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scienza e tecnica IL MITO DEL “TUTTO PULITO” MOTORI A COMBUSTIONE ESTERNA: DUE SECOLI DI EVOLUZIONE IMMAGINAZIONE E CONOSCENZA WINSTON CHURCHILL ED ENRICO MATTEI SANITÀ PUBBLICA E PRIVATA. ESPERIENZE E RIFLESSIONI SULLA SANITÀ IN TIALIA ACIDO URICO E FUNZIONI COGNITIVE: “AMICI O NEMICI”? RICORDI DI SCUOLA I TEMPI DI PROPP UNA NUOVA METODICA 3D: LA “BIOPSIA LIQUIDA” ORTLES: IL GHIACCIAIO SI MUOVE DOPO 7.000 ANNI HUMAN CONNECTOME PROJECT TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE ANNO LXXX - N. 541 gen.feb.mar. 2017 - Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004, n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma

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scienza etecnica

IL MITO DEL “TUTTO PULITO”MOTORI A COMBUSTIONE ESTERNA:DUE SECOLI DI EVOLUZIONE

IMMAGINAZIONE E CONOSCENZAWINSTON CHURCHILL ED ENRICO MATTEI

SANITÀ PUBBLICA E PRIVATA. ESPERIENZEE RIFLESSIONI SULLA SANITÀ IN TIALIA

ACIDO URICO E FUNZIONICOGNITIVE: “AMICI O NEMICI”?

RICORDI DI SCUOLA

I TEMPI DI PROPP

UNA NUOVA METODICA 3D: LA “BIOPSIA LIQUIDA”

ORTLES: IL GHIACCIAIO SI MUOVE DOPO 7.000 ANNI

HUMAN CONNECTOME PROJECT

TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZEANNO LXXX - N. 541 gen.feb.mar. 2017 - Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004, n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma

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scienzae tecnica

Sommario

1 Il mito del “tutto pulito” motori a combustione esterna: due secoli di evoluzione

2 Immaginazione e conoscenza, Winston Churchill ed Enrico Mattei

8 Sanità pubblica e privata. Esperienze e riflessioni sulla sanità in Italia

10 Acido urico e funzioni cognitive: “amici o nemici”?

14 I tempi di Propp

17 Ricordi di scuola

18 notiziario Nelle rocce marziane possibili tracce di microbi Una nuova metodica 3D: la “biopsia liquida” Ortles: il ghiacciaio si muove dopo 7.000 anni Human connectome project Artico: ecco cosa è accaduto 14 mila anni fa Vitamine e aminoacidi. Svelato il loro ruolo nelle cellule staminali Nuove speranze contro il tumore al pancreas

SCIENZA E TECNICAtrimestrale a carattere politico-culturale e scientifico-tecnicoDirettore Responsabile: Lorenzo CapassoDirettore Scientifico: Clara Balsano

ANNO LXXX - N. 541 gen.feb.mar. 2017 - primo trimestre 2017Reg. Trib. Roma n. 613/90 del 22-10-1990 (già nn. 4026 dell’8-7-1954 e 13119 del 12-12-1969). Direzione, redazione e amministrazione: Società Italiana per il Progresso delle Scienze (SIPS) via San Martino della Battaglia 44, 00185 Roma • tel/fax 06.4451628 • www.sipsinfo.it • e-mail: [email protected]. Fisc. 02968990586 • C/C Post. 33577008UniCredit Banca di Roma • IBAN IT88G0200805227000400717627 Università di Roma «La Sapienza», Ple A. Moro 5, 00185 RomaStampa: Mura S.r.l. - via G. Fondulo 103 - 00176 Roma - tel./fax 06.44.41.142 - e-mail: [email protected] e Tecnica print: ISSN 0582-25800

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IL MITO DEL “TUTTO PULITO” MOTORI A COMBUSTIONEESTERNA: DUE SECOLI DI EVOLUZIONE

un motore a combustione esterna è piùingombrante e pesante di un motore acombustione interna, chiaramente a

parità di potenza, ciò in quanto contiene uno“scambiatore” di calore necessario perriscaldare il “fluido di lavoro”. Però è piùefficiente ed è “meno critico” relativamenteal consumo di carburante. Inoltre, lavorandoa temperatura e pressione relativamentebasse, produce meno inquinanti, soprattuttoossidi di azoto.

Infine, in un motore a combustione ester-na, la combustione è continua e uniforme:condizioni che possono essere considerateottimali e che garantiscono un rapporto“continuamente perfetto” tra combustibile ecomburente, riducendo sostanzialmente gliincombusti tipici dei transitori di combustio-ne (scoppi) dei motori endotermici. Infattinel caso di fluidi combusti con continuità, abassa velocità di combustione, il complessoè molto più silenzioso di un motore a com-bustione interna, non ci sono “scoppi”.

è oggi fattibile un motore così: “tuttopulito” che coniughi “ambiente” e “nuovetecnologie”?

Oramai sembra possibile e nel campodei propulsori il “mito” del “motore esoge-no” va prendendo corpo coronando un lavo-ro che va avanti da più di due secoli. Difattinell’evoluzione meccanica dapprima ci si è

concentrati soprattutto sulla “sicurezza” della macchina peròora è necessario occuparsi del rispetto dell’ambiente.

Il 2 marzo corrente anno, questa tematica è oggetto di unincontro, rivolto in particolare agli studenti, oltre che adocenti, tenutosi a Roma presso la Biblioteca Centrale delCnr: un evento che, oltre alla presentazione delle tematichescientifiche coinvolte, è stata anche un “percorso guidato”rivolto a documentare quanto realizzato nel settore con ladimostrazione delle potenzialità attuali e future del “tuttopulito” grazie a un motore “Stirling” che da sempre rispondea tali requisiti.

Robert Stirling (Methven, 25 ottobre 1790 – Galston, 6giugno 1878) era un pastore protestante scozzese. Ereditò lapassione di suo padre per l’ingegneria ma studiò teologiaall’Università. Nel 1816 brevettava il motore che porta ilsuo nome. Robert, insieme al fratello James, ingegnere,registrò diversi altri brevetti per miglioramenti al motore disua invenzione.

Le basi teoriche del motore Stirling non poterono esserecompletamente comprese sino alla pubblicazione del lavorodi Sadi Carnot. Carnot formulò e pubblicò il “ciclo di Car-not”, da cui la comprensione scientifica del ciclo Stirling.

La caratteristica considerata più interessante al tempo delprocesso di Stirling era la sicurezza: le macchine a vaporeinfatti, con i limiti delle tecnologie del tempo, erano soggettea incidenti, non raramente esplodevano arredando danni acose e persone. Per cui si preferirono i motori endogeni,meno efficienti, più rumorosi e soprattutto più inquinati.

Con le criticità globali legate all’inquinamento atmosfe-rico le caratteristiche tipiche del “processo di Stirling”,come la silenziosità e la “pulizia”, sono divenute di partico-lare interesse: l’avvento di tecniche di riscaldamento a lorovolta “pulite” ha reso possibile concepire processi “comple-tamente puliti” come il solare-termodinamico e il waste to-energy-termodinamico.

L’iniziativa è promossa dalla SIPS in collaborazione conCINFAI e DEMETRA. Il CINFAI è il Consorzio Interuni-versitario Nazionale per la Fisica delle Atmosfere e delleIdrosfere, ovvero un ente nazionale di ricerca con persona-lità giuridica pubblica, riconosciuto dal MIUR, che riunisce22 Università italiane distribuite sull’intero territorio nazio-nale e svolge primariamente attività di ricerca accademico-scientifica. DEMETRA è, invece, un’associazione scientifi-ca che si colloca nell’ampio spazio culturale della diffusionedelle eccellenze nazionali in campo accademico-scientificoe nella mediazione tra queste e la società; caratteristica uni-ficante di tutte le attività dell’Associazione è l’assoluto rigo-re scientifico dei metodi utilizzati e proposti e delle informa-zioni veicolate.

Il Programma della Giornata di studioL’apertura dei lavori è del prof. AntonioSperanza, Presidente CINFAI, cheintrodurrà gli astanti alle problematichedella combustione esterna. La parola poipasserà al prof. Giovanni Perona, VicePresidente CINFAI, che illustrerà ivantaggi dei motori a combustioneesterna, cui seguirà un “Percorso guidato”con delle dimostrazioni pratiche.L’ing. Luca Quaglia, sempre del CINFAI,intratterrà i convenuti su “Il Motore diStirling”, si chiuderà con le famose “Q&A”che i presenti potranno porre ai relatori.

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naggi: l’immaginazione! Le due figure carismatiche,per la verità, tutto potevano sembrare, tranne che dueidealisti che passano il loro tempo a lottare con i sogni.Più ci pensavo e più mi rendevo conto quanto questoparagone fosse vicino alla realtà.

Sapevo che ambedue erano dotati di una fortissimapersonalità, che a prima vista sembrava più concentratasulla risoluzione dei problemi contingenti, piuttostoche spaziare sul futuro. Abituato a disegnare il futuropartendo da solide basi statistiche, non ero pronto apensare che si potesse farlo con l’immaginazione. Inve-ce c’era stato qualcuno che aveva saputo progettare ilfuturo ricorrendo proprio a quella forma di pensiero,l’immaginazione, che era sconosciuta ai tecnici del set-tore, ma che portava molto più in alto della conoscen-za, come affermava Einstein. Dall’analisi delle opere diChurchill e dalla lettura della sua storia, emerge unafigura dotata di un enorme carisma, capace di prevede-re l’evoluzione futura del mercato energetico, qualitàche sarebbe stata più consona a un professionista delsettore. C’è un fatto preciso che mi ha illuminato suquesta capacità del personaggio Churchill, il suo pro-getto di modernizzare la marina britannica, che peraltroera la più avanzata del Mondo.

Da primo Lord dell’Ammiragliato aveva studiatoun dossier riservato, in cui si mettevano in luce diquanto migliorassero le performances dei motori mari-ni passando dal combustibile carbone ai derivati delpetrolio. In questo frangente entra in gioco la marcia inpiù che aveva Churchill, rispetto all’entourage politicoe tecnico che lo circondava. Passare dall’idea dei tecni-ci al progetto politico era nel novero delle cose ma diquesto nessuno gli aveva mai parlato. Il motivo eranella scarsa propensione dei tecnici a capire come sisarebbe evoluto il mercato marittimo in funzione dellanuova forma di combustibile rappresentata dal petrolioe nella scarsissima attitudine a promuovere un cambia-mento che nessuno aveva loro sollecitato. In sintesimancava loro l’immaginazione che, invece, Churchill

mettere a confronto due persona-lità talmente diverse tra lorocome quelle di Winston Chur-

chill e di Enrico Mattei è un’impresamolto complicata. Churchill rappresentala figura politica più moderna del secoloscorso, Mattei il più grande imprendito-re. Non credo che in letteratura ci siaqualcuno che si sia cimentato sullamateria. Tuttavia, quando ho avuto l’i-dea di metterli a confronto, facendoneun ritratto, mi era scattata una voce inte-riore che mi suggeriva che i due perso-naggi, pur tanto diversi tra loro, avesse-ro in comune qualcosa di straordinario.Diceva Albert Einstein che l’immagina-zione è più importante della conoscenza,perché mentre la seconda è limitata laprima non ha confini. Finalmente avevotrovato il tratto che univa i due perso-

IMMAGINAZIONE E CONOSCENZAWINSTON CHURCHILL ED ENRICO MATTEI

di RENATO URBAN•

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aveva molto fertile. La sua elaborazionepoteva spaziare nel settore senza limitidi vincoli ma poi si doveva confrontarecon la realtà del mondo che lui andava astravolgere.

Per prima cosa fece preparare dai tec-nici dell’Ammiragliato un progetto di fat-tibilità da cui risultassero i benefici che ilsuo Paese e di conseguenza la marinainglese avrebbero tratto da questo cam-biamento epocale. Una rivoluzione eragià avvenuta nel settore, quando la mari-na era passata dalla vela alla propulsionea motore, con il carbone come combusti-bile. Anche allora il cambiamento fuinterpretato come una bestemmia, da chiamava la vela, che aveva fatto crescerel’impero inglese dall’Atlantico al Pacifi-co. La vela era il sogno dell’uomo dimare, che richiedeva la capacità di coniu-gare il vento del cielo con l’acqua deglioceani. Il suo fascino è rimasto intatto neisecoli. Anche oggi la Vespucci, la navescuola dell’Accademia Navale di Livor-no, suscita orgoglio e fierezza nellenuove generazioni.

Il passaggio dalla vela al motore èstato doloroso ma inesorabile anche seci sono voluti più di cinquant’anni primache il trasporto a motore facesse scom-parire quello a vela, che restò solo pergli appassionati del diporto. L’Ammira-gliato (Ministero della Marina), di cuilui era il titolare (1911-15), con in testal’ammiraglio Fisher, era decisamentecontrario al progetto. Churchill, però,aveva le idee chiare e non si fermòdavanti alle critiche che piovvero abbon-danti da parte di tutti i settori interessati,a cominciare da quello politico.

La parte più delicata del progetto d’in-novazione era quella relativa al supply dibunker C per la marina, dato che la produ-zione nazionale inglese non era in gradodi farvi fronte. La sicurezza del supply erauna cosa indispensabile per una marinacivile ma soprattutto per quella militare,

che doveva essere in grado di avere riserve abbondanti,per qualunque tipo di esigenza. Anche in questo casoChurchill tirò fuori dal cappello la sorpresa dell’accordoAnglo-Iraniano, che assicurava all’Inghilterra la sicurez-za del supply, che era la variabile più debole del progetto.Churchill aveva una visione strategica dei problemi cheera avanti anni luce rispetto a quella dell’industria navaledel suo tempo.

Strinse un accordo con l’Iran, creando la Anglo-Persian. Lo scopo di una mente illuminata era quello diandare a cercare il petrolio dove si produceva, entrarein joint-venture con il paese produttore e, quindi.diventare proprietari di tutto o di parte delle risorsenecessarie alla sicurezza dell’iniziativa. Con questamossa veniva neutralizzato uno dei punti più difficilida difendere, quello della sicurezza del supply. Lalobby del carbone, che vedeva minacciata la suasopravvivenza, fece una guerra terribile contro il suoprogetto, puntando sul fatto che il carbone del Gallesstava in casa e che, quindi, la sicurezza del supply eragarantita al massimo grado. Erano in molti a non averequella che oggi si chiama vision e a remare contro ilprogetto.

Nel 1913, quando l’accordo Anglo-Persian vennepresentato alla House of Commons, per avere l’appro-vazione politica, che era assolutamente necessaria perun progetto che stravolgeva la strategia della marinainglese e la sicurezza di un popolo dedito al commerciomarittimo, Churchill si trovò davanti a una confusamarea di oppositori. Economisti contrari a ulteriorispese navali di budget, lobbies del carbone che vedeva-no sfumare un mercato sicuro invocando la sicurezzadel supply, Conservatori che deprecavano il commerciodi Stato, oppositori partigiani che denunciavano il pro-getto fatto con denaro pubblico, privo di redditività epassibile di corruzione.

In tutte queste argomentazioni divergenti si finivasempre per evocare pericoli e soprattutto il problemadella corruzione. Si trattava di opposizioni che nonavevano a cuore lo sviluppo e l’innovazione tecnologi-ca né il benessere di tutto il Paese ma solo il portafo-glio di chi vedeva minacciata una rendita di posizione.Churchill, però, aveva davanti a sé una visione strategi-ca, quella di modernizzare il suo Paese, prima che lofacessero altre nazioni concorrenti. La sua immagina-zione e la sua abilità di politico, convinsero la maggio-ranza degli inglesi che la proposta era saggia, lungimi-

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fosse difficile per l’Italia, carente di materie prime,entrare in questo complicato business e pose le basi diquello che poi sarebbe diventato il suo cavallo di batta-glia, la creazione di una società energetica che mettessel’Italia sullo stesso piano delle grandi potenze che giàavevano messo in sicurezza il supply di petrolio e di gasper le loro industrie. Senza conoscere questi prodrominon è possibile capire l’opera gigantesca messa in piedida Mattei, che era tutta rivolta al servizio del suo Paese,esattamente come aveva fatto Winston Churchill per lamarina inglese.

Si tratta di due personaggi che erano completamen-te diversi uno dall’altro, per nascita, tradizioni, istru-zione ma che avevano in comune un grande ideale:quello d’immaginare un futuro che servisse meglio alloro Paese. Mattei aveva anche un’abilità “diabolica”di capire le persone, di selezionarle e di farle lavorare,anche gratis, per portare a termine la sua missione.Prima di decidere voleva sempre conoscere i dettaglidel problema.

Nominato commissario liquidatore dell’Agip, sipresentò all’ingegner Carlo Zanmatti, Presidente dellasocietà, esibendo il decreto con cui era stato nominatodal Governo commissario liquidatore della stessa. Volleconoscere le ragioni dei pessimi risultati di bilancioriportati negli ultimi anni: da cosa erano stati causati,perché i ricavi erano così inferiori alle spese e comemai la società petrolifera in tutti questi anni non erariuscita nella sua mission, non avendo trovato né petro-lio né gas. L’ingegner Zanmatti era un ottimo tecnicominerario. Lo accomunava a Mattei il grande senso diresponsabilità di lavorare per lo Stato, di amare profon-damente il proprio lavoro e di essere anche dotato diuna non comune riservatezza. Queste qualità piacquerosubito a Mattei, dopo aver sentito una risposta chiaraed esauriente alle sue domande.

Zanmatti spiegò a Mattei che la società era tecnolo-gicamente avanzata nel suo campo ma che a causadella guerra in corso le attività si erano formalmentefermate. In realtà, con molta riservatezza, i lavori eranocontinuati e nel 1944, nonostante la situazione bellica,la società aveva scoperto il più grande giacimento a gasnaturale non solo della Valle Padana ma di tutta l’Euro-pa. Il giacimento era quello di Caviaga, che avevariserve certe di gas naturale per circa 12 miliardi dimetri cubi. La notizia era stata tenuta segreta, per evita-re che i tedeschi mettessero in produzione il giacimento

rante e redditizia per il Paese.Riuscì, così, a trovare alla Camera dei

Comuni la maggioranza parlamentarerichiesta. L’accordo anglo iraniano sulpetrolio venne approvato nell’autunno1913 dalla Camera dei Comuni e divennelegge dello Stato. Churchill dichiarò cheora c’era un supply di combustibile diproprietà e, quindi, la sicurezza degliapprovvigionamenti era garantita. Quellascelta segnò il destino di un popolo macollocò anche la figura di Winston Chur-chill nell’empireo dei grandi della storia.La marina britannica divenne la reginadei mari e fu uno strumento essenzialeper vincere la prima guerra mondiale emantenere forte la presenza inglese nelcommercio marittimo.

Non si sa se la figura di Churchillabbia in qualche modo interferito sullescelte di Enrico Mattei. Credo di no.Uomini come Mattei e Churchill nasconoraramente e hanno una cosa in comune,la capacità di anticipare il futuro, quellache Einstein chiamava immaginazione.Nessuno dei due era un tecnico del setto-re specifico, ma ambedue hanno saputoanticipare la storia, Churchill nel settorenavale e Mattei in quello dell’energia.Senza conoscerla, Mattei applicò la dot-trina Churchill in una maniera perfetta.

La sua avventura nel mondo petrolife-ro cominciò nel 1945, quando, alla finedella seconda guerra mondiale, vennenominato commissario liquidatore del-l’Agip, una società petrolifera in stato fal-limentare. Mattei non era uno sconosciu-to ma uno dei capi del fronte di liberazio-ne nazionale (FNL), che aveva guidato laresistenza contro i tedeschi. Capi sinasce. Mattei era un vero capo. In lui erainnato il senso di comandare, dirigere,operare e organizzare. Mise in luce que-ste sue qualità fin da giovinetto, creando,poi, anche un’industria chimica che trat-tava merce di import export.

Questa funzione gli fece capire come

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e traportassero il gas con carri bombolaiin Germania.

Ma la notizia non finiva lì: ancheinglesi e gli americani, i vincitori dellaguerra, vennero a scartabellare gli archi-vi tecnici della società ma il managementAgip, opportunamente istruito da Zan-matti, aveva messo al sicuro da occhiindiscreti tutte le carte sismiche del gia-cimento. La bella notizia venne percepitaed elaborata istantaneamente da Mattei,che cambiò completamente atteggiamen-to verso Zanmatti. «Io sono venuto quiper licenziarla -gli disse Mattei- ma ora,dopo le preziose precisazioni che lei miha fornito, ho cambiato idea. Le propon-go di lavorare per me, anche se ora nonposso pagarla, dato che l’ho licenziata.Lei continuerà a lavorare su questo pro-getto e le prometto che, se ci sarà un suc-cesso, Lei avrà un posto molto importan-te nella società».

Raccomandò a tutti di mantenere lamateria del tutto riservata e preparò unpiano politico di sviluppo dell’attivitàmineraria dell’Agip. L’Italia era poveradi materie prime, specie per quantoriguardava petrolio e gas naturale. Men-tre Churchill si era preoccupato di trova-re le riserve di petrolio necessarie per farfunzionare la flotta inglese, Mattei, par-tendo da Caviaga, capì per primo inEuropa l’importanza del gas naturalenella crescita economica dell’Italia. Perfarlo gli servivano i pieni poteri e questigli vennero conferiti con la creazionedell’Ente Nazionale idrocarburi (ENI).Non fu un traguardo facile da raggiun-gere, come non lo fu per Churchill farel’accordo con l’Iran.

In questo caso erano in ballo una seriecomplicata di alleanze, tutte rivolte con-tro la creazione dell’Eni e del monopolioche Mattei aveva richiesto al Governoper valorizzare le risorse di petrolio e digas della Valle Padana. Mattei dovetteingaggiare una battaglia durissima, molto

più dura di quella di Churchill, per portare a termine ilsuo piano. Aveva contro il colosso italiano dell’industriaprivata, la Montecatini, una grossa fetta della Confindu-stria e soprattutto le società petrolifere straniere.

Se poi si fosse saputo che il disegno di Mattei nonera limitato alle risorse della Valle Padana, ma erarivolto ben più in alto, a mettersi su un piano paritariocon le sette sorelle, allora forse il suo piano non avreb-be avuto successo. Mattei fu abile a perseguire il primoobiettivo, che era quello della conquista della VallePadana, dato all’Eni in esclusiva assoluta, con il vinco-lo, però, gradito anche da Mattei, di non fare joint ven-tures con le società private. Con l’appoggio di EzioVanoni e di De Gasperi, che Mattei aveva sapientemen-te invitato all’inaugurazione del pozzo di Caviaga, perspiegare, con i fatti, i benefici che ne sarebbero derivatiper tutta l’industria italiana.

L’appoggio che Vanoni dette a Mattei fu decisivo perfargli vincere la battaglia conto gli oppositori del proget-to. Era stato l’amico Boldrini a presentargli Vanoni, astronascente della politica italiana e cervello della sua cresci-ta economica e fiscale. I due si capivano al volo senzaquasi parlare. Erano ambedue uomini del fare, di pocheparole e di fatti concreti. L’amicizia di Vanoni era ilmiglior viatico per la riuscita del suo progetto, che, dopouna durissima battaglia, ebbe il via libera dal Parlamento.La Valle Padana, dal 1953, era quindi diventata riserva dicaccia dell’imperatore dell’Eni. La sua fama crebbe adismisura, varcando i confini del paese.

Durante un ricevimento al Quirinale, Fanfani pre-sentò Enrico Mattei a Charles de Gaulle, che era in Ita-lia in visita ufficiale. Il Presidente francese, con untono sprezzante, si rivolse a Mattei chiamandolo:“Votre Majesté”. Poteva sembrare una frase di cortesia

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o forse non ne valutò appieno la consistenza andandoavanti come un treno sul suo obiettivo. Da una società inliquidazione creò la sesta compagnia petrolifera mondialee dette all’Italia la sicurezza di un supply molto variegato,che spaziava dai paesi africani, al Medio Oriente e allaRussia. Con il tramonto della politica di espansione territo-riale e della conseguente perdita di egemonia sulle nazioniLDC, la nuova frontiera, formata dagli accordi commer-ciali tra le parti, aveva sostituito la colonizzazione politicadella conquista territoriale. Non era molto, ma era comun-que un grosso passo avanti, in quanto i Paesi LDC poteva-no amministrare con chi volevano le loro materie prime.

Mattei si incuneò con un’abilità incredibile in que-sta terra di nessuno e strinse accordi commerciali, subasi nuove e molto più remunerative di quelle fatte inpassato dalle majors, con una miriade di Paesi produt-tori di petrolio e di gas naturale. La lungimiranza diMattei venne premiata, perché fu in grado di garantireall’Italia rifornimenti di petrolio e di gas a prezzi con-venienti e permise all’industria italiana dell’indotto dicrescere e di espandersi, dando lavoro e benessere amigliaia di famiglie. Mattei ha raggiunto i risultati chesi era imposto ma li ha pagati a caro prezzo. L’attentatoal suo aereo, caduto in fase di atterraggio a Bescapè, neha fatto un mito che a distanza quasi di 54 anni ancora

ma alla luce degli avvenimenti futuripoteva sembrare anche un avvertimento,se si tiene conto della scarsa considera-zione che i francesi avevano nutrito inpassato per il re Luigi XVI di Borbone.

Vinta la battaglia per la Valle Padana,Mattei dette inizio alla seconda fase delpiano, quella di entrare a pieno titolo,come le majors Usa, nel mercato mondia-le del petrolio e del gas naturale. Questaseconda battaglia fu molto più aspra dellaprecedente. Le sette sorelle, assecondateanche dalla BP e dalla Total, fecero ilpossibile e l’impossibile per tenere l’A-GIP lontano da quest’area di business.Enrico Mattei, però, come Churchill,aveva una marcia in più: avendo trovatochiuse le porte delle sette sorelle, si misea dialogare direttamente con le NationalOil Companies (NOCs), bypassandocompletamente le majors e le due compa-gnie europee, con un piano che mandò sututte le furie non solo le società privatema anche i Governi Usa, francese einglese. Ci furono formali proteste uffi-ciali presso il nostro Governo, accompa-gnate anche da minacce.

Mattei, però, non si fece impressionare

Alcide De Gasperi e Enrico Mattei

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li, che è stata la Bibbia economica con cui è rinata l’I-talia, uscita a pezzi dalla guerra mondiale.

In quel consesso c’erano uomini illustri guidatinelle scelte da personaggi politici come Taviani, Moro,Andreotti, Gonnella, La Pira, che erano un’élite politi-ca della cultura cattolica e supportati da tecnici di valo-re come Vanoni, Saraceno, Ferrari Aggradi e Paronetto.L’Italia quando vuole sa uscire dalle crisi politiche edeconomiche: anche oggi i mezzi per affrontare la crisici sono. Basta con la demonizzazione dei politici e conun’esaltazione sfrenata dei tecnici. I tecnici sono indi-spensabili per le linee guida dello sviluppo ma la lineadove andare, come si è visto con Winston Churchill econ Enrico Mattei, deve essere tracciata da coloro chehanno quella straordinaria dote che Albert Einsteinchiamava immaginazione. Einstein era un genio manon si sarebbe mai sognato di fare il capo politico. Lapolitica è la più bella e più difficile delle arti, la piùcomplessa, quella che indica la strada maestra per unosviluppo organico di una nazione.

Platone ne ha dato un saggio magistrale nei suoiscritti: non esistono le forme di Governo ottimali, lecostituzioni migliori ma esistono uomini migliori dialtri, quelli che fanno la differenza tra i professionistidella politica e quelli come De Gasperi e Vanoni, Chur-chill e Mattei, che hanno lavorato per il bene vero delloro Paese e non solo. Un episodio valga per tutti: Enri-co Mattei, quando si recò dal Presidente della BancaCommerciale, Raffaele Mattioli, per richiedere unfinanziamento per lo sviluppo del giacimento a gas diCaviaga, si sentì rispondere che per avere un finanzia-mento bisognava essere in grado di dare adeguategaranzie, che una società come l’Agip, peraltro inliquidazione, non poteva offrire. «Con che cosa migarantisce il prestito?» chiese Mattioli a Mattei. Certonon avrebbe mai immaginato la risposta che gli detteMattei: «Presidente, garantisco con i miei beni perso-nali!» Raffaele Mattioli, che pure era un esperto ban-chiere, rotto a ben altre emozioni, restò esterrefatto difronte a tale risposta. Capì al volo la personalità diMattei e fu il primo banchiere a sostenere apertamentel’operato di Enrico Mattei e a garantirne la crescita diquello che sarebbe diventato l’impero ENI, su cui inmolti, anche oggi, cercano di mettere le mani!

•Docente al Dottorato in Energia e Ambiente,Dipartimento Ingegneria Astronautica Elettrica e Energetica,

Sapienza Università di Roma, Facoltà di Ingegneria

resiste, non solo in Italia, ma anche intutti Paesi emergenti, specie nelle giova-ni generazioni.

La cosa che sorprende di più non ètanto l’alone di gloria che ancora lo cir-conda ma l’omaggio e la stima cheancora oggi il personaggio gode neiPaesi in via di sviluppo. L’Algeria incambio dell’appoggio che Mattei hadato al FLN algerino contro il coloniali-smo francese, gli ha dedicato il gasdottoEnrico Mattei, che partendo da Hassi ‘RMel arriva al confine con la Tunisia. Neltratto di mare da Capo Bon a Mazara delVallo, il gasdotto si chiama Transmed,con buona pace di chi ha dato la vita perassicurare al proprio Paese la sicurezzadel supply di energia.

La guerra all’anomalia Eni, comeveniva dipinta dai media internazionalipagati dalle multinazionali, non è peròancora terminata. Continuano le batta-glie per indebolirne la presenza, dentro efuori del sistema, che hanno già ottenutodei significativi successi con la venditadella Nuova Pignone, con la separazionesocietaria di Snam da Eni, con la separa-zione della Stogit dall’Agip e con lariduzione della quota Eni in Saipem, ilgioiello mondiale della galassia Eni.Non si capirà mai abbastanza quanto siaimportante la sicurezza del supply dienergia per un Paese come l’Italia, scar-sa di materie prime.

L’energia è come il sangue per ilcorpo umano. Se manca il corpo muore.Così affermava il presidente franceseGeorge Clemenceau. L’unico confortoche ci viene incontro è quello di sapereche nei momenti di grande difficoltà ilnostro Paese ha saputo tirar fuori le suequalità migliori, quelle di Vanoni, DeGasperi e Mattei, dopo la seconda guer-ra mondiale, che hanno portato all’oscardella lira. Allora, però, c’era una classedirigente che ha saputo, in tempi moltodifficili, elaborare il codice di Camaldo-

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ricorso a prestazioni sanitarie nel privato. Il settore privato,infatti, negli ultimi due anni ha registrato un aumento dellaspesa sanitaria del 3,2%, per un totale di 34,5 miliardi di eurospesi tra ticket, esami e prodotti medici; quindi sono sempredi più gli italiani che scelgono di farsi visitare e curare nellestrutture private, o di ricorrere all’intramoenia.

Perché questa scelta? Soffermiamoci su alcune criticità che devono essere

affrontate dal paziente. I tempi d’attesa nel pubblico sonotroppo lunghi e, secondo la percezione diffusa, la qualità delservizio è sempre più scadente. Inoltre, nel privato gli ambu-latori, i laboratori e gli studi medici sono aperti anche ilpomeriggio, la sera e nei weekend. A tutto ciò, si aggiunge ildato più serio, ossia il fenomeno della “sanità negata”: nel2012 erano 9 milioni gli italiani che rinviavano o rinuncia-vano alle prestazioni sanitarie perché non in grado di affron-tare la spesa ed è ancora più allarmante il fatto che, solol’anno scorso, 2 milioni di anziani non si sono potuti curareperché non in grado di pagare il ticket.

Se prendiamo in considerazione il punto di vista deglioperatori la situazione sembra essere anche peggiore. ènoto, infatti, che la fuga dei medici italiani verso l’estero stadiventando un fenomeno in ascesa. Se si considerano i datidel 2009, in soli 5 anni sono sestuplicati i medici italiani chehanno deciso di fuggire dall’Italia. Perché questa scelta?Negli altri Paesi lo stipendio è decisamente maggiore (inSvizzera almeno 3 volte), i turni di lavoro meno stressanti ela formazione decisamente migliore. Io stesso sono statoall’estero per poter migliorare la mia formazione e ne sonobuon testimone.

Per quanto riguarda la carica di Direttore di una strutturasanitaria (Primari), la situazione è, se possibile, ancora piùparadossale. Il Direttore di Struttura Complessa è attualmen-te un tecnocrate attento alle relazioni con il “palazzo” e aicosti delle prestazioni. In pratica, si è passati da un profes-sionista impegnato nella cura dei pazienti a un responsabiledell’erogazione di prestazioni.

Negli Ospedali italiani il Direttore di Struttura Comples-sa ha anche obblighi manageriali, come previsto per legge.La recente sentenza della Cassazione, n. 22338 del 22 otto-bre 2014, riporta ancora una volta all’attenzione generale laproblematica inerente alla questione delle responsabilità inambito ospedaliero. Peccato, però, che nelle strutture pub-bliche il Direttore di Struttura Complessa non abbia la pos-sibilità di agire in modo manageriale!!!

la mia esperienza professionale è nata inun Centro trapianti italiano, poi ho lavo-rato in un Centro oncologico di alta spe-

cializzazione e, successivamente, sono statochiamato a dirigere un reparto ospedaliero diun capoluogo di Regione per poi decidere,seppure costretto, di assumere la responsabi-lità di dirigere un reparto di Chirurgia onco-logica di un Ospedale privato convenzionatodella Regione Lombardia. Un’esperienzalunga, durante la quale ho avuto la fortuna diapprendere molto e di frequentare Centri dialtissima qualità, sia italiani che esteri, spo-standomi da Parigi a Innsbruck a Tokio eKioto, fino a raggiungere quella che defini-rei: una buona preparazione professionale.

Questa variegata esperienza mi ha datola possibilità di avere un’idea chiara, matu-rata sul campo, delle profonde differenze trail Servizio Sanitario Nazionale (SSN) pub-blico e il “privato”. Vorrei, quindi, condivi-dere alcune riflessioni, e valutare la situa-zione, non solo come operatore sanitario,ma anche, tenendo conto del punto di vistadei pazienti-cittadini-utenti del SSN. è atutti noto che l’80% del bilancio delle regio-ni italiane è destinato alla spesa per la sanitàpubblica. Purtroppo a fronte di una spesacosì ingente, il quadro della sanità pubblicaitaliana non è certamente dei più rosei,come emerge dagli ultimi rapporti del Cen-tro Studi Investimenti Sociali (Censis) sulservizio sanitario del nostro Paese.

Nello stesso tempo, però, è in aumento il

SANITÀ PUBBLICA E PRIVATAESPERIENZE E RIFLESSIONI SULLA SANITÀ IN ITALIA

di ADELMO ANTONUCCI•

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Un Direttore di Struttura Complessa nonpuò decidere la pianta organica, cioè il nume-ro dei collaboratori necessari, perché la deci-sione è presa dalla Regione e dal DirettoreGenerale. Non ha la possibilità di scegliere icollaboratori, perché la legge prevede unconcorso e, come se non bastasse, il concorsodeve essere preceduto da un bando per mobi-lità interregionale. Non ha la possibilità discegliere le apparecchiature tecnologiche disupporto che, soprattutto in alcune discipline,sono indispensabili. Le apparecchiature ven-gono acquisite con gare pubbliche solo dopoun lungo, anzi lunghissimo, iter burocratico.Non può decidere le risorse: numero di sedu-te operatorie, tempi di degenza, tempi di ese-cuzione degli esami, e così via.

Il lavoro e le competenze del Direttoredi Struttura Complessa sono sottoposte alvaglio del Direttore Generale, nominatodalla Regione e, quindi, con nomina politi-ca. Sic!!! Le competenze e il lavoro delDirettore di Struttura Complessa, quindi,sono considerati positivi se si allineano aidettami della politica. Ma non tutto il siste-ma pubblico è così disastroso. Esistonorealtà pubbliche, anche se poche e general-mente situate in Regioni virtuose, che ero-gano un servizio sanitario di altissima qua-lità con professionalità di altissimo livello.

In questa situazione s’inserisce la miaesperienza di chirurgo con formazione inCentri di altissima specializzazione italianaed estera che, giunto a maturazione profes-sionale, partecipa e vince il concorso pub-blico per Direttore di Struttura Complessa.Mi viene, così, assegnato il compito di

rilanciare la chirurgia oncologica, di sviluppare programmiche implementino la chirurgia maggiore per dar luce a unCentro di Alta Complessità.

L’inizio sembrava promettente, sebbene gravato dipastoie burocratiche, ma quando il lavoro stava prendendoquota, tanto che da essere un Centro di riferimento perpazienti afferenti anche da regioni limitrofe, ecco che inter-vengono quelle che amo definire “le beghe del pubblico”. Sicominciano a creare invidie tra colleghi, che chiedono eottengono supporto dalle istituzioni politiche. Le conse-guenze sono gravi e pericolose, tanto che per ridurre la listadei pazienti in attesa di intervento chirurgico e avere piùsedute operatorie ho dovuto ricorrere al Tribunale dei Dirittidei Malati.

Non solo, ma quando ho avanzato la proposta di creareun Centro di Riferimento oncologico, di cui la Regioneaveva effettivamente bisogno, quella che a parole sembravaun’idea brillante, nei fatti è stata tenacemente ostacolatadalle istituzioni, dalla politica e dalle lobby. Sono, quindi,stato contattato da un’altra istituzione pubblica di un’altraRegione ma ho rifiutato perché la situazione logistico-politi-ca sembrava simile.

Poco dopo sono stato contattato da una struttura privataconvenzionata della Regione Lombardia per far nascere ecrescere un Centro di Chirurgia Oncologica e un IstitutoOncologico. La differenza è stata palese sin dai primimomenti: mi è stato chiesto di cosa avevo bisogno, delnumero di collaboratori, apparecchiature tecnologiche, delnumero di letti, delle sedute operatorie etc.

Mi è stata data la possibilità di scegliere i collaboratori ele apparecchiature, che sono state immediatamente acquista-te ed erano pronte il giorno della mia presa di servizio. Ilprimo giorno di lavoro ero, quindi, pronto a fare il mio lavo-ro, quindi “produttivo”, senza dover attendere l’espletamen-to delle gare, i concorsi, i ricorsi prima di poter produrrevalore con prestazioni sanitarie. Nel tempo, sono stateacquisite tutte le professionalità necessarie per completare emigliorare le mie prestazioni: un radiologo interventista,assistenti scelti personalmente da me, metodologie più raffi-nate di diagnosi patologica, genetica e radioterapica.

Questo sistema ha portato in 5 anni a risultati estrema-mente soddisfacenti: nel 2016 sono stati eseguiti circa 280interventi di chirurgia maggiore e oltre 200 interventi di chi-rurgia oncologica. Si è avuto un tasso di complicanze del10%, con una degenza media 7,3 giorni, nessuna mortalitàcorrelata a interventi chirurgici. Siamo, quindi, perfettamen-te allineati con le grandi istituzioni italiane ed estere sulleinnovazioni tecnico-chirurgiche.

Gli interventi sul colon vengono eseguiti con approcciovideolaparoscopico nell’80% dei casi. Eseguiamo 40-50resezioni epatiche/anno soprattutto per metastasi, il 15-20%con approccio videolaparoscopico, eseguiamo correntemen-te resezioni pancreatiche videolaparoscopiche, applichiamo

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acido urico ai limiti alti della norma e performance cognitiveparticolarmente brillanti (1). Questa e altre evidenze scienti-fiche, da un lato, hanno dato credito all’ipotesi che l’acidourico possa esercitare effetti neuroprotettivi e, dall’altro,hanno indotto a guardare con una certa preoccupazione ilivelli circolanti di acido urico particolarmente bassi (2,3).

Invero, l’acido urico sembra avere tutte le potenzialitàper esercitare un’azione analettica a livello cerebrale essendostrutturalmente una metixantina, simile alla caffeina(2,3).Quest’effetto, sicuramente interessante come quelli antiossi-dante e immunomodulante proposti da numerosi ricercatori,probabilmente ha rappresentato un vantaggio evolutivo neisecoli in cui la penuria di nutrienti e le condizioni ambientalispesso proibitive imponevano all’organismo l’ottimizzazionedi tutti i meccanismi adattativi (2,3).

Purtroppo nei tempi moderni la traiettoria dell’evoluzione

la gotta colpisce più spesso gente spiri-tosa che stupida. Questo adagio, che dapiù parti viene attribuito a uno dei padri

della medicina inglese Thomas Sydenham,riflette l’antico convincimento che la gottatendesse a prediligere persone particolar-mente dotate dal punto di vista intellettivo.Convincimento indubitabilmente legittimose si considerano alcune tra le sue “vittimeillustri”: Alessandro Magno, Giulio Cesa-re, Carlo Magno, Voltaire, Newton,Darwin, Leonardo e Luigi XIV, solo percitarne alcuni.

Peraltro, nei tempi moderni questo con-vincimento ha trovato un valido sostegno inalcune eleganti ricerche che hanno dimostra-to una relazione indipendente tra livelli di

ACIDO URICO E FUNZIONI COGNITIVE:“AMICI O NEMICI”?

di GIOVANBATTISTA DESIDERI•

nel 70% dei pazienti il programma “Enhan-ced Recovery After Surgery” (ERAS),ovvero un programma che permette di otte-nere un miglior recupero dopo un interventochirurgico. Partecipiamo a programmi e“survey” nazionali ed internazionali.

Probabilmente, anzi sicuramente, tuttociò non sarebbe stato possibile nel sistemapubblico italiano avvitato su quello cheviene definito “contenimento della spesa” eche si realizza applicando tagli “senza crite-rio”, dando spazio a ingerenze politiche elobbistiche sovente a scapito del cittadino.

Nel nostro sistema pubblico un Direttoredi Struttura Complessa spesso non ha uninterlocutore o anche se presente, non offrerisposte concrete. Nel privato l’interlocutore èpresente, recepisce il problema, discute etrova una soluzione. è evidente che nel priva-to viene richiesta un’efficienza che nel pub-blico non è fondamentale. Nel sistema pubbli-co il 97% del budget viene impiegato neiLivelli Essenziali di Assistenza (LEA) conl’obbiettivo di contenere la spesa, e purtroppo

le proposte o i progetti non considerati LEA vengono recepiticome un aggravio di spesa e dunque non perseguiti.

Quali sono allora le soluzioni per risanare il sistemasanitario pubblico che rischia di collassare entro il 2030?

è necessario adeguarsi alle regole comunitarie sugliorari di lavoro, sulla formazione, così come è necessarioallinearsi nella retribuzione degli operatori del servizio sani-tario. Solo in questo modo si può arginare il fenomenodell’emigrazione all’estero di professionisti, che hanno entu-siasmo e progettualità innovative. Mentre per quantoriguarda il cittadino, si può condividere la proposta di Fiam-metta Rubini: pagamento del ticket da parte di tutti e polizzeintegrative qualificate meglio ma la strada da percorrere èancora lunga.

Stando ai risultati della ricerca Censis, più della metàdegli italiani ritiene che chi ha le possibilità economichedovrebbe stipulare una polizza sanitaria o aderire alla sanitàintegrativa. In questo modo si avrebbe un minor afflussoagli ospedali pubblici e si immetterebbero risorse nel Siste-ma Sanitario Nazionale. Le casse della sanità pubblica siarricchirebbero di 15 miliardi di euro l’anno, ma il seviziodovrebbe essere qualificato e ben gestito.

•Responsabile della Chirurgia Oncologica ed Epato-Bilio-Pancreatica del Policlinico di Monza

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genetica è entrata in rotta di collisione conquella dell’evoluzione sociale che, rendendodisponibili a strati sempre più larghi dellapopolazione cibi ipercalorici e ricchi di puri-ne, ha determinato una diffusione epidemicadell’iperuricemia e, conseguentemente, unaumento della diffusione della malattia gotto-sa che, oggi, rappresenta la forma di artritepiù frequente nell’anziano, nonché dellepatologie cardionefrometaboliche correlateall’iperuricemia (4).

Se consideriamo, a esempio, che l’effet-to antiossidante dell’acido urico si trasformain un potente effetto proossidante quando leconcentrazioni plasmatiche di questo meta-bolita aumentano (5), ben si comprendecome le evidenze di un possibile effetto pro-tettivo dell’acido urico, anche a livello cere-brale, siano state progressivamente soppian-tate dalle dimostrazioni sempre più convin-centi che l’iperuricemia cronica possa essereconsiderata un’altra tessera da inserire nelcomplesso mosaico del rischio cardiovasco-lare globale e dei determinanti del deteriora-mento cognitivo (3).

Iperuricemia e funzioni cognitiveNel corso degli ultimi anni un numero

crescente di evidenze scientifiche ha portatoa ipotizzare l’esistenza di una “relazionepericolosa” tra i livelli circolanti di acidourico e le funzioni cognitive fornendo ladimostrazione di un’associazione indipen-dente tra l’aumento dei livelli circolanti diquesto prodotto del metabolismo purinico eil rischio di deficit cognitivo su base vasco-lare e di patologia dei piccoli vasi cerebraliin diversi contesti clinici, quali i soggettianziani residenti in comunità (6) o inpazienti con malattia renale cronica (7).

è interessante notare come la relazionetra acido urico e disfunzione cognitiva siasoprattutto evidente per le funzioni esecuti-ve, quali la velocità di elaborazione, lamemoria verbale e la working memory(6,7), che sono particolarmente sensibili aglieffetti lesivi dei fattori di rischio cardiova-scolare (8). è ancor più interessante notarecome questa “relazione pericolosa” sicominci a delineare per livelli di uricemiainferiori al punto di saturazione dell’acidourico, pari a 6.8 mg/dL a livelli fisiologici ditemperatura e ph: a indicare che questo pos-

sibile effetto lesivo dell’a-cido urico è largamenteindipendente dalla precipi-tazione di cristalli di uratomonosodico che, invece,rappresenta il determinan-te fisiopatologico deldanno articolare (3,9,10).

In controtendenza,almeno apparente, conqueste evidenze della let-teratura scientifica, alcunistudi hanno descrittoridotti livelli di acido uriconei pazienti con malattiadi Alzheimer o condemenza vascolare concla-mata (11,12,13). Alcune evidenze, inoltre, suggeriscono lapossibilità che aumentati livelli circolanti di acido urico inpazienti con un inziale deficit cognitivo riducano il rischiodi progressione verso la demenza (14). L’impatto dell’acidourico sul rischio di demenza tenderebbe, inoltre, a scompari-re per essere sostituito da un effetto addirittura protettivodopo aggiustamento per le eventuali comorbidità presenti,quali ipertensione e malattie cerebrovascolare (15).

Queste discrepanze tra le diverse evidenze della letteratu-ra scientifica sono probabilmente da ricondurre a differenzenelle popolazioni arruolate nei diversi studi e al diverso gradodi aggiustamento per i potenziali fattori di confondimento. Vaaltresì considerato che i livelli circolanti di acido urico forni-scono un’indicazione, sia pur approssimativa, sullo statonutrizionale dell’individuo. I ridotti livelli circolanti dell’aci-do urico nel paziente affetto da demenza potrebbero, quindi,riflettere uno stato di ipoalimentazione che ha in sé tutte lepotenzialità per favorire la progressione del deterioramentocognitivo a prescindere dai livelli circolanti di acido urico.

Ridotte concentrazioni plasmatiche di acido uricopotrebbero anche riflettere una diminuzione delle difeseantiossidanti dell’organismo, condizione di cui è stato datempo postulato un ruolo patogenetico nella malattia diAlzheimer (11,12,13). Invero, nella loro globalità le eviden-ze della letteratura scientifica sono piuttosto suggestive diun possibile coinvolgimento dell’iperuricemia nella genesidel deterioramento cognitivo, ipotesi che trae un solidosostegno anche nella plausibilità biologica di quanto sugge-rito dagli studi epidemiologici.

Meccanismi di danno cognitivo nel paziente iperuricemico

Dal punto di vista fisiopatologico l’acido urico sembraavere tutte le potenzialità per favorire la comparsa e la pro-gressione del deterioramento cognitivo. Un primo meccani-smo da considerare è rappresentato dal danno vascolare,

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do con il perossinitrito, può generare radicali proossidanti(21). Infine, se, da un lato, l’acido urico agisce come antios-sidante nell’ambiente extracellulare, dall’altro, può indurre alivello cellulare un aumento dello stress ossidativo (5,22,23).

Oltre a questo possibile effetto proossidante diretto del-l’acido urico va anche considerato che la reazione enzimaticada cui dipende la formazione dell’acido urico (catalizzatadall’enzima xantina-ossidasi) porta alla formazione di speciereattive dell’ossigeno (in particolare superossido e perossidodi idrogeno) che sono in grado di reagire con l’ossido nitricoper formare perossinitrito, una specie ossidante di natura nonradicalica (3).

Questa reazione porta a un duplice effetto negativo: daun lato, la degradazione dell’ossido nitrico s’accompagna auno sbilanciamento della funzione endoteliale in senso proa-terogeno, protrombotico, vasocostrittore; dall’altra, il peros-sinitrito di per sé è una specie altamente reattiva che amplifi-ca gli effetti dello stress ossidativo(3). A conferma di ciò, ilblocco farmacologico della xantina ossidasi s’è dimostratoefficace nel migliorare la vasodilatazione endotelio-dipen-dente, espressione d’una migliorata biodisponibilità di ossidonitrico, con modalità dose-dipendente apparentemente svin-colata dalla riduzione dei livelli circolanti di acido urico (3).

Un ultimo meccanismo attraverso cui l’acido urico puòinfluenzare le funzioni cognitive è rappresentato dall’indu-zione di uno stato di flogosi sistemica cronica (24,25). Gliurati sono, infatti, in grado di stimolare la produzione diangiotensina II, trombossano, interleuchina 1β, interleuchi-na 6 e tumor necrosis factor (TNF) α da parte di cellulemononucleate umane e la loro infusione in ratti causa l’in-cremento dei valori di TNFα circolanti (3,22).

Studi epidemiologici condotti in soggetti anziani hannoanche evidenziato una correlazione tra i livelli plasmatici diuricemia e i marcatori di infiammazione sistemica (globulibianchi, PCR, citochine, TNFα) suggerendo che l’iperurice-mia possa contribuire allo stato infiammatorio che si riscon-tra nei quadri di patologia cronica con diretta ripercussionesulle funzioni cognitive (3).

Queste evidenze scientifiche suggeriscono la possibilitàche una riduzione dei livelli circolanti di acido urico, soprat-tutto se ottenuta attraverso il blocco selettivo della xantinaossidasi, possa tradursi in un beneficio nei riguardi della com-parsa e della progressione del danno cognitivo in quantoandrebbe a spegnere, o quantomeno ad attenuare, alcuni mec-canismi fisiopatologici di cui da tempo è noto il coinvolgi-mento fisiopatologico nella genesi del deterioramento cogniti-vo.

ConclusioniLe evidenze della letteratura scientifica suggeriscono il

possibile coinvolgimento dell’acido urico nella patogenesidel deterioramento cognitivo e della demenza. Questa “rela-zione pericolosa” tra acido urico e funzioni cognitive par-

prima funzionale e poi anatomico, chepotrebbe determinare una riduzione del flus-so ematico cerebrale a un livello di criticitàtale da innescare i meccanismi di danno neu-ronale (8,16). Una riduzione distrettualedella perfusione corticale rappresenta, infat-ti, una delle più precoci alterazioni nellamalattia di Alzheimer (8,16).

In linea con questa ipotesi è la dimostra-zione che livelli circolanti anche solo mode-ratamente aumentati di acido urico sonoassociati a una aumentata estensione deldanno ischemico cerebrale, soprattutto neisoggetti più anziani (6). Gli aumentati livellicircolanti di acido urico sono, inoltre, asso-ciati a un aumentato rischio di stroke (17)che, a sua volta, aumenta di rischio di svi-luppare demenza vascolare ed accelera laprogressione del danno cognitivo nellamalattia di Alzheimer (18).

Un altro potenziale determinante deldanno cognitivo nel paziente iperuricemico èrappresentato da un aumento dello stressossidativo (3). A questo riguardo è ben notoche l’acido urico può agire, almeno in vitro,come scavenger di numerosi ossidanti, qualil’anione superossido e il perossinitrito(19,20) con un’efficacia anche superiorerispetto a quella dell’acido ascorbico. Peral-tro i suo livelli circolanti sono tali da garan-tirgli un ruolo centrale nell’ambito delle dife-se antiossidanti dell’organismo.

In realtà, l’effetto antiossidante dell’aci-do urico sembra progressivamente attenuarsicon l’aumentare della sua concentrazione neifluidi biologici per tramutarsi addirittura inun effetto proossidante per concentrazioni>6 mg/dL (5). L’acido urico, inoltre, reagen-

Modello molecolare 3D dell’acido urico

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rebbe estrinsecarsi, come per le altre mani-festazioni extra-articolari del danno da ipe-ruricemia, per livelli di uricemia anche infe-riori al valore di 6 mg/dL che rappresenta iltarget terapeutico per il paziente gottoso.

Resta da definire se la riduzione deilivelli circolanti di acido possa tradursi inuna riduzione del rischio di svilupparedemenza o rallentare la progressione di uniniziale deficit cognitivo. Studi disegnati adhoc dovranno completare la “triade” di ele-menti che dimostrano inequivocabilmente la“pericolosità” di una relazione: l’associazio-ne epidemiologica, la plausibilità biologica,l’evidenza di un vantaggio derivante dallacorrezione del fattore di rischio.

Considerando che la slatentizzazione, prima, di un varia-bile grado di deficit cognitivo e, poi, della demenza concla-mata rappresenta il momento finale di un percorso fisiopato-logico che dura molti anni, è evidente che il maggior benefi-cio in termini di protezione cerebrale derivante dal controllodell’uricemia potrebbe essere ottenuto con un intervento chedovrebbe essere necessariamente precoce, in linea con i det-tami della prevenzione primaria.

Considerando, anche, la rilevanza della patologiadementigena, non appare certamente improprio suggerire uncontrollo di tutti quei fattori, compreso l’aumento dei livellicircolanti di acido urico, di cui è stato dimostrato, o anchesolo fondatamente proposto, un possibile ruolo patogeneticonella demenza senile.

•Divisione di Geriatria, Dip.to di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università dell’Aquila

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attori (anche uno solo) con il preciso intento di eviden-ziarne “la morale”.

Il proverbio offre una sintesi lapidaria di entrambe lestrutture narrative. è facile da ricordare e da collocare inuna particolare situazione.

Vladimir Propp (1895-1970) in Morfologia della fiaba(1928), classificando una grande quantità di fiabe, arrivòalla conclusione che la fiaba è “una e una sola”, dallamorfologia ben definita: i personaggi vanno classificatiper le funzioni che svolgono, indipendentemente dallaloro natura. La concatenazione degli eventi narrati utilizzauna struttura fissa, composta da pochi elementi di base eun numero finito di personaggi, con un massimo di trentu-no variabili.

La descrizione di Propp è interessante anche per l’in-dicazione delle “funzioni” che i personaggi possono effet-tivamente svolgere: a esempio, chi svolge la funzione di“aiutante” non è qualcuno che si possa riconoscere cometale per aspetto o collocazione sociale, bensì chi aiutaeffettivamente l’eroe nelle contingenze del suo viaggioesperienziale e cognitivo.

Il tempo dei fatti narrati deve rassicurare lo spettatorepresentandogli i fatti narrati come molto lontani da lui,dal suo presente e quindi, per quanto possano appariretemibili, spaventosi, pericolosi, improbabili o assurdi,senza alcun reale pericolo per lo stesso spettatore.

Tali narrazioni offrono, così, un’eccellente palestra perla gestione delle emozioni, per una riflessione in pienasicurezza. La dicitura chiave è “In un tempo lontano, lonta-no”, non importa se passato o futuro. La narrazione, così,diventa intrattenimento e svago anche se di fatto narra diaspetti reali, di esecrabili, inaccettabili, orrendi comporta-menti umani.

Le fiabe possono sembrare il retaggio di un tempo incui le tecnologie e i mezzi di comunicazione erano “pri-mitivi” e perciò possono sembrare desuete; di fatto se necontinuano a scrivere, a pubblicare, a rappresentare, aleggere e a narrare anche se con alcune “precisazioni”.Molte fiabe scritte oggi, infatti, sono solo parzialmenteascrivibili alla tipologia comunicativa della fiaba “classi-ca” poiché questa documentava una realtà narrata periperboli legate a eventi reali.

Considerando il parametro “documentale” rilevabilenella struttura narrativa, potremo effettuare la seguenteclassificazione: “fiaba distopica” (es.Fritz Lang); “fiabafuturista” (es. Mary Shelley, Aldous Huxley); “fiaba ditransizione” (es. Tolkien, Terry Brooks); “fiaba contem-poranea” (es. Clint Eastwood).

“C’era una volta ...”, “In un tempolontano, lontano...”, “In un futuromolto, molto lontano ...”: sono alcuni

degli incipit di fiabe, di romanzi o scriptsdi pellicole cinematografiche tesi a rassi-curare il lettore, l’ascoltatore, lo spettatoreproponendogli una descrizione di eventiapparentemente lontani dal presente.

La costante è la narrazione di eventidistanti dal lettore/spettatore e per questorassicurante, legati a reali esperienze di“riti d’iniziazione” finalizzati al passaggiodall’inesperienza alla conoscenza o dall’e-sperienza inconsapevole alla consapevo-lezza: passaggio reso possibile attraversoil superamento di prove difficili, a voltelegato al successo ma spesso anche a cata-strofiche conseguenze.

La fiaba descrive il ciclo articolatoesperienziale e conoscitivo che porta ilsoggetto dal “vissuto” al “conosciuto”; incui, con l’esercizio del libero arbitrio, dellacapacità di discernere, della consapevolez-za di sé e dell’autostima, l’eroe superaogni tentazione, inganno e dubbio oppurefallisce per le sue scelte incaute. Quindi ilciclo narrativo di ogni fiaba rende consa-pevole lo spettatore degli effetti e delleconseguenze delle scelte dell’eroe.

La differenza fra vittoria o sconfitta èdeterminata dalla capacità dell’eroe digestire le sue esperienze secondo il suopersonale e autonomo spirito critico, eser-citandolo nell’osservare le apparenze dellarealtà che lo circonda in modo da avereuna visione d’insieme in cui e da cui per-cepire correttamente la qualità dei dettagliche la compongono; egli sarà così ingrado di intervenire consapevolmente eopportunamente per gestire ogni situazio-ne apparente, piuttosto che esserne gestito.

La fiaba riporta notizie e documentazio-ne di eventi reali del vissuto umano eambientale, arricchite da particolari stilinarrativi.

La favola ha un significato didatticolimitato e immanente focalizzato su unabreve esperienza vissuta da pochissimi

I TEMPI DI PROPPdi ANTONELLA LIBERATI•

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Consideriamo “futurista” qualsiasiscritto che denunci aspetti della realtàcontemporanea esistenti ma non ancoraben percepiti dalla maggioranza dell’opi-nione pubblica, indicandone anche le pro-spettive distopiche. Ne è un chiaro esem-pio il primo romanzo di fantascienzaFrankenstein di Mary Shelley (pubblicatonel 1818) che, contestualizzato storica-mente nel tempo in cui visse la scrittrice,appare come una documentazione degliesperimenti di applicazione dell’elettricitàa corpi senza vita (Luigi Galvani nel 1791aveva pubblicato De viribus electricitatisin motu musculari commentarius) dove lascrittrice, avendo percepito le potenzialitàdei prossimi sviluppi di tali “biotecnolo-gie”, cerca di avvertire l’opinione pubbli-ca delle possibili conseguenze che potran-no derivarne in ogni ambito sociale, politi-co, economico e ambientale.

Sono molti gli scrittori di “fiabe” concaratteristiche essenzialmente distopiche,puntualmente rivelatesi in seguito “futuri-ste” nel senso sopra indicato. Ne citiamoalcuni.

Aldous Huxley (1894-1963) che, conBrave New World (1932), descrive, consorprendente aderenza alla realtà degli

ultimi nostri decenni, l’impiego del soma: una droga cheanticipa l’utilizzo delle anfetamine per condizionare leprestazioni fisiche, a esempio, di molti dei combattentidella seconda guerra mondiale.

Charlie Chaplin (1889-1977) che, con Modern Timese The Great Dictator, descrive un eroe quale vittima delsistema; un sistema che, però, può essere ridimensionatodall’umanità delle sue vittime come testimonia il discorsofinale nel The Great Dictator che è utopico a sufficienzaper riattivare la speranza.

Fritz Lang che, con la pellicola cinematograficaMetropolis (1927), narra della Metropolis Babele in partegià edificata (i grattacieli statunitensi); vi presenta la“Rumpler”, una vetturetta di aspetto molto simile alleodierne vetturette elettriche e un sistema di video sorve-glianza antesignano di quello del “grande fratello” descrit-to poi da George Orwell (1903-1950) in 1984, scritto nel1948 e pubblicato nel 1949. 1984 è un romanzo dove tuttoassume un valore rovesciato e dove si mette a nudo qualepossa essere tanto “il prezzo” psico-emozionale di unessere umano quanto le tecniche per indurne la “quantifi-cazione”, con la relativa perdita di dignità e identità.

Arthur C. Clarke (1917-2008) che, con il romanzo2001: A Space Odyssey(1968) poi portato in sala da Stan-ley Kubrick, preconizza il computer HAL 9000 capace dielaborare autonomamente i dati con una “frequenza”psico-attitudinale di tipo antropico esercitando, così, unamorale potere di tecnologica onnipotenza. L’eroe si sal-verà soltanto perché accetta di passare attraverso tutte lefasi di iniziazione e cambiamento-adeguamento che glivengono imposte. Gli elementi di rassicurazione sono par-ticolarmente presenti nell’ultimo capitolo dove il protago-nista giace in un letto circondato dal simulacro della sualibreria terrestre: questi elementi assolvono alla funzionerassicurante ribadita con la frase «Ma avrebbe pensato aqualcosa» che trasforma la fase distopica in utopica.

La pellicola cinematografica e il romanzo descrivonotempi successivamente “presenti” o passati, con qualcheaccenno al futuro. Pur contenendo la pellicola la morfolo-gia di Propp, l’anno 2001 era futuro rispetto alla data dipubblicazione, tanto del romanzo che della pellicola cine-matografica, però soltanto di pochi anni, quindi non lon-tano dal presente. Le due opere riassumono, così, le carat-teristiche dell’antica fiaba quanto di quella moderna.

Limitatamente al concetto della rassicurazione, ripor-tiamo tanto la frase iniziale del romanzo Moby Dick (1832)di Herman Melville (1819-1891) che la parola di chiusuradel romanzo Ulysses (1922) di James Joyce (1882-1941):Moby Dick ha come incipit “Chiamatemi Ismaele”. Taleincipit, al tempo innovativo come non mai, ha la funzionedi tranquillizzare il lettore prima di accompagnarlo nelviaggio cognitivo attraverso le terribili vicende che siaccinge a narrare, vicende sottese dal “male” assoluto, purpartendo dal suo presente di personaggio sopravvissuto.

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anche “aperto” sia in riferimento a questa caratteristica“editoriale” e sia perchè l’intero corpo del romanzo nonsegue la narrazione da “un inizio” a “una fine” ma neingloba una moltitudine avendo come protagoniste lemotivazioni, le emozioni e le pulsioni che guidano, tenta-no e a volte salvano gli eroi e i personaggi stessi, i qualiappaiono come proiezioni di ciascuno di noi in uno statodi guerra continua. In questo genere di fiabe il ciclo basedi Propp (stato iniziale, cambiamento, ripristino dell’ordi-ne perduto o instaurazione di uno nuovo) non copre lospazio e il tempo dell’intero romanzo ma si traduce nelcontinuum emozionale di ogni singolo personaggio, inogni frattale della narrazione.

Terry Brooks (1944-vivente) ha strutturato i suoinumerosi romanzi fantasy secondo la morfologia dellafiaba in modo chiaramente percepibile per i lettori suoicontemporanei, conservando ambienti e funzioni aderentia quelle individuate da Propp. Il tempo del racconto è affi-dato agli archetipi dell’immaginario delle antiche fiabe,utilizzati come personaggi. Brooks colloca il lettore diret-tamente nell’ambiente, in mezzo a un dialogo o un puntodi percorso, privando il testo di un ben definito incipit e diuna ben definita conclusione. Per queste evidenze definia-mo anche i suoi romanzi- fiaba (in particolare il ciclo diShannara) oltre che di “transizione”, “aperti”.

Oggi sono i media a narrare all’opinione pubblicaautentiche fiabe: eccellente esempio ne è Clint Eastwood(1930-vivente), regista, che documenta nelle sue fiabe larealtà del tempo contemporaneo utilizzando fatti di crona-ca (es. Sully) o eventi della storia recente i cui protagoni-sti sono ancora in vita o lo sono i loro figli. Le pellicolecinematografiche di Eastwood sono fiabe e non documen-tari o semplice cronaca: trattano di eventi recenti, anchemolto recenti o contemporanei, sostituendo la formularassicurante del “In un tempo lontano, lontano” con unpathos empatico che porta lo spettatore a percepire comepresente e vicinissimo quanto viene narrato.

Inoltre, più che conclusioni rassicuranti, come nelleantiche fiabe, o correttivi di speranza, come nei terrifican-ti racconti distopici, fornisce allo spettatore una stasi per-

Dalla catastrofe che tutto ha distrutto,almeno Ismaele si è salvato ed è perfetta-mente in grado di sopportare la narrazionedell’imponente fiaba (oltre a essere ilnecessario testimone narrante).

Come reciproco, proponiamo la parolacon cui Molly Bloom chiude un’altramacroscopica fiaba distopica, l’Ulysses: il“flusso di coscienza” di Molly apparecome un conclusivo atto di accettazione diquanto l’esperienza le ha offerto per com-prendere i ruoli e le funzioni effettive deipersonaggi attori della fiaba lunga ungiorno quale summa dell’apocalisse socioambientale di cui è breve porzione. Laparola rassicurante, reciproca per colloca-zione al Call me Ishmael, è «yes».

Abbiamo definito i romanzi di Tolkiene Terry Brooks “di transizione” perchèlegano percettibilmente gli antichi archeti-pi a quelli moderni del tempo loro con-temporaneo.

John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973) trasforma il suo vissuto e la sua per-cezione degli eventi trasferendo nelle suefiabe le contemporanee ansie di guerra, ledinamiche psicologiche di poca nobiltà emolta avidità finalizzata all’esercizio delpotere a sua volta finalizzato all’eserciziodella violenza per assicurarsene unagestione incessante e immanente. I tempi,salvo l’incipit (tanto tempo fa) e il curiosocollocamento dei fatti narrati nell’era2941-2942 (mille anni dopo i primi annidella seconda guerra mondiale, ancora davenire) de Lo Hobbit -pubblicato nel1937- sono, con un ennesimo fenomeno di“futurismo” letterario, quelli delle emo-zioni, delle decisioni istintive o razionalima velocissime nel loro susseguirsi checaratterizzano i personaggi, fino quasi asostituirli. Sono quelli delle proiezionidelle indicibili paure umane e riverberanol’immaginario psicologico e comporta-mentale dei popoli mai liberi dalla guerra,sempre incombente.

I suoi romanzi si susseguono in ununicum: sembrano romanzi indipendenti,mentre si tratta di volumi in sequenza,privi di inizio e fine definiti e quindi perconoscere il seguito dell’ultima pagina delprimo bisogna iniziare il romanzo succes-sivo e successivo ancora.

Questo genere di racconto è definibile

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cettiva sull’immediato prossimo futuro, quasi un arrestodi respiro poichè lo scopo del narratore è denunciare ifatti presenti o recenti, con un invito a riflettere sulla realequalità delle apparenze socio-ambientali. Eastwood pre-senta il passato come abbastanza recente o quasi contem-poraneo in modo impietoso, affinché le sue conseguenzesiano direttamente tangibili e altrimenti verificabili dallospettatore nel suo quotidiano presente.

La “morfologia della fiaba” di Propp rileva una strut-tura costante e ricorrente, valida per ogni fiaba passatapresente o futura ma è, anche, un parametro di riferimen-to per l’analisi e la lettura di qualsiasi evento o fenomenorelativo alle dinamiche sociali.

•Socio Sips Vladimir Jakovlevič Propp

un’anticipazione della letteratura di invenzione e rendonoumani i fatti popolari. Gli eroi non sono mai asciuttinazionalisti ma persone che mettevano in gioco un corag-gio motivato e, questo, non cambiava apprezzabilmenteper secoli.

L’elaborazione delle grandi idee era accompagnata dauna tangibile passione per la ricerca, che non respingevagli aneddoti come quelli relativi alla misura del raggiodella Terra da parte di Eratostene o della perspicacia diArchimede e, nei secoli a noi più vicini, dei dialoghi diGalilei, delle trovate di Jean Baptiste Fourier o di Hilbert.

asentir parlare di scuola, oggi, specieda agenzie ministeriali o da associa-zioni di insegnanti, si ha sempre l’im-

pressione che, per un motivo o per un altro,la scuola attuale non funzioni. Ho perciòfatto una sorta di rassegna personale diricordi della scuola e della vita, per cosìdire, scolastica, da me personalmente vis-suta: un ripescaggio di ciò che ho visto dibuono e di ciò che forse è sempre mancato.

Nel mio ricordo, trovo un’insofferenzadiffusa per quelli che si chiamano ancora“manuali”, cioè per i repertori delle fami-gerate nozioni, che hanno purtroppo ladeprecabile forza di spingere i ragazziverso l’apprendimento mnemonico. Ricor-do, invece, che durante tutta l’età adole-scenziale ho amato molto e imparatomolto nella lettura delle Enciclopedie con-cepite per la giovane età che mio padrevolentieri acquistava: l’Enciclopedia deiragazzi, l’Enciclopedia Labor e Il Tesoro.

In che cosa questi grossi volumimiscellanei erano così interessanti per unpoco più che decenne? Un’idea ce l’ho:avevano una grande ricchezza di materialestorico denso di aneddoti più che di nozio-ni storiche o politiche. Gli aneddoti sono

RICORDI DI SCUOLAdi CARLO BERNARDINI•

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ra contemporanea stia prendendo direzioni molto diverseda quelle che occorrerebbe seguire: si segue molto di piùuna serie di “norme” che non di anticipazioni, in un certosenso, già vissute. In altri termini, la cultura è diventataoggetto di consultazione e non di razionalità contingentee spontanea.

In questo ammodernamento, un elemento fondamen-tale è, ovviamente, il rapporto insegnanti–studenti, ilcosiddetto “modo di porgere”. Tutti noi, quando ascoltia-mo una conferenza che parla di cose che ancora nonconosciamo, sappiamo che quello che ci resterà sarà quel-lo che in certo modo ci ha colpito e non ciò che il confe-renziere ha “voluto dire”. Io penso che l’attività di inse-gnamento sia un unicum a sé stante, che si crea solo conun tirocinio valutabile dalla qualità del prodotto. Per que-sto motivo ho citato l’importanza delle enciclopedie nellamia adolescenza, perché gli autori di quelle enciclopedieutilizzavano -più o meno coscientemente- una tecnicaespositiva nella quale gli aneddoti erano più importantidelle regole. Tra l’altro, questo modo di vedere le cose siapplica, con gli opportuni adattamenti, sia alle disciplinetecnico scientifiche, che a quelle umanistiche.

Insomma, non bisogna mai dimenticare che tutto ciòche vogliamo si conservi alla luce dell’intelligenza ha siauna ragione che una storia. La pratica delle conferenzespecializzate nel corpo insegnante dovrebbe creare unclima di docenza collettiva e collaborativa di primariaimportanza per poter parlare della “bontà” di una scuola enon solo di un particolare individuo. La struttura socialedelle scuole attuali è, tutto sommato, più simile a quellache può essere riassunta da una frase usata per i capitanidelle navi, chiamati a volte “Comandanti dopo Dio” indi-pendentemente dalla rotta che la nave segue.

•Presidente onorario SIPS. Fisico e divulgatore scientifico

Tutto ciò finiva per produrre delle rappre-sentazioni mentali più simili a quei ricordiche molto spesso coviamo con simpatia,sapendo che non sono “spiegazioni” masolo ornamento di un modo di ragionare.Dunque, il problema è quello di renderedivertente lo studio, accennando appenaalla sua utilità culturale, che deve essereuna ovvietà e non una formazione pre-pro-fessionale.

Pensare che il “rigore” sia fatto di paro-loni insoliti è un errore imperdonabile dicerto dell’insegnamento tradizionale. Inol-tre alcuni esempi efficienti fino a pocotempo fa, come quello degli Istituti TecniciIndustriali, ci dovrebbero portare a rifletteresulle forme concrete di partecipazione deglistudenti allo svolgimento delle lezioni. Nonposso dimenticare che i Tecnici di Labora-torio che avevamo nei gruppi di ricerca del-l’Istituto Nazionale di Fisica Nuclearemanifestavano un’autonomia di progetta-zione che è raro ritrovare oggi e che era pre-ziosissima per lo sviluppo di sistemi tecno-logicamente innovativi. Così pure, si puòimmaginare che in altri campi, come quellidella filosofia e della storia, i concetti tro-vassero più rispondenza negli eventi socialidi quanto non avvenga oggi, con le regoleprescrittive dei cosiddetti “funzionari”.

Sarà mai possibile, mi chiedo perciò,riumanizzare la scuola, facendo sì che lacultura diventi un sistema di riferimentoper la professionalità adulta. Mi sembrache il tipo di interiorizzazione della cultu-

notiziario

Nelle rocce marzianepossibili tracce di microbi

In uno studio dell’Isafom-Cnrpubblicato su International Journalof Astrobiology vengonoevidenziate affinità strutturali tra lemicrobialiti terrestri – rocce diorigine batterica - e i sedimenti

marziani non solo sul pianomicroscopico ma anchemacroscopico e mesoscopico

Nicola Cantasano e Vincenzo Rizzodell’Istituto per i sistemi agricoli eforestali del Mediterraneo delConsiglio nazionale delle ricerchedi Cosenza (Isafom-Cnr) hanno

condotto uno studio sistematicodelle fotografie delle roccemarziane scattate dai roverOpportunity, Spirit e Curiosity,rilevando analogie non solo con lestrutture delle microbialiti terrestri(rocce costruite dai batteri) allediverse scale dimensionali(microscopiche e, soprattutto, meso

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e macroscopiche) ma anche nelletracce attribuibili alla produzionebatterica di gas e di gelatine adesivealtamente plastiche. Lo studio èstato pubblicato su InternationalJournal of Astrobiology.«Attestato già nel 2009 che lelamine sub-millimetriche deisedimenti marziani e le cosiddetteBlueberry (sferule ematitiche didimensioni millimetriche) nonerano omogenee ma costituite daaggregazioni strutturali di grumi emicrosferule più piccole (da 1/10 a3/10 di millimetro), i primi studi sierano concentrati sulla morfologiadelle singole microstruttureindividuando altre interessantiaggregazioni quali polisferule,filamenti e filamenti intrecciati dimicrosferule» -spiega Cantasano-«L’attenzione si è poi spostata sulladislocazione di tali microstrutturesul piano di osservazione: latessitura delle immagini è, infatti,una sorta di marker genetico chedipende dall’ambiente disedimentazione e dall’attivitàbatterica. Tale analisi, eseguita suun gruppo di circa 40 coppie diimmagini sia dei rover che dimicrobialiti museali, ha evidenziatol’esistenza di interessanti trame afilamenti intrecciati, con fortiparallelismi morfologici alla stessascala».Tali parallelismi microtessituralisono stati oggetto in questi anni dialtri studi: «L’Università di Sienaha avviato un’analisi matematicafrattale multi-parametrica dellecoppie di immagini, i cui risultaticonfermarono che esse sonoidentiche. Un ulteriore studiomorfologico del Laboratorio deInvestigaciones Microbiológicas deLagunas Andinas-LIMLA sucampioni di microbialiti viventiprovenienti dal deserto di Atacama(Cile) ha permesso di evidenziare,grazie alla pigmentazione organica,che tali microstrutture emicrotessiture esistono e sono unprodotto dell’attività batterica» -prosegue Rizzo- «Tuttavia, poichéle strutture a scala meso emacroscopica sono consideratediscriminanti per il riconoscimentodi tali rocce, nello studio attualel’analisi microscopica è stataintegrata da osservazionisistematiche a scala maggiore. Laquantità, la varietà e la specificitàdei dati raccolti accreditano per la

prima volta, in modo consistente,che le analogie non possono essereconsiderate semplici coincidenze».

Una nuova metodica 3D: la “biopsia liquida”

Ricercatori di Isasi-Cnr svelanoun’innovativa e originalepossibilità di individuazione dicellule malate nel sangue cheresterebbero nascoste alle attualitecniche. L’efficacia è statadimostrata anche nelriconoscimento dei potenzialicontaminanti delle acque

Una delle maggiori sfide dellamedicina moderna è la diagnosiprecoce di malattie tumorali poichéun intervento tempestivo aumentasensibilmente le probabilità diguarigione. Una ricerca condotta daun team di giovani ricercatori,svolta a Pozzuoli presso l’Istituto discienze applicate e sistemiintelligenti del Consiglio nazionaledelle ricerche (Isasi-Cnr) incollaborazione con il ConsorzioCeinge-biotecnologie avanzate, dicui fa parte l’Università di NapoliFederico II, svela una nuova eoriginale tecnica applicabileall’identificazione di celluleestranee circolanti all’interno del

flusso sanguigno, le cosiddette Ctc(Circulating Tumor Cells). Laricerca è stata pubblicata su Light:Science and Applications, rivistadel gruppo Nature. Il sangue è composto da milioni dicellule quali globuli rossi, bianchi,piastrine, linfociti. La diagnosticadi malattie del sangue vieneeseguita tramite l’emocromo, chefornisce parametri statistici sullecellule esaminate come il volumecellulare, l’emoglobina, ecc. Perottenere informazioni morfologicheè, però, necessario studiare almicroscopio lo striscio di sangueche restringe l’analisi a una piccolaparte delle cellule e inoltre è‘soggettivo’, dipendendodall’interpretazione del medico chestudia l’immagine. I risultatiottenuti e descritti nellapubblicazione dimostrano lapossibilità di effettuare una cito-tomografia in flusso su campioniliquidi su tecnologia microfluidicao moce (Lab-on-a-Chip).«Questa nuova tecnica di tipointerferometrico, basatasull’olografia digitale, consente dianalizzare anche milioni di cellulementre scorrono in un canalemicrofluidico fornendo parametriquali l’emoglobina, al pari delclassico emocromo. Inoltre è ingrado di analizzare ogni singola

a) Canale microfluidico utilizzato per gli esperimenti; b) ricostruzione tridimensionale di un globulo rossomalato; c) ricostruzione di una diatomea da due diverse prospettive, la parte più scura interna rappresentail cloroplasto.

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cellula praticamente in tempo reale,ricostruendone l’immaginetridimensionale con unaaccuratezza senza precedenti» -spiegano gli autori FrancescoMerola, Lisa Miccio, PasqualeMemmolo e Martina Mugnano diIsasi-Cnr- «In questo modo èpossibile identificare cellule rare,sintomo precoce di eventualipatologie, che passerebberoinosservate a un’analisitradizionale. La chiave della tecnicasta nello sfruttare la rotazione di360° delle cellule mentre scorrononel canale, questo ci consente diricostruire la strutturatridimensionale di ogni cellula finoa dimensioni di millesimi dimillimetro».Lo studio ha consentito di ottenereuna tomografia di globuli rossi dapazienti con diverse forme dianemie, identificandole conprecisione assoluta. «Grazie allaparticolare accuratezza di questatecnica di imaging ottico, anche lapiù piccola variazione morfologicarispetto al globulo rosso sano puòessere rivelata, riconoscendovelocemente e oggettivamentel’eventuale malattia connessa: unasorta di biopsia liquida» concludeAchille Iolascon del Ceinge,ordinario di genetica medicadell’Università Federico II. «Tramite questa tecnica saràpossibile studiare qualsiasi tipo dicellula, non solo quelle del sangue»-conclude Pietro Ferraro, direttoredi Isasi-Cnr- «Infatti, grazie alcontributo dei colleghi dell’Istitutodi chimica biomolecolare (Icb-Cnr),la validità è stata confermata anchecon le diatomee, alghe cui si devela produzione di oltre il 20%dell’ossigeno dell’intero pianeta, lacui presenza negli oceani è unimportantissimo segnale di salutedegli ecosistemi. I cloroplasti, glielementi delle diatomeeresponsabili della fotosintesi, sonoestremamente sensibili aicontaminanti presenti nell’acquamarina e la tecnica permette diottenerne la forma completatridimensionale, fornendoinformazioni su un’eventualecontaminazione».Il team interdisciplinare diricercatori -costituito da fisici,ingegneri, biologi e chimici- haottenuto un risultato che potrà avereun forte impatto sulla diagnostica

oncologica. Questa primatomografia completa in flussocontinuo apre la strada allapossibilità di trovare ‘l’ago nelpagliaio’, ovvero le cellule tumoralicircolanti, primissimo segnalepremonitore di metastasi finorainafferrabile.

Ortles: il ghiacciaio si muove dopo 7.000 anni

Grazie a una carota di ghiaccio,l’Idpa-Cnr e un teaminternazionale scopronol’accelerazione del movimentodella parte più profonda delghiacciaio più elevato dell’AltoAdige, dovuta al riscaldamentoatmosferico, per la prima volta daitempi dell’Uomo del Similaun

Grazie a uno studio internazionale,cui ha partecipato l’Istituto per ladinamica dei processi ambientalidel Consiglio nazionale dellericerche (Idpa-Cnr) e pubblicato suThe Cryosphere, è stato rilevato cheil ghiaccio più profondo e anticopresente sul Monte Ortles (3.905 m,sulle Alpi orientali, a 37 chilometridal luogo del ritrovamentodell’Uomo del Similaun) hacominciato a muoversi per la primavolta dai tempi dell’Uomo delSimilaun, 7.000 anni fa. Le prime carote di ghiaccio estratteindicano come il ghiacciaio piùelevato dell’Alto Adige abbiacominciato una fase diaccelerazione del movimento chenon avrebbe precedenti nel periodoosservato. Le prove vengono daglistrati più profondi, datati con latecnica del carbonio 14, e damisurazioni condotte nel foro diperforazione mediante uninclinometro, strumento in grado dirilevare anche minimi movimentiglaciali. «Queste carote di ghiacciooffrono l’eccezionale opportunità distudiare le caratteristichedell’atmosfera quando l’Uomo delSimilaun viveva in questa regione,in modo da poter conoscere anchel’ambiente ed il clima in cui eraimmerso», dichiara Carlo Barbante,direttore dell’Idpa-Cnr di Venezia.La rapida fusione dei ghiacci èconnessa al surriscaldamentoglobale. «I ghiacciai alpini si stannoritirando velocemente a causadell’intensa fusione legata al

riscaldamento atmosferico» -aggiunge Paolo Gabrielli,ricercatore presso il Byrd Polar andClimate Research Centerdell’Università dell’Ohio eresponsabile dello studio- «I nostririsultati hanno messo in lucel’azione di un nuovo processo chepotrebbe accelerare il flusso deighiacciai alpini anche alle quote piùelevate, contribuendo avelocizzarne il ritiro. Con le carotedi ghiaccio dell’Ortles potremoverificare precisamente come icambiamenti ambientali in atto alivello regionale interagiscono conquelli climatici a livello globale». Tra le informazioni custodite nelghiaccio i ricercatori hannoidentificato, a esempio, il segnaledelle deposizioni atmosfericheradioattive derivanti dall’incidenteavvenuto presso la centrale nuclearedi Fukushima, in Giappone nelmarzo 2011, solo pochi mesi primadelle operazioni di perforazionesull’Ortles. «Il movimento del ghiaccio piùprofondo potrebbe essere causatodalle infiltrazioni dell’acqua difusione superficiale, a partire daimargini rocciosi a monte del sito diperforazione, e dal fatto che oraquest’acqua, durante le estatieccezionalmente calde, stialubrificando la parte basale delghiacciaio favorendone così ilmovimento» continua Gabrielli.I risultati della ricerca indicano cheil ghiacciaio dell’Ortles, come loconosciamo oggi, si formò circa

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Ricercatori dell’Idpa-Cnr impegnati nella misuradi carote di ghiaccio appena estratte nelle AlpiOrientali

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7.000 anni fa, alla fine delcosiddetto ‘Ottimo Climatico’dell’emisfero settentrionale, unperiodo particolarmente caldodurante il quale i ghiacciai alpini siritirarono fino a quote elevate.Successivamente, l’inizio di unperiodo più fresco, conosciutocome Neoglaciale, contribuì a faraccumulare neve e ghiaccio sulsuolo nuovamente congelato neipressi della cima all’Ortles. Durantequesto nuovo periodo climaticovenne sepolta anche la mummiadell’Uomo del Similaun, che rimasenel ghiaccio fino alla finedell’estate del 1991 quando emersenei pressi del Giogo di Tisa, a 3.210metri di quota. I ricercatori stanno analizzando icampioni di ghiaccio identificandogli isotopi stabili dell’ossigeno, gliioni maggiori, le particelle dicarbonio, i pollini, gli elementi intraccia e le polveri, parametri chepotranno fornire importantiinformazioni sulle condizioniclimatiche a partire da 7000 anni fa. «Una delle carote estratte potrebbedivenir parte dell’‘Ice memoryproject’, un nuovo programmainternazionale che ha l’obiettivo ditrasportare carote di ghiaccioestratte dalle basse latitudini in unarchivio internazionale situato inAntartide dove potranno essereconservate intatte per le generazionifuture di scienziati» conclude ildirettore dell’Idpa-Cnr, Barbante.Le carote sono state estratte da unteam internazionale di glaciologiguidati dall’Università dell’Ohio,col supporto logistico dellaProvincia Autonoma di Bolzano ela partecipazione diretta diricercatori dell’Idpa-Cnr. Il gruppodi ricerca internazionale è formatoinoltre da: Ohio State University eU.S. Geological Survey; Universitàdi Venezia, di Padova, di Udine e diPavia, Enea, WaterstonesGeomonitoring; Central Institutefor Meteorology and GeodynamicsZAMG e Università di Innsbruck inAustria; Laboratoire de Glaciologieet Géophysique de l’Environnement(LGGE), Cnrs e UniversitàGrenoble Alpes in Francia; PaulScherrer Institut e Università diBerna in Svizzera e RussianAcademy of Sciences. La ricerca èstata finanziata da National ScienceFoundation Usa e ProvinciaAutonoma di Bolzano.

“Human connectome project”

Studiare la ‘forma’ del cervello puòfornire sorprendenti indizi sullapersonalità e sul rischio disviluppare disturbi mentali

In uno studio pubblicato sullarivista scientifica Social Cognitiveand Affective Neuroscience, unteam internazionale di ricercatoriprovenienti da Italia, Regno Unitoe Usa ha analizzato più di 500risonanze magnetiche cerebraliottenute nell’ambito di ‘HumanConnectome Project’, un’iniziativastatunitense di grandi dimensioniche ha l’obiettivo di mappare ilfunzionamento e la struttura delcervello umano. Nello specifico, i ricercatori hannostudiato le differenze anatomichedella corteccia cerebrale in più di500 individui sani attraverso l’usodi tre indici: lo spessore, l’area e ilgrado di girificazione o‘ripiegamento’ corticale (in altreparole da quante ‘fessure’ e‘rigonfiamenti’ è caratterizzata lasuperficie cerebrale). Il principalescopo dello studio era valutarecome ognuna di queste misure, checaratterizzano la struttura dellediverse aree cerebrali, fossecollegata ai cinque principali tratti

di personalità.Secondo gli psicologi, infatti, lagrande varietà dei comportamentiumani e del modo in cui proviamodiverse emozioni può esserericondotto a differenze individualiin cinque tratti principali: ilnevroticismo (che rappresental’instabilità emotiva di unapersona), l’estroversione (cheindica quanto una persona siaenergica ed entusiasta), l’aperturaall’esperienza (una dimensionedella personalità che rappresentaquanto una persona sia incline asperimentare nuove esperienze),l’amichevolezza (che è indice dialtruismo e capacità empatica) e lacoscienziosità (un tratto dipersonalità legato all’auto-controllo ed al senso diresponsabilità).«L’evoluzione della specie ha resopossibile che il nostro cervello sisviluppasse in modo damassimizzare l’area e lagirificazione corticale a spese di unsuo ridotto spessore» -spiegaNicola Toschi, professoreall’Università di Roma ‘TorVergata’- «è un po’ come stenderee ripiegare un materiale gommoso:se da un lato questa azione aumentala sua area, allo stesso tempo nerende più sottile lo spessore. Se

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applichiamo questa metafora alcervello umano possiamo persinoparlare di ‘stiramento eripiegamento corticale’»Lo ‘stiramento corticale’ è, dunque,un meccanismo evolutivofondamentale che consente alcervello di espandersi piùrapidamente di quanto si espanda lascatola cranica che lo contiene, laquale tende a svilupparsi molto piùlentamente rispetto al cervellostesso. è interessante, inoltre,notare che il processo di‘stiramento e ripiegamentocorticale’ accade anche durante lanormale crescita e lo sviluppocerebrale; tale processo ha inizio,infatti, nel grembo materno econtinua durante l’infanzia,l’adolescenza o persino in etàadulta. In altre parole, lamaturazione cerebrale fa sì che lospessore della corteccia diminuiscamentre la sua area e grado digirificazione (‘ripiegamento’)aumentino.«Anche la nostra personalità,d’altra parte, tende a modificarsiman mano che maturiamo einvecchiamo: i livelli dinevroticismo, infatti, tendono adiminuire (in altre parole lepersone migliorano la loro capacitàdi gestire le emozioni, soprattuttoquelle negative) mentre i livelli dicoscienziosità e amichevolezzaaumentano (cioè le personediventano progressivamente piùresponsabili e menoantagonistiche)» spiega RobertaRiccelli dell’Università MagnaGraecia di Catanzaro.Stando ai risultati ottenuti dairicercatori, elevati livelli dinevroticismo, che sarebberoconnessi a un elevato rischio disviluppare disturbi psichiatricicome ansia e depressione,sarebbero associati a un aumentodello spessore della corteccianonché a una sua simultaneariduzione dell’area e girificazione(‘ripiegamento’), soprattutto nellaparte prefrontale e temporale. Alcontrario, l’apertura all’esperienza,cioè livelli elevati in un tratto dipersonalità legato alla curiosità ecreatività, sarebbe associata ad unariduzione dello spessore corticale ead un aumento dell’area egirificazione nella cortecciaprefrontale.«I risultati del nostro studio

supportano l’ipotesi che esista unastretta relazione tra la nostrapersonalità e il nostro sviluppocerebrale, che è processomaturativo complesso in cui ifattori genetici svolgonosicuramente un ruolo critico» -aggiunge Antonio Terracciano,professore all’Università dellaFlorida- «Quest’ipotesi è anchecorroborata dal fatto che ledifferenze individuali nei cinqueprincipali tratti di personalitàpossono manifestarsi molto prestodurante la fase di sviluppo, peresempio già da quando si è bambinio persino neonati». I volontari che si sono sottopostiall’esame di risonanza magnetica eche hanno preso parte all’HumanConnectome Project avevanoun’età compresa tra i 22 ed i 36anni e senza nessuna malattianeurologica, psichiatrica o altriproblemi medici di rilievo.Nonostante tutti gli individuicoinvolti nella ricerca fossero sani,le associazioni tra i tratti dipersonalità e la struttura dideterminate regioni cerebralisuggeriscono che le differenzeanatomiche riscontrate potrebberoessere ancora più accentuate inpersone che sono inclini allosviluppo di malattie neuro-psichiatriche.«Individuare le basi neurali dellapersonalità è un passo importanteche ci può portare a comprenderemeglio la relazione tra morfologiacerebrale ed una serie di disturbimentali come quelli dell’umore equelli comportamentali» -concludeLuca Passamonti dell’Università diCambridge e Ibfm-Cnr- «Un altrofondamentale traguardo sarebbequello di migliorare la nostracomprensione della relazione cheesiste tra le caratteristicheanatomiche del cervello e quellefunzionali nelle persone sane alfine di caratterizzare con maggioreprecisione cosa accade nel cervellodelle persone affette da disturbineuro-psichiatrici».Questa non è la prima volta che iricercatori hanno trovato unostretto legame tra la strutturacerebrale e le differenzecomportamentali. Uno studiopubblicato dal team l’anno scorsoha infatti evidenziato che ilcervello di adolescenti con seriproblemi antisociali è

significativamente diverso nellastruttura da quello dei giovani chenon mostrano tali problemi.

Artico: ecco cosa è accaduto14 mila anni fa

Uno studio dell’Ismar-Cnr analizzaper la prima volta lo scioglimentodel permafrost durante l’ultimadeglaciazione, evidenziando unsensibile aumento di anidridecarbonica e metano. Processi che,secondo gli studiosi, potrebberoverificarsi in maniera simile infuturo

Finora erano ipotesi di alcunistudiosi, ora c’è la prova. Esisteuna corrispondenza tra loscioglimento massiccio delpermafrost in Artico e l’aumentodei gas serra in atmosfera. Lanotizia arriva dall’Istituto discienze marine del Consiglionazionale delle ricerche di Bologna(Ismar-Cnr) che ha coordinato unostudio internazionale pubblicato suNature Communication, prendendoin esame carote di sedimentodell’ultima deglaciazione.«è noto che oltre un terzo delcarbonio della Terra si trova inArtico in uno stato congelato notocome permafrost. Negli ultimitrent’anni questi suoli stannosubendo un progressivoriscaldamento e sono, quindi, arischio di destabilizzazione termica,ossia di scioglimento» -spiegaTommaso Tesi, ricercatore Ismar-Cnr e primo autore del lavoro- «Taleprocesso trasforma materiale

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virtualmente inerte in un substratonuovamente disponibile per ladecomposizione batterica con ilconseguente rilascio in atmosfera dicarbonio e metano, due gas serracoinvolti nel riscaldamentoglobale».Prima di questo studio, però, nonesistevano evidenze dirette di unreale scioglimento del permafrost:«Per la prima volta abbiamoanalizzato la destabilizzazionetermica del permafrost durante ilriscaldamento post-glaciale,risalente dai 14.000 mila ai 7 milaanni fa, quando la concentrazione dianidride carbonica passò da 190 a270 ppm (parti per milione) e latemperatura globale media aumentòdi circa 4 gradi» -prosegue Tesi-«Considerando che il permafrostcontiene oltre due volte la quantitàdi carbonio presente in atmosferaprima della rivoluzione industriale,il processo di scioglimento e ilsuccessivo rilascio dei gas serrarappresentano un significativoriscontro al contemporaneoriscaldamento globale».Il gruppo di ricerca internazionalesi è concentrato sul Mare di Laptev,margine siberiano del Mar GlacialeArtico: «Nel 2014, durante lacampagna oceanografica Swerus-C3 a bordo della rompighiacciosvedese Oden, abbiamo prelevatodelle carote di sedimento, unarchivio unico per la ricostruzionestorica del permafrost durantel’ultima deglaciazione» -raccontaTesi- «Usando le informazionicontenute nel sedimento, abbiamorivelato che la quantità di carbonioterrestre trasferito dal permafrostall’ambiente marino durante la finedella deglaciazione è stataaccelerata, con un flusso medioannuale di carbonio rilasciato pari aoltre sette volte il contemporaneoapporto da parte dei fiumi».Sulla base di questi risultati, gliautori hanno ricostruitol’evoluzione del permafrost duranteil passaggio glaciale-interglaciale:«Durante l’ultima deglaciazione,circa 21.000 anni fa, il nord dellaSiberia era dominato da unpermafrost spesso e molto piùesteso rispetto alle condizionimoderne» -conclude il ricercatoredell’Ismar-Cnr- «Con ilprogressivo inspessimento diquesto strato del suolo superficialenella fase post-glaciale, è prevalso

lo scioglimento, favorendol’erosione del materiale terrestre equindi il rilascio di permafrostnell’ambiente marino, che haimplicato come conseguenza ancheun aumento sensibile nellaproduzione di anidride carbonica e,potenzialmente, di metano duranteil riscaldamento post-glaciale. ècredibile che quanto descritto nelnostro lavoro possa rappresentareuna prefigurazione del paventatofuturo cambiamento climatico eche quindi questi processi possanomanifestarsi nuovamente in unoscenario di riscaldamentoantropico».

Vitamine e aminoacidi.Svelato il loro ruolo nellecellule staminali

Il team internazionale ha svelatol’importanza di questi metabolitinel destino delle cellule staminaliembrionali. La scoperta puòportare a risvolti applicativiimportanti in campo oncologico enella medicina rigenerativa

Vitamine e aminoacidi ricopronoun ruolo fondamentale nellealterazioni epigenetiche, ossia neimeccanismi cellulari coinvoltinello sviluppo di malattie come ilcancro. La scoperta, che prometterisvolti applicativi in campooncologico, arriva da un teaminternazionale coordinatodall’Istituto di genetica e biofisica‘A. Buzzati-Traverso’ del Consiglio

nazionale delle ricerche (Igb-Cnr)di Napoli, che ha coinvolto gliIstituti Cnr di chimicabiomolecolare (Icb-Cnr) e diapplicazioni del calcolo (Iac-Cnr),la Radboud University, Nijmegen(Olanda) e University ofCalifornia, San Francisco (Usa). Lostudio è stato pubblicato sullarivista Stem Cell Reports.«Abbiamo scoperto con sorpresache nelle cellule staminali un ruolochiave è svolto da dueinsospettabili attori denominati‘metaboliti’ (molecole moltopiccole indispensabili per la vitadella cellula) che corrispondonoalla Vitamina C e all’aminoacidoL-Prolina» -spiega GabriellaMinchiotti, tra gli autori dellostudio e ricercatrice Igb-Cnr-«Abbiamo dimostrato che le cellulestaminali embrionali pluripotenti(ossia cellule staminali presenti neiprimissimi stadi dello sviluppo), setrattate con Vitamina Cacquisiscono uno stato piùimmaturo (primitivo), mentre setrattate con l’aminoacido L-Prolinadanno luogo alla formazione di unacellula embrionale più matura(stato cosiddetto primed). QuindiVitamina C e L-Prolina agiscono inmaniera del tutto opposta sullecellule staminali embrionali,determinando delle modifiche alDNA che non ne alterano lasequenza bensì il modo in cui vieneletto e, quindi, la sua attività». Lo studio delle cellule staminalidesta molto interesse tra ricercatoriperché possiedono una particolare

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caratteristica, ossia la capacità diauto-rinnovarsi e allo stesso tempodi differenziarsi, cioè specializzarsiin altri tipi cellulari. “Le cellulestaminali embrionali sono le più‘potenti’ perché sono le uniche ingrado di dare origine a tutti i tipidi cellule che si trovano in unorganismo come le cellule ossee,cardiache ecc. Questacaratteristica è propria anche dellecellule staminali tumorali chesostengono la crescita del tumore”:prosegue Minchiotti.Lo spazio extracellulare nel qualeavvengono i meccanismi che il teamdi ricerca sta analizzando ormai daanni, diventa quindi sempre meno unmistero per la scienza. “I risultatiraggiunti rappresentano un grandepasso in avanti nella ricerca perché,attraverso la regolazione deimetaboliti possiamo inibire oattivare i meccanismi chedeterminano la crescita e il destinodelle cellule staminali embrionali ein futuro anche di quelle tumorali”conclude la ricercatrice dell’Igb-Cnr.

Nuove speranze contro iltumore al pancreas

Il carcinoma del dotto pancreatico èil più comune tumore che colpiscequesta ghiandola. Le sue percentualidi guarigione sono minime, non soloa causa delle difficoltà di unadiagnosi precoce, ma anche perl’assenza di un trattamentofarmacologico specifico. Nuovesperanze giungono da uno studiopubblicato su Scientific Reportsdall’Istituto di nanotecnologia delCnr, sede di Rende (Cs), incollaborazione con un team diricercatori francesi e spagnoli. Unamolecola utilizzata da tempo percurare gli stati d’ansia si è rivelatautile a interferire nell’attività di unaproteina a struttura disordinata,coinvolta nei processi di sviluppodel tumore al pancreasIl cancro al pancreas è uno deitumori più letali e i farmaci finora adisposizione per combatterlo sonosolo i generici trattamentichemioterapici. Il coinvolgimento inquesta patologia della proteinaNupr1, appartenente alla classespeciale delle ‘proteineintrinsecamente disordinate’, è statodimostrato fin dagli anni ‘90 da

un’équipe dell’Istituto nazionaledella sanità di Marsiglia. L’obiettivodi individuare una molecola ingrado di inibire questa proteina èstato ora raggiunto grazie a unostudio condotto dall’Istituto dinanotecnologia del Consiglionazionale delle ricerche (Cnr-Nanotec) di Rende (Cs), incollaborazione con l’Universitàdella Calabria e varie unità diricerca spagnole, tra cui leuniversità di Elche e di Saragozza, ilCentro di malattie epatodigestive diMadrid e il Cancer Center diMarsiglia.«La ricerca è cominciata con loscreening di oltre mille farmaci giàapprovati per varie indicazioniterapeutiche» -spiega BrunoRizzuti del Cnr-Nanotec di Rende-«L’uso combinato di tecnichesperimentali e di simulazioni alcalcolatore ha permesso diidentificare alcuni di questi farmaciin grado di interagire con laproteina Nupr1. Esperimenti ‘invitro’ hanno, poi, dimostrato che icomposti selezionati sono capaci didiminuire la vitalità delle celluletumorali, di ridurne le capacità dimigrazione e di sopprimerecompletamente la possibilità diformazione di colonie. Il compostopiù efficace -una molecola notacome trifluoperazina, finorautilizzata solo per la sua azioneantipsicotica- è stato sperimentato‘in vivo’ su cellule del tumore delpancreas umano trapiantate sumodelli murini e si è dimostrato ingrado di arrestare completamentelo sviluppo della malattia. Lamolecola in questione haavvalorato un’efficacia

antitumorale superiore perfino aipiù potenti trattamentichemioterapici finora disponibili.Inoltre, lo studio prova che questanuova molecola non costituirebbesolo un’alternativa ai farmaci giànoti, ma può essere combinata conquesti per aumentare l’effettoterapeutico complessivo».Al di là delle possibili ricadutemediche future, e in attesa che siavvii la sperimentazione per l’uso diquesto farmaco sull’uomo, questolavoro segna un passo importantenella ricerca sulle ‘proteine construttura disordinata’. «Secondo unodei dogmi della biologia classica» -aggiunge il ricercatore delCnr-Nanotec- «la conformazione diuna proteina dovrebbe essere unicae ben definita per consentire aciascuna di queste ‘macchinemolecolari’ di svolgere una precisafunzione. Le ‘proteine disordinate’rovesciano la validità di questoprincipio e, grazie alla loro strutturaflessibile, sono in grado di svolgeremolteplici funzioni dicomunicazione e regolazionecellulare. Tuttavia, quest’assenza dielementi strutturali ben definitiappariva in passato un ostacoloinvalicabile per procedere al designrazionale di farmaci selettivi percontrastarne l’azione. Ladimostrazione della possibilità diindividuare molecole attive in gradodi inibire le ‘proteine disordinate’ èun importante passo in avanti checambia completamente lo scenarionella lotta a numerose patologie eapre la possibilità di moltiplicare ilnumero di bersagli molecolari che sipossono colpire attraverso l’usomirato di farmaci».

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La SIPS - Società Italiana per il Progresso delle Scienze - onlus«ha per scopo di promuovere il progresso, la coordinazione e la diffusione delle scienze e delle loro appli-cazioni e di favorire i rapporti e la collaborazione fra cultori di esse», svolgendo attività interdisciplinare emultidisciplinare di promozione del progresso delle scienze e delle loro applicazioni, organizzando studi eincontri che concernono sia il rapporto della collettività con il patrimonio culturale, reso più stretto dallenuove possibilità di fruizione attraverso le tecnologie multimediali, nella ricerca delle cause e nella rilevazionedelle conseguenze di lungo termine dell’evoluzione dei fattori economici e sociali a livello mondiale: popo-lazione, produzione alimentare e industriale, energia e uso delle risorse, impatti ambientali, ecc.

Le origini della Società Italiana per il Progresso delle Scienze si ricollegano al periodo anteriore al nostroRisorgimento politico, allorquando nella nostra penisola, smembrata in sette piccoli Stati, i più eminenti uo-mini di Scienza e di Lettere solevano riunirsi in Congresso. Nel 1839, a Pisa, fu tenuta la prima Riunionedegli scienziati italiani, celebrata dal Giusti, nei noti versi:

Di si nobile congressoSi rallegra con sè stessoTutto l'uman genere.

Ciò che costituì, fin da principio un'importante caratteristica delle Riunioni degli scienziati italiani, fu la largapartecipazione del pubblico colto, a fianco dei più illustri scienziati. E di ciò danno conferma gli Atti delleRiunioni, e le testimonianze degli scrittori, italiani e stranieri del tempo. Oltre a dibattere tematiche a caratterescientifico-tecnico e culturale, la SIPS pubblica e diffonde i volumi degli Atti congressuali e Scienza e Tec-nica, palestra di divulgazione di articoli e scritti inerenti all’uomo tra natura e cultura. Gli articoli, salvo diversi accordi, devono essere contenuti in un testo di non oltre 4 cartelle dattiloscritte suuna sola facciata di circa 30 righe di 80 battute ciascuna, comprensive di eventuali foto, grafici e tabelle.Pos-sono far parte della SIPS persone fisiche e giuridiche (università, istituti, scuole, società, associazioni e, ingenerale, enti) che risiedono in Italia e all’estero, interessate al progresso delle scienze e che si proponganodi favorirne la diffusione (art. 7 dello statuto).

CONSIGLIO DI PRESIDENZACarlo Bernardini, presidente onorario; Maurizio Luigi Cumo, presidente; Luigi Berlinguer, vicepresidente; BarbaraMartini, amministratore; Enzo Casolino, segretario generale; Mario Alì, Francesco Balsano, Vincenzo Cappelletti,Salvatore Lorusso, Elvidio Lupia Palmieri, Filomena Rocca, Antonio Speranza, Nicola Vittorio, consiglieri; AlfredoMartini, consigliere onorario.Revisori dei conti: Antonello Sanò, Guglielmo Lucentini, Elena Maratea, effettivi; Roberta Stornaiuolo, supplente.

COMITATO SCIENTIFICOMichele Anaclerio, Piero Angela, Mario Barni, Carlo Blasi, Maria Simona Bonavita, Federico Cinquepalmi, Mario Cipolloni, IreneoFerrari, Michele Lanzinger, Waldimaro Fiorentino, Gaetano Frajese, Gianfranco Ghirlanda, Mario Giacovazzo, Giorgio Gruppioni,Nicola Occhiocupo, Gianni Orlandi, Renato Angelo Ricci, Mario Rusconi, Cesare Silvi, Roberto Vacca, Bianca M. Zani.

SOCIPossono far parte della SIPS persone fisiche e giuridiche (università, istituti, scuole, società, associazioni ed in generale, enti) che risiedonoin Italia e all’estero, interessate al progresso delle scienze e che si propongano di favorirne la diffusione (art. 7 dello statuto).

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