seconda parte. sviluppo e approfondimento del...

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1 SECONDA PARTE. SVILUPPO E APPROFONDIMENTO DEL DOGMA CRISTOLOGICO NELLA TRADIZIONE DELLA CHIESA - Pasqua e Pentecoste, risurrezione-ascensione di Gesù il Cristo e piena effusione dello Spirito Santo Paraclito: fede pensata e pensiero credente. Alcuni passi significativi già nel Nuovo Testamento: Mt 28,18-20 + Mc 16,19-20 Gv 1,1-18 Fil 2,5-11 Gal 4,4-6 At 2,14-36 1Pt 2,21-25 Eb 1,1-4 Ef 1,3-14 Col 1,13-20 1Tm 2,5-6 2Cor 5,18-21 + Rm 5,8-11 Eb 4,14-5,10 Rm 3,21-26 1Pt 1,20 + Eb 9,28 Eb 10,5-10 2Cor 8,9 2Pt 1,4 Ap e At nel loro complesso - Gesù il Cristo, Verbo fatto carne, crocifisso e risorto: presenza primato preesistenza predestinazione mediazione unica e universale

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SECONDA PARTE.

SVILUPPO E APPROFONDIMENTO DEL DOGMA CRISTOLOGICO NELLA TRADIZIONE DELLA CHIESA

- Pasqua e Pentecoste, risurrezione-ascensione di Gesù il Cristo e piena effusione dello Spirito Santo Paraclito: fede pensata e pensiero credente.

Alcuni passi significativi già nel Nuovo Testamento: Mt 28,18-20 + Mc 16,19-20

Gv 1,1-18

Fil 2,5-11

Gal 4,4-6

At 2,14-36

1Pt 2,21-25

Eb 1,1-4

Ef 1,3-14

Col 1,13-20

1Tm 2,5-6

2Cor 5,18-21 + Rm 5,8-11

Eb 4,14-5,10

Rm 3,21-26

1Pt 1,20 + Eb 9,28

Eb 10,5-10

2Cor 8,9

2Pt 1,4

Ap e At nel loro complesso

- Gesù il Cristo, Verbo fatto carne, crocifisso e risorto: presenza

primato

preesistenza

predestinazione

mediazione unica e universale

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I Dogmi ed il loro organico sviluppo

La definizione del dogma può essere vista: - Dal punto di vista generico, dove il dogma è (dal dizionario della lingua italiana Battaglia):

1) quel principio teoretico affermato come assolutamente vero, da non poter essere messo in discussione, al quale è attribuita fondamentale importanza in un sistema filosofico, in una teoria scientifica, in una dottrina religiosa oppure in una dottrina politica;

2) più raro una massima inderogabile, una norma pratica, una regola di condotta. - Dal punto di vista cattolico, cioè visto dentro la teologia cattolica, si definisce "Dogma = una verità di

fede necessariamente da credersi ". Il dogma si riconosce da tre caratteristiche:

1) è contenuto nella divina Rivelazione (che è la Parola di Dio scritta e trasmessa, quello che Dio ha detto di se); 2) è attestato (testimoniato) nella sacra Scrittura e nella Tradizione (la DV spiega bene la S.Scrit. e la Trad.); 3) è insegnato (annunciato) in modo autorevole (e quindi obbligante) dal Magistero della Chiesa in una

determinata forma. Organico sviluppo del dogma I dogmi non sono fissi (fermi), anzi esiste un organico sviluppo dei dogmi che avviene principalmente (ma non solo) attraverso i concili ecumenici (Nicea, Costantinopoli, Efeso, Calcedonia, etc). Le spinte che portano a questo organico sviluppo dipendono da 4 motivi:

1) per contrastare le eresie o le idee eretiche, date da quei sistemi che non tenevano insieme tutti i dati, per cui si arrivava a conclusioni strane o che urtavano la fede della Chiesa (vedi il Concilio di Nicea contro l'eresia di Ario). In reazione a queste eresie i padri, i vescovi etc. erano spinti ad approfondire la conoscenza teologica (ortodossa) e precisare il linguaggio per fronteggiare e confutare le varie eresie che man mano nascevano;

2) per attualizzare la sacra Scrittura: per rendere attuale la Sacra Scrittura, perchè essa non resti un documento morto del passato, ma sia qualcosa di vissuto adesso nella Chiesa. Ad esempio nella chiesa del IV sec. non si potevano più proporre le verità di fede nel linguaggio tipico ebraico dei tempi di Pietro. Il mutato contesto culturale-linguistico, rendeva necessario dire "omoousios, consustanziale". C'era appunto la necessità di attualizzare la Sacra Scrittura in un nuovo contesto, in un'altra cultura, in un altro linguaggio, che non era più quello aramaico-ebraico della Palestina, dove è vissuto Gesù e dove sono stati scritti i Vangeli;

3) per una retta professione di fede: per poter dire correttamente in cosa si crede. Il credo che noi recitiamo a Messa, ad esempio, è andato formandosi pian piano. Esso serve per dire appunto correttamente la nostra fede comune.

4) motivo dossologico: per dare rettamente culto a Dio, in modo ortodosso. Il dogma serve anche come punto di riferimento per orientare la persona nel suo cammino spirituale. Al termine di ogni Concilio veniva sempre scritta la frase ".... chi non dice così, anatema sia", perchè una volta che il dogma è definito, esso diventa anche vincolante e il suo rispetto determina l'essere o meno eretico. Da un punto di vista puramente formale, un certo sistema dottrinale, prima del vincolo dogmatico non è eresia pur essendo errato nella sostanza, mentre dopo il vincolo dogmatico diventa eresia, sia quando dice cose diverse da quelle che il dogma attesta che quando le dice in modo diverso.

Caso curioso è S. Tommaso d'Aquino che insegnava l'Immacolata concezione non esattamente nel modo elaborato dopo la sua morte dal beato Giovanni Duns Scoto, ma la cosiddetta santificazione in utero, insegnava cioè che la Madonna, era stata purificata e resa tutta santa solo nell'istante del concepimento. Sei secoli dopo, papa Pio IX definì il dogma con una formulazione un po' diversa (preservata in previsione dei meriti di Cristo Redentore) da quella proposta da S. Tommaso d'Aquino. Ma per il fatto che a quel tempo non era ancora stato proclamato il dogma dell'immacolata concezione con una formulazione precisa, per S. Tommaso non si può configurare in alcun modo la caduta nell'eresia.

Proprio per questo conviene utilizzare per i dogmi il termine "organico sviluppo" = perchè come l'organismo ha uno sviluppo (ad es. un seme germoglia e si sviluppa diventando una pianta adulta nell'arco della sua vita, cioè cambia la sua

forma, ma però rimane sempre la stessa pianta), così anche i dogmi conoscono uno sviluppo nel tempo. L'analogia dell'organico sviluppo, fu usata presto. S. Basilio Magno, fu il primo autore ad usare l'immagine del seme (lettera 223/3), dove nel parlare di se stesso diceva:

"se anche altre nostre vicende sono degne di essere compiante, certamente io oso vantarmi soltanto di questo nel Signore, cioè, in tutta la vita di non aver mai nutrito opinioni aberranti riguardo a Dio, ne di avere mai cambiato opinione con il passare del tempo, anzi, quella conoscenza di Dio che da fanciullo appresi dalla mamma beata e dalla

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santa nonna Macrina, la mantenni sempre e l'accrebbi in me stesso. Non mutai infatti un'opinione con un'altra con il maturare della ragione, ma portai a compimento i principi datemi da loro. Come infatti il seme crescendo, diventa si grande da piccolo, ma rimane sempre uguale nell'essenza e non muta specie, così penso che anche in me si sia accresciuta, con il passare del tempo la medesima dottrina e che l'attuale non sia in contrasto con quella che appresi fin dall'inizio. Pertanto, analizzino la coscienza propria e meditino davanti al tribunale di Cristo se mai abbiano udito da noi altro di contrario a quello che sosteniamo adesso. Essi che sono andati accusandoci in giro di false opinioni, che hanno stordito le orecchie di tutti con lettere pubbliche composte contro di noi e per causa delle quali anche noi fummo indotti dalla necessità a presentare questa difesa".

Come a dire: "adesso che io dico che lo Spirito Santo è Dio come il Padre e come il Figlio e (pertanto) dico gloria al Padre, al Figlio

ed allo Spirito Santo e non più gloria al Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo, non è che ho cambiato la fede

che avevo da bambino, ma c'è stato questo approfondimento: il seme è diventato albero". Il testo classico che raccoglie un poco gli insegnamenti di Origene, Basilio Magno, Gregorio Nazianzeno, Agostino ed altri dei primi secoli, si trova nel "Commonitorium" di Vincenzo di Lerins, (V sec). E' un testo breve che da lì in poi è diventato un classico, ripetuto per secoli. I contenuti essenziali del testo si possono così sintetizzare: per parlare di progresso della religione nella chiesa di Cristo (cattolica), bisogna stare attenti che si tratti effettivamente di progresso e non di cambiamento. Si parla di:

- progresso: quando avviene per sviluppo interno; - cambiamento: quando una dottrina si trasforma in un'altra.

Il progredire dei tempi rende necessaria la progressione della comprensione, della scienza e della sapienza, non solo della singola persona, ma di tutta la chiesa. Deve però, rimanere sempre uguale: - il genere della dottrina, la dottrina stessa, il suo significato, il suo contenuto, similmente alla pianta adulta che non assomiglia al suo seme, ma tuttavia quello che esiste come pianta adulta esisteva già nel suo embrione. Anche il dogma della religione cristiana segue questa legge: progredisce sviluppandosi e approfondendosi col tempo, però senza mai cambiare, ma restando assolutamente intatto ed inalterato. I nostri antenati hanno seminato il seme della fede, il seme del frumento di verità; noi oggi mietiamo quello stesso frumento che si è sviluppato fino a maturazione e non la zizzania (che è il frutto dell'errore, cioè del cambiamento). Inoltre, di quella prima seminagione, c'è ancora qualcosa che può svilupparsi con il tempo, per cui anche oggi essa può (e deve) essere oggetto di coltivazione. Così anche il dogma progredisce, si sviluppa, anche oggi (vedi il CEVII, etc.). Questo è importante tenerlo presente sia quando si parla di Dio Trinità che di Gesù Cristo. Si veda circa lo sviluppo dei dogmi anche la splendida opera del beato John Henry Newman, Lo sviluppo della dottrina cristiana, Jaca Book 2003.

Il Mistero di Dio Trinità: processioni e missioni

Nell'introduzione del corso abbiamo parlato di Dio Trinità come un "mysterium stricte dictum", cioè un mistero strettamente detto. Ciò vuol dire che Dio nella sua interiorità lo possiamo conoscere soltanto perché è lui che si fa conoscere, che ci dice di sé nella Sacra Scrittura che riceviamo nella Tradizione vivente della Chiesa. Per cui, quello che la teologia conosce su Dio Trinità è basato sulla Rivelazione; i dogmi stessi vengono da lì. I primi concili si sono occupati principalmente di precisare un linguaggio mediante il quale parlare di Dio Trinità. Quando parliamo di Dio Trinità nella Chiesa, il linguaggio teologico, normalmente distingue un discorso:

- "ad intra" quando il discorso riflette su Dio in se, dentro Dio, discorso su Dio in se stesso "theologhia", e pertanto viene detto ad intra (Trinità "immanente" = ad intra).

- "ad extra": quando parliamo di come Dio opera nella storia della salvezza, di Dio che agisce fuori di sé, nella "oikonomia", e pertanto viene detto "ad extra" (Trinità, "economica" = ad extra);

E' il medesimo Dio: visto in se stesso e visto nel suo agire nella storia. Teologia e magistero poi, distinguono i modi di agire della Trinità in:

- processioni -> discorso ad intra (sono 2) - sulla vita di Dio in se stesso; - missioni -----> discorso ad extra (sono 2) - sull'azione di Dio sulla storia.

Il termine processione deriva da Gv 15,26 dove si dice che "lo Spirito procede dal Padre" (termine greco "ekporeuo"). Nel corso di Trinitaria si vedrà la problematica dovuta alla differenza tra il significato più ristretto del greco "ekporeuo" (scaturire dalla fonte) e quello più ampio della traduzione latina "procedo" (provenire da). Le missioni sono il “prolungarsi” nella realtà creata, di quello che le processioni sono nell'intimità di Dio.

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E' utile ricordare che se Dio non avesse mai creato nulla, le processioni rimarrebbero comunque, perché riguardano Dio in sé, mentre le missioni non esisterebbero, perché riguardano Dio in azione fuori di sé. Le processioni in Dio sono due: - La prima processione è la "generazione" del Figlio; - La seconda processione è la "spirazione" dello Spirito Santo. (spirazione deriva da soffio). - La "generazione": è il Padre, l'essere ingenerato che è l'origine di tutto, che genera il Figlio (Dio da Dio, luce

da luce, Dio vero da Dio vero). Questa generazione è eterna, il Padre genera da sempre il Figlio e lo genererà per sempre. (si usa questa parola "generare", perché la troviamo usata nella Bibbia stessa).

- La "spirazione": è il Padre ed il Figlio o il Padre per mezzo del Figlio, che spirano, che effondono lo Spirito Santo. Esso da sempre procede dal Padre e dal Figlio o dal Padre per mezzo del Figlio e per sempre procederà dal Padre e dal Figlio o dal Padre per mezzo del Figlio (senza entrare qui nella questione del filioque).

Generazione e spirazione indicano due processioni diverse e distinte tra di loro. Se ci fossero due generazioni ci sarebbero due figli e non più uno solo unigenito, per cui la spirazione è un'altra cosa rispetto alla generazione. Lo Spirito non è Figlio del Padre, è un'altra cosa. Dio per quanto ci è dato di conoscere dalla Rivelazione è sempre stato così, è la vita stessa di Dio che è così, per cui: prima c'è il Padre (l'ingenerato), poi secondo l'ordine che è sempre rispettato, viene il Figlio (eternamente generato) e poi lo Spirito Santo (eternamente spirato). Quanto detto sopra permette alla Chiesa di parlare di un unico Dio in tre persone uguali e distinte. Per intuire le processioni, la Chiesa nella storia ha fatto ricorso soprattutto a due analogie a partire dalle realtà create: - l'analogia della vita dell'anima, detta "intrasoggettiva" (detta anche analogia psicologica); - l'analogia dell'amore reciproco (dell'amore familiare), detta "intersoggettiva". Esse sono due analogie, partono da realtà di cui abbiamo esperienza e servono per parlare della Trinità: - nel primo caso tutta l'anima è analogia all'unico Dio, (la processione del verbum, cioè di come si forma il concetto nella mente e del volitum, cioè di quello che la volontà vuole), per cui essa viene presa come analogia del procedere del Figlio-Verbo e del procedere dello Spirito; - nell'altro caso invece si usa la famiglia genesiaca, Adamo, Eva e Seth, dove Seth è generato, come il figlio, mentre Eva procede da Adamo ma non per generazione. Quindi due sono le processioni: generazione del Figlio e spirazione dello Spirito. Questo ci parla anche della vitalità di Dio in questa dinamica di eterna generazione del Figlio e di eterno spirare dello Spirito. Quando questo discorso invece lo si pensa fuori di Dio, cioè ad extra, ad ogni processione corrisponde una missione. Pertanto le missioni di Dio sono due:

- alla generazione corrisponde: "l'invio del Figlio" (Ga 4,4-6) - alla spirazione corrisponde: "l'effusione dello Spirito Santo" del Padre e del Figlio o dal Padre per

mezzo del Figlio (vedi Pentecoste, i sacramenti, etc). La teologia distingue poi, le missioni in:

- missioni visibili (ad es. quando lo Spirito Santo si manifesta in apparenza di colomba o di lingue di fuoco, etc., o quando il Figlio si rende visibile nell'umanità di Gesù);

- missioni invisibili (quando manca l'aspetto visibile, come in un'anima in grazia etc.). Le missioni invisibili sono riferite non solo allo Spirito Santo, ma anche a Gesù, perché anche Gesù viene

spiritualmente in un'anima in stato di grazia. La Trinità così compresa, ci permette di capire che l'incarnazione è la missione del Figlio. Nell'opera salutare dell'incarnazione però non c'è soltanto il Figlio isolato e solitario, sono due gli inviati: il Figlio che si incarna, ma anche lo Spirito Santo che è effuso, che ha operato l'incarnazione del Figlio nel seno di Maria vergine. Questa dinamica, la generazione del Figlio e la processione dello Spirito Santo, che è la dinamica della vita di Dio, la ritroviamo dentro "l'oikonomia", cioè nell'agire di Dio. Per cui vediamo Gesù e diciamo che è il Figlio fatto uomo, ma è anche il Cristo, cioè l'unto, che nella sua umanità è pieno di Spirito Santo, per l'opera del quale Gesù è stato concepito nel grembo di Maria. Pertanto due sono inviati insieme: il Figlio e lo Spirito Santo.

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Cur Deus homo? Per la deificazione dell'uomo

«Conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». 2Cor 8,9

«O admirabile commercium: Creator generis humani, animatus corpus sumens, de Virgine nasci dignatus est; et procedens homo sine semine, largitus est nobis suam Deitatem». dalla Liturgia nell'Ottava del S. Natale Cur Deus homo? Perchè Dio si è fatto uomo?--> A questo proposito prendiamo in esame alcuni testi di S. Agostino e di S. Tommaso d'Aquino:

- Agostino: di S. Agostino esaminiamo due sue lettere: - la lettera "ad Volusianum" (n.137); - la lettera "ad Honoratum" (n. 140) conosciuta anche come "De gratia novi testamenti liber" (si tratta di un piccolo trattato teologico di Agostino)

Con questi due testi magistrali Agostino risponde ad alcuni quesiti postigli da Volusiano e da Onorato. Leggiamo solo il punto 4, 11 della lettera 140:

«Dio pertanto inviò il suo Figliuolo nato da donna, nato sotto la Legge. Egli accolse infatti i riti sacri della Legge, per riscattare quelli che erano soggetti alla Legge, cioè coloro che la Legge teneva schiavi della colpa a causa del senso letterale che uccide, dal momento che il precetto non veniva adempiuto prima che lo Spirito vivificasse, poiché l'amore di Dio che adempie il precetto viene diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato. L'Apostolo perciò dopo aver detto: per riscattare quelli che erano soggetti alla Legge, subito aggiunse: perché noi potessimo ricevere l'adozione di figli. Volle cioè distinguere la grazia di questo beneficio dalla natura di Dio, che fu mandato non come Figlio che è tale secondo l'adozione, ma come Figlio eternamente generato, affinché, divenuto partecipe della natura dei figli degli uomini, li adottasse col renderli partecipi anche della sua natura. Perciò l'Evangelista, dopo aver detto: Diede ad essi il potere di diventare figli di Dio, e dopo aver aggiunto di quale specie di nascita si trattasse, affinché non si intendesse la nascita carnale, e cioè che diede questo potere a coloro che credono nel nome di Lui e rinascono nella grazia spirituale, non dal sangue né da volere di uomo né da volere di carne, ma da Dio, subito mise in risalto il mistero di questo scambio; infatti, come se, rimasti stupiti da un beneficio così grande, non osassimo desiderarlo, l'Evangelista si affrettò ad aggiungere: E il Verbo si fece carne e abitò fra noi. Questa è una delle cinque questioni di cui desideri la spiegazione. Sembra che Giovanni volesse dire: " O uomini, non disperate di poter diventare figli di Dio, dato che lo stesso Figlio di Dio, cioè il Verbo di Dio, sì fece carne e abitò fra noi. Rendetegli il contraccambio, diventate spiriti e abitate in Lui, che si fece carne e abitò tra voi ". Non bisogna più disperare che partecipando della natura del Verbo gli uomini possano diventare figli di Dio, dal momento che il Figlio di Dio, partecipando della natura umana, si fece figlio dell'uomo».

Ad un certo punto, nella lettera n.140, si parla dello scambio, dell'"admirabile commercium" e cioè: del Figlio di Dio che si fa uomo, perchè gli uomini possano diventare partecipi della vita stessa di Dio (2Pt 1, 4), perchè diventino figli di Dio (vedi anche CCC 460).

Una tale affermazione risulta possibile, solamente restando a quello che la Sacra Scrittura attesta, in quanto noi non possiamo penetrare a forza le intenzioni di Dio, la mente umana non può entrare nella mente infinita di Dio, se non quando è la mente di Dio ad invitare e attirare in se la mente dell'uomo.

- Tommaso: S. Tommaso d'Aquino, nelle prime 19 questioni, della terza parte della Summa Theologiae, fa una disquisizione magistrale riguardo il Cristo.

Nella questione prima (STh III, q. 1, a. 3), rispondendo alla domanda "se l'uomo non avesse peccato (Dio) si sarebbe incarnato lo stesso?", dà una risposta negativa, ma non escludente: "No, perchè il fatto di farsi uomo è connesso al peccato, ma avrebbe potuto farlo per la sua illimitata potenza", ossia, non si può costringere Dio a fare questo o quello, ma quelle cose che provengono dalla sola volontà di Dio, al di sopra di ogni debito con la creatura, non le possiamo conoscere se non in quanto sono rivelate nella Sacra Scrittura, mediante la quale ci viene mostrata la volontà di Dio; è Dio che ce l'ha detto mediante la Sacra Scrittura, il mistero resiste, ma su quello che Lui ha detto, noi possiamo comprendere.

Nei passi del NT che abbiamo visto all'inizio di questa seconda parte di corso, ci sono qua e là delle risposte: Gal 4,4-6, parla dell'adozione a figli, 2Pt 1,4, parla di essere partecipi della vita divina.

nota: i testi di Agostino sono tutti

disponibili in internet sul sito

www.augustinus.it

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Per cui una delle ragioni del perchè Dio si è fatto uomo, secondo la Sacra Scrittura, è perchè gli uomini possano diventare figli di Dio. - S. Ireneo di Lione nell'"Adversus haereses" (contro le eresie, citato anche nel CCC 460), indica la

motivazione: "Infatti, questo è il motivo per cui il Verbo si è fatto uomo, e il Figlio di Dio e Figlio dell'uomo: perchè l'uomo, entrando in comunione con il Verbo e ricevendo così la filiazione divina, diventasse figlio di Dio". "Infatti il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci Dio".

S. Tommaso, in un'altra citazione (vedi CCC n.460), recita: "L'unigenito Figlio di Dio, volendo che noi fossimo partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura, affinchè fatto uomo, facesse gli uomini dei". L'idea che ritorna è sempre quella: l'"admirabile commercium" (sia in S. Ireneo, in S. Agostino o come in S. Tommaso d'Aquino); essa è una delle ragioni che conosciamo come rivelata dalla S. Scrittura (in quanto come già detto, la mente umana non può penetrare a forza nella mente divina). Nella professione di fede però si dice espressamente che Dio si è fatto uomo «per noi uomini e per la nostra salvezza» (Simbolo niceno-costantinopolitano).

Ne consegue pertanto che le ragioni dell'incarnazione di Dio si distinguono in: Motivi principali: 1° ragione, (è la ragione principale) per farci diventare figli di Dio, per renderci partecipi della vita stessa di Dio (vita felice e beata); 2° ragione, per la nostra salvezza; l'uomo è ferito dal peccato originale, fa esperienza del peccato, non solo di quello originale, ma anche del proprio peccato, della propria debolezza, per cui l'essere coinvolti nella vita felice di Dio, comporta anche la liberazione dal male, la remissione dei peccati, etc., cioè la salvezza --> (aspetto soteriologico) (1Pt 1,20; Eb 9,28 dove è venuto la prima volta per il peccato che esisteva). Per cui la seconda ragione è per liberare l'uomo dal male. Altri motivi indicati dal Magistero 3° ragione: per la rivelazione dell'amore che Dio nutre per noi rendendo particolarmente vicino all'uomo l'amore che Egli ha per noi (con la morte di Dio in croce per l'uomo); 4° ragione: per l'offerta di un modello da seguire, da imitare; (il nuovo Adamo, un uomo da imitare negli esempi concreti di pazienza, di obbedienza -vedi letteratura paolina-. S. Ireneo di Lione poi, nella sua riflessione, troverà in Maria l'immagine della nuova Eva, nella storia della salvezza); 5° ragione: per la sua bontà diffusiva (da Dionigi pseudo-aeropagita: "bonum est diffusivum sui" = "il bene è per se stesso diffusivo", cioè il bene si diffonde. Per l'esperienza che noi abbiamo nella vita, troviamo che il bene si diffonde. Essendo Dio bontà infinita, essa è diffusiva donandosi. (qui si intravvede anche una radice metafisica neo-

platonica).(questa è la ragione per cui viene detto che Dio si sarebbe incarnato lo stesso, anche se l'uomo non avesse

commesso il peccato - vedi Duns Scoto).

E perchè si è fatto uomo proprio il Figlio? (e non il Padre nè lo Spirito Santo?) Sappiamo che le persone divine secondo la fede cattolica sono tre. Parlando delle processioni e delle missioni abbiamo detto che il Padre è ingenerato, il Figlio è generato e lo Spirito Santo è spirato. Essendo Dio infinito, Egli non ha limiti, così per la sua potenza illimitata avrebbe potuto incarnarsi il Padre, oppure lo Spirito Santo; per cui forse la domanda più corretta da porsi per avere una maggiore comprensione di fede, è: per quale ragione Dio si è incarnato nella persona del Figlio? Il Figlio è chiamato Verbo, cioè Parola. La parola è linguaggio, è il mezzo ordinario che serve per comunicare (il bambino impara a parlare, e cioè a comunicare dalla mamma e dal papà); per cui l'incarnazione del Figlio si può leggere come: il comunicare di Dio messo in atto per introdurci nel suo mondo, è un agire di Dio per inserirci nel suo mondo, è il modo di Dio di dirci del suo mondo. La sua parola ha questa capacità, ma essendo la parola di Dio, il Verbo, la seconda persona della Trinità, allora si è reso conveniente che sia il Verbo stesso, nel suo essere comunicazione a farsi uomo per introdurre l'uomo nel divino. S. Tommaso porta poi l'esempio dell'artigiano: quando un artigiano scolpisce una statua, essa ancora prima di essere nel legno è nella mente dell'artigiano. In latino 'concetto' è verbum (nella traduzione poi questo significato

originario del termine si è perso).

Analogamente: quando Dio ha creato le cose, le ha create nel Verbo, il quale era già nella mente di Dio; per cui il restauro del mondo, è conveniente che avvenga mediante il Verbo al fine di riportare le cose, come Dio le aveva pensate. (Questa esperienza che è tipica della creatività umana, viene presa come una delle migliori

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analogie per intuire qualcosa di come Dio ha fatto le cose e di come le ha rifatte; con il Verbo le ha fatte e con lo stesso Verbo le ha rifatte). Un altro passo è quello di Gal 4,4-6: <4

Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato

sotto la legge, 5 per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli.

6 E che voi siete figli ne è prova il

fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!> dal modo di parlare di Dio, sappiamo che Gesù è il Figlio; ne deriva che è conveniente che sia il Figlio ad estendere la realtà della filiazione rispetto a Dio e pertanto è il Figlio che si fa uomo, perchè gli uomini possano diventare figli adottivi di Dio.

La seconda persona della Trinità viene chiamata anche con altri termini, quali: - "immagine": il Figlio come immagine di Dio (Col; Ef). Dalle prime pagine della Genesi, ciò che distingue

l'uomo dalle bestie è l'essere a immagine di Dio. Se quell'immagine è stata poi deturpata dal peccato originale, chi più del Figlio, che è l'Immagine di Dio, può restaurare ciò che il peccato ha corrotto dell'immagine di Dio nell'uomo. (trattasi di un'altra ragione di convenienza);

- "medium": secondo l'ordine nella Trinità - San Bonaventura ragionando sui testi dei padri greci, che hanno chiaro questo ordine (taxis) riguardo le processioni, il Figlio sta tra il Padre e lo Spirito Santo, per cui si rende conveniente che il Figlio, allo stesso modo che è medio tra il Padre e lo Spirito Santo, sia anche mediatore tra Dio e l'uomo (1Tm 2,5-6; Eb; la scala di Giacobbe in Gv 1,51 è Gesù stesso). (immagine di convenienza);

- "modello" - è il modello da imitare - I medievali facevano riferimento "all'exemplar" (che era l'originale del

testo che il professore universitario preparava e che veniva dato ai copisti per fare le copie da distribuire agli studenti), cioè al modello. Nella riflessione dei medievali il Figlio è visto come il modello da imitare, per cui attraverso di esso, l'uomo può ricostituire quell'immagine di Dio che il peccato aveva corrotto.

La missione del Figlio è l'estendersi nella realtà creata di ciò che nella vita intima di Dio è detta processione di generazione. L'incarnazione è la missione del Figlio (Gal 4,4-6) dentro la storia. In questo brano (Gal 4,4-6) troviamo sintetizzato quanto detto sulle missioni del Figlio e dello Spirito Santo, del Figlio mandato perchè noi ricevessimo l'adozione a figli e che attesta questo è lo Spirito Santo inviato nei nostri cuori che grida Abbà Padre.

L'incarnazione: una persona in due nature, unione ipostatica

Qui entriamo nella terminologia specifica coniata lungo la storia della Chiesa. Si tratta dell'insegnamento dei primi 7 concili ecumenici (Nicea - Costantinopoli I° - Efeso - Calcedonia - Costantinopoli II° - Costantinopoli III° - Nicea II°) Introduciamo due parole che che sono diventate linguaggio teologico. Esse sono state usate per la riflessione sia sulla Trinità che per Gesù Cristo. Esse sono:

- "persona" --> (persona = ipostasi = supposito o sussistente); - "natura" ----> (natura = essenza).

Dio = 1 natura e 3 persone: 1 natura: Dio è una sola natura divina ed un solo Dio, non tre dei. Però la dottrina cattolica afferma una sola natura, ma allo stesso tempo

- 3 persone: tre persone distinte: Padre, Figlio e Spirito Santo; Gesù = 1 persona e 2 nature: - 1 persona: la persona del Figlio, o ipostasi o supposito, ma che possiede

- 2 nature: una natura divina (è Dio da sempre e per sempre); una natura umana (dall'istante del concepimento nel grembo di Maria)

Le due nature in Gesù sono unite nell'unica persona, per cui si parla di unione ipostatica. Esse non sono mescolate o disciolte, ma distinte e unite per mezzo dell'unione nella medesima unica persona. Secondo la metafisica classica la natura umana è fatta di anima e corpo, mentre la natura divina è puramente spirituale.

dal CCC 447. GESU'

natura umana natura divina

anima corpo puro spirito

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Vediamo la definizione dogmatica del 4° concilio ecumenico (CCC n. 467). La formula di Calcedonia è un po' l'apice dogmatico della riflessione sull'identità di Cristo. Con il concilio di Costantinopoli II del 553, si apporterà la precisazione che questa è un'unione ipostatica, cioè secondo l'ipostasi e nell'unità dell'ipostasi. Con la successione dei concili, il chiarimento dogmatico ha definito la questione dell'incarnazione, ossia del rapporto tra umanità e divinità di Gesù. Per lo sviluppo storico, risulta utile il CCC n. 464-469, dove si riassume sinteticamente la dottrina circa Gesù vero Dio e vero uomo, riportando anche la definizione di Calcedonia:

III. Vero Dio e vero uomo <464 L’evento unico e del tutto singolare dell’incarnazione del Figlio di Dio non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo. La Chiesa nel corso dei primi secoli ha dovuto difendere e chiarire questa verità di fede contro eresie che la falsificavano. (88)

465 Le prime eresie più che la divinità di Cristo hanno negato la sua vera umanità (docetismo gnostico). Fin dall’epoca apostolica la fede cristiana ha insistito sulla vera incarnazione del Figlio di Dio « venuto nella carne ».

87 Ma nel terzo secolo, la Chiesa ha dovuto affermare contro Paolo di Samosata, in un Concilio

riunito ad Antiochia, che Gesù Cristo è Figlio di Dio per natura e non per adozione. Il primo Concilio Ecumenico di Nicea nel 325 professò nel suo Credo che il Figlio di Dio è « generato, non creato, della (242)

stessa sostanza (homousios) del Padre », 88

e condannò Ario, il quale sosteneva che « il Figlio di Dio veniva dal nulla »

89 e che sarebbe « di un’altra sostanza o di un’altra essenza rispetto al Padre ».

90

466 L’eresia nestoriana vedeva in Cristo una persona umana congiunta alla Persona divina del Figlio di Dio. In contrapposizione ad essa san Cirillo di Alessandria e il terzo Concilio Ecumenico riunito a Efeso nel 431 hanno confessato che « il Verbo, unendo a se stesso ipostaticamente una carne animata da un’anima razionale, [...] si fece uomo ».

91

L’umanità di Cristo non ha altro soggetto che la Persona divina del Figlio di Dio, che l’ha assunta e fatta sua al momento del suo concepimento. Per questo il Concilio di Efeso ha proclamato nel 431 che Maria in (495)

tutta verità è divenuta Madre di Dio per il concepimento umano del Figlio di Dio nel suo seno; « Madre di Dio [...] non certo perché la natura del Verbo o la sua divinità avesse avuto origine dalla santa Vergine, ma, poiché nacque da lei il santo corpo dotato di anima razionale a cui il Verbo è unito sostanzialmente, si dice che il Verbo è nato secondo la carne ».

92

467 I monofisiti affermavano che la natura umana come tale aveva cessato di esistere in Cristo, essendo stata assunta dalla Persona divina del Figlio di Dio. Opponendosi a questa eresia, il quarto Concilio Ecumenico, a Calcedonia, nel 451, ha confessato:

« Seguendo i santi Padri, all’unanimità noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore

nostro Gesù Cristo, perfetto (completo) nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero

uomo,

[composto] di anima razionale e di corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e consostanziale a noi per

l’umanità, “simile in tutto a noi, fuorché nel peccato”; 93

generato dal Padre prima dei secoli secondo la

divinità, e in questi ultimi tempi, per noi e per la nostra salvezza, nato da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo

l’umanità.

Un solo e medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo riconoscere in due nature, senza

confusione, senza mutamento, senza divisione, senza separazione. La differenza delle nature non è affatto

negata dalla loro unione, ma piuttosto le proprietà di ciascuna sono salvaguardate e riunite in una sola

persona e una sola ipostasi ». 94

468 Dopo il Concilio di Calcedonia, alcuni fecero della natura umana di Cristo una sorta di soggetto personale. Contro costoro, il quinto Concilio Ecumenico, a Costantinopoli, nel 553, ha confessato riguardo a Cristo: vi è « una sola ipostasi [o Persona]..., cioè il Signore (nostro) Gesù Cristo, uno della (254) Trinità ».

95

Tutto, quindi, nell’umanità di Cristo deve essere attribuito alla sua Persona divina come al suo soggetto proprio,

96 non soltanto i miracoli ma anche le sofferenze

97 e così pure la morte: « Il (616) Signore nostro

Gesù Cristo, crocifisso nella sua carne, è vero Dio, Signore della gloria e uno della Santa Trinità ». 98

469 La Chiesa così confessa che Gesù è inscindibilmente vero Dio e vero uomo. Egli è veramente il Figlio di Dio che si è fatto uomo, nostro fratello, senza con ciò cessare d’essere Dio, nostro Signore: (212)

« Id quod fuit remansit et quod non fuit assumpsit – Rimase quel che era e quel che non era assunse », canta la

liturgia romana. 99

E la liturgia di san Giovanni Crisostomo proclama e canta: « O Figlio unigenito e Verbo di Dio, tu,

che sei immortale, per la nostra salvezza ti sei degnato d’incarnarti nel seno della santa Madre di Dio e sempre

Vergine Maria; tu, che senza mutamento sei diventato uomo e sei stato crocifisso, o Cristo Dio, tu, che con la tua

morte hai sconfitto la morte, tu che sei uno della Santa Trinità, glorificato con il Padre e lo Spirito Santo, salvaci! ». 100

87 Cf 1 Gv 4,2-3; 2 Gv 7. 88 Simbolo niceno: DS 125.

Testo della

definizione di

Calcedonia

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89 Concilio di Nicea, Epistula synodalis « flΕπειδη`τη˜ς » ad Aegyptios: DS 130. 90 Simbolo Niceno: DS 126. 91 Concilio di Efeso, Epistula II Cyrilli Alexandrini ad Nestorium: DS 250. 92 Concilio di Efeso, Epistula II Cyrilli Alexandrini ad Nestorium: DS 251. 93 Cf Eb 4,15. 94 Concilio di Calcedonia, Symbolum: DS 301-302. 95 Concilio di Costantinopoli II, Sess. 8a , Canone 4: DS 424. 96 Cf già Concilio di Efeso, Anathematismi Cyrilli Alexandrini, 4: DS 255. 97 Cf Concilio di Costantinopoli II, Sess. 8a, Canone 3: DS 423. 98 Concilio di Costantinopoli II, Sess. 8a, Canone 10: DS 432. 99 Solennità di Maria SS. Madre di Dio, Antifona al «Benedictus»: Liturgia delle Ore, v.1 (Libreria

Editrice Vaticana 1981) p. 475; cf San Leone Magno, Sermo, 21, 2: CCL 138, 87 (PL 54, 192). 100 Liturgia delle Ore bizantina, Inno fiΟ µονογενη´ς: fiΩρολο´γιον το`µε´γα (Roma 1876) p. 82.

I quattro avverbi della definizione di Calcedonia che definiscono il rapporto tra l'umanità e la divinità di Gesù e che determinano il modo dell'unione delle due nature sono:

- senza confusione; - senza mutamento; - senza divisione; - senza separazione.

E' importante chiarire alcuni termini: - Quando si dice "persona" o "natura", di che cosa stiamo parlando? - Che cos'è la natura? Prendiamo ad esempio una sedia: essa è reale, cioè è un ente che sussiste in se stesso, non è parte di qualcosa d'altro (come ad esempio una mano in relazione al corpo di cui fa parte). Un ente come la sedia, in quanto sussiste in sè e per sè, viene definito: supposito o sussistente o ipostasi.

Considerato che: ente: è la cosa che è; supposito o ipostasi o sussistente: ente che sussiste in sè e per sè (ha il suo atto di essere in sè e non è parte

di qualcos'altro); indica l'ente reale che sussiste in sè e per sè. persona: supposito che è di natura razionale (ossia spirituale) Severino Boezio definisce la persona come: sostanza individua di natura razionale.

Quello che abbiamo appena visto è un ente determinato, ma se generalizziamo e non prendiamo più in esame quella precisa sedia, ma una sedia (nel senso del termine che vuol richiamare tutte le sedie), allora ciò che la distingue da altro è la sua sedietà (es. la sedietà della sedia rispetto alla portità della porta o all'umanità dell'uomo). Da quanto detto si arriva alla definizione di natura come essenza (che non è questa sedia determinata, ma ciò che mi fa dire che quella è una sedia). La natura risponde alla domanda: in forza di che cosa questa cosa è questa cosa (la natura del cavallo, dell'uomo, dell'angelo, di Dio)? Severino Boezio definisce la natura come: la specifica differenza che da forma ad ogni cosa.

Nel dibattito del mistero di Dio Trinità e quello di Cristo si sono affinati anche i concetti. Si è cercato di precisare i concetti per parlare in modo più preciso possibile di queste cose.

Riprendiamo ora la formula di Calcedonia: « Seguendo i santi Padri, all’unanimità noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore

nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo,

[composto] di anima razionale e di corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e consostanziale a noi per

l’umanità, “simile in tutto a noi, fuorché nel peccato”; 93

generato dal Padre prima dei secoli secondo la

divinità, e in questi ultimi tempi, per noi e per la nostra salvezza, nato da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo

l’umanità. Un solo e medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo riconoscere in due nature,

senza confusione, senza mutamento, senza divisione, senza separazione. La differenza delle nature non è

affatto negata dalla loro unione, ma piuttosto le proprietà di ciascuna sono salvaguardate e riunite in una sola

persona e una sola ipostasi ». 94

vero Dio: consustanziale al Padre nella divinità; vero uomo: consustanziale all'uomo nella sua umanità; una sola ipostasi : il Figlio con due nature (secondo l'ipostasi; è vero Dio e vero uomo).

Il Concilio successivo il Costantinopoli II, del 553, preciserà ulteriormente che si tratta di unione ipostatica, cioè unione nell'ipostasi, una persona che sussiste non solo nella natura divina, ma anche nella natura umana, rimanendo veramente Dio diventa anche veramente uomo.

dalla definizione del Concilio di

Calcedonia.

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Il Figlio ha fatto sua la natura umana fin dal concepimento, cioè fin dal momento in cui l'umanità di Gesù esiste; Egli è sì uomo, ma prima ancora è il Figlio increato, per cui l'ipostasi è quella divina del Figlio (l'ipostasi divina esiste già; dopo che l'ipostasi divina si incarna, quella stessa ipostasi sussiste anche nella natura umana). Il dogma vuol esclude che l'umanità di Gesù sussista per conto proprio e pertanto afferma che non ci sono due persone, ma due nature possedute come proprie da una sola persona (ipostasi). (S. Cirillo di Alessandria parla di "economia dell'appropriazione"). Da qui discende che il Figlio ha sì ipostasi diversa dal Padre, ma ha la stessa natura, perchè è Dio come il Padre. Ne deriva che chi vede Gesù, vede Dio Figlio in persona, ma anche che chi vede il Figlio, vede il Padre. Questo mistero ha una conseguenza che viene detta la "Legge della comunicazione delle proprietà ossia della communicatio idiomatum”, in quanto la persona è unica. Esiste un principio nella metafisica classica secondo il quale: "Actio sequitur naturam", cioè l'azione segue sempre la natura, e così anche le sue proprietà, ossia quando una persona umana agisce, agisce da uomo, mentre una determinata sedia, agisce da sedia. Il soggetto responsabile dell'azione è il supposito ma il principio prossimo dell'azione è la natura. Ragionando su Gesù: il soggetto responsabile è il Figlio, il quale agisce sia da Dio che da uomo (ed in questo non

c'è schizofrenia), ma per il principio della communicatio idiomatum, le proprietà e le operazioni di entrambe le nature sono attribuite all'unica persona. Quando dinanzi alla croce di Gesù Cristo si dice «Dio è morto», oppure quando Gesù dice «Prima che Abramo fosse, Io sono» entrambe le cose si possono affermare con verità soltanto in forza della legge della comunicazione delle proprietà e delle operazioni: l'unica persona del Figlio, che è Dio, è realmente morta secondo la natura umana assunta (anima e corpo si sono davvero separati, pur rimanendo sia l'anima separata che il cadavere uniti al Verbo), certamente non secondo la natura divina eterna ed immortale, e similmente la persona di Gesù esiste da sempre perché è la persona increata del Verbo, anche se secondo la natura umana assunta ha iniziato ad esistere nel tempo in un momento determinato. Così possiamo dire che in Gesù ci sono: due azioni, quella divina e quella umana; due volontà, quella divina e quella umana; due intelligenze, quella divina e quella umana. I Padri della Chiesa parlano della "natura umana come strumento di quella divina", nel senso che non c'è niente di interposto, nessuna mediazione, tra l'agire divino e quello umano, e che l'intelligenza, la volontà, la libertà e l'agire e patire umano sono sempre accordati e "sottomessi" all'intelligenza, alla volontà, alla libertà e all'azione divina.

[A titolo di confronto: rispetto al Figlio dove ad una persona corrispondono due nature, nel "mistero della Trinità", ad una sola natura corrispondono tre ipostasi. Ciò significa che l'azione divina è unica (e non tre azioni distinte), perchè la natura divina non è scissa ma unica e indivisibile. Poi il linguaggio ha appropriato per rassomiglianza le azioni o al Padre (l'ingenerato), o al Figlio (il Verbo, generato e non creato), o allo Spirito Santo (che procede dal Padre e dal Figlio, ma non è creato)].

Torniamo ora ancora al Figlio a proposito della morte: SOLO IL FIGLIO E' MORTO, nel senso che, solo il Figlio ha assunto la natura umana, per cui morire è azione propria solo del Figlio; solo lui si è incarnato, per cui per il principio della communicatio idiomatum, la morte di Gesù è realmente morte di Dio Figlio nella sua natura umana, (e non del Padre nè dello Spirito Santo), in quanto solo il Figlio si è appropriato della natura umana nell'unità della sua persona divina. Creare è di tutto Dio, nelle tre persone del Padre, Figlio e Spirito Santo, in quanto unico Dio, ma morire è azione propria solo della persona del Figlio. I miracoli: essi erano fatti sì da Gesù uomo ma in virtù della sua natura divina.

La potenza salvifica: non deriva soltanto dalla croce, ma da tutta la vita umana di Gesù, perchè per la sua divinità, ogni sua azione o "passione" umana, di tutta la sua vita terrena (ad esempio anche il lavoro a Nazaret, ecc.), diviene azione salvifica. IL MERITO, guadagnato da Gesù, non sta nella sua natura divina, ma in quella umana (quella divina è già bene assoluto e infinito in se e per se), per le scelte deliberate compiute in quanto uomo completo. In Gesù vero uomo non c'è solo un corpo, ma anche un cuore umano, un'anima umana, sentimenti, pensieri e desideri umani, però al tempo stesso è anche vero Dio. Una sola persona, ma due nature distinte. Gesù in quanto uomo ha un libero arbitrio perfetto ma per la sua unione con la natura divina, che per definizione

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comporta la perfezione di ogni azione, ogni sua azione non è mai macchiata dal peccato. Le due nature sono sempre concordi. Questo permette di far comprendere perchè si dice che la vita di Gesù è un mistero, perchè Gesù è sì un uomo, ma nella sua assoluta singolarità, che travalica i limiti dello spazio e del tempo. I padri della Chiesa per dire la singolarità dell'agire umano di Gesù, parlano di azione "teandrica" (che significa divinoumana). Il vivere di Gesù era un vivere divinoumano, dove l'agire e patire umano è strumento dell'azione divina. I termini: ipostasi, essenza, sostanza, pescati dalla filosofia, hanno visto mutare il loro significato, acquisendo in se stessi un significato di tipo teologico, nel tentativo di esprimere la fede nel linguaggio proprio, anche se restano in qualche modo termini della filosofia. Infatti si scorge una specie di circolarità tra i due linguaggi, quello filosofico e quello teologico. Ad esempio la parola "persona" è arrivata ad avere il significato odierno grazie a questa circolarità virtuosa. Duemila anni fa il termine "persona" significava solamente maschera o ruolo teatrale, ben diverso dal forte significato odierno, dovuto proprio a questa circolarità tra linguaggio laico e teologico (persone della Trinità). Il termine "ousia=sostanza" era usato sia per significare "natura", che "ipostasi“. All'inizio questo generava confusione. Successivamente il significato si è specificato avvicinandosi più al termine "natura". Poi abbiamo visto che Gesù Cristo è una sola ipostasi che possiede due nature (è un vero uomo con tutte le sue caratteristiche ed è vero Dio con tutte le sue caratteristiche). Poi, per la legge della communicatio idiomatum, nell'unità della persona del Verbo incarnato abbiamo visto che le caratteristiche umane sono anche caratteristiche del Verbo divino e le caratteristiche divine sono anche le caratteristiche del Nuovo Adamo. In questo sta il mistero di Gesù, uomo sì, ma che travalica i limiti dello spazio e del tempo. IL MISTERO DI CRISTO Una volta che si è compreso chi è Gesù (prima parte del corso), anche la comprensione del suo agire viene di conseguenza. La "spinta soteriologica" è dovuta alla sua capacità salvare (veramente uomo, ma non uomo qualunque, uomo che è Dio in persona). La spinta soteriologica, colta già in Paolo, è sempre stata in qualche modo attiva fin dalla prima Chiesa. (vedere san Massimo il Confessore --> per le due volontà, umana e divina). Ma che cos'è il mistero? Il mistero di Cristo? "Mistero" indica qualcosa di vivo, di reale, che però supera le capacità umane di comprendere e di agire. Il greco 'mysterion' nel latino liturgico viene tradotto con 'sacramentum'. Nell'ambito religioso, il "mistero" non è un paradosso e nemmeno un enigma, (es. un cruciverba, che una volta risolto è finito), ma è qualcosa che mette in comunicazione, che è accessibile pur restando tale, resta cioè mistero senza esaurirsi, come nel rapporto amicale tra persone. Si distingue tra:

- Mistero di Cristo: quando parliamo di rivelazione; il mistero si rivela, ma in questo suo rivelarsi non si esaurisce, il suo mistero va oltre. (CCC paragrafo 3, n. 512 e seguenti).

- misteri di Cristo: quando ci riferiamo a degli episodi della vita di Gesù, che pur nella sua frammentazione, contengono tutto il mistero di Cristo (in ogni momento della via di Gesù, vita nascosta, annunciazione, la morte di croce, la predicazione, etc., c'è tutto il mistero di Gesù, si dona tutto Cristo, così come ad es. in una briciola di pane eucaristico o in ogni goccia di vino consacrato, c'è tutto Cristo). Questo perchè in ogni azione di Cristo c'è tutto l'uomo, ma anche tutto Dio (la teandria), per cui la forza e la capacità che ne deriva, va oltre la capacità e la forza puramente umana.

Il mistero pertanto è tutto fondato su Gesù e per noi resta tale, cioè mistero, perchè supera la capacità conoscitiva ed operativa umana (capacità che nessuno prima ha mai avuto e che nessun altro avrà mai più). MARIA Tutto ciò che la Chiesa crede riguardo Maria è relativo a tutto ciò che la Chiesa crede di Cristo. Il CCC ai n.484-511, tratta delle verità di Maria dentro la trattazione di Gesù. Il n. 487 recita:

Ciò che la fede cattolica crede riguardo a Maria si fonda su ciò che essa crede riguardo a Cristo, ma quanto insegna su Maria illumina, a sua volta, la sua fede in Cristo.

Caso chiaro di sviluppo del dogma è quello del Concilio di Efeso: Maria come doveva essere chiamata, madre di Cristo o no? Madre di Dio, di Cristo? Questa era la diatriba su Maria, che però, in realtà non era su di lei, ma sempre su Gesù. La questione era quella per cui non si capiva come Maria avesse generato Dio, essendo evidente che Dio doveva esistere già prima di Maria. La risposta è che Maria ha generato veramente Cristo, ma ha generato l'umanità del Verbo e non la divinità, la quale invece esiste da sempre. Al momento del concepimento, il Verbo nella sua divinità, ha fatto sua

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immediatamente l'umanità di Gesù, e per la legge della communicatio idiomatum, si può affermare che l'umanità di Dio deriva da Maria. Pertanto quando diciamo che Maria è madre di Gesù Cristo, diciamo anche che Maria è madre di Dio (theothocos, più precisamente 'genitrice di Dio'). Intimamente connesso al dogma della divina maternità di Maria, quale vera genitrice di Dio, c'è il dogma della perpetua verginità di Maria, nel senso che:

- il concepimento di Gesù nel grembo verginale di Maria è avvenuto senza il seme umano, per opera singolare dello Spirito Santo;

- Maria era vergine prima, ed è rimasta vergine durante e dopo il parto. Questa è una verità di fede, che la Chiesa ha definito pian piano, volta a porre in evidenza la singolarità di Gesù, realmente uomo, anche nella sua nascita verginale, a tutela della sua stessa identità di Figlio Unigenito. Alcuni padri e dottori parlano del parto indolore di Maria. Non c'è definizione dogmatica dettagliata di questo e nemmeno di che cosa significhi con precisione 'verginità durante il parto' (ci sono in proposito due scuole di teologi che si dibattono). Spesso i santi spiegano il parto indolore di Maria (nella Genesi il parto con dolore è legato al peccato originale, che manca in Maria), con il fatto che Il dolore per il parto di Maria viene trasferito ad un altro momento, a quello della croce, quando il nuovo Adamo e la nuova Eva, danno alla luce la

nuova umanità, con il sangue del Signore; lì Maria soffre terribilmente. Lo stesso vale per:

- il dogma dell'Immacolata concezione, cioè l'assenza in Maria del peccato originale (volto sempre ad evidenziare la singolarità di Gesù);

- il dogma dell'assunzione di Maria in cielo in anima e corpo, similmente a Gesù (alla fine della sua vita terrena), essi sono strettamente connessi con l'identità di Gesù. L'immacolata concezione: è connesso alla previsione dei meriti del Redentore, in vista dei meriti di Gesù Dio Padre ha voluto tenere libera dal peccato una nuova Eva, per un nuovo inizio dell'umanità. I nuovi capostipiti della nuova umanità sono Cristo, il nuovo Adamo e Maria, la nuova Eva. L'assunzione: come per la preservazione dal peccato originale, Maria alla fine della sua vita è stata assunta in cielo subito, in anima e corpo, ad imitazione di ciò che è avvenuto per Gesù. Con lo stesso decreto divino con cui si predestinava Cristo, veniva predestinata anche Maria, come sua madre, così come ella è, con tutte le sue qualità. Maria è anche modello. La Chiesa vede Maria come modello esemplare di fede. La LG, la costituzione dogmatica sulla Chiesa, al cap. VIII, tratta di Maria in rapporto alla Chiesa, madre della Chiesa, immagine della Chiesa. Questi tratti su Maria ci aiutano a sottolineare due aspetti riguardo a Gesù:

- l'azione dello Spirito Santo nel concepimento verginale di Gesù. Le due missioni sono sempre presenti ed intimamente connesse, così come le due processioni. Sullo sfondo c'è un legame molto stretto tra Gesù e lo Spirito Santo; in Gesù Cristo (Cristos = l'unto di Spirito Santo) in realtà sono sempre in due, fin dal momento della sua incarnazione, perchè sullo sfondo c'è sempre l'azione dello Spirito Santo. Poi verrà riversato anche sugli uomini con la Pentecoste, in senso stretto, perchè già si possono intravedere azioni dello Spirito Santo, anche nei profeti dell'AT, etc.. Cristo era il Figlio fatto uomo ma questa sua umanità era talmente piena di grazia che veniva riversata anche sugli altri. Questo era l'effetto dello Spirito Santo.

- l'altro aspetto verte sulla fede di Gesù. Maria era modello esemplare di fede. Ma Gesù aveva fede? Per rispondere a questa domanda, prima dobbiamo definire che cosa sia la fede.

La FEDE è credere in un Altro. Essendo che Gesù è Dio in persona, allora in senso stretto non ha molto senso che Gesù abbia fede. S. Tommaso d'Aquino infatti attestava che Cristo non ha fede. Parlando di fede come la si intende comunemente è difficile dire che Gesù ha avuto fede. Nel NT non si attribuisce mai la fede a Gesù, egli dice sempre «la tua fede ti ha salvato», ma mai «la mia fede ti ha salvato».

Alcuni teologi propongono di riformulare il concetto di fede come: l'atteggiamento filiale verso Dio; in questo caso Gesù ha questo atteggiamento, però questo rischia di generare confusione.

Guardando a Gesù uomo però è preferibile dire che Gesù è la fede, egli è il patto o l'alleanza in persona (in latino: fides = patto), perchè Gesù è il Mediatore, Gesù è Dio e uomo nella medesima unica persona, unione tra cielo e terra (immediatezza tra piano divino e piano umano) e ciò porta alla conclusione che Gesù è La Fede, Gesù è l'Amen (Ap 3,14). (prendere in considerazione l'atteggiamento di Gesù uomo verso il Padre, è un aspetto, un concetto, che è diverso dal concetto classico di fede che si riferisce al rapporto delle creature razionali con il loro Creatore).

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Maria brilla, come la Chiesa, di luce riflessa. Il sole è Gesù, Maria è la luna che riflette in modo purissimo, specchio senza macchia, la luce di Gesù.

La PREDESTINAZIONE di Maria, non pregiudica e non toglie, la sua contestuale libertà di aderire o meno al progetto di Dio, allo stesso modo di Gesù che, visto nella sua umanità era completamente libero, ma nello stesso tempo, ontologicamente e metafisicamente incapace di commettere peccato. L'incapacità di Gesù come uomo di commettere il peccato è un mistero di Gesù anche questo. Dio predestina, ma poi le persone sono pienamente libere di accogliere il suo progetto o meno. La comprensione credente di chi è Gesù, dà un riflesso sull'uomo, perchè dire che Gesù ha preso tutto ciò che è veramente umano eccetto il peccato, significa affermare che il peccato non è veramente umano, significa dire quello che è nell'intenzione del messaggio del libro della Genesi, che in origine l'uomo è pensato libero dal peccato. Il peccato è "inquinamento" inoculato dopo. La pienezza dell'umanità di Gesù e di Maria sta in questa libertà originaria, libertà dal male e libertà per il bene. Questa diventa poi luce per l'antropologia, cioè nella riflessione sull'uomo. ASPETTI DEL MISTERO DI CRISTO Davanti agli occhi della mente abbiamo il mistero di Cristo tutto intero, come abbiamo tentato di spiegarlo fino ad oggi sia nella prima parte del corso che nella seconda. Avendo davanti il mistero di Cristo tutto intero, andiamo a toccare alcuni aspetti che riguardano il cosmo, l'antropologia, etc. Nel Dizionario interdisciplinare di Scienza e fede, si trova un articolo dedicato a Gesù Cristo, del prof. G. Tanzella-Nitti, che riguarda il rapporto tra Gesù Cristo ed il cosmo. ASPETTO COSMOLOGICO

MEDIAZIONE CREATRICE: Rifacendosi ai brani visti all'inizio della seconda parte del corso (Mt 28,18-20 + Mc 16, 19-20; Gv 1,1-18; Fil 2,5-11; At 2,14-36; 1Pt2,21-25; Eb 1,1-4; Ef 1,3-14; Col 1,13-20; 1Tm 2,5-6; Eb 4,14-5,10; 1Pt 1,20 + Eb 9,28; Eb 10,5-10; 2Pt 1,4; Ap; Gal 4,4-6), avevamo già sottolineato la mediazione creatrice riguardo la persona di Gesù, precisamente riguardo al Figlio (il Verbo). Mediazione creatrice nel senso che è di Dio che crea; l'azione creatrice è unica perchè è unica la natura divina che crea; Dio è unico ed è mediante l'unica natura che crea, ma in questo creare, ogni persona interviene con la sua specificità, per cui c'è una mediazione del Verbo tra il Padre e tutte le cose create (es. nella creazione genesiaca: Dio disse e luce fu, cioè la Parola ossia il Verbo media l'azione creatrice tra il Padre e quanto creato). L'A.T. e la comprensione credente della Chiesa, hanno percepito l'azione mediatrice, nell'impronta che tutta la creazione porta del Verbo (del Logos), così come per l'artista prima ancora di fare la scultura, c'è l'ha già nella mente. Analogamente, nel Logos (il Figlio) sono contenute le idee di tutte le cose create (il termine logos in greco

ha una ricchezza di significato maggiore che in italiano: esso significa sia pensiero, che idea, che ragione, che parola, per cui possiede

una pregnanza semantica molto forte), prima ancora che esse, per mezzo del Verbo siano create. Ciò significa che tutto il creato porta l'impronta del Verbo, del Logos creatore, cioè del Figlio, l'immagine del Padre stesso. Per il Verbo fatto carne poi, dopo il tempo di kenosis, che va dal concepimento, alla passione, morte e discesa agli inferi, c'è il tempo della glorificazione, dell'esaltazione, della risurrezione ed ascensione in cui Cristo anche come uomo viene intronizzato alla destra del Padre, con la sua umanità. Gesù Cristo è costituito, mediante la sua intronizzazione "Signore", anche con la sua umanità. Signore (Kyrios) di tutto e di tutti e di ogni cosa (universorum Rex), passato, presente e futuro, cielo, terra, inferi, angeli, santi, uomini e spiriti, Re di TUTTO (anche del mio corpo, della mia dichiarazione dei redditi, dei miei dolori e felicità). Tutto è sottomesso a Cristo e tutte le cose saranno "ricapitolate" (ricondotte) a Cristo; l'inizio della ricapitolazione è già iniziato dalla creazione ed avrà il suo compimento alla fine dei tempi.

CRISTOCENTRISMO: Un'altra dimensione dell'aspetto cosmologico del mistero di Cristo è il cristocentrismo (vedi S. Francesco, d'Assisi, S. Bonaventura e Duns Scoto), cioè la comprensione di tutto il cosmo (passato presente e futuro), di tutte le cose, in essenziale riferimento a Cristo (Verbo incarnato), quale punto centrale e focale di tutta la realtà. Il cristocentrismo quindi inteso nella dimensione dove ogni cosa ha un suo radicale legame con il Cristo, che lo riconduce a Cristo, cioè tutto il creato, ancora prima di essere, è già pensato misteriosamente connesso con la persona di Gesù Cristo. Tutti i misteri di Maria sono il riflesso di quelli di Cristo; ad es. pensando che l'immacolata concezione era predestinata in previsione dei meriti di Cristo, significa affermare proprio il Cristocentrismo, perchè le cose,

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prima di venire create, erano già pensate in riferimento a Gesù Cristo (tutto anche prima della venuta di Cristo era fatto in previsione di Lui). RAPPORTO TRA RAZIONALITA' DELLA REALTA' E GESU': c'è un aspetto affascinante per la filosofia: si tratta della riflessione sul legame che esiste tra la razionalità della realtà e la persona di Gesù. I filosofi della scienza del '900 (K. Popper), si chiedevano il motivo per cui la realtà poteva essere descritta adeguatamente con formule matematiche. L'epistemologia scientifica appurò che la realtà ha già una sua razionalità, una sua intelligibilità, perchè altrimenti non sarebbe possibile una corrispondenza tra formule matematiche e le cose. Dal punto di vista laico però non c'è una risposta a questa corrispondenza. Nella riflessione cristiana, questo discorso è stato subito colto; K. Woytila, M. Heller ed altri hanno colto subito questa riflessione, anche se non appartenente al piano religioso. Si chiedevano come è possibile provare che le cose hanno una loro intelligibilità, che l'universo è razionale già in se stesso? Dopo molte riflessioni questi studiosi sono pervenuti alla conclusione che l'intelligibilità dell'universo non si può dimostrare. K. Popper arriva a dire che bisogna fare un atto di fede laica nella razionalità della realtà. Gli studiosi di scienza credenti, basandosi sulla Rivelazione, sono arrivati alla conclusione che tutto è creato dal Logos, (logos in greco significa ragione, razionalità). La tradizione di fede attesta che tutto l'universo ha una sua razionalità e una sua descrivibilità matematica, perchè è stato creato dal Logos, per cui esiste in qualche modo un incontro tra una riflessione a-religiosa sulla razionalità della realtà, sul perchè si possono descrivere ad esempio con la matematica i fenomeni fisici e la riflessione credente appena indicata, ossia la "mediazione creatrice" del Verbo, dove l'universo ha una sua razionalità perchè è stato creato dal Verbo ed in vista del Verbo. (questa è la risposta dei teologi, è il punto d'incontro che viene proposto dai teologi) Ed è per questo motivo che la creazione mostra una razionalità che altrimenti non sarebbe possibile spiegare in nessun altro modo. (K. Popper parla di un atto di fede nella razionalità del reale). ASPETTO ANTROPOLOGICO (del Mistero di Cristo) Già S. Paolo e successivamente S. Ireneo e dopo di lui, tanti padri della chiesa, hanno visto Gesù come il nuovo Adamo. S. Ireneo inoltre, aggiunse Maria quale nuova Eva. Questo comporta già un significato antropologico, perchè Adamo ed Eva sono i nostri progenitori, (tutta l'umanità viene da Adamo ed Eva). Per cui dire che Gesù è il nuovo Adamo (Paolo) e che Maria è la nuova Eva (Ireneo di Lione), significa dare una nuova lettura antropologica, ossia che il nuovo modello di umanità, rinnovata, destinata alla felicità senza fine, sono Gesù e Maria. (Il termine "nuovo Adamo" richiama sullo sfondo anche il peccato del vecchio Adamo, al fine di porre in parallelo le due figure per indicare che da una situazione di morte si passa a quella di vita). GPII e BXVI hanno ripreso molte volte, la GS, specialmente il n. 22, dove si parla dell'aspetto antropologico, parlando dell'aspetto di Cristo riguardo all'uomo (e non al cosmo). I numeri precedenti al n.22 parlano della situazione dell'uomo nel mondo. Il n.22 chiude le questioni analizzate nei punti precedenti, riguardo l'uomo:

<22. Cristo, l'uomo nuovo. In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo.

Il concilio afferma che se si vuol comprendere il mistero dell'uomo (morte, tristezza, lavoro, etc.), se voglio capire l'esistenza umana, solo nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Non a caso Gesù in Gv 14,6 afferma che:

<6

Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.>

cioè, il modello, la forma giusta dell'essere umano, sono io. Solo Gesù poteva avere una pretesa del genere, visto che il Padre l'aveva confermato con la risurrezione.

<Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me>,

è la pretesa divina che solo Gesù poteva avere; le due nature in una sola ipostasi, possono venirci in soccorso per comprendere tale affermazione. Solo nel mistero del Verbo incarnato trova la vera luce il mistero dell'uomo. Continua:

Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro (Rm 5,14) e cioè di Cristo Signore.

Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo

a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione.

ossia la vocazione alla vita di Dio (queste parole sono un concentrato di dottrina cristologica, antropologica). Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le verità su esposte (nei primi 21 numeri) in lui trovino la loro sorgente e

tocchino il loro vertice. Egli è « l'immagine dell'invisibile Iddio » (Col 1,15) è l'uomo perfetto che ha restituito ai figli

di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato. Poiché in lui la natura

umana è stata assunta, senza per questo venire annientata per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una

dignità sublime.

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è quello che è successo nel mistero della persona di Gesù, cioè che la natura umana è stata assunta dalla persona divina e questo, in qualche modo misterioso ha innalzato la dignità di ogni uomo (anche se non è il Verbo incarnato in persona)

Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo.

nessuno escluso, anche a quelli della preistoria, ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con intelligenza d'uomo, ha agito con volontà d'uomo ha amato con

cuore d'uomo (il Verbo di Dio fatto carne). Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto

simile a noi fuorché il peccato.

ciò che si sta meditando è l'aspetto del mistero di Cristo che riguarda l'uomo, cioè quello antropologico, in tutto il numero 22 della GS

Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso

e tra noi) e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l'Apostolo: il

Figlio di Dio « mi ha amato e ha sacrificato se stesso per me» (Gal 2,20). Soffrendo per noi non ci ha dato

semplicemente l'esempio perché seguiamo le sue orme) ma ci ha anche aperta la strada: se la seguiamo, la vita e la

morte vengono santificate e acquistano nuovo significato. Il cristiano poi, reso conforme all'immagine del Figlio che

è il primogenito tra molti fratelli riceve «le primizie dello Spirito» (Rm8,23) (35) per cui diventa capace di adempiere

la legge nuova dell'amore). In virtù di questo Spirito, che è il «pegno (caparra) della eredità» (Ef 1,14), tutto l'uomo

viene interiormente rinnovato, nell'attesa della « redenzione del corpo » (Rm 8,23): « Se in voi dimora lo Spirito di

colui che risuscitò Gesù da morte, egli che ha risuscitato Gesù Cristo da morte darà vita anche ai vostri corpi

mortali, mediante il suo Spirito che abita in voi» (Rm8,11) (37).

Il cristiano certamente è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso molte

tribolazioni, e di subire la morte; ma, associato al mistero pasquale, diventando conforme al Cristo nella morte, così

anche andrà incontro alla risurrezione fortificato dalla speranza (38).

E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora

invisibilmente la grazia (39). Cristo, infatti, è morto per tutti (40) e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente

una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel

modo che Dio conosce, al mistero pasquale.

Tale e così grande è il mistero dell'uomo, questo mistero che la Rivelazione cristiana fa brillare agli occhi dei

credenti. Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo Vangelo ci

opprime. Con la sua morte egli ha distrutto la morte, con la sua risurrezione ci ha fatto dono della vita (41), perché

anche noi, diventando figli col Figlio, possiamo pregare esclamando nello Spirito: Abba, Padre! (42).>

Tutto il n.22 della GS è una specie di riassunto della contemplazione del mistero di Cristo però rivolto all'uomo (aspetto antropologico). Cristo è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è una sola, quella divina, e per tal motivo dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire in contatto, nei modi che solo Dio conosce (anche al di fuori dei confini visibili della Chiesa), con il mistero pasquale, con la Pasqua di Cristo, per la redenzione e la salvezza. Non si può passare per un'altra via, o si passa per Cristo o non si passa. Infatti l'aspetto antropologico riguarda ogni uomo e non solo coloro che sono stati battezzati. L'azione di Dio è sempre più ampia; S. Tommaso stesso diceva che Dio non ha legato la sua potenza ai sacramenti, in modo che possa senza sacramenti, dare nella sua sovranità, l'effetto dei sacramenti senza i sacramenti stessi. A noi spetta curare bene il sistema di canali nelle nostre campagne ma poi piove (anche dove i canali non arrivano…). Perciò dobbiamo necessariamente passare attraverso Cristo ed è attraverso di Lui, attraverso al sua necessaria mediazione che l'uomo può essere salvato ed elevato nella sua natura umana a dignità divina. Quello che è successo alla natura umana di Gesù, ossia l'essere stato innalzato a dignità divina, avverrà anche per l'uomo. La vocazione dell'uomo infatti è quella divina. Il Figlio di Dio incarnandosi si è legato con ogni uomo, nessuno escluso. Ciò rende evidente la necessità della mediazione di Cristo. Gv 14,6 e GS n.22, sono nella loro semplicità, l'affermazione più forte riguardo all'aspetto antropologico, che riguarda ogni uomo del mistero di Cristo. Risale a S. Gregorio Nazianzeno l'affermazione: "quod non est absuntum, non est sanatum" che significa "ciò che non è stato assunto, non è stato risanato (non è salvato)". Il principio di quest'affermazione sembra provenire tramite una prima elaborazione di S. Atanasio dall'esperienza monastica ascetica di S. Antonio Abate. Ascesi che porta all'intuizione spirituale della fede: se Cristo è Dio, allora può salvarmi, ma se non è tale, allora non può salvarmi, perchè non essendo Dio non può agire da Dio. Chi ha tradotto questa esperienza spirituale in dottrina è stato S. Atanasio, che fu discepolo dell'abba Antonio. La spinta soteriologica è questa intuizione di fede riguardo Gesù che c'è prima della concettualizzazione. E' l'esperienza di fede dei primi cristiani. Gesù ha davvero sofferto come me, ma al tempo stesso è qualcuno che è capace di salvare me e chi verrà dopo di me. Guardando all'incarnazione, ritorna sempre l'aspetto antropologico, tutto quello che non è

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stato assunto come umanità, non può essere risanato. Ecco perchè Gesù ha assunto tutto dell'uomo, non solo la sua carne, ma anche i suoi sentimenti, la sua ragione, la sua volontà ed ogni altro aspetto dell'uomo. I santi padri avevano colto questo aspetto antropologico e soteriologico del mistero di Gesù Cristo. Così S. Gregorio Nazianzeno e S. Agostino rispondevano ad Apollinare, il quale affermava che Gesù non aveva assunto l'anima umana, in quanto al suo posto c'era il Logos, che Gesù allora, non avrebbe potuto risanare l'intelligenza, perchè avrebbe preso una natura da bestia e non da uomo, In quanto privo della caratteristica che distingue l'uomo dall'animale, cioè la sua intelligenza, così come gli altri aspetti antropologici che Apollinare metteva in dubbio. Riguardo al mistero dell'uomo, quanto abbiamo cercato di comprendere nella fede di Gesù vero Dio e vero uomo, uniti nella stessa persona, diventa criterio anche per la valutazione di ciò che è umano. Gesù è il modello dell'uomo perfetto, perchè l'essere Dio Figlio in persona, lo rende un uomo nuovo. Diversamente dal pensiero di alcuni che insegnano che quando c'è più Dio c'è meno uomo, il dogma cristologico ci svela invece che più c'è Dio e più c'è uomo. Ma anche quando c'è più uomo, c'è più Dio, visto come criterio di giudizio sulla realtà (per il principio della legge della communicatio idiomatum).

LA GRAZIA Questo discorso si colloca a cavallo tra l'aspetto antropologico e quello soteriologico. Ma cos'è la grazia? Nella riflessione teologica di 2000 anni il dibattito sulla questione della grazia è stato molto acceso. Abitualmente la grazia viene distinta tra: - Grazia increata: è Dio stesso che si dona all'uomo (il dono di Dio stesso, lo Spirito Santo, la vita divina, il Verbo); - Grazia creata: è l'effetto provocato dall'azione di Dio nel comunicarsi all'uomo (il mio partecipare da creatura alla vita di Dio).

La visione teologica orientale, non accolta dalla teologia occidentale, (a partire da S. Gregorio Palamas) porta invece a distinguere in Dio: l'essenza dall'energia. La grazia la troviamo in modo infinito in Gesù (vero Dio e vero uomo), in quanto la sua umanità è posseduta come propria dalla persona divina del Verbo; la persona divina del Verbo sussiste nella natura umana di Gesù; non ci sono mediazioni, non c'è niente in mezzo che possa interporsi all'immediatezza esistente tra la persona divina del Figlio e la sua umanità, il suo agire umano. Agire umano che è strumento dell'agire divino. Abbiamo già detto che l'umanità di Cristo è anche impregnata di Spirito Santo, Cristo è unto fin dal concepimento verginale nel grembo di Maria. Questo comporta che la natura umana di Gesù (l'anima umana, la mente umana, il cuore umano di Gesù), è infinitamente piena di grazia. Infinitamente più di Maria perchè Maria resta una pura creatura e noi diciamo che Maria è colei che è stata resa tutta piena di grazia, è stata colmata nella misura più grande possibile per una creatura; ma Gesù non è pura creatura, è di più, è natura umana propria del Verbo (Dio fatto uomo), per cui nella sua umanità possiamo dire che Gesù è più che pieno di grazia. Questa infinità di grazia santificante dell'umanità di Cristo, Gesù non la tiene per se, tanto che S. Tommaso d'Aquino parlava di "gratia capitis" cioè della grazia del capo, perchè Gesù è il capo del corpo (bisogna ricordare che nell'antropologia antica si pensava che tutto venisse dalla testa e non dal cuore) e da questo passa a tutto il resto del corpo. Nella sua umanità è talmente impregnato e stracolmo di grazia che trabocca fuori e si riversa su tutte le membra, in Maria e in tutti noi. ASPETTO SOTERIOLOGICO (del Mistero di Cristo) «Cum enim praeexsisteret saluans, oportebat et quod saluaretur fieri, ut non uacuum sit saluans». S. Ireneo di Lione, Contro le eresie, III, 22, 3 Prendiamo S. Paolo (Rm 3,21-26):

<21

Ora invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti;

22 giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. E non c'è distinzione:

23 tutti

hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, 24

ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù.

25 Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della

fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la tolleranza usata verso i peccati passati, 26

nel tempo della divina pazienza. Egli manifesta la sua giustizia nel tempo presente, per essere giusto e giustificare chi ha fede in Gesù.>

dove:

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- sono giustificati gratuitamente per la sua grazia: significa, sono resi sani, belli, in armonia con Dio, con l'universo, con gli altri. (La parola giustificazione ha un senso molto forte, significa essere messo a posto, reso giusto nel rapporto con Dio e con gli altri);

- in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù: è Cristo Gesù che Dio ha stabilito come strumento di espiazione per mezzo della fede nel suo sangue.

Questo è uno dei passi capitali per la dottrina sulla giustificazione per mezzo della fede, il grande argomento di divisione e dibattito tra cattolici e i luterani-riformati, anche se poco tempo fa, tra cattolici e riformati si è arrivati ad una dichiarazione congiunta, in cui si è esposta una comune dottrina sulla giustificazione. E' anche uno dei passi capitali dell'antropologia teologica, ma è in stretta relazione con Cristo; infatti dice Paolo: "per

mezzo della fede in Gesù Cristo, .... sono giustificati gratuitamente per la sua grazia in virtù della redenzione realizzata da

Gesù Cristo. Dio lo ha prestabilito ... come strumento di espiazione". E' Gesù Cristo che Dio ha prestabilito come strumento di espiazione. Questi aspetti, l'antropologico ed il soteriologico, la comunicazione della grazia e la giustificazione in virtù della fede, sono aspetti dell'unico mistero di Cristo. E' utile ricordare che il tema della giustificazione per fede, trattato da Paolo in questo testo e nelle lettere ai Romani e ai Galati, è stata la fonte della contrapposizione di Lutero e della riforma al cattolicesimo, fino alla recente dichiarazione congiunta già richiamata tra cattolici e riformati. Quello che è interessante sottolineare, è come già in questo passo sia molto chiaro l'essenziale riferimento cristologico, alla fede in Gesù Cristo, alla grazia data per mezzo di Gesù Cristo, la redenzione operata da Gesù Cristo. E' lui lo strumento di espiazione stabilito da Dio perchè per mezzo della fede si possa essere resi giusti. La soteriologia è molto ampia; qui cerchiamo dire i punti fondamentali. Un trattato completo circa questo aspetto da consultare è "Gesù Cristo l'unico mediatore" di Bernard Sesboüé, della San Paolo Edizioni, vol. 1. I testi paolini (1Cor 15 e quanto detto nel capitolo aspetti e nozioni fondamentali della prima parte n.ri 6-7) sono alla base della comprensione soteriologica del mistero di Cristo. Anche molti dei passi visti all'inizio della seconda parte (il

prestabilito disegno, la prescienza di Dio, At, l'agnello immolato predestinato fin dalla fondazione del mondo, Eb, etc.), sono alla base di un discorso soteriologico. Molte cose sono già state viste lì. Tentiamo qui di raccoglierle per cercare di farci una percezione di questa realtà. Quando si parla della salvezza due sono le analogie utilizzate:

- l'analogia della salute; - l'analogia della libertà.

Salute: uno dei campi semantici di riferimento utilizzato per le analogie usate nell'AT, nel NT o nei padri della chiesa, è quello della salute, ma anche risanamento, restaurazione, riparazione. La parola "salvezza" condivide la stessa la stessa radice etimologica di "salute", e cioè che guarisce, ma anche che scampa dai pericoli, che mantiene in salute o che restituisce la salute. Sono esperienze umane che vengono usate come analogie. Libertà: l'altro campo semantico usato per le analogie di riferimento è quello della libertà, ma anche redenzione, riscatto (in opposizione alle privazioni della libertà come la schiavitù o l'essere presi in ostaggio). Salvezza: fin da subito la salvezza prima è stata sperimentata e solo successivamente è divenuta oggetto di riflessione. Lungo la storia della teologia diverse sono state le ipotesi proposte (sistemando i dati biblici) per cercare di spiegare come Dio ci salva. Una proposta elementare è legata all'esperienza dell'incarnazione: l'uomo ferito dal peccato originale è bisognoso di far pace con il Signore. Ma l'uomo in quanto creatura non è capace di far pace con Dio, nè per sé stesso, nè per tutti gli altri uomini. Già S. Ireneo attesta fin dalle origini una tale intuizione: «Si enim homo non uicisset inimicum hominis, non iuste uictus esset inimicus. Rursus autem nisi Deus donasset salutem, non firmiter haberemus eam». (S. Ireneo di Lione, Contro le eresie, III, 18, 6-7) S. Anselmo di Canterbury o da Aosta (1033-1109) elabora poi in modo sistematico una risposta in Occidente. Egli era monaco e filosofo. Con l'opera "Cur Deus homo", propone un tentativo, quasi filosofico, di spiegare la ragione e la necessità dell'incarnazione. L'opera, di stampo apologetico, spiega le ragioni della fede a chi la legge. Anselmo rende stringente un argomento che già prima era stato proposto dai Padri, elaborando la nozione di "SODDISFAZIONE". Questo concetto si rifà al diritto romano, significa "satis facere = fare abbastanza", ossia quando un debitore non riusciva a ripagare interamente un debito, s'innescava la pratica romana per cui il creditore aveva la facoltà di ritenersi soddisfatto di un pagamento soltanto parziale.

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Tertuliano (155-230) è stato il primo ad utilizzare il termine "soddisfazione", nel linguaggio cristiano. Quando parlava della penitenza, affermava che l'offesa a Dio non si poteva mai pareggiarla, però la penitenza avrebbe potuto dare comunque soddisfazione a Dio. Con la strutturazione del sacramento della penitenza, il sacerdote dava al penitente un'opera penitenziale, chiamata "satisfactio" (satis facere = fare abbastanza), che se oggettivamente non era sufficiente in proporzione ai peccati commessi, poteva bastare per la misericordia del Signore.

S. Anselmo nel "Cur Deus homo" fa quattro passi: - primo passo: ad ogni peccato deve corrispondere una pena per soddisfare l'offesa; - secondo passo: l'uomo peccatore non è capace di soddisfare l'offesa; - terzo passo: la soddisfazione è necessaria per il compimento del disegno di Dio sull'umanità (perchè non vada persa l'opera di Dio); - quarto passo: solo l'uomo-Dio può compiere quella soddisfazione che salva l'uomo.

S. Anselmo ragiona in modo oggettivo, sull'ordine delle cose (e non sulla colpa di una specifica persona umana o sulle disposizioni buone di Dio). Egli dice che per rimettere ordine, per restaurare il buon rapporto con Dio, "per togliere l'inquinamento", per soddisfare il debito, era necessario che fosse un uomo-Dio, perchè l'uomo era quello che doveva riparare, ma non ne era capace; chi era capace di farlo era Dio. Per cui c'era bisogno che chi doveva soddisfare fosse lo stesso che poteva. L'argomentazione di S. Anselmo è stata molto criticata successivamente da vari autori, tra cui Tommaso, e specialmente negli ultimi 60 anni. In una seconda sua opera "Meditatio redemptionis humanae" (la meditazione sull'umana redenzione) S. Anselmo parla con la stessa argomentazione, però non in chiave apologetica, ma in forma di preghiera (cioè rivolta ad un lettore credente). L'elaborazione di S. Anselmo risulta comunque imprescindibile per il pensiero soteriologico occidentale. S. Anselmo con la sua nozione di soddisfazione smentisce anche un'altra teoria che c'era, quella dei diritti del demonio. Infatti alcuni per cercare di spiegare un poco al popolo il concetto di soddisfazione, dicevano che il peccato aveva dato come una specie di diritto a satana, che Gesù doveva ricomprare a prezzo del suo sangue. Nei secoli successivi a S. Anselmo, alcune persone (sia cattolici che protestanti e luterani), fecero evolvere l'idea di soddisfazione, aggiungendo un'altra idea: quella di compensazione, cioè di un Dio che vuole vendicarsi per le offese ricevute, per cui bisogna compensare. (ci sono omelie del '600 e '700 dove si diceva che il Padre

si godeva a torturare il Figlio per salvare l'uomo).

La sistematizzazione del concetto di "salvezza", prende avvio nel Magistero, in reazione alla riforma di Lutero, con il Concilio di Trento. Due sono i testi significativi del Concilio di Trento che trattano del tema della salvezza:

1) uno è nel decreto sulla giustificazione; 2) l'altro è nel decreto sul sacrificio della messa.

Giustificazione: Il testo del decreto sulla giustificazione, pone l'accento sempre alla salvezza (Denziger c.7, 1528-

1531). Cause della giustificazione sono: - causa finale (lo scopo): la gloria di Dio e del Cristo e la vita eterna; - causa efficiente (ciò che produce la giustificazione): la misericordia di Dio che gratuitamente ci purifica e ci

santifica, ungendo con lo Spirito Santo, che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità. - causa meritoria (ciò che merita la giustificazione --> appartiene all'uomo): la passione di Gesù Cristo in croce. "il

suo dilettissimo ed unigenito Figlio, Signore nostro Gesù Cristo, il quale, pur essendo noi suoi nemici, per il grande amore

con il quale ci ha amati, ci ha meritato la giustificazione, con la sua santissima passione sul legno della croce, ed ha soddisfatto per noi Dio Padre". E' la prima volta che la nozione di 'soddisfazione' – senza essere però né definita né spiegata – entra in un documento del Magistero (non è più l'opinione di un teologo, ma entra in una definizione magisteriale circa il dogma della redenzione);

- causa strumentale (lo strumento): il sacramento del battesimo, che è il sacramento della fede, senza della quale non si potrebbe ottenere la giustificazione. (Nella causa strumentale rientra anche l'aspetto ecclesiologico)

- causa formale: la giustizia di Dio.

Sacrificio della messa: l'altro testo soteriologico è quello sul sacrificio della Messa (Denziger c.1, 1739-1742). Riprende l'insegnamento della lettera agli ebrei dove viene chiarito come:

- il sacrificio di Gesù sulla croce sia stato un vero e proprio sacrificio - la Messa sia la ripresentazione dell'unico sacrificio di Cristo.

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Qui la nozione di sacrificio viene presa in un atto di Magistero, che riguarda sì la Messa, ma che indica che il sacrificio che ci ha salvati è la morte di Gesù in croce, l'unico sacrificio che si rende presente ogni volta che si celebra la Messa. I due testi sono abbastanza tardivi. Infatti all'inizio il bisogno era quello di schiarirsi le idee su chi era Gesù, (Calcedonia, Costantinopoli II e III), la salvezza invece era oggetto di esperienza nella vita spirituale, nelle devozioni, nella frequenza ai sacramenti, etc. Solo quando sopraggiunsero le difficoltà con la dottrina di Lutero, si rese necessario fare un concilio nel 1500 (quello di Trento), per definire il concetto della salvezza e di giustificazione (poi nel 1999 si è arrivati ad una dichiarazione congiunta tra cattolici e luterani, circa la dottrina della giustificazione). Anche la nozione di sacrificio è una nozione che può essere fraintesa. La morte di Gesù in croce è stato un vero e proprio sacrificio libero e volontario, non la vendetta obbligata di Dio; sotto quel sacrificio c'è amore e misericordia. Nel "Tomus ad Flavianum", S. Leone Magno, scrive "sicut Deus non mutatur miseratione, ita homo non consumitur dignitate" con la quale egli spiega bene questo, dicendo:

- con "sicut Deus non mutatur miseratione": siccome Dio è puro amore, misericordia, per il fatto che usa misericordia, egli non muta, ma agisce secondo quello che è, per cui facendosi uomo, morendo sulla croce, Dio non cambia, in quanto ama e usa misericordia ai peccatori; resta se stesso, resta amore misericordioso.

- con "ita homo non consumitur dignitate": che la natura umana non è distrutta dal fatto che è presa da Dio, dalla dignità divina che riceve, ma anzi ne viene innalzata (e questo anche per noi, nel diventare figli adottivi di Dio). Il movimento discendente di Dio verso di noi è inseparabile dal movimento ascendente dell'uomo verso Dio.

Il fuoco che rende salvifico il sacrificio non è il dolore, ma l'amore che c'è dentro e sotto alla sofferenza. E' stato così per Gesù, per Maria ed anche per ciascuno di noi. Questo vale per Dio, ma anche per l'uomo, nel senso che Gesù nella sua umanità non era un burattino nelle mani del Figlio, ma era vero uomo dotato di volontà umana, di intelletto umano (concilio di Costantinopoli III). Il vivere umano di Gesù, l'agire umano di Gesù, i sentimenti, i pensieri, le scelte, sono pienamente umani, sono liberi, voluti, sentiti da uomo ed è in questo che sono strumento della natura divina, per cui c'è anche la carità umana di Gesù, c'è un amore umano reso perfetto (amore teandrico = che significa amore umanodivino, reso perfetto perchè proprio della persona divina del Verbo), ma umano. Ecco perchè S. Tommaso parla del merito dell'amore umano di Gesù, cioè Gesù col suo amore umano e con le sue scelte umane ci ha meritato la salvezza. La passione di Gesù ha anche la funzione dell'esempio: noi non possiamo imitare Dio in se stesso, però possiamo imitare l'uomo Gesù, rimanerne affascinati, come è stato per i discepoli e per tanta gente che l'ha seguito. Incontravano Dio perchè incontravano realmente il Figlio unigenito, incontrandolo però in quanto vero uomo. La passione ha anche un aspetto rivelativo (di far vedere qualcosa): nella loro meditazione i giusti hanno visto l'amore di Dio nelle sofferenze di Gesù. Da tutto quanto detto, l'unica mediazione di Gesù Cristo nella salvezza ha due sensi, così come la legge della communicatio idiomatum:

- quello discendente, cioè l'amore di Dio e, insieme, la sua misericordia e la sua giustizia (Dio che si fa uomo); - quello ascendente, cioè l'offerta sacrificale dell'uomo Gesù (il Nuovo Adamo che si offre a Dio).

Essa è necessaria, non c'è un'altra via, Cristo è la via, l'unica via (1Tm 2,5-6; Gv 14,6). Questo aspetto vale anche per le nostre sofferenze, in quanto noi siamo corpo mistico di Gesù, tramite le realtà sacramentali (battesimo, cresima, eucaristia), attraverso le quali veniamo a far parte del corpo mistico di Gesù ossia della Chiesa. La testa è Gesù presso il Padre, il corpo attivo nel mondo, sono i battezzati. I teologi vedono: nell'umanità di Cristo il sacramento fontale, quello originario (la realtà sacramentale della

comunicazione della vita di Dio a noi, si trova nell'umanità di Gesù, che è talmente piena di grazia che trabocca fuori: le

missioni che agiscono sempre insieme); nella Chiesa il sacramento universale; poi i singoli sacramenti sono quelli specifici. La recente riflessione (del '900) ha ripreso una sensibilità antica (già dei Padri della Chiesa), che è giusta, dove l'opera della salvezza non si ferma alla croce, ma comprende anche la risurrezione. Anche la risurrezione ha efficacia salvifica per noi, in quanto se Gesù fosse rimasto morto, non avrebbe potuto salvarci; la stessa

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risurrezione ha una causalità efficiente, perchè la risurrezione di Gesù produce la nostra resurrezione, è cioè causa di quella dei fedeli. ASPETTO ECCLESIOLOGICO «Ex Corde scisso Ecclesia Christo iugata nascitur» dalla Liturgia (EF) del Sacro Cuore Abbiamo già fatto in precedenza accenno al rapporto tra Cristo e la Chiesa, nell'immagine del corpo "mistico", o del corpo (usata da Paolo), o della vite e i tralci (usata da Gv). Abbiamo già accennato che l'umanità di Cristo è strumento della divinità. Possiamo dire che:

- l'umanità di Gesù è il sacramento originario (fontale). E' il punto di contatto tra cielo e terra, tra l'azione divina e la vita umana.

- la chiesa è il sacramento universale. - nella relazione vitale tra Gesù e la Chiesa ci stanno i sette sacramenti (battesimo, cresima, Eucaristia,

confessione, unzione dei malati, ordine sacro e matrimonio) e tutta la dinamica sacramentale. Un testo di riferimento è a mo' di esempio il n.7 della LG che parla della Chiesa, quale corpo di Cristo; tutta la dottrina esposta nella Costituzione dogmatica 'Lumen Gentium' del CEVII è però di somma importanza. ASPETTI ESCATOLOGICI "ESCATON" = che significa: le cose ultime. Affrontiamo ora il mistero di Gesù, ponendo attenzione adesso agli aspetti escatologici. Abbiamo già visto molti testi, che sono alla base della comprensione credente della Chiesa, che riguardano gli aspetti escatologici del mistero di Cristo:

- 1Cor 15,20-28: <20 Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti.

21 Poiché se a causa di un uomo

venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; 22

e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo.

23 Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla

sua venuta, quelli che sono di Cristo>. in questo brano c'è una presentazione degli aspetti escatologici del mistero di Cristo. Cristo

è risorto, egli è la primizia. Poi quando ritornerà sarà anche il momento di quelli che sono di Cristo.

- nei 2 brani della lettera ai Ts: 1Ts 1,9b-10: <...e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene.>

1Ts 4,14: <14Non vogliamo poi lasciarvi nell'ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad

affliggervi come gli altri che non hanno speranza. Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risorto,

così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù, insieme con lui>.

si parla del risorto che ritorna una seconda volta e del fatto che quando tornerà risorgeranno anche i

morti.

- Q 12,8-9: <Chiunque si dichiara per me davanti agli uomini, anche il figlio dell’uomo si dichiarerà per lui davanti agli angeli.

Chiunque invece mi avrà rinnegato davanti agli uomini, anche il figlio dell’uomo lo rinnegherà davanti agli angeli.>

si parla del comportamento che Gesù terrà nei confronti dell'uomo nella sua seconda venuta. In tutti questi testi, come anche in altri, possiamo notare due tempi, ossia:

- l'adesso di Gesù; - il ritorno di Gesù, nella seconda venuta (senza nessuna relazione con il peccato).

Essi presentano l'aspetto escatologico del mistero di Cristo. (ad es. il titolo "Figlio dell'uomo" ha questa connotazione escatologica). "PARUSIA" - Il termine "parusia" deriva dal greco "pareimi" e significa: "essere presente", sottointeso però nel senso che prima non c'era, per cui può essere anche tradotto con "visita, arrivo, venuta", anche se in realtà indica la presenza. Esso indicava:

- nel linguaggio laico ellenistico: la visita di una persona importante in città, ad es. l'imperatore; - nel linguaggio religioso del NT: il ritorno del Signore Gesù.

Questo tema era già in qualche modo presente nell'AT: si parla del giorno di Adonai (Malachia, etc.), l'ultimo giorno (quello del giudizio).

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La parusia è strettamente connessa col fatto che Gesù è risorto, che è tornato alla gloria del Padre e che ritornerà glorioso. "GIUDIZIO" - Connesso al ritorno c'è appunto il tema del "giudizio" (Mt 25, 31-46). Insieme con la parusia si parla di "risurrezione universale" (cioè non solo dello spirito, ma anche della carne) (Mt 15,20-28) e del "giudizio". Esito definitivo o beatitudine completa (anima immortale e corpo risuscitato e glorificato, insieme ricongiunti nella pienezza dell'unità di ciascuna persona) o condanna. Prima dell'arrivo della fine esiste anche lo stato di purificazione detto "Purgatorio", si veda il passo di 1Cor 3,10-17 ad esempio nella spiegazione che ne fa Benedetto XVI nell'enciclica 'Spe Salvi'. "RICAPITOLAZIONE" - L'altro termine che ricorre nell'aspetto escatologico è la "ricapitolazione" in greco "anakephalaiosis" (vedi Ef 1,3-14; Col 1,13-20), tema sviluppato a fondo da S. Ireneo di Lione. Tutto trova ricapitolazione in Cristo, nella persona di Gesù Cristo (in 1Pt si parla di cieli nuovi e terra nuova, una nuova creazione nell'ultimo giorno). Collegandosi con gli altri aspetti visti all'inizio della seconda parte del corso, l'escatologia è legata all'aspetto della mediazione, che c'è nella creazione, nella redenzione, ma anche nella parusia. In qualche modo il mistero di Gesù ci permette di tenere insieme gli estremi della storia ed il suo corso, ossia tutti e tutto si ricapitola nella persona di Gesù Cristo. S. Chiara parla del confronto con Gesù crocifisso utilizzando l'immagine dello specchio, in cui quello che risulta conforme viene approvato e quello che risulta difforme viene condannato. La Chiesa crede che il giudizio ci sarà e che il giudice che opererà questo giudizio è Gesù:

Chiunque si dichiara per me davanti agli uomini,

anche il figlio dell’uomo si dichiarerà per lui davanti agli angeli.

Chiunque invece mi avrà rinnegato davanti agli uomini,

anche il figlio dell’uomo lo rinnegherà davanti agli angeli.

E' bene ricordare che non c'è nulla di più incompatibile con la fede cristiana della credenza della reincarnazione. Il risorgere di Cristo ci dice com'è l'identità personale che è destinata all'eternità. Infatti i modelli da prendere sono Gesù e Maria; loro infatti, non hanno subito cicli di reincarnazioni. Il corpo è legato a quell'anima e solo a quella. Il corso della vita è uno solo, per cui l'anima non può rivestire più corpi (vedi LG e GS). Questo viene dalla comprensione dell'uomo che proviene dalla rivelazione del mistero di Cristo, il quale comprende la resurrezione, dove quell'anima riprende quel suo corpo. Il fatto di essere legato solo a quel medesimo corpo, getta luce all'importanza che riveste il cammino di questa vita, perchè è l'unica a nostra disposizione e l'urgenza che ne deriva di essere deificati. Anche il corpo quindi, e non solo l'anima, ha una dignità che si può definire divina.