienza vissuta che ho ricevuto il centu-
plo quaggiù, e anche nei momenti di maggior fatica mi sono sentita accompagnata, incoraggiata, illumina-
ta….Per questo desidero solo dire GRAZIE!
Facendo memoria della mia vita posso dire che fin dall’inizio ho cercato di amare tutti senza aspet-
tare il contraccambio. Pertanto vorrei fare dell’amore la ragione dei miei giorni di questo anno, lascian-
domi accompagnare dal Volto misericordioso del Padre.
Chiedo alla Vergine Madre di farmi dono della Sua tenerezza, della Sua umiltà, della Sua sapienza.
Chiedo l’intercessione della nostra Madre Giovanna e qui presso la Sua tomba, felice di essere Sua
figlia , ripeto il mio grazie.
Sr GianPaola
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Il mio grazie a Dio per il dono della vita e della vocazione religiosa. Ho vissuto
questi lunghi anni con sicura certezza della chiamata di Dio.
Oggi vivo con pace e serenità il quotidiano nella comunità di Ca’ degli Angeli.
Ringrazio anche le sorelle che fraternamente mi accompagnano nel tempo che il
Signore mi concede ancora.
Sr Maria Emanuela
25° anniversario di vita religiosa Quando mi hanno chiesto di scrivere qualcosa di come mi sto prepa-
rando al 25° di professione religiosa, il mio primo pensiero è stato
la GRATITUDINE. Sì, chiedo al Signore che mi aiuti a saperLo rin-
graziare di avermi usato tanta Misericordia, da sempre ed in questo
bel cammino di 25 anni di vita religiosa nelle Missionarie Francesca-
ne del Verbo Incarnato.
Grazie a tutte le consorelle. Lui ci guidi ogni giorno in fraternità e
gratitudine, per poter “dire” qualcosa del Suo Amore.
Grazie! Sr Lucia
25°: un tempo per dire un GRAZIE unico al Signore, e tanti grazie per le
persone incontrate, per le nuove esperienze vissute, per le fatiche portate,
per le gioie condivise.
25°: un tempo per riaffidare la mia vita a Colui che me l'ha donata, al Dio
della Misericordia, nella certezza che è in buone Mani.
Sr Rosa
è la parola che è risuonata di più anche a Fiesole il 10 Dicembre,
giorno della Festa del nostro Istituto che, proprio in questa data, nasceva 85 anni fa
a Motta Filocastro con l’apertura della Prima Casa.
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Grazie a Dio,
per il dono della vita e della chiamata e
per la risposta di Madre Giovanna!
Grazie alle Sorelle che hanno celebrato
i loro Giubilei di professione, grazie per
la loro fedeltà e testimonianza.
Grazie a Mons. Mario Meini
( Vescovo di Fiesole )
che ci ha richiamate a vivere la gioia di
questa Festa anche nell ’ ottica del Giubi-
leo della Misericordia e a godere del fatto
che Gesù ci porta sulle sue spalle e ci per-
dona, prima ancora che noi riconosciamo i
nostri peccati!!
Grazie alle Sorelle
che hanno preparato questa Giornata!
Grazie alle Sorelle
che hanno potuto essere presenti
Grazie alle Sorelle e agli amici
che in vari modi ci sono stati vicini!
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“Egli scenderà come la pioggia sul velo e ci porterà la giustizia e la pace”. Rassettiamo per-
ciò le nostre lane, cioè la nostra coscienza, i nostri pensieri, le nostre opere, per togliere o-
gni inciampo al suo incontro e al suo passaggio amorosamente divino. Camminiamo in
fede, e speranza, non desiderando che Lui! “Dio mio, Dio forte, Dio vivo; io voglio e anelo a
Te!
…...Nella notte d'amore del Santo Natale, troviamo unite alla culla del Dio nascente, per
un felice “Te Deum” in ringraziamento e per un ardente “salva nos” di impetrazione. Vi la-
scio alla tenerezza di Gesù Bambino, in Lui con tutte voi, per il tempo e per l'eternità.
(Madre Giovanna)
MERRY CHRISTMAS JOYEUX NOËL
Geseënde Kersfees
FELIZ NAVIDAD
FELEX NATAL
FRONE WEINACHTEN KRISMASI
MALIGAYANG PASKO MUTLU NOELLER
BUON NATALE
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