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ARACNE SCRITTURA E SOCIETÀ Storia, Cultura Professioni a cura di Giuliana Fiorentino

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ARACNE

SCRITTURA E SOCIETÀ

Storia, CulturaProfessioni

a cura di Giuliana Fiorentino

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Copyright © MMVIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978-88–548–0997–0

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: febbraio 2007

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INDICE

Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

Scrittura e scrittori nella società da Roma al web

C. RICCI, D. NONNIS

Scriptura e scriptores: alcune riflessioni sul mondo romano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

I. LAZZARINI

La scrittura, le strutture del potere, la società: qualche riflessione sulla comunicazione scritta nel Medioevo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61

E. NOVI CHAVARRIA

Scritture pubbliche e scritture private nell’Italia moderna. Prospettive di genere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83

G. PATRIZI

Modelli e percorsi rinascimentali: lingue, letterature, scritture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

M. ARCANGELI

Il passato e il presente della scrittura. Modelli, supporti, strumenti, pratiche . . . . . . . . . . . . . . . . 117

A. PERRI

Insegnare la “zona visio–grafica” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149

G. FIORENTINO

Nuova scrittura e media: le metamorfosi della scrittura . . 175

Formare scrittori

M. CECCHINI

Modelli di apprendimento e processi di scrittura . . . . . . . 213

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A. R. GUERRIERO

Il progetto “Laboratorio di scrittura” e la riforma dell’esame di stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 237

D. CORNO

Quando scrivere è (far) fare. La formazione della scrittura tecnico–scientifica e professionale . . . . . . . 253

Professione scrittura

A. FIORITTO

Il linguaggio delle amministrazioni pubbliche . . . . . . . . . 289

Y. MARTARI

Scrivere la cortesia. Linee teoriche e metodologiche di un laboratorio di scrittura per l’amministrazione universitaria . . . . . . . . . . . . . . . . . 311

M. APRILE, P. BIONDI, D. DE FAZIO, S. ZEOLI

Il fumetto italiano di ambientazione western . . . . . . . . . . 339

Scrittura e Società. Storia Cultura Professioni10

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SCRIPTURA E SCRIPTORES: ALCUNE RIFLESSIONI SUL MONDO ROMANO

Cecilia Ricci, David Nonnis

Nel 1981 Giorgio Raimondo Cardona, nell’Introduzione allasua Antropologia della scrittura, osservava come

per molti versi lo studio delle culture del mondo antico, tantopiù dettagliato filologicamente, sia nel suo insieme più arre-trato, da un punto di vista teorico, di quello delle culture con-temporanee, per quanto riguarda modelli linguistici, antropo-logici, sociologici.

(CARDONA 1981: 10).

A venticinque anni da quelle considerazioni, superati i piùurgenti problemi di metodo, insieme al pregiudizio di un rap-porto “vicariale” della scrittura rispetto alla lingua parlata, le ri-cerche su alfabetismo e produzione scritta nel mondo romano(con particolare attenzione all’arco temporale compreso tra latarda repubblica e primo impero) hanno ricevuto un notevoleimpulso; e sono state trattate diverse questioni, di carattere ge-nerale e puntuale, relative alla storia della scrittura in epoca ro-mana, alla sua circolazione e funzione (oltre al classico HAVE-LOCK 1973, cfr. anche CAVALLO 1978, 1989, 1990; PETRUCCI

1980; HARRIS 1983, 1989, 1995; CORBIER 1987 e 1991, que-st’ultimo con ampio commento del settimo capitolo del volumedi HARRIS 1989, che riguarda il periodo tra la tarda repubblica el’alto impero; SUSINI 1990).

In questa occasione, oltre ad alcune puntualizzazioni sul li-vello di alfabetizzazione, sui luoghi di esposizione e le lingue

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d’uso della scrittura in epoca romana, ci si sofferma su talunidei termini più ricorrenti per indicare la scrittura e su una parti-colare categoria di protagonisti dell’evento scrittorio, gli esecu-tori materiali di prodotti grafici, per capire chi fossero, comeoperassero e che ruolo sociale ricoprissero, seguendo il filo ros-so della stessa terminologia antica. Il testo al suo interno è arti-colato in modo da offrire una sintetica rassegna dell’impiegoepigrafico dei termini littera e scriptura e di altri riferibili agliaspetti tecnici dello scrivere e al mestiere dello scrivere. Ciascu-na sezione è accompagnata da un’esemplificazione, condottaprevalentemente sulla base di iscrizioni provenienti da aree di-verse del mondo romano.

Un primo problema, come accennato, riguarda il grado di al-fabetizzazione. Se ci fondassimo sul numero e sulla varietà del-le scritture sopravvissute dal mondo romano, verrebbe natural-mente da credere che una tale quantità di testi avesse il suo cor-rispettivo in un nutrito pubblico di lettori esperti, in grado di re-cepirli e decifrarne il codice (grafico, ma anche culturale e sim-bolico). La realtà dei fatti non era esattamente questa e notevolidifferenze sussistevano innanzitutto tra ambito cittadino e ambi-to rurale, così come esistevano molteplici livelli intermedi trapiena alfabetizzazione e analfabetismo. Sappiamo bene che era-no previste disposizioni per la declamazione di testi di leggeprima dell’affissione, per sancirne l’entrata in vigore e per ga-rantirne l’immediata ed efficace diffusione; è superfluo ricorda-re che la scrittura esercitava una forza d’impatto straordinariasoltanto con l’immagine prima ancora che per l’interpretazionedel messaggio.

Un’ampia gamma di considerazioni (tra cui lo scarso nume-ro di scuole e dei maestri elementari; il livello sociale degli ese-cutori dei graffiti di Pompei e la rarità di questo genere di scrit-ture) fanno dichiarare sconsolatamente al ricercatore ingleseWilliam Harris attento a questi problemi, che «l’alfabetismo dimassa nel mondo antico è un sogno degli studiosi e come taledovrebbe essere riconosciuto» (HARRIS 1983: 93). Nel suo am-

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pio contributo, Harris invita gli storici dell’antichità a rifletterein particolare sui seguenti parametri che accomunano, a suomodo di vedere, le società storiche dell’Europa preindustriale:l’assenza di una tecnologia capace di produrre un numero con-sistente di libri, riviste, documenti ecc.; il carattere fondamen-talmente rurale dell’Impero romano, laddove nelle città si ave-vano maggiori opportunità di acquisire un’educazione di base esuperiore; lo scarso interesse di “chi controllava la forza lavoro”ad avvalersi di manodopera letterata, servile o libera; infine lamancanza di libri sacri che la maggioranza della popolazionefosse tenuta a leggere con regolarità e costanza. Traducendo tut-to questo in cifre, per l’epoca imperiale si può considerare at-tendibile un calcolo della popolazione alfabetizzata, in nettaprevalenza maschile, inferiore al 15% per l’Italia e compresa trail 5 e il 10% per l’Occidente romano. Un uomo che, oltre a sa-per leggere e scrivere, possedeva un discreto bagaglio culturale,si diceva litteratus, istruito nelle lettere (la stessa parola servìpoi per indicare anche l’intellettuale); chi sapeva almeno inter-pretare i caratteri della scrittura monumentale lapidaria dicevadi lapidarias litteras scire, come fa l’Hermeros di Petronio(Satyr., 29, 1 e 58, 7); chi doveva ricorrere ad altri per scrivere osottoscrivere un atto pubblico o privato perché analfabeta, di-chiarava, viceversa, di litteras nescire.

La parola littera riveste nel lessico romano molteplici signi-ficati (Thes. ling. Lat., VII, 2: 1514–1529): innanzitutto, al sin-golare, quello di “segno alfabetico” (App. 1 a–b). Gli analfabetinon riconoscevano le litterae: in una tavoletta dall’archiviopompeiano dei Sulpicii, Quinto Elio Romano dichiara di scrive-re su richiesta ed incarico di Marco Barbazio Celere, perché co-stui litteras nesciret (App. 2, cfr. fig. 1), in un contesto in cui lanorma prevedeva la sottoscrizione autografa da parte di chi di-chiarava di aver ricevuto una somma di denaro.

Ad una particolare tecnica scrittoria che prevedeva l’uso dicaratteri mobili fusi in bronzo dorato alludono espressioni nonrare nel linguaggio epigrafico quali litterae auratae (App. 3) o

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Figura 1

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affini (App. 4) sia che i solchi delle lettere fossero rubricati conpolvere d’oro; sia che venissero impiegati caratteri mobili, fusiin bronzo e successivamente apposti sulle epigrafi monumentali(App. 5, cfr. fig. 2; sulla particolare tecnica scrittoria: ALFÖLDY

1990, 1997). Littera veniva anche ad indicare ogni genere di documento,

di natura privata o pubblica, che le lettere dell’alfabeto andava-

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Figura 2

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no a comporre; al plurale, poteva assumere il significato di“epistola”: un bell’esempio è fornito dalla copia di una letteraufficiale inviata ai magistrati di Sepino da parte dei prefetti delpretorio durante il regno di Antonino Pio (App. 6, cfr. fig. 3). Inquesto caso, anche la disposizione del testo sulla pietra riprendeuno degli impaginati standard della corrispondenza documenta-ti nel mondo romano (cfr., per un impaginato analogo, le treepistulae riprodotte sul lato sinistro di una base di statua onora-ria da Lavinium: NONNIS 1999). La parola litterae era propriainfatti anche del lessico delle costituzioni imperiali, spesso in-trodotte da formule quali sacrae litterae o exemplum sacrarumlitterarum (DE RUGGIERO/SORDI 1964).

Da ultimo, con littera si poteva far riferimento all’educazio-ne letteraria, o più genericamente, alla cultura di una persona,come appare riflesso in alcune iscrizioni funerarie: nell’epitaf-fio romano di Valerio Turno, morto alla tenera età di 6 anni, si

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Figura 3

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dice che il defunto era educatus litter(is) Graecis quam et Lati-nis (App. 7a); la stessa espressione compare in un’iscrizione diPiacenza, a proposito di Gaio Terenzio Fructo (App. 7b).

Una seconda questione riguarda i luoghi dove le scrittureerano collocate. La nostra visione al riguardo è deformata dalgran numero di sopravvivenze delle scritture d’apparato, forma-li e celebrative, quelle che Petrucci chiama le “scritture espo-ste”. A Roma, come capitale dell’impero, esistevano luoghi uf-ficiali di esposizione della scrittura: innanzitutto il Foro Roma-no (ad es. i Rostri, il tempio di Saturno) e il Campidoglio (iltempio della Fides) (CORBIER 1987: 33); qui, in particolare, ve-nivano pubblicati gli attestati di congedo dei militari, che ne ri-cevevano poi un estratto individuale.

Non altrettanto evidenti erano invece le forme della circola-zione scrittoria quotidiana e privata, altrettanto numerose e va-riate nelle loro funzioni, su materiali deperibili ma anche piùdisponibili. Un esempio della versatilità dei prodotti scrittori, inquesto caso non legati ad un luogo specifico perché mobili, era-no i cosiddetti tituli praelati, sorta di manifesti scritti su tavoledi legno o su bronzo, che recavano testi composti ed esposti inoccasione di sacrifici, condanne a morte e soprattutto trionfi.Possiamo farci un’idea del formulario proprio di simili docu-menti “d’occasione”, grazie a testi che riproducono su materialedurevole estratti delle tabulae triumphales dei generali vittorio-si: come esempio, si può richiamare il testo della dedica, Achaiacapta Corintho deleto (App. 8, cfr. fig. 4), di un tempio o di unastatua a Ercole vincitore da parte del conquistatore di CorintoLucio Mummio.

Per quanto riguarda la lingua in cui si scriveva, se nella parteorientale dell’impero si scriveva prevalentemente in greco (ma idocumenti ufficiali erano realizzati, almeno in copia, in latino),nella parte occidentale, e soprattutto a Roma, il greco era la se-conda lingua nell’uso: non impiegata nei testi pubblici, ha la-sciato numerose tracce nel contesto privato, prevalentemente in

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iscrizioni sacre e funerarie (cfr. la sintesi proposta da CAMPANI-LE 1989 e, per la produzione epigrafica urbana in lingua grecausata, oltre che dagli abitanti della Grecia continentale, delleisole e dell’Asia minore, anche da Alessandrini, Siriani, Ebrei eTraci, MORETTI 1988: ivi altra bibliografia).

Nel corso dei secoli, a partire dalle prime testimonianze epi-grafiche del latino (risalenti almeno al VII sec. a.C.), la gammadelle occasioni per il ricorso alla scrittura si estende notevol-mente rispetto alle esperienze delle civiltà orientali e greca chel’avevano preceduta; pur senza fratture epistemologiche signifi-

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Figura 4

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cative (bisognerà aspettare il III secolo della nostra era per ilpassaggio dal liber al codex), il modello grafico romano acqui-sisce una sua specificità: essa è legata al prestigio assegnato allacultura, alla sua necessità e alle opportunità che offriva per l’a-vanzamento di carriera, nonostante il primato indiscusso dell’o-ralità; all’importanza della scrittura affissa; alla durabilità dellaparola scritta; alla riproducibilità della scrittura, attraverso larealizzazione di più copie dello stesso testo; all’importanza del-la scrittura come mezzo per la perpetuazione della memoria; in-fine, allo stretto legame tra scrittura e immagine.

La scrittura rimane comunque sempre il prodotto di unascelta. Le ragioni del ricorso ad essa sono molteplici: si scriveper dare autorità al proprio messaggio (testi sacri, testi magi-ci…); si scrive per diffondere il proprio pensiero (soprattutto li-bri, ma anche graffiti su intonaco e su altri materiali); si scriveper promozione, propaganda, prescrizione, commemorazione(insegne, manifesti elettorali, iscrizioni onorarie, imperiali, se-polcrali…); si scrive per archiviare (testi contabili, ricevute…).Scritture d’apparato e di potere coesistono accanto a testi epi-grafici legati alla sfera privata, per i quali si ricorre a supportiscrittori e al materiale più disparato (pietra, terracotta, metallo,cuoio…); così come testi di varia natura, anche non letterari, siscrivono su supporto cartaceo (papiro, pergamena), su tavolettelignee cerate (a sgraffio, con lo stilo) o senza cera (con il cala-mo e l’inchiostro) (PANCIERA 1998: 314). È stato giustamenteevidenziato come più che i testi religiosi (verbali di sedute, de-diche, rendiconti di cerimonie…), nel mondo romano imperialesono numerosi i testi ufficiali (dediche e restauri di edifici, do-cumenti che registrano eventi di storia militare o politica; testiamministrativi e rendiconti finanziari) (CORBIER 1987: 31).Un’ulteriore conferma del valore “politico” e dunque del poteredella scrittura è rappresentato dalle modalità che regolamenta-vano la possibilità di apporre il proprio nome su un monumentopubblico; come anche (seguendo il procedimento opposto dun-que privando del diritto di esporre il proprio nome in luogo

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esposto) dal frequente ricorso alla pratica della damnatio me-moriae in caso di condanna ufficiale, che come poche altre rive-la, da parte romana, l’alto grado di consapevolezza rispetto al-l’importanza di un archivio culturale.

Lo stesso termine scriptura poteva variamente indicare, inprimo luogo, sia l’azione stessa dello scrivere che il suo prodot-to finale. Nella prima accezione, esso compare ripetutamente nelformulario degli Acta Arvalium (nei resoconti cioè della confra-ternita religiosa dei fratelli Arvali, legati al culto della dea Dia eal suo santuario alla Magliana), dove si ricorda frequentementela celebrazione di un piaculum, una cerimonia d’espiazione, inluco deae Diae ob ferri inlationem scripturae et scalpturae mar-moris (App. 9, cfr. fig. 5). Più concretamente, nel senso di scrit-tura incisa, possiamo ritrovare il termine in un’interessante iscri-zione sepolcrale di Roma, al plurale, nell’accezione di «lettereincise sullo specchio epigrafico» apposito (App. 10); e in una ta-bula patronatus di Amiternum (App. 11. cfr. fig. 6). Il medesimovalore, tra l’altro, viene assegnato al termine derivato inscriptio,come nel caso di un’iscrizione ostiense, dove si ricorda la realiz-zazione di una statua equestre cum inscriptione in onore del ca-valiere Fabio Ermogene (App. 12). Lo stesso termine scripturaviene infine ad assumere un carattere peculiare nell’ambito deldiritto privato, come testamento, titolo di credito, contratto, quo-ta di assegnazione (SCHIEMANN 2002: 310).

Vale la pena di ricordare che, nella documentazione epigra-fica, in rapporto alla tecnica di scrittura, i verbi che compaionopiù frequentemente sono: inscribere, incidere, insculpere e sca-riphare, talora tra loro abbinati (cfr., a titolo esemplificativo,App. 13a e App. 13b).

A proposito delle professioni legate alla scrittura (ROSSI

1958; BINDER 2002: 223–226; KIERDORF 2002: 300; GIOVÈ

MARCHIALI 2002) si è già parlato di scribi professionisti a dis-posizione per analfabeti. Lo stesso nome, sempre in ambitopubblico, avevano i redattori, i custodi degli archivi dello stato

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e della flotta, i segretari di collegi. Nel lessico di Festo si diceche la parola scriba in antico si usava per designare tanto impie-gati dello stato che poeti (p. 446 L: Scribas proprio nomine anti-que et librarios et poetas vacabant; at nunc dicuntur scribaeequidem librarii qui rationes publicas scribunt in tabulis. Sulpasso, PANCIERA 1986: 39 con nota 42; sugli scribae aedilicii,PANCIERA 1991). In epoca imperiale, oltre a distinguere tra i dueprofili, la parola scriba (e scriba librarius) identificava la cate-goria degli apparitores, gli assistenti dei magistrati superiori,persone di condizione modesta ma privilegiate per il fatto di tro-varsi a contatto con uomini potenti e dunque protagonisti delledinamiche della mobilità sociale nel mondo romano (PURCELL

2001); era stato uno scriba, prima che magistrato locale e quin-di cavaliere, il Flavio Ermogene che a Ostia ricevette una statuaequestre (supra, p. 42 e App. 12). Ancora più potenti ed influen-ti, i segretari imperiali, a seconda della funzione svolta, prende-vano i nomi di a libellis (colui che esaminava le richieste rivol-te all’imperatore circa questioni amministrative e processi pri-vati), a commentariis (controllore dei registri riguardanti gli attipubblici, operante negli uffici centrali), ab epistulis (incaricatodella corrispondenza ufficiale e della pubblicazione degli atti),a studiis e a memoria (addetti all’archiviazione dei documentipubblici) (sulla familia Caesaris, cfr. PANI 2003: 110).

Altrettanto variate erano le funzioni dei librarii: con questotermine infatti si identificavano nel mondo romano individuiconnessi in qualche modo alla scrittura (segretari, copisti, scri-vani…), che operavano nell’amministrazione pubblica (a Romao in provincia), imperiale o presso privati; oppure anche artigia-ni specializzati che prestavano la loro opera presso botteghe. Illoro rango e le loro mansioni variavano a seconda dei compitiassegnati: il librarius a manu, al servizio della prospera fami-glia romana degli Statilii (App. 14, cfr. fig. 7) era uno scrivanocapace di scrivere sotto dettatura facendo uso di abbreviazioni edi copiare documenti nella scrittura libraria; mentre un altro li-brarius, di condizione libertina, a Venafro si vanta di aver scrit-

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to testamenti senza l’aiuto dell’avvocato (App. 15)Nella scrittura privata, l’autore/destinatario del messaggio,

quando non voleva essere identificato, poteva scribere per no-tas, così come fanno sia Cesare che Augusto, a detta di Sveto-nio (Caes., 56 e Aug., 88), e i devoti della dea Sulis che a Bath,nella provincia Britannia, scrivono maledizioni (TOMLIN/WAL-KER 1988: 98–101, 247–252; REYNOLDS/VOLK 1990). Più spes-so si trattava di due figure distinte quando l’autore–emittente siserviva, per comodità o per necessità, di un segretario (detto, aseconda del contesto e della funzione, scriptor, scriba, notarius,librarius). Si trattava di individui di condizione modesta: lascrittura professionale a Roma, come già nel modo greco, nonconferiva particolare rilievo sociale, era un mestiere da schiavoe da liberto (opus servile), poco conveniente ad un uomo liberoe gli stessi intellettuali ricorrevano spesso alla dettatura per ave-re una copia scritta delle loro opere. Così, Cicerone parla spesso

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di Tirone e dei suoi vari “segretari”, Orazio del suo puer (Sat., I10, 92: I, puer, atque meo citus haec subscribe libello); mentrePlinio, scrivendo all’amico Fusco, fa riferimento al notarius,cui ama dettare le idee che ha nel corso della giornata (Epist.,IX 36, 1–3 e IX 40, 2).

In alcuni rari casi è possibile accorgersi dell’intervento diuna seconda figura di scrivente, accanto a quella del segretario:nella lettera inviata dal forte di Vindolanda da Claudia Severa aSulpicia Lepidina per invitarla al suo compleanno, ad esempio,si succedono due diverse scritture: la prima è opera di un pro-fessionista, la chiusa è scritta di pugno dalla stessa Severa (App.16, cfr. fig. 8).

Un altro esecutore di scrittura è lo scriptor che è stato ogget-to di uno studio specifico (ZACCARIA 2003): il termine venivaattribuito tanto al professionista, ufficiale e prezzolato, sia alloscrittore occasionale, anonimo e comunque clandestino: gliscriptores venivano spesso esortati con preghiere o con minaccea non fermarsi, a non intonacare le pareti dei monumenti perapporvi altre scritte, che ciò avvenisse a scopo propagandisticoo puramente vandalico: entrambi (vandali e professionisti) siservivano comunque del pennello o predisponevano il supporto

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prescelto per accogliere la scrittura incisa (nel caso di un incari-co formale). Rappresentativa di questa categoria è la chiusa diun’iscrizione di Forlimpopoli (App. 17, cfr. fig. 9), in cui siesorta lo scriptor a non imbrattare il monumento con annuncielettoriali o in rapporto a giochi gladiatori.

Diverso il caso del liberto Ti. Claudius Herma, detto “Barbadi ferro” che tiene a definirsi più precisamente scriptor histo-riarum (App. 18, cfr. fig. 10): data la modesta condizione delpersonaggio, è probabile che con tale espressione egli volesseintendere di essere uno scrittore di racconti, piuttosto che unostorico.

Il contrascriba o contrascriptor era invece un addetto al con-trollo di atti o della contabilità, al servizio dell’imperatore o diprivati influenti (MONAT 1910). I contrascriptores erano quasisempre schiavi: avevano il compito di intervenire sul lavoro diun altro scrittore, per correggere o completare testi o conti con-tra, per riscontro. Entrambi i contrascriptores ricordati in dueiscrizioni urbane erano al servizio della casa imperiale: il pri-mo, Fortunatus, è ricordato dalla moglie liberta (App. 19); il se-condo è detto contrascribtor (!) rationis summi choragii e lavo-rava presso l’ufficio centrale che aveva il compito di organizza-

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re e dotare dei macchinari necessari i munera gladiatori e i ludiimperiali (App. 20).

Chi partecipava alla complessa operazione della scrittura la-pidaria veniva detto, a seconda del compito specifico assegnato-gli (ma talvolta anche con una certa approssimazione) marmo-rarius, quadratarius, lapicida, sculptor. Celebri sono, a questoproposito, le due insegne di lapicida, rispettivamente da Roma(App. 21a, cfr. fig. 11) e da Palermo (App. 21b, cfr. fig. 12), incui viene reclamizzata la particolare abilità tecnica nella realiz-zazione di iscrizioni lapidarie delle due botteghe (sulle due in-segne, cfr. DI STEFANO MANZELLA 1987: 53, 126; MANACORDA

2000: 283–284). Una famosa iscrizione macedone (App. 22)elenca le operazioni necessarie per realizzare la scrittura incisa:petram excidere (cavare la pietra, squadrarla e trasformarla insupporto di scrittura), titulum facere (raccogliere sulla minuta iltesto, trasformarlo nel linguaggio epigrafico, trasferire in dise-gno con capitali la scrittura sulla pietra), titulum polire (levigarela superficie dello specchio prima dell’incisione), nomina scri-

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Figura 10

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bere et sculpere (provvedere all’incisione vera e propria). Que-sta scrupolosa distinzione tra i diversi momenti della realizza-zione di un testo su pietra sottolinea, tra l’altro, l’importanzadell’ordinatio dello spazio di scrittura, nel passaggio dalla mi-nuta al testo inciso; quella delle formule, tipiche del linguaggioepigrafico; quella infine di altri “trucchi del mestiere”, quali ilricorso a diverse dimensioni delle lettere su una riga o di righeintere nello stesso manufatto, per spingere il lettore a concentra-

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Figura 11

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re la propria attenzione su determinate parti del testo, assecon-dando i desideri del committente e seguendo principi ispiratorie tecniche che hanno anticipato di secoli quelli dei moderni gra-fici pubblicitari.

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Figura 12

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APPENDICE

App. 1aCIL, XII 631 = ILCV 3438 = CLE 696, carmen sepolcrale da Le–Pin, interAquas Sextias et Massaliam (Gallia Narbonensis), 506 d.C.: [– – –]lli / ami-sisse [dole]mus / et cupit dignis diu servire / cineribus. / Nomen dulce, lector,si forte / defunctae requires, / a capite per litteras de/orsum (p)ellegendo co-nosci. / Ter denos vitae aev(o) iam / duxerat annos / cum pia subente deo ani-ma / migravit ad astra. / Die V Kal(endas) Novemb(res), / Messala / V(iro)c(larissimo) c(onsule).

App. 1bCIL, VI 36537 cfr. p. 3920 = ILS 8198 = CLE 2164, iscrizione sepolcrale daRoma, II secolo d.C.: D(is) M(anibus) s(acrum) / L. Vibi Felici hic / suptus po-situs est. / Moneo te lectis lit/teris ne contemnas / et velis titulum mo/vere etcorpori in/iuriam facere. Si / quis autem sibi ad/miserit non bono / suo, feceritet Superos / et Inferos iratos. / Habeat lecto me/rum profunde.

App. 2G. CAMODECA, Tabulae Pompeianae Sulpiciorum. Edizione critica dell’archi-vio puteolano dei Sulpicii, Roma 1999, pp. 177–180, nr. 78 (pecunia acceptaek naulotikès cum fideiussione), 38 d.C. Dopo una parte iniziale del testo ingreco, segue la chiusa: Q. Aelius Romanus scripsi, rogatu et / mandatu M.Barbati Celeris coram / ipso, quod is litteras nesciret, eum / sua fide iubereeos / ((denarios mille)), qui supra scripti sunt. / Primo P. Atti Severi ser(vo)pro Menela/uo Irenaei f(ilio) Ceramietae ita / uti supra scriptum es[t].

App. 3AE 1975, 503 = AE 1976 281, iscrizione sepolcrale da Peñaflor (HispaniaBaetica), II sec. d.C.: D(is) M(anibus) s(acrum). / Atimeti lib(erta) / FabiaMer/ope, anno/rum LXXV, / pia in suis, / h(ic) s(ita) e(st), s(it) t(ibi) t(erra)l(evis). / Si quantum pietas potu/it tantum fortuna / dedisset, litteris au/ratisscribere hunc / titulum.

App. 4CIL, VIII 6981 e 6892 = ILAlg II. 1, 483 = ILS 4921, inventarium sacrum daCirta (Constantine–Numidia), II–III sec. d.C.?. Nella prima colonna del te-sto si danno disposizioni per la realizzazione e sull’esecuzione di una statuad’argento di Giove, quindi nella seconda si specifica: Sub iscr[ip]/tione[no]minis Longani / item in nymphaeo in corona summa (!) / circumitu litte-rae n(umero) XXXX auro inlumi/natae, hederae distinguentes incoctiles, /n(umero) X…

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App. 5CIL, VI 40339, dedica monumentale del tempio dei Castori nel Foro Romano,di cui rimangono poche lettere, età augustea.

App. 6CIL, IX 2438, epistola dei prefetti al pretorio Basseo Rufo e Macrinio Vindiceda Saepinum, tra 169 e 172 d.C.; sull’iscrizione cfr. U. LAFFI, L’iscrizione diSepino (CIL, IX 2438), in «Stud. Class. Orient.» XIV, 1965, pp. 177–200.

App. 7aCIL, VI 28138, II sec. d.C.?: D(is) M(anibus) L. T. Valerio / Turno, f(ilio)dul/cissimo karissi/mo sibique aman/tissimo, L. Val(erio) Phos/phorus pat(er)et Val(eria) Saturnina mat(er) infe/licissimi fecer(unt), q(ui) v(ixit) / ann(is) VI,m(ensibus) IIII, d(iebus) III, / educatus litter(is) / Graecis quam et Latinis;

App. 7b CIL, XI 1236 = ILS 7753, Placentia, II sec. d.C.: V(ivus) f(ecit) / C. Terentius /Fructus / sibi et / Attico ser(vo), qui vixit ann(os) / XX, litteratus / Graecis etLatinis / librarius. / Partes dixit CCC. / In fr(onte) p(edes) XV, / in ag(ro)p(edes) XXV.

App. 8CIL, I2 626 cfr. p. 921 = VI 331 = ILS 20; CLE 3, dedica di un tempio e di unastatua a Ercole vincitore da parte di Lucio Mummio, il conquistatore di Corin-to, da Roma, metà circa II sec. a.C.: L. Mummi(us) L. f. co(n)s(ul). Duct(u), /auspicio imperioque / eius Achaia capt(a), Corinto / deleto, Romam redieit /triumphans. Ob hasce / res bene gestas quod / in bello voverat, / hanc aedemet signu(m) / Herculis Victoris / Imperator dedicat. Sulle tabulae triumphalescfr., di recente, G. BANDELLI, Contributo all’interpretazione del cosiddettoelogium di C. Sempronio Tuditano, in Aquileia repubblicana e imperiale, Udi-ne 1989, pp. 114–116.

App. 9J. SCHEID, Commentarii fratrum Arvalium qui supersunt, Roma 1998, pp.305–306, nr. 102, resoconto di una cerimonia d’espiazione celebrata dallaconfraternita religiosa dei fratelli Arvali, da Roma, 220 d.C.: rr. 7–9: … Pia-culum factum mag(isterii) ((secundi)) Fl(avii) Archelai, / in luco deae Diae obferri inlatione (!) / scripturae et scalpturae marmoris…; rr. 14–17: … Isdemco(n)s(ulibus) piaculum / factum ob ferri elationem scripturae / et scalpturaeoperis perfecti per eos / quos supra…

App. 10CIL, VI 8861 cfr. G. L. GREGORI, Horti sepulchrales e cepotaphia nelle iscri-

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zioni romane, in “Bull. Com.” XCII, 1, 1987/1988, pp. 178–79 nr. 26, iscrizio-ne sepolcrale da Roma, fine II–inizi III sec. d.C.: Agathopus Aug. lib. invitator/ que(m)admodum in introitum porticunculae / ad monimentum Aureliae Ire-nes, superposito / titulo super ostium scriptura continetur; qui / titulus atten-dit in horto. Ea omnia de suo fecit, / quae pertinent ad monimentum sive se-pulchrum isdem / Agathopi, quod vivus a sola et Iunia Epictetis fecerunt, / abiis omnibus dolus malus abesto et ius civile.

App. 11S. SEGENNI, Suppl. Ital. (n. s.) 9, Roma 1992, Amiternum, nr. 35, tabula patro-natus da Amiternum, 335 d.C. Nella parte finale del lungo testo contenuto nel-la tabula, si prevede la sua esposizione oltre che in luogo pubblico anche al-l’interno della casa del patrono della città (rr. 27–30): … petendumq(ue) sit deeius [digna]/tione ut hanc scripturam nostram aere in[cisam] / tabula hospi-tali suscipiat et in aedibu[s suis lo]/co sacrari praecipiat felicit[er]…

App. 12CIL, XIV 353 = ILS 6148, iscrizione su base di statua onoraria da Ostia, se-conda metà del II sec. d.C.: Fabio Hermog[eni] / equo pub(lico), scribae, ae-dil[i], / dec(urioni) adl(ecto) flam(ini) divi Hadri[ani], / in cuius sacerdotiosolus ac p[rimus ludos] / scaenicos sua pecunia fecit, / hunc splendidissimusordo dec[urionum f(unere) p(ublico)] / honoravit eique statuam equestre[mcum in]/scriptione ob amorem et industria[m] / in foro ponendam pecun(ia)publ(ica) decr[evit]… Sul monumento onorario e sulla tomba di Flavius Her-mogenes cfr., di recente, M. E. MARCHESE, Monumenti equestri a Ostiaantica, in “Röm. Mitt.” CX, 2003, pp. 332–325, con figg.

App. 13a CIL, VI 52 = 25990 = ILS 4335, v. S. ENSOLI, Il santuario della Dea Syria e iculti palmireni nell’area meridionale di Trastevere, in “Orizzonti” IV, 2003,pp. 46–47, prescrizione sacra da Roma, fine I–inizi II sec. d.C., C. Iulius Ani-cetus / ex imperio Solis / rogat ne quis velit / parietes aut triclias / inscribereaut / scariphare. // P. Scantius Suru[s] / sibi et cognatis s[uis] / D. Folius Suc-ce[ssus].

App. 13bCIL, XI 1420 = Inscr. It. VII. 1, 6 = ILS 139 = AE 2000, 37, copia del testo diun senatusconsultum per la concessione di onori a Gaio e Lucio Cesari (cosi-detti decreta Pisana), da Pisae, primi anni del I sec. d.C. Nella parte finale dellungo testo si specifica: «Hoc decretum cum superioribus decretis ad eius /honores pertinentibus incidatur insculpaturve…».

App. 14CIL, VI 6314, cfr. M. L. CALDELLI, C. RICCI, Monumentum familiae

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Statiliorum. Un riesame, Roma 1999, pp. 85–86. nr. 24, iscrizione sepolcraleda Roma, metà circa del I sec. d.C.: Nothi librari a manu. / Non optata tibiconiunx movimenta locavit / Ultima, in aeternis sedibus ut maneant / Spe fru-stra gavisa. Nothi quem prima ferentem / Aetatis Pluton invidus eripuit. / Huncetiam flevit quae qualis turba et honorem / Supremum digne funeris imposuit.

App. 15CIL, X 4919 = ILS 7750, cfr. S. CAPINI, Molise Repertorio delle iscrizioni lati-ne VII. Venafrum, Campobasso1999, p. 102 nr. 97, iscrizione sepocrale da Ve-nafrum, I–II sec. d.C.: P. Pomponio P. l. / Philadespoto, / [l]ibr(ario) qui testa-menta / scripsit annos XXV, / sine iuris consult(o) / [– – – – – –] / [– – – – ––].

App. 16A. K. BOWMAN, J. D. THOMAS, The Vindolanda Writing–Tablets (Tabulae Vin-dolanenses, II), London 1994, pp. 256–259 nr. 291, fine I–inizi II sec. d.C.:Cl(audia) Severa Lepidinae [suae] / [sa]l[u]tem. / III idus Septembr[e]s sororad diem / sollemnem natalem meum rogo / 5 libenter facias ut venias / ad nosiucundiorem mihi / [diem] interventu tuo factura, si / [–]+[–c. 3–]s. /Cerial[em t]uum saluta; Aelius meus / 10 et filiolus salutant. / Sperabo te, so-ror! Vale, soror, anima mea, ita valeam / karissima et have. / Sulpiciae Lepidi-nae / Cerialis (scil. uxori), / a Severa. «Claudia Severa saluta la sua Lepidina. Ti invito calorosamente, sorella mia, avenire il terzo giorno prima delle Idi di Settembre (l’11 settembre), per festeg-giare il mio compleanno, per rendere quel giorno più felice con il tuo arrivo,se vieni. Salutami il tuo Cerialis. Il mio Aelius e il mio figlioletto ti mandano iloro saluti». Nell’aggiunta di una seconda mano «Ti aspetterò, sorella. Addio,sorella, anima mia carissima, così spero di star bene e ciao». Infine, forsescritta da una terza mano «A Sulpicia Lepidina, moglie di Flavius Cerialis, daparte di Severa».

App. 17CIL, XI 575 = CLE 195 = ILS 8206 = Suppl. Ital. (n. s.) X, Roma 1992, p. 20,iscrizione parietale da Forum Popilii (Carinola), I–II sec. d.C.: Ita candidatusfiat hono/ratus tuus et ita gratum edat / munus tuus munerarius; et tu / felixscriptor si hic non scripseri[s].

App. 18G. JACOPI, in «Bull. Com.» 1939, p. 26, nr. 6 = AE 1941, 65 = A. DEGRASSI, in“Doxa” II 1949, p. 109, iscrizione sepolcrale da Roma, I sec. d.C.: Ti. Clau-dius Herma / qui Sideropogon / appellatus est, histo/riarum scriptor.

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App. 19CIL, VI 8641, iscrizione sepolcrale da Roma, II sec. d.C.: D(is) M(anibus). /Valeria Libiane / fecit / Fortunato / contrascriptori / domus Aug(ustae) / co-niugi carissimo / benemerenti.

App. 20CIL, VI 8950 = ILS 1771 = P. SABBATINI TUMOLESI, Epigrafia anfiteatrale del-l’Occidente romano I. Roma, Roma 1988, pp. 29–30 nr. 17, iscrizione sepol-crale da Roma, fine II–III sec. d.C.: Servatus, Caesaris nostri servus contra-scriptor rationis summi choragii, morto a soli 34 anni, viene ricordato daisuoi collaboratori.

App. 21aCIL, VI 9556 = ILS 7679, insegna di lapicida da Roma, II–III sec. d.C.: D(is)M(anibus). / Titulos scri/bendos vel / si quid ope/ris marmor/ari opus fu/erit,hic ha/bes.

App. 21bCIL, X 7296 = ILS 7680, cfr. L. BIVONA, Iscrizioni lapidarie latine del Museodi Palermo, Palermo 1971, pp. 86–87 nr. 74, insegna di lapicida da Panhor-mus, II sec. d.C.?. La prima colonna è scritta in greco; nella seconda in un lati-no sgrammaticato si legge: Tituli / heic / ordinantur et / sculpuntur / aidibussacreis / cum operum / publicorum.

App. 22CIL, III 663 = ILS 5466 = P. PILHOFER, Philippi, II. Katalog der Inschriftenvon Philippi, Siebeck 2000, pp. 170–183, lista dei membri del collegium cul-torum Silvani, da Philippi (Macedonia), II–III sec. d.C.?. Il testo, che contieneun lungo elenco di nomi, esordisce con il nome del liberto che lo ha realizza-to: P. Hostilius P. l. Philadelphus / petram inferior(em) excidit et titulum fecitubi / nomina cultorum scripsit et sculpsit, sac(erdote) Urbano s(ua)p(ecunia)…

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REPERTORI ABBREVIATI

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zig 1895; Supplementum, E. L. LOMMATZSCH ed., Leipzig, 1926. ILAlg = Inscriptions Latines d’Algerie, I, par S. GSELL, Paris,

1922; II, 1, par H.–G. PFLAUM et alii, Paris, 1957; II, 2, H.–G.PFLAUM, Alger, 1976.

ILCV = E. DIEHL, Inscriptiones Latinae Christianae veteres,I–III, Berolini, 1924–1931; IV, edidit J. MOREAU, H. I. MARROU,Dublini et Turici, 1967.

ILS = H. DESSAU, Inscriptiones Latinae selectae, Berolini,1892–1916.

Inscr. Ital. = Inscriptiones Italiae, Roma, 1931.Suppl. Ital = Supplementa Italica (n. s.), Roma, 1981.

BIBLIOGRAFIA

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CARDONA (1981) = G. R. CARDONA, Antropologia della scrittu-ra, Torino.

CAVALLO (1978) = G. CAVALLO, Dal segno incompiuto al segno

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negato. Linee per una ricerca su alfabetismo, produzione ecircolazione di cultura scritta nell’Italia dei primi secoli del-l’Impero, in Alfabetismo e cultura scritta nella storia dellasocietà italiana (Seminario Perugia 29–30 marzo 1977), Pe-rugia, pp. 119–145.

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HAVELOCK (1973) = E. A. HAVELOCK, Cultura orale e civiltàdella scrittura. Da Omero a Platone, Roma–Bari.

KIERDORF (2002) = W. KIERDORF, voce “scriba”, in Neue PaulyXI, col. 300.

MANACORDA (2000) = D. MANACORDA, Archeologia e epigrafia.Problemi di metodo. A proposito di CIL, VI, 8960, in Archeo-logia w teorii i w praktyce, Warszawa, pp. 283–284

MONAT (1910) = R. MONAT, voce “contrascriba”, in Diz. Epigr.,II, 1910, p. 1186.

MORETTI (1988) = L. MORETTI, I Greci a Roma, in “Op. Rom.Inst. Finl.”, III, pp. 5–16.

NONNIS (1999) = D. NONNIS, Un patrono dei dendrophori di La-vinium, in “Rend. Pont. Acc. Rom. Arch.” LXVIII, pp.247–262.

PANCIERA (1986) = S. PANCIERA, Ancora sull’iscrizione di Cor-nelius Surus magister scribarum poetarum, in “Bull. Com.”XCI, 1, pp. 35–44.

PANCIERA (1991) = S. PANCIERA, in Epigrafia. Actes du Colloquiinternational d’épigraphie latine en mémoire de Attilio De-grassi, Roma, pp. 273–278 nr. 37.

PANCIERA (1998) = S. PANCIERA, Epigrafia. Una voce soppressa,in “Archeologia Classica” L, pp. 313–330.

PANI (2003) = M. PANI, La corte dei Cesari, Roma–Bari.

PETRUCCI (1980) = A. PETRUCCI, La scrittura fra ideologia erappresentazione, in Storia dell’arte italiana, IX. 1. Scrittu-ra, miniatura, disegno, Torino, pp. 5–123.

PURCELL (2001) = N. PURCELL, The ordo scribarum: A study inthe loss of memory, in “MEFRA” CXIII, pp. 633–674.

REYNOLDS/VOLK (1990) = J. REYNOLDS, T. VOLK, Gift, Curses,Cult and Society at Bath, in “Britannia” XXI, pp. 380–382.

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ROSSI (1958) =R. F. ROSSI, voce “librarius”, in Diz. Epigr. IV. 2,Roma, pp. 955–965.

SCHIEMANN (2002) = G. SCHIEMANN, voce “scriptura”, in NeuePauly XI, col. 310.

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ZACCARIA (2003) = C. ZACCARIA, Scriptor. Lo scrittore che nondeve scrivere, in Serta antiqua et medioevalia 6. Usi e abusiepigrafici (Atti Coll. Int. Epigr. Lat. 2001), Roma, pp.237–254.

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