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SEGRETI E MISTERI I BUCHI NERI DELLA REPUBBLICA DI MARCELLO PERUCCA i quaderni del cineforum 19 CIRCOLO FAMILIARE DI UNITÀ PROLETARIA

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SEGRETI E MISTERII BUCHI NERI DELLA REPUBBLICA

DI MARCELLO PERUCCA

i quaderni del cineforum 1199

CIRCOLO FAMILIARE DI UNITÀ PROLETARIA

CentocinquantanniDDAA GGAARRIIBBAALLDDII AALL CCAAIIMMAANNOO

IIll cciinneemmaa rraaccccoonnttaa llaa ssttoorriiaa dd’’IIttaalliiaa

ddii MMaarrcceelllloo PPeerruuccccaa

settembre 2010 - giugno 2011

CIRCOLO FAMILIARE DI UNITÀ PROLETARIAViale Monza 140, Milano

www.cineforumdelcircolo.it [email protected]

SSEEGGRREETTII EE MMIISSTTEERRIII BUCHI NERI DELLA REPUBBLICA

Agosto, improvviso si sente un odore di brace.

Qualcosa che brucia nel sangue e non ti lascia in pace,

un pugno di rabbia che ha il suono tremendo di un vecchio boato:

qualcosa che crolla, che esplode, qualcosa che urla. Un treno è saltato.

Agosto, Claudio Lolli, 1976

Éuno strano paese l’Italia. Un paese dove la memoria collettiva sembra svanire giorno dopo giorno, nar-cotizzata da quasi trent’anni di berlusconizzazione. Dove la storia sembrerebbe non aver insegnatonulla, considerando che si sta reiterando, allegramente e scelleratamente , quanto di più nefasto è stato

prodotto nel secolo scorso. Ma, fortunatamente, non tutti accettano di scordare il proprio passato. Di abbandonare all’oblio tragedie chehanno causato dolore e morte; ferite che difficilmente potranno essere lenite. C’è ancora qualcuno che, stoi-camente, persevera nel pretendere la verità per avvenimenti per i quali tutt’ora non è stata fatta giustizia.Allora, davanti a coloro che ancora vogliono giustizia, si alzano muri di silenzio, si nascondono i fatti, si negala verità. Tutta la storia dell’Italia repubblicana, sin dagli anni immediatamente successivi alla fine del secondo con-flitto mondiale, è costellata di eventi misteriosi. Misteriosi non perché è impossibile capirne la causa, bensìperché volutamente si è creato intorno a essi una cortina fumogena che impedisce di arrivare alla verità. Sisono mantenuti una serie di segreti volti a impedire lo smascheramento degli interessi dei poteri forti dellanazione: interessi politici, economici, mafiosi. Enzo Santarelli, nella sua Storia critica della Repubblica(Feltrinelli, 1996) scriveva così: “(…) Nello stesso torno di tempo, senza manifestarsi, la Loggia P2 di LicioGelli studia e promuove un Piano di rinascita democratica e un Memorandum sulla situazione politica inItalia, i cui capisaldi rimarranno ignoti fino ai primi anni ottanta, ma la cui incidenza tocca i vertici dello stato.È un segmento dell’Italia sotterranea, affarista, eversiva e ammanigliata col potere, che mette a punto un pro-gramma autoritario-presidenzialistico imperniato sull’indebolimento dei sindacati, la conquista di posizionichiave nei partiti e nella stampa (si dà l’assalto al “Corriere della Sera”), una riforma integrale dei meccani-smi e dei principi della Costituzione.” Oggi, a trent’anni di distanza, possiamo, amaramente, affermare che ilpiano eversivo di Gelli si sta, in buona sostanza, realizzando, anche se , qua e la, sussistono ancora sacche di

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............................................................................................................................IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE

resistenza che impediscono di cedere e, soprattutto, pretendono che sia fatta luce sugli episodi oscuri dellanostra storia repubblicana.

È per questo che, all’interno della rassegna dedicata ai centocinquant’anni dell’Italia, non poteva mancare uncapitolo incentrato sui misteri e i segreti che hanno costellato la storia della Repubblica. Partendo da quel 1°maggio del 1947 quando una folla festante di contadini siciliani che stava riempiendo la piana di Portella dellaGinestra, venne falcidiata dai mitra della banda del bandito Giuliano. Una strage sponsorizzata dalla mafia,sulla quale non è mai stata fatta completamente chiarezza. Continuando, poi, con la cosiddetta “strategia dellatensione”, che ha messo a ferro e fuoco l’Italia con le bombe sui treni, nelle stazioni, nelle banche, nelle piaz-ze, lasciando dietro a se centinaia di vittime innocenti, uccise dalle trame eversive che hanno operato nel-l’ombra in un intreccio di criminalità organizzata, poteri economici e politici, gruppi neofascisti, servizisegreti deviati. Troppa è l’importanza storica che questi fatti rivestono per l’Italia, che ci è sembrato riduttivo trattare i variepisodi all’interno dei vari cicli nei quali la rassegna Centocinquantanni è strutturata. Ci è parso, quindi,doveroso, dedicare un apposito ciclo – trasversale a tutti gli altri, anche se, ovviamente, non esaustivo diquanto è accaduto negli ultimi 65 anni – a quelli che sono, appunto, i misteri e i segreti d’Italia, cioè i “buchineri” dei quali è lastricato il cammino del nostro paese.

Il cinema ha sempre cercato di indagare, con film di inchiesta e di denuncia, i vari misteri d’Italia, a partiredalla strage di Portella della Ginestra, che un maestro del cinema quale Francesco Rosi ha voluto portaresullo schermo in quello che è considerato, a ragione, uno fra i capolavori del cinema italiano: SalvatoreGiuliano. Film che noi proponiamo in apertura di rassegna, omaggiando così un regista che ha fatto dell’im-pegno civile la cifra caratterizzante di molte sue opere. Sempre di Rosi sarà il terzo film del ciclo. Il caso Mattei è una pellicola interpretata da un superlativo GianMaria Volonté nella parte di Enrico Mattei, il presidente dell’Eni precipitato in circostanze misteriose con ilsuo velivolo privato alle porte di Milano, in una sera piovosa del lontano 1962. Anche in questo caso depi-staggi, reticenze, false testimonianze hanno impedito per anni di giungere alla verità: cioè che Mattei morì acausa di un sabotaggio del suo aereo sul quale era stata piazzata una bomba. Un attentato, quindi. Allo scopodi eliminare un personaggio troppo scomodo, troppo poco manovrabile, che aveva in mano una fetta impor-tante dell’economia italiana dell’epoca.Fra i due film di Francesco Rosi, una pellicola su un fatto di mafia. Uno dei tanti, forse. Ma significativo inquanto esemplificativo di una parte di Sicilia che non vuole piegarsi alle logiche mafiose. Si tratta de I centopassi, il film che Marco Tullio Giordana ha realizzato tratteggiando la bella figura di Giuseppe Impastato.Chi era Giuseppe, Peppino? Era un giovane degli anni Settanta che a Cinisi, un piccolo centro alle porte diPalermo, attraverso i microfoni di una delle prime “radio libere” sorte nel paese dopo la “liberalizzazione”dell’etere, smascherava con la forza dell’ironia la collusione fra potere politico e potere mafioso. Dai micro-foni della sua Radio Aut denunciava, ridicolizzandolo, il potente boss locale, Gaetano Badalamenti. Peppinofu ucciso una notte di maggio. Il giorno dopo il suo corpo venne ritrovato dilaniato sui binari della ferrovia.Ma la sua morte non fece notizia. Anche perché quello stesso giorno, a centinaia di chilometri di distanza, invia Caetani a Roma, veniva ritrovato il corpo di Aldo Moro. La madre Felicia, il fratello Giovanni e gli amicidi Peppino non smisero mai di cercare la verità, battendosi per ottenere quella giustizia che solamente moltianni più tardi sarebbe arrivata, con la condanna all’ergastolo del boss mafioso.Sono molti i film sulla mafia, cancro inestirpato del nostro paese che sta estendendo le sue metastasi ovun-que senza risparmiare le grandi città del nord, Milano in particolare. Fra i registi maggiormente attenti a que-sti temi e, in generale, alle inchieste sui segreti italiani, va ricordato Giuseppe Ferrara, autore di film su figu-re quali il generale Dalla Chiesa o il giudice Falcone, oltre che di film come I banchieri di Dio, sul misterodel banchiere Roberto Calvi, trovato impiccato a Londra sotto un ponte sul Tamigi, o Il caso Moro sul rapi-mento e l’assassinio del presidente della Democrazia Cristiana per mano delle Brigate Rosse.Chiude il ciclo Il muro di gomma, di Marco Risi. Film che ha per protagonista un giornalista, interpretato dalcompianto Corso Salani, che lottando strenuamente contro l’incredibile omertà che si erge come un muro –un muro di gomma, appunto - tenta di arrivare alla verità su quello che venne fatto passare come un norma-le incidente aereo ma che, invece, fu un vero e proprio misterioso episodio di guerra che si combatté nei cielisopra il Tirreno in una dolce sera di giugno del 1980. Un’azione militare mai chiarita, che coinvolse un aereo

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civile che, centrato da un missile , precipitò in mare al largo dell’isola di Ustica, portando con se il suo cari-co di vite umane che ancora oggi attendono giustizia.

Ecco quindi che, in mancanza spesso della verità, il cinema è uno strumento estremamente efficace per denun-ciare e, soprattutto, per non dimenticare. Resta, fino ad ora, assente nel panorama cinematografico italiano quella bomba che alle 16 e 37 del 12 dicem-bre 1969 risvegliò bruscamente l’Italia dopo una breve ma intensa stagione di lotte che, dalle proteste studen-tesche del ’68, sfociò negli scioperi delle fabbriche del nord nell’autunno ’69. Un’assenza che pesa, dovutaforse al pudore di dover affrontare quell’episodio, così dolorosamente indelebile nella storia d’Italia e inquella di noi tutti.

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SSAALLVVAATTOORREE GGIIUULLIIAANNOO

1922 Salvatore Giuliano nasce a Montelepre, in provincia di Palermo,il 16 novembre. Il padre Salvatore emigrò più volte negli StatiUniti, tornando poi definitivamente in Sicilia per coltivare, conl’aiuto del figlio, le terre che, nel corso degli anni, aveva acquista-to.

1943 10 luglio. Gli alleati sbarcano in Sicilia. Per favorire lo sbarco gliamericano avevano preso contatti con la mafia grazie all’interessa-mento del boss Lucky Luciano. Molti mafiosi furono collaboratoridell’OSS (Office of Strategic Services).Salvatore Giuliano viene fermato ad un posto di blocco mentre fail borsanerista di grano. Scappando uccide un carabiniere. Da que-sto momento si dà alla macchia formando la sua banda. Suo luogo-tenente è l’amico d’infanzia Gaspare Pisciotta. Nei vari scontri afuoco uccideranno 86 agenti delle forze dell’ordine e numerosicivili.

1944 Nasce il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS), protettodagli agrari , dalla nobiltà latifondista e dagli americani. Giulianoprende contatti con la mafia e la sua figura assume un’aura quasileggendaria.

1945 Giuliano diventa colonnello dell’”Esercito per l’Indipendenzadella Sicilia” (EVIS), che operava contro l’esercito italiano. Viene istituito L’Ispettorato generale di Pubblica Sicurezza, checoordina polizia e carabinieri nella lotta al banditismo.

1947 Elezioni regionali in Sicilia. Netta vittoria del blocco socialista ecomunista. Si sviluppa un movimento per l’occupazione delleterre, le riforme agrarie e le lotte salariali che mette in crisi il lati-fondo e i grandi proprietari terrieri.1 maggio. Strage di Portella della Ginestra, presso Piana degliAlbanesi, in provincia di Palermo. Durante un comizio per la Festadei Lavoratori, la banda di Giuliano spara sulla folla uccidendo 11persone fra cui due bambini e ferendone altre 27. Lo svolgimentodei fatti non venne mai chiarito. Pare che a sparare non furono sologli uomini di Giuliano. Testimoni asserirono che furono visti anchecapi mafiosi.

.................................................................CRONOLOGIE

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Il bandito Salvatore Giuliano

22 giugno. Prese d’assalto dalla Banda Giuliano e dalla mafianumerose sedi delle Camere del Lavoro in Sicilia. A Partinicovenne ucciso il sindacalista Giuseppe Casarrubea.Dopo la strage di Portella della Ginestra le forze dell’ordine met-tono a segno una serie di colpi contro la Banda Giuliano, ucci-dendone numerosi uomini.

1949 il 26 agosto, con la contemporanea soppressionedell’»Ispettorato generale di polizia in Sicilia» viene istituito ilComando Forze Repressione Banditismo (CFRB), con al coman-do il colonnello dei Carabinieri Ugo Luca, proveniente dal servi-zio segreto militare.

1950 Tradimento di Gaspare Pisciotta. Il luogotenente di Giulianoincontra i Carabinieri e li porterà nel covo del bandito, nella casadell’avvocato De Maria a Castelvetrano.5 luglio. Salvatore Giuliano viene ucciso a Castelvetrano.La versione ufficiale fu quella di uno scontro a fuoco fraGiuliano e i Carabinieri per le vie del paese. In realtà molti indi-zi fanno pensare a un diverso svolgimento dei fatti. Furono ben16 le diverse versioni circa la morte del bandito. La più realisti-ca fu quella che Giuliano venne ucciso a freddo con un colpo dipistola frontale nel suo rifugio e solo da morto portato in piazzadove venne crivellato di colpi alla schiena. Dopo la morte di Salvatore Giuliano un fascicolo con le dichia-razioni di Pisciotta sull’omicidio scompare misteriosamente.Gaspare Pisciotta va a Roma a parlare con alcuni uomini politiciper trattare la sua incolumità. Successivamente torna dalla fami-glia in Sicilia dove, nonostante tutto, verrà arrestato dalla polizia.

1952 Inizia a Viterbo il processo per la strage di Portella dellaGinestra.Durante il processo Pisciotta parla e si lancerà in dichiarazionidel tipo: “siamo un corpo solo, i banditi, la mafia e la polizia”.Indicherà come mandanti della strage i deputati monarchiciGianfranco Alliata di Montereale, Tommaso Leone Marchesanoe Giacomo Cusano Geloso e parla di coperture politiche da parte

del deputato della Democrazia CristianaBernardo Mattarella. Le sue dichiarazioni,però, sono contraddittorie e il procedimentocontro questi deputati verrà archiviato inistruttoria. 3 maggio. Si conclude il processo con la con-danna a 12 ergastoli, fra cui quello aPisciotta. Nelle motivazioni si legge che framafia e Salvatore Giuliano ci fu un legamecostante determinato da una convergenza diinteressi. La strage fu motivata dall’esigenzadi fermare l’avanzata comunista nelle cam-pagne, conservando le vecchie strutture agra-rie. Tuttavia, nonostante ciò, il movente nonfu giudicato politico, ravvisando in Portelladella Ginestra semplicemente una festa cam-pestre. Pisciotta, in carcere, inizierà a scrivere unagrande quantità di memorie, raccolte in 14

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In alto: Gaspare Pisciotta, luogotenente e amico d’infanzia di SalvatoreGiuliano.Sopra: prima pagina del quotidiano L’ora con la notizia della strage diPortella della Ginestra.

quaderni.1954 Pisciotta è rinchiuso nel carcere dell’Ucciardone a Palermo. Soffre di Tbc. Nella cella, insieme a lui, è

rinchiuso il padre, anche lui condannato.La mattina del 9 febbraio, appena sveglio, Pisciotta prende una dose di Vidalin, un medicinale prescrit-togli e, subito dopo il caffè. Dopo pochi secondi inizia a sentirsi male e muore. La versione ufficialedirà che ad avvelenarlo è stato il caffè nel quale era stata versata della stricnina. Strano, perché con lastricnina il caffè sarebbe risultato imbevibile. Al contrario, Pisciotta non si accorse di nulla: se il vele-no fosse stato contenuto nel medicinale, già di per se molto amaro, questo aspetto sarebbe maggiormen-te spiegabile. Le indagini portarono ad accusare il padre di Pisciotta Salvatore e la guardia che era con loro quellamattina. I due vennero in seguito prociolti dalla Corte d’Appello di Palermo rispettivamente per man-canza di prove e per non aver commesso il fatto. I 14 quaderni di memorie di Pisciotta vennero fatti scomparire e non vennero mai più ritrovati

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EENNRRIICCOO MMAATTTTEEII

1906 Enrico Mattei nasce ad Acqualagna, in provincia di Pesaro, il 29aprile. La famiglia di Mattei non era ricca: il padre era un briga-diere dei Carabinieri, la madre una casalinga.

1919 Inizia a lavorare in una conceria come fattorino. In pochi anni nediventerà il direttore.

1943 Si avvicina alla Democrazia Cristiana ed entra nella Resistenza,militando nelle brigate partigiane cattoliche. Le sue posizionipolitiche all’interno del partito lo porteranno a fondare una pro-pria corrente e a stringere rapporti di amicizia e alleanze conMoro, Gronchi, La Pira e Fanfani.

1944 A Caviaga, nel lodigiano, viene scoperto il metano.1945 Il Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia lo nomina

commissario straordinario per la gestione dell’Agip, con il com-pito di liquidare l’impresa pubblica. Mattei si opporrà al proget-to di liquidazione.

1949-52 In Val Padana si scoprono numerosi giacimenti di gas. Tra il1946 e il 1950 la produzione italiana di gas aumenta da 20 a 305milioni di metri cubi e la rete di distribuzione si espande da 354a 1266 chilometri tra il 1949 e il 1951.

1953 Nasce l’Eni, l’Ente Nazionale Idrocarburi, che raggruppa Agip,Snam e Anic. Enrico Mattei ne diventa presidente. Vice presiden-te sarà Eugenio Cefis, ex militare che ha fatto parte prima delSIM (il servizio segreto fascista) e poi della Resistenza.Mattei, in qualità di presidente dell’Eni, intrattiene rapporti eco-nomici e commerciali con svariati paesi produttori di petrolio. Con la sua politica, volta a rafforzare l’impresa pubblica, Matteipersegue un grande progetto: l’autonomia energetica dell’Italia.Si scontrerà, inevitabilmente, con il potere economico delle “7 sorelle”, i colossi petroliferi che detengono il monopolio mondia-le dell’”oro nero”. Nonostante ciò Mattei tratta direttamente conla Libia per lo sfruttamento dei pozzi petroliferi del Sahara, finanzia i movimenti di liberazione dell’Algeria, proporrà accor-di vantaggiosi con la Tunisia, il Marocco, l’Egitto, l’Iran. Firmerà accordi con l’Unione sovietica.

1956 Fonda Il Giorno, quotidiano di proprietà dell’Eni.

Il presidente dell’Eni Enrico Mattei

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1961 Si rompe il sodalizio fra Mattei ed Eugenio Cefis. Quest’ultimolascia l’Eni per poi rientrare come presidente alla morte diMattei.

1962 Il 27 ottobre, alle ore 18,55, il piccolo aereo sul quale viaggiaMattei, proveniente dalla Sicilia e diretto a Linate, si schiantaal suolo nei pressi di Bascapè, località in provincia di Pavia apochi minuti di volo dall’aeroporto di destinazione. Insieme aMattei muoiono l’esperto pilota Irnerio Bertuzzi e il giornali-sta William McHale.Le prime testimonianze raccolte farebbero pensare a un atten-tato. In particolare un agricoltore della zona, Mario Ronchi,afferma di aver sentito un’esplosione in cielo, cosa che fareb-bero propendere per un attentato. In un’intervista rilasciata allatelevisione da Ronchi la sera della disgrazia va in onda poi,recuperata, mostra un curioso “buco” nel sonoro proprio nelmomento in cui il contadino sta spiegando all’intervistatore ciòche ha visto.La mattina successiva, Mario Ronchi viene stranamente prele-vato dalla sua abitazione e portato a Metanopoli, nella sededella Snam. Al suo ritorno darà una versione dei fatti diversa.In particolare inizierà ad affermare che nel momento delloschianto non era in casa, bensì nei campi a lavorare con il trat-tore e che il rumore provocato dal mezzo agricolo gli avrebbeimpedito di sentire lo scoppio.L’allora ministro della Difesa Giulio Andreotti istituisceimmediatamente una commissione d’inchiesta, affidandola lagenerale di Brigata aerea Ercole Savi, che si reca subito sulposto.Nei giorni successivi si procede al recupero dei resti dell’aereo.Stranamente i resti recuperati vengono lavati (dopo l’incidentesi era scatenato un violento temporale e i campi erano pieni difango) cancellando, di fatto, ogni eventuale traccia.

1963 La commissione di inchiesta conclude i propri lavori, stabilendoche l’incidente aereo era dovuto a scarsa visibilità e a uno statodi profonda stanchezza del pilota che, oltretutto, risultava pocosereno e preoccupato per motivi personali. Il caso viene archi-viato. I rottami restituiti alla Snam che provvede a fonderli.

1970 Pubblicazione del libro di Fulvio Bellini e Alessandro PrevidiL’assassinio Mattei, nel quale si ipotizza che l’aereo del presi-dente dell’Eni fosse stato sabotato.Mauro De Mauro, giornalista de L’Ora di Palermo, scomparemisteriosamente il 16 settembre. Stava facendo ricerche per ilregista Francesco Rosi impegnato nel suo film Il caso Mattei. Ilcorpo del giornalista non è mai stato ritrovato.

1994 A seguito di alcune dichiarazioni di pentiti di mafia, fra cuiTommaso Buscetta, secondo i quali il giornalista dell’Ora erastato rapito e ucciso per aver scoperto qualcosa circa il sabotag-gio dell’aereo di Mattei, il sostituto procuratore di PaviaVincenzo Calia riapre l’inchiesta.Nel ricercare i vecchi incartamenti scoprirà ben presto che lamaggior parte di questi sono scomparsi. Calia riuscirà a farrecuperare alcuni frammenti dell’aereo sepolti nel terreno diBascapè. I frammenti vengono analizzati insieme all’orologio e

Il giornalista dell’Ora di Palermo Mauro DeMauro

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all’anello di Mattei, nonché ai corpi riesumati delle vittime.Reinterroga i testimoni e farà visionare il video dell’intervista alsig. Mario Ronchi – quello in cui era sparita misteriosamente latraccia audio – a un sordomuto per la lettura del labiale. Da que-sta ricostruzione si capisce che l’agricoltore aveva affermato diaver udito un boato e aver visto il fuoco.Il sostituto procurato rileva anche che al Ronchi, subito dopol’incidente, è stata costruita dall’Eni una strada poderale ed èstata fornito l’allacciamento alla rete elettrica. Inoltre il Ronchiverrà assunto come custode del sacrario dedicato a Mattei cheviene costruito sul luogo dell’incidente e la figlia viene assuntacome dipendente in una ditta legata a Eugenio Cefis, il nuovopresidente dell’Eni.Il sostituto procuratore Calia procede all’incriminazione diMario Ronchi per falsa testimonianza e favoreggiamento aggra-vato.

2003 Il sostituto procuratore Calia procede a depositare le conclusio-ni delle indagini e chiedendo contestualmente l’archiviazionedell’inchiesta. Ammette quindi di aver formulato un’ipotesi madi non avere le prove per sostenerla. Dalle indagini si è comunque potuto appurare che l’aereo diMattei è stato sabotato con una carica esplosiva posta sul veli-volo e innescata dal congegno di apertura del carrello in fase diatterraggio.Tra le varie ipotesi che sono state fatte parrebbe tramontarequella che indica le “7 sorelle” come mandanti dell’assassiniodel presidente dell’Eni. Al momento della sua uccisione, infatti,Mattei si stava riavvicinando alle compagnie americane e i con-trasti del passato sembravano superati. Altre ipotesi come quel-la del coinvolgimento dell’OAS, un’organizzazione segretafrancese di estrema destra che avrebbe potuto uccidere Matteiper il finanziamento alla lotta di libe-razione algerina, non hanno moltofondamento. Ben più fondata ma,come detto, non provata, è la pista cheemerge da vari documenti riservatidell’Ucigos, del Sisde e del Sismi chefarebbero pensare a un coinvolgimen-to nella morte di Mattei di EugenioCefis. Ma c’è di più. Da un appunto del 1979consegnato dal Sisde a Calia emergo-no scenari inquietanti. “Da un’ampiaazione informativa e di sondaggio,sviluppata in collaborazione di alcunefonti “qualificate” in ordine allerecenti uccisioni di GiorgioAmbrosoli, liquidatore della BancaPrivata Italiana di Michele Sindona, edel vice questore Boris Giuliano, capodella squadra mobile di Palermo, sonoemerse le seguenti indicazioni: (omis-sis) si vocifera che il defunto viceque- I resti dell’aereo di Mattei dopo lo schianto.

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store Giuliano si occupava quasi a titolo personale, cercando di evitare ogni indiscrezione, della scom-parsa del noto giornalista Mauro de Mauro “eliminato”, si afferma, per aver trovato il bandolo dellamatassa sull’incidente aereo che costò la vita all’onorevole Enrico Mattei. In proposito, un magistra-to della Procura di Roma, collegando l’intera vicenda , avrebbe confidato a persona amica che, secon-do il suo giudizio, l’eliminazione di De Mauro, dell’onorevole Mattei e del vicequestore Giuliano, glirichiamerebbe il nome di Eugenio Cefis, presidente dell’Eni dopo la morte di Mattei e, successiva-mente, presidente Montedison.Infine, da una nota del Sismi, emerge l’ipotesi che la loggia massonica P2 sia stata fondata dallo stes-so Cefis che l’avrebbe gestita sino a quando è rimasto presidente della Montedison (luglio 1977).

2010 Il pentito di mafia Rosario Naimo accusa Totò Riina di essere stato fra i mandanti dell’omicidio delgiornalista Mauro De Mauro.

2011 Totò Riina viene condannato all’ergastolo per l’omicidio De Mauro come mandante. A quel tempofaceva parte, in veste di sostituto di Luciano Liggio in carcere, del triumvirato mafioso insieme aStefano Bontade e Gaetano Badalamenti, ormai defunti.

LLAA SSTTAAGGIIOONNEE DDEELLLLEE BBOOMMBBEE

1969 Il 25 aprile, a Milano, scoppiano due bombe. La prima al padiglione Fiat della Fiera Campionaria; laseconda presso la filiale della Stazione Centrale della Banca delle Comunicazione. Provocano alcuniferiti non gravi. Alcuni anarchici vengono arrestati.Ad agosto otto bombe scoppiano su altrettanti treni provocando dodici feriti.12 dicembre. Una bomba scoppia presso la Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano.Provoca 16 morti e un centinaio di feriti. Contemporaneamente scoppiano altri ordigni a Roma pres-so la Banca Nazionale del Lavoro e all’Altare della Patria provocando in totale 18 feriti. Un’altrabomba viene ritrovata inesplosa a Milano negli uffici della Banca Commerciale in piazza della Scala.È l’inizio della strategia della tensione.Tre giorni dopo viene arrestato, per la bomba di piazza Fontana, l’anarchico Pietro Valpreda. Lo stes-so giorno, un altro anarchico fermato, il ferroviere Giuseppe Pinelli, “cade” dal quarto piano dellaquestura di Milano. Valpreda viene accusato da un tassista, Cornelio Rolandi, di essere l’uomo da luitrasportato vicino alla Banca dell’Agricoltura. In Veneto Guido Lorenzon accusa Giovanni Ventura,

Il salone della Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana devastato dallo scoppio dell’ordigno.

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appartenente a un gruppo neofascista, di essere implicato nellastrage di piazza Fontana.

1970 Il Commissario Luigi Calabresi, che conduceva l’interrogatoriodi Pinelli la sera della sua morte, viene accusato dal quotidianoLotta Continua di essere il responsabile della morte dell’anarchi-co. L’indagine sulla morte di Pinelli verrà archiviata in quanto“fatto accidentale”.Il 22 luglio un ordigno posto sui binari nei pressi della stazione diGioia Tauro causa il deragliamento del direttissimo Palermo-Torino. L’attentato provoca sei vittime. Le cause non vennero maiaccertate; sembra probabile, tuttavia, che i colpevoli fosserouomini dell’Ndrangheta e dell’eversione nera e che le cause deb-bano essere ricercate nei “moti di Reggio Calabria” guidati dalconsigliere del Msi Ciccio Franco e scoppiati nell’estate a segui-to della decisione di spostare da Reggio a Catanzaro il capoluogoregionale.Dicembre: il principe Junio Valerio Borghese ex comandantedella X Mas, guida un tentativo di colpo di stato. Alcune ricostru-zioni attribuirebbero rapporti fra Borghese e l’attività della reteGladio, nonché fra il “principe nero” e i vertici mafiosi del tempo(Liggio, Badalamenti, Bontate).

1972 Inizia il processo per la strage di piazza Fontana presso la Corted’Assise di Roma. Tra gli imputati Pietro Valpreda, MarioMerlino, fascista infiltrato in ambienti anarchici e Stefano DelleChiaie, appartenente alla destra radicale, seguace di Pino Rauti.Il processo verrà ben presto trasferito a Milano.15 marzo. Muore l’editore Giangiacomo Feltrinelli, dilaniato dauna bomba ai piedi di un traliccio dell’alta tensione a Segrate.Indiziati i neofascisti Franco Freda e Giovanni Ventura per lastrage di Piazza Fontana.17 maggio. Ucciso in un attentato il commissario Calabresi. Ilprocesso per piazza Fontana viene trasferito a Catanzaro.Maggio. Strage di Peteano: attentato dinamitardo a una macchinadei carabinieri compiuta da Vincenzo Vinciguerra, appartenenteal gruppo neofascista di Ordine Nuovo. Nell’attentato muoionotre carabinieri.

1973 17 maggio. Bomba contro la questura di Milano causa quattromorti e quaranta feriti. A lanciarla, Gianfranco Bertoli, perso-naggio controverso, definito anarchico ma informatore dei servi-zi segreti. Verrà condannato all’ergastolo.

1974 Il 28 maggio, durante una manifestazione sindacale, scoppia unabomba in piazza della Loggia a Brescia, causando otto morti eun centinaio di feriti. Nel corso dei vari procedimenti giudiziari siè fatta largo l’ipotesi del coinvolgimento di rami dei servizi segre-ti e di apparati dello Stato nella vicenda.4 agosto. Attentato al treno Italicus in transito nella galleria diSan Benedetto Val di Sangro, vicino a Bologna. Dodici morti equarantotto feriti.

1975 Inizia a Catanzaro il processo per piazza Fontana. Tra gli imputa-ti: Freda, Ventura, Gianadelio Maletti (ex generale, appartenenteal Sid), Guido Giannettini (agente dei servizi segreti), PietroValpreda.A Milano il giudice D’Ambrosio chiude l’indagine sulla morte di

In alto: Giuseppe Pinelli.Sopra: Pietro Valpreda.

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Pinelli. L’anarchica sarebbe stato colto da “malore attivo” che loavrebbe fatto precipitare dalla finestra. Tutti gli indiziati vengo-no prosciolti.

1976 Prima sentenza per piazza Fontana. Freda e Ventura, nel frattem-po fuggiti in sud America, e Giannettini vengono condannatiall’ergastolo. Valpreda viene assolto dall’accusa di strage perinsufficienza di prove ma condannato a quattro anni e sei mesiper associazione a delinquere. Stessa pena per Merlino. Maletti ècondannato a quattro anni per favoreggiamento e falsa testimo-nianza.

1980 2 agosto. Una bomba scoppia nella stazione di Bologna.Ottantacinque morti e decine di feriti.

1981 La Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro ribalta la sentenza diprimo grado, assolvendo dal reato di strage per insufficienza diprove Freda, Ventura, Giannettini e Maletti. Oltre a PietroValpreda. Freda e Ventura verranno però condannati a quindicianni per gli attentati del 25 aprile e sui treni del 1969.

1982 Nuovo processo per piazza Fontana a Bari.1985 La corte d’asise d’appello di Bari assolve dal reato di strage

Freda, Ventura, Merlino e Valpreda per insufficienza di prove.1988 Il pentito Leonardo Marino,ex militante di Lotta Continua, si

accuserà di aver preso parte come autista all’uccisione diCalabresi, accusando inoltre i suoi vecchi compagni AdrianoSofri e Giorgio Pietrostefani di esserne stati i mandanti eOvidio Bompressi come autore materiale dell’omicidio.

1989 Nuova inchiesta sulla strage di piazza Fontana da parte del giudi-ce milanese Guido Salvini.La corte d’assise di Catanzaro assolve Stefano Delle Chiaie dal-l’accusa di strage per piazza Fontana.

1990 Esplode il caso “Gladio” a seguito delle indagini del giudiceFelice Casson in merito alla strage di Peteano del ’72.Rivelazioni di un pentito accennano a una struttura, parallela aiservizi di sicurezza, collegata alla Nato, Gladio, appunto. Il

Presidente della RepubblicaFrancesco Cossiga, l’annosuccessivo, si autodenunce-rà, definendosi «l’unico refe-rente politico».1995 Rinvio a giudizioper i fatti di piazza Fontanaper vari personaggi fra cuiGuido Giannettini eGianadelio Maletti.

Condanna all’ergastolo,quali esecutori dell’attentatoalla stazione di Bologna deineofascisti GiuseppeValerio Fioravanti eFrancesca Mambro, che sisono sempre dichiarati inno-centi, mentre l’ex capo dellaloggia massonica P2 LicioGelli, l’ex agente del SISMILa strage alla stazione di Bologna.

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Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmontevennero condannati per il depistaggio delle indagini.

1997 Condanna assai controversa ma definitiva a ventidue anni, per Sofri, Bompressi e Pietrostefani. Ilreato di Marino è prescritto.

2000 Condanna all’ergastolo per Carlo Maria Maggi, Francesco Neami, Giorgio Boffelli e Amos Spiazziper l’attentato alla questura di Milano del 1973. Verranno poi assolti in appello.

2001 Condanna all’ergastolo per la strage di piazza Fontana per Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi eGiancarlo Rognoni. Le condanne verranno poi annullate in appello.

2002 6 luglio. Muore Pietro Valpreda.2008 Dopo vari processi vengono rinviati a giudizio i sei imputati principali: Delfo Zorzi, Carlo Maria

Maggi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti, Francesco Delfino, Giovanni Maifredi. I primi tre eranoall’epoca militanti di spicco del gruppo neofascista Ordine Nuovo. Francesco Delfino fu invece exgenerale dei carabinieri, all’epoca responsabile - con il grado di capitano - del Nucleo investigativodei Carabinieri di Brescia, e Giovanni Maifredi, ai tempi collaboratore del ministro degli Interni PaoloEmilio Taviani.

2010 Sentenza di primo grado per la strage di Brescia: assoluzione di tutti gli imputati con formula dubitativa.

MMIICCHHEELLEE SSIINNDDOONNAA,, RROOBBEERRTTOO CCAALLVVII

1943 Michele Sindona, siciliano, giovane aspirante avvocato, stringerapporti con la mafia e i servizi segreti americani che stanno pre-parando lo sbarco dell’esercito alleato in Sicilia.

1954 Conosce monsignor Montini, futuro papa Paolo VI.1970 La Banca Rasini di Milano (il cui procuratore è Luigi Berlusconi)

assume una quota di capitale di una finanziaria delle isoleBahamas. Nel consiglio di amministrazione della Banca Rasinitroviamo Sindona, Roberto Calvi, Licio Gelli e il cardinaleMarcinkus, della banca vaticana Ior (l’Istituto per le OpereReligiose).

1973 Sindona si guadagna il rispetto del presidente del Consiglio GiulioAndreotti rivelando l’esistenza di una manovra speculativa di unconsorzio internazionale di banche ai danni della lira.

1974 Trasferimenti di soldi (miliardi di vecchie lire) dalle banche diSindona alla DC, alla P2, ai servizi segreti italiani e ad altre orga-nizzazioni segrete italiane ed estere. Improvviso bisogno di liquidità di Sindona per le sue banche.Aumenti di capitale dei suoi istituti di credito italiani e americani.L’allora ministro del Tesoro Ugo La Malfa dichiara fallimentodella Banca Privata di Sindona e la sua messa in liquidazione. In settembre il governatore della Banca d’Italia Guido Carli affidaall’avvocato Giorgio Ambrosoli l’incarico di commissario liqui-datore della Banca Privata. In ottobre crolla un’altra banca di Sindona: l’americana FranklinBank. In poco tempo la stessa sorte toccherà a numerose altre ban-che europee legate al banchiere siciliano. Viene spiccato un man-dato di cattura per bancarotta fraudolenta. Sindona fugge negliStati Uniti.

1974-1979 Le indagini dell’avvocato Ambrosoli fanno emergere unsistema molto esteso di speculazioni illegali che coinvolgono lebanche di Sindona, il Vaticano, i servizi segreti.

1976 Sindona viene arrestato negli Stati Uniti e subito liberato dietropagamento di una cauzione.Il banchiere siciliano scrive ad Andreotti preannunciandogli che la Il banchiere Michele Sindona

sua difesa avrà due punti d’appoggio: uno giuridico e uno politi-co e di essere stato messo in quella situazione per volontà di per-sone e gruppi politici ben noti al Presidente del Consiglio.

1978 Gli ispettori della Banca d’Italia, durante una perquisizione dellasede del Banco Ambrosiano di Calvi, rilevano una serie enormedi irregolarità. Il rapporto degli ispettori viene consegnato al giu-dice Emilio Alessandrini.

1979 Il 29 gennaio il giudice Alessandrini viene ucciso da un comman-do di Prima Linea.Accordo fra Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, ilre del cemento Carlo Pesenti, Licio Gelli, capo della loggia mas-sonica P2 e il suo fido collaboratore Umberto Ortolani, per lacostruzione del ponte di Messina, con conseguente flusso didenaro controllato dalla mafia. Il 20 marzo viene assassinato a Roma il giornalista del settima-nale OP – Osservatorio Politico, Mino Pecorelli. Sul suo gior-nale parlava di massoneria, segreti vaticani, mafia, banche e,spesso, di Andreotti.24 marzo. Viene arrestato il governatore della Banca d‘ItaliaPaolo Baffi, che aveva ordinato l’ispezione al BancoAmbrosiano. Le accuse di aver sottratto prove di un altro scan-dalo finanziario, si riveleranno una montatura e Baffi sarà sca-gionato qualche anno più tardi. 11 luglio. Viene ucciso a Milano, in un agguato, l’avvocatoGiorgio Ambrosoli. Quando il killer verrà arrestato, si scopriràche era stato assoldato da Michele Sindona attraverso la mafia.Dell’indagine vengono incaricati due giovani magistrati milane-si: Giuliano Turone e Gherardo Colombo. Arriveranno a scopri-re legami fra Sindona, la mafia e la P2.21 luglio. A Roma viene ucciso dal killer della mafia LeolucaBagarella, il capo della squadra mobile Boris Giuliano. Era riu-scito a penetrare nei segreti del traffico di droga di Cosa Nostrae a scoprire il ruolo giocato da Sindona. Il suo posto verrà presoda Giuseppe Impallomeni, iscritto alla P2.

1980 Grave crisi di liquidità nelle casse del Banco Ambrosiano diRoberto Calvi. La situazione critica viene superata grazie a unfinanziamento dell’Eni, dietro pagamento di una tangente sulconto “Protezione”, di cui è titolare Silvano Larini per contodegli esponenti del Psi Claudio Martelli e Bettino Craxi.

1981 In un blitz della Guardia di Finanza alle proprietà di Licio Gelli,vengono scoperti gli elenchi degli affiliati alla P2. Tra gli altri,figurano i nomi di Michele Sindona, Roberto Calvi, SilvioBerlusconi, l’editore Angelo Rizzoli, Franco Di Bella, direttoredel Corriere della Sera, Maurizio Costanzo, il giornalista assas-sinato Mino Pecorelli, Vittorio Emanuele di Savoia, il generaleMassera, uno dei macellai del golpe argentino, l’onorevole PietroLongo, segretario del PSDI. Licio Gelli fugge in Argentina, al sicuro presso il regime militare.Finanzierà, insieme a Ortolani e Calvi, il progetto di conquistarele isole Falkland, a seguito del quale scoppia la guerra fraArgentina e Gran Bretagna per il controllo del piccolo arcipelago.20 maggio. Roberto Calvi viene arrestato per esportazione illeci-ta di capitali. Rinchiuso nel carcere di Lodi, teme per la propria

In alto: l’avvocato Giorgio Ambrosoli,commissario liquidatore della BancaPrivata di Michele Sindona.Sopra: Licio Gelli, Gran Maestro della log-gia massonica P2.

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vita. Il boss della camorra Raffaele Cutolo darà l’ordine ai suoiuomini di proteggerlo. Calvi verrà condannato a quattro anni dicarcere. Esce dal carcere in libertà provvisoria.

1982 Dopo aver chiesto inutilmente aiuto allo Ior del cardinaleMarcinkus, Calvi vola a Londra insieme al faccendiere FlavioCarboni. Calvi verrà ritrovato impiccato sotto il ponte dei FratiNeri, sul Tamigi, il 18 giugno 1982. Si apre a Londra il primo processo sulla morte del banchieremilanese, tenutosi in Gran Bretagna, stabilì che si trattava di sui-cidio.

1983 La Banca Rasini di Milano, dove lavora il padre di SilvioBerlusconi, viene individuata quale banca della mafia. Il secondo processo britannico sulla morte di Calvi si concluselasciando aperta sia l’ipotesi dell’omicidio, sia quella del suici-dio.

1984 Estradizione dagli Stati Uniti di Michele Sindona.1985 Sindona viene condannato a 15 anni per il crack della Banca

Privata.1986 Sindona viene condannato all’ergastolo per l’uccisione di

Giorgio Ambrosoli e rinchiuso in isolamento nel carcere diVoghera. Il 20 marzo viene avvelenato da una dose di cianuromessa nel caffè bevuto all’interno della sua cella. Muore dopodue giorni di agonia.

1992 Condanna a 12 anni di carcere per Licio Gelli e UmbertoOrtolani per il crack del Banco Ambrosiano.La procura di Roma entra in possesso di nuovi elementi chefanno riaprire il caso Calvi come omicidio volontario.

1997 Vengono rinviati a giudizio, con l’accusa di essere i mandantidell’omicidio di Roberto Calvi, Pippo Calò, considerato il “cas-siere” della mafia, il faccendiere Flavio Carboni ed ErnestoDiotallevi, uno dei boss della Banda della Magliana.

2002 Ribaltando la sentenza di primo grado che lo aveva assolto, lacorte d’assise d’appello di Perugia condanna a 24 anni di carce-re il senatore a vita Giulio Andreotti per l’omicidio Pecorelli.Alla stessa pena viene condannato il mafioso TanoBadalamenti.

2003 Il 30 ottobre Corte di Cassazione annulla la sentenza adAndreotti, annullamento che rende definitiva la sentenza di asso-luzione di primo grado.

2007 La Corte d’Assise di Roma assolve tutti gli imputati per il pro-cesso Calvi. La sentenza d’assoluzione verrà poi confermatadalla Corte d’Assise d’Appello.

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Sopra. Il banchiere milanese RobertoCalvi. In basso: il Black Friars Bridge sulTamigi, a Londra, sotto il quale venneritrovato, impiccato, il corpo di RobertoCalvi.

LLEE MMAAFFIIEE

1947 1° maggio: strage di Portella della Ginestra ad opera dellabanda di Salvatore Giuliano e della mafia.

1949-52 Lotta per l’occupazione delle terre contro la mafia che spalleg-gia gli agrari. Muoiono, uccisi da campieri, guardaspalle e bossoemergenti, 38 sindacalisti, fra cui Andrea Raja, NunzioPassafiume, Accursio Miraglia, Placido Rizzotto, SalvatoreCarnevale, Paolo Bongiorno, Carmelo Battaglia.

1960 Viene inaugurato l’aeroporto di Palermo Punta Raisi. Situato nelterritorio comunale di Cinisi, in posizione addossata alla monta-gna, venne realizzato in una posizione per la quale si eranoespressi negativamente la maggior parte degli esperti. Il bosslocale Gaetano “Tano” Badalamenti creò un redditizio busi-ness fornendo per la sua costruzione il materiale roccioso Lacostruzione dell’aeroporto avvenne nelle vicinanze del territoriodi Badalamenti, su indicazione dello stesso, al fine di permette-re un miglior controllo nell’esportazione della droga in America.

1963 Sette membri delle forze dell’ordine muoiono a Ciaculli (PA),in un attentato durante la “prima guerra di mafia” scoppiata trafamiglie rivali all’interno di Cosa Nostra.

1970 Il 22 luglio un ordigno posto sui binari nei pressi della stazionedi Gioia Tauro causa il deragliamento del direttissimo Palermo-Torino. L’attentato provoca sei vittime. Le cause non venneromai accertate ma sembra probabile che i colpevoli fossero uomi-ni dell’Ndrangheta e dell’eversione nera e che le cause debbanoessere ricercate nei “moti di Reggio Calabria” guidati dal con-sigliere del Msi Ciccio Franco e scoppiati nell’estate a seguitodella decisione di spostare il capoluogo regionale da Reggio aCatanzaro.Il 16 settembre scompare a Palermo il giornalista de L’OraMauro De Mauro: indagava sulla morte di Enrico Mattei.Il 26 settembre cinque giovani anarchici muoiono in un miste-rioso incidente stradale mentre erano in viaggio verso Roma perconsegnare a loro referenti materiale di denuncia riguardante ifatti della rivolta di Reggio Calabria. Molti anni dopo, nel 2001,il responsabile della direzione Antimafia calabrese Salvo Boemiha definito «logica e plausibile» l’ipotesi che l’incidente fosse,in realtà, una strage.Dicembre: il principe Junio Valerio Borghese ex comandantedella X Mas, guida un tentativo di colpo di stato. Alcune rico-struzioni attribuirebbero rapporti fra Borghese e l’attività dellarete Gladio, nonché fra il “principe nero” e i vertici mafiosi deltempo (Liggio, Badalamenti, Bontate).

1971 Per la prima volta dopo la fine della guerra la mafia uccide unrappresentante della legge: muoiono in un attentato PietroScaglione, procuratore della Repubblica di Palermo, e il suoautista Antonino Lo Russo.

1974 Condannato all’ergastolo il boss Luciano Liggio.1978 Il 9 maggio, lo stesso giorno del ritrovamento del corpo dell’On.

Aldo Moro, viene ucciso Giuseppe Impastato, giovane militan-te di Democrazia Proletaria, da anni impegnato nella denunciadei legami fra la mafia e i poteri politici. A ordinarne l’uccisio-ne fu Tano Badalamenti, che Impastato aveva ripetutamente

Boss mafiosi. Dall’alto in basso: Gaetano«Tano» Badalamenti; Tommaso Buscetta;Totò Riina.

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denunciato dai microfoni di una radio libera. Le indagini sono,in un primo tempo orientate sull’ipotesi di un attentato terroristi-co consumato dallo stesso Impastato o, in subordine, di un sui-cidio «eclatante».

1979 Viene ucciso a Milano l’avvocato Giorgio Ambrosoli, liquida-tore della banca del banchiere Michele Sindona, colluso con lamafia.Sempre a Milano il boss Stefano Bontate, capo della mafiapalermitana, si incontra con il giovane imprenditore SilvioBerlusconi. Il contatto era stato favorito da Marcello Dell’Utri.Il 21 luglio il killer Leoluca Bagarella uccide il capo della squa-dra mobile di Palermo Boris Giuliano. Era riuscito a penetrarenei segreti del traffico di droga e a scoprire il ruolo giocato daMichele Sindona.In settembre viene ucciso, insieme al suo autista Lenin Mancuso,il magistrato Cesare Terranova “colpevole” di aver fatto con-dannare Luciano Liggio.

1980 Viene ucciso a Milano il Presidente della Regione SiciliaPiersanti Mattarella.

1981 A Milano viene sequestrata Antonietta Susini, moglie delcostruttore catanese Salvatore Ligresti. Verrà rilasciata dopo unmese e dietro pagamento di un riscatto. Poco dopo due uominidel boss Stefano Bontade vengono trovati morti e un terzo scom-parso nel nulla.Il 1981 è l’anno della consacrazione del boss corleonese emer-gente Totò Riina. Si scontrerà con successo con i palermitani diTommaso Buscetta in quella che viene detta “seconda guerra dimafia”.

1982 Il 30 aprile vengono uccisi Pio La Torre, segretario del P.C.I.siciliano, e il suo autista Rocco Di Salvo. A compiere l’atten-tato sono stati i killer inviati da Totò Riina. Il giorno dopo ilgenerale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa vienenominato prefetto di Palermo.3 settembre. Muoiono in un attentato in via Carini a Palermo, ilprefetto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro el’agente Domenico Russo.Pochi giorni dopo è approvata la legge per la quale Pio La Torreè stato ucciso. In paticolare l’art. 416bis riconosce l’associazio-ne di tipo mafioso, prevedendo i possibili modi con cui combat-terla.

1983 La Banca Rasini di Milano (il cui procuratore è LuigiBerlusconi, padre di Silvio), viene individuata quale banca dellamafia. Milano si scopre circondata dalla criminalità organizzata.A Palermo muore il magistrato Rocco Chinnici, saltando in arianella sua Fiat 127 imbottita d’esplosivo. Insieme a Chinnicimuoiono due uomini della scorta e il portiere dello stabile doveabitava il giudice.

1984 Viene ucciso a Catania Giuseppe “Pippo” Fava, fondatore delsettimanale I siciliani.In marzo va in onda, su Rai 1, il primo episodio della lunga serietelevisiva La Piovra.23 dicembre. Una bomba esplode sul rapido 904 nella galleria diSan Benedetto Val di Sambro causando 15 morti e 230 feriti. A

In alto: Peppino Impastato davanti allasede della sua Radio Aut.Sotto: Pio La Torre

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mettere la bomba è stato un giovane camorrista dietro mandato dell’economo della mafia Pippo Calò.Lo scopo era di distogliere l’attenzione dello Stato dalla guerra di mafia, dirottandola su altre questio-ni.Il pentito Buscetta accusò l’ex sindaco democristiano di Palermo Vito Ciancimino di essere «orga-nico» alla cosca dei corleonesi, riferendo al giudice Falcone che «Ciancimino è nelle mani dei corleo-nesi di Riina e Provenzano». Ciancimino venne arrestato.

1985 Sono uccisi a Palermo in diversi attentati, il commissario Giuseppe Montana e il commissario NinniCassarà. Il ministro degli interni Scalfaro rimuove i vertici delle forze dell’ordine del capoluogo sici-liano.A Napoli la camorre uccide il giovane giornalista del Mattino Giancarlo Siani che stava indagandosui boss camorristi e sulle loro alleanze con i corleonesi di Riina.

1986 Inizia a Palermo il primo maxiprocesso per mafia. In aula il super pentito (e super protetto da possi-bili attentati), Tommaso Buscetta.

1987 Termina il maxiprocesso. Dei 475 imputati - presenti e non - 360 vennero condannati.Negli Stati Uniti viene condannato a 45 anni di reclusione Tano Badalamenti, colpevole di essere unodei leader della Pizza Connection per il traffico di droga.

1988 Mauro Rostagno, tra i fondatori di Lotta Continua, vive da tempo in Sicilia , dove ha fondato unacomunità di recupero per tossicodipendenti e una televisione locale, dalle cui frequenze denuncia ilpotere mafioso, intervista magistrati. Viene ucciso la sera del 26 settembre. Poco prima di morire stavaindagando su traffici d’armi verso la Somalia. Aveva da poco ricevuto un avviso di comparizionedavanti ai giudici per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi. Indispettito aveva dichiarato divoler andare a raccontare, al proposito “un bel po’ di cosette…”

1990 Si riuniscono a Palermo, e stipulano accordi, rappresentanti della mafia e industriali di alcune grandiimprese del nord.

1991 Vengono rimessi in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare 42 imputati al maxiproces-so di Palermo. A prendere la decisione è stato il presidente della prima sezione penale della Corte diCassazione Corrado Carnevale. A sua difesa si schiera il Presidente della Repubblica FrancescoCossiga.Viene ucciso in Calabria il giudice Antonino Scopelliti.A Palermo viene ucciso l’imprenditore Libero Grassi, che si era ribellato, denunciando, alla logica del“pizzo”.

1992 La Cassazione conferma la sentenza al maxiprocesso. Totò Riina, condannato in contumacia, fa ucci-dere Salvo Lima, considerato l’uomo di Andreotti in Sicilia.23 maggio. A Capaci, nel tratto di autostrada che da Punta Raisi porta a Palermo, un esplosione ucci-de il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta.Pochi mesi dopo, il 19 luglio, viene ucciso a Palermo il giudice Paolo Borsellino.

1993 Arresto del latitante Totò Riina.

Da sinistra verso destra: il giornalista del Mattino di Napoli Giancarlo Siani; i magistrato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

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Maggio: attentati a Firenze in via dei Georgofili. Muoiono cin-que persone e 37 i feriti, oltre a danneggiamenti al patrimonioartistico della vicina Galleria degli Uffizi.Luglio: bombe in via Palestro a Milano, dove muoiono cinquepersone e 12 rimangono ferite e a Roma dove due ordigni causa-no 22 feriti. A Palazzo Chigi si scopre che le linee telefonichesono misteriosamente bloccate. Anni dopo si scoprirà che gliattentati di Firenze, Milano e Roma furono di stampo mafioso.Condannato definitiva a 8 anni di reclusione per associazionemafiosa e corruzione per l’ex sindaco di Palermo VitoCiancimino.

1995 Inizia il processo per mafia a Giulio Andreotti.1996 Viene arrestato Giovanni Brusca, l’uomo che azionò il teleco-

mando a Capaci.Negli interrogatori dei numerosi pentiti, ricorrono spesso i nomidi Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi.

1999 A ottobre arriva la sentenza al processo di primo grado a GiulioAndreotti: assolto dall’accusa di collusione con la mafia sicilia-na.

2000 Da tempo ammalato di cancro muore negli Stati Uniti TommasoBuscetta.

2002 Gaetano Badalamenti viene condannato all’ergastolo come man-dante dell’omicidio di Peppino Impastato.Processo a Dell’Utri per “concorso esterno in associazionemafiosa”

2003 Giulio Andreotti è assolto dalla Corte d’appello di Palermo. Mala sentenza di secondo grado modifica la prima, riconoscendo ilsenatore a vita colpevole di aver avuto rapporti con Cosa Nostrasino al 1981. I reati però cadono in prescrizione.

2006 Viene arrestato, dopo anni di latitanza, il boss BernardoProvenzano detto Binnu u tratturi (Bernardo il trattore, per laviolenza con cui falciava le vite dei suoi nemici) e Zù Binu. A tra-dirlo, un “pizzino” con il quale comunicava con i suoi uomini econ la famiglia.Roberto Saviano, giovane giornalista napoletano, pubblica ilromanzo Gomorra, raccontando la realtà economica, di territorioe d’impresa della camorra.

2007 Nel rapporto Eurispes risulta che la ‘ndrangheta ha un giro d’af-fari di 43,8 miliardi. Il business è rappresentato da droga, prosti-tuzione, appalti pubblici, estorsione, usura, traffico d’armi. Unruolo prevalente negli affari della criminalità organizzata cala-brese lo giocano Milano e la Lombardia.

2008 Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi definiscono “eroe”Vittorio Mangano, il boss mafioso “stalliere” di Arcore morto nel2000.

2010 L’ex presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro vienecondannato in via definitiva a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosanostra e violazione del segreto istruttorio nell’ambito del proces-so “talpe alla Dda” (la Direzione distrettuale antimafia).Il senatore Marcello Dell’Utri viene condannato dalla Corted’Appello di Palermo a sette anni di carcere per concorso ester-no in associazione mafiosa per i fatti accaduti sino al 1992. La

In alto: Giulio Andreotti.In basso: Silvio Berlusconi e MarcelloDell’Utri

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Corte d’appello, con questa sentenza, ha ritenuto che Dell’Utri intrattenne stretti rapporti con le vec-chie organizzazioni mafiose comandate da Stefano Bontade, Totò Riina e Bernardo Provenzano, sinoalla stagione delle stragi di Falcone e Borsellino, facendo da intermediario fra le organizzazioni mala-vitose e Silvio Berlusconi.

LLAA SSTTRRAAGGEE DDII UUSSTTIICCAA

1980 Il 27 giugno parte dall’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna il DC9 I-TIGI della compagna pri-vata Itavia, volo 870 diretto a Palermo. L’arrivo è previsto per le 21.15. Poco prima delle 21.00 del-l’aereo, un DC9, si perdono le tracce radar. Il giorno dopo i giornali riportano notizie della tragedia.Il DC9 è precipitato nel Tirreno al largo dell’isola di Ustica. A bordo viaggiavano 81 persone, fra pas-seggeri e membri dell’equipaggio. Nessuno si è salvato. Le cause della tragedia non sono chiare.Subito dopo l’incidente si fecero numerose ipotesi: esplosione in volo, errata manovra del pilota, cedi-mento strutturale “per fatica”, collisione in volo con un aereo Nato o con un aereo militare straniero,un razzo impazzito e altre, più fantasiose.Venne immediatamente aperto il procedimento da parte delle Procure di Roma, Palermo e Bologna evenne istituita una commissione d’inchiesta da parte del Ministero dei Trasporti. Quest’ultima verràsciolta nel 1982, dopo aver escluso il cedimento strutturale e la collisione in volo, ma concludendoche, senza il recupero del relitto, è impossibile giungere alla causa della sciagura.Sulle montagne della Sila vengono ritrovati, circa 20 giorni dopo la sciagura, i resti di un Mig libicoL’avanzato stato di decomposizione del pilota farebbe pensare che la caduta dell’aereo sia avvenutanegli stessi giorni della tragedia del DC9.

1984 Per il Ministro della Difesa Giovanni Spadolini il DC9 è stato abbattuto da una bomba.1986 A seguito dell’appello dei parenti delle vittime, che si costituiranno in Associazione, il Presidente della

Repubblica Francesco Cossiga invita il Presidente del Consiglio Bettino Craxi a far riprendere leindagini.

1987 Iniziano le operazioni di recupero dell’aereo che si concluderanno nel 1992. Il relitto verrà ricostrui-to in un hangar dell’aeronautica militare a Pratica di Mare, nei pressi di Roma.Si suicida il maresciallo Dettori, all’epoca dei fatti controllore di difesa aerea al centro radar di PoggioBallone.

1988 Viene recuperata la scatola nera del DC9.Durante una puntata dedicata alla sciagura di Ustica del programma televisivo Telefono giallo, con-dotto da Corrado Augias, va in onda una telefonata di un aviere che vuole restare anonimo e che

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Il relitto del DC9 recuperato e ricostruito in un hangar a Pratica di Mare, presso Roma

dichiara di essere stato in servizio presso il centro radar dell’aeronautica militare a Marsala la sera deldisastro. L’uomo afferma che quella sera, insieme ai colleghi, aveva ricevuto l’ordine da parte deisuperiori “di stare zitti”. A seguito della misteriosa telefonata, il giudice Borsellino apre un’indagine, facendosi consegnare iregistri dei militari presenti quella sera a Marsala. Dai registri risulterebbe che quella sera erano pre-senti nella base militare numerosi militari e ufficiali ma, secondo l’aeronautica, nessuno di loro stavaguardando i radar al momento del disastro. In realtà il maresciallo Luciano Carico, in servizio aMarsala la sera del 27 marzo affermerà di aver visto due tracce sul radar, della quali una appartenevaa I-TIGI, mentre l’altra risultava anonima. I familiari delle vittime si costituiscono in Associazione.Il presidente del Consiglio Ciriaco De Mita nomina una nuova commissione d’inchiesta.

1989 La commissione d’inchiesta, pur non escludendo l’ipotesi della bomba a bordo, termina i lavori conuna relazione in cui viene sostenuta la tesi di un missile lanciato contro I-TIGI da un caccia non iden-tificato. Questa tesi verrà contestata da un’inchiesta dell’Aeronautica.

1990 L’inchiesta viene affidata al giudice Rosario Priore, che nuova un nuovo collegio di periti.1991 Esce nelle sale il film Il muro di gomma, di Marco Risi, che riporta l’attenzione dell’opinione pubbli-

ca sul caso Ustica.1992 Il giudice Priore incrimina 13 alti ufficiali dell’aeronautica accusandoli di aver depistato le indagini.

Nelle operazioni di ricerca dei resti del velivolo, viene rinvenuto un serbatoio esterno sganciabile diun caccia di produzione statunitense installabile su almeno 4 modelli di aerei, schiacciato e frammen-tato, ma completo di tutti i pezzi. Il serbatoio venne sistemato a Pratica di Mare. Gli Stati Uniti, inter-pellati dagli inquirenti, risposero che dopo tanti anni non era loro possibile risalire a date e matricoleper stabilire se e quando il serbatoio fosse stato in servizio con l’Aviazione o la Marina. I francesi, dalcanto loro, risposero di non aver mai costruito o acquistato serbatoi di quel tipo.

1993 Viene ucciso a Bruxelles durante uno strano tentativo di rapina, il generale Boemio, al tempo dellastrage capo di Stato maggiore presso la Terza Regione aerea di Bari.Un ex colonnello del KGB asserisce che l’aereo sia stato abbattuto da missili americani.

1995 Si suicida il maresciallo Franco Parisi, all’epoca dei fatti controllore di difesa aerea presso il centroradar di Otranto.

1999 I periti radaristi consegnano a Priore una perizia dalla quale risulta plausibile l’ipotesi che l’attentatoal DC9 sia occorso a seguito di un’azione di intercettamento di un velivolo militare nascosto nellascia del DC9, da parte di un altro aereo. Il volo Bologna-Palermo dell’Itavia sarebbe stato quindi vit-tima fortuita dell’azione militare in corso nei cieli sopra il Tirreno. Si spiegano pertanto le reticenzemanifestate a più riprese dai vertici dell’Aeronautica. Vengono rinviati a giudizio, da parte del giudice Priore, con l’accusa di attentato contro gli organicostituzionali con l’aggravante dell’alto tradimento, i generali Bartolucci, Tascio, Melillo e Ferri e altricinque ufficiali. Secondo il magistrato, invece, non si deve procedere per strage perché “ignoti gliautori del reato”. Ancora secondo il giudice, la morte degli 81 civili è stata conseguenza diu una verae propria azione di guerra.

2003 Il leader libico Gheddafi dichiara che il DC9 Itavia venne abbattuto da aerei dell’aviazione statuniten-se e che gli americani, in realtà, credevano che in volo ci fosse lui stesso.

2004 Assoluzione in Corte d’Assise per tutti i generali e ufficiali imputati al processo.2006 Il relitto del DC9 viene trasferito da Pratica di Mare a Bologna.2007 Assoluzione definitiva in Cassazione dei generali Bartolucci e Ferri.

L’ex presidente della Repubblica Cossiga dichiara di non poter dire, pur sapendolo, quale fu il paesealleato che, “puntando male un missile” abbattè I-TIGI.Viene inaugurato a Bologna il nuovo Museo per la Memoria di Ustica.

2008 In un’intervista a Sky Tg24 Cossiga afferma che furono ì francesi, nel tentativo di abbattere Gheddafi,a lanciare il missile che colpì il DC9. Sempre secondo l’ex presidente della Repubblica, Gheddafi sisalvò perché, avvisato dal Sismi, tornò indietro subito dopo il decollo.La Procura di Roma riapre l’inchiesta.

2010 Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi afferma che a provocare l’incidentefu una bomba messa nella toilette di coda dell’aereo.

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I FILM DELLA RASSEGNA

SALVATORE GIULIANO (Francesco Rosi)

I CENTO PASSI (Marco Tullio Giordana)

IL CASO MATTEI (Salvatore Giuliano)

IL MURO DI GOMMA (Marco Risi)

SALVATORE GIULIANORegia di Francesco PetriCon Frank Wolff, Salvo Randone, Federico Zardi, Pietro CammarataItalia, 1962

Apartire dalla morte di Salvatore Giuliano si snoda la vicenda del bandito di Montelepre, dalla suaentrata in clandestinità, al massacro di Portella della Ginestra, sino al processo contro i reduci dellabanda e all’uccisione, in carcere, di Gaspare Pisciotta, luogotenente di Giuliano.

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.................................................................LE OPINIONI

«Un discorso sul cadavere di Giulio Cesare», ha definito Rosi il suo film, in cui inrealtà il cadavere del bandito Salvatore Giuliano occupa un posto meno importanteche non il ritratto della Sicilia, sua patria, negli anni seguiti immediatamente allaguerra. Realizzato con attori non professionisti in ambienti naturali, il film usa unostile di narrazione del tutto particolare, con numerosissimi «flashback». L’impiantonarrativo del film, infatti, fondato sulla struttura dell’inchiesta senza soluzioni dicontinuità tra passato e presente, si giova di un montaggio serrato e stringente e,nella confusione solo apparente della rievocazione, rende alla perfezione un climadi confusione reale - in cui tra i fatti e le loro radici sotterranee non vi sono legami

immediatamente apparenti - ma in cui la stessa esplosività delle inquadrature diviene un formidabile atto diaccusa. Il film finisce coll’imporsi più alla mente che ai sensi, grazie a questa sua complessa struttura con-trollata dalla lucidità del regista. Episodi celebri: i carabinieri che occupano il villaggio di Giuliano; l’ango-scia e la rivolta delle donne a cui hanno arrestato i mariti; la morte del bandito; il suo cadavere esposto in uncortile; la strage di Portella delle Ginestre; i contratti o gli assassinii della mafia. L’opera più riuscita dellagenerazione del 1960 che alcuni sono arrivati a paragonare - per certe sue parti - addirittura a Ejzenstejn.Georges Sadoul, Dizionario dei film, Firenze, Sansoni, 1968

Se non si può certo affermare, come pure è stato detto, che Salvatore Giuliano è il«più bel film del cinema italiano», è certo legittimo ritenere che la terza opera diRosi costituisca il frutto più coraggioso e la testimonianza più civilmente appassio-nata della «ripresa» di questi anni. Se la passione del neorealismo fu la rabbia e lafoga della sua volontà di scoperta, l’aggressività del suo impegno conoscitivo, essasi ritrova in pieno nel film di Rosi in cui si avverte d’altro canto la nervatura criti-ca di certe tendenze «retrospettive» della produzione italiana di questi anni.L’emozione profonda che proviamo dinanzi a talune sequenze del film conferma lasensazione esaltante che Rosi ricorda sovente di aver provato, quella cioè di fare un

cinema libero dagli intoppi e dalle strettoie del mestiere e della convenzione, in cui il momento della elabo-

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razione creativa coincide con quello della progressiva scoperta della verità di una condizione umana, di unarealtà contraddittoria e drammatica, di una strozzatura storica tuttora irrisolta. Io penso che Rosi, in questorifarsi a certe ragioni del neorealismo risentite alla luce della più accidentata e tormentosa problematica odier-na, abbia ritrovato l’entusiasmo di chi fa il cinema sapendo di compiere un atto di testimonianza e di comu-nicazione. Questa emozione civile, che è il segno distintivo del film, il suo impulso necessario, ne costituiscepoi anche il limite, rinvenibile per noi nella dispersione dell’asse ideologico e narrativo che dovrebbe soste-nerne il discorso.Il nodo drammatico e politico del film di Rosi è la morte di Giuliano, il cui cadavere crivellato di colpi infondo al cortile De Maria segna la fine di un incubo e apre con violenza un processo razionale. La smitizza-zione di Giuliano è il momento negativo, e più interessante, del film di Rosi: Giuliano vivo è un generico, unafigura scorciata sullo sfondo del paese, della banda, degli altri; Giuliano morto è un cadavere ingombrante esgradevole che fa rimbalzare ancora una volta il discorso sugli altri, sull’ambiente e sulle forze che vi agisco-no. Giuliano non può essere il protagonista del film perché egli non è stato un protagonista, perché anzi il ban-ditismo meridionale non è stato mai un’esperienza attiva, ma un fenomeno strumentale, una storia di conse-guenze e non di cause. A dodici anni di distanza, nel suo tentativo di riconnettere la non storia di Giulianoalla storia delle forze che l’hanno prodotto e di quelle che l’hanno subito, Rosi deve partire necessariamentedi lì, dal momento in cui Giuliano cessa ufficialmente di essere un personaggio e diventa un problema.La memoria del regista non segue pertanto una linea cronologicamente fedele e coerente, muove dai proble-mi irrisolti e dagli interrogativi aperti del presente per riportare alla luce frammenti e brani di verità del pas-sato in una successione incalzante e tumultuosa, con tutta la disgregazione di una cronaca per molti versi inde-cifrabile, una cronaca che non è diventata storia. Nella sequenza del processo di Viterbo e nel volto inquietoe deluso del giudice magistralmente evocato da Randone c’è il segno disperante di un’ansia di chiarificazio-ne e della sua impotenza, delle innumerevoli difficoltà che si oppongono allo sforzo ordinatore della ragionee alla sanzione necessaria del diritto. L’ultima immagine del film, con il cadavere del mafioso abbattuto dallalupara, vuol dirci che il capitolo delle connivenze e delle responsabilità è tuttora aperto, e il film tende così aprolungarsi oltre i limiti della sua stessa durata, nel vivo della società a cui rivolge il suo discorso.Non a caso la costruzione stilistica di Salvatore Giuliano può far pensare suggestivamente a quella di un filmdi montaggio che ci rimandi con l’evidenza delle sue immagini roventi a una cronaca recentissima, che rischiagià di essere dimenticata prima di sistemarsi in una chiarificazione storica e di riscattarsi in una lezione poli-tica. Ma qui il regista, che non lavorava sul terreno della organizzazione e interpretazione del materiale dellecineteche e dei cinegiornali, ma a un livello più alto, si trovava di fronte al problema di tentare un discorsocritico all’interno di una operazione creativa, al problema insomma di trovare un asse ideologico e stilisticointorno a cui organizzare una materia così esplosiva e bruciante. E qui appunto ci sembra che egli non sia riu-scito a rinvenire un principio saldo e coerente di ordinazione della sua «cronaca». Se la «rottura» del tempoe degli schemi narrativi convenzionali, sulla scorta di contaminazioni di moduli documentaristici e di solle-citazioni sperimentali proprie di certo cinema europeo odierno, ha consentito a Rosi di alternare passato e pre-sente senza soluzione di continuità e di darci uno spaccato emozionante e turbinoso di tutte le componentidella realtà siciliana, egli si è poi trovato costretto nelle maglie di quel metodo che a un certo punto cessa diessere, come dovrebbe, uno strumento di indagine e di conoscenza e rischia di risolvere in sé tutto il film.Così le pagine dedicate alla mafia, al «ruolo» giocato dalle forze di polizia, alla macabra farsa inscenata sulcadavere di Giuliano non risultano sempre persuasive e sono quelle che rivelano i limiti più scoperti di certetentazioni americanizzanti di Rosi. Né vale invocare l’ambiguità scottante della materia, perché un episodioper certi versi già decantato come quello separatista appare irrisolto come e più degli altri. Se Rosi in sostan-za intendeva evocare il volto della Sicilia, e una pagina drammatica e ancora rovente di storia italiana, iden-tificandovi il nodo essenziale di forze dominanti, banditismo e classi subalterne, si deve riconoscere che eglinon è riuscito a raggiungere l’equilibrio necessario perché il suo film risulta privo della complessità di con-cezione e di impianto indispensabile. Non v’è chi non veda a esempio come gli esterni delle imprese diGiuliano, fotografati da quel sensibilissimo e rigoroso operatore che è Gianni Di Venanzo, tradiscano la mec-canicità di certe letture e assimilazioni americane del regista. Quando invece Rosi deve aderire immediata-mente alla disperazione e alla rivolta delle plebi diseredate e respinte ai margini del paese legale si hanno lesequenze più belle e memorabili del suo film: il dolore e la disperata protesta delle donne nell’aspra e vigo-rosa sequenza del rastrellamento di Montelepre, il tragico silenzio che si stende a Portella della Ginestra sulcampo della strage, la ribellione del pastorello che si trova suo malgrado coinvolto nell’impresa per ritrovar-

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si incredulo nella gabbia di Viterbo.Adelio Ferrero, Cinema Nuovo, (in Recensioni e saggi 1956-1977, Alessandria, Edizioni Falsopiano, 2005)

La storia di Salvatore Giuliano – carica tuttora di interrogativi cui nessuno ha rispo-sto – si poteva raccontare al cinema in vario modo: vuoi drammatizzando il perso-naggio con interpretazioni più o meno romanzesche dei suoi rapporti con la polizia,i luogotenenti, la mafia, il governo (come ha fatto un recente film di PeppinoAmato, Morte di un bandito), vuoi documentando solo i fatti sicuri, senza azzarda-re interpretazioni eccessive e attenendosi il più rigorosamente possibile alla crona-ca nuda e cruda, come fa invece il film di oggi diretto da Francesco Rosi suoi luo-ghi stessi in cui visse e operò il bandito di Montelepre. Un film-documentario, per-ciò, costruito esclusivamente sui rapporti dei carabinieri, i reportages degli inviati

speciali dei maggiori giornali e, infine, sugli atti del processo di Viterbo a carico di Pisciotta e compagni: leinterpretazioni personali sono minime e, quando ci sono, sono soprattutto quelle già avanzate da certe inchie-ste giornalistiche, tenute sempre nei limiti della cronaca viva. Potrà spiacere a qualcuno che, con questo siste-ma narrativo, non si arrivi a creare un vero “personaggio” o almeno uno di quei personaggi dalla psicologiaa tutto tondo cui ci ha abituato il cinema-romanzo e potrà anche dispiacere che, pur lasciandosi molto inten-dere allo spettatore circa i retroscena di quei fatti e di quei giorni, non si risponda con “rivelazioni” agli inter-rogativi che l’opinione pubblica si è posta un tempo sul “mito” e la fine di Giuliano, ma non si potrà nonammettere che, grazie a questo rifiuto di schemi convenzionali, nel film, in tutto il film, si sente un sapone direaltà vissuta e concreta, di una realtà anzi così vena che spesso si dimentica la finzione delle “riprese” e sifinisce per ritenere il racconto un documento dal vivo. Una sensazione, questa, che suscita un’emozione quasilacerante, particolarmente nelle pagine relative alla morte e ai funerali di Giuliano, al processo di Viterbo, allastrage di Portella delle Ginestre e alla caccia all’uomo in quel di Montelepre, sostenuta da cadenze di tersaverità. Qui il linguaggio del regista assurge a dignità di stile, secondo una lezione figurativa che, pur non igno-rando una sicura tradizione pittorica, tende ad essenzializzarla e a concretizzarla sulla scorta della migliorvoga neorealista italiana. Anche se c’è da rammaricarsi che tanta serietà di intenti e tanto rigore stilistico nonsiano sempre sorretti da un tessuto narrativo lineare ed armonico, ma siano indeboliti da un inutile sistema di“ritorni all’indietro” che, oltre a infastidire lo spettatore, gli rendono difficili e spesso addirittura incompren-sibili gli avvenimenti che gli sono sottoposti. Di sicuro effetto le facce anonime dei tanti interpreti non pro-fessionisti e d’effetto anche l’accorgimento di non mostrare mai in viso o da vicino il personaggio di Giuliano:quasi a volerlo lasciare anche simbolicamente circondato di incertezze.Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 2 marzo 1962

Francesco Rosi ha avuto il coraggio estetico e politico di ricavare un film dalla tri-ste e vergognosa vicenda di Salvatore Giuliano. Diciamo subito che il film di Rosifa onore al cinema italiano. Non conosco alcun Paese oggi nel quale una realtà ana-loga, altrettanto attuale e altrettanto scottante, potrebbe essere affrontata con cosìintrepido scrupolo della verità. Immaginiamo un simile film in Francia sulla guerrad’Algeria o negli Stati Uniti sull’impresa di Cuba; e vediamo subito quanto siaeccezionale l’opera di Rosi. D’altra parte il film di Rosi non nasce isolato, fruttosolitario di un temperamento ardito. Esso nasce da una situazione del cinema italia-no che negli ultimi è andato sempre più diventando un fatto di cultura.

Per fare il film che aveva in mente, Rosi ha dovuto inventare tutta una maniera nuova di narrare che chiame-remmo corale o epica se non fosse prima di tutto realistica. Infatti il realismo in una storia come questa diSalvatore Giuliano consisteva proprio in quello che ha fatto Rosi: visione panoramica della complicata vicen-da, eliminazione dell’intreccio, del personaggio e di qualsiasi amplificazione o aggiunta fantastica, rispettostorico delle contraddizioni e delle assurdità apparenti, pietà per la Sicilia e per il suo popolo sventurato. Rosi,a quanto mi dicono, ha riprodotto la storia di Giuliano con scrupolo esattissimo della verità. Questo amoredella verità si sente, infatti, in tutto il film come una luce limpida e crudele nella quale sono immersi uominie cose. Ma la verità per Rosi non è soltanto cronaca, documento; è anche rappresentazione delle passioniumane. Questa è, alla fine, la lezione del film di Rosi, specie per coloro che, di fronte ad una simile materia,avrebbero creduto di non potere scegliere che tra il film d’invenzione, più o meno fumettistico e il piatto

documentario. (…)Il film è molto bello specie nelle scene girate nella campagna sassosa o nei borghi bianchi assetati della Siciliapiù rustica. Fra tutte, vorrei ricordare qui le sequenze esemplari del riconoscimento del cadavere di Giulianoe nell’episodio di Portella delle Ginestre. Come sempre, quando dalla campagna si passa alla città e dai dispe-rati contadini ai verbosi borghesi, il tono del film cade leggermente. Ma il processo di Viterbo che vede l’unodi fronte all’altro due valenti attori, Salvo Randone nella parte del presidente del tribunale e Frank Wolff inquella di Gaspare Pisciotta, conclude degnamente questa pittura desolante di una squallida società di banditi,di avvocati e di proprietari mafiosi.Alberto Moravia, L’Espresso, 4 marzo 1962

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I CENTO PASSIRegia di Marco Tullio GiordanaCon Con Luigi Lo Cascio, Luigi Maria Burruano, Tony Sperandeo, Lucia Sardo, Andrea Tidona, Aurora Quattrocchi, Ninni BruschettaItalia, 2000

Solo cento passi separano, a Cinisi, la casa del giovane Peppino Impastato da quella del boss mafiosoTano Badalamenti. Ma Peppino, militante della sinistra extraparlamentare, non ne è intimorito. Daimicrofoni di una radio libera denuncia, con l’arma dell’ironia, gli interessi mafiosi, rompendo così il

muro dell’omertà. Sino alla tragica fine, fatto uccidere proprio dal boss ridicolizzato.Struggente il finale, sulle note di A Wither Shade of Pale, dei Procol Harum

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.................................................................LE OPINIONI

Se lo si guarda con gli occhiali dell’ideologia I cento passi (che si ispira a fatti real-mente accaduti), con la chiusura sulle bandiere rosse e i pugni chiusi del funerale diImpastato, potrebbe sembrare un film di propaganda. In realtà è un film di impegnocivile (che non si vergogna di citare il Rosi di Le mani sulla città) che si assume ilcompito di ricordarci che la lotta a quel complesso fenomeno che passa sotto ilnome di mafia non appartiene a una ‘parte’.Giancarlo Zappoli, mymovies.it

I cento passi di Marco Tullio Giordana, prima opera italiana presentata in concorsoalla cinquantasettesima Mostra, è un film di sentimento e di nostalgia, una vicendadi conflitto tra figlio e padre, tra individuo e ambiente, tra obbedienza passiva erivolta vitale. La storia d’un eroe naturale. Nel paese siciliano di Cinisi, accantoall’aeroporto di Punta Raisi, Giuseppe Impastato, Peppino, cresce negli AnniSessanta in una famiglia legata alla mafia da rapporti di parentela e di interessi, inuna comunità («Mafiopoli», la chiamava lui) dominata dalla mafia: e si ribella.Seguendo un pittore comunista, partecipa a manifestazioni, tiene comizi, guida pro-teste, mette su una stazione radio di denuncia, ha séguito, usa l’arma più odiata dalla

mafia: l’ironia, la beffa, la sfottitura, il sarcasmo contro il boss locale Tano Badalamenti, contro il«Maficipio» comunale, contro l’illegalità sistematica. La madre e il fratello lo sostengono; il padre, spaven-tato per sé e per lui, lo osteggia e presto muore in quello che è forse un incidente. La rivolta di Peppino è indo-mabile. Si candida alle elezioni comunali, conduce una campagna elettorale infiammata: due giorni prima delvoto, nel 1978, viene trovato morto, saltato in aria col tritolo sui binari della ferrovia. Al funerale, del suocorpo vengono sepolti in un sacchetto soltanto mani e piedi: il resto non c’è più. Il fatto viene definito daicarabinieri un suicidio: solo vent’anni dopo Badalamenti è stato rinviato a giudizio come mandante di quel

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delitto, e il processo non è ancora stato celebrato. Nonostante i decenni trascorsi, I cento passi (il titolo indi-ca la breve distanza che separava la casa di Impastato da quella di Badalamenti, quindi la vicinanza, l’imma-nenza della mafia) non è un film sul passato siciliano: non molto è cambiato, la mafia è sempre lì e coman-da, la sinistra continua a scindersi, dividersi, combattersi. Forse ci sono meno ribelli, oppure esistono moltiribelli a parole e pochi a fatti: il film è vibrante di una intensa nostalgia per un tempo di rivolta e di lotta, dirivoluzionari coraggiosi e di forza d’opposizione, di rimpianto verso figure integre, disinteressate e non ricon-ciliate come Peppino Impastato. Con interpreti benissimo scelti, è pure un film di intelligente analisi sociale,di condanna di quel buon senso collettivo opportunista, accomodante e familista che consente alla mafia didominare anche oggi. Ed è struggente il sentimento del tempo: I cento passi finisce con ragazzi dai pugnichiusi levati in alto e bandiere rosse, con le parole «Le nostre idee non moriranno mai».Lietta Tornabuoni, La Stampa, 1 settembre 2000

«La bellezza, questo si dovrebbe insegnare alla gente: la bellezza contro la cupidi-gia, la bellezza contro l’omertà, la bellezza contro la rassegnazione, la bellezza con-tro la paura... ». Non dice proprio così, il Peppino Impastato di Marco TullioGiordana, ma è questo il senso suggerito dalle sue parole. Guardando dall’altod’una collina di Cinisi, giù verso il mare lontano e verso l’aeroporto di Punta Raisi,il protagonista di I cento passi vede i luoghi fisici in cui la mafia prospera e uccide,e insieme vede un luogo dell’anima che finisce per renderla possibile. A tutto ci siabitua, dice a un suo compagno d’impegno civile e umano. Per quanto la cupidigiapossa depredare, l’omertà favorire, la rassegnazione consentire, la paura subire, con

il tempo tutto appare normale, addirittura naturale. Palazzacci orribili sorgono nel mezzo di periferie squalli-de e vuote? Ebbene, pian piano uomini e donne li abitano, mettono tendine alle finestre - proprio così dicePeppino, guardando giù, verso l’aeroporto costruito di fianco alla montagna -, e lo stupore eventuale s’atte-nua, stinge verso il grigio neutro dell’abitudine. Poi, a un certo punto, ogni cosa sembra dover essere così, dasempre e per sempre. Ecco perché bisognerebbe insegnarla davvero, la bellezza, a quegli uomini e a quelledonne: perché lo stupore resti ben vivo, perché nell’abitudine non ne vada dissipata la forza. E questo paca-to, solare «discorso della montagna» è uno dei momenti più intensi, e narrativamente più intelligenti, d’unasceneggiatura di grande sensibilità e professionalità. I suoi autori - insieme con lo stesso Giordana, MonicaZapelli e Claudio Fava - sembra l’abbiano scritta con la volontà di mantenersi all’altezza della trasparenza disguardo di Peppino adolescente, aperto con gioiosa curiosità alla vita (in un ottimo cast molto ben diretto, èbravissimo Luigi Lo Cascio a non tradirne l’incanto, dando volto al Peppino più maturo). Non c’è pregiudi-zio ideologico, in I cento passi, e non c’è nemmeno la prospettiva “paranoie”, di tanti altri film italiani dedi-cati agli stessi temi. Ossia: la sua prospettiva non è giustificata dall’esistenza - in questo senso tristementenecessaria - d’un nemico sociale e politico, ma al contrario è originale, autonoma, propositiva. I valori e gliideali del suo protagonista vivono e valgono per sé, e non contro Tano (Tony Sperandeo) e i suoi molti allea-ti. Semmai, si scoprono a soffrirne e dunque a doverne rifiutare con coraggio il peso terribile.Fin dalle prime immagini, dunque, la regia assume il punto di vista del piccolo Peppino. Dall’interno d’unmondo incattivito dal familismo, gravato dal virilismo, dominato dalla prepotenza, involgarito dall’avidità,avvelenato dalla corruzione, reso esplosivo dalla connivenza politica, il suo sguardo si affranca e si innalza.Il prezzo che si trova a pagare, e che accetta di pagare, è quello d’una profonda, netta lacerazione, d’una sepa-razione dal padre e anzi dai padri: prima da don Cesare (Pippo Montalbano), capo mafioso che immagina difarne a sua volta un capo, poi da Stefano (Andrea Tidona), militante stalinista che considera l’obbedienzamassima virtù, e infine da Luigi (Luigi Maria Burruano), suo padre carnale. Raccontando e ancor megliomostrando queste separazioni e lacerazioni, la sceneggiatura e la regia danno prova d’una maturità, d’unamisura e spesso d’una capacità di commozione da tempo inusuali nel nostro cinema. Basterebbe la sequenzadei funerali di don Cesare, con la disperazione arcaica e muta della vedova sulla sua bara, a fare di I centopassi un film felicemente inatteso. Lo stesso vale per il dolore stupefatto e sincero, tragico in senso stretto,che porta Luigi a morire, e poi per lo scontro d’amore risentito fra Peppino e il fratello Giovanni (PaoloBriguglia), e ancora per i «tempi» trattenuti e per la consapevolezza eroica del lutto di Felicia, la madre (LuciaSardo). Naturalmente, molto altro c’è, nella storia raccontata da Giordana, Zapelli e Fava. C’è, intanto, ilricordo commosso del vero Giuseppe Impastato detto Peppino, ucciso con sei chili di tritolo lo stesso giornoin cui viene ritrovato il corpo di Aldo Moro, assassinato «come un cane» - così appunto dice nel film un suo

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compagno - dalle Brigate rosse. E poi c’è una parte, non la migliore, della storia della Sicilia e dell’Italia:l’impronta lasciata dal regime fascista, il passaggio verso nuove alleanze di potere, gli echi d’un arricchimen-to veloce, il peso delle connivenze e poi - decisive - la cupidigia, l’omertà, la rassegnazione,la paura... Sututto, e anche sullo sventolare di bandiere che - nella memoria e chiudendo il film - stingono al grigio, pre-vale comunque lo sguardo di Peppino: trasparente, solare, curioso, aperto alla forza umana e alla speranzacivile della bellezza.Roberto Escobar, Il Sole 24-Ore, 10 settembre 2000

Se il punto di domanda più grosso circa il cartellone di Venezia 2000 riguardava ilnumero dei film italiani in concorso e, ovviamente, la loro qualità, la sfida diAlberto Barbera, con la proiezione del primo dei quattro, I cento passi di MarcoTullio Giordana, è vinta almeno per un quarto. Anzi, di più, visto il potere emotivo,la forza, la semplice efficacia della regia e della storia (vera), che ha strappato alleproiezioni per la stampa, solitamente contenute e frigide, un lungo applauso. Laforza dell’emotività, diranno i più sospettosi, visto soprattutto quell’epico e nostal-gico finale al suono di A Whiter Shade of Pale, in cui i giovani, le donne, la genteper bene di Cinisi, Palermo, Sicilia, sfilano sotto striscioni e bandiere rosse al fune-

rale di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia - con un delitto troppo presto archiviato e dimenticato, perchéquello stesso giorno, 9 maggio 1978, veniva ritrovato il corpo di Aldo Moro ucciso dalle brigate Rosse. Einvece no, quel finale è forse la cosa più facile e ovvia di un film costruito in finezza, frammento dopo fram-mento, sempre in crescendo, su una storia emozionante e brutale, in cui si intrecciano la liberazione di un gio-vane dalla famiglia (sull’onda del Sessantotto) e la sua più dura liberazione dalla famiglia mafiosa che incom-be sulla città e sulla cultura familiare. I cento passi del titolo sono quelli che separano la casa di Peppino dal-l’abitazione del boss mafioso Tano Badalamenti - che, dopo un lungo silenzio della giustizia, per questo assas-sinio è stato finalmente incriminato. Cento passi che nonostante tutto congiuri per farglieli percorrere - la sto-ria familiare, la debolezza di suo padre, l’omertoso clima cittadino - Peppino non percorrerà mai, scoprendofin da ragazzino, attraverso l’amico e maestro pittore Stefano Venuti, l’impegno politico con il Pci, poi allon-tanandosene per le troppe prudenze che impone, infine inventandosi attraverso una radio messa su con gliamici un canale fantasioso e irriverente per parlare e dire la sua verità: Badalamenti diventa Tano Seduto,Cinisi è ribattezzata Mafiopoli e il ridicolo è un’arma che dà molto fastidio agli intoccabili. Marco TullioGiordana, in quello che è il suo film migliore, più forte, più diretto, ibrida con successo il cinema di impegnocivile (viene citato Le mani sulla città) con umori più personali e generazionali (ci ritroverete un po’ di RadioFreccia alla siciliana), intreccia la denuncia e il ritratto toccante e autentico di un angelo ribelle. E se la sce-neggiatura (che il regista firma con Claudio Fava e Monica Zappelli) è scritta con inconsueta precisione, schi-vando retorica e colore, gran parte della riuscita del film la si deve a una squadra di attori di sorprendente bra-vura, guidati senza sbavature da Giordana. Al suo primo ruolo sullo schermo, Luigi Lo Cascio si incide nellamemoria per simpatia e febbrile passione, è bravissimo Luigi Maria Barruano nella parte di suo padre - unpover’uomo diviso tra l’affetto per il figlio e la sua affiliazione mafiosa-, Lucia Sardo ha una dolorosa intel-ligenza e Tony Sperandeo, senza sprecare un gesto di troppo, fa sempre paura. Da vedere, anche per chi nonè sensibile all’effetto nostalgia.Irene Bignardi, La Repubblica, 1 settembre 2000

(...) è così forte l’avventura del «piccolo» Peppino che il film dirompe soprattuttonel corpo di straordinari attori come Luigi Lo Cascio (Peppino), Luigi MariaBurruano (Luigi Impastato, il padre), Lucia Sardo (Felicia, la madre), TonySperandeo (Gaetano Badalamenti), Ninni Bruschetta e tutti gli altri. Marco TullioGiordana è un regista a parte nel cinema italiano, e il suo film, come la vita diPeppino Impastato, è un atto di resistenza. Con lui firmano la sceneggiatura ClaudioFava e Monica Zapelli. Cinisi, paese siciliano, bellissimo, sul mare, a pochi passidall’areoporto di Punta Raisi, che finisce addosso alla montagna, pericolo costanteper gli atterraggi. Una dei tanti «capricci» della mafia, che cementifica per avere

appalti, distribuire favori, privilegiare gli amici. La droga passa di lì, e Tano Badalamenti ne controlla il traf-fico a beneficio dei picciotti. Ma ce n’è uno, Peppino, che fin da piccolo non vuole favori, e diventa amico

del segretario della sezione comunista, il pittore Stefano Venuti (Andrea Tidona), solo a urlare nel megafonole malefatte mafiose. Il Sessantotto vede Peppino adolescente, e quindi figlio della nuova sinistra, insubordi-nata alla cultura pci, mossa su altri ritmi musicali, ironia e sberleffo, provocazione e sfida. Armi improprie,spaesanti per i vecchi notabili di Cinisi, tutti che baciano le mani a Tano, il boss. Peppino Impastato li inchio-da dai microfoni della sua Radio Aut da combattimento. Spara insulti a rima, dà a tutti un nomignolo: Tanoseduto, re di Mafiopolis. «La mafia è una montagna di merda» scrive sul suo giornale «Idea socialista». Robada ragazzi, mosche fastidiose. Ma il ragazzo cresce e raccoglie una banda di amici, fa gruppo, movimento,manifestazioni. Si mette contro il padre, timoroso come gli altri, straziato dal figlio ribelle. Peppino è il sim-bolo della disubbidienza. Ed è così sregolato, indisponente, fantasioso, così poco ligio alle regole della «fami-glia». Marco Tullio Giordana lo fa agire come un attore surreale, lo segue nella disintegrazione delle regoleanche cinematografiche del genere «film sulla mafia». Schegge di commedia, di teenagers-movie, pezzetti dimemoria che ricostruiscono la breve storia di Peppino Impastato, cultore di Pier Paolo Pasolini, conduttore di«Onda pazza», uno di quelli che voleva cambiare il mondo e non ha fatto in tempo a cambiare lui, come tanti,perché fu legato a un binario e disintegrato in mille pezzi da sei chili di tritolo. Si era appena candidato alleelezioni comunali nelle liste di Democrazia proletaria. La sua morte coincide con quella di Aldo Moro, e nes-suno gli dà molta importanza. Adesso è un mito, in Sicilia. Vent’anni dopo l’»incidente», archiviato come sui-cidio con la copertura della polizia, la magistratura rinvia a giudizio Tano Badalamenti, mandante presuntodell’assassinio. Il processo deve ancora essere celebrato. Le immagini in bianco e nero del vero Peppino buca-no lo schermo quando la storia finisce. La bara passa in un corteo di pugni alzati. Berlusconi ha ragione adavere paura, anche se in molti lo rassicurano che il «caso è chiuso», quello del comunismo e di PeppinoImpastato.Mariuccia Ciotta, Il Manifesto, 1 settembre 2000

Meglio un mafioso, democristiano per convenienza, o un antimafioso, ultracomuni-sta per convinzione? Incapace di uscire dalle dicotomie, Marco Tullio Giordana sce-glie il secondo. Nello slancio strafà e inciampa nei suoi Cento passi, primo film ita-liano in concorso alla Mostra di Venezia. Che comunque è stato applaudito da unaparte della stampa in sala, ma per ragioni politiche più che estetiche. L’ha spiegatoil solitario urlo, «Andate da Berlusconi!», di sottile allusività, diretto ai non pochifischiatori che si opponevano ai plaudenti. Giordana non si sarà stupito. Ha infattipuntato sul «racconto morale»: buoni di qua, cattivi di là. Ma un autore dovrebbemantenere distacco dai personaggi. (...) I cento passi - la distanza a Cinisi (Palermo)

fra la casa del protagonista, Giuseppe Impastato (Luigi Lo Cascio), e quella del mafioso Tano Badalamenti(Tony Sperandeo) - hanno l’enfasi della beatificazione laica. Prendere poi Le mani sulla città di FrancescoRosi (1963) come esempio estetico stilisticamente sa di vecchio. Un po’ meno vecchio (1978) è il fatto deiCento passi, la morte di Giuseppe Impastato: bizzarro demoproletario suicida, secondo la prima inchiesta;eroico antimafioso ammazzato, secondo un pentito - processo non c’è stato - e secondo il film. Giordana noncoglie l’ambiguità come essenza del reale. E l’avere trovato in anticipo la «verità» rende il suo film un comi-zio, con molto déjà vu, proveniente un po’ da Avere vent’anni di Fernando Di Leo (1979), un po’ da Radiofreccia di Luciano Ligabue (1998), con contorno di Tutto l’amore che c’è di Sergio Rubini (2000). Si noti chea firmare la sceneggiatura con Giordana è Claudio Fava, ex collaboratore dell’indipendente e del Giornale,ora deputato diessino, ma soprattutto persona coinvolta nei lutti siciliani: se Impastato era il figlio ribelle delpadrone di una pizzeria consapevole di dover convivere con la mafia, Fava è il figlio fedele di Giuseppe, gior-nalista e romanziere, ucciso presumibilmente da mafiosi a Catania. Una somiglianza di destini che lo spingea tifare per il personaggio del film e non a centrare la storia sul suo aspetto più lacerante: il rapporto conflit-tuale tra padre e figlio. Toccava a Giordana riportare l’equilibrio, ma non l’ha fatto. E poi, odiando la mafiapiù come sezione siciliana della Dc che come associazione a delinquere, si abbandona a una serie di macchiet-te di genere circa gli amministratori pubblici. Nella figura del maggiore dei carabinieri (Fabio Camilli) chechiude sbrigativamente l’inchiesta sulla morte di Impastato, lascia affiorare inoltre la tesi del «terzo livello»;infine, nell’orazione finale che un amico della vittima diffonde dal microfono della sua radio libera, la tesi del«secondo Stato», col paragone fra la morte di Feltrinelli e quella di Impastato, proprio il giorno del ritrova-mento del cadavere di Moro. Una coincidenza che al povero Impastato costò il non avere l’attenzione nem-meno come martire: ancora una volta, un democristiano l’aveva fregato.Maurizio Cabona, Il Giornale, 1 settembre 2000

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IL CASO MATTEIRegia di Francesco RosiCon Gian Maria Volonté, Peter Baldwin, Luigi Squarzina, Renato Romano, Dario Michaelis.Italia, 1972.

Partendo dalla morte del presidente dell’Eni Enrico Mattei, precipitato con il suo piccolo aereo in cir-costanze poco chiare, il film di Rosi ne ripercorre la storia a capo dell’ente petrolifero italiano. Dalritrovamento dei primi giacimenti di metano nella pianura Padana, ai rapporti con i Paesi produttori di

petrolio, sino alla tragica scomparsa.

.................................................................LE OPINIONI

Il caso Mattei è un film di cui si dovrebbe parlare a lungo, tanta parte della recentestoria italiana essendovi riflessa, nel bene e nel male. Stringendo il giudizio, dicia-mo che le riserve sulla sua concezione non possono far passare in secondo piano laqualità espressiva di molte sequenze, e anche la novità di uno stile che intrecciandoabilmente, con un magistrale montaggio, il realismo del documentario e il fantasti-co sotteso a un costante clima di ardire e di minaccia, la cronaca politica alla prosadi viaggio e d’avventura, impagina il racconto di questa nuova febbre dell’oro conun senso visivo dell’informazione di grande efficacia emotiva. Soprattutto per latensione, il ritmo serrato, la crudezza dell’inizio e del finale, che chiudono in una

morsa agghiacciante tutta la storia (...)». Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, 27 gennaio 1972)

Rosi non ha raccontato per disteso vita e opere di Enrico Mattei, ma le ha compen-diate, con .misto romantico e la perizia di un giallista d’alta scuola, dal punto pro-spettico della morte; quella morte sopravvenuta nel colmo delle forze e della felici-tà operativa, in circostanze tuttora misteriose (sabotaggio? disgrazia?), nel cielo diLombardia, la notte del 27 settembre 10(12, quando il bireattore che trasportava ilpresidente dell’Eni dalla Sicilia a Milano s’infranse tra gli alberi di Bascapè. Nonsolo il caso Mattei comincia dalla fine, ma si può dire che non se ne parie mai, satu-randosene lino all’ossessione, voltando e rivoltando in mille modi ( la tecnica delfilm-inchiesta ne esce tutta ravvivata) il fatale episodio che diventa come il prisma

attraverso cui il regista e il suo fedele sceneggiatore Tonino Guerra ci restituiscono il senso e il valore di quelsingolarissimo personaggio del dopoguerra italiano. Regista d’impeto, ghiotto di problemi aperti, l’autore diSalvatore Giuliano non ha aspettato che l’argomento si decantasse nel tempo, sì che ombre e luci risultasse-ro equamente distribuite; anzi, gettando un grosso tentacolo sulla mafia e il caso De Mauro, ha portato Mattei,morto da dieci anni, nel fuoco del presente, togliendone occasione per un altro appassionato discorso sullanostra società. Sebbene Rosi abbia fatto posto a un advocatus diaboli nella persona di un giornalista che non

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ha peli sulla lingua (e impersonato dal regista teatrale Luigi Squarzina), sorta di freccia nel fianco che però ilgrande imprenditore scaglia via da sé benissimo, con risposte trionfali, il tono del film, come anche risulta daquel fragile espediente dialettico, è indubitabilmente la simpatia: simpatia per l’uomo venuto su dal popolo efattosi da sé, per il vaticinatore di un’industria di Stato che avesse ragione dell’iniziativa privata, per l’acer-rimo nemico (su ricordi personali) del colonialismo e dell’emigrazione, per colui infine che con la genialitàe l’inafferrabilità che tutti sanno, si batté contro il monopolio delle « sette sorelle » (le grandi compagniepetrolifere internazionali) al fine di dare, mercé la scoperta degli idrocarburi in Val Padana e in Sicilia, e cer-cando sbocchi nel Terzo Mondo, una fisionomia industriale - petroliera al nostro Paese. Stilisticamente, tantospirito d’intraprendenza e aggressività (da ricordare un po’ Giulio Cesare, un po’ la Primula Rossa) trova ilsuo mezzo d’espressione nel « flash back », che Rosi ha trattato maestrevolmente soprattutto nella primaparte, quando il ritratto vien su dai rottami del bireattore e un povero telo con dentro i resti della vittima rap-presenta l’assurdo interrompimento della morte. Più in là il tratto si distende, la partecipazione si fa più acca-lorata ed esplicita, la polemica più vibrante: lo stesso Rosi in veste d’intervistatore e con lui Ferruccio Panil’on. Pantaleoni, Arrigo Benedetti e altri personaggi della politica e della cultura, entrano nel gioco serratodell’inchiesta cui dà luogo quella specie di giallo-politico; mentre dal suo canto la figura del capitano d’in-dustria s’evolve nelle vivide pagine dei suoi viaggi da un continente all’altro, delle sue interviste dei suoidiscorsi, al tempo stesso che si carica di umana stanchezza (esemplare in proposito la sosta nel Jolly sicilia-no) e di presagi di morte. Ma ideologicamente il film una volta imboccato la via dell’elogio, corre qualcherischio. Anzi — cosa assai curiosa per un democratico acceso come Rosi — quasi risenta l’infortunio sul lavo-ro. Perché sta bene che il Mattei del film abbia tutte le qualità che si è detto, e che, figlio del popolo, non pensiche al popolo. Ma lo fa con tanta autorità, indipendenza e fastidio della critica, da sconfinare nell’autocrate,da ricordare, non vogliamo dire l’uomo di Predappio, ma uno di quei generici « uomini della Provvidenza »rispetto ai quali è ancora preferibile la più imbrgliala corruttela parlamentare. Trascinato dall’assenso, Rosinon si è avvisto che con troppo marcare l’individualità di Mattei, col farne l’unico veggente di una situazio-ne poi il dominatore di essa avrebbe finito col portare fascine al mito, che certo gli è estraneo, della persona-lità risolvente. Di qui un certo sapore qualunquistoide che fa sentire in questo pur impegnatissimo film, illu-strante l’esempio di un industriale che avrebbe fatto buon uso del potere. Della bontà dello spettacolo, anchesu una materia c può sembrare aliena, si è del to. Rosi potrà sgarrare in una cosa o nell’altra, ma non mai nellapresa, nella salda comunicazione con lo spettatore. Costruito con tanti e tutti diversi accorgimenti, Il casoMutici dà l’impressione d’un getto unitario d’immagini e di parole, dove il rivolo della cronaca cresce a fiu-mana, a quadro di costume contemporaneo. Molta parte in questo effetto ha la bravura dell’interprete Volonté,che serve con intelligente puntualità il personaggio, un personaggio tanto più difficile perché ancora vivenella memoria di molti. L’attore lo ha adeguato in corpo e anima con uno sforzo di ricerche che tuttavia nonsi sente, ma cede al fluente risultato d’una natura d’uomo oltremodo simpatica, eloquente quando parla mapiù ancora quando ammicca. Ottimo il contorno; efficaci le immagini a colori di Pasqualino De Santis e lemusiche di Piero Piccioni. Leo Pestelli, La Stampa, 4 febbraio 1972

(…) Francesco Rosi con il Caso Mattei ha ritrovato la vena di Salvatore Giuliano.In fondo, è lo stesso schema: una personalità potente rivissuta dalla macchina dapresa in maniera musiva, corale e ambigua, tra il giudizio storico e la pietà agiogra-fica. Non era facile fare un film bello e avvincente con un soggetto così poco pitto-resco come la carriera di un capo d’industria; Francesco Rosi, che si è giovato diun’energica e acuta sceneggiatura di Tonino Guerra, ci è riuscito con questo suofilm nervoso, teso, aggressivo, insieme scaltro e ingenuo come il suo protagonista.Rosi, sempre un po’ a disagio nella narrazione articolata e psicologica, dà l’impres-sione di esprimersi più liberamente in questa specie di biografia lirica campeggiata

su un vasto sfondo storico e sociale. Al solito l’interpretazione di Gian Maria Volonté è eccellente. Forse trale più fini ed equilibrate di questo attore straordinario.Alberto Moravia, L’Espresso, 6 febbraio 1972

(...) Il caso Mattei lungi dall’essere (anche se parzialmente lo è) la biografia di unuomo di statura indubbiamente eccezionale, è piuttosto una problematica radiogra-fia sulla formazione del potere nell’Italia sorta dalle rovine del fascsimo. Un pote-re che si fa tra quelle rovine, che si afferma in mezzo a mille difficoltà, che si battecontro potenti interessi e altri ne rappresenta, che agisce in una connessione inter-nazionale assai più vasta di quella che istituzionalmente gli sarebbe propria, chesuscita profonde avversioni e intricate complicità, che è gestito in modo personaleed incontrollato, che è caratterizzato da generosità populista e da richiami demago-gici, dietro il quel c’è - e in ambedue i casi confusamente - la potenzialità dello stato

democraticamente imprenditore e quella dello stato taumaturgicamente autoritario.Lino Miccichè, da Cinema italiano degli anni ‘70. Marsilio, 1980

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IL MURO DI GOMMARegia di Marco RisiCon Corso Salani, Angela Fionocchiaro, Antonello Fassari, Ivo Garrani, Johnny Dorelli, Gianfranco Barra, Luigi Montini,Sergio Fiorentini, Benito Artesi, Roberto Herlitzka, Jimmy ilFenomeno [Origene Soffrano], Ivano Marescotti, Tony Sperandeo.Italia, 1991

Depistaggi, reticenze, omertà circa la tragedia del DC9 della compagnia Itavia, caduto nel mare diUstica la sera del 27 giugno 1980 con 81 persone a bordo. Un giornalista ipotizza che ad abbatterel’aereo di linea sia stato un missile, ma le autorità militari smentiscono sdegnosamente.

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.................................................................LE OPINIONI

«Il problema da noi non è dire cose scomode. E’ continuare a dirle. E’ che qualcu-no stia a sentire e ne sia colpito, che succeda qualcosa», dice il regista Marco Risiparlando dell’elasticità italiana che fa rimbalzare lontano e assorbe nella dimenti-canza ogni colpo, ogni complotto, ogni vergogna. Il suo film Muro di gomma, suisilenzi, le reticenze e le falsità ufficiali che hanno accompagnato la tragedia diUstica, è stato presentato alla Mostra del cinema ieri, quando l’indagine sembra allafine trovare alcuni primi colpevoli: ma lo scandalo di undici anni senza verità restaprofondo, e il film lo ripercorre dall’inizio, lo condensa con esattezza. Sugli ottan-tadue morti di Ustica Muro di gomma non fa rivelazioni, non indica inedite respon-

sabilità, non dice cose nuove, non avanza ipotesi diverse da quelle concretizzatesi in questi anni, non dà infor-mazioni differenti da quelle fornite nel corso del tempo dai giornali o dalla tv. Costruito come un docu-drama(una drammatizzazione di avvenimenti reali), ricalcato su Tutti gli uomini del Presidente, il film con RobertRedford e Dustin Hoffman sul caso Watergate, scandito cronologicamente attraverso l’inchiesta d’un giorna-lista, senza troppa enfasi il film rievoca i fatti, allinea gli avvenimenti, le bugie, le coperture: ed è già moltoritrovarseli sotto gli occhi tutti insieme, con sdegno. Di nuovo c’è lo stile grottesco o magari realistico concui vengono presentati i bugiardi ufficiali, i rappresentanti del potere politico e soprattutto dell’Aeronauticamilitare, i personaggi che negli anni si sono avvicendati a depistare perizie e indagini ma che nel film sonounici e simboleggiano ciascuno la propria funzione.È uno il Ministro (dei Trasporti o della Difesa, Formica, Lagorio o Zanone) che nel 1980 esprime lutto e pro-mette verità davanti all’aula della Camera semideserta, popolata da appena sedici persone, e che nel 1990ancora furbescamente evita di rispondere a domande brucianti: un bombolotto, grasso, calvo, barbuto, ipocri-ta, sfrontato. È uno il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, sorpreso in trattoria mentre si esibisce can-tando arie d’opera e “Funiculì funiculà” accompagnato dalla fisarmonica del posteggiatore e dal coro di altrigenerali mangioni con le loro grosse mogli. È uno il Generale, sempre dell’Aeronautica, che aggredisce ilgiornalista: “Lei ci ha rotto i coglioni per dieci anni, spero proprio che questo suo missile le finisca nel culo”,per sentirsi rispondere “Intanto sta nel suo, di culo, generale, e tutto intero”.È uno l’Altissimo Ufficiale che perde i nervi e urla congestionato, esasperato: “Noi di questa storia siamo solo

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i testimoni!”, come a dire che i colpevoli non vanno cercati in Italia. È uno l’elegante Uomo dei ServiziSegreti che, in colloqui col giornalista al Beaubourg di Parigi, nei musei o in luoghi solitari, obietta con disin-cantato pragmatismo: “Metta che siano stati gli americani: in Italia siamo pieni di basi americane… Metta chesiano stati i francesi… Come si fa a chiedere a chi sa di dire la verità?”.Lietta Tornabuoni, La Stampa, 13 settembre 2009

Cronaca fedele dove la realtà, sul modello di Tutti gli uomini del Presidente, èappena rimodellata. La sceneggiatura è di Sefano Rulli, Sandro Petraglia e AndreaPurgatori, il giuornalista del Corriere della Sera che ha seguito il caso in prima per-sona e a cui è ispirato il personaggio del protagonista. Un film importante nel con-testo del cinema italiano, anche se l’aderenza ai fatti e l’esigenza di obiettivitàimpongono una eccessiva asciuttezza stilistica. Rulli e Petraglia compaionio nelcollegio di difesa della parte civile. Colonna sonora di Francesco De Gregori. Per laprima volta Jimmy il Fenomeno è usato in un ruolo non grottesco, quello di un pas-seggero dell’aereo.

Paolo Mereghetti, Il Mereghetti. Dizionario dei film

La sequenza con la quale inizia Il muro di gomma è una delle più belle ed emozio-nanti che ci sia capitato di vedere negli ultimi anni. C’è una donna, con in bracciouna bambina, che attende all’aeroporto una persona che ama. Ciò che potrebbe capi-tare a ognuno di noi. Poi c’è la lettura di un elenco di nomi, interminabile, strazian-te. Così cominciò, per chi ha pagato davvero, la tragedia di Ustica. Il film raccontala storia assurda dei depistaggi, delle menzogne, dell’autentica truffa della veritàche è stata perpetrata ai danni di quelle persone scomparse in cielo, dei loro paren-ti, della democrazia di questo paese. Il film ripercorre le tracce della straordinariainchiesta giornalistica di Andrea Purgatori, che è lo sceneggiatore e anche il prota-

gonista di riferimento del film. Il grande merito di Marco Risi è l’aver scelto uno stile asciutto, severo, perraccontare una storia che è già intrisa di sangue, di passione, di indignazione. Non c’è altro da fare che rac-contare, con la freddezza del dolore. Perché in Italia è la realtà a essere drammatica, cattiva, nera. E assolu-tamente incredibile. Come la storia di un aereo abbattuto sul cielo di Ustica e di uomini di Stato che parlanodi «cedimento strutturale».Walter Veltroni, da Certi piccoli amori. Dizionario sentimentale di film, Sperling & Kupfer Editori, Milano,1994

LA STORIA DEL CIRCOLO FAMILIARE DI UNITÀ PROLETARIAIV PARTE: 1981 - 1995

Giovanni Lorusso primo giovane Presidente del Circolo (è nato nel 1946) viene riconfermato fino al 1992, quando gli succede Anselmo Cesare Radaelli che manterrà la presidenza sino al 1999.

1981Un gruppo di donne del quartiere, che aveva ottenuto dal Circolo uno spazio per potersi riunire e fondare un circolo UDI (Unione Donne Italiane), si impegna attivamente nella campagna a favore delReferendum contro l’abolizione della legge sull’aborto, organizzando volantinaggi, incontri con altre donnedella zona e proiezioni di filmati.Nei giorni 25, 26 e 27 settembre, il Circolo organizza, con il patrocinio del Consiglio di Zona 10 del Comunedi Milano, nell’area dei giardini di Via Petrocchi, Via Tofane e nel cortile del Circolo, la “I FESTA DELNAVIGLIO MARTESANA” , un grandioso evento che ha lo scopo di recuperare alla cittadinanza la viad’acqua e l’alzaia, due angoli della vecchia Milano degni di essere rivalutati, valorizzati e risanati. Per l’oc-casione il Circolo riesce a coinvolgere gruppi politici (PCI e PSI), associazioni sportive (Gruppo Caccia ePesca, La Gorlese, Gruppo ciclistico Gerbi, Arci Martesana), associazioni culturali che operano nella zona(Amici della Lirica, Teatro Officina, Circolo UDI) e molti venditori ambulanti.Il ricco programma prevede concerti di musica lirica, jazz, rock, spettacoli per bambini, ballo liscio, spetta-coli teatrali, canti e danze del popolo eritreo, gara di pesca alla trota, allestimento di stand gastronomici, eno-teca. La promozione, l’organizzazione e la realizzazione della festa sono rese possibili grazie ai soci volon-tari del Circolo e delle sue associazioni culturali e sportive.La mattina della domenica 27 il Sindaco di Milano Carlo Tognoli, unitamente all’Assessore alla CulturaGuido Aghina e al presidente del Consiglio di Zona 10 Pierluigi Bulgheroni, partecipa alla manifestazionepolitica organizzata nel giardino del Circolo.Il successo di questa festa, con una grande partecipazione della popolazione del quartiere, stimola il Circoloa ripetere l’esperienza l’anno successivo, mentre nel 1983 la stessa si trasformerà in “Martesanando”,un’iniziativa ecologica organizzata dal Consiglio di Zona 10 e volta al recupero del Naviglio della Martesanae alla valorizzazione del vasto parco omonimo che si sta realizzando in quel periodo.

1983All’interno del Circolo viene ospitato il Sindacato Pensionati Italiani che offre aiuto agli anziani del quar-tiere per la compilazione della dichiarazione dei redditi e fornisce informazioni per la tutela dei loro diritti.Nasce anche l’associazione Calcio Gorlese, che però, dopo un solo anno di attività, viene assorbita dallasquadra di calcio Crespi Morbio, che ha sede nella vicina via Bechi.

1984Un incendio nella sala del teatro causa la chiusura della stessa da parte delle autorità anche per la totale assen-za delle uscite di sicurezza. Il Teatro Officina si vede costretto a cercare una nuova sede, che troverà all’in-terno della Fondazione Crespi, un nucleo di case popolari situato in Via Sant’Elembardo, nel quartiere diGorla. La Sala Teatro rimarrà chiusa per un decennio a causa dell’impossibilità del Circolo a finanziarne laristrutturazione.

1984-1986Sono questi gli anni più bui per il Circolo: la presenza di spaccio e microcriminalità e di episodi delinquen-ziali impongono la chiusura del bar alla sera. Sono problemi seri che si presentano anche durante il giorno emettono in crisi il volontariato e il Circolo stesso.

1986È in questo momento che si concretizza la proposta della Coop. Il Mandorlo (costituita da Giancarlo Bozzo,Gino e Michele, Paolo Rossi, Smemoranda) che organizza il cabaret ZELIG, affittando dal Circolo la salaBar a piano terra, sul lato Naviglio Martesana, e producendo spettacoli serali di cabaret e musica varia. Il feli-ce sviluppo dell’idea di ZELIG consente al Circolo di continuare, pur riducendole al minimo, le sue attività,

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spostando il bar nel salone al primo piano e ottenendo dal Comune una licenza per soli soci.

1990Chiude la storica Trattoria Officina: anche in questo caso a causa dell’impossibilità a reperire i fondi neces-sari alla ristrutturazione dei locali.Nel frattempo si rende necessaria la ristrutturazione della Sala Teatro, inagibile ormai dal 1984, oltre che dellacasetta antistante, con le uscite di sicurezza a norma di legge, un nuovo impianto elettrico, di condizionamento eriscaldamento e nuovi arredi. Il costo è notevole, aggirandosi intorno alla cifra di 1 miliardo e 300 milioni. Considerata la situazione finanziaria del Circolo allo stremo, si istituisce una commissione per studiare unpiano finanziario del progetto e definire i tempi di intervento.

1992Si insedia alla presidenza del Circolo Cesare Radaelli. L’assemblea straordinaria del 10 dicembre approva il nuovo Statuto che tiene conto delle più recenti disposi-zioni di legge e della necessità di aumentare la quota azionaria da 10.000 lire a un minimo di 50.000 lire,esonerando, in ogni caso, i vecchi soci dall’adeguamento della propria quota.

1993Il Presidente Radaelli presenta all’assemblea dei soci il progetto di ristrutturazione del Teatro che, come da

trattative in corso verrà affittato, appena pronto, a ZELIG. Per coprire il costo del progetto rilancia il prestito sociale aperto ai soci, alle cooperative e ai circoli dellaLombardia. Il progetto, tra obiezioni e resistenze, alla fine trova il consenso del corpo sociale e la generositàdi molti soci e di numerose cooperative.Nel volgere di un paio d’anni si raccoglieranno oltre 500 milioni di lire.L’Assemblea decide l’indispensabile permuta tra il Circolo e il P.C.I. dell’immobile che impediva l’ingressoe le uscite di sicurezza al retrostante teatro, con gli uffici al primo piano per la sezione del Partito. Inoltreapprova la richiesta al Monte dei Paschi di Siena di un mutuo quindicennale di 500 milioni, garantendolo conla proprietà dell’immobile. Ciò consente di dare l’avvio, verso la fine del 1994, ai lavori di ristrutturazionedella Sala Teatro nonché di apportare alcune modifiche al Salone Bar del primo piano con l’installazione del-l’impianto di climatizzazione e di un impianto audio-video con schermo gigante.

1995Il Consiglio di amministrazione è impegnato a risolvere alcuni problemi sorti nel corso della ristrutturazio-ne (stabilità dell’immobile acquisito) che hanno aumentato il costo totale della stessa, a ridefinire alcuni spazicon la Cooperativa Casa e a definire i contratti d’affitto con la nuova società Bananas che gestirà il teatro-cabaret Zelig nella sala teatro restaurata.

Tutto questo per salvare, nella nostra città, un piccolo grande spazio di vita circolistica, di aggregazionedemocratica e di vitalità culturale. Per testimoniare a compagni e non la nostra vivacità e determinazione eper non assistere con tristezza e rabbia al corrompimento di un momento della storia di tutti noi circolisti.

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Cesare Radaelli, presidente del Circolo Familiare di Unità Proletaria dal 1992 al 1999 e ideatore dell’attuale Cineforum del Circolo

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MMiisstteerrii dd’’IIttaalliiaa

BANCHIERI DI DIO – IL CASO CALVI, I. Regia di Giuseppe Ferrara. Con Omero Antonutti, PamelaVilloresi, Giancarlo Giannini, Alessandro Gassman, Rutger Hauer, Bruno Bilotta. Italia, 2002. Personaggistorici e loro interpreti: Roberto Calvi (Omero Antonutti), Clara Calvi (Pamela Villoresi), FrancescoPazienza (Alessandro Gassman), Flavio Carboni (Giancarlo Giannini), Monsignor Marcinkus (RutgerHauer).Il film narra le vicende dello scandalo finanziario del Banco Ambrosiano, legato alla figura di RobertoCalvi. Un intreccio di misteri che coinvolse il mondo finanziario milanese, il Vaticano, la P2, i servizisegreti italiani ed inglesi, il mondo della politica e la criminalità organizzata. Il film termina con la mortedi Calvi, trovato impiccato a Londra, sotto il ponte dei Frati Neri.

CASO MATTEI, IL. Regia di Francesco Rosi. Con Gian Maria Volonté, Luigi Squarzina, Peter Baldwin,Franco Graziosi, Edda Ferronao. Italia, 1972. Personaggi storici e loro interpreti: Enrico Mattei (GianMaria Volonté), McHale (Peter Baldwin), Bertuzzi (Luciano Colitti), La signora Mattei (Edda Ferronao)Partendo dal momento dell’incidente aereo in cui morirono il presidente dell’Eni, il pilota Bertuzzi e ilgiornalista McHale, il film ripercorre le tappe della vita di Enrico Mattei a capo del colosso petrolifero ita-liano, sviscerando ombre e dubbi su un incidente che, col tempo, acquistò sempre più la connotazione disabotaggio.

IL CASO MORO. Regia di Giuseppe Ferrara. Con Gian Maria Volonté, Margarita Lozano, Daniela DeSilva, Sergio Rubini. Italia, 1986. Personaggi storici e loro interpreti: Aldo Moro (Gian Maria Volonté),Eleonora Moro (Margarita Lozano), Maria Fida Moro (Daniela De Silva).Ricostruzione del sequestro e dell’assassinio del presidente della Democrazia Cristiana, nonché del perio-do storico in cui, per la prima volta, il Partito Comunista avrebbe dovuto esprimere la fiducia al nuovogoverno Andreotti.

CORRUZIONE AL PALAZZO DI GIUSTIZIA. Regia di Marcello Aliprandi. Con Umberto Orsini,Martin Balsam, Franco Nero, Fernando Rey, Gabriele Ferzetti. Italia, 1974.Adattamento in chiave moderna del più dramma teatrale di Ugo Betti (che si svolgeva, invece, in pienoregime fascista). È un pessimistico film di denuncia dove nessuno è innocente e tutti sono corrotti, corrut-tori, ricattati e ricattatori.

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EROE BORGHESE, UN. Regia di Michele Placido. Con Michele Placido, Fabrizio Bentivoglio, OmeroAntonutti, Philippine Leroy-Beaulieu, Laura Betti, Ricky Tognazzi, Giuliano Montaldo. Italia, 1995.Personaggi storici e loro interpreti: Giorgio Ambrosoli (Fabrizio Bentivoglio), Michele Sindona (OmeroAntonutti), il maresciallo Novembre (Michele Placido), la moglie di Ambrosoli (Philippine Leroy-Beaulieu), Roberto Calvi (Giuliano Montaldo).Giorgio Ambrosoli era l’avvocato liquidatore della Banca Privata del banchiere siciliano Michele Sindona.L’11 luglio 1979 Abrosoli venne assassinato da un killer della mafia. Per questo omicidio Sindona vennecondannato all’ergastolo. Il film di Placido ne ripercorre la vicenda.

SALVATORE GIULIANO. Regia di Francesco Rosi. Con Frank Wolff, Salvo Randone, RenatoPinciroli, Massimo Mollica. Italia, 1962. Personaggi storici e loro interpreti: Gaspare Pisciotta (FrankWolff).Partendo dall’uccisione di Salvatore Giuliano, il film ripercorre i momenti della vita del bandito e dellasua banda. È un film che parla soprattutto dei rapporti tra mafia, banditismo, potere politico, potere eco-nomico, muovendosi con movimenti temporali che sono giustificati dall’inchiesta e dalle sue associazioni.

SEGRETI DI STATO. Regia di Alessandro Benvenuti. Con Antonio Catania, David Coco, SergioGraziani, Aldo Puglisi, Francesco Guzzo. Italia, 2003. Personaggi storici e loro interpreti: GasparePisciotta (David Coco).Ripercorrendo la storia del bandito Giuliano, il film che vuole dimostrare la tesi per cui a Portella dellaGinestra, il 1° maggio 1947, ci fu un’azione di fuoco che vide coinvolti tutti: dalla Cia alla X Mas, dalgoverno al Vaticano.

SICILIANO, IL. Regia di Michael Cimino. Con Christopher Lambert, Terence Stamp, Joss Ackland, JohnTurturro, Richard Bauer, Barbara Sukowa, Giulia Boschi, Tony Sperandeo. Usa, 1987. Personaggi storici eloro interpreti: Salvatore Giuliano (Christopher Lambert).Storia del bandito Salvatore Giuliano che nel 1943 diventò leader del movimento separatista in Sicilia, tra-sformandosi in eroe popolare. A 27 anni fu ucciso, tradito da Gaspare Pisciotta, suo luogotenente e amico.

MURO DI GOMMA, IL. Regia di Marco Risi. Con Corso Salani, Angela Finocchiaro, Ivo Garrani,Johnny Dorelli, Roberto Herlitzka, Ivano Marescotti, Tony Sperandeo. Italia, 1991.È il 27 giugno 1981. Un DC9 dell’Itavia diretto a Palermo, precipita nel Tirreno, al largo dell’isola diUstica. Le cause dell’incidente appaiono da subito poco chiare. Un giornalista inizia a indagare e avanzal’ipotesi che l’aereo sia stato colpito da un missile lanciato da qualche aereo militare che si trovava vicinoal DC9. Le autorità militari smentiscono, ma qualche anno dopo i vertici dell’aeronautica militare sarannosotto processo.

PASOLINI UN DELITTO ITALIANO. Regia di Marco Tullio Giordana. Con Claudio Amendola, GiulioScarpati, Nicoletta Braschi, Carlo De Filippi, Victor Cavallo, Ivano Marescotti, Claudio Bigagli. Italia,1995. Personaggi storici e loro interpreti: Pino Pelosi (Carlo De Filippi).Ricostruzione, in forma di docudrama con la mescolanza di immagini “finte” e di materiale di repertorio inbianconero, del processo contro Pino Pelosi per la morte di Pier Paolo Pasolini, ucciso nella notte tra il 1°e il 2 novembre 1975 sul lido di Ostia.

PENTITO, IL. Regia Pasquale Squitieri. Con Max Von Sydow, Tony Musante, Franco Nero, Erik Estrada,Marina Berti, Ivo Garrani, Claudine Auger, Tony Sperandeo, Rita Rucic. Italia, 1985.Il film non li cita esplicitamente, ma l’avvocato milanese ucciso da un killer e il banchiere siciliano man-dante dell’omicidio, fanno pensare, rispettivamente, a Giorgio Ambrosoli e Michele Sindona. E il giudiceFalco potrebbe essere Giovanni Falcone?

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ALLA LUCE DEL SOLE, Regia di Roberto Faenza. Con Luca Zingarertti, Alessa Goria, CorradoFortuna. Italia, 2005. Personaggi storici e loro interpreti: Don Pino Puglisi (Luca Zingaretti).La storia di padre Pino Puglisi, il parroco del quartiere Brancaccio di Palermo, ucciso dalla mafia il 15

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settembre 1993. Dedicandosi al recupero dei bambini del quartiere per sottrarli alla mafia, padre Puglisidiventa una presenza scomoda, un simbolo, un freno alla corruzione.

ANGELI DI BORSELLINO – SCORTA QS21, GLI . Regia di Rocco Cesareo. Con Brigitta Boccoli,Pino Insegno, Alessandro Preto, Vincenzo Ferarra, Cristiano Morroni, Francesco Guzzo. Italia, 2003.Personaggi storici e loro interpreti: Emanuela Loi (Brigitta Boccoli), Agostino Catalano (Pino Insegno).La storia dei sei agenti della scorta del giudice Paolo Borsellino, nel lasso di tempo che va dalla morte diGiovanni Falcone alla strage di via D’Amelio, in cui persero la vita insieme a Borsellino.

CENTO GIORNI A PALERMO. Regia di Giuseppe Ferrara. Con Lino Ventura, Giuliana De Sio, ArnoldoFoà, Stefano Satta Flores, Adalberto Maria Merli, Lino Troisi. Italia-Francia,1984. Personaggi storici eloro interpreti: Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa (Lino Ventura), Emanuela Setti Carraro (Giuliana DeSio), Virginio Rognoni (Arnoldo Foà), Pio La Torre (Lino Troisi).I cento giorni sono quelli che vanno dalla nomina del Gen. Dalla Chiesa a prefetto di Palermo alla suamorte, avvenuta per mano mafiosa. Il film inizia con l’uccisione dell’ispettore Boris Giuliano, di PiersantiMattarella e di Pio La Torre.

CENTO PASSI, I. Regia di Marco Tullio Giordana. Con Luigi Lo Cascio, Paolo Briguglia, Lucia Sardo,Ninni Bruschetta, Luigi Maria Burruano, Tony Sperandeo. Italia, 2000. Personaggi storici e loro interpre-ti: Peppino Impastato (Luigi Lo Cascio), Giovanni Impastato (Paolo Briguglia), la madre Felicia (LuciaSardo), il padre Luigi (Luigi Maria Burruano), Gaetano Badalamenti (Tony Sperandeo).Solo cento passi separano, a Cinisi, la casa del giovane Peppino Impastato da quella del boss mafiosoTano Badalamenti. Ma Peppino, militante della sinistra extraparlamentare, non ne è intimorito. Dai micro-foni di una radio libera denuncia, con l’arma dell’ironia, gli interessi mafiosi, rompendo così il muro del-l’omertà. Sino alla tragica fine, fatto uccidere proprio dal boss ridicolizzato. Struggente il finale, sulle notedi A Wither Shade of Pale, dei Procol Harum.

FORTAPÀSC. Regia di Marco Risi. Con Libero De Rienzo, Valentina Lodovini, Michele Riondino, DanielePecci. Italia, 2008. Personaggi storici e loro interpreti: Giancarlo Siani (Libero De Rienzo),La vita e la morte di Giancarlo Siani, giovane cronista del Mattino di Napoli ucciso dalla camorra per le sueindagini scomode.

GIOVANNI FALCONE. Regia di Giuseppe Ferrara. Con Michele Placido, Giancarlo Giannini, MassimoBonetti, Anna Bonaiuto, Antonio Cantafora. Italia, 1993. Personaggi storici e loro interpreti: GiovanniFalcone (Michele Placido), Paolo Borsellino, (Giancarlo Giannini), il commissario Ninni Cassarà(Massimo Bonetti), Francesca Morvillo (Anna Bonaiuto), Totò Inzirillo (Antonio Catafora).Dall’aprile 1981 sino alla strage di Capaci in cui trovarono la morte il giudice Falcone, la moglie e gliuomini della scorta. Dieci anni di nera storia italiana.

GIUDICE RAGAZZINO, IL. Regia di Alessandro Di Robilant. Con Sabrina Ferilli, Renato Carpentieri,Giulio Scarpati, Regina Bianchi, Ileana Rigano, Ninni Bruschetta. Italia, 1993. Personaggi storici e lorointerpreti: Rosario Livatino (Giulio Scarpati).Tratto da un libro di Nando Dalla Chiesa, la storia del giudice Livatino, ucciso in un agguato mafiososulla superstrada Canicattì-Agrigento, il 21 settembre 1991.

GIUDICI, I. Regia di Ricky Tognazzi. Con Chazz Palmintieri, F. Murray Abraham, Anna Galliena, AndyLuotto, Lina Sastri, Arnoldo Foà, Ivo Garrani, Gianmarco Tognazzi, Pierfrancesco Favino, Cristina Moglia.Italia-Usa1998. Personaggi storici e loro interpreti: Giovanni Falcone (Chazz Palmintieri), FrancescaMorvillo (Anna Galiena), Paolo Borsellino (Andy Luotto), Agnese Borsellino (Lina Sastri), AntoninoCaponnetto (Arnoldo Foà).Il film ripercorre la vita privata e professionale del giudice Giovanni Falcone, dal suo arrivo a Palermo neiprimi anni Ottanta fino al maggio 1992, quando venne ucciso in un attentato insieme alla Francesca Morvilloe agli uomini della scorta.

IN UN ALTRO PAESE. Regia di Marco Turco. Italia, 2005.In un altro paese è la ricostruzione storica, sotto forma di documentario, della mafia, dal1990 a oggi. Ilfilm ha la capacità di documentare la stressa connession che c’è fra il potere mafioso e quello politico.

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TESTIMONE A RISCHIO. Pasquale Pozzessere. Con Fabrizio Bentivoglio, Claudio Amnedola,Margherita Buy, Biagio Pelligra. Italia, 1997. Personaggi storici e loro interpreti: Pietro Nava (FabrizioBentivoglio).Storia di Pietro Navas, che fu testimone dell’assassinio del giudice Rosario Livatino, sulla superstradaCanicattì-Agrigento.

UOMO DI VETRO, L’. Regia di Stefano Incerti. Con David Coco, Anna Bonaiuto, Tony Sperandeo,Ninni Bruschetta, Francesco Scianna. Italia, 2007. Personaggi storici e loro interpreti: Leonardo Vitale(David Coco).Leonardo Vitale è considerato il primo pentito di mafia e denunciò Totò Riina, Bernardo Provenzano,Michele Greco e Vito Ciancimino alla polizia. Il film segue il suo tormento di pentito “vero”, scavando nelprofondo dell’anima del protagonista.

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CADAVERI ECCELLENTI. Regia di Francesco Rosi. Con Tino Carraro, Max Von Sydow, FernandoRey, Tina Aumont, Marcel Bozzuffi, Charles Vanel. Italia, 1975. Dal romanzo Il contesto (1971) di Leonardo Sciascia: in Sicilia e poi a Roma vengono uccisi alti magistra-ti; l’ispettore Rogas ipotizza che i delitti siano il frutto di un piano eversivo.

DOCUMENTI SU GIUSEPPE PINELLI (conosciuto anche con il titolo DEDICATO A PINELLI)Regia di Nelo Risi, Elio Petri. Con Gian Maria Volonté, Renzo Montagnani, Luigi Diberti. Italia, 1970. Ricostruzione delle vicende che coinvolgono l’anarchico Giuseppe Pinelli, realizzata attraverso interviste aconoscenti ed eventi che ne ripercorrono alcune fasi salienti (l’arresto e la misteriosa morte).

MANI FORTI, LE. Regia Franco Bernini. Con Francesca Neri, Claudio Amendola, Enzo De Caro, SaraFranchetti. Italia, 1997.Milano, 1993. Una psicanalista ha un paziente, sedicente giornalista, che le racconta un massacro inBosnia identico a una strage italiana (la strage di piazza della Loggia a Brescia), dove morì una sua sorel-la ventenne, e sospetta che sia un agente dei servizi segreti in crisi.

FATTI DELLA BANDA DELLA MAGLIANA. Regia di Daniele Costantini. Con Leo Gullotta, RobertoBrunetti, Francesco Pannofino, Fabio Grossi, Francesco Dominedò. Italia, 2005Film liberamente ispirato alla Banda della Magliana, la più potente organizzazione criminale che operò aRoma fra gli anni ’70 e ’80. Ebbe collegamenti con mafia, camorra e ‘ndrangheta, oltre che con esponentidel mondo politico, del Vaticano e con la P2 di Licio Gelli.

ROMANZO CRIMINALE. Regia di Michele Placido. Con Kim Rossi Stuart, Stefano Accorsi, AnnaMouglalis, Claudio Santamaria, Pierfrancesco Favino, Riccardo Scamarcio. Jasmine Trinca, GianmarcoTognazzi, Elio Germano. Italia-Francia-Gran Bretagna-Usa, 2005.Il film ripercorre, cambiando nome ai personaggi, le vicende della Banda della Magliana, che si sviluppa-no nell’arco di venticinque anni, intrecciandosi in modo indissolubile con la storia oscura dell’Italia dellestragi, del terrorismo e della strategia della tensione prima, dei ruggenti anni ‘80 e di Mani Pulite poi.

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BIANCO E NERO. Regia di Paolo Pietrangeli, Paolo Gambescia. Italia, 1975Documentario sulla classe politica dal dopoguerra agli anni Settanta, dal “bianco fiore” democristiano, al“nero fascista”. Interviste a numerosi uomini politici dell’epoca, da Almirante a Rauti, da Borghese aScelba, intervellate da immagini del tempo.

DIVO, IL. Regia di Paolo Sorrentino. Con Toni Servillo, Anna Bonaiuto, Piera Degli Esposti, PaoloGraziosi, Giulio Bosetti, Flavio Bucci, Carlo Buccirosso, Massimo Popolizio, Giorgio Colangeli, MichelePlacido. Italia, 2008. Personaggi storici e loro interpreti: Giulio Andreotti (Toni Servillo), Livia Andreotti(Anna Bonaiuto), la segretaria di Andreotti (Piera Degli Esposti), Aldo Moro (Paolo Graziosi), Eugenio

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Scalfari (Giulio Bosetti), Paolo Cirino Pomicino (Carlo Buccirosso), Salvo Lima (Giorgio Colangeli),Vittorio Sbardella (Massimo Popolizio).Ritratto di Giulio Andreotti negli anni ’80, alla vigilia del suo settimo mandato alla Presidenza delConsiglio. Un uomo a capo di una delle più potenti correnti democristiane, a cui la mafia ha dichiaratoguerra uccidendo il suo fidato collaboratore Salvo Lima. Un uomo che ha rappresentato per cinquant’anni,in Italia, il Potere.

MA CHE STORIA… Regia di Gianfranco Pannone. Italia, 2010.Cinegiornali e documentari dell’Archivio dell’Istituto Luce dagli Anni Dieci agli Anni Ottanta del secoloscorso consentono di ripercorrere la storia d’Italia. Attraverso le immagini emerge un Paese sempre menocapace di riflettere sulla propria storia e sprovvisto di un sentimento nazionale.

SSuuii mmiisstteerrii ee ssuullllee ssttrraaggii

Almerighi Mario. I Banchieri di Dio. Il caso Calvi. Editori Riuniti, 2002Ambrosoli Umberto. Qualunque cosa succeda. Storia di un uomo libero. Sironi, 2009.Barbacetto Gianni. Il grande vecchio. Baldini&Castoldi, 1993Barbacetto Gianni. B. Tutte le carte del Presidente. Il Saggiatore, 2006Bellini Fulvio, Previdi Alessandro. L’assassinio di Enrico Mattei. Flan, Parigi, 1979 (ried. Selene ed., 2005)Boatti Giorgio. Piazza Fontana 12 dicembre 1969: il giorno dell'innocenza perduta. Feltrinelli, 1993Bocca Giorgio. Il filo nero. Mondadori, 1995Calvi Fabrizio, Frederic Laurent. Piazza Fontana. La verità su una strage. Mondadori, 1997Casarrubea Giuseppe. Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato. Franco Angeli, 1997Casarrubea Giuseppe. Salvatore Giuliano. Morte di un capobanda e dei suoi luogotenenti. Franco Angeli,2001Cederna Camilla. Pinelli. Una finestra sulla strage. Feltrinelli, 1971Cipriani Gianni. I mandanti : il patto strategico tra massoneria, mafia e poteri politici. Editori Riuniti, 1993Deaglio Enrico. Patria. 1978-2008. Il Saggiatore, 2009Del Giudice Daniele, Paolini Marco. I-TIGI Canto per Ustica. Einaudi, 2001De Lutiis Giuseppe. Storia dei servizi segreti in Italia. Editori Riuniti, 1991Dianese Maurizio, Bettin Gianfranco. La strage: Piazza Fontana. Verità e memoria. Feltrinelli, 1999Galli Giorgio. La regia occulta: da Enrico Mattei a piazza Fontana. Tropea, 1996Impastato Giovanni, Vassia Franco. Resistere a mafiopoli. La storia di mio fratello Peppino Impastato. Nuovi Equilibri, 2009,Lanza Luciano. Bombe e segreti. Piazza Fontana: una strage senza colpevoli. Eleuthera, 2005Lo Bianco Giuseppe, Rizza Sandra. Profondo nero. Mattei, De Mauro, Pasolini Un'unica pista all'originedelle stragi di stato. Chiarelettere, 2009Lucarelli Carlo. Misteri d’Italia. I casi di Blu notte. Einaudi, 2002Minoli Giovanni, Corsini Piero. Quella maledetta estate. Rizzoli, 2007Pellegrino Giovanni, Sestieri Claudio, Fasanella Giovanni. Segreto di Stato. La verità da Gladio al casoMoro. Einaudi, 2000Petrotta Francesco. La strage e i depistaggi. Il castello d'ombre su Portella della Ginestra. Ediesse, 2009Pinotti Ferruccio. Poteri forti. Rizzoli, 2005

............................... ......PER SAPERNE DI PIÙ (BIBLIOGRAFIA)

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Introduzione..................................................................... . 3Cronologie...........................................................................7

Salvatore Giuliano....................................................7Enrico Mattei............................................................9La stagione delle bombe..........................................12Michele Sindona, Roberto Calvi.............................15Le mafie...................................................................18La strage di Ustica..................................................22

I film della rassegna.........................................................25Salvatore Giuliano...................................................27I cento passi.............................................................31Il caso Mattei...........................................................37Il muro di gomma...................................................39

La storia del Circolo Familiare di Unità Proletaria - IV parte 1981-1990.......................... 41Filmografia............................................................. .........43

Misteri d’Italia.........................................................43Le mafie...................................................................44Trame nere...................................................... ........46Politica e società......................................................46

Per saperne di più (bibliografia)....................................49

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