settimo numero casa del cuore
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La Casa del Cuore Magazine - Numero setteTRANSCRIPT
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anno 2 numero 7 ottobre 2014
C’era una volta , tanto tempo fa, un piccolo
bozzolo di farfalla. Il suo nome era Pois.
La sua mamma le aveva dato questo nome perché era
piccolina e colorata come un Pois.
Pois trascorreva le sue giornate ricurva nel suo cantuccio facendo finta
di non sentire, di non ascoltare, di non capire….
Mamma e papà urlavano, ma lei restava nel suo
posticino.
I suoi fratellini tornavano tardi la sera e combinavano
mille e più marachelle, ma lei piangeva in silenzio, senza
dar fastidio.Usciva dal suo cantuccio solo per lavorare e per mangiare.
Era molto meglio rimanere lì, dove poteva difendersi dal
mondo intero, un mondo che le aveva fatto
già troppo male.
segue a pag 8
di guardare nella propria storia scoprendo nodi pro-blematici ma anche risorse e possibilità straordinarie.
Una canzone di Iovanotti cita, “la paura di cadere è la voglia di volare” niente di più vero!
Palestra di sperimenta-zione nel confronto con gli altri in quella micro società gruppale che riproduce le difficili relazioni col mondo, la psicoterapia di gruppo è sempre una grande occasio-ne di vita.
Una vita costellata di paura… una vita dove
le ossessioni si rincorrono in un gioco impazzito che sembra portare a guardare solo il negativo. “Mi scuso dottoressa ma penso proprio di non farcela non ho la stoffa, non ho la capacità, non ho il caratte-re”.
La persona entra in te-rapia spaventata ma con il coraggio, dettato ma-gari dalla paura del sin-tomo, di interrogarsi,
Un magico cerchio di ric-chissime emozioni dove la forza dei sentimenti nell’in-terazione di tante storie do-mina la scena del sentire.
E finalmente pensieri e riflessioni lasciano il posto ad un sentire che invade l’a-nima.
segue a pag 2
Il racconto nel cassetto/1Tira fuori la tua creatività. Inviaci il tuo racconto nel cassetto
e noi lo pubblicheremo in questo spazio dedicato ai lettori
La farfalla Pois e l’incontro magico
Fidarsi e affidarsi, il nuovo programma di incontri e attività dedicati al benessere
www.lacasadelcuore.net
di Nicoletta Misso
“Il Cammino chiama. Puoi pensarci per anni e non
partire mai. Un giorno, quando sarai pronto, sentirai che la
strada ti chiama. E allora non perderai tempo,
preparerai lo zaino, la guida e andrai incontro al tuo destino”.
Dopo aver letto queste poche battute, con tanta curiosità e
con la voglia di scoprire cosa ci sia di così speciale
dietro al Cammino ( 800 km di strada, un percorso
che i fedeli nel Medioevo, i pelle-grini come si definiscono oggi,
intraprendono attraverso la Francia e la Spagna, per
raggiungere il Santuario di Santiago de Campostela, dove sarebbe
riposta la tomba dell’Apostolo Giacomo il Maggiore).
Man mano che le informzioni scorrono sul monitor
del computer, la sensazione che fa capolino è
che dietro al Cammino c’ è un disegno e che esso
è una metafora della vita.
segue a pag 8
Diario di bordo
Il cammino di Santiago come metafora della vita
di Gaia Ferrante
di Rosaria Raspanti*
2 anno 2 numero 7 ottobre 2014
Una canzone che di recen-te gira in radio cita queste
parole…” alzati e cammina.. per scoprire di essere vivo
come non mai..resuscita un pezzo alla volta la volontà”.
Quest’ultima parola, “ volontà”, è una delle chiavi
di volta dell’esistenza umana.
Oggi, in un mondo in cui la maggior parte delle cose si muove in modo frenetico, a tratti nevrotico, la forza di
volontà è il tassello mancan-te di tante persone
e soprattutto di tanti giovani.
A causadi fattori come il benessere senza controllo,
poca fiducia in se stessi e una realtà che cambia
troppo velocemente, le nuove generazioni
preferiscono vivere in una costante voglia di realtà,
bruta, e di rassegnazione in molti casi, piuttosto che
aggrapparsi ai sogni e ai desideri più forti.
Innovare, sperimentare, assaporare, sono tutte
passioni che nascono dall’im-maginazione, ma soprattutto
dalla forza che ognuno ha nel farlo.
La forza di volontà non è solo un istinto innato, è
necessario venga insegnato e indispensabile investire su
questo grande sentimento.
in ognuno di noi, o resteremo sempre pochi a fare e tanti a guardare.
La spinta per crescere deve venire dalle emozioni
vere, sane, o tutti gli investimenti
che facciamo o faranno su di noi non daranno
mai i frutti attesi. Liberare le emozioni vuol dire liberare la creatività.
Quest’ultima può creare cose straordinarie.
Tutto ciò che avete letto è il desiderio di un ragazzo
come tanti, che come tanti ha trascor-
so momenti brutti e altri belli, che non è
cresciuto in un luogo in cui gli veniva data fiducia,
ma ad un certo punto della vita quando pensava
di aver perso la speranza e di essere rimasto solo
si è voltato dal lato giusto e ha visto tanto amore,
e con altrettanto amore e forza di volontà
non si è lasciato sfuggire l’occasione di crescere,
a volte incontrando resistente pesanti,
e credere che comunque tutto sia possibile.
Dedicato alla Casa Del Cuore e a tutti quelli
che respirano ogni giorno la possibilità.
Siamo sicuri che le scuole oggi insegnino come credere
in quello che si è e si può essere?
Siamo sicuri che le fami-glie di oggi educhino
i figli a credere nel sacrifi-cio, a combattere per ciò
che sono e per ciò in cui credono? Sembra che
invece la priorità sia quella di gestire la paura,
mentalizzarla e sedarla. Non è abbastanza chiaro
che la paura è la base
per i più grandi cambia-menti, senza di essa non c’è coraggio. Si va oltre la
paura con volontà e fiducia. Entrambe le troviamo dentro
di noi e in chi ci ama veramente.
Si è convinti che il futuro sia tutto legato
alla tecnologia e alla velocità con cui essa entra
nelle nostre case. L’ ora di ritornare un po’
alle radici sane è arrivato. Riassaporare quei desideri
che ci hanno portato a crescere come individui e
come popolo. Ritrovare la cultura
del sacrificio non come peso ma come speranza
per costruire il proprio benessere. Ognuno di noi
può e deve essere ciò che è, questo è il presupposto per
divenire persone migliori e di conseguenza
un popolo migliore. La libertà e la forza
di volontà devono crescere
E quindi ecco, proprio quando con coraggio si guarda ai propri bisogni, quando si comincia a pale-sare la figura di un indivi-duo adulto, proprio allora si fa avanti la paura di vivere, uno stato d’animo fonda-mentale nel cammino verso la realizzazione di sé.
La paura di star bene si impadronisce di noi rievo-cando e riportando la per-sona a sentire fortissima
l’incapacità a tenere le re-dini della propria vita.
Una vita nuova dove il coraggio, la forza, l’amore, il riconoscimento del pro-prio bisogno, il piacere di stare bene, la costruzione, il sogno prende fortemente spazio in una esistenza che sembrava non decollare, priva di emozioni.
La paura quindi come perdita del proprio
potenziale umano per la crescita personale.
Allora, abbandonare i fantasmi, gettare le masche-re, scoprire la propria essen-za e cominciare a vivere.
Un aiuto valido può arri-vare dalla scelta di una psi-coterapia mirata a consen-tire di prendersi finalmente quel diritto di vivere tanto negato, imparando cosi a la-sciarsi andare .
Lo psicodramma , con
l’ azione e la messa in sce-na di nuove possibilità mai osate prima, permette di affrontare il cambiamento realizzando il sogno di una vita veramente vissuta che
dà diritto a prendere il proprio posto nel mondo. Ecco perché abbiamo voluto dedicare la programmazio-ne 2014/2015 della “Casal del Cuore” al tema centrale, a un filo conduttore fonda-mentale: “La fiducia: fidarsi
ed affidarsi per costruire una nuova esistenza”.
Incontri, dibattiti, pre-sentazioni, legati da un filo rosso fatto di desiderio di cambiamento.
*Psicoterapeuta Psicodrammatista
segue da pag. 1
Il racconto nel cassetto /2
Antonio Di Puorto
Quella volontà che rende tutto possibile
Fidarsi e affidarsidi Rosaria Raspanti*
anno 2 numero 7 ottobre 2014 3
Mi fido di te” è il titolo di una bellissima e
famosa canzone di Loren-zo Cherubini in arte Jova-notti, sentimento espres-sivo di un bisogno innato dell’ essere umano. La pos-sibilità di provare fiducia e fidarsi, si struttura da su-bito, è una predisposizione della persona a provare for-ti legami con i suoi simili.
Il bambino appena nato indifeso, incapace, sprov-veduto, concede immedia-tamente la propria fiducia, affidandosi alle braccia del-la propria madre, cercando con lei di creare uno spazio d’amore capace di proteg-gerlo, riscaldargli il corpo e l’anima, realizzando i pre-supposti di una base sicura su cui costruire il proprio mondo affettivo e la rela-zione con il mondo esterno.
Dopo questo primo atto d’ amore il bambino impa-rerà a fidarsi solo se il genito-re sarà capace di soddisfare
La fiducia verso i propri figli quindi, prima di essere un atto educativo rappre-senta un vero dono d’amo-re. I bambini percepiscono se stessi sulla base di ciò che gli viene rimandato dal-le figure significative del-la propria vita (mamma e papà). Crescere con la giu-sta autostima significa avere la possibilità di sviluppare il proprio talento, costruire nel mondo relazioni felici e creare le condizioni per sor-ridere alla vita.
*Neuropsicomotricista Psicodrammatista
Premetto di venire in pace. E che le mie sono
soltanto riflessioni aspre, amare di un cittadino di Villa Literno che tanto ha odiato questo paese so-prattutto per la mancanza di prospettive di lavoro. E quindi di futuro.
Prospettive stroncate si-curamente in primis dall’at-tuale crisi economica, a cui però si sono aggiunte le linee troppo dure di chi non ascolta la comunità che chiede aiuto per le troppe volte che il pane a tavola
con le mani ci lavora.Di chi le mani non se le
sporca per giri di malaffare, ma per alzare tutti i giorni la serranda sperando di ga-rantire una vita dignitosa ai propri cari.
Perché è lo sporco di un semplice operaio ad inqui-nare le falde acquifere, non le tonnellate di sostanze tossiche che, interrate nei nostri campi, hanno in-taccato irrimediabilmente l’ agricoltura locale; che hanno annientato tante ani-me passate a miglior vita per tumori le cui diagnosi sono all’ ordine del giorno. Non hanno poi inquina-to la nostra acqua i famosi depuratori che da anni non funzionano più, arrecando danni alla nostra salute e alle tante attività turistiche, balneari, che soltanto di questo campano.
Credo che tutto ciò rap-presenti la beffa oltre al danno.
Questa semplice riflessio-ne non credo porti solo la
mia firma. Ma anche quella di ogni
liternese che nella stessa ci si è identificato. Quindi porta la firma ancora di uno, nes-suno o…undicimila, quanti sono i miei compaesani a cui chiedo di rimanere uniti affinché questo paese non vada allo sbaraglio.
Potremmo essere tutti, infatti, a pagarne le conse-guenze: chi un futuro lo de-sidera a Villa Literno, chi lo sogna altrove e chi al futuro non c’ha mai pensato.Infatti, ovunque ci ritrove-remo tra vent’anni, siamo tutti figli della stessa terra che ci ha dato volente o no-lente le radici, indipenden-temente da dove possono cadere poi i frutti….con il cuore comunque mai trop-po lontano. In fondo l’ odio non è che l’altra faccia dell’amore. Se tanto ho odiato questo paese è perché in fondo lo amo. Vorrei quantomeno avere la possibilità di farlo.
i suoi bisogni primari, aiu-tandolo a fare le esperienze necessarie sul piano cor-poreo risultando cosi una guida sicura nel grande labirinto affettivo ed emo-tivo. Sono catastrofiche le conseguenze quando
tutto ciò non si realizza; se nessuno si occupa di lui, quel bambino diventerà un adulto diffidente, non sarà in grado di concedere cre-dito agli altri, tenderà a non rispettare i bisogni altrui, sviluppando un senso di
egoismo che lo allontanerà dagli affetti più cari.
Ogni relazione d’ amo-re sarà condizionata da questa mancanza, da quest’ assenza di rassi-curazione, dall’incapaci-tà di lasciarsi penetrare dall’ emozioni.
Si costruisce una rocca-forte, una blindatura diffici-le da abbattere per la paura di essere deluso e riprovare il dolore dell’antica ferita. Il bambino piccolo, nel suo percorso di crescita, farà di tutto per strutturare il sentimento di fiducia ver-so il padre e la madre, non può farne a meno, è fonda-mentale sentirsi amato per attaccarsi alla vita, e anche nelle situazioni più dispera-te non si arrende alla realtà, provocando dentro di sé una voragine profonda, una fame d’amore, che, da adul-to, tenterà di colmare con molta probabilità attraverso relazioni inadeguate.
scarseggia. Perché di questo si parla: della difficoltà che un ita-liano, nella fattispecie, un liternese, ha di arrivare a fine mese.
La mia riflessione parte da accadimenti recenti che hanno visto numerosi eser-cizi costretti a chiudere in quanto non completamente a norma.
Il mio non vuole essere un inno all’illegalità, anzi. Ma credo che lo Stato (o chi per esso) limitandosi sol-tanto ad infliggere sanzioni,
abbia perso di vista l’ obiet-tivo che è quello più in gene-rale di guidare la comunità nel miglior modo possibile, ascoltandola anche. E non di punirla e basta.
Mi chiedo allora: come fa un figlio/cittadino a trovare la retta via se il padre/Stato per primo l’ha dimenticata?
Ad alcuni di questi eser-cizi chiusi è stato imputato di essere sprovvisti della vasca biologica a norma di legge, la cui funzione sareb-be quella di non inquinare l’acqua dello “sporco” di chi
“Mi fido di te”, l’atto d’amore del bambino che non va traditoGenitori e figli
di Mario Pellegrino*
La lettera
Lavoro e sanzioni, due pesi e due misuredi Pina Diana
anno 2 numero 7 ottobre 20144
Pasquale d’Aniello, Cam-pione d’Italia Under 15
e Campione d’Italia al Tro-feo delle Regioni nel 2001, è una figura di spicco nel panorama della pallavolo campana ed italiana. È di-rettore tecnico del progetto “Volalto”, nato nell’aprile del 2004, che privilegia la crescita dei talenti locali provando a scalare le vette della pallavolo italiana, è se-lezionatore nazionale delle atlete tra i 14 e i 16 anni per la composizione del Club Italia e delle varie nazionali giovanili ed è infine refe-rente tecnico regionale, re-sponsabile cioè della forma-zione degli allenatori e della qualificazione delle atlete.
In una squadra quanto è importante avere fiducia nell’altro?
Nella pallavolo è di fon-damentale importanza. Le azioni di gioco - che si effettuano con un massi-mo di tre tocchi - richie-dono l’intervento fisso di almeno due giocatori.Da ciò si deduce che lo spirito di collaborazione
C’ è più rivalità in una squadra femminile o in una maschile?
Credo che la rivalità non abbia sesso. In questo senso l’allenatore deve essere molto abile a trasformare la riva-lità personale di ognuno in rivalità sportiva. La diffe-renza tra maschi e femmine sta invece, a parte nelle dif-ferenti caratteristiche fisiche e tecniche, soprattutto nel fatto che i maschi sono più proiettati allo sport e fanno meno fatica in tenera età a lasciarsi guidare. Le femmi-ne sono più diffidenti, hanno bisogno di fidarsi. Quando lo fanno poi sono disposte a seguirti anche in guerra!
Il coraggio di credere nel proprio sogno e quindi nel risultato che si può e si vuole ottenere, è il valore aggiunto di una squadra?
Questo aspetto molto af-fascinante lo verifico soprat tutto nel corso della mia at-tività con le Nazionali giova-nili. Io ed i miei colleghi vi-sioniamo tantissime ragazze nella fascia di età 14/16 anni In ogni stage che conduciamo
ci rendiamo conto che tutte le candidate hanno un so-gno nel cassetto: poter un giorno vestire la maglia della Nazionale. Purtroppo ci rie-scono solo in pochissime, ma quel sogno in tutte funziona da eccezionale propulsore di energia positiva e quanto è emozionate vedere gli occhi lucidi di chi quella maglietta riesce ad indossarla .
Che rapporto hai avuto nella vita con la fiducia e il coraggio? Sono stati va-lidi alleati per raggiungere i traguardi di oggi?
Direi che sono stati i com-pagni di viaggio durante tut-ta la mia carriera. In tenera età, avevo contratto una lie-ve forma di poliomielite che mi ha creato qualche proble-mino all’arto inferiore sini-stro. Ciò non mi ha impedito però di giocare a pallavolo e quando poi ho smesso mi sono posto come obiettivo di indossare la maglia azzurra da tecnico. La fiducia nelle mie risorse ed il coraggio di dare sempre il massimo han-no fatto sì che il mio sogno si realizzasse.
all’interno del campo, è in-dispensabile per la buona riuscita delle varie azio-ni di gioco e per provare a concludere vittoriosamen-te ogni match. La fidu-cia nell’ altro è un aspetto insito nella ragione stessa del gioco della pallavolo.
Come si motiva una squadra di pallavolo e quanto la fiducia nell’ alle-natore è determinate nella vita o nel gioco di squadra di un’ atleta?
La motivazione nello sport è una componente che,a parità di condizioni, fa la differenza tra un atletae l’ altro.
È uno dei compiti più delica-ti ma nello stesso tempo più affascinanti per un allenato-re. Spesso un buon motiva-tore riesce a supplire ad una minore qualità tecnica della squadra. Per cui deve esserci un rap-porto estremamente fidu-cioso tra l ’allenatore ed i suoi atleti, dal momento che questi ultimi “scelgono” di farsi guidare da una persona dopo averla testata nel lavo-ro di palestra ma anche nei rapporti extra-sportivi. Quando si riesce a creare questo connubio, i risultati, soprattutto nel settore giova-nile, sono sempre eccellenti.
Il rapporto medico-pa-ziente è un argomento
che per tanto tempo è stato discusso rispetto ai fattori o alle condizioni essenziali che lo avrebbero reso più funzionale e costruttivo. Oggi, sempre di più,si dà importanza alla capacità del medico di accogliere il pa-ziente come persona prima ancora che come insieme di sintomi.
È sempre più eviden-te, come le stesse ricerche scientifiche dimostrano, che un rapporto medico-pa-ziente funzionale, può tal-volta essere più efficace del-la prescrizione passiva della pillola che placa il sintomo.
un rapporto nel quale il medico era il buon pa-dre, detentore di un sa-pere assoluto al quale il paziente si affidava pas-sivamente, un rapporto cioè univoco e unilaterale. Oggi invece si cerca di cooperare nelle costru-zione di quella che viene definita “alleanza tera-peutica” nella quale gran voce viene data anche al paziente adeguatamente informato che, insieme al medico, concorda la tera-pia più giusta per se stesso.
segue a pag 8
Indipendentemente dal-la “malattia” bisognereb-be accogliere e accettare il paziente come persona, ascoltarlo e ancor di più ca-pire ciò di cui ha veramente
bisogno; questo metterebbe il paziente nelle condizioni di sentirsi rispettato in ciò che inevitabilmente rappre-senta per lui una minaccia, la malattia, rispetto alla quale
ha deciso di chiedere aiuto.Nel panorama attuale si tende sempre più spesso ad uscire da quello che tra-dizionalmente si definiva “rapporto paternalistico”,
L’intervista
D’ Aniello: “Talento e fiducia, così seleziono le campionesse della pallavolo italiana”
di Alessia Diana
L’allenatore aversano forma i giovani atleti con il sogno della Nazionale
Il benessere
Un buon rapporto medico-paziente: un traguardo possibiledi Alessia Diana
anno 2 numero 7 ottobre 2014 5
Anche per quest’anno lo psicoterapeuta Miche-
le Rossena ha rinnovato la sua partecipazione settem-brina alla Casa del Cuore, presentando in anteprima ad Aversa, il programma didattico- scientifico-cultu-rale 2014/2015 dell’Istituto Italiano di Scienze Umane di cui è direttore. Il titolo del programma, che ha ri-scosso molto interesse tra i partecipanti all’incontro ancor prima che lo stesso Rossena lo raccontasse è
“Il coraggio e la paura: oltre le minacce esistenziali” ed è un omaggio al suo maestro Glauco Mastrangelo, venuto a mancare da poco tempo.Omaggio perché è stato proprio quest’ultimo ad insegnare a Rossena il co-raggio quando appena di-ciannovenne e già animato dalla voglia di conoscere le oscurità del proprio animo lo seguiva nei suoi incontri
come la società contempo-ranea, che ci vuole tutti belli e felici, ci suggerisce di fare.Se ci adoperiamo in tal senso otterremo delle com-plesse strategie di soluzio-ne, maschereremo la paura ingabbiandola ma non la supereremo e di conse-guenza ci ritroveremmo sempre a sopravvivere.
Sempre attenti e vigili a che nessuna impalcatura
psicoterapeutici con i “bambini difficili”. E fu pro-prio in un lavoro di terapia di gruppo con i pazienti – ospiti dell’ Enaoli – che Mi-chele, lasciato solo dal suo maestro, sperimentò per la prima volta il coraggio. In assenza di strumenti o me-glio con i pochi che aveva riuscì a completare il lavoro. “ Ce la posso fare, mi sono detto”, racconta Michele.
La paura è l’ emozione che più di tutte caratte-rizza la vita umana, che quindi ci appartiene pro-fondamente e per chi ha scelto di fare un percorso psicoterapeutico quella di vivere è uno degli ostaco-li più terribili da superare. Ma se c’è paura dall’altra parte c’è anche il coraggio.
Ed il coraggio non è quel-lo di mentalizzare le paure,
si muova di un millime-tro. Rossena ci invita ad un percorso di verità sul-la nostra esistenza an-dando, con dolore e fati-ca, a smascherare ciò che nell’infanzia ci ha salvati. Poiché è da lì che bisogna partire: sciogliere il patto antico.Il bambino nasce con la certezza, impressa a fuoco, che i genitori lo ameran-no così come lui si aspetta che facciano. Quando ciò non avviene, il bambino danneggiato dall’adulto che dovrebbe prendersene cura, stravolge la realtà dandosi la responsabilità dell’infe-licità dei genitori e talvolta finisce anche per assolverli. Ciò che conta quindi è che a qualunque età si può met-tere mano all’antico patto e con pazienza, coraggio e te-nacia scioglierlo per sempre.
L’ edizione 2014 del Festival Internazionale
della Letteratura di Manto-va ha portato i più grandi nomi della cultura italiana e straniera nella città del Mantegna.
La disponibilità degli au-tori a dialogare con i lettori e la possibilità di questi ul-timi di ricevere curiosità ed informazioni direttamente dalla penna che ha scrit-to, hanno fatto sì che ogni singolo incontro diventasse uno scambio alla pari con un ritorno emotivo molto forte per entrambi i prota-gonisti.
Il nostro magazine ha avuto modo di ascoltare da vicino due autori campani, uno già ospite delle nostre interviste, Diego de Silva e l’altro, reduce dalla vittoria del Premio Strega, France-sco Piccolo.
Pur scrivendo di argo-menti diversi ed utilizzan-do un registro ed una pen-na diversi, i due scrittori si sono divisi la scena come
l’accento sulla necessità di cogliere nel popolo, nella vita quotidiana gli elementi per la narrazione andando al di là dei luoghi comuni. Spiega come una classi-ca telefonata, tra marito e moglie ( lui e sua moglie), sia ricca di elementi ironici degno di un comico d’anna-ta. Ed infatti è lui in prima persona a suscitare le risate della propria platea quando ritornando presso il Liceo Diaz di Caserta che lo aveva visto studente, esternando il suo scarsissimo rendimen-to scolastico, era riuscito a strappare una fragorosa risata ma soprattutto si era guadagnato l’attenzione dei liceali che in quanto scrit-tore, lo consideravano già defunto.
Ed anche uno dei suoi primi romanzi Storie di pri-mogeniti e figli unici, è un invito all’autoironia.
Insomma per dirla con le parole di Diego de Silva “se vuoi scrivere, non devi fare il figo”.
una vecchia coppia di comi-ci che lavorano insieme da anni. Non a caso i due han-no dialogato con il pubblico su “ Di cosa ridiamo quando leggiamo”.
Diego De Silva, dalla cui creatività è nato il tri-stemente felice Avvocato Malinconico, afferma che l’atto del ridere da parte del lettore da ragione allo scrittore poiché in quel mo-mento lo stesso ha avuto la possibilità di rivedere una scena alla quale ha assistito
o che addirittura ha vissuto in prima persona.
Ed uno scrittore che rie-sce a far questo ha compiuto la sua missione.
Riuscire a fare ridere non significa ridicolizzare gli altri così come si faceva a scuola, schierandosi dalla parte del più forte e puntan-do il dito contro il compa-gno più sensibile o più goffo.
Per Diego de Silva occor-re prendere il centro della scena, della propria vita e sporcarsi le mani.
Ridere di noi stessi. E da qui l’omaggio verbale a Troisi - chi di noi non si è mai rivisto in uno dei suoi personaggi, un po’ incerti, con la paura di sbagliare, di non essere all’altezza- e ad Alberto Sordi, che invece spogliava mettendo a nudo i grandi personaggi, ren-dendoli figure del popolo. Una delle soddisfazioni più importanti per uno scrittore è quella di far rivivere tra le pagine la realtà. Ed è pro-prio da questa che lui parte per costruire le sue storie.
Ed infatti c ’è una buona dose di se o meglio “solo nelle parti migliori”, afferma De Silva, nel suo personag-gio di maggior successo. E questo poter ridere di sé stessi è terapeutico perché ci fa sentire vivi rispetto agli altri.
Francesco Piccolo, auto-re di origini casertane, fa uso dell’ironia sia nei suoi romanzi che nei testi per la televisione o per il cinema. Ed infatti anche lui pone
L’evento
L’incontro
“Per accettare amore bisogna ammettere di non averne avuto”di Luisa Ciccarelli e Malfisia Foniciello
La buona ironia campana alla corte del Festivaletteraturadi Malfisia Foniciello
6 anno 2 numero 7 ottobre 2014
Non bisogna ricorrere alle statistiche per sapere che ci
si sposa sempre di meno e che con la stessa frequenza si
concepiscono figli. Tuttavia sono in continuo
incremento le coppie, di diritto o di fatto, che decidono
di separarsi. Al di là di tale scelta, coloro
che ne pagano le conseguenze maggiori sono sempre i figli, soprattutto quelli più piccoli.
Ci occuperemo in questa sede degli aspetti legali legati all’affidamento dei figli mino-ri, quando i genitori decidono di separarsi, non trascurando
di ricordare che una separazio-ne, sia essa consensuale o giu-diziale, ha dei risvolti non solo
legali, ma anche psicologici; ed in quanto tale andrebbe seguita e trattata sotto vari
aspetti dalle competenti figure professionali (avvocato, psico-
logo, assistente sociale).È questo il motivo per cui
sempre più spesso, i Tribunali, prima di pronunciarsi sulla
domanda di separazione, “invitano” le coppie
ad intraprendere un percor-so di mediazione familiare.
Ciò premesso, l’affidamento dei figli minori (i figli mag-
giorenni possono liberamente scegliere di stare con la madre
piuttosto che con il padre
della potestà genitoriale e all’affidamento dei figli
(anche naturali) non sono più di competenza del Tribu-
nale dei Minorenni,bensì del Tribunale ordinario,
il quale decide in Camera di Consiglio, sentito il Pubblico
Ministero, ed i suoi provvedi-menti sono immediatamente esecutivi, salvo che il Giudice
disponga diversamente.Al Tribunale dei Minorenni
residua la competenza in materia di autorizzazione al matrimonio dei minori;
autorizzazione a continuare l’esercizio d’impresa del
minore; nomina del curatore speciale per assistere
il minore nelle convenzioni matrimoniali; decadenza
dalla potestà e reintegrazione nella potestà sui figli; rimo-
zione dall’amministrazione e riammissione all’amministra-
zione del patrimonio del minore.
e viceversa) è quasi sempre condiviso, con collocamento
della prole presso uno dei geni-tori, in genere la madre. Solo in
rari casi (previsti tassativamen-te dalla legge),
l’affido è esclusivo.Al riguardo va ricordato che la legge 219/2012 (entrata
in vigore il 01 gennaio 2013) ha apportato delle rilevanti
modifiche in materia di affi-damento e riconoscimento
dei figli naturali.Fondamentalmente le novità
introdotte sono due.La prima riguarda il fatto che
non viene più fatta distinzione tra figli legittimi (nati dal
matrimonio) e figli naturali (nati fuori del matrimonio),
ma in tutte le ipotesi si parla unicamente di “figli”.
La seconda riguarda il fatto che per tutta una serie di materie, per le quali in passato è stato
competente il Tribunale dei Minorenni, oggi è invece com-petente il Tribunale ordinario.In sostanza la L. 219/2012 ha
riscritto completamente l’art. 38 Disp. Att. c.c.
e la nuova formulazione di tale disposizione normativa
non contiene più alcun riferi-mento all’art. 317 – bis c.c.Da un punto di vista pratico
ciò significa che le controversie relative all’esercizio
che nel breve termine la creazione netta di posti
di lavoro continuerà a rimanere esigua.
L’inflazione dovrebbe rimanere a livelli contenuti
per un certo periodo di tempo a causa dei seguenti fattori:
diminuzione dei prezzi delle materie prime, costante
apprezzamento dell’euro, persistente debolezza della domanda e aumento della
competitività nei paesi vulnerabili dell’UE.
Tra il 2011 e il 2013, molti paesi dell’UE hanno
ridotto drasticamente la spesa pubblica.
Grazie a questi sforzi e al miglioramento delle
condizioni, la politica di bilancio è diventata più
neutrale ed il rapporto debito pubblico/PIL dovrebbe iniziare a diminuire a partire
dal 2015.Per quanto riguarda l’Italia,
nel complesso il giudizio dell’UE non pare essere
troppo severo. “Dopo una forte recessione
nel 2012 e nel 2013, una lieve ripresa guidata dalla
domanda esterna è prevista nel 2014, e con condizioni
di credito migliori ci si attende che la crescita si
rafforzi nel 2015”. La fiducia, rilevano ancora a Bruxelles, è cresciuta dalla metà del 2013
sia per quanto riguarda le imprese
che i consumatori. Le famiglie dovrebbero
aumentare i propri consumi stimolando un minimo
la domanda interna ed aumentando al tempo stesso i risparmi, e questo
anche grazie al taglio della tassa sul lavoro.
Il livello di debito pubblico, infine, scenderà nel 2015 grazie
a un più alto surplus primario e al programma
di privatizzazioni programmato per
la seconda metà del 2014.
Napoli ha ospitato di recente il vertice della Bce, tra grandi
proteste e scenari futuri per l’economia europea.
Le previsioni della Commis-sione Europea confermano una ripresa dell’economia
moderata ma costante per l’Ue e l’area dell’euro.
Dopo una crescita del PIL reale dell’1,6% nell’UE
e dell’1,2% nell’area dell’euro nel 2014, l’attività economica
dovrebbe accelerare nel 2015, raggiungendo
rispettivamente quota 2% e 1,7%.
Sebbene le differenze nei tassi di crescita siano
destinate a persistere, si ridurrà il divario tra i paesi più virtuosi e quelli ancora in
difficoltà. Nel 2015 tutte le economie
dell’UE saranno tornate a crescere.
Siim Kallas, vicepresidente della Commissione,
ha dichiarato: “Ora la ripresa si sta consolidando: assistiamo a una riduzione
dei disavanzi, al rilancio degli investimenti e, soprattutto,
al miglioramento della situazione occupazionale.
Le riforme attuate dagli Stati membri e dalla stessa UE
stanno dando i loro frutti.”Le condizioni del mercato
del lavoro hanno iniziato a migliorare nel 2013.
Tuttavia, considerando i modesti tassi di crescita
economica e il tipico sfasamento temporale
tra ripresa e aumento dell’occupazione, si prevede
È un tuo diritto…
L’ affidamento dei figli minori, quei conflitti tra papà e mamma
di Antonio Battaglini
Cuore e denari
La ripresa economica tra speranze e statistiche
di Abramo Vitale
anno 2 numero 7 ottobre 2014 7
Il gusto della vita
Come si fa a parlare di teatro se il luogo
comune lo vede perenne-mente in crisi, come se da un momento all’altro deb-ba scomparire per sempre, come se si dovesse parlare di una creatura agonizzan-te, eppure il teatro produce così tanti movimenti e real-tà diverse che stargli dietro e riuscire a raccontare tutto è
Attualmente l’unica terapia per curare la celiachia prevede la per-manente e rigorosa esclusione del glutine dal proprio regime alimen-tare. In Italia, sono potenzialmen-te affette da tale intolleranza circa 600.000 individui.
Secondo i dati dell’AIC (Asso-ciazione Italiana Celiachia), le diagnosi in Italia relative l’an-no 2012 sono circa 148.000,
In italia ne soffre ormai uno su cento. Di cosa? Di celiachia. Un’intolleranza permanente al glutine presente in avena, fru-mento, farro, grano khorasan (kamut), orzo, segale, spelta e triticale. Si tratta di una condi-zione di danno intestinale che si determina in individui gene-ticamente predisposti.
L’ azione tossica del glutine è tale da provocare la riduzio-ne della capacità di assorbire gli alimenti, con carenze ali-mentari che compromettono lo stato di salute generale, ral-lentando la crescita in altezza e peso, con deficienze di ferro e altre vitamine.
Tale intolleranza può ma-nifestarsi a qualsiasi età e i sintomi caratterizzanti sono diarrea, vomito, perdita di appetito. Ma in molti casi, per adolescenti e adulti, l’intolle-ranza si presenta con sintomi poco chiari, come l’anemia.
con un aumento annuo del 10% (10.000).Una buona fetta della popolazio-ne è affetta da tale intolleranza e questo ha fatto sì che negli anni la società si preparasse a soddisfare anche i loro bisogni alimentari. Esiste attualmente un network di locali selezionati da AIC pronti ad offrire un menù senza glutine, an-che se il bisogno per una persona
celiaca sarebbe di non “doversi preoccupare” di trovare un luogo dove pranzare o cenare. Magari c’è anche il bisogno di poter con-sumare un pranzo veloce, o uno spuntino veloce nella propria città, oppure nei pressi del luogo di lavo-ro o magari: la necessità di poter mangiare pizza ovunque. La necessità forse di non essere trattati come persone “speciali”, bensì avere la normalità.Ecco una ricetta senza glutine, fa-cile e leggera, ma che sa dare gu-sto anche senza glutine: “Fantasia di melanzane”Ingredienti per 2 persone
- 4 melanzane- 1 uovo- Una manciata di parmigiano- Pan grattato senza glutine
quanto basta- Olio extravergine di oliva- Sale e pepe q.b.- 2 pomodori San Marzano
ProcedimentoPulire, lavare e tagliare a metà
le melanzane. Svuotarle, tagliandone la pol-pa a cubetti da bollire oppure rosolare in un goccio d’olio.
Versare in una ciotola l’uo-vo, il parmigiano, sale e pepe. Aggiungere poi la polpa di melanzane e il pomodoro San Marzano a cubetti.
Per concludere aggiungere il pan grattato senza glutine nella quantità giusta a ren-dere il composto omogeneo, cremoso e non liquido.
Disporre le melanzane a barca in una teglia e farcirle con il composto appena pre-parato.
Disporre la teglia in forno per 30 minuti a 200°, poi a seconda della doratura prefe-rita, è possibile prolungare la cottura a 180°.
tentativo inutile e velleita-rio. Allora ci soffermeremo sulle poche realtà che of-frono formazione profes-sionale teatrale ad altissimi livelli, con grandi eccellenze del panorama internazio-nale e sganciate da circuiti politici e artistici precisi.
Uno di questi, che pur-troppo non fa parte del nostro territorio campano,
è il Centro Teatrale Um-bro che da la possibilità a chi lo frequenta per un breve o lungo periodo di osservare l’ energia straor-dinaria, gli incontri incre-dibili e le possibilità di co-noscenza che mette in atto.
Siamo in Umbria tra le colline e le strade sterrate di Goregge vicino Gubbio, lontani dal caos quotidiano.
In una vecchia chiesa ab-bandonata, dove ancora si parla la lingua della ri-cerca, con il suo bel pezzo di terra davanti, Massimilia-no Donato ha creato un luo-go suggestivo dove è possi-bile sperimentare attraverso il teatro la conoscenza di sè e dell’incontro con l’ altro.
In questa splendida atmo-sfera di vita rurale, la scorsa estate, due sono stati i labo-ratori che hanno catturato l’attenzione dei partecipanti: il maestro napoletano Mi-chele Monetta sulla comme-dia dell’arte e sulla masche-ra di 5 giorni e Vladimir Olshansky, clown del Cir-que du Soleil, protagonista di un bellissimo lavoro di 5 giorni sulla figura clown.
Della stessa rilevanza anche gli altri laboratori con altre grandi personali-tà del teatro di ricerca, da Cesare Ronconi del Tea-tro Val d’Oca, alla Chia-ra Guidi della Raffaello Sanzio, fino a Cesar Brie.
Alcuni di questi carisma-tici professionisti saranno ospiti ad Aversa al Nostos teatro per dare ancora una volta la testimonianza che nonostante sia ritenuta una creatura morente, il teatro è ancora vivo e al-tresì che l’ eccellenza del-la cultura si può portare anche nei piccoli centri.
Il teatro è vivo? Il teatro è vitaLa cultura
di Antonio Granatina
Melanzane e fantasia, il gusto di mangiare senza glutinedi Carmela Barbato
Via Appia km 166.90081037 Sessa Aurunca CasertaTel 0823 701979
SPINOS UTO s.r.l.A
8 anno 2 numero 7 ottobre 2014
Anno2 Numero 6 giugno/luglio 2014Registrazione Tribunale di Santa Maria Capua VetereN °813 del 23 maggio 2013
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GraficaCarmela BarbatoRedazioneVia Delle Acacie, 4481031 – Aversa (Ce)tel/fax 081.19814723www.lacasadelcuore.netinfo@lacasadelcuore.netStampaBuy Quick via D’Antona, 481030 – Lusciano (Ce)
Hanno collaborato a questo numero:Alessia DianaCarmela Barbato Abramo Vitale Antonio GranatinaMalfisia FonicielloMario PellegrinoGaia FerranteAntonio BattagliniRosaria Raspanti
Responsabile marketing e pubblicitàAbramo Vitale
Le testimonianze di chi quel Cammino lo ha già fatto e non
una sola volta, parlano di un ricongiungi-
mento con la Natura, di boschi che guariscono
e di fiumi che sono vita. Le foto amatoriali immorta-lano paesaggi senza tempo.
L’ entusiasmo e la voglia di provare sulla
pelle quanto letto o ascoltato è forte, si parte e questa volta
senza aspettative.Il percorso è duro poiché ci
sono dolori fisici che ti costringono
a rimanere fermo per giorni mentre senti che la tua anima
vuole correre, vuole camminare perché
vuole arrivare fino in fondo. Che si parta da soli
o in compagnia, chilometro dopo chilometro,
ti accorgi che quello che ti faceva paura,
oggi è la tua risorsa, che stare da soli non è da
sfigati e non fa terrore, che quando
ti senti debole, quando stai male, la tua forza interiore ti
soccorre, che sei più forte di
quello che credi, anche se nessuno
te lo ha mai mostrato. Comprendi che a volte sei
più veloce mentre altre più lento, perché è il tuo passo che
cambia, che diventa un tutt’uno con
la tua anima. Attraverso i campi di girasoli o
le terre deserte ti arriva forte ridestandoti , come uno schiaffo
in pieno viso, che la meta è il percorso
che già oggi stai compiendo.Quando si arriva a Santiago, si avverte la gioia dell’arrivo e la
tristezza della fine. Ma durano poco perché quello
che hai imparato sulla pelle mentre cercavi
un posto dove dormire, o il tuo sentiero incrociava
quello di un compagno e vi scambiavate la vita,
ha già creato una rivoluzione dentro di te.
Il Cammino, ovunque tu decida di cominciarlo,
è una metafora della vita: il Corpo e la sua forza,
la Mente e la sua psicologia, il cuore con le sue emozioni..
Un giorno però stanca di trascorrere le sue giornate
nel suo nascondiglio, fra caffè e cioccolatini,
decise di venire allo scoperto.Forse seguendo l’istinto,
che in alcuni momenti della nostra vita, quando più ci
sentiamo soli, ci spinge ad aggrapparci ad un filo, ad
una speranza di iniziare ad esser felici, Pois decise di
venire allo scoperto. Lo fece pian pianino,
senza disturbare, così come era abituata a fare.
Prima una zampina, poi l’altra, prima un
piedino poi l’altro..e così trascinando con sé
il bozzolo sulle spalle andò a fare un giretto da Aria, la famosa gufetta che
impartiva lezioni di stima ed amore.
Aveva sentito parlare della celebre quercia dalle foglie a forma di cuore, ed era stata
colpita da quell’albero;
nelle sere d’estate quando la luna illuminava la foresta,
le foglie risplendevano di un colore argentino, i cuori
si agitavano al ritmo del vento e nell’aria godevi del
profumo dell’amore. Mai il piccolo bozzolo
aveva annusato un profumo tanto inebriante.
Cosi per la piccola Pois incominciò una nuova vita.
Aveva conosciuto tante per-sone speciali come Tompour il leoncino e Fisia, la piccola scrittrice ranocchia, e tanti
altri…aveva incontrato amici di cuore ed ora non
voleva più essere costretta a stare nel suo cantuccio.
Fu cosi che decise di tirare fuori tutta se stessa e mostrare al mondo ciò che
era, semplicemente la farfalla Pois.
Semplicemente io, ora gridava al mondo…
Nella pratica professio-nale, infatti, il medico deve riuscire ad agire sia come soggetto in grado di valu-tare l’altro e di prendere anche decisioni, sia a com-portarsi come oggetto di conoscenza affidabile per il proprio paziente che a sua volta valuterà il modo di operare del medico e gli concederà o meno la pro-pria fiducia. Il paziente che chiede aiuto ad un medico di famiglia, uno specialista o anche uno psicoterapeuta, ha e si ritrova a vivere una situazione di difficoltà o di disagio, uno stato in cui la paura, i dubbi e le aspetta-tive circa la sua guarigione lo accompagnano anche
nella scelta del medico a cui rivolgersi e si presenta in una condizione di fragilità o frustrazione che va per-tanto accolta ancor prima di pensare ai sintomi per i quali lui stesso chiede aiuto.
Si è visto, nella pratica pro-fessionale, che il mostrarsi disponibili, accoglienti e non giudicanti da parte del medico risulta essere una condizione essenziale che pone le basi per un rapporto di fiducia, in cui il paziente può ritrovarsi sollevato
rispetto alla sua condizione iniziale nel sapere e sentire che c’è qualcuno, il medico, in grado di prendersi cura di lui e con lui cooperare per raggiungere una mi-gliore condizione di benes-sere. Fidarsi e affidarsi sono quindi “gli ingredienti” che rendono il rapporto me-dico-paziente efficace; un punto di partenza questo, ma al contempo un traguar-do possibile a cui tutti ten-diamo come persone prima ancora che come pazienti.
...Il cammino di Santiagosegue da pag. 1
di Gaia Ferrante
segue da pag. 1
...La farfalla Poisdi Nicoletta Misso
segue da pag. 4
...Un traguardo possibiledi Alessia Diana