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raccolta degli scritti economici di Ezra Pound

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Page 1: Scritti Economici - Ezra Pound

Ezra Pound

Scritti economici

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Indice Gianni Ferracuti: Ezra Pound, il fascista ................... 5 A che serve il danaro? .............................................. 19 Abc dell'economia (brani) ......................................... 33 Carta da visita (brani) .............................................. 67 Orientamenti (brani) ................................................. 74 Oro e lavoro ............................................................. 81 Verso un'economia ortologica ................................... 96 L'economia ortologica ............................................ 104 Economia ortologica ............................................... 114 Economia ortologica: di alcune intuizioni ............... 120

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Gianni Ferracuti Ezra Pound, il fascista

«Così vanno le cose, così devono andare; chi è stato, è stato, e chi è stato non è; chi c'è, c'è, e chi non c'è, non c'è» (C.S.I., Fuochi nella notte)

Non credo che si possa realmente parlare di un «fascismo» di Ezra

Pound. Detto così, sembra quasi un paradosso o un'idea sostenuta per amor di

tesi: se c'è uno tra i tanti illustri rappresentanti dell'intelligenza europea degli Anni Trenta cui non si può negare la convinta adesione al fascismo, questi è proprio Ezra Pound. Eppure non mi pare così pacifico, soprattutto perché forse non siamo d'accordo sul termine «fascismo». E già questa

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adesione di molti intellettuali europei al fascismo andrebbe pur spiegata, oltre che «giudicata».

Anzitutto il fascismo è una realtà storica molto complessa, composita. Non è un monolite. In secondo luogo, non bisogna confondere il giudizio politico sul fascismo con il giudizio storico. E in terzo luogo bisogna distinguere tra la realtà del fascismo e l'interpretazione o valutazione personale che ne dia un simpatizzante: non è detto che coincidano. Se parliamo del fascismo come una realtà storica chiusa tra il 1922 e il 1945, la condanna politica delle forze fasciste attuali può benissimo convivere con un'analisi serena di quegli anni, in cui è impossibile che sia stato tutto negativo. Io credo che, dentro ciò che allora si diede il nome di fascismo, fossero presenti correnti di pensiero molto diverse tra loro, spesso irriducibili le une alle altre, e ciascuna di esse agiva nella situazione politica data, per attuare i suoi progetti, per condizionare il movimento, la forma futura del regime, i suoi sviluppi. Credo anche che nessuna di queste correnti accettasse il fascismo in blocco, ma discriminasse in esso qualcosa che condivideva da qualcosa che non condivideva. Perciò era «nel» fascismo, e progettava un esito della situazione, uno sbocco, non necessariamente coincidente con quello che il regime ha realizzato di volta in volta, nelle sue varie fasi. Sempre mi sono chiesto che cosa unisse nel fascismo uomini così diversi come Gentile, Evola, Preziosi, Michels, e la mia risposta è che ciascuna corrente di pensiero presente «nel» fascismo interpretava il movimento rivoluzionario in atto. Ho sottolineato delle parole che mi sembrano importanti, perché differenziano la nostra possibile presa di posizione verso il fascismo da quelle possibili a un contemporaneo suo. Era un'interpretazione: uno avrebbe potuto dare una valutazione politica consistente in questo: condivido l'obiettivo ma non accetto il metodo dittatoriale. Era un processo in atto, in corso; pertanto il tizio di prima avrebbe potuto concludere: bisogna stare dentro il processo (che condivido in parte) perché sia condizionato ad abbandonare l'altra parte e ad adottare certe diverse forme istituzionali che potenzialmente contiene. Noi non possiamo valutare il fascismo in questo modo, per la semplice ragione che non ne siamo contemporanei, cioè che non si tratta più di un processo in corso: il fascismo del Ventennio è finito, e non può più evolvere in una direzione o nell'altra; non può evolvere in assoluto. Si potrà porre il problema di un neofascismo, ma questa è un'altra questione, politica, di attualità, che nulla ha a che vedere col tema storico che affronto ora.

Dunque, si trattava di una realtà in corso, di un movimento. Per occhi contemporanei, la vittoria di una certa linea politica su un'altra avrebbe cambiato il volto del regime, e oggi non parleremmo di quel fascismo che l'Italia ha vissuto, ma di un altro fascismo di chissà quale forma. E c'erano interpretazioni: non tutti pensavano che il fascismo fosse o dovesse essere così com'era. In fondo, la stessa cosa è accaduta al comunismo: Marx, Stalin e Gorbacev si sono definiti «comunisti», ma sono esponenti di «comunismi» diversi e tra loro irriducibili, come ben sanno i parenti delle vittime «comuniste» di Stalin. Il problema, dunque, è mettersi d'accordo sui nomi.

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Nel caso del fascismo c'è una complicazione: che, a mio avviso, a differenza del comunismo, il fascismo non aveva un vero e proprio programma politico. Abbondava di intenzioni, che spesso erano belle intenzioni. Si potrà dire oggi che si trattava di pura propaganda per strappare il consenso delle masse. Sì, ma per chi ci viveva dentro, le intenzioni belle non erano meno reali di tante altre meno belle, e potevano rappresentare il programma politico di una corrente interna al regime.

Allora potremmo oggi riproporre uno di questi «fascismi possibili», come nuovo ed attuale progetto politico? È un problema che non intendo affrontare qui, ma che cito perché è politicamente sensato: ho dato altrove una risposta del tutto negativa. In particolare non è possibile nel caso di Pound. Il fascismo poggia su una contraddizione teoretica strutturale.

Nel suo «volto bello», aspira a un programma che contenga il meglio di tutto quanto si era pensato in termini di alternativa al capitalismo: una sintesi. Ma si badi bene: una sintesi di movimenti attuali, che gli erano contemporanei. Evidentemente, se oggi si riproponesse quella sintesi, non si tratterebbe più di sintesi, ma di ideologia, che lascerebbe fuori molti elementi della nostra contemporaneità anticapitalista; questa esclusione non sarebbe affatto nello «spirito» del fascismo storico. D'altronde, se un neofascismo fosse inteso nel senso di fare una sintesi tra il meglio di ciò che si pensa oggi, non sarebbe - evidentemente - fascismo.

Poi, storicamente, la sintesi prende corpo come stato corporativo. Questo consiste nella trasformazione in organi dello stato di strutture che nascono ed esistono positivamente come organi della società. Il che provoca una struttura totalitaria: la corporazione, rettamente intesa, è un'istituzione della società contro lo stato; ha lo stato come controparte. Nel trasformarla in organo di stato, l'intero corpo sociale viene statizzato, e il regime assume un carattere totalitario ineliminabile dalla sua costruzione teorica. Questo esclude qualunque concezione della società come libera dallo stato, e dunque dà al totalitarismo ideologico la forma storica della dittatura. E con ciò veniamo a Pound.

Jefferson e/o Mussolini (1933) è un libro che intanto parla di tre statisti:

Jefferson, Mussolini e Lenin. Lenin è sempre sullo sfondo. Inoltre, Mussolini è visto a partire da Jefferson: è il momento interpretativo del presente fascista contemporaneo di Pound. Entrambi, poi, - Jefferson e Mussolini - sono visti a partire da Confucio.

I tre statisti non sono intercambiabili, ma hanno per Pound notevoli elementi di affinità. In sintesi: governano bene. Ma, parafrasando lo stesso Pound, bisogna dire che l'accento non cade sul fatto che governino bene, bensì sul fatto che governano. In termini confuciani, per Pound il governare (ciò che è realmente il governare, nella sua differenza dal giovarsi della carica politica a scopo di lucro personale) viene definito dalla presenza di due elementi:

1) viene compiuta un'azione, o serie di azioni, a beneficio del popolo;

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2) l'azione tiene conto degli elementi realmente presenti nel Paese, delle condizioni date.

Ovvero, il governare è la capacità di discernere nella realtà; è la visione adeguata del reale, sulla quale si innesta, per così dire, un valore. L'agire politico mira a realizzare un valore, ma non si perde nell'utopia. Con un'immagine confuciana: capacità di discernere tra il ramo e la radice. La cosa meno importante è ciò che chiameremmo manifesto ideologico. Data questa concezione del governare, è evidente che il manifesto ideologico e il concreto programma politico saranno diversi in Italia, in America e in Russia, perché avranno attinenza con condizioni reali diverse. Non solo condizioni sociali, ma anche concezioni della vita, sensibilità culturali.

Pound non nega la necessità del consenso come elemento chiave dell'agire politico. Semmai, credo sia propenso a pensare che il consenso si polarizza attorno a uno o più obiettivi che qualcuno deve pur pensare, affinché possano essere proposti. Inoltre ha un forte senso storico. Scrive nel 1910:

«A Gerusalemme è l'alba quando la mezzanotte impende sulle

colonne d'Ercole. Tutte le età sono contemporanee. In Marocco, ad esempio, siamo ancora avanti Cristo, in Russia nel medioevo e il futuro si agita nella mente dei pochi».

Non è solo una definizione della nostra era come età della

contemporaneità, ma anche la formulazione di una condizione per l'agire politico: evidentemente, non si può pensare lo stesso programma politico per la Russia e per il Marocco. Di conseguenza, la rivoluzione russa non è esportabile in Marocco, né viceversa sarebbe esportabile un'ipotetica rivoluzione marocchina. Su questo piano, certamente, Pound nega l'internazionalismo in voga a quei tempi, anticipando in fondo una critica che poi i comunisti del dopoguerra avrebbero accolto. Contemporaneamente, la frase citata indica un altro piano, che pure ha attinenza con la politica: quello dei pochi che sono capaci di vedere o immaginare il futuro. Ma questi pochi non possono che respirare in un'atmosfera internazionale, ovviamente. Ciò che le diverse situazioni di fatto nazionali condizionano è la traduzione in atti politici del percorso da realizzare per costruire qui ed ora il futuro.

Vedremo che, oltre le apparenze, questo futuro è quasi una nuova forma di socialismo. Qui c'è un altro aspetto del senso storico di Pound: Marx aveva detto l'essenziale, ma parlava -osserva- in vista di una società molto diversa da quella presente; parlava di fronte a una fase storica dell'economia, a una forma dell'economia che oggi non esiste più. Dunque, una continuità con Marx sul piano dei valori non può sposarsi con una pari continuità sul piano delle soluzioni proposte e delle formule programmatiche, proprio per il mutamento dei termini del problema che Marx affrontava. Ecco perché l'interlocutore comunista di Pound non è tanto Marx quanto Lenin, l'uomo che nell'agire politico aveva rotto la continuità

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con Marx, e per questo aveva vinto la scommessa rivoluzionaria. Aveva vinto nonostante l'ortodossia menscevica non l'appoggiasse.

La prima caratteristica della politica del Duce, citata nella prima frase di

Jefferson e/o Mussolini è molto significativa dell'interpretazione poundiana: la «pacata battaglia contro tutto ciò che è antistorico». Non ci interessa qui se sia vero o no che Mussolini l'ha combattuta; il libro di Pound ha per sottotitolo: «Il fascismo come l'ho visto io»; ci interessa la sua interpretazione del fascismo, da cui desumiamo non l'ideologia del fascismo ma le idee politiche di Ezra Pound. Poi, ognuno valuti da sé se tali idee sono coerenti e solidali con l'interpretazione del fascismo che più gli piace.

Il secondo punto è anch'esso molto significativo e rimanda alle osservazioni precedenti: «Mussolini non ha mai chiesto a nazioni di costituzione storica diversa di adottare strutture tipiche del fascismo». Le strutture cui allude sono concretamente lo stato corporativo, inteso da Pound come «schema per l'accertamento della volontà popolare». Di fatto Pound non è fascista in quanto crede in questo schema. Che in astratto vi creda o no è cosa secondaria. Ciò che sta dicendo nel libro è più complesso, e cioè:

1) le strutture della democrazia parlamentare, precedente il fascismo, non sono realmente radicate nella storia italiana, non ne sono il prodotto, ma sono poco più di una mera importazione, un esotismo;

2) l'atto di governo di Mussolini consiste nel pensare uno schema più semplice per accertare la volontà popolare, schema meglio adeguato alle caratteristiche italiane e rispettoso del principio, del valore politico del consenso;

3) dunque, lo schema scelto è la soluzione a un problema, e come soluzione è del tutto contingente: se le condizioni storiche reali fossero state diverse, se si fosse stati in un altro paese, si sarebbe pensato un altro schema, adeguato alle variate condizioni;

4) questa capacità di trovare le soluzioni adeguate al Paese -che nella fattispecie è lo stato corporativo- è un esempio reale di buon governo;

5) così, in un altro Paese, trovando soluzioni diverse dallo stato corporativo, ma adeguate alle condizioni reali, si compirebbe ugualmente un atto di buon governo;

6) dalla capacità di compiere questi atti di buon governo deriva l'adesione.

Qui si innesta un ulteriore punto. L'azione di buon governo rivela, come si diceva, un senso storico sviluppato: non solo è adeguata alle condizioni date, ma è anche all'altezza dei tempi -che sono tempi nuovi, tempi di svolta epocale. Questa svolta, grazie al nuovo potenziale tecnologico e produttivo, rende sorpassate molte, se non tutte, le teorie politiche precedenti e spinge verso nuove idee. Questo vale soprattutto in economia. Annunciando un tema molto importante per comprendere la filiazione - e al tempo stesso la discontinuità - da Marx, Pound scrive: «L'economista è alle prese con una sempre minore necessità di lavoro umano» (allusione alle capacità produttive delle macchine). La macchina è un aspetto, non certo secondario,

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della novità dei tempi. Potendosi fare le scarpe a macchina, anziché a mano, non è più un problema oggettivo produrre una quantità di scarpe sufficiente per l'intera popolazione: il problema della produzione, dice Pound, è risolto; e soprattutto è risolto diminuendo il lavoro umano necessario: per dare scarpe all'intera popolazione c'è bisogno di un numero di addetti inferiore a quello dei calzolai, se le scarpe fossero fatte a mano. Ciò significa che resta aperto - e si può affrontare in termini nuovi - il problema della distribuzione; in soldoni, se abbiamo le scarpe a disposizione, si tratta di darle a tutti. Ora, dire che questo problema resta aperto è il punto di continuità con Marx. Ma ragionare di questo problema dopo che si è risolto quello della produzione, significa trovarsi in una situazione storica diversa da quella di Marx, e pensare soluzioni diverse: è il punto di discontinuità con Marx.

Per Pound, la soluzione passa, in un modo o nell'altro, attraverso l'esame di un altro problema: quello finanziario. Se c'è un vero rimprovero che Pound rivolge a Marx è quello di non aver mai messo in questione la natura della moneta. E se c'è un motivo per cui Pound ha profondamente aderito al fascismo storico è perché al suo interno ha trovato una corrente che discuteva sulla moneta e sulla funzione creditizia. Distribuzione dei beni e moneta sono strettamente connessi: «La distribuzione è assicurata da piccoli biglietti di carta». L'idea, in parole molto semplici, è questa: se le scarpe ci sono, il problema non è distribuirle grazie a complessi interventi sui meccanismi della loro produzione; se ci sono, basta comprarle, e dunque il problema è intervenire sulla distribuzione della moneta.

Su questo punto Pound non è propriamente fascista; piuttosto trova nel fascismo la volontà politica di affrontare la questione. A questa volontà politica vuol dare il suo contributo personale, dato che lo ritiene un tema essenziale, e non trova altri movimenti disposti ad occuparsene. Ma le fonti di Pound non sono autori fascisti, bensì Gesell, autori medievali o dell'antica Cina.

Citazione da Mussolini, riportata da Pound: «La scienza moderna è riuscita a moltiplicare le possibilità della ricchezza; la scienza, controllata e pungolata dalla volontà dello Stato, deve risolvere l'altro problema: il problema della distribuzione della ricchezza in modo che non si verifichi più l'evento illogico, paradossale e al tempo stesso crudele, della miseria in mezzo all'abbondanza». Questo è il punto di incontro tra Pound e il fascismo, un punto di chiara matrice socialista. Tutto questo è solo nella premessa del libro.

La trattazione vera e propria si apre con la domanda su quale sia il

miglior governo. E si cita una frase di Jefferson, perfettamente solidale con la migliore tradizione europea: «Il miglior governo è quello che governa meno». Dopo qualche divagazione, Pound la riprende e aggiunge una postilla acuta e di estremo interesse: «Un'interpretazione superficiale mette in risalto l'avverbio "meno" e sorvola allegramente sul verbo "governare"». Dunque, cos'è il governo? È anche una direzione della volontà. Il che, dice Pound, ci ri porta a Confucio e a Dante.

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La direzione della volontà è un discernimento che sa cogliere le opportunità realmente offerte dalle situazioni concrete. Si parla di opportunità, naturalmente, non di ciò che chiamiamo opportunismo: Pound è molto attento a distinguere. Le opportunità sono colte dall'intelligenza. Ma l'intelligenza di cui qui si tratta non è una facoltà vaga: siamo in politica, e dunque l'intelligenza reale si rivela nella sua traduzione in azione. Di un politico non diciamo che è intelligente perché sa risolvere i quiz enigmistici, ma perché compie scelte in cui ha afferrato, e messo a disposizione del bene comune, un'opportunità, una possibilità favorevole consentita dalle circostanze. È un'intelligenza capace di rispondere alla domanda: che cosa si può fare nella situazione data? Fare, non: pensare.

In astratto si può cercare la risposta alla domanda in due modi: nelle idee già fatte, negli schemi mentali già posseduti, nelle idées fixes, come dice Pound, oppure producendo una risposta nuova, pensata ad hoc per quegli elementi della situazione data. Per Pound, Mussolini ha seguito questo modo: la rivoluzione fascista «non è ispirata a nessun modello preconcetto».

Grazie a questo è diversa dalla rivoluzione russa. Il che non vuol dire negare valore a quanto ha compiuto Lenin. Semplicemente, si tiene conto della differenza di circostanze: «Lenin non aveva il Vaticano nel suo giardino. Conosceva la Russia e si occupò di quella Russia che aveva davanti». E ancora:

«Lenin ebbe fortuna e affrontò una serie di ostacoli. Non aveva di

fronte gli ostacoli italiani, ed è perfettamente inutile ricercare il peso specifico delle imprese di un uomo nella falsa supposizione che egli stesse risolvendo un problema diverso da quello di cui si stava, o si sta, realmente occupando».

Dunque, è determinante la considerazione dei problemi reali affrontati da

ogni statista, per rendere tra loro irriducibilmente diverse le soluzioni che hanno elaborato. Ma c'è anche una differenza di livello storico, inclusa nel concetto di contemporaneità. Pur rispondendo ciascuna a specifiche problematiche, la rivoluzione fascista e quella russa si collocano su due diversi livelli storici, su due diverse fasi economiche. Così, Pound scrive:

«La rivoluzione russa coincide con la fine del ciclo marxiano;

voglio dire che l'economia marxiana fu concepita quando il lavoro era necessario, quando una grande quantità di lavoro era ancora necessaria, e i valori di Marx sono fondati sul lavoro. La nuova economia basa il valore sull'eredità culturale, che è lavoro più il complesso delle invenzioni che rendono possibile ottenere quei risultati, prima ottenibili esclusivamente con il lavoro, e di farlo con una quantità di lavoro che tende gradatamente a diminuire».

Considerando il complesso delle rivoluzioni storiche, Pound nota che

nessuna di loro è partita dallo stesso punto, né sono arrivate a risultati

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identici. Da qui l'impossibilità di esportare una rivoluzione, nonché l'impossibilità di uno schema ideologico astratto di portata universale. Ad esempio, rispetto al comunismo Pound nota che il confine tra pubblico e privato non è fisso, ma varia da una società all'altra, e non vi è ragione per cui questo non dovrebbe avvenire.

Ora, nell'ottica del buon governo, il problema politico è sempre attenzione alle esigenze reali, soprattutto alle esigenze nuove. «Non solo le frontiere devono essere protette, ma in un'era meccanica anche l'uomo, voi, io e gli altri, ha bisogno di aiuto contro i Kreugers e gli Hatrys» (suppongo si tratti di insigni capitalisti del tempo, e non credo che meritino ulteriori indagini). Questo pone al governo problemi nuovi e conduce a un modo nuovo di pensare lo stato come strumento per affrontarli: lo stato rivendica una supervisione.

Pound definisce l'idea statale attraverso due caratteristiche: l'impersonalità, cioè l'attenzione alle cose da fare anziché a considerazioni limitate e personali - la mancanza di personalismi - e gli scopi da ottenere:

«Questa mattina (11 febbraio) ho tentato di stabilire una "legge" o

equazione che descriva il nuovo impulso politico, enunci gli scopi illuminati delle diverse, specifiche, intelligenti direttive e iniziative del presente.

«I. Quando esiste il necessario si devono trovare i mezzi per distribuirlo a chi ne ha bisogno (Specifico: "anche a coloro che intendono semplicemente usarlo e consumarlo, con tutta l'importanza di questa coppia di verbi").

«II. È dovere della nazione, prima di preoccuparsi del resto del mondo, provvedere affinché i propri membri abbiano la loro parte. (Questo corrisponde all'idea confuciana che il bene del mondo lo si raggiunge dando innanzi tutto un buon governo al proprio paese [NDR: non ha nulla a che vedere con quelli che cacciano gli immigrati dallo stato, problema che all'immigrato Pound non poteva neppure venire in mente]).

«III. Quando la produzione potenziale (produzione possibile) di un bene qualsiasi è sufficiente a soddisfare i bisogni di tutti, è dovere del governo provvedere affinché sia produzione che distribuzione vengano assicurate».

Per Pound questa è l'idea statale: una cosa che distingue accuratamente

dallo statalismo. Attribuisce al fascismo la volontà di tener fuori lo stato da tutti gli ambiti in cui la vita sociale può funzionare autonomamente:

«Se, in qualsiasi circostanza, un individuo o un'industria sono in

grado e vogliono occuparsi dei propri affari, lo Stato fascista vuole che quell'industria e quell'individuo lo facciano, ed è solo in caso di pura idiozia, incapacità, semplice avidità e volontà di impedire agli altri di

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godere di ciò che per sé è superfluo, che lo Stato interviene per proteggere la gente disorganizzata».

In questo senso si tratta di un governare che, attraverso l'idea statale o la

supervisione dello stato, tende a realizzare l'obiettivo di governare meno. Non è lo stato assente (quando fa comodo) del liberismo economico, né il principio di sussidiarietà cattolico - che in via di principio ha tutto l'aspetto di un intervento tecnico, non politico, dello stato per supplire un'impossibilità operativa della società-, ma è una concezione politica dello stato stesso; quindi una concezione politica che assoggetta le istituzioni reali dello stato, rifiutando la finzione di considerarlo neutrale. In via di principio, lo assoggetta a beneficio della gente, e cercando di farne meno uso possibile.

Quando ho cercato di cogliere l'essenziale del rapporto tra Pound e il

fascismo, mi sono reso conto con sorpresa che Pound ne ha una visione completamente deideologizzata: tutto ciò che è la dottrina, la teoria, il manifesto politico del fascismo, non gli interessa minimamente. Come non gli interessa nel caso di Lenin o di Jefferson. Tutto è subordinato alla categoria del buon governo: se questo c'è, «il resto è "organizzazione" politica, burocrazia, inutile perdita di tempo. Jefferson, Mussolini e Lenin ne erano, ne sono, tutti insofferenti». E ancora: «Un buon governo è quello che opera tenendo conto di tutto ciò che di meglio è pensato e conosciuto. E il miglior governo è quello che traduce il più rapidamente possibile il miglior pensiero in azione» (miei corsivi). Più che una ideologia, questo presuppone una ricchezza culturale, un fermento di idee e il confronto vivace tra molte ideologie. Per assurdo, se la situazione richiedesse oggettivamente la trasformazione totale delle strutture dello stato, per Pound il miglior fascismo sarebbe quello che, con la massima rapidità e intelligenza, smantellerebbe le strutture vecchie, sia pure quelle inventate dal fascismo stesso.

Questo atteggiamento è paradossale solo in apparenza. Per Pound la politica non è la matrice della cultura, ma è vero il contrario: la cultura è l'ambito che produce autonomamente le idee di cui il politico deve tener conto; ed è tanto più politico quanto più ne tiene conto: il politico come tale è chi traduce le idee in azione e le azioni in benefici per tutti. Dentro una cornice etica. Questo caratterizza il politico a tal punto che Pound rifiuta l'idea della volontà di potenza, intesa come lotta per il potere fine a se stesso. E lo fa con parole non certo tenere:

«La "volontà di potenza" (ammirata ed esaltata dalla generazione

precedente la mia) fu introdotta nel gergo letterario da uno squilibrato isterico tedesco-polacco. Nulla di più volgare, nel peggior senso della parola, è mai stato proposto a degli intellettuali perdigiorno. Il potere è necessario in alcuni casi, ma né Lenin né Mussolini si sono mai

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dimostrati uomini assetati di potere. L'uomo superiore è mosso da una passione diversa, dal desiderio di ordine».

Ma anche in questo caso bisogna specificare che c'è modo e modo di

disporre le cose, chiamando «ordine» la propria disposizione preferita. Per Pound si tratta di un confuciano mettere ordine nelle proprie idee, saper distinguere tra il ramo e la radice.

Questa concezione del buon governo si inserisce in un quadro democratico. Il problema sta nel mettersi d'accordo su cosa sia la democrazia reale cui fa riferimento Pound, magari ottenuta con un certo «decisionismo», e che contrappone a una democrazia formale, continuamente tradita, svuotata. Come Pound non si preoccupa del manifesto teorico di riferimento del partito politico, così non si preoccupa dell'assetto istituzionale, almeno in prima istanza. Per Pound si ha democrazia quando di fatto il governo agisce correttamente a beneficio del popolo, di tutto il popolo, accertandone la volontà attraverso un qualunque metodo efficace. Dato questo punto essenziale, sulle forme istituzionali si può parlare:

«Il problema della democrazia è di sapere se il suo conseguente

sistema, il suo de jure, possa essere fatto funzionare da uomini di buona volontà; se le questioni reali, che non siano semplici pretesti, possano essere affrontate dai corpi legislativi (Camera e Senato) e se una parte sufficientemente attiva della popolazione possa ancora venir persuasa a unirsi e costringere i delegati da lei eletti ad agire correttamente e anche in modo moderatamente intelligente».

Non si tratta di una critica al principio di sovranità popolare, ma alla

reale efficacia della democrazia parlamentare borghese come strumento per realizzare questa sovranità. È una critica alle forme della rappresentanza, perché queste in realtà non rappresentano. Così, se all'inizio ha parlato di corporativismo come schema per accertare la volontà popolare, ora - a continuazione della citazione precedente - aggiunge:

«Maledite pure i bolscevichi quanto volete, ma i progetti russi sono

serviti da stimolo sia all'Italia che all'America. Il nostro sistema democratico è per la prima volta in lotta contro quei sistemi che professano una maggior cura del benessere nazionale».

Per Pound, che qui rivela la sua chiave di lettura del fascismo, le idee

guida di Jefferson e dei migliori Padri dell'America stanno funzionando in Italia. E scrive ancora:

«Questo non comporta necessariamente un'importazione di

particolari, di istituzioni più adatte all'Italia e alla Russia che al deserto

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dell'Arizona o alle caratteristiche delle fattorie di Boston. Ma significa in definitiva un orientamento della volontà».

Orientamento della volontà a un effettivo bene comune della nazione:

ecco l'essenza etica della politica per Ezra Pound; una volontà che ha chiaro il suo scopo, ma opera nei limiti delle condizioni date, tenendo presente tutto ciò che di valido viene pensato. Questo è l'atteggiamento che, secondo Pound, accomuna Mussolini, Lenin e Jefferson.

Con una battuta che non va troppo lontano dal vero, si potrebbe dire: non è che Pound sia fascista; piuttosto, Pound interpreta Mussolini come... poundiano. Naturalmente bisogna tener presente l'aberrazione ottica inerente alla contemporaneità: Pound parla di una rivoluzione in corso, nella quale i giochi non sono tutti fatti; il fascismo sta sostituendo il de jure esistente con un diritto nuovo, che non è definito nei particolari; anzi, la sua definizione è l'oggetto di un'aspra battaglia politica all'interno del movimento. Sarebbe errato interpretare ciò che si diceva a proposito della democrazia di fatto, nel senso che Pound manchi di rispetto per le procedure prefissate. Al contrario, egli nota che il fascismo, come rivoluzione o messa in discussione dei termini giuridici e istituzionali precedenti, non ha ancora elaborato procedure nuove. Però deve elaborarle. È interessante l'annotazione di Pound che Mussolini è alla testa di un movimento che ha organizzato il potere, mentre Roosevelt è a capo di una nazione in cui il potere era già organizzato da prima. Solo apparentemente Roosevelt sarebbe più democratico di Mussolini: quest'ultimo, infatti, andrebbe giudicato in base alle sue realizzazioni pratiche, che creano il de jure dello stato fascista, mentre attribuire tutti i poteri a Roosevelt, che ha già un de jure, equivarrebbe a un colpo di stato. Insomma, la legittimazione del fascismo dipende da ciò che fa e dal punto a cui arriva, trattandosi di un movimento. Lo stesso dicasi per la rivoluzione di Lenin.

In ogni caso, nota Pound, il potere non è qualcosa che si conferisce.

«Concedete autorità a uno sciocco e cadrete immediatamente nel caos... Similmente, l'ampiezza del potere che è possibile delegare è limitata da leggi tanto precise quanto quelle che regolano l'intensità della corrente che si può mandare attraverso il filo elettrico di spessore e consistenza determinati».

C'è sempre un problema istituzionale; le istituzioni non sono finzioni, ed

anzi è l'averle considerate tali che ha screditato la democrazia parlamentare. Ma ci sono istituzioni create e che vale la pena di salvare, e istituzioni che si stanno creando. Nel primo caso l'istituzione dà la legittimità e garantisce i cittadini in quanto è uno strumento al servizio del governare:

«Un capo non sostenuto da un'organizzazione legale è più

dipendente dalla volontà generale del suo partito di un funzionario eletto, che abbia delle istituzioni a cui ricorrere».

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Nel secondo caso il governare si legittima da sé (se ci riesce) nella misura

in cui viene riconosciuto di fatto come un buon governo. Per Pound, è questo il caso dell'autorità di Mussolini, derivante semplicemente dal consenso generale per le cose che fa e dalla convinzione che sia nel giusto.

A questo punto, avendo quasi completamente delineato il suo schema di

idee, Pound torna a citare Confucio, fornendo una sintesi di principi attinenti al tema:

«La dottrina di Confucio afferma: È possibile creare ordine intorno a noi solo dopo averlo creato in se

stessi e aver compreso i motivi delle proprie azioni. È possibile migliorare i governi stranieri solo dopo aver migliorato

quello del proprio paese. Che il guadagno privato non significa prosperità, ma che il tesoro

di una nazione è la sua onestà. Che la tesaurizzazione non è prosperità e che si debbono impiegare

le proprie risorse...». Questi principi confuciani definiscono la cornice morale e politica entro

cui Pound colloca il fascismo, rischiandone l'interpretazione. Lo vede come una rivoluzione continua, in atto qui e ora, nel suo aspetto sociale:

«Mentre scrivo (febbraio 1933) il governo fascista ha preceduto gli

altri in Europa e in America, raccomandando che quando le industrie hanno bisogno di meno addetti dovrebbero ridurre il numero delle ore giornaliere di lavoro per tutte le categorie, o solo per alcune in particolare, piuttosto che ridurre il numero delle persone occupate. E invece di richiedere straordinari a persone già sul registro paga, dovrebbero assumere nuovi dipendenti»

(invece, mentre scrivo io - gennaio 1994 - questo è un grande tema delle

forze di sinistra in Europa). Come si vede, Pound non si chiude dentro il fascismo ma, a torto o a

ragione, interpreta il fascismo come momento di una direzione della volontà definita dall'ansia per la giustizia sociale, in chiave anticapitalista. Uno dei principali punti di contatto col fascismo si verifica nel campo dell'economia, e anche qui si deve dire che Pound trova certi orientamenti consonanti con le idee che aveva maturato in una ricerca del tutto autonoma, principalmente attraverso fonti classiche e americane.

È molto interessante, ai nostri fini, capire non tanto le singole soluzioni economiche ai problemi sociali proposte da Pound, quanto il modo in cui interpreta l'economia in quanto tale. Bisogna dimenticare certe cadute di

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stile nella polemica, dovute all'eccezionalità del momento storico, e cercare di cogliere ciò che veramente è essenziale.

Per Pound,

«tutto il commercio passa attraverso la moneta. Tutta l'industria passa attraverso la moneta. La moneta è il perno. È il mezzo termine. Sta nel mezzo fra industria e operai. Può darsi che l'uomo puramente economico non esista, ma il fattore economico, nel problema della vita, esiste... La moneta...contiene due elementi: quello che misura i prezzi sul mercato, e quello che dà il potere di comprare la merce... Il biglietto misura il prezzo, non il valore... Ma chi vi fornisce i biglietti?» (Lavoro e usura).

La moneta è sana, scrive sulla «Rassegna Monetaria», «quando è emessa

da chi possiede una merce o da chi ha possibilità di eseguire un servizio, in corrispondenza della merce e del servizio, e quando la merce o il servizio stessi sono desiderati». E in Lavoro ed usura specifica: «La base valida del credito fu conosciuta e affermata già al principio del Seicento dai fondatori del Monte dei Paschi di Siena. Fu, ed è, l'abbondanza, ovvero la capacità produttiva della natura, presa insieme con la responsabilità di tutto un popolo». Diciamo che questa è la ricchezza nazionale, e che la moneta è rappresentativa della ricchezza nazionale. Abbiamo alcune immediate conseguenze.

Anzitutto, la proprietà della moneta appartiene alla nazione, cioè non può emetterla o controllarla un privato, ma lo stato, in nome e per conto dell'intera comunità.

Inoltre, è una ricchezza data da beni materiali e dal lavoro potenziale, non soltanto dai beni di fatto esistenti in un certo momento. Per Pound, la costruzione di un impianto industriale può essere finanziata con un'emissione monetaria che sarebbe assurdo considerare in sé inflattiva.

In terzo luogo, siccome il lavoro umano entra nella produzione e nella commercializzazione di qualunque bene, tale lavoro è a sua volta un bene e può garantire il valore della moneta: moneta lavoro, cioè la moneta come certificato di lavoro prodotto all'interno di un sistema. «Col fenomeno della moneta-lavoro si può adoperare moneta dove prima si adoperava il credito» (Orientamenti).

In quarto luogo, se la moneta rappresenta la ricchezza nazionale reale, nella sua attualità e nella sua effettiva potenzialità, il problema monetario è: «Come adeguare la potenza di acquisto di tutto il popolo al totale delle merci (servizi) disponibili» («Rassegna Monetaria»). Questo è il punto chiave.

Come dicevo, lascio da parte le soluzioni tecniche proposte da Pound e cerco di capire cos'è che vogliono risolvere, non il fatto che - secondo i teorici capitalisti - non lo risolvono. Ciò che vogliono risolvere è il problema sociale: «La giustizia sociale domanda uguali vantaggi a tutti. Il vantaggio della moneta-lavoro deriva principalmente da un fatto solo. Il

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lavoro non è monopolizzabile» (Lavoro ed usura). Cioè non è possibile espropriare la comunità della sua moneta.

Il carattere sociale della moneta (e la collettivizzazione dei profitti del sistema monetario) ne fanno lo strumento per eccellenza per risolvere il problema di distribuire a tutti ciò che viene prodotto: «Senza definire il problema centrale dell'economia non si può costruire una scienza. Questo problema non è altro che quello di far mangiare e vivere bene un popolo intero» («R.M.»). La scienza economica, dunque, non è una costruzione astratta, ma è un'attività che si struttura e si determina in base a uno scopo ben preciso: il benessere della gente tutta. Possono essere pensate altre forme di economia, che mirano ad altri scopi, ad esempio al benessere privato; ma tali forme non possono essere ammesse: questo è il punto politico del pensiero economico di Pound, senza il quale ogni giudizio viene falsato. Pound non sposa certe proposte tecniche per la passione di farlo, ma perché gli sembrano adeguate allo scopo che assegna all'economia; ed è chiaro che questo scopo è un dato permanente, mentre la proposta tecnica è legata ai tempi, alle contingenze, e anche all'abilità del tecnico. L'essenziale dell'economia secondo Pound sta dunque nella directio voluntatis, cioè nell'obiettivo che si vuole ottenere con l'economia.In altri termini, l'intera economia ridotta a strumento di una volontà politica che cerca il benessere collettivo. Pound condivide totalmente la diagnosi di Marx, ma le oppone una nuova prognosi: la socializzazione o collettivizzazione del sistema monetario.

Riferimenti bibliografici E. Pound, L'ABC dell'economia e altri scritti, tr. it. Boringhieri, Torino

1994. Id., Carta da visita, Scheiwiller, Milano 1974. Id., Confucio, versione e commento di E. P., tr. it. Scheiwiller, Milano

1960. Id., Guida alla cultura, tr. it. Sansoni, Firenze 1986. Id., Jefferson e/o Mussolini, tr. it. Il Falco, Milano 1981. Id., Lavoro ed usura, Scheiwiller, Milano 1972. Id., Orientamenti, Vibo Valentia 1978. Id., Opere scelte, a cura di M. De Rachewiltz, Mondadori, Milano 1970. Id., Patria mia, tr. it.Centro Internazionale del Libro, Firenze 1958. Id., Saggi letterari, a cura di T. S. Eliot, tr. it. Garzanti, Milano 1973.

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Ezra Pound

A che serve il danaro

I disordini non avranno mai fine, non avremo mai una sana

amministrazione della cosa pubblica, se non acquisteremo una nozione precisa e netta della natura e della funzione del denaro.

Potrei tornare indietro e parlarvi della carta moneta emessa in Cina nell'anno 840 della nostra era, ma sono le vicende della moneta nel mondo occidentale che ci interessano.

Prima di tutto tenete presenti le parole dette da Patterson, fondatore della Banca d'Inghilterra. Egli li assicurava che la banca avrebbe fatto buoni affari perché «la banca lucra sugli interessi su tutto il denaro da essa creato dal nulla».

In che cosa dunque può consistere questo denaro che il banchiere può «creare dal nulla»?

Misura dei prezzi Il denaro è un mandato, un titolo quantitativamente determinato. Ecco la

qualità fondamentale che lo distingue da altri titoli non quantitativamente misurati, quali, ad esempio, il titolo di un Tizio ad appropriarsi di quanto

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posseggo mediante la requisizione in tempo di guerra, o di un invasore, oppure di un ladro, di appropriarselo tutto.

Il denaro è un titolo quantitativamente determinato, consegnato dall'acquirente al venditore contro la consegna di beni, senza che occorra altra formalità; senonché qualche volta si rilascia una ricevuta.

Il concetto di giustizia è inerente al concetto di misurazione, e il denaro è la misura del prezzo.

Mezzo di scambio Il denaro è valido quando il pubblico riconosce che conferisce un diritto,

e quando si consegnano merci o servizi nella quantità determinata dal valore stampato sul «biglietto», sia esso di metallo o di carta.

Il denaro è un biglietto generico, e solo in ciò differisce da un biglietto ferroviario o da un biglietto di teatro. Se questa affermazione vi sembra puerile, considerate per un istante la natura di altri biglietti.

Un biglietto ferroviario è un titolo quantitativamente determinato. Un biglietto da Roma a Frascati ha un valore diverso da uno da Roma a Catania. Tutti e due sono misurati in chilometri di lunghezza invariabile. Un biglietto monetario, in un regime monetario malsano, ha un valore oscillante. Da molto tempo il pubblico si affida a persone che si servono di misure instabili.

Ed ecco un altro punto di vista. I biglietti di teatro sono datati. Non accettereste un biglietto per Fila B, n. 7, se non portasse una data. Se sei persone avessero diritto al medesimo posto alla medesima ora, il biglietto avrebbe un valore molto relativo. (Orage domandava: «Lo chiamereste inflazione stampare tanti biglietti quanti posti vi sono nel teatro?»).

Si sente dire che il denaro è un «mezzo di scambio»; ciò significa che può circolare liberamente di mano in mano quale titolo quantitativamente determinato a beni e a servizi che esso misura gli uni rispetto agli altri.

Garanzia di scambi futuri La nostra definizione del denaro sarà precisa se sarà espressa in parole

che non possono applicarsi ad una cosa diversa e se la definizione nulla omette di quello che è essenziale alla natura del denaro.

Quando Aristotele chiama il denaro «garanzia di scambi futuri», intende dire che esso è un biglietto non datato, che varrà quando vogliamo servircene.

Talvolta questi biglietti hanno conservato la loro validità perfino per un secolo.

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Quando non si fa subito la consegna del denaro dovuto per beni o servizi ricevuti, si dice che si ha credito. Il «credito» è la fiducia di altri nella nostra possibilità e nella nostra volontà di consegnare a tempo debito sia il denaro, sia altri beni misurati dal denaro.

Lo scopo del denaro La maggior parte degli uomini è tanto intenta a procurarsi la propria

quota di biglietti-denaro per servirsene come misura di capacità d'acquisto, che si è scordata dello scopo del denaro e si è ingolfata in una massa inestricabile di errori e di confusioni per quanto riguarda l'ammontare totale del denaro in circolazione in un paese.

Un ottimo martello non vale niente come stuzzicadenti. Se ignorate lo scopo del denaro, ve ne servirete in modo confusionario; soprattutto un Governo che ignora lo scopo del denaro farà una politica monetaria confusionaria.

Dal punto di vista statale, cioè dal punto di vista di un individuo o di un partito desideroso di governare con giustizia, un pezzo di denaro è un biglietto, tutto il denaro circolante nel paese è un mucchio di biglietti, che serve per assicurare l'equa ripartizione degli alimenti e degli altri beni esistenti nel paese.

Oggidì, il compito che spetta a chi vuol scrivere un opuscolo sul denaro non è quello di dire qualche cosa di nuovo, o di escogitare una tesi o dimostrare una teoria; egli non deve fare altro che mettere in evidenza certi fatti già noti da 20 e talvolta 2000 anni.

Bisogna rendersi conto dello scopo del denaro. Se pensate che è una trappola per acchiappare i gonzi, o un mezzo per

sfruttare il pubblico, sarete ammiratori del sistema bancario operato dai Rothschild e dai banchieri di Wall Street. Se pensate che è un mezzo per estrarre profitti dal sudore del popolo, sarete ammiratori della borsa.

Dunque, e infine, per mettere un po' d'ordine nelle vostre idee avrete bisogno di alcuni princìpi come punti di riferimento.

Scopo di un sistema economico razionale e decente è quello di sistemare le cose in modo tale che la gente possa nutrirsi, vestirsi, ed essere alloggiata nei limiti concessi dalla massa dei beni disponibili nel paese.

Il valore del denaro Dato che in un tale sistema economico il denaro rappresenta il mezzo di

scambio, vi renderete conto che per essere un mezzo di scambio equo deve essere quantitativamente determinato.

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Di che cosa vi servirete per misurare il valore dei beni? Un uovo è un uovo. Potete mangiarlo (fintanto che non marcisce). Le uova non sono tutte della medesima grandezza; tuttavia potrebbero servire in una comunità primitiva, come misura approssimativa dei valori1.

L'austriaco Unterguggenberger, riformatore monetario, si serviva del lavoro come unità di misura, «Arbeitswerte», 10 scellini di lavoro. Ciò poteva andar bene in una valle alpestre ove tutti facevano pressoché lo stesso lavoro nei campi.

Carlomagno aveva preso ad unità di misura il grano; un dato numero di staia di grano, orzo, o segala valeva un «denaro» o viceversa; il prezzo giusto dell'orzo era tanto allo staio.

Nel 756 d. C. era 2 danari. E nell'808 d. C. era 3 danari. Ciò vuol dire che l'agricoltore otteneva più danari per la medesima

quantità di orzo. Speriamo che poteva acquistare una maggiore quantità di altri beni con quel danaro.

Disgraziatamente, il valore dei beni dipende dal volume disponibile -scarsezza, sufficienza, o eccedenza - per soddisfare la richiesta ad un dato momento.

Un paio d'uova avranno gran valore per un affamato, naufrago, che si trova su una zattera.

Il grano varrà di più rispetto alla stoffa di lana in certe stagioni che non in altre. Altrettanto si può dire dell'oro e del platino.

Un solo prodotto (fosse pure l'oro) non può offrire una base sufficiente al denaro.

L'autorità dello Stato a garanzia del biglietto stampato offre la base migliore ad una circolazione equa ed onesta.

I Cinesi si resero conto di questo più di 1000 anni fa; ne è la prova il biglietto di Stato (non di banca) emesso dalla dinastia Tang.

Il diritto di emettere denaro (biglietti) e di stabilirne il valore è attributo squisito della Sovranità.

Gli interessi americani occultano l'articolo più importante della costituzione degli Stati Uniti.

Questi interessi affermano che il Governo americano non ha il diritto di fissare i prezzi. Esso ha però il diritto di stabilire il valore del denaro: diritto che spetta al Congresso.

La differenza non è dunque che questione di formule legali e di disposizioni verbali.

Il Governo degli Stati Uniti ha il diritto di dire che un dollaro ha lo spessore di uno staio di grano, ha la lunghezza di un metro di tessuto, ha la larghezza di un decilitro di benzina.

Dunque il Governo degli Stati Uniti ha un diritto legale di fissare il prezzo giusto e stabilire un equo regime dei prezzi.

1 I buoi hanno servito a tal fine presso gli Zulù e altre tribù africane.

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Il prezzo giusto

Dagli scambi dopo secoli nacque la dottrina del prezzo giusto d ei canonisti, e mille anni di meditazioni - da sant'Ambrogio a sant'Antonino di Firenze - sui mezzi per determinare il prezzo giusto. (Le corporazioni medievali si occuparono incessantemente di questo problema, e crearono gli organi per determinarlo).

Tanto per i seguaci di Douglas, fautori del «credito sociale», quanto per i cattolici moderni, il prezzo giusto è il postulato necessario dei loro sistemi. Si può rimproverare a Douglas di non aver escogitato e creato gli organi per assicurare il rispetto del prezzo giusto. Un sacerdote mi diceva recentemente che i «distributori» inglesi cominciano ad accorgersi che non hanno organi per stabilire e per far rispettare il prezzo giusto.

Non vi è che lo Stato che possa effettivamente stabilire il prezzo giusto di un prodotto, per mezzo di ammassi di prodotti grezzi, posti sotto il controllo dello Stato, e con la creazione dell'ordinamento corporativo della produzione.

Il volume del denaro

Una volta stabilite le dimensioni del dollaro, dello scudo, o della lira che sia, toccherà al Governo curare la stampa dei biglietti e provvedere affinché vadano in mano agli aventi diritto.

Aventi diritto sono tutte le persone non dedite alla delinquenza, e ai sensi di questo opuscolo la delinquenza comprende le frodi commesse a danno altrui per mezzo della camorra monetaria.

Negli Stati Uniti e in Inghilterra il volume del denaro è insufficiente (Al momento di scrivere: 1939). Non circola in mezzo alla popolazione un numero sufficiente di biglietti per permettere l'acquisto di quanto ad essa occorre -e ciò nonostante il fatto che le merci si trovano nei magazzini o marciscono sui moli dei porti.

Quando una nazione non ha o non può ottenere la quantità di derrate occorrente al suo popolo, è una nazione povera. Quando quelle derrate esistono e il popolo non può procurarsele con il lavoro onesto, lo Stato è marcio, e no bastano le parole per dire quanto è marcio.

Ma quando un banchiere o un professore vi afferma che un paese non può fare questo o quello perché manca il denaro, afferma una menzogna vile e stupida quanto sarebbe dire che non si possono costruire le strade perché mancano i chilometri. (La frase non è mia, ma è troppo bella perché non sia messa in circolazione).

Roosevelt e i suoi professori si erano messi sulla buona via quando volevano il dollaro-merce; però prevaricarono e ricorsero a sotterfugi e a scappatoie quando si trattava di provvedere i biglietti in quantità sufficiente

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per soddisfare le esigenze di tutto il popolo e di fare sì che quei biglietti circolassero.

È dovere dello Stato provvedere affinché il volume del denaro nelle mani di tutto il popolo sia sufficiente, e di fare in maniera che circoli con la rapidità occorrente perché si effettui la distribuzione di tutti i beni prodotti o producibili.

Se tutti i cittadini di un paese non possono fare tre pasti al giorno e non hanno di che vestirsi ed alloggiarsi, vuol dire che quel paese è o indolente o malsano. Se questo avviene in uno Stato ricco, vuol dire che le ricchezze di quello Stato non sono integralmente valorizzate.

Il credito sociale

Il valore è dovuto in gran parte al lavoro. Il grano è disponibile perché la terra è stata lavorata; le castagne perché sono state raccolte.

Ma molto lavoro è stato fatto da uomini - per lo più inventori, scavatori di pozzi, costruttori di impianti industriali, ecc. - ormai defunti, i quali dunque non possono né mangiare né vestire panni.

Grazie a questa eredità di attrezzamento economico e scientifico messa a nostra disposizione da questi defunti, è stato creato un notevole patrimonio di Credito sociale che può essere ripartito fra il popolo a titolo di premio e in aggiunta al salario.

Il Douglas vorrebbe che fosse incrementata la capacità d'acquisto globale della nazione con l'emissione di biglietti da distribuirsi a ragione di un tanto per testa, e in una misura proporzionata al volume dei beni disponibili. Oggigiorno (1939) in Inghilterra e negli Stati Uniti i beni disponibili e richiesti non sono acquistati perché il volume complessivo della capacità di acquisto a disposizione del pubblico (cioè il volume totale dei biglietti in circolazione) è insufficiente.

Mussolini e Hitler non hanno perduto tempo a fare proposte. Hanno iniziato, e tuttora fanno, la distribuzione tanto dei biglietti che dei beni in una misura proporzionata alla capacità e all'attività dei rispettivi popoli, italiano e tedesco.

Douglas potrà obiettare che questo modo di agire non è «democratico» (cioè a dire ugualitario); ma per l'esperto monetario e per l'economista il risultato è il medesimo. I beni vengono distribuiti.

Questi tre uomini considerano la giustizia da punti di vista un po' diversi. Essi sono tutti e tre d'accordo sulla necessità di colmare l'insufficienza constatata nella capacità di acquisto nazionale. È oramai trascorso un decennio da quando io dissi che Mussolini era riuscito a fare assai più che non il Douglas, perché il Douglas ha presentato le sue idee come un sistema basato sulla cupidigia e non sulla volontà.

Ma entrambi i sistemi, tanto quello Fascista quanto quello di Douglas, differiscono quanto il giorno dalla notte dall'ignominia dell'infame sistema

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britannico del sussidio (dole) corrisposto ai disoccupati con denaro sottratto ai lavoratori, sistema che rende i disoccupati sempre meno atti al lavoro, sempre più incapaci di godere i sensi della vita.

Non soltanto essi divengono un peso morto a carico dei lavoratori, ma un peso morto a carico di tutte le persone che si sforzano di mantenere un tenore di vita decente. Tutta la scala dei valori è falsata. Ogni anno diminuisce sempre più il senso dei valori sociali, del dovere di vivere in modo da non nuocere agli altri, di osservare la moderazione e di esercitare la previdenza.

La creazione del denaro per assicurare la distribuzione dei beni non è una novità.

Se non volete credere che l'Imperatote Tching Tang sia stato il primo a distribuire, nell'anno 1766 a. C., un dividendo nazionale, chiamatelo pure con un altro nome. Diciamo che sia stato un sussidio straordinario, ma il fatto serve almeno per eliminare un equivoco. L'Imperatore metteva in valore una miniera cuprifera e batteva monete tonde, forate di buchi quadrati, che distribuiva ai poveri «e questo denaro permetteva loro di acquistare il grano dai ricchi»; ma questo denaro non poteva modificare la carestia generale di grano.

Il fatto è avvenuto tremila anni fa, ma giova ad intendere la natura del denaro e quello che può fare. Ai fini del buon governo, il denaro è un biglietto che serve ad assicurare la distribuzione senza disordine sociale dei beni a disposizione del mercato; potrà anche incoraggiare una maggiore produzione di grano o di altri beni, incoraggiare, cioè, l'abbondanza. Ma il denaro in sé non è abbondanza.

Inflazione «Inflazione» è una parola che serve da spauracchio per allontanare la

gente da qualsiasi espansione monetaria. La vera inflazione non comincia se non quando il denaro (titoli

quantitativamente determinati) è emesso contro beni o servizi che non possono essere consegnati (questo fu il caso degli assignats della Rivoluzione Francese, emessi contro terre appartenenti allo Stato), o quanto è emesso in quantità eccedenti la richiesta per beni o servizi disponibili. In tali casi la situazione è paragonabile a quella che esisterebbe qualora due o più biglietti fossero emessi per il medesimo posto al teatro alla medesima ora, o a Londra per uno spettacolo dato quella sera a Bombay, o per uno spettacolo scadente al quale nessuno vuole assistere.

Il denaro può essere emesso tanto che ognuno dei titoli quantitativamente determinati può essere soddisfatto dai produttori e dai commercianti del paese con la consegna dei beni o servizi dove e quando sono richiesti dal pubblico.

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I certificati muniti di bollo del Gesell L'inflazione è un pericolo; il ristagno del denaro è un altro. Gesell, il riformatore monetario sudamericano, prevedeva il pericolo del

tesoreggiamento e volle prevenirlo con l'emissione di certificati bollabili, ossia di biglietti di Stato ai quali il portatore deve apporre, al primo di ogni mese, una marca da bollo equivalente all'1 per cento del valore nominale del biglietto stesso. Il biglietto che non fosse debitamente munito di bolli non avrebbe corso.

Si tratta di una tassa sul denaro, che potrebbe essere prelevata - nel caso della lira - a ragione di 5 o di 10 centesimi al mese su biglietti di 5 e di 10 lire. La tassa sul denaro può essere prelevata in molti e svariati modi; quello escogitato da Gesell offre il vantaggio di non poter gravare se non sulla persona che, alla data stabilita per la riscossione, abbia in tasca denaro per un ammontare almeno cento volte superiore a quello della tassa stessa.

I certificati Gesell offrono un mezzo di scambio ed una misura degli scambi che non potrebbe essere tesoreggiato impunemente. Essi dovrebbero sempre circolare. I banchieri non potrebbero rinchiuderli nelle loro sacrestie e tassare il pubblico per concederne l'uso. Avrebbero anche il vantaggio di mettere il venditore di generi deteriorabili in una migliore posizione per trattare con i possesori di denaro, bene teoricamente non perituro.

Il sistema Gesell mi piace soprattutto perché le persone che se ne servono ottengono una nozione esatta della natura del denaro, la capiscono meglio che non coloro che non si sono serviti di questi certificati bollabili. Non sono certamente desideroso di introdurre nuovi bolli; tuttavia faccio osservare che il pubblico non è troppo stupido per servirsi di francobolli postali e che non serve pretendere che è troppo scemo per imparare cosa sia il denaro.

Non dico che sia obbligatorio servirsi del sistema Gesell; ma una volta che vi siete resi conto del perché egli lo voleva, non sarete più tosati dai pescecani della banca e delle autorità monetarie, senza accorgervi di essere tosati. Ecco perché il Gesell è così utile come educatore. Egli ha escogitato un mezzo molto semplice per essere sicuro che i biglietti circolino. Il denaro statale

Nel 1816 Tommaso Jefferson faceva un'affermazione fondamentale che non è stata mai bene assimilata, e tanto meno messa nel dovuto rapporto con le varie «proposte moderne» per miglioramenti speciali da portare all'attuale dannato e rovinoso sistema - o piuttosto camorra - monetaria.

Il lettore farebbe bene a incorniciare questa affermazione di Jefferson: «...E qualora i biglietti nazionali emessi abbiano a base (condizione

indispensabile) la garanzia data da imposte specifiche create per effettuare il riscatto ad intervalli fissi e ragionevoli, e siano di taglio atto alla

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circolazione, non sarebbe né necessario né equo gravarli di interessi, perché servirebbero a tutti gli scopi cui serve il denaro metallico che verrebbe ritirato e da essi sostituito». Jefferson a Crawford, 1816.

Questa formula dettata da Jefferson è sana. Se lo Stato emettesse il denaro in quantità sufficienti per coprire le spese valide e giustificate, e se lo facesse circolare continuamente in modo che uscissero dal portone per rientrare dalla finestra fiscale, l'economia nazionale non soffrirebbe tempo di arresto.

L'emissione di denaro onesto è un servizio, e quando lo Stato rende questo servizio ha diritto ad un equo compenso, che differisce da quasi tutte le forme di tributo finora note.

Dico «quando lo Stato lo emette», perché quando gli Stati sono deboli o incapaci, o quando fanno emissioni inadeguate, gli individui o i consorzi si assumono a ragione questo compito (o lo conservano da periodi pre-statali) e vale meglio, anzi è necessario, che la funzione monetaria continui ad essere esercitata piuttosto che arrestarsi o cessare del tutto.

Ma d'altra parte, quella nazione che abbandona lo strumento per misurare gli scambi alla mercé di forze estrinseche alla nazione, è una nazione in pericolo; è una nazione priva di sovranità nazionale. È una nazione di cretini incompetenti che scivolano verso la rovina.

Riassumiamo. La sovranità nazionale è insita nel diritto di emettere titoli o mandati

quantitativamente determinati che hanno diritto ai beni, cioè di emettere denaro.

Nessun altro reparto o funzione dello Stato andrebbe sorvegliato con cura più gelosa che non questo, e in questo più che non in qualsiasi altro reparto dell'amministrazione statale occorrono alti requisiti di moralità.

Il denaro statale, che riposa sulla ricchezza nazionale, deve rimpiazzare l'oro manipolato da usurai internazionali. Le necessarie cautele

Nel fondare una dinastia o nel riordinare uno Stato, i retto criterio vuole che in primo luogo siano assicurati i risultati voluti, cioè che si provveda perché gli abitanti siano alimentati e alloggiati, e in secondo luogo che si provveda a disciplinare il meccanismo che serve alla distribuzione dei beni (sistema monetario o altro) in modo che non abbia a decadere e che non si presti ad essere derubato.

Ad esempio J. Q. Adams, uno dei fondatori degli Stati Uniti, aveva alcune buone idee socialiste o statali per la conservazione delle risorse nazionali a scopi educativi o ad altri scopi di interesse superiore. Le sue proposte erano intempestive. Il Presidente Jackson dava accesso alla terra; i coloni potevano acquistare un buon appezzamento gratis; disposizione tempestiva e utile. Jackson non provvedeva però ad impedire che questi

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terreni fossero trasferiti dai coloni ad altri quando non volevano più coltivarli da sé. Di conseguenza il territorio degli Stati Uniti è caduto in mano ai latifondisti.

Per i sistemi monetari esiste il medesimo pericolo che per i sistemi fondiari.

Create un sistema monetario equo e perfetto, e in tre giorni i farabutti, i bastardi dalla mentalità mercantilista e monopolista, inventeranno qualche truffa per defraudare la gente. Il cacciatore di concessioni nascerà in una forma o nell'altra fintanto che il letame puzzerà e l'umanità sarà afflitta da aborti mentali.

John Adams si era accorto per tempo che i signorotti che tiranneggiavano le campagne avrebbero avuto per successori i sensali che trafficavano in borsa.

Nel 1860 uno dei Rothschild - bontà sua - conveniva che il sistema bancario era contrario agli interessi nazionali, e ciò prima che l'ombra di Hitler si fosse proiettata sulle fortune di quella famiglia.

Tocca alla nostra generazione fare quello che non fecero i democratici dei primi tempi. Il sistema corporativo che conferisce al popolo, ordinato per categorie, poteri collettivi, offre ad esso un mezzo per proteggersi per sempre dalla potenza della plutocrazia.

Se non vi piacesse l'ordinamento corporativo, cercatene un altro che possa dare i risultati voluti, ma non perdete la bussola e non dimenticatevi del fine che tutti gli onesti vogliono raggiungere. Soprattutto non mentite a voi stessi, e non prendete un aratro per un'ipoteca, o viceversa.

Un sistema economico È vano parlare di economia, o ascoltare chi ne parla, o leggere libri che

ne trattano fintanto che lettore e scrittore non sanno il significato delle espressioni più semplici, più necessarie e che ricorrono più frequentemente.

Quando si tratta di proporre un sistema economico, si deve innanzitutto domandare a quale scopo deve servire.

E la risposta è che deve servire ad assicurare a tutti il cibo (sano), l'alloggio (decente), e l'abbigliamento (secondo le esigenze del clima).

Un'altra formula per esprimere lo stesso concetto è quella dettata da Mussolini: «Disciplinare le forze economiche e adeguarle ai bisogni della Nazione».

L'usura

Le sinistre pretendono che la proprietà privata sia incompatibile con

questo che è il vero scopo del sistema economico.

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Vediamo la definizione della proprietà che si dava all'inizio dell'era capitalista, durante la Rivoluzione Francese.

La proprietà «è il diritto che spetta ad ogni cittadino di godere e di disporre dei beni che la legge gli garantisce. Come ogni altro diritto, il diritto di proprietà è limitato all'obbligo di rispettare l'altrui diritto. Non d eve portare pregiudizio alla sicurezza, alla libertà, all'esistenza e ai diritti di proprietà di altri nostri simili. Ogni possesso, ogni traffico che violasse questa massima sarebbe illecito e immorale». Robespierre.

Uno sguardo dato al maledetto secolo decimonono ci rivela la continua violazione di queste massime da parte dell'usurocrazia demo-liberale. In sostanza, la dottrina del capitalismo si è rivelata essere una dottrina che insegna che si deve permettere ai ladri spregiudicati e ai gruppi antisociali di intaccare i diritti di proprietà, corrodendo e consumandoli.

Questa tendenza ad «intaccare» è stata identificata e condannata fino dal tempo della legge mosaica; Mosè la chiamava neschek.

E nulla è più diverso da questa tendenza ad intaccare e a corrodere che il diritto di ripartire i f rutti del comune lavoro cooperativo.

Il fatto è che l'usura è divenuta la forza dominante del mondo moderno. «D'altra parte l'imperialismo demoliberale altro non è se non un'ingente

accumulazione di capitali monetari in alcuni paesi ove ammontano, lo abbiamo visto, a 4 o 5 miliardi di sterline in titoli. Questo spiega lo sviluppo straordinario preso da una categoria, o piuttosto da uno strato di persone, che vive di rendita, cioè di persone che vivono tagliando le cedole dei loro titoli, senza partecipare affatto alle attività delle imprese, la cui professione è l'ozio.L'esportazione del capitale, base economica indispensabile dell'imperialismo, non fa che accentuare il distacco dalle attività produttive di questo strato di portatori di titoli, e dà l'impronta di parassitismo allo Stato che vive sfruttando ilo lavoro di paesi e colonie transoceaniche»: V. I. Lenin, citando Hobson nel volume L'imperialismo, stadio supremo del capitalismo.

Va bene, lo ha detto Lenin. Ma si potrebbero citare passi simili dalle opere del nazista Hitler (vedere il paragrafo di Mein Kampf che Wyndham Lewis ha messo in evidenza nel suo volume Hitler).

«La lotta contro la finanza internazionale e contro i prestiti di capitali (Das Leihkapital) è divenuto il punto più importante del programma nazional-socialista: la lotta del popolo tedesco per la sua indipendenza e la sua libertà».

Si potrebbe citare la stessa idea espressa da Mussolini, fascista, e da G. H. Douglas, che si dice democratico e dichiara che i suoi seguaci sono i soli veri democratici; si potrebbero citare simili passi dalle opere di Mac Nair Wilson, monarchico cristiano, e di mezza dozzina di altri che non sospettano affatto che concordano con le idee di Lenin.

Le sole persone che non sembrano aver letto e digerito questo suo trattato sono i membri del partito operaio britannico e i vari gruppi di sedicenti comunisti sparsi in Occidente.

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Certi fatti sono ormai acquisiti al di sopra dei partiti, alcune percezioni sono divenute oramai il patrimonio comune di tutti gli uomini di buona volontà e non vi è oramai che la stampa ebraica e peggiore che ebraica che si sforza di oscurarle. Fra i «peggiori della stampa ebraica» vanno classificati i professori prezzolati che insegnano errori alle nuove generazioni dei giovani, i prezzolati per mentire, i quali continuano a mentire per accidia o per inerzia o per una loro bestiale indifferenza al benessere del genere umano.

E qui, per evitare che la discussione sia sviata da considerazioni estranee all'argomento, voglio distinguere tra il pregiudizio contro gli ebrei come tali, e il desiderio che esprimo che l'ebreo voglia risolvere una volta per sempre il problema di fronte al quale si trova.

Intende egli osservare per conto proprio la Legge di Mosè? Intende continuare a rubare agli altri, servendosi del meccanismo

dell'usura, mentre vorrebbe essere tenuto in conto di «prossimo»? Questo è un esempio di quella doppiezza di c riteri che la lurida

delegazione britannica voleva far prevalere, servendosi a tal fine della corrotta Società delle Nazioni (facciata dietro la quale si ergeva a Basilea lo strumento di una corruzione anche peggiore).

L'usura è la cancrena del mondo che non potrà essere recisa dal corpo delle nazioni se non dal bisturi del Fascismo.

APPENDICE 1. «L'attività bancaria è proclamata monopolio di Stato»: f.to Lenin,

Krylenko, Podvalsky, Gorbunov. Ciò implica, evidentemente, i pieni poteri allo Stato. 2. «Disciplinare le forze dell'economia e adeguarle alle necessità della

Nazione»: Mussolini. Consegna per l'Anno XIII. 3. Risolto il problema della produzione, la scienza, pungolata dallo Stato,

dovrà risolvere il problema della distribuzione. Cfr. Discorso del 6 ott. XII. 4. Il Ministro Rossoni accenna alla politica degli ammassi e alle

possibilità che offre per instaurare un nuovo sistema di imposte. 5. Bankhead ha proposto al Senato americano i «certificati bollabili»

(stamp scrip), forse l'unica proposta monetaria onesta al 100 % che sia stata fatta a quell'assemblea da quando la civiltà americana fu distrutta dalla guerra civile e dopo di essa (1861-1865).

6. Daladier - per quanti errori possa aver commesso - proponeva i «certificati bollabili» ad una assemblea del partito radicale francese, forse l'unica proposta onesta al 100% che sia stata fatta in quel paese miserabile e tarlato da quando Necker vi introduceva i suoi parassiti e da quando la Banca di Francia veniva inchiodata in groppa a quel popolo.

Converrebbe esaminare queste affermazioni per accertarne la verità oppure per smentirle.

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Persiste tutt'ora una grande e viscida ignoranza. Gli interessi americani assoldano giornalisti di infimo grado per ottenebrare l'opinione pubblica. Dobbiamo forse supporre che tanto lo scrittore quanto colui che ne compra la penna ignorano che i salari sono pagati in denaro, che i dividendi sono pagati in denaro, che materie prime e prodotti finiti si acquistano col denaro?

In quanto alle bugie premiate, non esistono limiti: si va dalla Saturday Evening Post che affermò: «Krueger è qualche cosa di più di un Titano della Finanza», alle affermazioni di ogni giorno e di ogni ora fatte dagli «uomini di Stato» e dalla stampa inglese.

A proposito dell'Inghilterra Per quanto mi risulta, non è stato presentato al parlamento britannico,

dalla fondazione della Banca d'Inghilterra in poi, nessun piano di politica monetaria da parte del Governo che sia onesto al 10%, e nessuna delle importanti confessioni religiose inglesi si è mai pronunciata a favore della semplice onestà monetaria.

Il sistema fiscale britannico è infame. Il fatto che i quadri di Raeburn o di Constable sono portati via dal castello per entrare nei magazzini dell'antiquario ebreo, conseguenza di un'imposta iniqua e nera sulle successioni, non ha mai messo un boccone di più in bocca al bracciante agricolo.

Dobbiamo all'oscuramento della coscienza circa la natura del denaro la distruzione inutile di tante belle cose. Il castello, che avrebbe dovuto e potuto offrire un modello dell'arte di vivere, è stato smantellato e ischeletrito senza scopo.

Se la vendita della biblioteca e la messa all'incanto dei quadri del castello avessero aumentato, sia pure di dieci grammi, la razione di carne consumata dal bracciante, forse queste imposte potrebbero essere giustificate. Ma nessuna giustificazione esiste per le imposte attualmente inflitte all'Inghilterra.

Una parola per l'Arkansas «Nello Stato di Mississippi il piantatore di cotone di medio calibro

produce quattro balle di cotone all'anno, le quali valgono attualmente, al prezzo di mercato, 42,50 dollari per balla. Ciò vuol dire 170 dollari per un anno di lavoro. La figlia del piantatore di cotone, che riceve in media 12 dollari la settimana nella vicina fabbrica, guadagna 624 dollari l'anno per il suo lavoro, ossia tre volte il reddito dell'agricoltore».

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Così scrive la Commonwealth College Fortnightly di Mena, Arkansas, il 1 marzo 1938.

«Dunque - mi si fa notare - il denaro non è tutto e non si tratta esclusivamente di un problema monetario».

Si potrebbe avere una circolazione monetaria equa e stabile, misurata in termini di uova, di lavoro, o di un indice logaritmico dei prezzi, e quel piantatore riceverebbe sempre $ 42,50 per una balla di cotone, e non potrebbe ottenere un maggior rendimento unitario.

Mi domando se questa dichiarazione sarà tale da soddisfare i miei amici bolscevichi di Arkansas e la gente che si è messa in testa che io mi preoccupo esclusivamente del problema monetario! Titolo originale: What is Money for?, Great Britain Publication, London 1939; traduzione italiana di O. Rossetti Agresti, Edizioni San Giorgio, Napoli 1980. Il testo fu pubblicato anche su «Il Meridiano di Roma», n. 30, 1941.

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Ezra Pound

da: L'ABC dell'economia

Bollati Boringhieri, Torino 1994, pp. 29-77

Scopo di questo opuscolo è esporre i fondamenti dell'economia in modo

così semplice e chiaro da consentire anche a seguaci di scuole e tendenze economiche diverse di comprendersi a vicenda nel discuterli.

Dopo una quarantina di pagine non «scenderò» in ripetizioni e riformulazioni ma certamente mi ci «immergerò» nella speranza di raggiungere tale chiarezza e semplicità.

Parte prima Capitolo I Non avrò pace finché non mi sarò liberato dell'argomento, e non c 'è altro

modo di evitare le accuse di non sistematicità, incoerenza, dilettantismo, vano eclettismo ecc. che scrivere un breve trattato formale.

I. Distinzioni, ovvero sgombero preliminare del terreno. Prego il lettore

di non cercare significati nascosti. Quando affermerò una convinzione, lo dirò Quando cercherò di dimostrare qualcosa, lo dirò. In partenza intendo semplicemente far sì che il lettore colga la differenza tra certe cose nell'interesse della sua chiarezza mentale, prima che egli tenti di risolvere alcunché.

Userò il termine proprietà in quanto distinto dal termine capitale. In questo trattato «capitale» implica una sorta di pretesa nei confronti di

altri, quasi un diritto di farli lavorare. Non così la proprietà. Per esempio, il mio busto scolpito da Gaudier è di mia proprietà.

Nessuno potrebbe farci nulla. La mia obbligazione delle ferrovie X e Y è capitale. Qualcuno dovrebbe

guadagnare almeno 60 dollari l'anno e pagarmeli perché io possiedo tale obbligazione.

Perciò sarebbe possibile attaccare i «diritti» o i «privilegi» del capitale senza attaccare i diritti o i privilegi della proprietà.

Ancora una volta, prego di non cercare significati nascosti.

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Prego di non pensare che io intenda dire nulla di più di quel che ho scritto. Quando vorrò intendere qualcosa di più lo dirò.

Distinzione 2 - La sovrapproduzione non è iniziata con il sistema

industriale. La natura abitualmente sovrapproduce. Le castagne vanno sprecate sul pendio della montagna, eppure ciò non ha ancora mai causato una crisi mondiale.

Capitolo 2 1. Ingegneri sensati e uomini saggi ci dicono che il problema della

produzione è risolto. L'attrezzatura produttiva mondiale può produrre tutto ciò di cui il mondo ha bisogno.

Non c'è la benché minima ragione di dubitarne. 2. Con l'aumento dell'efficienza meccanica, la suddetta produzione

richiederà progressivamente sempre meno tempo e sforzo umano. 3. Una economia sana richiede che, per varie ragioni, tale sforzo vada

ripartito tra un grandissimo numero di persone. Ciò non è assolutamente necessario, ma è consigliabile. Non è necessario

poiché pochi milioni di schiavi o di esseri umani attivi per temperamento potrebbero senza dubbio fare l'intero lavoro per tutti quanti noi. Ciò accadde nell'Impero romano e nessuno protestò a parte qualche schiavo.

4. Le obiezioni alla schiavitù sono in parte ideali e sentimentali. Nondimeno, la schiavitù apertamente ammessa è passata di moda.

5. È un puro dogma asserire che un essere umano adulto dovrebbe essere pronto a fare una quantità ragionevole di lavoro per mantenersi. E una opinione basata sull'esperienza quella secondo cui un uomo che cerca sempre di vivere da parassita e che si rifiuta di fare alcunché di utile per il benessere generale o per la conservazione della civiltà è solo un essere spregevole e in definitiva diventa una dannata seccatura non solo per gli altri ma anche per se stesso.

6. Affermo un semplice postulato: l'uomo dovrebbe avere un qualche senso di responsabilità nei confronti del genere umano.

7. Come dato di fatto, pochissimi hanno un tale senso di responsabilità. 8. Nessun ordine sociale può sussistere molto a lungo a meno che alcuni,

almeno alcuni, non posseggano tale qualità. La democrazia implica che l'uomo debba assumersi la responsabilità

della scelta dei suoi governanti e rappresentanti, e della salvaguardia dei propri «diritti» dai possibili e probabili abusi da parte del governo che egli ha legittimato ad agire per proprio conto negli affari pubblici.

9. Questi abusi in quanto erano politici, in quanto erano privilegi speciali tramandati dal caos medievale e dagli ordinamenti feudali, sono stati di volta in volta più o meno sistemati. Jefferson e John Adams osservarono che ai tempi della loro giovinezza pochissimi avevano riflettuto sul «governo».

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C'erano pochissimi scrittori sul «governo». Lo studio dell'economia è cosa recente. Nell'Ottocento bastava un baule per contenere una biblioteca di testi economici.

10. Qualche problema economico potrebbe forse essere analizzato per analogia politica, ma la maggior parte di essi no.

Probabilmente al giorno d'oggi l'unico problema economico che richiede una soluzione di emergenza è quello della distribuzione. Ci sono beni a sufficienza, c'è un eccesso di capacità di produrre beni in sovrabbondanza. Perché dovrebbe esserci chi muore di fame?

Ecco nuda e cruda la domanda retorica. È il problema dei nostri tempi, così come la melancolia di Amleto era il problema del dispeptico rinascimentale.

E la risposta è che nessuno dovrebbe morire di fame. La «scienza», ovvero lo studio dell'economia, dovrebbe garantire proprio questo.

C'è abbastanza - Come si fa a trasferire quel che c'è da dov'è o può

essere, a dove non c'è e ce n'è bisogno? Risparmio al lettore la vecchia storia del baratto ecc. Mele in cambio di

conigli; biglietti di carta del proprietario che ordina ai servitori di dare al portatore due barili di birra; titoli generali d'oro, di cuoio; carta con su iscritto un «valore» per esempio 16 once di rame; metallo a peso; assegni con cifre fantastiche, tutti servono o hanno servito per trasferire ricchezza, grano e carne da un luogo a un altro, o per trasportare panni di lana dalle Fiandre all'Italia.

Chi deve possedere questi titoli? Ovviamente certi uomini vantano meriti

nei confronti dell'umanità o di un numero limitato di altri uomini. I coltivatori di grano, i tessitori e i sellai, coloro che trasportano tali beni

da dove ce n'è in abbondanza a dove ce n'è bisogno, mediante carretti a mano e aeroplani ecc.

E ANCHE COLORO che sanno dove sono le cose, o che scoprono nuovi e più facili mezzi per «estrarle», carbone dal suolo, energia da un'esplosione di benzina.

Produttori, trasportatori, intermediari e tutti coloro che contribuiscono al loro piacere o comodità o che essi vogliono favorire... sequela abituale di figli, se hanno o vogliono avere dei figli, genitori anziani che ne hanno conquistato l'affetto.

Fin qui tutto sembrerebbe perfettamente semplice e idilliaco, ma qui cominciano i guai.

Alcune di queste persone che lavorano o che potrebbero e vorrebbero lavorare restano senza titoli cartacei.

Qualcun altro ha preso tutti i titoli; oppure qualcun altro ha fatto tutto il lavoro «necessario».

È ABBASTANZA CURIOSO che, nonostante tutte le lagnanze di coloro che erano soliti lamentarsi di essere oppressi e oberati di lavoro, l'ultima cosa che gli esseri umani sembrano voler spartire sia il LAVORO.

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L'ultima cosa che gli sfruttatori sono disposti a lasciare che i loro dipendenti condividano è il lavoro.

È TUTTAVIA INNEGABILE che se a nessuno venisse permesso di lavorare (in quest'anno I933) per più di cinque (5) ore al giorno, non ci sarebbe quasi più alcun disoccupato e alcuna famiglia priva di titoli cartacei sufficienti per consentirle di mangiare.

Le obiezioni a questa soluzione sono oltremodo misteriose. Non ne ho mai trovato una valida, anche se ho incontrato spesso «spiegazioni» molto complicate dell' aumento dei costi.

Sarei pronto a porre come semplice dogma che la riduzione della giornata lavorativa (giornata di lavoro retribuito) è il primo passo da fare. Riconosco che non è la risposta a tutti i problemi, ma sarebbe un valido inizio far sì che il credito venga distribuito tra gran parte della popolazione (di qualsiasi paese) e quindi far sì che beni, sia di prima necessità sia di lusso, continuino a essere distribuiti e a circolare.

Non è la risposta a tutti i problemi; non lo è nell'attuale situazione di emergenza né la scienza economica consiste solo in questo.

Capitolo 3 Quando vengono prodotti beni bisogna che in qualche modo ciò venga

riconosciuto, per esempio mediante i certificati dell'esistenza di beni. Possiamo dire che il denaro perfetto consiste in certificati autentici di

beni esistenti? O dobbiamo limitare tale affermazione? Il denaro perfetto consiste in un

ordine efficace: Consegnate questi beni? Oppure è un condizionale? Un compromesso tra un certificato di

esistenza e una richiesta o una promessa di concessione proporzionale? O si tratta di un abracadabra? Un falso senza rigorosa corrispondenza con

beni esistenti? Excursus - Uno scozzese testardo ha continuato per anni a dirci che il

denaro (credito) così come lo conosciamo è un prodotto più o meno irrilevante; che esso agisce come un imperativo molto forte: Devi disporre di una data quantità di grano in un dato luogo e consegnarla!.

Ma una parte sempre maggiore di beni prodotti non ottiene mai il certificato corrispondente. Alcuni sciagurati o delinquenti si comportano grettamente, per stupidità per paura, per vigliaccheria e malizia servile.

Noi artisti da tempo siamo a conoscenza di tutto questo e ne ridiamo. Lo abbiamo accettato come punizione per il nostro essere artisti, non aspettandoci nient'altro; ma ora tocca all'artigiano, e ci sono tanti artigiani, impiegati ecc. ; questa diavoleria ha gettato il mondo nella miseria. Per gli artisti c'erano possibilità di schivare le difficoltà; poche migliaia di artisti

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potevano campare di espedienti o fare un buon colpo di quando in quando, ma le difficoltà non perdonano milioni di uomini.

Quindi ci deve essere un criterio di equità nell'emissione di certificati, o ad ogni modo bisogna che «si faccia» qualcosa per evitare ecc.

Capitolo 4 CHIAMATELO UN DOLLARO, o una sterlina o dieci scellini o come

volete. Se una sterlina è un certificato di lavoro compiuto (beni prodotti) e se voi producete il doppio di quel che avete prodotto ieri, o dovrete avere più sterline, OPPURE dovrete accettare, tutti quanti, che la sterlina che valeva uno staio ora vale due staia.

Per dirla altrimenti, se il denaro è scarso e un bue si vende a quattro pence, potrà essere giusto dal punto di vista economico che il bue valga quattro pence. Ma non potrà essere socialmente giusto che il bue valga quattro pence e la bistecca dieci scellini.

Se il bue vale quattro pence la bistecca deve valere molto meno di un penny.

A un tasso concordato il certificato deve funzionare. Dal 19I4 al '24, se ricordo bene, la tavoletta di cioccolato è rimasta stabile rispetto all'oro.Nel frattempo nazioni sorsero e caddero, valute e merci divennero più care o più a buon mercato. Siamo stati osservatori privilegiati per quindici o più anni. Nessuno ricorda più gli anni trenta dell'Ottocento ed è stato dimenticato tutto quel che gli uomini appresero allora in America. La guerra civile spazzò via tutto.

Capitolo 5 Inflazione e deflazione - Sono favorevole all'inflazione controllata se con

questo mi permettete d'intendere che si devono garantire più certificati quando si producono più beni.

Tutte le manovre inflazionistihe e tutti i progetti governativi ufficiali fin qui proposti per l'inflazione tralasciano la questione del controllo. Cioè a dire il luogo del controllo è una sala oscura nel retro di una banca, rivestita di spesse tende viola. Nessuno deve vedere ciò che accade. Che cosa accadde nella Banca degli USA prima che Van Buren istituisse un ministero del tesoro indipendente? Che cosa accadde?

L'inflazione a profitto di pochi.

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Capitolo 6 Ogni economista deve pur incominciare da qualche parte. Io incomincio

dall'affermazione che chiunque sia abbastanza corretto da voler lavorare per la propria sussistenza e quella di chi dipende da lui (figli o genitori anziani) dovrebbe avere la possibilità di fare una quantità ragionevole di lavoro. Ciò è estremamente americano e antinglese.

IL PRIMO PASSO consiste nel mantenere la giornata lavorativa abbastanza corta da impedire che un singolo faccia il lavoro pagato di due o tre persone.

IL SECONDO PASSO consiste nella fornitura di certificati onesti del lavoro fatto (beni prodotti, o trasportati, invenzioni, agevolazioni ecc.).

Nessuno dovrebbe essere lasciato libero di compilare assegni con tanti zeri senza tener conto dei servizi resi.

Sì sì io ho un libretto di assegni, ma se faccio stravaganze, la banca non paga il mio assegno.

Eppure, c'è qualcuno, ahimè fratello, c'è qualcuno che compila assegni miliardari e per ragioni misteriose. Chi controlla la banca, fratello?

In un paese il vento dell'est, in un altro il vento dell'ovest. In Inghilterra una società privata lo ha fatto così discretamente che il mondo lo ha dimenticato. Tutto quel che i nostri nonni fecero per la liberazione del tesoro americano prima ancora che venissero concepiti i nostri padri, ha potuto cadere nell'oblio, e noi siamo così ignoranti in economia (una materia arida, monotona e fastidiosa) che non ci sono diecimila americani consapevoli del fatto che un simile movimento, un tal passo verso la libertà o la democrazia o la responsabilità individuale e il controllo statale della finanza nazionale, non è mai stato fatto in Inghilterra. La cricca britannica era cosi intelligente, astuta e prudente che «il problema non è stato mai posto». L'uomo della strada americano sa che l'Inghilterra è dotata di una «strana vecchia istituzione chiamata monarchia» [buffa vecchia carta da poker], ma crede che le due nazioni abbiano lo stesso sistema fiscale (se mai ci pensa).

Capitolo 7 Forse non è un problema di nomi. Una società privata indipendente può

amministrare il credito di una nazione in modo altrettanto giusto e appena corrotto di un consiglio formalmente composto da funzionari governativi, comprati o «influenzati» da gruppi di pressione e clientele varie.

L'economista è la persona che sa ciò che tale consiglio, ufficiale o no,

DOVREBBE fare per il costante benessere della nazione. In altre parole, dove e come esso dovrebbe assegnare i certificati di lavoro compiuto, o gli ordini per altri lavori e la consegna di questo o quel prodotto.

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Parte seconda Capitolo I

Sulla volizione - Mi si obietterà che sto cercando di fondare un sistema

sulla volontà anziché sull'intelletto. È proprio questa una delle ragioni principali che mi hanno spinto a scrivere questo trattato.

Le classi criminali non hanno interessi intellettuali. Nella misura in cui le persone non hanno interessi intellettuali si avvicinano alle classi criminali, e si avvicinano alla psicologia criminale.

Nessun sistema economico vale un fico, se manca la «buona volontà» Nessun sistema economico astratto funzionerà se le persone non sono pronte ad agire a ragion veduta.

Le persone indifferenti alla definizione della libertà intesa come le droit de faire tout ce qui ne nuit pas aux autres, non FARANNO nulla per migliorare la loro conoscenza economica, quale che essa sia.

Le persone prive di senso di responsabilità cadono sotto il dispotismo, e meritano tutti i possibili castighi e calamità offerti dalle peggiori forme di dispotismo.

Nessun sistema economico può essere efficiente fin quando non ci sarà un numero ragionevole di persone interessate all'economia; interessate, direi, all'economia come parte del problema: che cosa danneggia o no gli altri? Il fatto che la risposta a questa domanda probabilmente coincida con quella alla domanda: qual è la forma migliore di egoismo? non cambia la sostanza del problema.

Nessun egoista possiede l'energia necessaria per raggiungere il massimo d'illuminazione egoistica.

Marx ha suscitato un interesse molto minore rispetto a quel che l'importanza del suo pensiero avrebbe potuto far pensare. Egli conosceva i limiti della sua economia, ma tralasciò o ad ogni modo non riuscì a chiarire quali fossero. Cioè a dire, l'economia marxiana si occupa di beni da vendere, beni nel negozio. Nel momento in cui mi cucino il pranzo o costruisco un sedile inchiodando quattro assi, esco dall'intero ciclo dell'economia marxiana.

«Non riuscirai mai a smuoverli con qualcosa di freddo come l'economia» disse Mr. Griffiths, il creatore del Sin Fein.

Non si riuscirà a suscitare interesse per l'economia in nessuno finché non ci si renderà conto che si patiscono gli effetti di un sistema perverso. Non conosco alcun argomento per cui è più difficile suscitare un interesse qualsiasi. Il costo delle cose che interessano veramente gli esseri umani non ha niente a che fare con la loro qualità. Una bella donna non costa più di una brutta, anzi, probabilmente costa molto meno.

Non costa di più cucinare bene un pranzo che cucinarlo male. Ammetto che probabilmente pagherete di più per un buon pranzo, ma ciò che otterrete dipenderà dalla vostra conoscenza e non dalla categoria del ristorante.

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Le arti del commercio si basano su applicazioni personali delle leggi del valore (la metafisica marxista e la «psicologia» della pubblicità nel mondo degli affari americano).

Non riuscirete a progredire nella «scienza» economica fino a quando non sarete pronti a delimitare il campo di tale scienza, proprio come nello studio di chimica, fisica, matematica.

I beni in vetrina valgono di più di quelli in cantina. L'arte del commercio per cui il proprietario di un caffè si fa una clientela

e il suo vicino no. La comodità dei poveri, il lusso dei poveri che per secoli ha premiato il

piccolo negozio e il commerciante. Il risparmio di energie: compro il caffè nel negozio sotto casa e non in quello grande più distante. Lo stesso vale per il mio sarto (?), ciabattino e venditore di burro.

Più di una decina anni fa il Maggiore Douglas riconobbe che avevo dato un contributo alla discussione quando sottolineai che mio nonno aveva costruito una ferrovia non tanto per il desiderio di guadagnare o nell'illusione di poter far meglio di altri in quel modo, quanto per una spinta interiore, il desiderio dell'artista di FARE qualcosa, il piacere di costruire e il gioco di essere più abile e di superare gli ostacoli.

Benissimo, non sto procedendo secondo la logica aristotelica, ma secondo il metodo degli ideogrammi che consiste per prima cosa nel riunire gli elementi necessari del pensiero.

Nessuno di questi fatti «incoerenti» o contraddittori può essere tralasciato. Un problema di risoluzione di forze potrà essere risolto solo quando si saranno prese in considerazione tutte le forze. Se ce n'è qualcuna le cui variabili non possono essere ridotte a una equazione, quella deve restare, almeno temporaneamente, al di fuori della nostra «scienza».

Se ricordo bene la Parte prima si occupava soprattutto della scienza. La scienza dell'economia non andrà molto lontano se non garantirà la

presenza della volontà tra le sue componenti; cioè volontà d'ordine, volontà di «giustizia» o equità, desiderio di civiltà inclusi gli scambi di cortesie. La forza di tale volontà è sicuramente parte di qualsiasi soluzione.

Capitolo 3 Obiezioni (cfr. Parte prima, Capitolo 3) - Il certificato del lavoro

compiuto deve equivalere a tale lavoro. MA quando risulta che è stato coltivato troppo grano i certificati relativi alla

sua coltivazione, o gli ordini di consegna, varranno di meno. Cioè a dire, il titolo relativo a una particolare sostanza si svaluta rispetto al titolo generale (moneta). La finanza dei finanzieri consiste in gran parte nel far giocare abilmente titoli generali contro titoli specifici. Così, per esempio, il crollo dei prezzi sul mercato del grano. Il tutto sembrerebbe pacifico e ben noto.

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Quando il certificato non è «moneta» o mezzo di scambio, ma un certificato specifico, esso è «giusto» nel senso che l'ordine di consegnare tanti staia già «pagati» implica tanti staia.

Un certificato inteso come «mezzo di scambio» non stabilizzerà automaticamente la circolazione monetaria né produrrà giustizia, a meno che non si usi il buon senso nella produzione di beni (cibo ecc.). Di qui le richieste di pianificazione ecc. Intendo dire che tutte le obiezioni ecc. alla mia tesi principale ci riportano a fenomeni noti.

O l'individuo deve usare la propria intelligenza, o qualche insieme di individui (lo Stato o altro) deve convincere o prevedere o consigliare o controllare.

La natura sovrapproduce. La sovrapproduzione non reca danno, a meno che non vendiate sottocosto (dump).

In politica il problema dei nostri tempi consiste nello stabilire il confine tra affari pubblici e privati.

In economia: trovare un sistema che consenta di tenere in circolazione il mezzo di scambio in modo che la domanda del singolo, o ad ogni modo ciò di cui ha bisogno, non sia superiore all'ammontare del mezzo di scambio in suo possesso in ogni momento, o a lui immediatamente accessibile.

Una nuova scuola di economisti dice che esso dovrebbe essere messo in suo possesso (ogni settimana? ogni giorno? ogni sei mesi?).

Un modo di pensare più tradizionale si chiede se ciò conserverebbe il senso di responsabilità del suddetto individuo, e dà una risposta decisamente negativa.

Ritorno a una professione di fede. Il punto di partenza più semplice mi sembra essere la volontà del singolo di lavorare quattro ore al giorno tra i venti e i quarant'anni di età.

Vi sono senza dubbio, nell'industria moderna, varie mansioni dirigenziali ecc., che richiedono un'attenzione più prolungata, ma pochissime in cui un limite equivalente non servirebbe. Potrebbero essere otto ore giornaliere per dieci anni.

Considerando il denaro come un certificato di lavoro compiuto, il modo più semplice per continuare a distribuirlo (in biglietti di credito a corso legale) consiste nel continuare a distribuire lavoro. Non dico che è l'unico metodo concepibile ma affermo senz'ombra di dubbio che è quello più disponibile, il più semplice, quello che richiede meno burocrazia, controllo e ingerenza.

Quanto al lavoro straordinario, lasciamo che significhi lavoro straordinario.

Che l'uomo lavori quattro ore per la paga e poi, se ha ancora voglia di lavorare, che lavori come un artista o un poeta, che abbellisca la casa o curi il giardino, che faccia ginnastica per stirarsi le gambe o curvi la schiena su un tavolo da biliardo o stia seduto a fumare. Così facendo si godrebbe molto di più la vita e, supponendo che abbia qualche barlume d'intelligenza, sarebbe molto più probabile che se ne servisse e lo sviluppasse; in ogni caso egli «otterrebbe molto di più dal suo denaro».

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So per esperienza che si può vivere infinitamente meglio con pochissimo denaro e molto tempo libero che non con più denaro e meno tempo. Il tempo non è denaro, ma è quasi tutto il resto.

Ammettiamo pure che il salario di una giornata di quattro ore debba essere ridotto alla metà del salario di una giornata di otto ore (il che per varie ragioni non è necessario: cfr. infra, cap. 4, ma supponiamo che così sia). La persona con quel salario, una volta sicura di poterci contare, una volta che abbia «organizzato la propria vita» su queste basi, e organizzate le altre quattro ore per attività privata, potrebbe avere una vita di gran lunga migliore di quella che ha ora.

Capitolo 4 Ho detto «il che per varie ragioni non è necessario» perché il «salario» è

ora misurato in moneta corrente che è pura convenzione, e un pezzo di carta con su scritto 10 non è più difficile da fornire di un pezzo di carta con su scritto 5 o 20.

Esistono vari sistemi di credito che potrebbero risolvere il problema di lasciare la cifra 10 sul pezzo di carta, anche se la giornata di lavoro fosse ridotta della metà.

Douglas darebbe i biglietti al commerciante. Io ho abbozzato un sistema per fornirli via la fabbrica. Nessuno dei due è necessario. Qualche mese fa il governo tedesco ha proposto una inflazione apparentemente senza alcun controllo.

La «necessità» di un sistema del genere è dovuta probabilmente più alla forza del modo di pensare, alla banalità delle idee che la massa ha sul denaro, che ad altro.

La libertà dalla preoccupazione, inerente alla ragionevole certezza di conservare il proprio lavoro, deve valere almeno il 25 per cento di OGNI reddito.

È DA NOTARE che tale ragionevole certezza può esistere soltanto quando la necessità della riduzione progressiva della giornata lavorativa, pari passu con la innovazione meccanica, sia generalmente riconosciuta.

Nessun numero di ore arbitrariamente stabilito per il I933 sarà valido nel 1987, per non parlare del 2043.

E cosi siamo arrivati alle equazioni del Maggiore Douglas in merito ai pregiudizi sulla valutazione dei costi.

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Parte terza Capitolo 1

Valutazione dei costi - Non vedo proprio come si potrà fare a meno (per

sempre) delle equazioni del Maggiore. Vi sono vari modi di dire e varie terminologie e vari approcci al

problema. Io ho iniziato con la distribuzione del lavoro. I seguaci di Douglas non

amano iniziare così. Poi ho affrontato la richiesta di giustizia nella distribuzione dei biglietti di credito, ma questo non smentisce la tesi del Maggiore che nel sistema attuale non ci sono mai abbastanza biglietti di credito per trattare il prodotto; per distribuire o comprare il prodotto; per coniugare UNO QUALSIASI dei verbi obbligati di una sana economia o di una vita decente e piacevole.

Il Maggiore ha evidenziato i pregiudizi inerenti al calcolo dei costi. Il lettore può cercare i particolari in molte opere contemporanee.

Non troverà un'affermazione più semplice di questa di Douglas: Ogni volta che compri un frutto, paghi per l'albero.

Naturalmente l'albero dev'essere curato, bisogna aggiungere qualche frazione in più del valore del frutto, ma il calcolo di tale frazione non può e non deve comportare grossi errori.

Un grosso errore potrebbe senza dubbio compromettere i buoni effetti di una giornata lavorativa corta. Così come facilmente un paziente può morire per una malattia dopo essere stato curato per un'altra.

Le esigenze finora da noi elencate sono: 1) Il «denaro» come certificato di lavoro compiuto. 2) Il «lavoro compiuto» dev'essere in un certo senso «entro un sistema»

cioè dev'essere «necessario» o comunque dev'essere lavoro che qualcuno VUOLE che sia fatto. Il prodotto dev'essere ciò di cui qualcuno ha bisogno. Sic: Io ho bisogno più o meno di mezza pagnotta al giorno.Ho bisogno di qualche vestito all'anno ecc.

3) Ci deve essere un modo perché tutti abbiano abbastanza denaro o mezzo di scambio per soddisfare ragionevolmente i propri bisogni.

La via più semplice è il lavoro e dubito che ve ne siano altre. Questo è anche il primo grido istintivo. Si può osservare empiricamente che la prima cosa che gli uomini chiedono è il lavoro; e solo dopo un rifiuto essi rivendicano cibo gratuito. Se questa affermazione sta a indicare una grande ingenua fiducia nell'umanità sono disposto ad affrontare l'accusa.

4) L'equità nell'emissione di certificati. (Ritengo che i vari piani elaborati da Douglas rientrino soprattutto sotto questa rubrica).

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Capitolo 2 Il tempo non è denaro - Il tempo non è denaro, ma è quasi tutto il resto.

Vale a dire... non è denaro, cibo, materie prime, donne o i vari beni di prima necessità che ora non posso elencare, probabilmente compresa la salute, ma è uno strumento importantissimo per accedere alla maggior parte di essi.

«Solo i socialisti» leggono Marx, e quindi è praticamente impossibile discutere sulla sua storia o sui suoi «errori».

Per quanto posso ricordare, non ho mai incontrato chi ammetta il semplice fatto che un uomo con molto tempo libero e con pochissimi soldi può avere molto di più dalla vita di un uomo oberato dal lavoro con molti. A parte gli ottimisti voglio dire.

L'ozio non si ottiene semplicemente non lavorando. L'ozio è tempo libero liberato dall'ansia.

Ogni tempo libero non assolutamente ossessionato dalle preoccupazioni può diventare lo strumento di una «vita migliore».

Marx si occupa di beni in vetrina o nello scantinato. Nel momento in cui mi cucino il pranzo o mi costruisco la sedia su cui siedo sfuggo da tutto il ciclo dell'economia marxiana. Ragion per cui io rimango un repubblicano jeffersoniano e credo che gli attuali problemi, o almeno gli attuali problemi americani o inglesi, possano venir affrontati da un punto di vista jeffersoniano.

Potete aggiungere Confucio e Van Buren, ma bisogna distinguere tra il 1820 e il 1930, bisogna aggiornare Jefferson. T. J. aveva già previsto che l'agricoltura avrebbe lasciato in gran parte il campo all'industria manufatturiera ecc.

Tutti i principi americani e repubblicani andarono perduti durante l'odioso regno dell'infame Woodrow, ma perfino Woodrow non favorì il XVIII emendamento. A parte le liberty unions ecc., è quasi impossibile trovare qualsiasi senso dei principi americani negli scritti americani contemporanei, ad eccezione di qualche editoriale in giornali che naturalmente non sono letti da intellettualoidi.

Un delegato sindacale, di cui ho dimenticato il nome, sostenne con decisione la riduzione della giornata lavorativa. Nessuno ha sollevato una qualche coerente o anche soltanto presentabile obiezione.

Nessuno ha osato dire che una giornata lavorativa più corta non ridurrebbe il numero di coloro che sono completamente disoccupati.

Nessuno ha affermato che essa avrebbe portato all'aumento degli uffici e dei burocrati, con dattilografe sfacciate che prendono appunti sedute in grembo a stupidi e obesi funzionari negli uffici governativi.

Naturalmente non c'è una richiesta spasmodica di riduzione delle ore di lavoro da parte dei lavoratori stessi. Il partito del lavoro in America non conta molti economisti. È impossibile suscitare entusiasmo proponendo semplicemente una riduzione del lavoro. Per i più ciò suona riduzione della paga.

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Basterebbe probabilmente estendere il credito (credito cartaceo) per lasciare come sono le paghe nominali, ma per capire questo ci vuole una comprensione del credito quasi trascendentale.

L'uomo della strada non può in alcun modo capire che la circolazione accelerata del denaro quando tutti ne hanno poco significa maggior benessere rispetto allo stato di cose bloccato quando sono molti a non averne.

L'appassionato laburista vorrebbe che fosse il ricco a pagare per il disoccupato, ma le tasche del ricco non sono un pozzo senza fondo da cui attingere a piacimento.

Naturalmente tutti vogliono scaricare le responsabilità sugli altri. L'effetto immediato della distribuzione del lavoro, nel sistema attuale, sarà che i lavoratori dovranno dividere con i lavoratori. Perciò questa non può essere una causa molto popolare.

I vantaggi di una giornata più corta sarebbero diffusi, tutti li riceverebbero entro pochi mesi, ma ci vorrebbe probabilmente più tempo per percepirli. Gli svantaggi colpiscono più rapidamente dei benefici.

Provate a dire a chiunque che si vive meglio con 40 scellini alla settimana e due ore in più di tempo al giorno per sé che con 50 scellini senza le due ore e vedrete quanto poco vi dà retta.

L'idea che i prezzi diminuirebbero può sembrare un sogno. I prezzi si sono sempre adeguati al potere d'acquisto corrente del pubblico, ma anche questa è una idea generale.

Due ore in più al giorno per oziare, pensare, tenersi in forma esercitando altri muscoli, a fronte del superlavoro e dello spettacolo di vari milioni di persone costrette all'inattività...!

Io sono un esperto. Per quasi tutta la vita, e a ogni modo per tutta la mia vita di adulto, ho vissuto tra i disoccupati. Tutte le arti sono state disoccupate ai miei tempi.

Capitolo 3 Libero commercio - Il libero commercio sarebbe possibile tra due paesi

se essi fossero animati reciprocamente da una piena e illuminata buona volontà purché abbiano risolto in precedenza quasi completamente i loro problemi interni.

Non c'è bisogno di dire che nel corso dell'ultimo secolo o poco più la prassi dei governi è stata quella di trascurare l'economia interna; commettere ogni concepibile scelleratezza, diavoleria e idiozia e servirsi di rapporti con l'estero, conquiste, dumpings, sfruttamento come mezzi per distrarre l'attenzione dalle condizioni interne, o per utilizzare il bottino strappato ai selvaggi come palliativo per i mali domestici o per produrre una finzione di «prosperità. Nel senso che tale prosperità può servire come «esca»; come successi spettacolari; come «la possibilità» di diventare ricchi.

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Capitolo 4 Malthus - In pratica è stato dimostrato che le coppie che non

sovrapproducono, cioè che non procreano più bambini di quanti ne possano mantenere, sono in grado di mantenere livelli di vita decenti, a differenza delle altre.

È probabilmente inutile avanzare teorie di governo perfetto o di economia perfetta per esseri umani che sono troppo stupidi e ignoranti per acquisire una sia pure rudimentale percezione del rapporto tra causa ed effetto.

Contro questo sistema vengono sollevate e possono essere sollevate obiezioni in considerazione della grandezza nazionale ecc.... tuttavia ci si dice che l'Olanda ha mantenuto livelli di vita decenti ecc. evitando la sovrappopolazione. Non si capisce per quali arcane ragioni questo sistema debba funzionare in un piccolo paese e non in uno grande.

Funzionerebbe. L'unica obiezione è che la limitazione dell'istinto procreativo potrebbe non essere necessaria. Ovvero, in pratica, che attualmente il bigottismo e la stupidità impediscono tale limitazione e che l'insufficiente progresso dell'istruzione non è in grado di realizzarla. Eppure non sempre le zone scarsamente popolate sono le più ricche. Il rimedio va raccomandato solo a breve scadenza per la singola famiglia che vive in un cattivo sistema economico. Non se ne può fare la spina dorsale di una economia illuminata su larga scala. Infatti tale economia ora è poco più dello studio di come possiamo UTILIZZARE le nostre risorse, non di come possiamo astenerci dall'usarle.

Fino a quando non avremo una economia decente la persona di buon senso eviterà di generare troppi figli. E la pietà che proviamo per la famiglia numerosa in miseria continuerà a essere pietà per una stupida mancanza di previsione.

Può darsi che tutte le scienze, o la maggior parte di esse, abbiano origine dalla sofferenza o dalla pietà ma una volta che una scienza ha preso avvio non c'è più posto in essa per questi sentimenti.

Date a un popolo un governo quasi perfetto e in due generazioni lo lasceranno andare in rovina per pura pigrizia (vedi gli USA dove nemmeno una persona su dieci esercita i propri diritti e nemmeno una persona su diecimila ha la benché minima idea di quali furono gli scopi e le ambizioni dei grandi fondatori e legislatori del paese. Sono nella merda fino al collo).

Resta nondimeno il dovere di tentare di escogitare una economia sana, e di tentare di imporla con il metodo più violento in assoluto: far sì che la gente rifletta.

Quest'ultima affermazione è molto difficile da dimostrare. Io penso che l'unica garanzia sia la capacità di pensare e il senso del dovere che ne deriva.

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Capitolo 5 Self-Help - Quanto precede non è nichilismo puro, o quietismo, né è così

fuori tema come potrebbe sembrare; il punto è che NESSUNO, in qualsiasi società ha il diritto di incolpare gli altri per le proprie difficoltà. I cosiddetti liberali e il pensiero liberale sono caduti nel sentimentalismo a causa di questo assunto inconsapevole e di una tendenza ad alimentare questo stato d'animo.

La legge di natura vuole che l'animale si adatti all'ambiente o lo vinca: vita facile e decadenza.

Ci si lamenta spesso del declino dell'uomo americano! Prima il pioniere, poi lo scemo e il deficiente! Proliferazione del tipo contadino, senza la perseveranza e la pazienza contadina di fronte a rendimenti scarsi!

Capacità di pensare, parte dell'adattamento all'ambiente! Pigrizia d'intere generazioni! Tutta la forza del pensiero di Jefferson e di

Van Buren dimenticata! I benefici di quest'ultimo andati perduti nella guerra civile e nelle vicende finanziarie del dopoguerra!

Tutto ciò non è completamente fuori tema. Tutto ciò che riguarda il come possano essere presi e messi in vigore

provvedimenti, è questione di politica. L'ECONOMIA si occupa di stabilire QUALI provvedimenti finanziari,

quali metodi o regolamentazioni del commercio ecc., debbano essere presi, o possano utilmente essere presi o decretati da un qualsiasi governo o da un qualsiasi organo individuale o collettivo, elettivo o di eccezione o privato o dittatoriale che controlli il commercio, il credito, il denaro ecc.

Certe cose sono sagge, diciamo, per i governatori della Banca d'Inghilterra (un ente privato) e così pure per l'US Federal Board, nominato da un presidente eletto, e sarebbero ugualmente sagge o ugualmente stolte per un organo eletto direttamente dal popolo.

L'Inghilterra, come abbiamo detto, si lasciò conquistare da una banda di banchieri molto tempo fa. Nessuno ricorda perché. Ciò non riguarda uno straniero. Gli inglesi, o per lo meno alcuni inglesi lo vollero e ora, a quanto pare, il resto non importa.

Tutto questo rientra nella politica. L'economia si occupa di ciò che si dovrebbe fare, non di come si costituisce un gruppo di uomini per realizzare un'idea, ma dell'idea, con le relative equazioni. Così si può dire che i Baldwin Locomotive Works si occupano della costruzione di locomotive per i treni non della loro direzione di marcia.

Una buona teoria economica è valida sia per la Russia sia per gli USA. Possono esserci persino più soluzioni economiche per qualsiasi

problema. Sia la benzina sia il carbone servono da carburante.

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Parte quarta Capitolo I

Politica, una digressione necessaria - Scienza o non scienza, un sistema

economico o la mancanza di sistema economico, è necessariamente influenzato dal sistema politico in cui, o accanto a cui, sussiste; e più specialmente dai presupposti o pregiudizi o predisposizioni e atteggiamenti impliciti nel sistema politico.

Il presupposto della democrazia, diciamo nella sua forma migliore, così come fu concepita da Jefferson e Van Buren, è che gli uomini migliori (kaloì kagathoí ecc.) SI DIANO LA PENA di esporre le loro idee e programmi politici alla maggioranza in modo così chiaro e persuasivo che la maggioranza accetterà la loro guida, cioè «sarà giusta».

Il presupposto degli Adams, cioè dei partiti aristocratici e democratici al tempo stesso, è che una piccola dose di privilegio genererà un senso di responsabilità.

Per il conservatorismo successivo i migliori devono essere serviti. In pratica si sostiene che i migliori si stancano o non si applicano

abbastanza. Sembra ben dimostrato che il privilegio NON genera un senso di

responsabilità. Singoli individui, diciamo pure individui eccezionali nelle classi privilegiate, conservano il senso di responsabilità, ma la massa, cioè il 95 per cento delle classi privilegiate, sembra credere che l'interesse principale dei privilegi consista nell'essere esenti da responsabilità, da ogni tipo di responsabilità.

Questo vale sia per il privilegio finanziario sia per il privilegio politico. L'eccezione sembra verificarsi alla nascita di ogni nuova classe

privilegiata; il che vuol dire che ogni nuova classe governante è necessariamente composta di uomini eccezionali, o comunque di uomini più energici e quindi più adatti a governare dei loro compagni.

Gli scarti dell'intellighenzia, inetti a governare, cercano costantemente di diffondere la credenza che LORO sono i migliori, gli agathoí ecc.

Ovviamente nessuna classe dirigente, ottima o buona che sia, può essere priva di spina dorsale; questo vale anche per una classe amministrativa, o per chi amministra l'economia. In ogni caso, il termine «buono» è comprensivo di una capacità di agire, di un certo senso del rapporto tra l'azione e il semplice pensare o parlare.

Si dicono e si scrivono molte sciocchezze in base al presupposto di leggi politiche ed economiche esistenti in vacuo.

Continuo a scrivere perché mi sembra che nessun uomo con la testa sulle spalle può oggi fare a meno di tentare di riordinare le proprie idee in maniera coerente o di evitare di trarne le debite conseguenze, cioè in quanto uomo che vive necessariamente tra altri uomini, influenzato dalle loro azioni mentre li influenza con la propria.

Separare idee che non sono identiche e determinare le loro relazioni.

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Per quanto riguarda la storia dell'argomento, essa ci può interessare solamente in quanto si riferisce al presente e all'immediato futuro.

Una democrazia, la maggioranza che «decide» in una democrazia che funziona come tale, probabilmente sceglierebbe una economia buona poco dopo aver imparato a distinguere il bene dal male. I sudditi di un autocrate obbedirebbero e continuerebbero a obbedire alle decisioni economiche del loro governante o dei loro governanti finché gli ordini siano economicamente buoni e per un lungo periodo dopo che essi risultassero cattivi. Nelle forme intermedie di governo la pazienza durerebbe più o meno a lungo.

Una crisi, una rivoluzione, il caos non implicano necessariamente nuove scoperte o ambizioni o nuove forme di buona economia; tuttavia, di solito essa è architettata nel nome di qualche forma di giustizia, o di qualche credenza sociale con implicazioni economiche.

Il punto è che gli ordini di un despota onnisciente e di una democrazia intelligente sarebbero molto simili in quanto interessano il grosso dell'economia, del paese. L'importante è sfamare la popolazione sia essa costituita da cittadini liberi, individui ecc. o da bestie da soma.

Per ogni singolo paese c'è molto da dire a favore della strada più rapida per raggiungere questo scopo, e tale strada inizierebbe DALLE condizioni in cui si trova detto paese sul momento.

Il momento presente, il momento preso in considerazione.

Capitolo 2 Il capitale è considerato in genere durevole, eterno e indistruttibile.

Questo, probabilmente, è un errore. Le monete d'oro in circolazione si logorano, di qui l'uso della moneta cartacea. La carta va sostituita. La spesa è irrisoria ma matematicamente reale.

I gioielli possono sembrare proprietà e non capitale. Essi o dei metalli preziosi possono essere nascosti in sotterranei, da dove agiscono come magneti.

Si osservi la forza magnetica di un uomo considerato ricco. La forza della sua fama sulle persone che lo circondano.

Si osservi la forza delle più aleatorie e vaghe speranze di profitto, e si pensi agli imponderabili che entrano in gioco ogni volta che si prenda in considerazione un credito («l'aspettativa che l'altro pagherà»).

Un altro punto è che non solo quantità particolari di credito possono andare in malora, ma che il credito di un QUALSIASI sistema economico, in quanto sistema, può andare in malora. Non può venir meno solo il raccolto di un anno, ma l'albero stesso.

Ci sono stati cosiddetti sistemi basati non su teorie o calcoli fondati, ma su nient'altro che un fatto contingente; come per esempio la possibilità di barattare perle di vetro con i selvaggi, o il monopolio di una via

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commerciale, o la disponibilità degli indiani a barattare quaranta miglia quadrate di terra con un fucile.

Alcuni di questi sistemi sono durati per almeno trecent'anni. I pedaggi sul Nilo risalgono ai primordi della storia. Kublai Khan capiva la moneta cartacea. I mantovani nel Quattrocento concepirono un pool dei tessuti simile all'ammasso del grano del governo Hoover. Non ci sono probabilmente piani o provvedimenti immaginabili che non possano essere nobilitati con precedenti storici.

Capitolo 3 Nel I933 a che punto siamo? - 1. Per i paesi civilizzati il problema della

produzione è risolto. Senza dubbio ci sono determinati prodotti che non si possono ottenere in determinate aree geografiche e determinate aree non civilizzate in cui l'industrializazione, migliori metodi di produzione risolverebbero i problemi locali, ma per le «grandi potenze» ecc. il problema non è la produzione.

2. La riduzione della giornata lavorativa (diciamo a cinque o quattro ore) faciliterebbe a tal punto la distribuzione generale in tutti i paesi civilizzati, che essi potrebbero andare avanti a lungo senza ulteriori cambiamenti.

3. Ma ciò alla lunga non permetterebbe loro di eludere il problema di una giusta e/o adeguata distribuzione dei biglietti di credito: il problema del denaro o del sistema fiduciario.

Questo è il problema più importante e drammatico della scienza economica. Esso attende ancora una soluzione definitiva, una soluzione scientifica.

4. Ma una soluzione definitiva e scientifica non eliminerebbe ancora per noi la necessità di praticare l'ARTE dell'economia; cioè a dire, noi dovremmo ancora vigilare costantemente con la stessa circospezione con cui il contadino seleziona il suo prossimo raccolto. Non c'è modo di fare a meno delle facoltà di discernimento. Gli autori di piani quinquennali, decennali, gli esperti ecc., dovranno sempre prevedere e cercare di prevedere esattamente che cosa si deve produrre e quanto e quando.

Distribuite equamente i biglietti di carta certificanti il lavoro compiuto, garantite la suddivisione del lavoro tra una parte sufficiente della popolazione e ancora dovrete sempre fare attenzione per non trovarvi a ottobre con nient'altro che grano o padelle di alluminio.

E a tal fine, probabilmente, non c'è altro modo che la massima vigilanza del più gran numero dei più competenti.

Un casellante che si addormenta in servizio può provocare gravi danni a una buona ferrovia.

In un mondo di Kreuger e Mellon si può dire che i tavoli di comando sono (deliberatamente) avvolti nell'oscurità. Ciò cui voglio arrivare è che,

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una volta risolti tutti i problemi risolvibili, con chiarezza e trasparenza, ci sarà ancora occasione, ci sarà ancora bisogno di aguzzare l'ingegno.

Capitolo 4 Inflazione (La distinzione tra scienza e arte in economia) - Si diceva che

l'inflazione fosse stata «capita» in Germania dopo la guerra. Ora l'allarme per l'inflazione è quasi universale (Germania, USA e altrove).

Vi sono poche richieste per il controllo dell'inflazione. Forse l'inflazione altro non è che l'ambigua copertura di molte manovre. Cerchiamo di vederci chiaro. Per molti essa significa soltanto la fine del

sistema aureo, cioè il fatto che i certificati non si riferiscono più al metallo prezioso.

Le banche (gli spiriti del male) provocano inflazione e deflazione a loro piacimento, o così pare.

Ci si dice che i tassi sul denaro sono troppo elevati, e a chi lo dice si risponde che i tassi bancari nell'arco di ventiquattr'ore sono quasi nulli. Quindi non è questo il problema. Probabilmente le banche usano la loro libertà per provocare inflazione e deflazione a proprio illimitato vantaggio.

Esistono DUE tipi di nazioni: quelle che controllano le loro finanze e quelle che «sono finanziate».

Ci sono anche, suppongo, situazioni intermedie, nazioni che cercano più o meno di controllare parte delle loro finanze, o che esercitano un controllo semiconsapevole sulle loro finanze, o che hanno un'influenza inconsapevole su di esse.

Il ministero del tesoro americano venne «liberato» circa un secolo fa. Fu alquanto perturbato dalla guerra civile ecc.

Ancora una volta, non ci interessa nemmeno COME un popolo o una nazione debba assumere il controllo della propria economia, ma CHE COSA se ne dovrebbe fare se assumessero tale controllo.

In altri termini, quale prezzo dovrebbe esigere da coloro che esercitano attualmente il controllo, se continua a tollerarlo, cioè qual è il minimo (o massimo) d'intelligenza e di provvedimenti intelligenti che richiederebbe ai loro «proprietari» o finanzieri.

Abbiamo risposto almeno in parte con la formula: Distribuzione ADEGUATA (e più o meno giusta) di biglietti di credito

(certificati di lavoro compiuto ecc.). Ho scritto «ADEGUATA» in maiuscoletto ed «equa» in minuscolo,

perché questo è l'ordine della loro importanza. In un sistema economico valido e funzionante c'è un grandissimo

margine di errore, un grandissimo coefficiente d'ingiustizia. Si pensi al mugnaio di Dee e al resto. Una volta garantita la tranquillità anche relativa, di un essere umano, in modo che egli non abbia motivo di sofferenza e sia

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più o meno libero da preoccupazioni IMMEDIATE, egli non si curerà (anzi rifiuterà in misura quasi incredibile di curarsi) di economia.

Ma una distribuzione inadeguata dei biglietti di credito sconvolgerà l'intero sistema, qualsiasi sistema; essa accumulerà ostacoli prima che chiunque se ne renda conto, li accumulerà dappertutto e senza rendere responsabile alcuno in particolare, e senza offrire soluzioni possibili.

Capitolo 5 «Adeguata» con quesiti circa le soluzioni - I maomettani parlavano

continuamente di un sistema di distribuzione. Non ricordo se ogni credente ricevesse una parte uguale. Non ha molta

importanza, è passato tanto tempo, ma comunque essi avevano dividendi nazionali, almeno fin quando continuarono a fare conquiste.

È difficile concepire dividendi nazionali ai nostri giorni e nei nostri paesi senza uno spiacevole aumento della burocrazia.

In passato i dividendi nazionali hanno funzionato. Certamente alla maggioranza della popolazione farebbe piacere ricevere dieci ghinee al mese in biglietti freschi di stampa dal postino o da qualche altro pubblico ufficiale.

Sembra così facile, così facile che quasi nessuno (compreso l'autore) ci può credere.

Sembra che i beneficiari dovrebbero almeno fare qualcosa o tenersi pronti a fare qualcosa di utile in cambio della manna, o almeno stare attenti e assicurarsi che qualcosa sia fatto, che le banconote significhino e continuino a significare qualcos'altro che banconote.

Mi sembra di ricordare un'epoca in cui il Maggiore Douglas scrisse libri dove non si faceva menzione di dividendi nazionali.

Ora sto facendo soltanto un catalogo o un elenco di «soluzioni» possibili. Lascerei ai sostenitori dei dividendi nazionali il compito di mostrare COME essi assicureranno la costante consegna dei beni necessari in cambio delle banconote distribuite. Non dico che sia impossibile: mi limito ad aspettare maggiori chiarimenti.

Se ricordo bene, nei suoi primi scritti Douglas sosteneva che, nel sistema attuale, una certa percentuale di biglietti di credito, o la quantità corrispondente, veniva risucchiata o assorbita o fatta scomparire.

Sto deliberatamente «ribaltando la questione» per vedere se l'idea è abbastanza solida per sopportare di essere dibattuta.

Nel «sistema industriale attuale» il lavoro viene svolto, i beni sono prodotti e gli industriali, i proprietari, i commercianti ecc., pretendono dal pubblico più biglietti di credito di quanto valga il lavoro, o comunque più biglietti di credito di quanti i governi e le banche renderanno disponibili in cambio di tale lavoro.

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E l'effetto è cumulativo. Ci sono sempre più beni e sempre meno certificati validi, il che porta alla costipazione.

E ancora, se ricordo bene, il Maggiore Douglas spiegava come funzionava il trucco. A suo parere, se riferisco correttamente, una certa aliquota dei biglietti di credito ricevuti dagli imprenditori veniva come inghiottito, cioè invece di pareggiare il costo della cosa fatta e data in cambio, pareggiava tale costo più parte del macchinario utilizzato per produrre l'articolo (parte dell'impianto).

E non si faceva nulla per impedire che questo ammontare di credito fosse sottratto al pubblico e nascosto. Esso continuava a scomparire sottoterra, nelle tasche di qualcuno.

Risultato: sempre più beni in vendita e sempre meno certificati di lavoro compiuto.

Sicché per riequilibrare le cose o si dovrebbero stampare più certificati o si dovrebbero calcolare i costi in altro modo, cioè distinguere i costi reali dai costi così come risultano dalla contabilità tradizionale.

Secondo la contabilità tradizionale le proposte del Maggiore avrebbero significato qualcosa d'impossibile: vendite sottocosto. Ma egli calcolava che esse non sarebbero state inferiori ai costi reali, e che il paradosso era solo sulla carta.

Tutto ciò richiede un minimo di riflessione. Evidentemente abbiamo visto delle società costruire nuovi stabilimenti

servendosi dei «profitti». Evidentemente abbiamo visto delle crisi.

Capitolo 6 Quanto sopra è forse molto problematico. In un luogo affermo che il

produttore dovrebbe ottenere un certificato del lavoro compiuto - un certificato equivalente AL lavoro compiuto.

Poi (a qualche lettore) sembro dire che egli prende troppo, quando sembrerebbe che dovrei dire che egli prende troppo poco.

Non c'è contraddizione. Egli prende troppo, o chiede troppo per alcuni dei suoi prodotti e non riesce a prendere nulla per il resto.

Per esempio, egli fabbrica un milione di scope il cui costo reale è di 3 pence l'una.

Egli afferma (secondo le credenze tradizionali dei suoi contabili) che gli costano 5 pence e che devono essere vendute a 6 pence.

Egli ne vende 400.000 a 6 pence, gliene restano 600.000 o sulle braccia e alla fine fallisce. Questo nonostante che 500.000 o 700.000 persone potrebbero far uso delle scope.

Questo è un «caso impossibile». O meglio è un caso limite, e ci sono molte situazioni intermedie.

Per esempio egli riduce il prezzo a un penny e vende le 600.000 scope rimaste, rovinando così qualche altro fabbricante ecc.

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Il mio esempio teorico intende soltanto dimostrare che il prezzo elevato non necessariamente garantisce il successo, e non necessariamente è il metodo migliore.

L'emissione di credito (o denaro) deve essere giusta, cioè né troppo grande né troppo piccola.

Ad ogni ora di lavoro (umano o chilovattore) deve corrispondere un certificato di un'ora. Questo può essere il primo passo. Questo può essere scientifico. In definitiva dev'essere scientifico.

Ma ciò non vi dispenserà dalla necessità di usare l'intelligenza a proposito di che cosa e quanto produrre.

Che cosa? Risposta possibile: «Tutto ciò che è utile o desiderabile». Quanto? «Tutto ciò che viene richiesto» con qualcosa di più per gli

imprevisti. Ciò può suonare molto vago, nondimeno può essere ridotto a equazioni

matematiche e trattato scientificamente. Le equazioni (equazioni algebriche) non esprimeranno soltanto vecchi

risultati ottenuti a casaccio. La loro soluzione stabilirà la lunghezza della giornata lavorativa, cioè il

numero di ore lavorative quotidiane per cui un uomo è pagato. Oltre le quali egli può dipingere le pareti, imbottire le poltrone, allevare galli da combattimento, acquistare biglietti di lotteria o indulgere a qualsiasi altra forma di attività frugale o dispendiosa, che si adatta al suo temperamento, finché si limiti ad agire nell'ambito della sua proprietà (vedi la definizione nella Parte prima, Capitolo 1).

Finché la sua attività resti nell'ambio della sua casa e giardino.

Capitolo 7 Una digressione forse superflua - Personalmente sostengo che ogni

individuo debba possedere una casa, penso cioè che ogni individuo, uomo o donna, dovrebbe avere un certo spazio in cui potersi ritirare ed essere al riparo da ogni interferenza esterna quale che essa sia.

Su questa base costruirei i diritti umani, e quando gli individui escono da quel cubicolo essi dovrebbero essere modificati controbilanciando i diritti degli altri che hanno la stessa origine, fino ai diritti dello Stato o dei gruppi.

Analogia tra politica ed economia.

Capitolo 8 Economia - Sembrerebbe che ci siano i seguenti tipi di errori o crimini

nell'emissione di biglietti di credito in cambio di lavoro: 1. Chi deve

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emetterli può rifiutarsi di emettere biglietti o una quantità adeguata di biglietti in cambio del lavoro.

2. Può emetterne troppi. 3. Può emetterli in maniera che, per beni prodotti e distribuiti con

procedure complesse, troppo credito vada a pochi, o a qualche tipo di lavoro, e non abbastanza a un altro.

Il termine «lavoro» si riferisce qui al muratore, all'impiegato, al trasportatore, all'imprenditore ecc. Cioè a chiunque prenda parte attiva al trasferimento dell'articolo dalla madre terra al consumatore (occhio dello spettatore, mano dell'utente).

Capitolo 9 Non conosco esposizioni elementari delle questioni dell'inflazione e della

deflazione. Intendo qualcosa più facilmente comprensibile della storia di qualche caso particolare, come, per esempio, il conflitto tra Van Buren e Biddle negli anni trenta dell'Ottocento.

D'altra parte, Arabia Deserta di Doughty o la storia dei secoli VIII e IX di Leone possono chiarire al lettore che cosa accade quando NON c'è produzione.

Il fatto è che problemi del genere sorgono in ogni sistema, in ogni sistema concepibile, non importa che si tratti dei soviet o dei banchieri fiorentini.

I beni necessari, il trasporto, l'uso ovvero il consumo. Il bisogno di movimento, sia delle merci sia dell'«intermediario».

L'intermediario monetario. La chiarezza mentale che consente di comprendere che cento galloni al

minuto attraverso un condotto del diametro di un pollice a una data velocità possono equivalere a cento galloni attraverso un diverso condotto a un'altra velocità tanto più grande il diametro tanto minore la velocità tanto più veloce quanto più piccolo il diametro ecc.

Una piccola quantità di «denaro» che circola rapidamente equivarrà a una quantità maggiore che circola lentamente ecc. ecc.

Come in meccanica certe macchine risultano adatte a fare un certo lavoro ecc., applicazioni particolari che non mutano il principio. Frutti dell'esperienza quanto ai particolari: idee quanto alle cause generali.

Sembra una scoperta deludente o una deliberata confusione! Quel che il Maggiore disse quindici anni fa importa meno di una affermazione valida e chiara.

Nel sistema attualmente in vigore l'industriale viene «pagato» in due modi. Egli riceve «denaro» o «gli si deve» denaro per ciò che vende, ed egli ha la possibilità di ottenere prestiti dalle banche, cioè la sua attività e capacità di produrre gli permettono di ottenere credito come pure pagamenti (in contanti e differiti) e le banche ottengono più credito di quel che dànno

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A LUI, cioè egli deve restituirne loro una parte, e per quella parte che restituisce non ottiene credito diretto, anche se può ottenere la possibilità di contrarre altri debiti (alle stesse condizioni).

Forse queste affermazioni hanno solo un valore di prova. Sto soltanto cercando di dire che 5 più 2 fa 7 invece di affermare come gli altri economisti che 2 più 5 fa 7 per vedere se loro o i loro lettori capiscono quanto da loro stessi precedentemente affermato.

Dopo tutto, questo è un trattato molto elementare. Mentre le banche hanno ottenuto più credito di quel che hanno concesso

al fabbricante, il consumatore potenziale non ha abbastanza credito per acquistare i beni necessari. Da dove lo può ottenere? Le banche gli daranno sempre meno di quel che egli deve dar loro. Non sono istituti di beneficenza.

Il costo contabile dei beni è il costo (reale) dei beni più il costo o la rendita del denaro.

Riconosco che nello Stato economico perfetto il costo del denaro si riduce quasi a zero, a qualcosa come il mero costo di un'affrancatura, e che tale costo è sopportato dallo Stato, cioè distribuito in modo che non gravi su alcuno in particolare.

Una volta conseguito tale fine l'intelligenza generale può affrontare il problema di che cosa e quanto produrre.

Lo Stato concepito come interesse pubblico. Il denaro concepito come interesse pubblico. Né l'uno né l'altro come ricchezza privata.

Capitolo 10 Novità - La possibilità di novità in economia è probabilmente alquanto

esagerata. Già nel 1750 Hume parlava di moneta cartacea e citava questo o quello per dire che la gran quantità di monete d'oro ad Atene non sembrava di alcuna utilità per gli ateniesi, tranne nel facilitare il calcolo aritmetico.

Vent'anni fa ci si chiedeva di pensare che qualcuno sarebbe stato un economista «moderno» con la «M» maiuscola perché «non si occupava del denaro».

Alcuni conoscono e molti non dicono o non hanno ben chiara la necessità del denaro, che è la necessità di disporre di un denominatore comune AI FINI DELLA CONTABILITÀ, per non fare impazzire i contabili con colonne di dieci cavalli, dodici mucche, nove locomotive. Come le fiches nel gioco del poker, più comode dello scommettere ciascuno la propria camicia, l'orologio o i gemelli da polso.

UN ERRORE PIù GRAVE riguarda la natura della ricchezza. Raramente si verificano crisi nel commercio delle pecore. Voglio dire che l'allevatore primitivo calcola la sua proprietà in pecore e non è assillato dalla preoccupazione di vendere l'intero gregge.

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Gran parte delle difficoltà attuali dipendono dalla mania o dall'allucinazione o idée fixe del MERCATO e del valore di mercato. La differenza fondamentale per quel che riguarda la ricchezza è quella dei regni animale, vegetale e minerale.

Tutti i prodotti manufatturati condividono la proprietà principale di quest'ultimo, cioè non crescono né si moltiplicano.

Le pecore si riproducono, i semi si moltiplicano e non c'è bisogno di molto lavoro. Voglio dire che il pastore si siede qua o là con un ragazzo e un cane. I pericoli derivanti dagli orsi, dai lupi e da altri incidenti della vita del pastore primitivo sono stati ridotti. In paesi mitici egli può ancora dedicarsi saltuariamente alla tessitura.

La pecora fornisce di che vestirsi (Jefferson calcolava che una pecora forniva lana sufficiente per una persona). La carne può non piacere ma è nutriente. Non esiste il problema di garantire la PIENA occupazione del pastore.

I raccolti richiedono lavoro (troppo) in determinate stagioni. Ma con un minimo di sollecitudine sia i raccolti sia le pecore si

moltiplicano. Le vostre e le mie proprietà non si moltiplicano. I vostri tavoli, pianoforte

ecc., rimangono fermi come minerali, ma non potete avere di più dissodando il pavimento della vostra cantina.

Hume aveva già visto che l'«aumento e il consumo (corsivo mio) di tutte le merci, che servono al decoro e al piacere della vita, sono vantaggiosi per la società perché mentre moltiplicano quelle innocenti gratificazioni per i singoli, essi sono una sorta di deposito (corsivo suo) di lavoro (...) che, per le esigenze dello Stato, può essere destinato al servizio pubblico».

Hume potrebbe servire come monito; per lui le «necessità dello Stato» sono principalmente le guerre, il che avrebbe dovuto far riflettere un po' più in profondità. Ritengo che cosi non fu per la semplice ragione che la sua prima frase non fu affatto compresa.

Nessun libro può sostituire COMPLETAMENTE il pensiero di un uomo. L'utilità di ogni affermazione è limitata dalla disposizione a pensare del destinatario.

Le pratiche della rendita e dell'interesse nascono dalla tendenza naturale del grano e degli animali a moltiplicarsi. Il senso del bene e della giustizia che ha retto in sostanza la pratica della rendita e dell'interesse attraverso i secoli, nonostante innumerevoli casi particolari d'ingiustizia nell'applicazione, è inerente alla natura animale e vegetale.

Non è necessario postulare alcuna perversione maggiore della indolenza naturale, e questa, di per sé è insufficiente come postulato. C'è sempre stata una riserva d'indigenti, membri di tribù meno civilizzate, o nullatenenti pronti a custodire le pecore e lieti di farlo in cambio di parte della lana. La tendenza dei francesi, oggi, di sfruttare il lavoro del Congo è del tutto tradizionale e «normale».

Per quanto concerne la vendita dei bambini come servi ecc., il problema non è più - ma in molti periodi della storia è stato poco più che - quello della

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durata della manomorta. Per quanto tempo la manomorta detterà legge, e in quale misura?

I due estremi: carattere sacrosanto della «proprietà» versus «la terra appartiene ai viventi» di Jefferson, che era in parte un dogma e in parte l'osservazione di un fatto così ovvio che ci volle un uomo di genio per coglierlo.

Di qui la convinzione di Jefferson che nessuna nazione ha il diritto di contrarre debiti non pagabili nell'arco della vita dei contraenti ovvero, secondo lui, della vita della maggioranza dei contraenti maggiorenni alla data del contratto. Sicché da una prima stima di trentacinque anni, egli finì con il fissare il limite di validità di questi debiti a diciannove anni.

Grazie alla sua luminosa intelligenza l'economia americana progredì dall'epoca della rivoluzione fino al disordine della guerra civile.

Nessun sistema economico può essere valido se non tiene conto di questa appartenenza alla natura vegetale e animale (appartenenza che comprende la sovrapproduzione o si estende ad essa).

Il termine «sovrapproduzione» significa di solito «più di quanto non sia possibile vendere1.

Capitolo 11 Distinguere permanenza e permanenza - Dissociare la durata del granito

da quella del grano o di una specie animale. Sembra che alcuni pretendono lo stesso tipo di durata per un organismo allo stadio embrionale e per un blocco di roccia.

Dall'altra parte essi dicono: a un direttore di banca basta conoscere la differenza tra una cambiale e un'ipoteca. Molti «grandi finanzieri» e premiati «economisti» oggi non fanno questa distinzione.

Le abitudini economiche nascono dalla natura delle cose (animali, minerali, vegetali). In economia la confusione e le cattive teorie sono dovute al fatto di non cogliere la natura diversa di cose diverse chiaramente distinte nella mente.

La rivoluzione «economica» o una rivoluzione economica si verificò quando la materia prima non si limitò più a materia minerale statica (più incrementi animali e vegetali).

Nel momento in cui il lavoro cominciò a essere in gran parte «materia prima» sorse la necessità di un cambiamento dei concetti economici.

1 Dopo la guerra Henry Ford provò a far smantellare un certo numero di navi militari.

Non realizzò profitto monetario, rientrò nei costi e gli restò una grande quantità di motori che, per quanto ne so, ha ancora. Non c'è ragione di supporre che tali motori arrechino danno, non più che le rovine di Aigues Mortes o Carcassonne.

Sì occupano spazio. Non le vorreste a Piccadilly Circus. Ho visto anche un cartello di questo tenore: «Montagna affittasi, in grado di nutrire 30.000 montoni». C'è ancora spazio per respirare e passeggiare sulla superficie del pianeta.

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Nel momento in cui disponete di riserve di lavoro praticamente illimitate (in virtù del semplice espediente di far scorrere a valle l'acqua attraverso una tubatura fino a una turbina, o in virtù di qualsiasi altro espediente) dovete cominciare a rivedere i vostri schemi mentali.

Non solo le pecore continueranno a procreare, senza richiedere molta attenzione da parte del pastore, ma le luci brilleranno, le stufe daranno calore, i treni viaggeranno ecc. mentre un paio di persone sorveglia una dinamo.

Il mandriano nutriva la sua famiglia. La turbina può lavorare per il gruppo. Persino l'idea dei dividendi nazionali (che non mi piace) sembra meno sciocca da questo punto di vista.

È altrettanto stupido aspettarsi che i membri di una comunità civilizzata del secolo XX continuino a lavorare otto ore al giorno quanto aspettarsi che il pastore cerchi di far crescere la lana delle sue pecore a mano; che il contadino soffi il proprio alito su ogni seme interrato per riscaldarlo; che l'allevatore covi le uova delle sue galline.

Capitolo I2 La gente, o meglio i lettori di libri e giornali sono così poco abituati a

servirsi dei loro occhi, o così poco esperti che sembrano non aver mai visto i fenomeni più semplici.

Il lettore ha mai visto delle donne al parapetto di un pozzo, o al rubinetto di un serbatoio pubblico o di una pompa?

L'impianto idraulico in cucina, il rubinetto dentro casa significa mezz'ora di riposo (o di ozio) al giorno per ogni membro femminile della comunità (la comunità civilizzata paragonata a quella selvaggia e a molte comunità lontanissime da quest'ultima).

Questa non è una teoria della classe agiata. È una realtà dell'umanità agiata (cioè della vita umana civilizzata).

Parte quinta Capitolo 1

Addenda minori e varia - Non ho mai incontrato un giocatore d'azzardo

con un briciolo d'intelligenza, ma il pregiudizio contro le lotterie rientra nella categoria delle superstizioni, totemismo e tabù Le lotterie possono danneggiare soltanto gli imbecilli che acquistano i biglietti, ma essi agiscono in modo del tutto legittimo. Non è mai stata addotta alcuna fondata

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ragione contro questa sana valvola di sicurezza, in quanto mezzo per raccogliere fondi per lo Stato.

La passione per il gioco ha assunto connotati romantici; certo in casi particolari è l'unico pericolo che alcuni possono correre e l'unica possibilità di avventura che essi hanno. Non so se essa sopravviverebbe in una comunità sana, ma il mondo non ha ancora visto una comunità del genere. Il pregiudizio fa parte della stupidità puritana, che in fondo è una malattia, generata da quanto c'è di peggio in natura.

Comunque, ci sono tutte le ragioni perché questo stupido passatempo debba essere isolato, cioè limitato nei suoi effetti a coloro che volontariamente giocano d'azzardo, e non gli si permetta di influenzare il prezzo dei generi alimentari e di prima necessità.

I lamenti di un Whitney e gli ululati degli speculatori di borsa non sono meglio di qualsiasi altra forma di sentimentalismi da gangster.

Lo scopo di un'azione è una delle sue dimensioni; è una componente del suo peso specifico e nessuno finora ha mai proclamato di aver venduto allo scoperto, o di aver speculato in borsa, se non nella speranza di mettere le mani nelle tasche degli altri.

Non c'è niente da dire contro una banda di ladri che giocano a poker se non che essi stanno giocando con il denaro altrui. Quando gli agenti di una borsa giocano tra loro senza toccare il cibo e il benessere di membri della comunità che non hanno alcuna possibilità di trar profitto dal gioco e in ogni caso alcuna possibilità di stabilire la posta, i suddetti brokers ecc. non possono vantarsi di essere sportivi.

Essi hanno avuto molto tempo per mostrare quel che hanno fatto per i loro paesi eppure finora non sono stati capaci di scovare nemmeno un giornalista bugiardo per scrivere il loro epitaffio. Dal punto di vista del bene pubblico non sono un successo.

È facilissimo dissociare l'investimento dalla speculazione; è abbastanza facile tessere la tela per ricomporre la dissociazione. Una borsa valori che si limiti alla compravendita per investitori reali sarebbe senza dubbio molto noiosa, e molti degli attuali professionisti e furfanti preferirebbero darsi al golf e all'allevamento di polli piuttosto che adattarsi a tale quiete ovina; ma noi non siamo qui per garantire i divertimenti privati di qualche centinaia o migliaia di privilegiati.

Sarebbe molto meglio dal punto di vista del bene pubblico se si uccidessero nelle gare di motoscafi da corsa, se si eccitassero giocando alle corse dei cavalli e lasciassero alla gente da poco la roulette e le lotterie. L'economia, in quanto scienza, non ha alcuna vocazione messianica a trasformare gli istinti.

In mancanza di un monopolio statale assoluto su tutte le proprietà ci saranno sempre molte possibilità di «far fortuna» con seri progetti industriali. Quanto minore sarà il numero delle false miniere di diamanti, tanto maggiore sarà la probabilità che nuove invenzioni e miglioramenti riceveranno sostegno.

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NOTA. Dopo l'ultima guerra la stampa di libri di lusso è molto aumentata. Questo perché molti non hanno alcuna fiducia nel valore del denaro.

Mi rendo conto di trovarmi in una posizione pericolosa, e che un tentativo di esprimermi in modo dogmatico potrebbe screditarmi; nondimeno voglio arrischiare l'ipotesi che c'è stato un determinato beneficio o miglioramento a causa di un determinato stato dell'intelligenza. Il miglioramento si è verificato non perché il denaro era instabile, cosa che non ritengo che alcuno possa considerare uno stato di cose desiderabile, ma perché quelle persone erano liberate dall'idée fixe del denaro come unico e solo valore fisso.

Riconosco che esse erano solo a metà libere e che la maggioranza acquistò edizioni de luxe perché sperava di poterle rivendere in seguito con profitto, ma ad ogni modo ciò era solo un aspetto della questione; almeno per dieci minuti essi avevano avuto sott'occhio qualcosa di concreto. Alcuni onesti consumatori e alcuni dei migliori produttori strapparono un beneficio.

Capitolo 2 Verifica - Le osservazioni di cui sopra, anche se in alcuni casi sono mie,

non pretendono di essere delle novità. Chiunque legga o rilegga un classico sarà colpito da ciò che trova il suo accordo, ma probabilmente rispetta l'autore antico nella misura in cui sembra valido o in cui sembra avere anticipato la modernità.

Così in Hume, «I prezzi non dipendono tanto dalla quantità assoluta di merci e di denaro presenti in una nazione, quanto da quella delle merci che giungono o possono giungere sul mercato, e del denaro in circolazione» (D. Hume, 1711-1776. Essay on Money).

L'errore dell'America negli anni trenta dell'Ottocento fu di giocare al rialzo dei prezzi dei terreni come se la terra incolta lontana dalle linee ferroviarie potesse «rendere».

L'analogia con gli anni trenta del Novecento consiste nel fatto che lo stupido americano si è ripetuto, mettendo l'«industria» al posto dell'agricoltura, cioè titoli, azioni di società industriali che o non erano in grado di produrre o non avevano alcun mercato possibile nel quadro prevedibile delle quotazioni dei titoli a New York.

I motivi per cui Hume voleva quello che chiama uno Stato fiorente erano manifestamente spregevoli, consistendo soprattutto nell'idea che se uno Stato fosse prospero qualche personaggio disgustoso come Luigi XIV potrebbe pagare la feccia della popolazione (sua o altrui) perché andasse a uccidere o rapinare qualcun altro. Ma ciò non toglie nulla all'intelligenza di Hume. Egli vedeva già attraverso il denaro. Attraverso la moneta metallica.

Alcune sue affermazioni sono ancora valide, e forse insostituibili.

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Probabilmente nell'ambito del suo pensiero non troverete niente di più valido dell'affermazione che la prosperità non dipende dalla quantità di denaro presente in un paese ma dal suo incremento costante.

Ciò accadeva prima che il termine inflazione entrasse nell'uso quotidiano. DISTINGUERE. Inflazione dapprima usato come termine negativo e ora

(1932) consigliata come politica «generale». DISTINGUERE l'inflazione dall'incremento costante. Il termine

inflazione potrebbe essere usato soltanto a significare aumento sproporzionato e fasullo della quantità di valuta cartacea circolante, un aumento senza alcun rapporto con la realtà o con un rapporto falsato rispetto alla realtà.

INCREMENTO o vero aumento. Come attestazione di una crescente produttività di un incremento del

prodotto, di un incremento dei mezzi di produzione DOVREBBE esserci un aumento dei certificati di valore immessi in circolazione.

Ma anche qui bisogna distinguere e, in particolare, si può imparare dalla storia, e più in particolare dalla storia americana degli anni trenta dell'Ottocento. In quel periodo vi fu un boom dei terreni. Degli scriteriati acquistarono terreni e fecero salire i prezzi alle stelle, senza tener conto del fatto che la merce (terra) non produceva, non era coltivata, non avrebbe potuto essere coltivata subito o ancora per molto tempo, e che c'erano crisi, panico ecc.

La terra «senza valore» era allora tale esattamente come lo sono ora i macchinari e le fabbriche.

Per aver bisogno di certificati di valore il prodotto (della terra o della fabbrica) deve essere desiderato da qualcuno e deve essere possibile fornirlo agli interessati.

Ci sono quattro elementi, ed è inutile cercare di fare a meno di uno di essi:.

1. Il prodotto 2. Il bisogno 3. I mezzi di trasporto 4. E i certificati di valore, preferibilmente valuta legale e «generale» nel

senso che dovrebbero essere validi per il grano, il ferro, il legname, il vestiario o qualsiasi cosa che il cuore o lo stomaco desiderino.

E (ripetendo un'affermazione precedente) ognuno deve poter ottenere un certo numero di tali certificati a quelle che si potrebbero definire condizioni decenti, cioè senza tormenti e senza eccessiva preoccupazione.

Preferibilmente in «termini equi», cioè le condizioni per ottenerli non devono essere troppo diverse nei casi di A, B e C.

Per l'ennesima volta, ripeto che la via più diretta per raggiungere tale auspicabile condizione passa per la formula: poco lavoro per tutti, da cui consegue un certificato che attesti il lavoro compiuto.

I cervelli della nazione o del gruppo devono essere utilizzati per individuare QUALE lavoro è più indispensabile, quale lavoro è meno necessario e quale desiderabile anche se non strettamente necessario,.

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Tale lavoro dovrebbe essere pagato. Non dovrebbe riempire l'intera giornata di nessuno.

Il resto della giornata potrebbe essere impiegato per esprimere le proprie divergenze di opinione rispetto alla maggioranza, e per quel «lavoro» o attività che ciascuno (in quanto distinto dai cervelli del paese ufficialmente organizzati) potrebbe considerare opportuno, necessario o desiderabile.

In definitiva il vostro istituto di credito o quei furfanti della vostra banca o qualunque sia l'organo finanziario ed economico avrebbe una funzione principale e verrebbe giudicato intelligente o stupido a seconda della competenza con cui essa è assolta. Essi devono stabilire e per quanto possibile mantenere stabile il tasso di incremento dei certificati di valore emessi.

La motivazione di questi organi dovrebbe essere il bonum publicum, il bene comune, e non le manovre a favore di pochi imbroglioni, furfanti e sfruttatori altolocati.

La citazione più calzante viene da uno spagnolo il cui nome non figura nella mia fonte, il quale, discutendo della nuova costituzione, osservò che laddove l'influenza dei circoli finanziari è stata troppo forte e incontrollata, la libertà ne ha sofferto.

I FONDAMENTI DELL'ECONOMIA sono così semplici da rendere l'argomento quasi del tutto privo d'interesse.

La complicazione, se di complicazione si può parlare, nasce: A. dall'estrema difficoltà di prevedere la domanda; B. dalla natura disonesta di alcuni, dall'egoismo di sfruttatori e

«privilegiati» che temono di perdere un «vantaggio». Il miglior sistema di governo, economicamente parlando, è quello che

riesce a bilanciare meglio i quattro elementi sopraelencati, non importa se si tratta di repubblica, monarchia, o soviet, o dittatura. In futuro sarà probabilmente una repubblica, salvo in casi speciali, ma, repubblica o soviet, il governo che assicura meglio questo equilibrio, che lo assicura con il minimo di chiacchiere e con la massima onestà dovrebbe prevalere e probabilmente prevarrà «come sistema di governo».

Capitolo 3 La dittatura come segno d'intelligenza - L'immaginazione popolare e la

ciarlataneria alla Ludwig mostrano il dittatore come l'uomo del momento, la forza della volontà, il favorito dal destino.

La fase «intelligenza» è più interessante. Mussolini come uomo, intelligente è più interessante di Mussolini come castigamatti. Gli aforismi e le intuizioni del Duce possono essere studiati separatamente dai mezzi da lui utilizzati per metterli in pratica.

«Ne abbiamo abbastanza di un governo in cui non c'è nessun responsabile con nome, cognome e indirizzo».

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«La produzione è opera delle macchine, ma il consumo è effettuato ancora da esseri umani».

Capitolo 4 Inoltre la sua percezione della dimensione della qualità Fa un certo

effetto, fu davvero un gran giorno quello in cui un governante intuì che c'era un limite alla dimensione quantitativa nella produttività di una nazione, cioè un limite alla quantità di produzione che potrebbe essere vantaggiosa sia per una data nazione sia per il mondo intero, ma che non c'è limite alla dimensione qualitativa. Sono stati raggiunti dei vertici, si vedano i miei articoli di critica artistica e letteraria per gli esempi citati, ma tali vertici raggiunti non sono limiti ineluttabili. Nulla ci vieta di desiderare un'arte migliore di quella del Quattrocento. Possiamo avere possibilità di riuscirci o no, ma tentar non nuoce. Ad ogni modo, nella dimensione della QUALITA' c'è ampio spazio per ogni energia umana e nessuno deve sentirsi bloccato perché ha solo quattro ore al giorno di lavoro pagato.

Dopodiché il problema della civiltà è completamente al di fuori del campo dell'economista. Né il miliardario né le folle urlanti possono corrompere, blandire o costringere l'artista ad andare oltre le sue capacità.

Cinquecento persone possono realizzare qualsivoglia tipo di civiltà, entro i limiti della capacità del loro migliore inventore e artefice.Ma tutto quel che possono fare per lui è nutrirlo, vestirlo e dargli tempo e spazio per lavorare.

Finale Neanche ventiquattr'ore dopo aver scritto quanto sopra scopro che

R. H. C.[4] (nel «ew English Weekly» del 16 giugno I932) ha finalmente trovato una espressione abbastanza semplice da essere alla portata di quasi tutti, tranne forse Maynard Keynes o qualche portavoce prezzolato del liberalismo britannico:

Chiamereste inflazione l'emissione di biglietti per ognuno dei posti in una sala, nonostante il fatto che la sala non era mai stata riempito in precedenza, o la vendita di più di un quarto dei posti perché non c'erano abbastanza biglietti disponibili?

L'inflazione consisterebbe nell'emettere più biglietti di quanti non siano i posti.

Questo è il fondamento della nuova economia (di Douglas). Forse Keynes ora l'ha scoperto; era incapace di capirlo nel I920, e fino a

quando non riconoscerà pubblicamente il valore di C. H. Douglas, sarò costretto a considerarlo uno sciocco o a credere che i suoi scritti nascano da motivazioni che giacciono nel segreto della sua coscienza più profondamente di quanto la cortesia non mi permetta di penetrare.

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(...) e si servono di ogni espediente, senz'altro scopo che ostacolare la laboriosità e privare noi e il nostro prossimo dei vantaggi comuni dell'arte e della natura.

David Hume, The Balance of Trade. Conclusioni o poscritto di primavera - 1. Un sistema economico in cui è

più profittevole fabbricare armi per fare a pezzi gli uomini piuttosto che coltivare grano o fabbricare macchinari utili, è una vergogna e i suoi sostenitori sono nemici dell'umanità.

2. Il problema più urgente è la distribuzione. 3. I dividendi nazionali sono possibili. 4. Nel momento in cui il denaro viene concepito come il certificato del

lavoro compiuto, le tasse risultano un'anomalia, in quanto sarebbe semplicissimo emettere certificati di lavoro compiuto per lo Stato, senza affaticarsi inutilmente per recuperare certificati già in circolazione.

Ciò non significa che lo Stato debba acquistare proprio tutto quel che gli salta in mente. Ci sarebbe una corsa di «cercatori d'oro» nel momento in cui questo concetto diventasse operativo, ma dovrebbe esserci anche un accresciuto senso della proporzione nei valori PER lo Stato.

Non si risparmierà più sulla sanità, sugli ospedali, sui servizi medici e dentistici. Attualmente l'Inghilterra spreca tre milioni di vite in tempo di pace per ogni milione perso in guerra.

5. La reazione popolare contro la tassazione è legittima. Ripeto che i dividendi nazionali sono possibili, ma dubito della loro necessità immediata, e in ogni caso il primo passo in questa direzione, che li si consideri un diritto comprovato o un esperimento, potrebbe (? dovrebbe) consistere nel pagamento diretto con un nuovo tipo di denaro del lavoro socialmente necessario. Ciò potrebbe molto probabilmente fornire il giusto tasso d'incremento del mezzo circolante necessario per la vitalità dello scambio.

«La prosperità deriva dallo scambio» (intendendo scambio di beni diversi, indipendentemente dai passaggi, dalla contabilità ecc. che possono intervenire).

6. Si dicono molte sciocchezze perché non si distinguono vari significati del termine «sistema aureo».

L'oro potrebbe servire come misura anche nelle ultime e più fantasiose varianti dell'economia, a patto che l'emissione di denaro (necessario per lo scambio) non venga resa vana o sfruttata dalle persone che risultano in possesso dell'oro in un dato momento.

È facilissimo accrescere la quantità di denaro in circolazione senza svalutarlo.

7. Se qualcuna delle opinioni dell'autore è sbagliata, egli sarà felicissimo di correggerla purché sia dimostrato il contrario, ma non le modificherà solo per far piacere a chi procura clienti ai fabbricanti di cannoni e agli economisti prezzolati che, per venti o più anni, hanno fatto tutto il possibile

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per rendere prezioso l'argomento e circondarlo di mistero. Le loro opinioni destano sospetto per ovvi motivi, ed essi non contrappongono mai apertamente una tesi all'altra preferendo eludere i problemi e cambiare rapidamente discorso.

Ho udito di persona uno dei principali e più spregevoli esponenti di questa banda di falsari presentarsi come un «economista ortodosso». Fisici «ortodossi» e prezzolati condannarono Galileo.

Orientamento politico - Sia in Inghilterra sia in America il nuovo partito

dovrebbe essere un PARTITO MATERIALE con tre punti principali nel suo programma:.

1. Quando c'è quanto basta, si dovrebbero trovare i mezzi per distribuirlo a chi ne ha bisogno.

2. È compito della nazione provvedere a che i suoi cittadini abbiano la loro parte, prima di preoccuparsi del resto del mondo. (Altrimenti che senso avrebbe essere «uniti» od organizzati in uno Stato? Che cosa significa «cittadino»?).

3. Quando la produzione potenziale (la produzione possibile) di qualsiasi cosa è sufficiente per soddisfare le necessità di tutti, è compito del governo provvedere a che sia la produzione, sia la distribuzione, vengano portate a termine.

EP. 12 febbraio, anno XI dell'Era fascista.

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Ezra Pound

Carta da visita

(frammenti) Scheiwiller, Milano 1974

LA MONETA LA MONETA è titolo, quantitativamente determinato, scambiabile a

volontà contro qualsiasi merce offerta sul mercato. In ciò differisce da un biglietto ferroviario, che è titolo specifico, non a scopo generale.

Non basta dire della nuova moneta che è «simbolo di lavoro». È simbolo di collaborazione. È certificato di lavoro compiuto dentro un

sistema, e stimato, o «consacrato» dallo Stato. La moneta statale, o imperiale, è sempre stata proclama di sovranità. La

sovranità comporta il diritto di battere o di imprimere moneta. «Dentro un sistema» vuol dire, che la moneta deve essere certificato di

compiuto lavoro utile alla nazione, stimato dallo Stato d'un determinato valore per la Nazione.

Le confusioni a proposito della moneta sono state e continuano a esser volute. Non sorgono né dalla natura della moneta, né dalla stupidità naturale del pubblico.

Fu un Rothschild a scrivere: «coloro che lo capiscono saranno intenti allo sfruttamento, e il pubblico forse non capirà mai che (il sistema usurocratico) è contrario ai loro interessi» (Lettera dei fratelli Rothschild citando J. Sherman, alla ditta Ikleheimer, Morton etc. in data di 25 giugno, 1863)-

La cultura monetaria, che non avrebbe mai dovuto staccarsi da quella della letteratura maestra, si traccia da Demostene a Dante, da Salmasius al Money di M. Butchart (antologia delle opinioni di tre secoli); dall'indignazione di Antonino Pio, che si tentasse di sfruttare la malfortuna altrui, per es. dei naufraghi, al

«... duol che sopra Senna induce, falseggiando la moneta». Dopo le dichiarazioni dei Ministri Riccardi e Funk, sarebbe, forse, inutile

ristampare la polemica «preistorica» della battaglia per la moneta lavoro, e in ogni caso non si può esporla compiuta su una Carta da Visita.

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Il credito è prodotto sociale. Non dipende dal solo individuo. La fiducia che voi avete ch'io vi pagherò cento lire nell'anno XXX è condizionata dall'ordine sociale, dalla civiltà, dalle probabilità e possibilità del complesso umano.

Dire che lo Stato non può fare e creare perché «manca danaro» è ridicolo quanto dire «non può fare strade perché mancano i kilometri».

Frasi considerate pazzesche sette, o vent'anni fa, non riescono difficili al lettore d'adesso; non vengono considerate più biricchinerie dal pazzo viaggiatore o pellegrino.

Quel che condiziona la capacità dello Stato è la natura, la presenza o possibilità di produrre derrate; ma in sommo grado, risiede nella volontà e nelle forze fisiche del popolo. E la volontà si concentra.

Disse il Segretario Fiorentino: gli uomini vivono in pochi. Cavourrista, io trascurai per lungo tempo gli scritti di Mazzini. Posso

pensare di mia volontà. Non penetro il mistero della trasformazione, o transito, dal pensiero alla mobilitazione dell'attività altrui.

Gli, economisti degli ultimi trent'anni non leggevano Mazzini e quindi la loro propaganda non si basava su quella pagina dei Doveri dell'Uomo che dice:

«Istituzione di magazzeni o luoghi di deposito pubblici, dai quali,

accertato il valore approssimativo delle merci consegnate, si rilascerebbe alle Associazioni un documento o bono simile a un biglietto bancario, ammesso alla circolazione e allo sconto, tanto da render capace l'associazione di poter continuare nei suoi lavori e di non essere strozzata dalla necessità d'una vendita immediata...» etc.

E inoltre egli parla d'un fondo di credito da distribuirsi, così anticipando

le teorie dello scozzese C. H. Douglas, ideatore del sistema di Credito Sociale, sperimentato nella provincia d'Alberta (Canadà) e stroncato dagli inglesi.

Dice Mazzini: La distribuzione di quel credito dovrebbe farsi non dal Governo, né da un Banco Nazionale Centrale; ma, invigilante il potere nazionale, da Banchi locali amministrati da Consigli Comunali elettivi.

E con questo egli entra in un dominio amministrativo che non mi riguarda.

Quello che conta è la direzione della volontà. Secolo d'usura, secolo XIX! Mazzini scrisse: «La storia dell'ultimo

mezzo secolo, e il nome di questo mezzo secolo è materialismo» Il nome dell'era Fascista è Volontà. AUTOBIOGRAFICA NON TORNO a Mazzini, e non torno al movimento Douglasista (Social

Credit). Quel movimento fu la porta per dove entrai nella curiosità

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economica, e per questo e altro, la vostra Rivoluzione Continua interessa a me forse più che a voi. Avendo visto e vissuto riforme e rivoluzioni che non si sono verificate, il mistero delle Rivoluzioni Fascista e Nazista mi interessa in modo che non conoscete, voi, cioè che avete vissuto queste rivoluzioni coll'istinto, e che ne avete ricevuti i risultati senza preoccuparvi del mistero.

Insisto sulla identità della rivoluzione nostra (cioè americana) del I776 e la vostra fascista. Due capitoli della stessa guerra contro gli usurai, gli stessi che hanno schiacciato Napoleone.

E si eriga un pisciatoio commemorativo all'ebreo Mond, che disse nell'anno delle sanzioni: «Napoleone fu uomo valido, ci son voluti vent'anni per schiacciarlo. Non ci metteremo vent'anni a schiacciare Mussolini», aggiungendo, come postilla: «La guerra economica è incominciata».

Conosco quel salotto. Quel sofà dove sedeva il fetido fratello dell'Imperial Chemicals. Lo conosco. Questo fatto non l'ho letto su un giornale qualunque, ma lo so dal racconto diretto. Per fortuna queste sporcizie non sanno la misura. Altrimenti sarebbe il mondo già totalmente sotto la loro rancida dominazione.

C'EST TOUJOURS LE BEAU MONDE QUI GOUVERNE

OVVERO la buona società cioè la società che, fra l'altro, legge i migliori libri, possiede una certa dose di cortesia, ma, sopra tutto, di sincerità e di franchezza, modulata dal tacere.

Mi disse il Consigliere Tchou: «Questi popoli (Cinese e Giapponese) devono essere come fratelli. Leggono gli stessi libri».

Le beau monde governa perché ha il mezzo più rapido per comunicare. Non è obbligato a leggere mattoni di tre colonne stampate. Comunica colla frase staccata, breve o lunga, ma tempestiva.

Cosi disse il Ct. de Vergennes: «Mr. Adams, i giornali reggono il mondo».

E Adams, nella vecchiaia: «Ogni banco di sconto è iniquità assoluta, rubando al pubblico a profitto dei privati particolari. E se io mi metto a scrivere questo nel mio testamento, il popolo americano sentenzierà che sono morto pazzo».

Il sistema democratico fu tradito: nell'idea di Adams, Jefferson, Madison, e Washington, possedeva due capisaldi: amministrazione locale e organica, grezzamente geografica, ma che rappresentava i diversi modi di vita, i diversi interessi, agrario, pescatorio, etc. I delegati delle tredici colonie formavano, più o meno, una camera delle corporazioni.

E la nazione governava la moneta nazionale, in teoria sino all'anno 1863, qualche volta anche di fatto. Questa base essenziale del sistema repubblicano degli S. U. A. rimane oggi lettera morta, ma lettera ancora stampata nella Costituzione degli S. U. A.

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«Il Congresso ha potere di emettere moneta e di determinarne il valore». [...]

FAMILIARE FORSE nessuno ha costruito un maggior tratto di ferrovia di quello che

fece costruire mio nonno col suo credito e con 5000 dollari. Il credito era stato trovato presso i boscaioli (e a dispetto dei grandi monopolisti dell'acciaio, degli S. U. A. e di fuori) stampando col fratello la propria carta moneta della «Union Lumbering Co. di Chippewa Falls» «pagabile al portatore in merce o legna».

Soltanto nel 1937, da alcuni ritagli di giornale portati a Rapallo da mio padre, io seppi che T. C. P. [= Thaddeus Coleman Pound] scriveva, già nel 1878, o insisteva, tra i suoi co-deputati, sugli stessi capisaldi dell'economia monetaria e statale sui quali io scrivo oggi.

SOCIALE IL CREDITO è fenomeno sociale. Il credito della nazione appartiene alla

nazione, e la nazione non ha necessità di pagare un affitto sul proprio credito. Non ha bisogno di prenderlo in affitto da privati. Quindi Jefferson scrisse a Crawford, già nel 1816:

«Se le cambiali emesse sono corrispondenti (come è

indispensabile) a pegni di tasse specifiche per la loro redenzione dentro termini fissi e moderati, e se sono di denominazioni comode per la circolazione, nessun interesse su di esse sarebbe necessario né equo, perché servirebbero a ogni scopo a cui serve la moneta metallica ritirata e sostituita da esse».

Questa citazione forma il secondo capitolo del mio Introductory Text

Book (in 4 capitoli, per l'istruzione nella storia economica degli S. U. A.).Il primo capitolo è la già citata frase di John Adams - «Tutte le perplessità confusioni, e afflizioni in America sorgono non tanto dai difetti della Costituzione, né dalla mancanza d'onore o di virtù quanto dall'assoluta ignoranza della natura della moneta, del credito, e della circolazione».

Il terzo capitolo è quello di Lincoln: «Davamo a questo popolo il maggior beneficio che abbia mai avuto: la sua propria carta (moneta) per pagare i propri debiti».

E l'ultimo: Art. 1 (Dipartimento Legislativo) Sezione 8. pp. 5 della Costituzione degli S. U. A.: il congresso avrà diritto di batter moneta, e di

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determinarne il valore (delle unità), e di fissare i criteri dei pesi e delle misure (Firmato George Washington, presidente e deputato della Virginia).

Il Libro è d'una pagina sola, seguita da una mezza pagina d'indicazioni bibliografiche indicanti gli autori già citati nel presente opuscolino, e inoltre Christopher Holis, MacNair Wilson e P. J.Larrañaga.

Chi avrà capito questi quattro capitolini sarà ben avviato alla comprensione dell'economia monetaria e politica.

La moneta è titolo e misura. Quando è metallica, viene saggiata affinché il metallo sia di finezza determinata, nonché di peso determinato. Adoprando una tale moneta siamo ancora nel dominio del baratto. Quando la moneta viene capita come titolo, sparisce il desiderio di barattare. Quando lo stato capisce il suo dovere e potere, non lascia la sua sovranità in balia di privati irresponsabili (o che assumono responsabilità non giustificate). È giusto dire che «la moneta lavoro» è «simbolo del lavoro». E ancor più è simbolo della collaborazione fra natura, stato, e popolo che lavora.

La bellezza delle immagini sulle monete antiche simboleggia, a ragione, la dignità della sovranità inerente nella responsabilità reale o imperiale. Collo sparire della bellezza numismatica coincide la corruzione dei governi.

I Rothschild finanziavano le armate austriache contro Venezia e la Romagna.- Naturalmente.

I Rothschild finanziavano le armate contro la Repubblica Romana. Naturalmente. Cercavano di comprare Cavour. Naturalmente. Egli fece il primo passo verso l'unità italiana, lasciandosi sfruttare secondo le consuetudini dei tempi suoi, ma rifiutando d'essere dominato dagli sfruttatori.

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Sopra tutto questo, la sostanzialità dell'anima, e la sostanzialità degli dèi.

[...] DE MODO USURARUM INDEBITARSI un modo di far (carriera politica. Il Mandarino Wu Yung

ci racconta ch'essendo divenuto governatore, i banchieri lo pregavano di prendere da loro danaro in prestito. Egli insisteva che non avrebbe potuto mai ripagarli dal suo stipendio. Essi s'infischiavano di quel fattarello.

Questo racconto si collega colla vita dell'usciere veneziano che s'impiccò dopo quarant'anni di servizio fedele. La cambiale

.... rompe i muri e l'armi.

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E la politica dei salarii ingiustamente bassi può fare il giuoco degli usurai.

L'enfasi è sull'avverbio «ingiustamente». Una tale politica procede da una comprensione imperfetta della natura della moneta, e della potenza dello stato. L'autorità monetaria dello stato può provvedere ai bisogni del popolo e a ogni lavoro utile allo stato sino alle possibilità inerenti alle materie prime disponibili e alle forze cerebrali e muscolari del popolo, senza chiedere il permesso di Rothschild, né ricorrere all'alternativa cavourriana.

MONETA-MONITO NON SI capisce ancora abbastanza che ogni sana economia, ogni

procedimento economico sorge dalla giustizia. La moneta è una misura. È ammonimento di quanto il pubblico deve al portatore della moneta, del biglietto. «Non da natura, ma da abitudine; quindi chiamata numisma»

Lo stato può prestare. È più giusto che lo stato venga pagato per il lavoro che fa l'amministrazione che non per il lavoro o del lavoro che fanno gli operai non statali.

Creando precisamente questi dischi metallici, o questi pezzi di carta, che servono come mezzo di scambio e di misura degli scambi, lo stato lavora, e sarebbe giusto che gli impiegati dello stato, i governatori, fossero rimunerati per questo lavoro, invece di percepire tasse sui prodotti altrui. Il lavoro etico e intellettuale che va a determinare la misura nel misurare il prezzo giusto, merita la sua giusta ricompensa. Questa è la base etica dell'idea Gesellista, base alla quale Gesell non ha accennato.

Mica è necessario che un inventore capisca tutta la portata della sua invenzione. Gesell vedeva il suo strumento dal punto di vista del mercante, desideroso d'uno scambio veloce e sempre più accelerato delle merci. «La ricchezza è lo scambio». Rossoni ha visto subito il vantaggio per lo Stato: «Così lo Stato fa il suo affare».

Sarebbe un buon affare, non lucro turpe. L'incasso statale è importante quanto l'accelerazione degli scambi. È giusto che lo Stato venga rimunerato per il suo lavoro. E ingiusto che la moneta goda di privilegi che le merci non godono. Sarebbe anche utile che la moneta si consumasse di pari passo colle merci, invece d'essere permanente in un sistema dove i beni si consumano, e i cibi vengono mangiati.

Lo studio dell'economia monetaria è degno, perché ci conduce alla contemplazione della giustizia.

CIRCUITO SI DOMANDA se la circolazione dei capitali deve essere automatica.

Dobbiamo distinguere fra capitale e potere d'acquisto. Lottando per una

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chiara terminologia si potrebbe limitare la parola capitale al solo significato di «impresa produttiva» o titoli di tale impresa, cioè titoli implicanti una base materiale che rende un frutto suscettibile di essere diviso periodicamente, dando interesse (interesse titolare, in moneta) senza creare inflazione, cioè superfluidità di carta moneta in proporzione alle merci disponibili.

La moneta affrancabile crea un circuito automatico della potenza d'acquisto. Ogni nuovo pezzo di questa moneta sì annulla in cento mesi; vuol dire: circuito automatico, ritorno alla fonte in otto anni e quattro mesi. Non è tesaurizzabile. Chi tiene questa moneta inattiva la vedrà sparire lentamente. Chi ne ha bisogno per vivere, o l'adopera per stimolare e aumentare il bene della Nazione, ne gode.

Questa moneta si annulla portando incasso al fisco. I buoni non si annullano, creano un obbligo fisso. Mi pare che la moneta affrancabile sia il solo mezzo per aumentare l'incasso statale nell'atto stesso di spenderla. Che lo stato benefici degli impianti elettrici etc. non si nega, ma gli altri sistemi di tassare queste nuove industrie sono complicati più del necessario.

Il buono crea obbligo al 5 %, la moneta affrancabile crea incasso. Il buono serve a distribuire la potenza d'acquisto fra i compratori dei buoni. Questo può essere utile allo stato sino a un certo punto. Sino a una rendita... diciamo di 50.000 lire all'anno per l'individuo che lo merita.

Diciamo, magari, sino a 100.000 all'anno, ma non ad infinitum.

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Ezra Pound

Orientamenti

(brani) Vibo Valentia 1978

VALUTA, LAVORO E DECADENZE L'antico Impero Romano cadde perché non difese la valuta lavoro, non

difese la potenza d'acquisto del produttore di grano. La forza di Roma antica sorse con le leggi Liciniane e cominciò a decadere col «dumping» cioè con l'importazione del grano egiziano a basso prezzo.

Il nome «romano» rimase fino a che un figlio di pastore bulgaro (Giustiniano) diventò imperatore. Oggi il nome «democrazia» è rimasto alle usurocrazie, o alle daneistocrazie, se preferite una parola accademicamente corretta, ma forse meno comprensibile, che significa: dominio dei prestatori di denaro.

La guerra contro «das Leibkapital» fu proclamata da Hitler due anni dopo la marcia su Roma, ma in America si continuò ad adoperare una terminologia che non corrispondeva più ai fatti.

Il sistema - degli Stati Uniti concepito da John Adams ed i suoi colleghi fu un sistema statale. Nella terra incolta non fu, e non è ancora, possibile un'organizzazione sviluppata al grado europeo. Quello che resta ancora incompreso in America come in Europa è che questo sistema statale americano sparì dopo l'assassinio di Lincoln. Non sparì in seguito ad una rivoluzione aperta ed onesta. Il sistema fu tradito e cadde. Tutto quanto era statale o rappresentativo si dissolse. La potenza fu assottigliata, il popolo fu beffato e gli Stati Uniti rimasero daneistocrazia, usurocrazia per opera delle sporche manovre di Rothschild, Ikleheimer, Morton, Vandergould e altri usurai e del luridissimo traditore J. Sherman, deputato dell'Ohio.

Il tradimento si operò per mezzo del trucco bancario, buoni come basi bancarie, etc. - come ho indicato qualche settimana fa, citando Overholser (History of Money in the U. S.). È tempo di finirla con certi feticismi.

San Luigi re di Francia pagò la corona di spine una somma che nel 1897 Brooks Adams calcolò come equivalente ad un milione di dollari. La cifra in moneta contemporanea è nota. Ma dopo la battaglia di Tiberiade i Crociati non si fidarono più delle reliquie. Sorgeva la potenza marittima di Venezia.

Roosevelt ai nostri giorni ha pagato miliardi di dollari per una sostanza quasi inutile. Certo una sostanza meno potente che non il plexiglas o il

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berillio. È tempo di finirla con la bestiale superstizione, la riverenza cieca per il talismano oro, feticcio piede di coniglio portafortuna. L'ecatombe dei soldati inglesi sarebbe l'ultimo tributo pagato alla bestiale superstizione, al rispetto per il metallo giallo.

Una nazione libera è una nazione che non rimette il controllo della sua propria potenza d'acquisto in mani altrui. L'Europa non produce l'oro e non ne ha bisogno. Questa «Europa» comprende l'Italia, la Germania e magari anche la Francia e le Isole Britanniche.

Se volete liberarvi dai Beit, dagli ebrei padroni delle miniere d'oro in Africa, delle miniere sovietiche, bisogna aprirci gli occhi. L'oro non si mangia. Una nazione ha bisogno di grano, di lana, di cuoio, ma non di gingilli.

Discutere i governi delle così dette democrazie: Inghilterra,Francia, Stati Uniti, è un semplice perditempo, sino a che non si distingue tra teoria e fatto. Questi tre paesi sono controllati dagli usurai, sono usurocrazie o daneistocrazie, ed è perfettamente inutile di parlarne come se fossero controllati e governati dai loro popoli o dai delegati che rappresentano i loro popoli, o nell'interesse dei loro popoli.

Bisogna domandare fino a qual grado ed in che percentuale dei casi un deputato o altro incaricato si prepara a diventare eleggibile, indebitandosi. Il debitore deputato, sarà servo obbediente del creditore suo, e se questo creditore è una banca o un trust questo creditore fa una gran parte del lavoro che crea il sopradetto delegato, deputato o sceriffo. La stampa costa cara,diciamo dieci milioni di dollari per iniziare un quotidiano. Stampa libera? Affatto.

Nel 1939 solamente cinque dei più noti quotidiani degli S. U. si amministrano senza passivo. Un direttore diceva: «Non posso trovare un credito a,lunga scadenza. Mi fanno dei prestiti per non più di tre mesi». Quindi controllo quasi immediato.

Gli umoristi dell'Asse mi accompagnano sul terreno «principi» ma hanno, (per quanto io so) omesso di pubblicare caricature - dei direttori della Banca - d'Inghilterra di cui l'alto patriottismo e la sete di vincere la guerra per le libertà democratiche, si dimostrò palesemente nella riunione del direttorio. Primo atto della mobilitazione fu di raddoppiare il proprio stipendio. Così si guadagna, la stima e la gloria. Essi sono così «umani». E poi così inglesi: Goschen, Niemeyer, Strakosch, Lefeaux, Lazard bei nomi anglosassoni, dinastia di famiglie w. H. Samuel (adesso Lord Bearsted, of Shell), Kleinwort, Hambro bell'usuraio che scappò dalla Norvegia portando con se i quattrini ed esortando i Norvegesi a combattere in sua assenza.

I metodi dell'usurocrazia sono di quella materia che Dante trovò nel basso Inferno:

Al modo della nona bolgia sozzo, Gli 800.000, più o meno, soldati di colore in Francia, per rimpiazzare gli

europei sono stati assoldati per sostenere Lazard, Rothschild ed i loro

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strumenti Handel etc., perché gli usurai possono truffare questi poveracci più facilmente che non i contadini francesi. E così sarà sempre dove regnano gli usurai. L'usuraio distruggerà ogni ordine sociale, ogni decenza, ogni bellezza. La differenza etica fra divisione dei frutti, (sportsmanship) e la tassa fissa è fondamentale. Chi tiene l'ipoteca se ne infischia dell'andamento della fabbrica, della fattoria o dello stato. Se falliscono, lui resta il padrone. Ogni nazione che tollera uno stato di usurai dentro lo stato ufficiale, decade. Chi non si interessa dei processi economici e monetari è un idiota, non certo un letterato, ma un illetterato.

A titolo di cronaca C. H. Douglas ha da tempo sostenuto che questa guerra mossa dall'internazionale usuraia è guerra contro gli Inglesi come contro i Tedeschi. Egli sostiene che è guerra contro tutta la popolazione bianca dell'Europa, a beneficio degli usurai internazionali (il domicilio temporaneo dei migranti non importa).Sia giusta o no questa osservazione di Douglas, possiamo ritenere come assioma che gli usurai sono e saranno, fino a che non saranno cacciati nel più basso inferno, nemici di ogni popolo di alta cultura, contro ogni senso vivo della realtà e delle operazioni di una civilizzazione elevata, per la semplice ragione che più voi capite le leggi del meccanismo sociale e più sarà difficile truffarvi con la truffa oro, o con la truffa bancaria. (Parentesi: noto in The Annals della American Academy of Sociale and Political Science del maggio corrente anno, una nuova variante e cioè l'usura del 16% che ora si chiama «Industrial Banking» con l'etichetta «Consumer Credit» rubata ai Duglasisti e pervertita agli scopi usurocratici. Non posso determinare, dalla citazione in The Annals se il 16 per cento di tassa sul consumatore, sia poi in verità un 16 per cento o un 160 per cento sul vero capitale di queste banche, che concorrono coi monti dei pegni, ma non ne temono la concorrenza).

[...] CREDITO SOCIALE Il credito è senza dubbio un prodotto sociale. La responsabilità personale

è una delle componenti del credito concesso ad un individuo poiché in generale lo si concede fidando nella buona fede e nelle buone intenzioni del debitore cioè sulla sua volontà di restituire la somma ricevuta. Considerato però che questa restituzione dipende anche dalle condizioni dell'ambiente, dal mantenimento dell'ordine pubblico, si può affermare che il credito personale è un prodotto sociale.

Il credito si aumenta coll'organizzazione della nazione: infatti sin dall'origine è accresciuto dall'«incremento di cooperazione».Questo vuol dire, per esempio, che un milione d'individui, ciascuno lavorando per se stesso, non può costruire una corazzata, né una centrale elettrica.

Così l'enorme credito che noi conosciamo oggi sorge dall'organizzazione sociale, dall'organizzazione statale. E lo stato non ha bisogno di prendere

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danaro in prestito dai privati. È libero d'obblighi morali e materiali di prendere danaro in prestito dai privati. È libero quindi di entrare in rapporti -contrattuali coi privati per il pagamento dell'interesse, in quanto non è obbligato ad indebitarsi nel vecchio modo e secondo i superstiziosi dell'era Rotschildiana.

Questo non vuol dire che i Buoni Statali devono essere vietati. Io non sono contrario all'emissione dei Buoni di Stato.

Che un governo riscuota largo credito presso i suoi cittadini, ciò dimostra la loro adesione alla politica, la loro fiducia (sino ai miliardi nel detto governo).

Testimoniando il popolo la fiducia nel governo e nello stato può anche -dimostrare altri stati d'animo, altre passioni contingenti, ma non importa. Può indicare avarizia privata, scarsa confidenza nel mercato di domani, nelle condizioni della produzione etc. Ma, dal lato sano, dimostra una grande fiducia nel governo, e questo basta, fino a un certo punto.

Ma i Buoni servono a un secondo scopo, non riconosciuto dal volgo. I Buoni Statali possono servire a distribuire il dividendo di stato; cioè possono distribuire i profitti guadagnati dalla nazione totale.

Per essere utile allo stato il potere d'acquisto della moneta deve essere sparso, cioè distribuito fra tutto il popolo, altrimenti si cade nell'elemosina, -che è veleno anti-statale, e che degenera il popolo in modo spaventevole.

Il credito è prodotto sociale, ed ogni cittadino (anche il disoccupato, anche i vecchi e i fanciulli) contribuisce alla formazione del credito. Contribuisce coi suoi atteggiamenti, colle sue abitudini civili, i suoi modi di condursi. Ed ogni cittadino, ogni individuo, ha il diritto di partecipare ai guadagni dello Stato; e questo non implica nessuna necessità di prestare né di ricevere in prestito, quando la nazione ha veramente ricavato un profitto nell'anno o nel mese corrente.

Il profitto, o guadagno materiale, di una nazione si può apprezzare senza

grandi difficoltà cioè misurando i suoi beni alla fine d'ogni anno. Se alla fine dell'anno XX l'Italia possiede più scorte ed impianti che al principio del detto anno, questo sarebbe la misura del profitto di quell'anno; e per contro sarebbe equo distribuire questo profitto per mezzo di moneta (carta) ad un valore nominativo equivalente.

Essendo in guerra c'è ben poca probabilità che l'anno corrente sarà in questo senso «attivo», e quindi si è ricorso al credito. La forza del credito nazionale si dimostra validissima In questi giorni.

Ma chi deve prestare? L'individuo o lo Stato stesso? Lo Stato può prestare. Questo era già

saputo dai romani antichi e dai greci. Non si dimentichi che la flotta che vinse a Salamina fu costruita coi danari prestati dallo Stato d'Atene agli armatori privati. In quel caso si trattava di moneta metallica. Abbiamo, due verità affini e le dobbiamo distinguere scrupolosamente fra di loro.

Lo Stato può prestare danaro. Questo si apprende dalla storia.

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Ma lo Stato può anche concedere credito. Di fatti essendo il credito un prodotto sociale e non individuale chi ha maggior diritto di concedere credito: lo Stato, o l'individuo?

Giovandosi del credito suo, (credito dimostrato validissimamente in questi giorni) cosa impedisce allo Stato di concederlo ai privati?

DISTINGUIAMO La moneta e il credito sono termini affini ma non identici. La moneta, anche aurea, fu dimostrazione insieme di sfiducia e di

fiducia; la sfiducia si dimostrò nel componente materiale, la fiducia nell'accettare il conio, l'imagine incisa e l'iscrizione del valore.

Ma l'oro serviva anche a un altro scopo; e cioè ad impedire la falsificazione. Scoperto che la carta stampata e sigillata serviva ugualmente o meglio, ad impedire la falsificazione, ne consegue che la carta può funzionare da moneta. Questo si sapeva nella Cina già nel seicento prima del mille.

Arrivando al concetto, ed oggi alla proclamazione ufficiale, della moneta-lavoro, non dobbiamo, e non possiamo più agganciarci alle superstizioni dell'epoca rothschildiana. Gli usurai tramontano.

L'accettazione della moneta-lavoro comporta non un beneficio solo, ma più benefici.

L'oro scarseggia. L'oro fu sempre strumento di strozzinaggio. Da più secoli la cosidetta base aurea serviva principalmente a mascherare la moneta non-aurea ma PSEUDO-aurea, cioè moneta finta, moneta sorta dalla contabilità confusionaria dei banchieri.

Il lavoro non scarseggia. Col fenomeno moneta-lavoro si può adoperare moneta dove prima si adoperava il credito. Dove, per mal costume, anche, lo Stato andava dagli usurai per pregarli di concedere credito allo Stato. Sì e magari allo Stato! Lo Stato pagava affitto agli usurai per lo stesso credito che apparteneva, di diritto, allo Stato stesso, essendo cresciuto dalla cooperazione di tutto il popolo, essendo prodotto sociale.

Ma adoperando la moneta-lavoro, questa moneta si può emettete dal momento che il lavoro. utile allo Stato viene effettuato. Il problema -della circolazione si può risolvere da sé. Il problema secolare della distribuzione della moneta fra tutto il popolo si risolve senza mettere il collo sotto il giogo, degli usurai. Lo Stato non è più costretto ad accettare l'onere immenso dei, pagamenti degli interessi sui nuovi debiti pubblici.

Forse questo deve bastare per un articolo o discorso? Concedetemi un'altra parola. I pagamenti d'interesse possono giovare

ancora per decenni al buon ordine pubblico, possono giovare a conservare un alto livello di cultura, a premiare la prudenza ed il buon,costume. Ma il totale di questi pagamenti non deve superare i profitti normali della nazione.

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Devono, cioè misurarsi in proporzione al profitti nazionali normali e prevedibili, e quando dico «non devono superare», io diminuisco la gravità del problema perché in realtà non devono uguagliare i profitti, potrebbero al più sanamente raggiungere una certa percentuale di questi profitti, e considerarsi un dividendo ai privilegiati, o ai premiati.Insisto sulla parola «premiati».

Direi che questi premi non devono raggiungere più di cento mila lire all'anno per qualsiasi individuo. Direi che il nostro scopo deve essere quello di erigere e sostenere lo Stato, e non di approfittare delle società anonime.

DI UN SISTEMA ECONOMICO [...] Nell'anno XI, Era Fascista, mi posi dunque queste domande: 1. È un sistema economico quello che dà maggiori frutti a coloro che

fanno cannoni per,ammazzare la gente piuttosto che a coloro che coltivano il grano e fanno macchine utili?

2. Deve il credito: della nazione funzionare pel beneficio della Nazione intera?

3. È alla base del Partito Fascista il senso della responsabilità che ognuno deve avere verso tutti? (La Rivoluzione Fascista cominciò con la frase del Duce: «Siamo stufi d'un governo dove non c'è un responsabile con nome, cognome e indirizzo».

4. Se la moneta fosse considerata come certificato di lavoro compiuto le tasse sarebbero necessarie?

5. Marx trovò alla base di tutti i valori il lavoro. C. H. Douglas deriva i valori un po' dal lavoro (cioè di oggi) ma molto più dalla eredità culturale, cioè dal complesso e somma delle invenzioni meccaniche, e, magari, anche dai costumi, abitudini d'agire con ordine, etc. Quale concorda più con l'idea statale?

6. Il problema più immediato che preme in ispecie negli Stati Uniti e negli Stati parlamentari, è la distribuzione della potenza d'acquisto (purchasing power)?

7, «Una fabbrica può considerarsi non solamente come macchina che distribuisce il potere d'acquisto», dice C. H. Douglas. Che commento si può fare a ciò? Con il sistema presente (cioè bancario, usuraio, etc.) il potere d'acquisto diminuisce continuamente di fronte al prodotto materiale.

8. Dovremmo avere un biglietto (una moneta per esempio di dieci lire) per ogni pezzo di merce del valore corrispondente?

O approssimativamente? O con una quantità di merce superflua, sufficiente per una riserva? 9. Non è la mobilizzazione dei crediti interni uno del più savi passi del

Fascismo? Con la creazione di centrali elettriche e con le bonifiche, si è creata

ricchezza vera. Il progresso immenso della meccanica non contribuisce di

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più al benessere sotto il Fascismo (sorveglianza, non controllo statale) che sotto qualsiasi altro sistema esistente nell'anno XI?

10. Quello che il Duce ha detto a proposito dei giornali (cioè che quando sono «liberi» sono controllati da interessi privati) può dirsi anche dalle banche?

11. Per me, la quintessenza del Bolscevismo è nel decreto di Lenin (sottoscritto anche da altri): Banking is hereby declared a monopoly of the state: «L'esercizio bancario è dichiarato monopolio dello Stato».

12. Sarebbe la moneta perfetta (perfect currency) un vero certificato della merce esistente?

Od il comando di portare o di rilasciare questa merce. O un compromesso, cioè una finzione a proposito della relatività della

merce a qualche sostanza o ad una volontà? Se ad una volontà alla volontà di chi? 13. R. Mckenna sostiene come, rimedio supremo l'«inflazione

controllata». Non dipenderebbe allora da chi la controllerebbe e con quali motivi?

14. Se l'inflazione è accettata come rimedio, quali sono gli argomenti contrari a un'inflazione uguale, cioè distribuzione dei «dividendi dello Stato» a tutti?

(Nota. Nov. XIX. In questo paragrafo il linguaggio non è adeguato al soggetto).

15. Discutendo con un ufficiale bolscevico sul Fascismo, egli insisteva che lo Stato russo appartiene «a loro» cioè al popolo. Io non riesco ad afferrare il significato di questo «appartiene».

L'Italia in regime fascista sarebbe mica un feudo? (domanda ironica). Seguivano altre domande che non appartenevano strettamente alla

questione economico-monetaria; per es.: 16. Fra bolscevismo e fascismo la differenza sta nel livello culturale. Si

cambia una forma amministrativa e magari una teoria in sei giorni, ma una civiltà non si fa in sei anni.

17. Pregiudizi: forme verbali morte? 18. Il governo de facto di Jefferson rassomiglia più al fascismo d'oggi

che all'attualità odierna americana. Non è vero? (Nota: nel mese seguente, cioè di febbraio XI, io scrissi il mio «Jefferson

and or Mussolini»).

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Ezra Pound

Oro e lavoro

da: Lavoro ed usura: tre saggi, All'insegna del pesce d'oro, Milano 1972

Lunedì 30 Gennaio 1933 (anno XI) alle ore 17,30 l'autore delle note che

seguono portò ad un personaggio del governo italiano una lista di 18 punti, che, dopo un decennio, furono pubblicati sul «Meridiano di Roma» col risultato che il detto «Meridiano» fu escluso dalle poste degli S. U. A. Certe idee sono sgradite fra i liberali.

La bibliografia dell'autore contiene, oltre opere di carattere non economico, centinaia di lettere ed articoli sulla moneta, libri ed altri opuscoli fra i quali:

A. B. C. of Economics. Londra, 1933 Jefferson and/or Mussolini 1935 Social Credit, An Impact. I935 What is Money For? I939 In Italiano: Confucio, Studio Integrale (in collaborazione con Alberto Luchini) Carta da Visita (Edizioni: Lettere d'Oggi) Collaborazione al Meridiano di Roma, Rassegna Monetaria, ecc. Le discussioni sorgono dall'ignoranza di TUTTI i disputanti. FOGLIO DI DISCIPLINA CIVICA Finché non hai chiarito il tuo pensiero dentro di te stesso, non puoi

comunicarlo ad altri. Finché non hai messo de l'ordine dentro di te stesso, non puoi essere

elemento d'ordine nel partito. Il fatto militare dipende dall'onestà del regime.

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Alla memoria di Aurelio Baisi LA MODA DELL'UTOPIA Il dieci Settembre scorso passai lungo la Via Salarla oltre Fara Sabina e

dopo un certo tempo entrai nella repubblica dell'Utopia, un paese placido giacente fuori della geografia presente1. Trovando gli abitanti piuttosto allegri, io domandai la causa della loro serenità e mi fu risposto che essa era dovuta alle loro leggi e al sistema d'istruzione ricevuta fin dai primi anni di scuola.

Dicono (e in questo sono d'accordo con Aristotele e altri saggi dell'antichità orientali e occidentali) che le nostre conoscenze generali derivano dalle conoscenze particolari, e che il pensiero s'impernia sulle definizioni delle parole.

Per insegnare ai piccoli ad osservare i particolari si fa una specie di giuoco, tenendo nella mano chiusa un numero di piccoli oggetti, come p. e. tre chicchi di orzo, un soldino, un bottoncino azzurro, un grano di caffè ovvero un chicco d'orzo, tre bottoni diversi ecc. poi si apre la mano un istante, e rinchiudendola subito, si domanda al bambino cosa abbia veduto. Poi per i ragazzi si fanno cose più complicate, e finalmente ognuno sa come vengono fatte le proprie scarpe o il cappello. E mi fu detto che, definendo le parole, questa gente è arrivata a definire, la loro terminologia economica, col risultato che diverse iniquità della borsa e della finanza sono scomparse dal paese perché nessuno ci si lascia più abbindolare.

E attribuiscono la loro prosperità ad un semplice modo di raccogliere le tasse o, meglio, la loro unica tassa, che cade sulla moneta stessa.Perché su ogni biglietto del valore di cento, sono costretti ad affiggere una marca del valore di uno, il primo giorno d'ogni mese. E il governo, pagando le sue spese con moneta nuova, non ha mai bisogno di imporre imposte, e nessuno può tesorizzare questa moneta perché dopo cento mesi essa non avrebbe alcun valore. E così è risolto il problema della circolazione. E così la moneta, non godendo poteri di durabilità maggiori di quelli posseduti da genere come le patate, le messi e i tessuti, il popolo è arrivato a giudicare i valori della vita in modo più sano. Non adora la moneta come un dio, e non lecca le scarpe dei panciuti della borsa e dei sifilitici del mercato. E, naturalmente, non sono minacciati d'inflazione monetaria, e non sono costretti a fare delle guerre a piacer degli usurai. Di fatto questa professione, o attività criminale, è estinta nel paese dell'Utopia, dove nessuno ha obbligo di lavorare più di cinque ore al giorno, perché molte attività burocratiche sono eliminate dal sistema di vita. Il commercio ha poche restrizioni. Scambiano i loro tessuti di lana e di seta contro arachidi e caffè dalla loro Africa, e i loro bovini sono così numerosi che il problema dei concimi si

1 Io avevo scritto: «Utopia, un paese placido giacente ottant'anni a Est di Fara Sabina». Per la chiarezza e semplicità ho così cambiato. Ma per la traduzione inglese ho restaurato la prima metafora.

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risolve quasi da sé. Ma hanno una legge molto severa che esclude ogni surrogato da tutta la loro repubblica.

Il popolo s'educa quasi ridendo, e senza professori superflui. Dicono che è impossibile eliminare libri idioti, ma che ne è facile distribuire l'antidoto, e questo fanno con un regolamento molto semplice. Ogni libraio è costretto a tenere in vendita i libri migliori; ed alcuni di valore eccelso, egli deve tenerli esposti in vetrina per qualche mese dell'anno. E così potendo conoscere i libri migliori, poco a poco le porcherie della «nouvelle revue française» e quelle selezionate dal «London Times» sono sparite dalle tavole delle signorine (maschi e femmine) più sciocche.

Stimano la perizia nelle opere agricole come nella mia gioventù io stimai la perizia del tennis o del calcio. Di fatto fanno la gara dell'aratro, per saper chi può fare il solco con maggior precisione. Per questo mi sentii troppo vecchio, ricordando un giovane amico, preso anch'egli da questa passione arcaica, che mi scrisse del suo primo iugero: «pareva come se un maiale fosse passato sradicando».

Dopo aver ricevuto la spiegazione tanto semplice della felicità di questo popolo, io m'addormentai sotto le stelle sabine, meditando sugli effetti stupendi di queste modificazione, in apparenza così piccine, e meravigliandomi della distanza trascorsa fra il mondo del novecento e quello della serenità.

Sopra il portone del loro Campidoglio si legge: IL TESORO D'UNA NAZIONE È LA SU ONESTÀ. PRECISIONI DEL REATO È inutile mettere insieme una macchina se una parte manca o è difettosa.

È necessario prima d'avere tutte le parti essenziali della macchina. Per capir bene le origini di questa guerra, giova sapere che:

Il Banco d'Inghilterra, una associazione a delinquere, ovvero il praticare l'usura al 60%, fu fondato nell'anno 1694. Paterson, l'ideatore della banca dichiarò chiaramente il vantaggio della sua trovata: la banca trae beneficio dell'interesse su tutto il danaro che crea dal niente. Nell'anno 1750 veniva soppressa la carta moneta nella colonia di Pennsylvania. Ciò significava che nel contempo (56 anni) l'associazione degli strozzini, non contenta del suo 60%, ovvero dell'interesse sul danaro creato dal niente, era divenuta tanto forte che ha potuto mettere in moto il governo inglese per sopprimere illegalmente una concorrenza che, con un sano sistema monetario, aveva portato la prosperità alla detta colonia.

Dopo 26 anni, cioè nel I776, le colonie americane si ribellavano contro l'Inghilterra. Erano 13 organismi separati, pervasi da dissidi, ma favoriti dalla geografia e dalle discordie europee. Vinsero l'Inghilterra, il nemico eterno, ma la loro rivoluzione veniva tradita dai nemici interni. Le loro

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difficoltà potrebbero servire a stimolare gl'italiani d'oggi; e i problemi d'allora potrebbero forse suggerire soluzioni all'Italia d'oggi.

L'imperfezione del sistema elettivo americano si dimostrò subito nella frode commessa dai deputati che speculavano sulle cambiali o «certificati di paga dovuta» emesse dalle singole colonie a favore dei veterani.

Il trucco era semplice, antico, ed equivalente al variare il valore dell'unità monetaria. Ventinove deputati, in combriccola coi loro amici comprarono i certificati al 20% del nominale; poi la nazione, ormai costituita in unità amministrativa «assunse» la responsabilità di pagare i detti certificati. al 100% del nominale.

La lotta fra finanza e popolo si rinnovò nella battaglia fra Jefferson ed Hamilton, e più chiaramente quando il popolo fu capeggiato da Jackson e Van Buren. La decade 1830-40 è quasi sparita dal libri di scuola. I fattori economici dietro la guerra americana «Civile» sono interessanti. Dopo le guerre napoleoniche, dopo quella «Civile», dopo Versaglia gli stessi fenomeni si sono verificati.

L'usurocrazia fa le guerre a serie. Le fa secondo un sistema prestabilito, con l'intenzione di creare debiti.

Ogni debito creato in moneta che vale un quintale di grano viene presentato, pel pagamento in moneta che vale cinque o più quintali. Si parla di svalorizzazione, inflazione, rivalorizzazione, deflazione e del ritorno all'oro. Tornando all'oro Churchill fece pagare dal contadino indiano due staia di grano per soddisfare tasse e interessi che poco prima aveva soddisfatto con uno staio solo.

C. H. Douglas, Arthur Kitson, Montagu Webb raccontano particolari. Gli Stati Uniti furono venduti ai Rothschild nel 1863. Gli Americani hanno messo ottant'anni per scoprire fatti che sono ancora ignorati dal pubblico europeo. Il padre di Lindberg ne rivelò alcuni al Congresso americano, che furono più tardi raccolti dall'Overholser nella sua «History of Money in the U.S.».

Una lettera dei Rothschild alla ditta Ikleheiner in data del 26 giugno 1863 contiene le parole di fuoco: «Pochi comprenderanno questo sistema, coloro che lo comprendono saranno occupati nello sfruttarlo, e il pubblico forse non capirà mai che il sistema è contrario ai suoi interessi».

I giuochi prediletti dell'usurocrazia sono semplici e la parola «moneta» non si definisce nel manuale per impiegati emesso dai Rothschild né nel vocabolario ufficiale «Sinonimi ed omonimi della terminologia bancaria». I giuochi sono semplici: raccogliere usura all'equivalente del 60 % in su, e variare il valore dell'unità monetaria nei momenti comodi agli usurai.

L'IGNORANZA L'ignoranza dei giuochi non è prodotta dalla natura, anzi dall'arte. È stata

aiutata dal silenzio della stampa, in Italia come altrove. Inoltre

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quest'ignoranza è stata pazientemente elaborata. La base vera del credito si rese nota già all'inizio del seicento ai fondatori del Monte dei Paschi di Siena.

Questa base fu, ed è l'abbondanza, o produttività della natura congiunta alla responsabilità di tutto il popolo.

Banche e banchieri hanno funzioni utili e potenzialmente onesti. Chi fornisce una misura dei prezzi sul mercato e allo stesso tempo un mezzo di scambio, è utile alla nazione. Ma chi falsifica questa misura e questo mezzo è reo.

Una sana politica bancaria mira, e nel passato ha mirato come ha detto Lord Overstone, a «soddisfare i veri bisogni del commercio e a scontare tutte le cambiali che rappresentano affari legittimi».

Ma, a un certo momento verso il principio di questo secolo, Brooks Adams fu mosso a scrivere:

«Forse non è mai esistito un finanziere più capace di Samuele Loyd. Certo, egli ha capito come pochi, anche nelle generazioni seguenti, la macchina potente del «tallone unico». Egli comprese che, se i traffici aumentano, con una moneta non elastica (quantità inelastica della circolazione), il valore dell'unità monetaria aumenterà. Egli vide che, con mezzi sufficienti la sua classe potrebbe manovrare un rialzo quasi a piacer suo, e che, senza dubbio, potrebbe manipolarlo quando accade, valendosi dei cambi esteri. Percepì inoltre, che una volta stabilita, una contrazione della circolazione (circolazione fiduciaria) la si potrebbe portare all'estremo, e che, quando la moneta avesse raggiunto un prezzo fantastico, come nel 1825, i debitori si vedrebbero costretti a rilasciare la loro proprietà alle condizioni, quali si siano, dettate dai creditori».

Ecco perché radio Londra, proclamando la liberazione dell'Europa, e dell'Italia in particolare, non risponde mai all'interrogativo: E la libertà di non indebitarsi, cosa ne dite?

Ecco, anche perché il Brooks Adams ha scritto: dopo Waterloo nessuna potenza ha potuto resistere alla forza degli usurai.

Ecco perché Mussolini fu condannato vent'anni fa dal comitato centrale dell'usurocrazia. Ecco perché si fanno le guerre, cioè si fanno le guerre per creare debiti che poi vengono pagati in una moneta rialzata, o in altri casi, non pagati affatto.

La guerra è il sabotaggio massimo. È la forma di sabotaggio più atroce. Gli usurai provocano le guerre per nascondere l'abbondanza, esistente o potenziale. Le fanno per creare carestia. È più difficile imporre un monopolio di materie abbondanti che di materie che scarseggiano. Gli usurai provocano guerre per imporre monopoli a loro vantaggio, e per poi strozzare il mondo. Gli usurai provocano guerre per creare debiti; per poi sfruttarne l'interesse, e per sfruttare i profitti risultanti dai cambiamenti nel valore delle unità monetarie.

Se questo non è chiaro al lettore neofita, lascio che egli mediti le seguenti frasi dell'Hazard Circular dell'anno 1862:

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«Il grande debito che i nostri amici, i capitalisti dell'Europa, faranno in modo di far sortire da questa guerra, verrà adoperato per manipolare la circolazione (monetaria). Noi non possiamo permettere che i biglietti statali (greenbacks) circolino perché non possiamo regolarli (cioè la loro emissione ecc.)».

Di fatto, dopo l'assassinio del Presidente Lincoln nessun tentativo serio

contro l'usurocrazia venne fatto sino alla formazione dell'Asse Berlino-Roma. L'ambizione italiana di raggiungere una libertà economica, ovvero la libertà di non indebitarsi, fece scattare le sanzioni di bieca memoria.

Ma le grandi case editrici d'Italia, complici più o meno coscienti della stampa infida italiana, non hanno pubblicato in Italia gli autori quali Brooks Adams e Kitson che svelano questi fatti. La stampa è stata infida, e le grandi case editrici ne sono state complici coscientemente o incoscientemente secondo la loro competenza. Contro la malafede non si può lottare colla pubblicazione dei fatti, ma contro l'ignoranza si potrebbe lottare. Le case editrici hanno ricevuto le loro informazioni per tubature avvelenate, e hanno preso il loro tono dal Times Literary Supplement e dai volumi distribuiti per mezzo di Hachette, e di Smith and Son, o approvati dalla Nouvelle Revue Française.

Nulla o quasi nulla arrivò in Italia senza essere selezionato dagli usurai internazionali e dai loro servi biechi e ciechi. E il risultato si dimostrò negli snobismi, nell'ignoranza «creata». Il neo-malthusianesimo merita un esame. In Italia come altrove i libri gialli distrassero i loro lettori dal grande reato sottostante, cioè dal reato del sistema usurocratico stesso. Se agli uomini d'azione e della politica questo sembra senza importanza, è risultato nondimeno una vasta matassa di resistenza passiva proprio nei ceti detti «letterati» o «colti» che dànno il colore alla materia stampata. Essi leggono, e poi scrivono ed il pubblico ne riceve la spazzatura. E da questo processo di sciacquatura deriva quella CREDULITÀ che rende gran parte del pubblico soggetto al mal inglese, cioè disposto a credere alle fandonie trasmesse da Londra e ridistribuite gratis dai creduloni indigeni.

Ai liberali (che non sono tutti usurai) domandiamo: perché gli usurai sono tutti liberali?

A coloro che chiedono la dittatura del proletariato domandiamo: il proletariato di un paese deve imporre la dittatura al proletariato di un altro?

A coloro che si scagliano contro il concetto di autarchia dicendo: ma costa tanto; il grano va comperato dove si può comprarlo più a buon mercato; si può rammentare che proprio l'importazione del grano dall'Egitto a prezzo basso rovinò l'agricoltura italiana sotto l'antico impero. Ma se questo fatto sembra troppo lontano dai tempi nostri si può anche notare che chiunque parla di quella specie di libero commercio, finisce col parlare dell'esportazione del «lavoro» cioè dell'esportazione della mano d'opera, l'esportazione di esseri umani in contraccambio di derrate.

Molti cominciano a capire che l'Inghilterra, nel tentativo sadico di distruggere l'Italia, sta distruggendo se stessa, ma il pubblico non capisce

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ancora l'origine di questa furia distruggitrice. Negate quanto volete che l'uomo puramente o esclusivamente economico esiste. L'analisi dei motivi economici giova alla comprensione dell'avarizia. La brama del monopolio è un male radicale. Si manifesta nell'errore del prezzo ingiusto, condannato dalla dottrina economica della Chiesa, durante tutta l'epoca del suo maggiore splendore.

Bisogna capire che tutta la moda letteraria e tutto il sistema giornalistico controllato dall'usurocrazia mondiale è indirizzato a mantenere l'ignoranza pubblica del sistema usurocratico e dei suoi meccanismi. I dettagli del tradimento militare li conoscete, ma il tradimento intellettuale non è capito. L'ignoranza di questo sistema e questi meccanismi non è prodotto naturale, fu creata.

Il liberalismo e il bolscevismo si accordano intimamente nel loro disprezzo fondamentale della personalità umana. Stalin comanda 40 vagoni di materia umana per lavori su un canale. I liberali finiscono per parlare di esportazione di mano d'opera.

Il liberalismo nasconde la sua economia nefasta sotto due pretesti: cioè la libertà della parola (parlata e stampata) e la libertà della persona, protetta, in teoria, dal processo aperto, garantito con la formula «habeas corpus». Domandate in India e in Inghilterra come sono rispettati questi pretesti. Domandate ad un giornalista americano, qualsiasi, quanta libertà di espressione gli è lasciata dagli «advertisers» (grandi ditte che comprano le pagine di pubblicità nei giornali americani).

Altri fattarelli utili a sapere: 1. Abbiamo bisogno di un mezzo di scambio e di un mezzo di risparmio,

ma non è necessario che lo stesso mezzo serva ad ambedue questi scopi. 2. Lo Stato può PRESTARE. La flotta che vinse a Salamina fu costruita

con danari prestati dallo Stato di Atene agli armatori. Per la semplificazione dell'amministrazione statale e privata è preferibile

un meccanismo che può funzionare allo sportello dell'ufficio sia statale, sia privato.

UNA NAZIONE CHE NON VUOLE INDEBITARSI FA RABBIA AGLI USURAI

IL PERNO Tutto il commercio passa attraverso alla moneta. Tutta l'industria passa

attraverso alla moneta. La moneta è il perno. È il mezzo termine.Sta nel mezzo fra industria e operai. Può darsi che l'uomo puramente economico

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non esista, ma il fattore economico, nel problema della vita, esiste. Vivendo di frasi, e perdendo il senso delle parole, si perde «il ben dell'intelletto».

Il commercio ha portato la prosperità della Liguria, l'usura le ha fatto perdere la Corsica. Ma perdendo il senso della differenza fra commercio e l'usura si perde il senso del processo storico. Vagamente in questi mesi si è incominciato a parlare d'una forza internazionale, detta finanza, ma sarebbe meglio chiamare questa forza «usurocrazia» ovvero il dominio dei grandi usurai congregati e congiurati. Non i mercanti di cannoni ma i trafficanti del danaro stesso hanno creata questa guerra, hanno create le guerre a serie, da secoli, a piacer loro, per creare debiti, per poi sfruttarne l'interesse; per creare debiti in moneta a buon mercato, per poi domandarne il pagamento in danaro più caro.

Ma finché la parola moneta non viene chiaramente definita, e finché questa definizione non sia conosciuta dai popoli, i popoli entreranno ciecamente in guerra, senza conoscerne il perché.

Questa guerra non fu un capriccio di Mussolini, e nemmeno di Hitler. Questa guerra è un capitolo della lunga tragedia sanguinaria che s'iniziò colla fondazione della Banca d'Inghilterra nel lontano anno 1694, coll'intenzione dichiarata nell'ormai famoso «prospectus» di Paterson, dove si legge: «il banco trae beneficio dall'interesse su tutta la moneta che crea dal niente».

Per capire questa frase bisogna capire che cosa sia la moneta. La moneta non è uno strumento semplice come una vanga. Contiene due elementi: quello che misura i prezzi sul mercato, e quello che dà, il potere di comprare la merce. Su questa duplicità gli usurai hanno giuocato. Voi capite bene che un orologio contiene due principi, cioè quello della molla motrice, e quello della molla bilanciere, con un ingranaggio fra le due. Ma quando uno vi domanda cosa sia la moneta, voi non sapete cosa siano i biglietti da dieci lire e i pezzi di venti centesimi che avete in tasca.

Sino al seicento prima del mille, quando un imperatore della dinastia T'ang emetteva i suoi biglietti di stato (dico di stato, non di banca) il mondo fu quasi costretto a adoprare come moneta una quantità determinata di qualche merce d'uso comune, sale o oro secondo il grado di sofisticazione dell'ambiente. Ma dall'anno 654 dopo Cristo, almeno, il metallo non era necessario agli scambi fra gente civile. Il biglietto statale dei T'ang dell'anno 856, che è ancora conservato, porta un'iscrizione quasi identica a quella che leggete sul vostro biglietto da dieci lire.

Il biglietto misura il prezzo, e non il valore; ovvero i prezzi vengono calcolati in unità monetarie. Ma chi vi fornisce questi biglietti? E su che direttive vengono messi in circolazione questi pezzi di carta? E, prima di questa guerra, chi controllava l'emissione della moneta mondiale? Se voi volete cercare le cause della guerra presente, cercate di conoscere chi controllava e come venne controllata la moneta mondiale.

Pel momento vi ripeto una sola indicazione presa dalla storia degli Stati Uniti d'America: il grande debito che i nostri amici (i capitalisti dell'Europa) creeranno con questa guerra, verrà adoperato per controllare la circolazione

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(vuol dire dominare la circolazione della moneta) «Noi non possiamo permettere che i "greenbacks" (biglietti statali) circolino, perché non possiamo averne il dominio».

Questo è dall'Hazard Circular dell'anno 1862. Mi pare che una situazione analoga esistesse nell'anno 1939. Direi che l'Italia non volendo indebitarsi, abbia fatto rabbia ai grandi usurai. Pensateci sopra! E pensate anche alla natura della moneta stessa, e alla trascuratezza degli economisti in genere quando noi domandiamo cosa sia la moneta, il credito, l'interesse, l'usura.

Prima di discutere una politica monetaria, una riforma monetaria, una rivoluzione monetaria, dobbiamo essere ben sicuri della natura della moneta.

IL NEMICO Il nemico è l'ignoranza (nostra). Al principio dell'ottocento John Adams

(pater patriae) vedeva che i difetti ed errori del governo americano derivavano non tanto dalla corruzione del personale, quanto da un'ignoranza della moneta, del credito e della loro circolazione.

Siamo allo stesso punto. Il soggetto è giudicato arido da coloro che non ne capiscono la portata. Per esempio, un banchiere, verso la fine di Dicembre scorso, mi vantò che ad una certa epoca da lui ricordata, la moneta carta italiana valeva più dell'oro. Io suppongo che a quell'epoca «dorata» i Rothschild volevano comprare l'oro a buon mercato, per poi rialzarne il prezzo «a cime vertiginose».

Nello stesso modo i Sassoon e loro compari hanno approfittato del ribasso dell'argento. L'argento difatti scese a 23 cents (americani) l'oncia, e fu poi comprato dagli imbecilli (americani) a 75 cents l'oncia, per far piacer ai loro padroni ebraici, e «per salvare l'India». dove col ritorno all'oro il Sig. Churchill, come già detto, ha fatto pagare dai contadini due staia di grano per soddisfare tasse ed interessi che un po' prima avevano soddisfatto con un sol staio.

Per combattere queste manovre del mercato del metalli bisogna capire che cosa sia la moneta. La moneta è oggi un disco di metallo o una striscia di carta che serve di misura ai prezzi e che conferisce, a chi la possegga, il diritto di ricevere in contraccambio qualsiasi merce offerta sul mercato sino al prezzo pari alla cifra indicata sul disco o sulla striscia, senza altra formalità che il trasferimento della moneta da mano in mano. Cioè la moneta è qualche cosa di diverso da uno scontrino speciale come un biglietto di ferrovia o di ingresso al teatro.

Questa universalità conferisce alla moneta certi privilegi che lo scontrino speciale non può possedere. Su quei privilegi ritornerò un'altra volta.

Oltre a questa moneta tangibile, esiste una moneta intangibile, chiamata «moneta di conto», che serve nelle operazioni bancarie, e di contabilità

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Questa insostanzialità deve essere trattata in una discussione del credito piuttosto che in un trattato sulla moneta.

Nostro bisogno immediato è di chiarire le idee correnti a proposito della cosidetta «moneta-lavoro» e di precisare che la moneta non può essere «simbolo di lavoro» senz'altra qualifica. Può essere «certificato di lavoro compiuto» a condizione che questo lavoro sia fatto dentro un sistema. La validità del certificato dipenderà dall'onestà del sistema, e dalla competenza di chi certifica, e bisogna che il certificato indichi un lavoro utile, o almeno piacevole, alla comunità.

Un lavoro non già compiuto servirebbe piuttosto come componente del credito che come base ad una moneta propriamente intesa. In un senso metaforico si potrebbe chiamare il credito: «tempo futuro della moneta».

Tutta la perizia delle zecche è stata adoperata per garantire la quantità e qualità del metallo nelle monete metalliche; non minori precauzioni saranno necessarie per garantire, la quantità qualità e l'opportunità del lavoro che servirà come base alla moneta da chiamarsi moneta-lavoro (inteso di essere moneta-certificato-di-lavoro-compiuto).

Le stesse frodi di contabilità adoperate dagli strozzini nel passato per frodare il pubblico nel sistema monetario metallico, saranno, naturalmente tentate dagli strozzini di domani contro la giustizia sociale, sotto qualsiasi sistema di moneta che verrà istituita, e con uguale probabilità di successo finché la natura e i modi di questi processi siano chiaramente compresi dal pubblico o almeno, da una minoranza sveglia ed efficiente.

Un solo pantano sarebbe asciugato colla creazione della moneta-lavoro. Voglio dire che i vantaggi del sistema aureo vantati dai banchieri sono vantaggi ai banchieri soli, e, in verità, di una sola parte dei banchieri. La giustizia sociale domanda uguali vantaggi a tutti.

Il vantaggio della moneta-lavoro deriva principalmente da un fatto solo. Il lavoro non è monopolizzabile. E da questo solo fatto deriva l'accanita opposizione; tutto il chiasso, naturale ed artificiale che emana dal campo degli strozzini, internazionali ed autoctono.

L'idea che il lavoro può servire di misura dei prezzi fu corrente già nel settecento, e fu chiaramente esposta da Benjamin Franklin.

In quanto alla monopolizzabilità: nessuno è tanto scemo da lasciare il suo proprio conto di banca in balia altrui, ma nazioni, ed individui, ed industriali, «uomini d'affari» sono stati prontissimi e proclivi a lasciare il controllo delle monete nazionali, e della moneta internazionale nelle mani dei più fetidi rifiuti dell'umanità ivi compresi i padroni di Churchill e i ruffiani della cricca Rooseveltio-Baruchiana.

Il lavoro non è monopolizzabile. La funzione del lavoro come misura comincia ad essere capita. Il pubblico italiano ha avuto opportunità di leggere chiare esposizioni del processo, come per es. quando «Il Regime Fascista» racconta che l'operaio russo deve pagare trecento ottant'ore lavoro per un soprabito che un operaio tedesco può comprare con solo ottant'ore.

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Un scritto di Fernando Ritter su il «Fascio» di Milano, in data del 7 Gennaio corrente, parla della moneta non in terminologia astratta, e parole generiche come «Capitale e finanza» ma in termini di grano e concime.

In quanto alla validità della moneta primitiva ovvero la cambiale scritta su cuoio, C. H. Douglas ha lasciato la frase lapidaria: era buona quando l'uomo che emetteva la cambiale promettendo un bue, possedeva il bue.

Il certificato di lavoro compiuto sarà ugualmente valido quando l'utilità del lavoro compiuto sia onestamente stimata da autorità competenti. È da ricordare che la terra non ha bisogno di ricompense monetarie per le ricchezze strappatele.

La natura provvede con meravigliosa efficacia che la circolazione dei capitali e derivanti materiali si mantenga, e che quello che dalla terra viene, alla terra ritorni, con aulico ritmo, malgrado ingerenze umane.

TOSSICOLOGIA DELLA MONETA La moneta non è prodotto della natura ma dell'uomo. È l'uomo che ne ha

fatto uno strumento malefico, per mancanza di previdenza. Le nazioni hanno dimenticato le differenze fra animale, vegetale e minerale ovvero la finanza le ha fatto rappresentare tutte tre categorie naturali con un solo mezzo di scambio, negligendo di prendere in considerazione le conseguenze di tale atto. Il metallo dura, ma non si riproduce. Seminando l'oro non si raccoglie oro moltiplicato. Il vegetale esiste quasi per sé ma la coltivazione ne aumenta la sua riproduzione naturale. L'animale fa il suo contraccambio col mondo vegetale, concime contro cibo.

L'uomo ammirando il lustro d'un metallo ne ha fatto catene. Poi egli inventò una cosa anti-naturale, ovvero fece una rappresentazione falsa, una rappresentazione del mondo minerale che segue la legge dei mondi vegetale e animale.

L'ottocento, infame secolo dell'usura, andò oltre, creando una specie di messa nera della moneta. Marx e Mill, malgrado le loro differenze superficiali, sono d'accordo nell'attribuire alla moneta stessa proprietà quasi religiose. Si è perfino parlato dell'energia «concentrata nella moneta», come si parla della divinità nel pane benedetto. Ma il pezzo di cinquanta centesimi non ha mai creato la sigaretta o il pezzettino di cioccolato che usciva (nei tempi prebellici) dalla macchina automatica.

La durabilità conferiva al metallo certi vantaggi commerciali, che le patate e i pomodori non posseggono. Chi possiede metallo può aspettare il momento buono per scambiarlo contro merce meno durevole. Quindi i primi strozzinaggi da parte dei detentori dei metalli, e specialmente dei metalli che scarseggiano e non son soggetti alla ruggine.

Ma oltre questa potenzialità di agire ingiustamente che la moneta metallica assorbiva dall'essere metallo, l'uomo ha inventato una carta munita di tagliandi per fornire un quadro più visibile dell'usura. E l'usura è un vizio

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o reato condannato da ogni religione e da ogni moralista antico. Per es., nel De Re Rustica di Catone troviamo questo frammento di dialogo.

«E cosa pensate dell'usura?». «Cosa pensate, voi, dell'assassinio!» Shakespeare: «Il tuo oro è forse pecore e montoni?» No! la moneta non è radice del male. La radice è l'avarizia, la brama del

monopolio. «Captans annonam, maledictus in plebe sit!» tuonò Sant'Ambrogio: monopolizzatori del raccolto, maledetti fra il popolo!

La possibilità d'agire con ingiustizia fu già conferita ai detentori d'oro all'alba della storia. Ma quel che l'uomo ha creato, egli può disfare. Basta creare una moneta che non goda la potenzialità di aspettare nel forziere fino al momento che favorisce il detentore della detta moneta, e le possibilità di strozzare il popolo per mezzo della moneta, coniata o stampata, spariranno quasi da sé.

L'idea non è nuova. I vescovi del medioevo già emettevano una moneta che fu richiamata alla zecca per essere riconiata alla fine d'un periodo definito. Gesell, tedesco, ed Avigliano, italiano, quasi nello stesso tempo ideavano un mezzo ancora più interessante per arrivare ad una maggior giustizia economica. Essi proponevano una moneta carta sulla quale fu obbligo d'affiggere una marca del valore dell'un per cento del nominativo al principio di ogni mese.

Il sistema ha dato risultati così lodevoli in zone ristrette che un popolo chiaroveggente ha il dovere di meditarci sopra. Il mezzo è semplice. Non sorpassa le capacità intellettuali d'un contadino qualsiasi. Tutti sono capaci d'affiggere un francobollo alla busta d'una lettera, o una marca da bollo a un conto d'albergo.

Un vantaggio di questa tassa su tutte le altre tasse (dal punto di vista umanitario) è che non può incidere che sulle persone che hanno in tasca, al momento dell'incidenza, danaro d'un valore cento volte più grande della tassa stessa.

Un altro vantaggio è che non impedisce le operazioni di commercio, né di fabbricazione; cade solamente sulla moneta superflua, ovvero su la moneta che il detentore non è stato obbligato a spendere nel corso del mese precedente.

Come rimedio dell'inflazione, i suoi vantaggi devono essere immediatamente comprensibili. L'inflazione consiste in una superfluità della moneta. Col sistema gesellista ogni emissione di biglietti si consuma in cento mesi, cioè in otto anni e quattro mesi, ovvero porta al fisco una somma uguale all'emissione originale della moneta.

(Per rendere questo fatto ancora più chiaro, potete immaginare una nota messa in un forziere per cento mesi; cioè una moneta che fa sciopero, che per cento mesi non funziona come mezzo di scambio, non riempie il suo destino. Ebbene, la tassa su questa pigrizia uguaglia il nominativo. Invece un biglietto che passa di mano in mano può servire in centinaia d'operazioni ogni mese prima di venire tassato affatto).

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Le spese dei varii uffici adesso incaricati di strappare imposte al pubblico potrebbero ridursi al minimo e quasi sparire. Gli impiegati non vanno in ufficio per divertirsi. Si potrebbe dare loro opportunità di andar a spasso, o ad alzare il livello culturale del loro ambiente, anche pagando i loro stipendi attuali senza diminuire la ricchezza materiale d'Italia d'un solo staio di grano, o d'un litro di vino. A chi non piace lo studio, sarebbe concesso il tempo di produrre qualche cosa d'utile.

Un grande errore dell'economia detta liberale è stato l'oblio della differenza fra cibo, e quel che non si può mangiare, né adoperare come vestito. Un realismo repubblicano richiamerebbe l'attenzione pubblica su certe realtà basilari.

Un mezzo scemo, Philip Gibbs, scrivendo dell'Italia agli anglo-assassini, non capisce cosa si può fare con un prodotto che non si vende. L'idea d'adoperare il prodotto non entra nella psicologia bolscevico-liberale.

L'ERRORE L'errore è stato la danarolatria, cioè il fare della moneta un Dio. Questo

fu dovuto alla snaturizzazione cioè all'aver fatto della nostra moneta una rappresentanza falsa, dandole poteri che non doveva possedere.

L'oro dura, ma non si moltiplica da sé nemmeno se mettete insieme due pezzi d'oro uno in forma di gallina e l'altro in forma di gallo. È ridicolo di parlare di frutto o di frutta. L'oro non germoglia come il grano. Una rappresentazione d'oro che pretende che l'oro possiede queste facoltà è una rappresentazione falsa. È una falsificazione. E la descrizione «falsificazione della moneta» può derivarsene.

Ripeto: abbiamo bisogno d'un mezzo di scambio, e d'un mezzo di risparmio, ma non è necessario che lo stesso mezzo serva ad ambedue questi scopi. Non è necessario che il martello serva di lesina.

La marca da bollo affissa al biglietto serve da bilanciere. Nel sistema usurocratico il mondo ha sofferto ondate alternanti d'inflazione e di deflazione; del troppo danaro e del troppo poco. Ognuno capisce la funzione del pendolo e del bilanciere. Bisogna portare questa capacità d'intendimento nel dominio monetario.

Quando la moneta avrà un potere né eccessivo né troppo piccolo, allora ci avvicineremo ad un sistema sano dell'economia. Si è persa la distinzione fra commercio e l'usura. Si è persa la distinzione fra debito e debito ad interesse. Già nel 1878 si è parlato del debito non ad interesse; magari di debito nazionale non ad interesse. L'interesse che voi avete fruito nel passato è stato in gran parte illusione; ha funzionato a breve scadenza lasciandovi con un cifra di moneta superiore a quella che avete «risparmiata» ma posseduta in una moneta di cui quasi ogni unità valeva meno.

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Dexter Kimball facendo censimento dei buoni delle ferrovie americane durante un mezzo secolo ha fatto interessanti scoperte a proposito della quantità di queste obbligazioni che furono semplicemente annullate da cause contingenti. Se la memoria mi serve la cifra raggiungeva il 70%.

Un interesse è dovuto, giustamente, da industrie ed impianti che servono ad aumentare la produzione. Ma il mondo ha perso la distinzione fra il produttivo e il corrosivo. Imbecillità imperdonabile perché questa distinzione fu nota nei primi anni della storia conosciuta. Rappresentare un corrosivo come produttivo è falsificare. I gonzi credono alle false rappresentazioni. Ridurre la moneta ai giusti poteri, lasciarle una durata corrispondente alle durate esistenti nel mondo materiale, ed in più il suo proprio giusto vantaggio (cioè quello d'essere scambiabile contro qualsiasi merce in qualsiasi momento che la merce esiste) ma non dare alla moneta, oltre a questo vantaggio, poteri che non corrispondono né alla giustizia, ne alla natura delle merci rappresentate o corrisposte. Per questa via si potrebbe avvicinarsi alla giustizia sociale e alla sanità economica.

VALOR MILITARE Il valor militare non può esistere in un clima di vigliaccheria intellettuale. Nessuno deve arrabbiarsi se la collettività rifiuta di accettare le proposte

sue, ma è vigliaccheria intellettuale non osare formulare i proprii concetti sociali. Specialmente in un'epoca pregna d'opportunità, propriamente una epoca che annuncia la formulazione d'un nuovo sistema di governo. Ognuno che possiede una competenza storica ed una documentazione storica deve formulare i suoi concetti in relazione alla parte dell'organismo sociale che i suoi studi gli dànno un diritto di giudicare.

Per formare tale competenza nelle generazioni future, si deve cominciare nelle scuole coll'osservazione di oggetti particolari, per poi progredire alla conoscenza dei fatti particolari della storia. Non è necessario che l'individuo abbia conoscenza enciclopedica, ma è necessario che ognuno che agisce pubblicamente possieda una conoscenza dei fatti essenziali del problema ch'egli tenta di trattare. Comincia col giuoco degli oggetti esposti per un istante davanti al bambino, nella mano che viene poi subito chiusa.

Il pensiero s'impernia sulla definizione delle parole. Testi: Confucio ed Aristotele. Terminerei gli studi obbligatorii per ogni universitario con un confronto (anche breve) fra i due maggiori libri d'Aristotele, Etica Nicomachea e La Politica, e il tetrabiblon cinese (cioè i tre libri della tradizione confuciana, Ta S'eu ovvero Studio Maturo, l'Asse che non vacilla, le Conversazioni, e il Libro di Mencio).

Per educazione pubblica ed extra-universitaria basterebbe il semplice regolamento delle librerie, cioè che ad ogni libraio fosse fatto obbligo di tenere in vendita, ed, in alcuni casi importanti, di esporre in vetrina per qualche settimana dell'anno certi libri d'importanza capitale.

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Chi conosce i capolavori, specialmente Aristotele, Confucio, Demostene, e il «Tacito» tradotto da Davanzati, non sarà abbindolato dalle porcherie. Per la moneta basta ch'ognuno pensi per sé al principio del bilanciere, ovvero agli effetti nazionali e sociali che deriverebbero dalla semplice affissione d'una marca da bollo nel punto dovuto. Meglio sul biglietto che sulla nota d'albergo.

Si è parlato del cavalieri di S. Giorgio senza identificarli con dovuta precisione. Il danaro può ledere, ma la conoscenza economica oggi è piuttosto rozza, come fu la scienza medica quando si sapeva che una gamba rotta fa male, ma non si riconoscevano gli effetti dei microbi. Non è tanto il danaro che compra una volta un Badoglio, ma l'effetto segreto dell'interesse che rode dovunque. Questo non è l'interesse pagato al privato sul suo conto di banca, ma l'interesse sul danaro che non esiste, ovvero sul miraggio della moneta, un interesse che equivale al 60% e di più in confronto alla moneta che rappresenta lavoro onesto, o prodotti utili all'umanità.

Ripeto: si sono perdute le distinzioni fra produttivo e corrosivo; fra la divisione dei frutti d'un lavoro fatto in collaborazione, (cioè un vero e giusto dividendo, detto nel medioevo partaggio) e l'interesse corrosivo che non rappresenta un aumento qualsiasi di produzione utile e materiale.

È, naturalmente, inutile far dell'antisemitismo, lasciando in piedi il sistema monetario ebraico, che è il loro strumento più tremendo di strozzinaggio.

Ai Mazziniani domandiamo perché non leggono quelle pagine de «I doveri dell'Uomo» che trattano delle banche.

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Ezra Pound

VERSO UN'ECONOMIA ORTOLOGICA

da: «Rassegna Monetaria» XXXIV, 1937, 389-398 Il dubbio circa la natura dell'economia cosidetta «ortodossa», se dovesse

considerarsi come tentativo sincero (o piuttosto come una pretesa nefasta), può dirsi ormai superato da almeno 50 anni. Attualmente fra i seguaci dell'ortodossia non possono esserci che dei conigli, dei ciechi, o dei carrieristi in malafede.

Chi indaga sinceramente non può tardare 15 anni a rendersi conto di fenomeni visibili e comuni.

Dire che l'economia non è scienza sarebbe, d'altra parte, da disfattista e non farebbe che ingenerare confusione. Mezzo secolo fa l'aeronautica e la radiofonia non potevano ancora dirsi «scienze» (eppure un certo Loomis fin dal 1864 era riuscito a trasmettere a mezzo dell'elettricità, i segnali da una nave all'altra senza fili).

Quello che uomini seri possono oggi fare è di distinguere tra quella parte dell'economia che è scienza, dominio della episteme, e quella che è tekhne o dominio della abilità (purtroppo sovente della furberia), dominio del phronesis.

Si può dire che l'arte di condurre una nave non sia una vera scienza: eppure la scienza della navigazione esiste e si perfeziona: dalla bussola semplice si arriva alla giroscopica.

È naturale purtroppo che nelle pubblicazioni economiche regni la confusione, dato che lo studio dell'economia attualmente viene fatto da empirici, da uomini che mancano di una seria preparazione teminologica. Vediamo per esempio nel mondo anglo-sassone quali sono gli scrittori onesti e seri che hanno costruito la scienza economica viva. SODDY, premio Nöbel per la fisica; DOUGLAS, ingegnere, capo del Westinghouse in India; LARRAÑAGA, ingegnere stradale; ORAGE, giornalista convertito da DOUGLAS; KITSON, inventore della lampada Kitson; GESELL, commerciante; ecc. Tutti uomini pratici! E dire che hanno scoperto la luna non significa nulla, chè almeno hanno riscoperto la vera luna, mentre i professori continuano a baloccarsi infantilmente con una luna finta di teatro; illusionisti, capaci di aver presa sul pubblico solo all'interno della loro baracca.

Per rendersi conto della mentalità dei fondatori della cosidetta economia ortodossa prendiamo, p. es., una frase di RICARDO (senza dimenticare,

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s'intende, che egli conosceva il valore della moneta carta: «No commodity which is not subject to require more or less labour for its production» (non esiste una merce, la cui produzione non richieda una quantità di lavoro variabile). Sembra che DAVID RICARDO non fosse mai entrato in un pollaio e che l'uovo di gallina fosse escluso dal suo sistema economico. Eppure come misura di valore nutritivo (life value) l'uovo precedeva l'indice dei prezzi. Osservando direttamente i fenomeni naturali l'uomo medio sbaglierà meno che dopo essersi infarcito la testa di logaritmi e di mitologie bancarie. Non ho nessuna intenzione di scherzare! Il valore dell'uovo cresce e diminuisce in rapporto al crescere e al diminuire della fame.

Aristotile ci ha lasciato una parola di significato oscuro e complesso: kreía. Utilità, desiderabilità che il RACKHAM, naturalmente di Cambridge, traduce senz'altro «domanda».La scolastica non c'illumina. Aristotile «aveva ragione» ma intendeva dire che il valore di un'unità monetaria «is worth what you can get for it» Assolutamente vero, ma non può dirsi questa terminologia scientifica.

Lo studente può entrare in biblioteca e consultare anche 50 pretesi trattati d'economia senza trovarne uno che cominci euclidamente con un elenco chiaro di definizioni dei termini più comuni, fondamentali e necessari per discutere di questioni economiche.

Cominciamo per esempio, con il termine «moneta» Aristotele lo definisce male, ovvero non lo definisce, ma ne parla senza veramente definirlo. E l'umanità è rimasta per venti secoli in questo stato di semi oscurità

Io ardirò dare alcune definizioni, pur rendendomi conto ch'esse non potranno essere di grande utilità fino a che una qualche accademia o congresso o meglio ancora un gruppo di specialisti seri e autorevoli, non riconosca la validità di questo lavoro lessicografico. Per mio conto vorrei ben essere un lessicografo come LORENZO VALLA e potermi annoverare tra i seguaci di CLAUDIO SALMASIO, che a modo suo fu pure un lessicografo.

Proponendoci di creare un linguaggio scientifico dobbiamo considerare anche il modo di tradurre alcuni termini in lingua straniera. Qual è il preciso significato delle due parole italiane «denaro» e «moneta» e quale è meglio adoperare nelle definizioni economiche? «Denaro» significa sia carta moneta che moneta metallica. Ho sentito un alto personaggio dire: «ma la vera moneta è l'oro».

L'oro greggio non è moneta; lo scambio di monete d'oro con altra merce è in fondo una specie di baratto: baratto di una certa quantità di stoffa o di un certo, peso di merce, contro metallo, in precedenza pesato e misurato.

La qualità essenziale della moneta è d'essere misurata e di poter servire come misura. Anche nel baratto di un disco di metallo prezioso con merce, ciò che determina nel primo la qualità di moneta è il conio dello stato. Un governo che dicesse: «non possiamo costruire strade perché non abbiamo denaro» sarebbe ridicolo come un governo che, dicesse: «non possiamo costruirne perché non abbiamo chilometri».

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1) Proviamoci a definire che cos'è la moneta (o denaro). «Money is measured claim». La moneta è un titolo o mandato misurato (il termine «mandato» si trova usato per gli assegni della casa d'Este nel Quattrocento). «Money is a general claim». La moneta è un titolo non specifico (come un biglietto ferroviario, un buono d'albergo, un biglietto di viaggio per mare che dà diritto a trasporto, vitto, alloggio ecc.) ma generale. La moneta è inoltre scambiabile, ovvero si può trasferire senza formalità da uno all'altro, e non frutta interesse come un buono di stato, delle ferrovie o di una qualsiasi società anonima.

Consideriamo ora i termini inglesi. «Money» è forse meglio tradurlo con «denaro» che con «moneta»; «coin» significa poi precisamente «moneta metallica» e per la «moneta cartacea» non si può usare l'espressione «paper coin» come pure potrebbe sembrare!

2) Passiamo al termine «credito». Si dice che un uomo ha credito quando si crede che sia capace di pagare in denaro e si ritiene che egli non cercherà di evitare o ritardare il pagamento. Il «debito» non è precisamente l'opposto del credito. Il «credito» infatti è sovente la possibilità di far debiti e non significa sempre necessariamente il corrispettivo di un debito già acceso. Siamo perciò di fronte a un termine ambiguo e mentre nella contabilità, in italiano, si parla con maggior chiarezza di «attivo e passivo», in inglese si deve dire «credit» e «debit» o, secondo gli scrittori teorici, «credit» e «debt».

3) Passiamo infine all'«inflazione». Tra le mezze verità della pretesa ortodossia alcune si basano su fenomeni naturali e iterativi. La cosiddetta inflazione va anzitutto distinta dall'inflazione vera e questa si ha quanto si emette denaro (o moneta) «corrispondente» a merci o servizi che nessuno vuole o in eccesso della quantità desideratane. La moneta non ha valore quando è emessa «contra» (cioè in pseudo corrispondenza a una merce o a un servizio non consegnabile o non eseguibile. Per esempio, emettere denaro o moneta «contra» un obice esploso nel 1917 sarebbe inflazione e la moneta stessa non avrebbe valore, poiché nessuno vuole quell'obice e nessuno può consegnarlo.

Una lista breve di definizioni valide può permettere all'uomo medio di sfuggire agli inganni, e alla perfidia assoluta, condannevole e putridissima dei grandi usurai e monopolisti.

Di fatto con una definizione ovvero con un concetto serio e giusto del denaro il SODDY, dopo la pubblicazione di una quantità di libri oscuri (oscuri, cioè per i lettori, per quanto oltremodo ponderati e chiari per il prof. SODDY) arriva nel Tomorrow's Money (Antologia curata da M. BUTCHART, edit. Nott, Londra, 1935) a scrivere «Just as it is unthinkable that private people should have the power to levy taxes so it is preposterous that the banks, in the teeth of all the constitutional safeguards against it, should by a mere trick usurp the function of Parliament and, without any authority whatever, make forced levies on the community's wealth», a sostenere cioè che è sbalorditivo che le banche, senza essere minimamente

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autorizzate a farlo, possano prelevare per loro uso privato la ricchezza del popolo.

Distinguiamo tra la situazione odierna italiana e quella dei paesi anglosassoni.Distinguiamo tra paesi dove la eccessiva disponibilità di beni crea crisi, e paesi che invece ne hanno grave penuria e torniamo un po' indietro per accennare in breve allo storia della «nuova economia che è poi in tanta parte vecchia sapienza o conoscenza.

* * * Quattro sono le correnti vive nel pensiero economico d'oggi: 1) il

Douglasismo; 2) il Gesellismo; 3) l'economia canonista che trae origine da S.Ambrogio e si evolve con S. Antonino; 4) l'economia corporativa, con la sua politica di bonifica, la battaglia del grano, gli ammassi, gli assegni famigliari, i buoni viveri, i buoni del lavoro, il controllo statale ecc. Di quest'ultima non c'è bisogno ch'io parli in Italia né ch'io ne scriva in italiano dato che sono gli altri paesi che hanno bisogno (per tanta parte inconsapevole) di apprendere e di approfittarne.

L'economia ortologica che noi dobbiamo fondare deve contemplare alcuni fatti trascurati dai cosiddetti «ortodossi» La merce è di durata disuguale. Il marmo dura; i legumi si sciupano, fragole, spinaci e patate hanno una durata relativa; sedie, case, opere di Fidia, Prassitele o Botticelli hanno una durata più notevole. L'uomo primitivo adopera uno strumento là dove l'uomo civile ne adopera una dozzina.

Non è necessario seguire tutti i costumi e le abitudini del passato; non è necessario adoperare lo stesso mezzo per lo scambio e per il risparmio, solamente perché il Signor Nitti la intendeva cosi.

Dobbiamo, mi pare, fare un elenco degli uomini seri che oggigiorno collaborano alla scienza economica, pur se sono degli empirici, pur se hanno una sola scoperta al loro attivo e non sono in grado di coordinarla con la storia o con le idee giuste e valide d'altre scuole o di altri tempi o sette economiche.

Riconosciamo facilmente che un tale osservò la capacità del vapore a sollevare il coperchio di una teiera. Questo vale anche se l'inventore non ha pubblicato una enciclopedia o un voluminoso trattato di fisica.

Riconosciamo che C. H. DOUGLAS ha scoperto da sé l'insufficienza del potere d'acquisto distribuito da (e nel) sistema industriale dell'800 e del principio del secolo XX. La sua fabbrica distribuiva potere d'acquisto più lentamente di quel che creava i «prezzi», cioè la mercé buttata sul mercato. Creava quindi una quantità di prezzi in un mese superiore alla capacità d'acquisto distribuita.

I delinquenti, gli imbecilli e i monopolisti, che vivono della fame altrui, vorrebbero tagliare l'uomo secondo la misura della giacchetta. DOUGLAS vedeva invece la possibilità di emettere capacità di acquisto corrispondente alla quantità della merce consegnabile e desiderata dal popolo. In ciò c'era

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poco di nuovo e molto di onesto. DAVID D. HUME aveva già visto che la prosperità non dipendeva dalla quantità di moneta di una data Nazione ma dal fatto che questa quantità fosse in aumento (specifichiamo che l'aumento deve essere lento e costante).

Il CAIROLI accenna che lo «Denar merce» di Carlo Magno non aveva sempre lo stesso valore. Il denar grano «conteneva» meno grano nell'anno 808 che nell'anno 796. L'uomo morale e di buona volontà può studiare questo fatto e il concetto del prezzo giusto nel Giusto prezzo medievale del sacerdote L. P.CAIROLI (Merato, Tipografia Pessina, 1913), libro equo e sano che raggiunge quasi una bellezza stilistica e un valore letterario per la candida sincerità dell'autore.

Fra gli scrittori utili nominiamo MAC-NAIR WILSON, che ha bene educato il suo pubblico a riconoscere che le banche non prestano denaro ma solamente promesse di pagamento (cfr. The Promise to Pay, Londra, Routledge).

Il GESELL, pur uscendo dall'angolo visuale libero scambista, rievoca (bracteates) dei vescovi medievali. Con le sue «demurrage charge» queste marchette alla moda di Avigliano che si devono attaccare al biglietto ogni mese per mantenerne il valore dichiarato, egli intendeva stimolare la velocità della circolazione della moneta, e il borgomastro UNTERGUGGENBERGER a Vörgl dimostrò l'efficacia di questo sistema.

Il GESELL demolì la parte morta di MARX con la frase lapidaria: «Marx never questioned money» cioè MARX non interrogò mai la natura del denaro, non l'analizzò

I vantaggi del sistema di GESELL sono almeno i seguenti: 1) nei paesi pseudo-democratici può liberare la nazione, cioè il governo e il popolo (comprendendo in esso tutti i produttori, sia i datori di lavoro che gli operai) dal dominio dei banchieri e degli usurai.

Benché nessun gesellista puro sangue abbia mai considerato la moneta prescrittibile dal punto di vista statale e corporativo.

2) Con un bollo proporzionale dell'1% del valore del biglietto da aggiungersi mensilmente, una circolazione di 12 miliardi, darebbe allo stato una rendita di 1 miliardo l'anno, quasi senza spese per la riscossione, che sarebbe - automatica e pressoché libera da ingerenze burocratiche.

3) Invece di ammucchiare debiti («astronomici») coi National Bonds al modo di Roosevelt, ogni debito statale, ogni titolo alla ricchezza della nazione, invece di raddoppiarsi si estinguerebbe in 100 mesi cioè in otto anni e quattro mesi. (Gli inglesi pagano ancora una tassa per la battaglia di Waterloo).

4) I buoni del tesoro potrebbero pur continuare ad esistere in mani private, come mezzo di risparmio per chi vuol provvedere alla vecchiaia e alla famiglia, ma sarebbero considerati come un dividendo di Stato a una classe meritevole di cittadini non come una necessità ineluttabile per un governo che voglia usare del suo credito.

Insisto: lo Stato non ha affatto bisogno di pagare un «noleggio», per il suo credito cioè di prendere a prestito dai grandi usurai di professione come

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si fa quasi in ogni paese non consapevole e troppo legato a preconcetti dannosi, per esempio nella mia disgraziatissima patria (Stati Uniti d'America), in Francia nella sua grave crisi morale odierna, in Inghilterra per dominio di tradizioni accettate senza intelligenza dei fatti nuovi del mondo.

La seconda generazione dei Social Creditors, dopo gli empirici e gli inventori, ha dato il BUTCHART, che, stimolato da A. R. ORAGE, ha pubblicato il primo libro di economia ortologica, Money, the views of three centuries. Over 200 Extracts from 170 writers from 1641-1935 (Nott, Londra, I935). Col secondo volume, Tomorrow's Money, il B. è stato meno felice; ha raccolto infatti sette scrittori di opinioni diverse, tutti meritevoli, ma non è riuscito a fare che i singoli autori leggessero reciprocamente i capitoli da loro redatti. Il libro vale tuttavia per la ristampa di alcuni scritti del DOUGLAS e per una pagina del SODDY già citata in questo articolo.

Tra i volgarizzatori si devono nominare IRVING FISHER e CHRISTOPHER HOLLIS. Ma si deve distinguere: FISHER è un giornalista (ufficialmente professore ma nel suo intimo giornalista) che scrive bene.Quaranta pagine del suo «Stamp Scrip» meritano l'attenzione di ogni uomo anche se professore di cattedra. FISHER non s'impegna a fondo battaglia. Forse è ottimista e cerca di persuadere i grandi usurai americani ad accontentarsi di mezzo chilo di carne umana invece di «shylockare» fino all'ultimo etto e grammo.

CHRISTOPHER HOLLIS ha scritto un libro di grandissimo valore The Two Nations (Routledge, Londra I935) ed ha continuato, poi, a lottare in diversi libri per il gran pubblico, dove ben può dirsi abbia mano felice; egli infatti è fra i pochi economisti che riescono a trattare la scienza monetaria e i problemi veri dell'usura in modo che i loro libri si vendano e giungano alla terza edizione.

Questa fase appartiene all'educazione popolare, assai necessaria nei paesi dove persistono i governi di cosidetta maggioranza.

WYNDHM LEWIS chiama il governo inglese: Fake antique, finto antico.Pur essendo letterato e satirico ha contribuito recentemente con un libro di altissimo valore sociologico, riservato al pubblico eletto, Count your Dead, They are Alive (Preparation for another Great War about nothing). Non lo cito come economista ma per indicare il ritmo con cui questi problemi penetrano le opere di scrittori viventi e di prim'ordine. I quattro migliori poeti americani d'oggi si occupano di problemi monetari (non più della vecchia sociologia, «pink» Webbite, Fabiana, Manchesteriana o Villardiana) come, di fatto se ne sono occupati i grandi scrittori quali Dante, Shakespeare, Aristotele, Hume, Berkeley, Montesquieu, ecc.

Un'altra corrente ideale che si orienta su queste idee, si manifesta negli scritti di coloro che si rifanno ai fondatori della repubblica americana, cioè di JEFFERSON, JACKSON, VAN BUREN (v. il mio Jefferson and or Mussolini, pag. 114-119, i libri di W. E. WOODWARD, A New American History, gli articoli del padre COUGHLIN e di BUCK o più specificamente

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la parte più efficace del libro del COUGHLIN che è intitolata semplicemente Money, pag. 211-213).

Sarebbe difficile dire quali riviste inglesi e americane uno straniero dovrebbe leggere per il fatto che la vita intellettuale in questi paesi si manifesta in pubblicazioni effimere che durano due o tre anni (o meno e quindi cessano di esistere subitaneamente o decadono in una specie di burocraticismo letterario o ideologico, assumono un «protective colouring» e si adagiano nelle idee fatte. Dobbiamo pur dire che i fascisti inglesi hanno da un anno iniziato la pubblicazione di periodici economico-sociali di ben'altra vitalità e cioè del «Fascist Quarterly» (1936) e del «British Union Quarterly» (1937). Questa è la sola rivista inglese nella quale io abbia potuto leggere scritti degli altri collaboratori fra i quali il generale FULLER, SALAZAR (Portogallo), WYNDHAM LEWIS, A. K. CHESTERTON, W. JOYCE, JENKS. Potrei citare altre benemerenze della stampa periodica di partiti politici.

HUGO FACK che ha il grande merito di aver pubblicato The Natural Ecogomic Order di GESELL nel Texas a spese sue, mentre i grandi editori non ritenevano che tale pubblicazione fosse un affare, impronta tuttora il suo giomaletto «The Way Out» alle idee circa la Scarcity Economics o economia della mancanza, nonostante la pubblicazione della Chart of Plenty di LOLB (vedi recensione di ODON POR in «Rivista del lavoro» marzo I936).

La libertà di parola non esiste fra queste sette di razza liberale. Né le pubblicazioni dei gesellisti né quelle ufficiali del douglasismo («Social Credit») permettono la discussione aperta delle idee economiche.Sembrano ipnotizzati e irrigiditi come mussulmani decadenti. Si azzuffano fra loro. DOUGLAS considera le marchette della moneta prescrittibile come una tassa noiosa, inutile e perpetua, per quanto più comprensibile della «cancellazione» del credito douglasista e dei suoi sconti e cioè dei mezzi d'annullamento di credito emesso.

I gesellisti s'infuriano quasi sadisticamente al pensiero che la razza intiera può approfittare del lavoro di coloro che sono già morti, e delle scoperte della scienza. (Il valore deriva dal lavoro ma una gran quantità di lavoro è stata fatta dai nostri antenati che non sono più presenti a consumarne il frutto).

Il «Fig Tree» (douglasista) non accenna ai progressi dei non douglasisti, sia dei gesellisti sia del sistema corporativo. Il settimanale «Social Credit» presenta interesse solo nel suo campo speciale. Il «New English Weekly» s'affonda nel temperamento dei sobborghi inglesi e va quindi intonandosi al colore di quella vita sbiadita più che a una ideologia specifica e ben definita. Il «New Democracy» di New York è stato utile ma ha cessato di esistere. COUGHLIN fa un lavoro di educazione popolare attraverso un settimanale per il gran pubblico, non per gli iniziati, «Social justice». Però nel mese di giugno anno - XV, trovo nel suo giornale notizie che non vengono stampate altrove o che altrove sono ridotte a poche righe soffocate tra colonne di scandali e camouflage. Dai signori direttori della stampa periodica a

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carattere generale ricevo spesso questo invito: «Can't you write about anything except economics?» («Può scrivere qualche cosa purché non di economia?»).

Domando scusa ai lettori seri se ho parlato di cose troppo diverse tra loro.

Questo articolo consta di due parti: nella prima ho quasi implorato gli economisti a ben considerare il bisogno cocente di una terminologia esatta; nella seconda ho brevissimamente accennato a certi lavori frammentari ma sinceri di un manipolo di scrittori sparsi, che non sono ma che potrebbero essere coordinati se si trovasse un nucleo coerente di tecnici pronti ad assumersi una responsabilità lessicografica.

Diciamo energicamente che senza un'etica salda non si farà economia né sana né scientifica. Considerare soltanto il puro dinamismo senza tener conto dello «scopo» di una politica monetaria, condurrebbe a caos. La direzione della volontà è una componente da studiare nella scienza dell'economia. Badoglio dicendo «il nostro oro è la volontà e le braccia dei nostri soldati» è ben più economista di tutti i professori di Londra.

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Ezra Pound

L'ECONOMIA ORTOLOGICA

da: «Rassegna Monetaria», XXXIV, 1937, 705-715 IL PROBLEMA CENTRALE In un precedente articolo si è accennato all'impossibilità di costituire, una

scienza economica o di distinguere quella parte dell'economia che è prudenza, scaltrezza, perizia (abilità pratica) da quella parte che è o può essere scienza, senza prima definire chiaramente i termini basilari ed elementari e raggiungere l'accordo sulle definizioni stesse.

Riassumiamo brevemente i principali risultati cui siamo giunti in questa parte, diremo terminologica, del nostro precedente articolo.

La MONETA è un titolo o mandato quantitativamente prefissato, scambiabile contro qualsiasi merce o servizio senza altra formalità che la trasmissione da mano a mano e che non frutta interesse come i buoni del tesoro, ferroviari o altri.

La moneta è SANA O VALIDA quando è emessa, da chi possiede una merce trasferibile o da chi ha la possibilità di eseguire un servizio, in corrispettivo della merce o del servizio, e quando la merce o il servizio stesso sono desiderati.

L'INFLAZIONE (vera) si ha quando la moneta è emessa in corrispettivo di una merce o di un servizio non trasferibile o non desiderato, o quando è emessa in eccesso della quantità desiderata o trasferibile o non eseguibile.

Il CREDITO di un singolo o di una ditta corrisponde alla fiducia degli altri nella possibilità e intenzione di pagare del singolo o della ditta o eseguibile. Solamente in questi anni un pubblico eletto comincia a rendersi conto, principalmente nelle questioni degli scambi fra Stati, che questi pagamenti, in ultima analisi, vengono effettuati in merce.

Tentando di definire la MERCE, potremo chiamare così qualsiasi materia, prima o lavorata. Per entrare però nel campo economico occorre che qualcheduno la desideri.

Per fare un secondo passo verso una scienza economica bisognerebbe definire il problema centrale dell'economia ed i suoi necessari componenti o fattori.

Lo studio economico trae nome dalla parola oîkos = casa. Staccato da questa sua radice il termine diviene sofisma e teorica vuota poiché la sua ragione d'essere è appunto di far mangiare, vestire e vivere comodamente la

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gente, il che implica naturalmente l'avvicinamento della merce (cibi, ecc.) da dove si trova a chi ne ha bisogno o desiderio.

Gli elementi necessari del processo economico in qualsiasi società che abbia superato la fase primitiva (stato degli «uccelli, e degli animali») sono quattro:

1) i prodotti della natura; 2) il lavoro; 3) il trasporto: 4) il «Monetarv carrier»1 termine che potremo tradurre in italiano con

«mezzo di scambio» «strumento monetario». Questo strumento è una misura, ma di carattere sui generis. Non è infatti una misura posseduta dal venditore e che il venditore

trattenga dopo aver misurato la stoffa, il grano, il liquido venduto. È anzi portata dal compratore e da questi lasciata al venditore in corrispettivo della merce avuta.

Tutti questi elementi sono condizionati e governati dalla volontà. Dal desiderio, dalla fame, dal freddo, sorge la volontà di possedere. Dal senso etico umano (o divino) sorge la volontà di regolare il processo economico in modo giusto.

Qui sta tutto il problema; problema che non esiste in vacuo ma che deve essere situato dalla scienza nel mondo e nel clima dell'intelligenza umana qual è non in un clima intellettuale astratto.

È precisamente in questo senso che noi uomini sparsi, indipendenti, di libero arbitrio possiamo servire a qualche cosa, nonostante i limiti della nostra capacità e sapienza. E qui bisogna ch'io elenchi vari fatti, fattarelli e piccolezze di diversa importanza, fortuiti e senza significato apparente se giudicati uno ad uno, ma che sono in complesso indici della natura del terreno cerebrale, e dell'orientamento intellettuale o anti-intelligente. Bisogna che racconti anche fatti da me vissuti, non per intenzione autobiografica, ma solo perché bisogna riferire fatti concreti.

Quattro anni fa io stampai una lista di otto quesiti per conoscere l'opinione su di essi degli uomini più intelligenti di mia conoscenza, o che sapevo interessati al problema.

Fra questi uno rispose a proposito del quarto quesito: «Bisogna pensarci» Il quesito era: «Se la moneta viene considerata certificato di lavoro

compiuto, le tasse non sono più necessarie». Con questo io non intendevo affermare una novità ma mi riferivo a speculazioni ed esperienze già provate. Sui fogli di moneta cartacea emessa dell'UUTERGUGGENBERGER a Wörgl si legge la parola «arbeitswert» cioè valore di lavoro (10 schillings, 5 schillings, ecc.)2.

1 EZRA POUND, A. B. C. of Economics, Faber, London, 1933. 2 Per errore di stampa nel fascicolo 5-6-1937 della «Rassegna Monetaria» si parlava di

biglietti emessi dal GESELL. Con la frase «moneta di Gesell» io intendevo dire moneta emessa col sistema Gesellista. Ero in viaggio e le bozze non mi poterono raggiungere. L'errore non verte però sulla validità del sistema Gesellista.

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Tutto il poema senza metrica che è stampato sul verso di questa moneta merita l'attenzione dei più profondi pensatori.

Si legge anzitutto: «Langsam umlaufendes Geld» (moneta circolante lentamente) il che rende chiara la realtà di questa moneta emessa in contatto diretto colle condizioni effettive di quella vallata dell'Inn, dove non c'è che terra e uomini, dove unica ricchezza sono i raccolti, che non si producono da sé.

Questa moneta ha circolato effettivamente. Si vede dallo stato dei biglietti, anche di quello mio nonno3, sgualciti e sbiaditi per il continuo passaggio da mano a mano. La ricchezza della Vallata di Wörgl risulta direttamente dal lavoro. Ed il lavoro solo è posseduto in potenziale da tutti gli abitanti.

Attenzione poi alla parola Geld4 sinonimo in tedesco di moneta, traccia delle invasioni teutoniche. Il francese dice argent (argento). Lo spagnolo danaro perché «ubicunque lingua Romana, ibi Roma».

La parola dotta e greca «numismatica» deriva dal fatto che la moneta non è prodotto della natura ma del costume, delle abitudini sociali (nómos = consuetudine). Così dice Aristotele e bisogna sempre fidarsi delle autorità La parola nómos ha avuto poi anche un significato più antico: prato, posto dove pascolano le bestie («paschi»); poi ha assunto il significato di cibo» e infine significati meno materiali: costume, abitudine. Tutti questi significati della parola non sono accennati da Aristotele nell'Etica Nicomathea. Eppure egli era un uomo riflessivo.

Non conosco le vicende morfologiche della parola greca prima di Aristotele, ma per la comprensione chiara dell'economia mi pare un gran peccato che la parola romana pecunia, titolo a una pecora (feconda), non abbia continuato a vivere nel suo primo significato e che il mondo sia caduto sotto il dominio del vitello dorato, idolo artificioso, che non ha mai partorito che stragi, paure ed avarizia.

Può essere che questo che io dico sembri ai dotti professori e specialisti di una semplicità infantile; dovrei però rispondere che in 18 anni di curiosità economica ho trovato in alto loco una tale ignoranza dei più semplici ed elementari fatti e rapporti economici che sento necessariamente il bisogno di cominciare col chiarire delle cose che sembrano «quasi infantili» o col riferire brani lessigrafici, i più pedanteschi, per evitare guai e confusioni ulteriori.

Le traccie di tale ignoranza sono visibili nel linguaggio stesso e la mancanza di logica e di effettiva conoscenza domina il mondo d'oggi

3 V. illustrazioni del precedente articolo dell'A. nel fase. 5-6 ilel '<)37 della «Rassegna

monetaria». 4 Vedi HERMANN FISCHER, Schwabisches Wörterbuch, Laupp'schen

Buchhandlungm, Tübingen 1911. Sette colonne per illustrare questa parola; cfr. Schuld = biasimo, con guilt inglese, non gilt.

Esso è simile alla voce «Gold» (oro) radice comune a tutte le lingue nordiche. Geld, gieldan = pagare; Geld, divisione di territorio a scopi fiscali, pagamento, servizio, società (confusione con guild); anche sterile. Geld vale anche per tributo.

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giorno. A titolo d'esempio, e non per scherzare, ricordo un delegato ad una conferenza internazionale (delegato degli U.S.A.) che aveva scritto un libro in cui non distingueva fra un aratro e un'ipoteca.

Altro annedoto: avendo il DOUGLAs dichiarato che nel sistema commerciale dell'ottocento la produzione espressa in moneta si crea più velocemente di quel che la potenza d'acquisto venga distribuita, il notissimo professore X «confuta il DOUGLAS» per i suoi buoni allievi (i lettori di una rivista per banchieri) perché a suo giudizio, il DOUGLAS avrebbe trascurato l'elemento «velocità» («rate of flow»). In realtà egli cita il DOUGLAS omettendo proprio le parole da questo dedicate a quel concetto.

È quindi giustificata la diffusa opinione che l'economia non sia una scienza? Io preferisco ammettere che il dotto prof. X non sia uno scienziato nel senso che questa parola si adopera per gli studiosi di chimica e di fisica.

La mia generazione non fu educata nell'economia. Io presi ad interessarmene nel 1918 o 1919 quando la stampa inglese si mostrava tanto silenziosa nei riguardi del DOUGLAS, e cominciai ad interrogare uomini pratici.

Una delle ore più «vissute» della mia vita fu quella che passai in colloquio col GRIFFETHS, fondatore del Sinn Fein, e promotore della più o meno raggiunta autarchia d'Irlanda. Ci, trovavamo nella sua camera per sfuggire ai detectives che infestavano l'albergo. Era l'epoca dell'«armistizio» quando i delegati irlandesi furono invitati a Londra con garanzia di immunità.

Ad un certo momento GRIFFETHS disse: «Tutto quello che voi mi dite è vero. But I can't move 'em with a cold thing like economics», cioè io non posso sollevare questo popolo con una cosa fredda come l'economia.

Appresi molto in quel colloquio. La vita intima dell'uomo dipende dalla moneta. Quasi nessuno ne indaga

la natura. Forse il TROLLOPE fu il primo romanziere ad accorgersi di questa verità. Ma non si può scrivere l'Histoire morale contemporaine ignorando la motivazione economica. Si va in fondo o si rimane alle apparenze.

Nondimeno le difficoltà per chiunque vuol fare un po' di luce sono enormi. L'incomprensione è enorme.

L'economia non è una cosa «fredda». È una cosa calda, cocente, come la fame, la sete. Entra nelle viscere. «Quia pauper amavi» lamenta Ovidio.

I dilettanti di buona volontà, i fanatici, quelli che non hanno pratica degli affari, o della politica, o dell'amministrazione si prestano ad ogni attacco.

La paura di un McKENNA di tutto quel che, viene «dal di fuori», di tutto quel che è amateur, è quasi giustificata. O almeno io comprendo l'avversione d'un tale uomo per noi autodidatti, per chiunque non sia allenato alla precisione.

Ho citato errori dei tradizionalisti. Ma fra noi, cioè fra i miei amici riformatori, gli sbagli sono pure frequenti; sbagli di buona fede, provenienti dal non aver abitudine al metodo, o dal non comprendere la mentalità dei lettori o semplicemente dal fatto che il «terreno» è nuovo.

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In una scienza già ben conosciuta si potrebbe quasi dire che lo stesso tipografo avrebbe potuto evitare un errore puerile come quello che è nel mio ultimo articolo: a pag. 395 (n. 5-6 del I937). Io non sostengo, infatti, che il 12% di 12 miliardi fa un miliardo; ma che il 12% di 8 1/3 miliardi fa un miliardo!

Altro caso: lo SWABEY in un articolo di alto valore ed interesse in «Criterion» a proposito della posizione della Chiesa Anglicana di fronte all'usura, citando una lettera mia privata ed elittica confonde chi emette il danaro con chi lo dà in prestito. Il «Criterion» essendo un trimestrale, occorrono tre mesi per rettificare l'errore. L'articolo invece di essere autorevole, rimane solamente interessante. Tutta la posizione del SWABEY ne risulta indebolita.

Dà un vantaggio ai «nemici» Ma solamente nell'economia, fra tutte le scienze, esistono «nemici» in questo senso.

L'errore deve servire ad un rischiaramento. Notare a proposito del significato materiale di nómos che il Monte dei Paschi trovò e mise in atto le basi valide del credito nella prima parte del seicento; e cioè:

1) l'abbondanza della natura, 2) la responsabilità di tutto il popolo. La Chiesa o gli economisti cattolici nel millennio fra Sant'Ambrogio e

Sant'Antonino da Firenze misero in luce altri rapporti veri, considerando l'interesse come componente nel problema del giusto prezzo. Così facendo evitavano i fanatismi di chi voleva totalmente abolire l'interesse.

La distinzione fra usura e partecipazione non fu nuova. Pur nei libri di Mosè si distingueva fra il frutto ed il corrosivo, neschek, il serpente che morde.

Lo Stato, o chiunque fornisce una misura per gli scambi, lavora. In quanto questa misura è stabile o varia in modo sistematico, chiaro a tutti, lo Stato o l'emittente della moneta merita un compenso. Questa è la base etica per le marchette di Avigliano e di GESELL o per i demurrage charges sulla moneta.

Senza parlare in particolare di questo o quel processo economico insisto che per una chiara comprensione della verità economica in genere tutte queste premesse devono essere comprese, messe in rapporto l'una con l'altra e con le loro basi etiche.

Nei tempi passati anche coloro che fornivano i dischi metallici avevano una loro funzione e attraverso mille anni di ricerche del giusto compenso l'idea del 5% si è fatta luce.

Ma dire che quelli che fanno i calcoli, che tengono una contabilità sana non hanno diritto a niente, sarebbe un assurdo da fanatico. Su questo terreno i socialisti inglesi o alcuni fra loro combattono il DOUGLAS, appunto perché egli cerca il prezzo giusto per tutti i servizi e per tutte le merci.

Si deve comprendere che lo Stato emettendo moneta sana e valida serve ed ha diritto a un compenso, compenso che differisce da qualsiasi tassa o imposta. La differenza fra imposta e partecipazione data almeno dal sistema «dei nove campi» dei vecchi imperatori cinesi (argomento che dovrei

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trattare più ampiamente di quel che non sia possibile in quest'articolo). Ma è una distinzione cardinale per l'economia ortologica e volizionista.

Queste mie frasi sono disordinate? Sembrano confuse? È forse naturale che le comuni opinioni siano confuse: il caos non è mai stato abolito da nessuno. Il codice Napoleone non lo abolì.

Del resto un'idea nuova, o magari una scienza, nasce dal caos. Bisogna poi considerare non solamente la confusione esistente nelle opinioni del pubblico ma anche le condizioni e le contingenze in cui si trova quel migliaio di persone più o meno qualificate e competenti a collaborare nella formazione di una cognizione vera.

Il W., per esempio, non distingueva fra aratro e ipoteca. Il vecchio X che era consigliere della Banca d'Inghilterra e simultaneamente del Governo americano, tanto che dopo le sue dimissioni si sussurrava che tutti e due lo impiegavano più come informatore che come consigliere, sedeva nella vita privata su un ricco sofà e confessava: «Signora, le confesso, io non ci capisco».

Parole che rimano con quelle di un giovane e brillante professore di Cambridge: «Ma non capiscono!». Egli parlava dei suoi colleghi della facoltà economica di quella Università e ripeteva con voce sempre, più soffocata: «But they do....not... know. They do not KNOW».

Abbiamo di fronte una incomprensione vera. Ed abbiamo inoltre da combattere i nostri propri difetti di metodo e di pervicacia ed i nostri personali limiti d'intelligenza.

Veniamo al concreto e al particolare. DOUGLAS era ingegnere abituato a far i suoi disegni (blue prints) e a presentarli ai competenti. Diceva, da sè, che non era un capo di partito, che non poteva capeggiare un partito.

Dopo la visita del DOUGLAS agli S. U. A. il senatore CUTTING mi scriveva con amarezza che egli aveva dato un ricevimento in onore del DOUGLAS, invitando quanti senatori e deputati credeva capaci di comprenderne le teorie. «DOUGLAS hadn't sold the idea». DOUGLAS. che non era al corrente delle abitudini americane, non aveva «esposto» le sue dottrine, si era insomma condotto come un qualsiasi europeo modesto che va ad un ricevimento ed aspetta che gli altri gli rivolgano delle domande.

La lista mandatami da CUTTING dei senatori capaci di comprendere l'economia, è breve, da un certo punto di vista, tragicamente breve. Era distinta in due gruppi: di quelli competenti a comprendere il Social Credit, e di quelli aderenti ad altre dottrine «eretiche» ma interessati all'economia. La sua lista dei deputati era ancora più breve, ma egli scriveva che naturalmente conosceva meno i membri dell'altra Camera che quelli del Senato. La morte di questo senatore in un incidente aviatorio ha certamente procrastinato la riforma monetaria nel mio paese.

Ma si pensi alla posizione d'un altro senatore più vecchio che parlando al CUTTING diceva: «Io non comprendo il Douglasismo, ma se Lei lo vuole io vi sosterrò». Evviva l'amicizia personale! Non si può certo definire però quest'attitudine precisamente scientifica.

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Altro caso, il BRENTON, conosciuto in privato con l'appellativo di «cane malaticcio» è un bravo ragioniere. Vive in un'atmosfera di nobile passione ed esasperazione. Per dieci anni ha battagliato quasi da solo, calcolando le percentuali del «A» e del «B» nell'algebra Douglasista.

Disprezza il mondo e quasi tutti i suoi abitanti (io non conosco eccezioni). È apprezzato altamente dal manipolo dei ben disposti che possono servirsi dei suoi calcoli. Ma è arrivato fino ad attaccare un libro sul suo giornale senza averlo letto, solamente perché l'annuncio dell'editore faceva capire che in esso si trattava di altre idee economiche.

La scienza si costruisce con calma. Non che io voglia negare il valore della passione. Passione e esasperazione aprono spesso la via a nuove idee, motivano e stimolano l'azione ecc. Ma ora è questione di creare una scienza, un'economia ortologica e coerente.

Nel 1919 ORAGE lamentava che DOUGLAS «non sapesse scrivere». Io non capii queste parole. Gli scritti del DOUGLAS mi parevano chiarissimi, ed il secondo volume dove collaborò ORAGE mi pareva anzi inferiote al primo.

Ma l'incomprensione e l'incomprensibilità non sono certo una cosa semplice ed uniforme. Un non specialista crede di comprendere dove un perito vede un mucchio d'ambiguità e dove il dilettante non ne vede nemmeno una. Questa è soprattutto la causa che tanto separa i lettori dagli scrittori. Non cerco perciò di riodinare queste mie pagine.

Bisogna che il lettore serio si renda conto da solo 1) della difficoltà della materia; e 2) della difficoltà di farsi comprendere in questa materia. Comprensione che viene sabotata dai veri oppositori, monopolisti,

privilegiati, che non vogliono che la luce si faccia. Vi paiono eccentriche le mie opinioni? Ebbene ricordate come prima della guerra abissina molti italiani credevano eccentrica la mia opinione che la stampa inglese fosse bugiarda. Per un americano questa scoperta può anche essere una riscoperta. JEFFERSON scriveva ad un amico intimo: «The EngIish papers; their lies».

Evviva il buio pesto! In America oggi si possono comprare gli scritti di LENIN, TROTSKI, MARX, STALIN, in pratiche edizioni a 10 e 25 cents (tirature di 100.000 esemplari). Ma gli scritti dei padri della repubblica non si possono comperare: o non sono stati mai stampati o sono esauriti. Eppure dal I776 al 1860 gli Stati Uniti rappresentarono il più interessante «esperimento statale» del mondo e con l'andar degli anni l'interesse non è diminuito. Io ho 10 grandi volumi di JEFFERSON per caso. Il padre di T. S. ELIOT era jeffersoniano, e ne diede un'edizione (edizione a carattere commemorativo in 10 volumi, e in limitato numero di esemplari) al figlio, il quale, non interessandosene molto la passò a me. Le lettere di JOHN ADAMS le ho viste solamente alla Biblioteque National di Parigi, e da anni le cerco, per comperarle. VAN BUREN scrisse la sua autobiografia nel 1861 ma questa fu stampata solo nel 1920, non credo per machiavellismo dei banchieri ma piuttosto perché la notte d'ignoranza era così fitta che gli stessi professori e storiografi non ne comprendevano l'importanza.

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Tutta la battaglia fra lo Stato e le banche combattuta negli Stati Uniti dal 1830 al 1840 e vinta dallo Stato è quasi da tutti ignorata. Di tutto ciò non si parla nei libri di scuola. I nostri grandi presidenti JOHN ADAMS, JACKSON e VAN BUREN non fanno grande figura in questi libri. E solamente in questi ultimi anni si cerca di rendere un po' di giustizia a ANDREW JOHNSON, che successe nell'alta carica dopo la morte del LINCOLN.

Il frutto della battaglia del 1830-1840 andò perso nella confusione della nostra guerra civile.

La nostra scienza non sorge nel vacuo. È più di ogni altra confusa e sabotata dagli interessi coscienti ed incoscienti. I monopolisti non sono solamente i fautori della emissione creditizia. Gli occupatori di poltrone, una volta dette cattedre, non tollerano serenamente di essere disturbati. Il professore SCOTT NEARING fu cacciato. Il KITSON mi scrive: «Tre professori che per primi adoperarono i miei libri in classe furono cacciati dai loro posti».

Esiste il sabotaggio industriale, gli inventori hanno sempre incontrato delle difficoltà; per esempio la storia del telefono automatico è interessante a questo proposito. Mi sorprende che il rapporto del TWEDDEL nel «Medical World» del gennaio 1931 sulla cura calcica della tubercolosi polmonare (Calcium Treatment of Pulmonary Tuberculosis) non abbia avuto maggiori ripercussioni. Ma in tutti i casi, ad eccezione della questione monetaria, gli interessi sono speciali. I sabotatori costituiscono dei piccoli gruppi. Contro una vera scienza economica insorgono invece i più potenti dei monopolisti, con tutta la stampa che è padroneggiata dai grandi trusts, banche, ecc.

E, d'altro lato, sta il popolo indeciso. T. S. ELIOT, ottimo giudice della psicologia inglese, mi scrive: «Tutto questo interesse popolare (alla riforma Douglasista e ad altri problemi economici) sparirà con l'aumento delle paghe dovute al riarmo e all'attività contingente».

La curiosità delle masse nelle grandi democrazie, anche quando per un quasi miracolo o per molte sofferenze viene sollevata, è destinata a venire meno mediante 10 o 15 scellini la settimana.

Rimangono solamente i pochi studiosi o i grandi appassionati. E questi ultimi commettono errori. Hanno i difetti connessi alla loro qualità. Non osano dire: «Ho sbagliato». Qualche volta è difficile convincerli che devono dire: «Ho sbagliato».Hanno cariche, ecc. La loro autorità dipende...ecc.

Un altissimo dignitario mi felicita della mia versatilità. Io non mi rallegro. E non vedo la versatilità. Un poema epico è un poema che contiene la storia. Chi non s'intende di economia non capisce affatto la storia. Senza andare in fondo del problema economico e di quello specifico della moneta, io farei una cosa superficiale ed idiota e non un poema serio. Ma il clima intellettuale del tempo nostro si ribella. Ammira DANTE ma si rivolta contro le parole: «I guai che sopra Senna induce falseggiando la moneta», dove il Poeta condanna una svalutazione pre-Rooseveltiana. DANTE occupandosi di valori etici per forza doveva considerare la moneta e lo staio.

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OMERO considera il problema del vitto, dell'allevamento dei suini, della logistica e dei cibi per Ulisse e i suoi marinai.

L'estetica borghese vuol non solamente che l'arte abbandoni il disegno per l'ornamento, ma vuol che anche la poesia si riduca a giuochi di parole, a pura ornamentazione verbale, «splendore di frase» ecc.

Bisogna creare un laboratorio per l'economia, magari un laboratorio cerebrale, in piena coscienza delle condizioni che ne determinano il funzionamento come si fa per la chimica e la biologia.

Io dico tutto quel che penso. La prima volta che scrissi per questa Rivista, il direttore non abituato ai miei difetti non mi fece correggere le bozze di stampa ed io non vidi le didascalie sotto i cliché della moneta carta. Per un numismatico si deve dire sotto il primo: «Dritto d'un biglietto emesso secondo il sistema di GESELL dal Gesellista UNTERGUGGENBERGER v. ultima riga della pagina precedente (393). Grandezza originale 8 x 14 cm.». Per la terza riproduzione con le parole aggiunte e non mie «in magazzino» si apre un problema ben importante. Forse nessuno sa con precisione dove sia il limite fra l'emissione di moneta e l'emissione di credito. Certo mio nonno non teneva la sua legna sotto un tetto. «Magazzino» era forse la foresta oppure forse gli ammassi di tronchi d'alberi già tagliati. La consegna era generalmente in forma di tavole segate. Ma non so dove si arrestasse la «moneta» nel senso nostro, e dove cominciasse il credito, cioè il complesso di fiducia fra lavoratori e padrone, la disponibilità della foresta vergine, ecc.

Analogamente io ho sempre sostenuto che a un certo punto (epoca del dollaro a 19) la lira era basata sulla parola del Duce. Per me una base molto più sicura dell'oro altrui. Voglio alludere all'oro vincolato, manipolato dagli irresponsabili, condizionato, sotto l'influsso dei R. o l'astro dei D.

Non c'è economista ai nostri giorni che non abbia bisogno di confessare apertamente e di esaminare e riesaminare in sé stesso il limite della sua propria ambiguità, i punti dove egli sbaglia, se non grossolanamente come in W., per lo meno sempre in notevole misura, commettendo queste piccole confusioni e lasciando terreni coperti di nebbia.

I colpevoli sono quelli che non vogliono conoscere i fatti. Il prof. R., per esempio, che mi mandò tre cartoline umoristiche

(comperate con un «bon» delle Camere di Commercio Francesi Riunite, che non ha valore fuori della Francia) negando che un paese possa avere una specie di moneta per uso interno ed un'altra per gli scambi internazionali.

Il W. che fece escludere le mie lettere da un grande quotidiano londinese, perché l'avevo chiamato in privato bugiardo pagato, e i gentlemen non parlano così. Lo stesso W. ammetteva poi in lettera privata a me che lo Stato può emettere moneta direttamente ma che egli non approvava tale procedimento.

Nessuna altra scienza soffre come la scienza monetaria delle opinioni politiche di quelli che scrivono, intorno e a proposito di tali argomenti. Dico intorno e a proposito volendo distinguere quest'attività dall'analisi, dalla

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ricerca storica, dall'attività scientifica di coloro che indagano la natura della moneta, e i rapporti effettivi fra la scienza monetaria e il buon governo.

La scienza di questi rapporti esiste e può svilupparsi. Il Mencio tre secoli a. C. ricorda che fra il re Shun e il re Wan passavano

mille anni e che quando la loro saggezza fu messa insieme pareva «due parti d'un sigillo» (nell'originale cinese questo «sigillo» era un tally stick, cioè le due parti di quelle tavole spezzate, che i primitivi adoperavano per i conti).

Questo articolo può dividersi in tre parti. La prima, che riassume il mio

articolo precedente sul bisogno d'una terminologia economica chiara e accettata dagli autorevoli competenti. e quindi sempre più comprensibile non solamente per il lettore comune ma anche per gli specialisti; la seconda, che tratta della definizione del problema totale e dei suoi componenti inelluttabili ed essenziali; la terza, sulla comprensione del clima dell'ambiente e delle circostanze nelle quali si sviluppa e si diffonde la scienza economica.

Bisogna che almeno qualche centinaio di persone smetta di parteggiare pro o contro per sorreggerci fra noi con un po' di comprensione. Non desidero che le mie definizioni siano discusse, ma vorrei piuttosto suggerimenti pratici e positivi. Come si può definire meglio la moneta, il credito ecc.? Esistono o non esistono altri componenti fondamentali del problema oltre la materia, il lavoro, il trasporto e lo strumento monetario, tutti e quattro governati dalla rettitudine. dalla directio votuntatis?

EZRA POUND

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Ezra Pound

ECONOMIA ORTOLOGICA

da: «Rassegna monetaria», XXXIV, 1937, 1101-1106 LE BASI ETICHE Senza una chiara terminologia, senza una giusta definizione della

MONETA non si può esprimere neppur la più rudimentale idea economica. Senza definire il problema centrale dell'economia, non si può costruire una scienza.

Questo problema non è altro che quello di fare mangiare e vivere bene un popolo intiero, come una buona massaia fa mangiare e vivere bene la sua famiglia, cioè di adoperare i mezzi esistenti, e di supplire alle deficienze.

Il nemico, ossia tutte le forze avversarie, è stigmatizzato da Sant'Ambrogio in una sola frase:

Captans anonam maledictus in plebe sit. Tutto ciò che è anti-economico si risolve in monopolio sotto un aspetto o

sotto un altro. Esso, come il nemico, vive delle angustie e degli infortuni altrui.

In qualsiasi società che abbia superato lo stato selvaggio il monopolio fondamentale è il monopolio del denaro. Tutti gli scandali, tutti i libri a gran tiratura tipo quelli di Zischka: La guerra per il petrolio, la Vita di Zaharoff, ecc. mostrano i vari aspetti, del vero male: il controllo monopolistico della potenza d'acquisto.

Conoscendo la natura della moneta e cercando la verità si precisano certi concetti etici e si possono definire. Ripeto: da Sant'Ambrogio a Sant'Antonino di Firenze si evolse un pensiero giusto e concreto. Cercando la giustizia, essi finirono col considerare l'interesse come una componente del giusto prezzo, evitando così le esagerazioni.

Le basi valide del credito sono: l'abbondanza della natura e la responsabilità di tutto il popolo. (v. articolo precedente in «Rassegna Monetaria» nn. 7-8, 1937).

Nei rapporti umani esistono certi elementi permanenti, quindi il testo di Confucio che dice: così si possono sapere gli eventi di cento generazioni.

Come nella fisica un fuoco di una certa entità può far bollire l'acqua in una pentola di determinata grandezza, così nei rapporti umani, cause producono effetti prevedibili.

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L'interesse oltre il giusto è corrosivo (la parola biblica è neschek), DEXTER KIMBALL elenca i fallimenti delle ferrovie Americane in certe epoche. Quante cedole di titoli sono rimaste insolute! Non si può emettere buona e valida moneta in corrispettivo di terre lontane, o di raccolti non trasportabili.

Credo che si debba separare il puro dinamismo dalle distinzioni etiche, ma in fin dei conti l'ingiustizia riesce profittevole solo per un tempo limitato.

Il DOUGLAS, senza cercar precedenti, ma cercando il giusto prezzo, si è congiunto alla economia canonista.

Il GESELL parte da un'altra percezione fondamentale cioè dalla durata relativa di diverse specie di merce. Il servizio, cioè il lavoro che non vien fatto oggi non si può fare domani nel senso che Caio e Sempronio possono far il lavoro di sabato solamente il sabato e non il lunedì. Il lavoro è attuale e immediato. Il lavoro fatto il lunedì seguente diviene il lavoro di lunedì. Quindi il lavoro passa più presto che la merce, e si rinnova.

L'insalata, le patate, il marmo hanno durate diverse l'una dall'altra. Un titolo a una merce marcescibile e deteriorabile, non può durare in un

certo senso senza affronto alla giustizia, e senza turbare il sistema economico. Dico «in un certo senso» perché su questo punto mi è ben difficile esprimermi in italiano.

Il titolo può rimanere valido se la merce si rinnova: cioè se un nuovo chilo di patate sia prodotto per rimpiazzare quello mangiato, il titolo può anche servire per stimolare la produzione.

Guai a chi cerca di stabilire un'economia statica basata su una quantità fissa e immobile e non su «rates of flow» gradi di velocità. Forse nessuno lo fa consapevolmente ma cade in errore perché non ha ben viva nella mente un'immagine di movimento, di diversa celerità o lentezza.

L'avere una precisa consapevolezza di questo concetto costituisce il valore d'un P. J.M. LARRAÑAGA (fra gli altri suoi libri: «Gold, glut and government»), uomo randagio, ingegnere stradale, vagabondo abituato a vedere fatti concreti e conoscere la natura variabile degli uomini.

L'economia di GESELL è esposta nel suo Ordine naturale dell'Economia. Tutta la sua dottrina deriva da una definizione giusta della moneta. La moneta non è valida se è titolo a qualche cosa di non consegnabile. E per equilibrare la potenza d'acquisto con le merci (più i servizi) disponibili bisogna che i titoli spariscano col consumo; o che si trovi qualche mezzo per mantenere il totale della moneta disponibile in un rapporto, efficiente col totale delle merci e servizi disponibili.

Anche egregie persone fanno grandissima confusione fra il totale della potenza d'acquisto d'un popolo, e la potenza d'acquisto della unità monetaria.

L'abilissimo politico F.ROOSEVELT è riuscito di buon'ora a denunciare il grave inconveniente che la metà del popolo americano non potesse comprare quello che produceva l'altra metà Il «guaio» è che egli, non vuol prima staccarsi da molti «amici» e che tutto il popolo americano non può

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comprare quello che produce tutto il popolo americano. Questo punto DOUGLAS lo coglie in pieno.

I dettagli della politica economica in un paese dove l'abbondanza affama non possono essere che ben diversi da quelli in un paese dove la prima cura del governo è (giustamente) quella di provvedere a ovviare alle deficienze per non essere colto alla sprovvista

Ma il problema: come adeguare la potenza di acquisto di tutto il popolo al totale delle merci (servizi) disponibili, rimane.

Fra merci e servizi la distinzione è stata fatta dal Duce in modo che nessun latino deve mai farsi uscir di memoria. Mussolini «s'inalbera» quando gli dicono che il lavoro è una merce.

In questo concetto c'è una base dinamica. Il lavoro esiste potenziale e rinnovato ogni mattina. Badoglio va in fondo di tutta l'economia ortologica e giusta, con la frase: «Il nostro oro è la volontà e le braccia dei nostri soldati».

Contro questo complesso di servizi occorre un mezzo di scambio effettivamente circolante, credo di quantità fissa. In questo campo sarebbe possibile andare avanti colla moneta vecchio stile o con una quantità di biglietti di Stato determinata e relativamente statica.

Non dico che il totale della moneta può rimanere statico, dico che la parte corrispondente ai servizi potrebbe forse rappresentare una quantità fissa nella nostra eventuale algebra.

Ma si deve esaminare il problema di nuovo per sapere se la fissità assoluta sarebbe più efficace per il bene pubblico che una savia variazione.

Il GESELL si concentrò sul concetto circolazione, e predispose i mezzi affinché non stagnasse. Il sangue nelle vene circola.

La merce si crea e svanisce, viene consumata. I grandi lavori monumentali, non si mangiano.

La gente non mangia strade. Non dico che il sistema di GESELL (Schwundgeld) sia indispensabile, ma dichiaro che l'uomo che non ne comprende il perché non sarà mai un vero economista. GESELL ha calcolato o trovato un mezzo rozzo per fare sciupare e consumare una proporzione della potenza d'acquisto pari passu col consumo dei cibi, col deterioramento dei vestiti, con la combustione del carbone e del petrolio.

Suppongo che i più savi dei banchieri (se esistono banchieri savi ai nostri giorni) sosterranno che nel loro «sistema» si fa luogo a delle espansioni e deflazioni in rapporto a questi fenomeni, ma non si è mai scoperto che queste operazioni vengano fatte per il bene del pubblico.

Bisogna stimolare secondo loro, anche sfruttare ecc. L'etica non sorge che dal chiaro vedere le differenze fra atto e atto, fra

motivo e motivo. Il vero filosofo non «cade » nelle astrazioni. Qui sta la superiorità di Confucio e Mencio sopra i greci. Il Senato

Romano aveva forse ben rozzo buon senso: non cadeva nel frammentarismo greco quando bandiva certi «filosofi». Confucio non si stacca mai dalla

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natura totale. Socrate faceva una specie di guerra: l'intelligenza contro la totalità della vita.

Scriverò in proposito altri saggi fuori del campo economico, ma devo segnalare una necessità. Sostengo una riforma non solamente nell'economia ma in tutto il campo intellettuale e universitario occidentale, vorrei cioè il confronto fra la terminologia filosofica cinese, quella della grande tradizione latina e medioevale e quella greca. Per il momento basta dire che il vero filosofo non si stacca mai dal concreto, non evita mai di vedere un suo principio in atto, e illustrato da un fatto concreto.

Tra parentesi, gli errori del materialismo marxista sono ben più palesi nei risultati che nelle pagine del MARX, dove la sua nobile indignazione annebbia la mente del lettore, per es. nel Capitolo X di Das Kapital, dove il MARX è puro storiografo quando protesta contro la eccessiva lunghezza della giornata di lavoro.

L'etica in gran parte consiste nel non confondere cose di diversa natura, nel non adoperare categorie così mal definite per cui l'ipoteca e l'aratro vengano a trovarsi insieme nella stessa categoria.

Senza una forte coscienza morale, il banchiere si è trovato ai giorni nostri ad essere incosciente di tutto quel che non arriva fino al suo sportello. L'economia detta «ortodossa» è rimasta una descrizione di certi procedimenti della contabilità, un complesso di superstizioni.

Gli invasati, le persone che mancano del senso dell'umorismo, mi esasperano. La PERKINS (Segretaria del Lavoro) è divenuta una maledizione per il mio paese perché non comprende che l'uomo non ha mai mangiato il lavoro. Non si mette una fettina di lavoro fra due fette di servizio per farne cena. I palazzi non sono cibi.

Io rimango indifferente alle parole finché non si confondono sotto una copertura verbale due sostanze di natura diversa.

MARX forse vedeva una distinzione fra proprietà e capitale, ma il mondo non lo sa ancora.

Io lascio ai miei lettori italiani la scelta dei termini ma l'economia ha bisogno di due parole che permettano di distinguere senza la minima possibilità d'errore fra la categoria che contiene la sedia dove mi siedo, il mio letto, la mia tavola, i miei vestiti, da una parte, diciamo, la mia proprietà che io devo conservare o rovinare, in mia facoltà senza danneggiare altrui, e d'altra parte, la categoria che contiene un mio titolo della Ferrovia di Pennsylvania per il quale un complesso di uomini devono fornirmi 50 dollari all'anno.

Mi pare che sarebbe utile di chiamare questo titolo capitale e di lasciare la parola proprietà per le cose che hanno più corpo.

Il termine Finance Capital viene sempre più usato in inglese. In ogni caso la scienza ha bisogno di segni, indicativi in numero uguale

alle diverse categorie da segnalare. «Kulak capital», «finance capital», indicano diverse specie di ricchezze

nell'ultima opera satirica di WYNDHAM LEWIS.

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Ma se scorriamo un eventuale libro di scuola, dobbiamo prima scegliere e definire due parole in questo campo. Kulak capital significa, nel mio linguaggio personale, proprietà.

L'etica della terminologia consiste nel non essere ambigua. Dopo il tempo di CROMWELL l'Europa è malata a causa

dell'indeterminatezza del secondo termine. La spada difende il solco da altre spade. La spada non difende il solco

dall'usura. DANTE lo ha ben saputo, (si pensi a Gerione). Solamente una grande incomprensione della natura della moneta avrebbe

permesso a NAPOLEONE di trovare soldi a Londra per armarsi contro l'Inghilterra. Questo processo mi pare contro l'economia, contro l'oikos.

DOUGLAS sbaglia meno degli altri perché è animato dalla sete della giustizia.La sua definizione fondamentale della salda moneta primitiva è «The man that issued the money had the goods» (L'uomo che emetteva la moneta possedeva la merce, ossia il bestiame).

Sotto ogni brano di buon senso economico si trova una salda base etica, un chiaro concetto dei rapporti, e una chiara dissociazione di cose di natura diversa.

Chi torna un po' indietro trova trattati d'economia comprensibile. HUGH CHAMBERLEN, che scriveva nel a. d. 1696, parlando di «Hands and Lands» trasmetteva senz'altro il suo concetto. Solamente col trionfo dell'usura nell'ottocento si arriva all'imbrogliatura universale della terminologia economica.

Il BERKELEY è abbastanza chiaro quando chiama moneta un biglietto (money, a ticket).

DOUGLAS scoprendo la causa della mancanza globale della potenza monopolio di questa potenza, concentrato non nelle mani d'un governo benevolo ma in mani altrui.

GESELL vedendo che l'oro dura e la merce no, voleva una moneta che si adattasse quasi automaticamente alla sparizione della merce. Queste sono azioni etiche. Non insisto sulle marchette. Posso ben vivere senza il piacere di adoperare una seconda varietà di francobolli.

Non credo che l'annullamento, mediante timbratura, dei francobolli postali a servizio reso, sia un mistero per il pubblico. Ma gli economisti scienziati che comprendono il perché dell'annullamento dei francobolli postali devono comprendere il perché delle marchette di GESELL e di Avigliano.

Se la cancellazione non viene effettuata in un modo, deve effettuarsi in un altro. Il pubblico nel suo complesso deve essere in grado di comprare il proprio prodotto globale.

E la riserva? E la prudenza? Le bas de laine del contadino francese non è mica un nuovo concetto. Gli anelli d'oro del popolo italiano hanno funzionato.

Supporre che una tale riserva, magari cartacea, rovinerà un popolo, è assurdo.

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Il posto più sicuro per quella riserva «The safest place for the reserve of purchasing power» fu designato da un rozzo padre della Repubblica Americana «in the pants of the people» nelle braghe del popolo.

Non dico che questo sia il solo ripostiglio ma è UN ripostiglio non trascurabile, che in nessun, modo può impedire o ostacolare l'esistenza d'altre riserve.

Oltre queste poche precisazioni etiche dubito che ve ne siano molte altre nell'economia. MARX vedeva che «il valore sorge dal lavoro», ma non vedeva che un'enorme quantità di lavoro era stata GIÀ compiuta dai nostri antenati, inventori di processi meccanici.

DOUGLAS demolì il Marxismo con questa percezione, come il GESELL lo demolì rilevando che «Marx non domandò mai: che cosa è la moneta?» Ma tutti e due agivano nel dominio dell'intelletto quasi non entrando nell'azione effettiva.

Ma il principio del male, il Satana del sistema pre-Fascista, pre-Douglasista, pre-Gesellista, il padre delle bugie, è il creatore delle scarsità artificiose.

Captans anonam maledictus in Plebe sit. EZRA POUND

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Ezra Pound

ECONOMIA ORTOLOGICA: DI ALCUNE INTUIZIONI

da: «Rassegna Monetaria», XXXVII, 1940, 278-281

ODON POR in un chiaro e mirabile articolo sulla «Rivista del Lavoro»

del 31 agosto dell'anno XV traduce un brano del «Financial News» che merita di essere esaminato più minutamente. In un certo senso il «Financial News» può giustificare l'opinione che nella Provincia di Alberta con la vittoria di Aberhart per «la prima volta un corpo elettorale ha votato a favore di una riforma fondamentale del sistema monetario». Ma la frase non deve essere accolta senza tener conto della prospettiva storica, coi riferimento specifico alle battaglie fra Stato e banchieri combattute negli Stati Uniti dal 1830 al 1840, sotto la condotta di JACKSON e VAN BUREN.

Questi anni gloriosi del mio paese sono stati cancellati dai libri di scuola, ma il corpo elettorale in quella decade mostrò senza alcuna ambiguità la sua volontà di avere un sistema monetario e finanziario corretto ed onesto. Naturalmente gli inglesi d'oggi lo ignorano; come ignorano la storia della Toscana nei tempi dei granduchi Leopoldo II e Ferdinando III. Anche in Italia mi pare che ci siano ancora professori e specialisti che vedono nelle riforme Leopoldine solamente un preludio «glorioso» al liberalismo dell'ottocento senza considerare che il figlio di Leopoldo cogli stessi consiglieri del padre, coi fautori delle stesse riforme e degli stessi esperimenti, cominciava già a correggere gli eccessi e ad entrare nell'economia controllata, prima che tutto questo tentativo illuminato affondasse nella tragedia Napoleonica. Dico tragedia perché terminata con la vittoria della canaglia, della camorra degli usurai, dopo Waterloo, che da allora progressivamente andò oscurando tutto il secolo.

Circa il significato di queste lotte il «Times» nel 1866, vedendo il pericolo di quanto del pensiero di VAN BUREN rimaneva nella mente di ABRAHAM LINCOLN, stampò il seguente paragrafo: «Se la aberrante linea di condotta finanziaria adottata nella Repubblica Nord Americana durante l'ultima guerra interna diventerà stabile, quel governo si procurerà danaro senza spese per pagare il suo debito e resterà libero da qualsiasi onere di simile natura, possederà tutto quel che gli occorre per gestire il suo commercio e godrà di una prosperità senza precedenti nella storia dei governi civilizzati del mondo. L'intelligenza ed i beni di tutti gli altri paesi

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emigreranno nel Nord America. Tale Governo delendum est o distruggerà ogni altro nel mondo». Naturalmente il «Times» mente. Il «Times» è sempre stato un focolaio di bugie: esso dice la verità spesso, con l'intenzione di mentire dopo con maggiore effetto, mediante la notizia e il commento di fatti non importanti, allo scopo di celare quelli utili allo stato ed al popolo. Questo è il modo di essere permanente di tutta la stampa controllata dagli usurai; le varianti superficiali sono dovute solamente a diversità di giudizio sul modo più efficace di mentire. Il sistema di governo delendum «non minacciava gli stati, minacciava in realtà solo gli usurai e per questo era da distruggere.

Oggi la battaglia avvenuta in Alberta è di interesse mondiale, non come dimostrazione drammatica di certe ben note verità delle idee di DOUGLAS, ma come prova cruciale, come dimostrazione della esistenza o no del genio anglo-sassone e del molto vantato senso politico degli anglosassoni e della possibilità che le loro istituzioni cosidette democratiche possano effettuare qualsiasi riforma utile alla Nazione.

L'Inghilterra ha sempre seguito la civiltà latina con ritardo, qualche volta con uno o più secoli di ritardo. La verità economica è stata raggiunta più volte, e più volte risepolta o calata ancora nel pozzo.

Ho già detto in un articolo precedente su questa rivista che è ben difficile ristampare in America le teorie interessantissime dei nostri fondatori americani. Invece pubblicazioni che insegnano i vicoli senza uscita, abbondano. Nel mio Jefferson and or Mussolini, edito per il coraggio di STANLEY NOTT in Inghilterra e della Liveright Inc. a New York, ho potuto pubblicare sei pagine di JEFFERSON, dopo una resistenza accanita degli altri editori. Tra i brani citati in queste pagine ce n'è uno, scritto a Crawford nel 1816, che dice «...and if the national bills issued be bottomed (as is indispensable) on pledges of specific taxes for their redemption within certain moderate epochs, and be of proper denominations for circulation, no interest on them would be necessary or just, because they would answer to every one for the purposes of the metallic money withdrawn and replaced by them».

[«Se i biglietti nazionali emessi fossero basati (come è indispensabile) sulle garanzie di tasse specifiche per la loro conversione entro certi periodi non lunghi e fossero di taglio adatto alla circolazione, nessun interesse su di essi sarebbe necessario o onesto perché adempirebbero alla funzione di moneta metallica ritirata e sostituita con questo medio cartaceo»].

Qui sta il «modo», la «linea di condotta aberrante» che terrorizzerà i padroni del «Times» 50 anni dopo, il mezzo con cui lo Stato potrebbe avere «denaro per niente» cioè potrebbe avere denaro senza pagare affitto o tributo ai grandi usurai, sopra il valore materiale rappresentato dalla carta; cioè la ricchezza prodotta dal popolo e i servizi di esso resi per vivere.

Dopo un secolo di putridissima corruzione questa percezione di JEFFERSON viene incarnata non negli Stati Uniti ma in Italia (e credo che questo accada senza alcun riferimento al JEFFERSON), nella riforma bancaria iniziata durante la conquista d'Abissinia, e palese in diversi discorsi

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di S. E. ROSSONI, specialmente uno al Senato in cui parlò a proposito degli ammassi e della possibilità di cambiare il metodo di tassazioni. Rossoni prevede l'equivalente delle «tasse specifiche» di JEFFERSON, nei prelevamenti dei prodotti degli ammassi.

Non so se una «Rassegna Monetaria» sia il luogo adatto ai racconti storici eterocliti. Molti brani di JEFFERSON e di VAN BUREN varrebbero ad illustrare i loro caratteri, ad aumentare la conoscenza della lotta fra popolo e banchieri, a testimoniare del buon senso pratico di alcuni padri della mia Patria. Ma, tralasciando gli altri, citiamo il paragrafo seguente che è strettamente monetario. Nel 1813 JEFFERSON scriveva a EPPES che una Nazione deve essere proprietaria della sua moneta cartacea e non affidarne la gestione ai banchi privati. Egli dice testualmente: «Insured bills bearing no interest never depreciated a single farthing» [«I biglietti garantiti e senza interesse non perdevano un solo centesimo del loro valore»].

Contro il trucco bancario (che ha alzato il vero interesse sulla moneta al 60% (cfr. O. POR nella «Rivista del lavoro» del 31 agosto 1937) JEFFERSON scrisse: «Nessuno ha diritto naturale al mestiere di prestatore di moneta, salvo chi possiede la moneta da prestare». Naturalmente la stampa usuraia ha presentato al mondo una caricatura di JEFFERSON.

L'11 settembre dello stesso anno (1813) scrisse inoltre: «Se gli Stati Uniti possedessero, come devono possedere, il loro medio circolante, potrebbero ripagare tutto ciò che presero in prestito, dollaro per dollaro, in diedi pagamenti annuali; ma l'usurpazione di quel fondo, compiuta mediante i biglietti dei banchi obbliga a contrarre prestiti al 7 1/2, e a ripagare DUE dollari per uno». Citò perfino ADAM SMITH, sostenendo che consigliava la circolazione cartacea SOLAMENTE a condizione che fosse regolata.

Questi «dieci pagamenti annuali» sono un rozzo equivalente degli 8 anni e quattro mesi di GESELL, perché JEFFERSON non intravedeva il meccanismo gesellista. JEFFERSON era un uomo pratico, non un illuso; le sue: idee monetarie per forza maggiore si adattavano alle pressioni e all'ignoranza dei tempi; ma credo che questa ignoranza nei circoli governanti fosse men fitta allora di oggi. Egli vedeva chiaramente l'utilità delle banche, che davano ubiquità alla potenza d'acquisto. Ma questa utilità può essere pagata a troppo caro prezzo, può essere pagata ed è stata infatti per più di due secoli pagata, si può dire, dieci volte il prezzo giusto.

GALLATIN potrebbe dirsi il Dott. SCHACHT dell'epoca, se si avesse gusto per questi paralleli storici sempre imprecisi e non da prendere come espressione netta di rapporti e di fatti.

EZRA POUND NOTA. - Per facilitare il contatto coi lettore, poiché questi articoli sono

scritti per agevolare la reciproca comprensione delle sane idee che propugniamo, la nostra fatica ci aiuta a capire quanto JEFFERSON soffrisse a causa dei suoi discepoli idioti e quanto così il DOUGLAS e il GESELL ne soffrano oggi. La insufficiente preparazione degli epigoni impedisce la

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diffusione delle buone dottrine. P. es.: nel «Social Credit» del 24 settembre 1937 un certo DESBOROUGH mostra di essere ignorantissimo accusando FRANCO di legiferare per una economia fondata sulla scarsità delle merci. Questo è assolutamente ingiusto. Il decreto di FRANCO, preso in esame è in accordo perfetto con gli scopi di DOUGLAS. Il Fascismo mira ad una economia d'abbondanza, ed i derivati del Fascismo italiano in altri paesi lo seguono in questa intenzione. Il monopolio. della moneta per scopi privati, tendenti ad affamare il popolo, è in contradizione assoluta con tutti i provvedimenti fascisti, con tutta la politica mussoliniana dall'inizio dell'E. F. sino ad oggi. ma specialmente in contraddizione col discorso di Milano del 6 ottobre dell'anno XII, e con tutta la politica di bonifica e degli ammassi. Il Sig.DESBOROUGH semplicemente non sa nulla dell'Italia e non comprende sufficientemente il douglasismo per poter capire chi si oppone e chi concorda con le idee luminose dell'ingegner DOUGLAS. I gusti politici e gli orientamenti del DOUGLAS, come pure le sue abitudini rimangono personali ma non invalidano la sua scienza economica.

A DOUGLAS come a me sembra improbabilissimo che il popolo inglese, o un altro popolo anglosassone, possa divenire latino in una settimana o in vent'anni. Io non credo che né il popolo inglese né il popolo degli Stati Uniti siano capaci dell'ordine, della disciplina e della chiarezza latina. È inutile cercare. in quei paesi l'amore dell'idea per se stessa. «Ils n'aiment pas les situations nettes». Un elefante non cammina sui binari ferroviari. Bisogna che arrivi a modo suo o che non arrivi: inutile offrirgli dei binari per accelerarne la marcia.