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SEZIONE GIURISDIZIONALE DI BOLZANO Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2018 RELAZIONE DEL PRESIDENTE DONATA CABRAS BOLZANO 23 FEBBRAIO 2018

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SEZIONE GIURISDIZIONALE DI BOLZANO

Inaugurazione

dell’Anno Giudiziario

2018

RELAZIONE DEL PRESIDENTE

DONATA CABRAS

BOLZANO 23 FEBBRAIO 2018

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Prima di svolgere la mia relazione, desidero indirizzare un saluto e

un sentito ringraziamento alle Autorità e ai gentili ospiti oggi intervenuti

alla cerimonia inaugurale dell’anno giudiziario che, ben lungi dall’essere la

mera ripetizione di un rito, assume, sempre più, il valore di doverosa

testimonianza dell’attività che la Magistratura contabile conduce, al

servizio dei cittadini, nell’esercizio delle intestate funzioni giurisdizionale e

di controllo, a garanzia degli interessi della collettività e a tutela della

corretta gestione delle pubbliche risorse.

Nel fare il bilancio di un anno di lavoro, non posso non rammentare

che, in attesa del perfezionamento della mia nomina, avvenuto alla fine

del primo quadrimestre del 2017, la Sezione è stata guidata dal Consigliere

Enrico Marinaro, al quale esprimo tutta la mia gratitudine e la massima

stima per l’ottimo lavoro svolto, così come intendo dare atto della grande

professionalità, competenza e disponibilità della collega Consigliere Irene

Thomaseth e del Consigliere Alessandro Pallaoro il quale, in forza alla

Sezione del Controllo, ha, in numerose occasioni, integrato il Collegio

giudicante.

Si devono, infatti, alla dedizione dei Colleghi, validamente

supportati dal Personale della Segreteria coordinato dal Dott. Claudio

Comparato, i risultati conseguiti nel corso dell’ultimo anno, decisamente

positivi, sia numericamente, atteso l’incremento registrato, sia

qualitativamente, in considerazione della complessità delle questioni

trattate.

Un particolare ringraziamento mi piace, poi, indirizzare ai Colleghi

Consiglieri Marco Pieroni e Claudio Chiarenza, della Sezione

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giurisdizionale Emilia Romagna, che hanno formato il collegio fornendo

il loro determinante contributo in occasione di una impegnativa e delicata

pronuncia di cui darò conto più avanti.

L’elevato livello raggiunto nell’affrontare le problematiche portate

all’esame della Sezione non può certamente prescindere, né dalla

professionalità e dal rigore con cui la Procura regionale esercita le funzioni

di competenza, né dall’indubbio valore della classe forense che in questa

Sede giudiziaria tutela le posizioni dei propri assistiti rilevando che, pur

nella necessaria, e talvolta accesa, dialettica processuale non è mai venuto

meno il rispetto delle contrapposte posizioni.

Il lavoro svolto nel corso del 2017 è stato caratterizzato dalla prima

applicazione delle nuove disposizioni recate dal Codice di giustizia

contabile approvato con D.lgs. 26 agosto 2016, n° 174, entrato in vigore il

7 ottobre del 2016.

Per la prima volta le regole che disciplinano il processo dinanzi alla

Corte dei conti hanno trovato una sistemazione organica in una

compilazione codicistica.

Il nuovo testo normativo ha introdotto nel processo contabile, nelle

sue diverse declinazioni, i necessari adeguamenti di ordine formale e

sostanziale delle norme vigenti alle esigenze di certezza, alla tutela della

difesa e alle altre garanzie processuali proprie dell’ordinamento

costituzionale italiano, attraverso l’estensione del giusto processo e della

parità di trattamento delle parti ai procedimenti rientranti nella

giurisdizione del giudice contabile.

Il codice non si limita, infatti, a coordinare la normativa

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frammentaria che regolava la procedura nei giudizi contabili, ma traduce

in disposizioni normative le elaborazioni giurisprudenziali che, nel corso

degli anni, avevano svolto una funzione adeguatrice di un modello

processuale in larga misura risalente agli anni ’30 del secolo scorso, non

più compatibile col nuovo assetto ordinamentale, dettando anche

specifiche disposizioni con contenuto del tutto innovativo, in conformità

ai canoni costituzionali.

Si tratta di norme che, modificando le preesistenti regole

processuali, vanno ad incidere sull’obbligatorietà dell’azione, quali quelle

che prevedono l’archiviazione sulla base di una valutazione prognostica

sull’esito del futuro giudizio, intaccando un pilastro dell’azione risarcitoria

e segnando una forte discontinuità col passato, rafforzata dalla ulteriore

previsione della possibilità, per il pubblico ministero, di rinunciare al

processo, anche mediante dichiarazione in udienza (art. 110, comma 2), in

contrasto col principio di indisponibilità dell’azione che costituiva una

connotazione fondamentale del giudizio per responsabilità erariale.

Nella fase del giudizio, il nuovo processo contabile si caratterizza

anche per la quasi totale scomparsa del cosiddetto potere sindacatorio

ordinatorio. L’art. 83, recependo l’orientamento giurisprudenziale

prevalente, dispone il divieto di chiamata in giudizio per ordine del

giudice, prevedendo, inoltre, che anche in ipotesi di litisconsorzio

necessario sostanziale, qualora non tutte le parti siano convenute, il

giudice tenga conto di tale circostanza ai fini della determinazione della

minor somma da porre a carico dei condebitori dei quali pronuncia

sentenza (art. 83, comma 2).

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Continua a permanere, invece, il potere sindacatorio istruttorio

(art. 94), che consente al giudice di acquisire d’ufficio mezzi di prova; ciò,

peraltro, in modo del tutto analogo a quanto previsto dal codice di

procedura civile (artt. 210, 211 e 213) e fermo restando che tale potere sia

esercitato imparzialmente, nel rispetto del brocardo iudex non potest

supplere in facto, e senza intaccare i principi di disponibilità e valutazione

della prova, ribaditi dai successivi articoli.

Siamo in presenza, evidentemente, di passi significativi nella

direzione della parità tra le parti, in un percorso che è contrassegnato da

segnali che si rinvengono anche in altre disposizioni, forse di minore

impatto, ma di indubbio significato, quali quella che stabilisce l’ordine di

intervento in udienza (art.8, comma 4, delle Norme di attuazione del

Codice della Giustizia Contabile), fissando il principio che, in relazione al

grado del giudizio, l’attore ha la parola per primo, sovvertendo la

disciplina precedente che vedeva il pubblico ministero avere la parola per

ultimo (art. 117, comma 2, Disp.Att. c.p.c.).

Alla corretta applicazione delle nuove norme recate dal codice

contabile, coerentemente col canone costituzionale del giusto processo, è

rimessa l’individuazione del punto di equilibrio tra metodo acquisitivo e

principio della domanda.

Il testo normativo scaturito dai lavori della commissione che lo ha

redatto rappresenta la sintesi di differenti istanze, rivolte al

conseguimento di un codice corrispondente ai criteri dettati dalla legge di

delega.

Si è trattato di un impegno considerevole e non tutte le istanze sono

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state soddisfatte, così come, in sede applicativa vanno emergendo taluni

aspetti che formano oggetto di riflessione.

Residua la possibilità di interventi di adeguamento, come

espressamente disposto dall’art. 20, comma 6, della legge di delega 7

agosto 2015, n° 124 che prevede che il Governo possa adottare, entro 2

anni dalla data di entrata in vigore, uno o più decreti legislativi recanti le

disposizioni integrative che l’applicazione pratica renda necessarie ed

opportune, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e della procedura di cui al

presente articolo.

Al riguardo, si stanno raccogliendo le diverse sollecitazioni

provenienti dai vari uffici – Sezioni giurisdizionali e Procure - al fine di

formulare i correttivi e le integrazioni da proporre al Governo.

Ma, al di là delle possibili correzioni e integrazioni, si deve

riconoscere che l’adozione del Codice di Giustizia Contabile ha consentito

al processo che si svolge dinanzi alla Corte dei conti di corrispondere al

principio costituzionale del giusto processo e ad agevolare il percorso di

collaborazione tra le giurisdizioni superiori che è sfociato nella

sottoscrizione, da parte dei vertici delle Magistrature ordinaria,

amministrativa e contabile, di un memorandum teso a far accrescere la

cooperazione tra Corte di Cassazione, Consiglio di Stato e Corte dei conti,

per armonizzare la funzione nomofilattica loro intestata.

*****

I giudizi venuti all’esame della Sezione nel corso dell’anno da poco

concluso hanno offerto l’opportunità di approfondire numerose tematiche

anche alla luce delle norme codificate nel testo normativo contenuto nel

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D.lgs. 26 agosto 2016, n° 174, affrontando le questioni interpretative che

normalmente conseguono alla prima applicazione di disposizioni di

recente introduzione.

Nella materia della responsabilità si segnala la sentenza n° 4 del 28

marzo 2017 nella quale è stato specificato che non è configurabile, per

assenza del nesso eziologico, la responsabilità amministrativa in capo ai

funzionari preposti agli uffici interessati, per l’intervenuto risarcimento, ai

sensi dell’art. 2050 c.c., dei danni a terzi scaturiti da esercizio di attività

pericolosa (nella specie, utilizzo da parte degli operatori tecnici di

decespugliatori a zaino sulle strade pubbliche), qualora l’ente pubblico

(Provincia Autonoma di Bolzano), comparando differenti interessi ed

esigenze, abbia reputato, in base a valutazione prettamente politica

(delibera giuntale), di non ricorrere ad una copertura assicurativa e di

assumere, quindi, in proprio gli eventuali relativi oneri risarcitori, di

talché la consequenziale liquidazione dei danni deriva da una serie causale

del tutto autonoma rispetto all’operato dei funzionari medesimi.

Nella stessa pronuncia è stato osservato che l’applicazione della

“ragione più liquida” al fine di esaminare, prioritariamente alle eccezioni

formulate in rito, il merito delle pretese risarcitorie che si appalesino

chiaramente non meritevoli di accoglimento, non comporta incongruenze

di sorta relativamente alla regolazione delle spese. E invero, l’art. 31,

comma 2, del codice di giustizia contabile, che stabilisce la rifusione degli

oneri di difesa in favore dei convenuti, deve tenere conto della previsione

di cui al successivo comma 3, il quale consente (il giudice può), ma non

impone la compensazione delle medesime in caso di definizione della causa

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“decidendo soltanto questioni pregiudiziali o preliminari”.

Con la sentenza n° 13 del 14 giugno 2017 è stato affermato che

risponde per colpa grave, sub specie di imperdonabile negligenza, il

segretario comunale che, venendo meno al proprio ruolo di garante della

legalità e della correttezza amministrativa dell’agire dell’ente, apponga il

preventivo parere di regolarità sulla delibera di giunta con cui venga

disposta la liquidazione, a titolo di spese di rappresentanza, delle fatture

relative ad un acquisto - nella specie, un regalo di compleanno per il

Presidente della Provincia - che integri un esborso dannoso in quanto non

finalizzato a mantenere o accrescere il prestigio del comune e/o a far

conoscere ed apprezzare l’attività svolta in favore della collettività, quindi

non riconducibile all’ambito delle spese di rappresentanza come

normativamente delineato (T.U. ordinamento comuni Regione Trentino-

Alto Adige, artt. 21 e 22).

Inoltre, si è osservato che, pur in presenza del preventivo parere di

regolarità espresso dal segretario comunale, deve riconoscersi sussistente il

presupposto della colpa grave a carico dei componenti della giunta

municipale (con conseguente riduzione dell’apporto causale del suddetto

funzionario, unico convenuto), i quali adottarono la delibera di

liquidazione, a titolo di spese di rappresentanza, delle relative fatture,

essendo agevolmente percepibile, da parte degli amministratori comunali,

la sottesa, distorta concezione dei rapporti con l’Ente territoriale

provinciale, siccome ispirata ad una logica di diretta riconoscenza nei

confronti della persona fisica del suo presidente, tale da sovvertire il

corretto ordine delle competenze istituzionali (cfr. l. Bolzano n° 17/1993).

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Nella sentenza n° 20 del 7 settembre 2017, concernente gli oneri

sopportati dalla Provincia per la preparazione della popolazione locale

alla candidatura del capoluogo a capitale europea della cultura, è stato

precisato che, a fronte della natura ontologicamente “liquida” ravvisabile

in materia di corretta gestione di una complessiva azione culturale da

parte di un ente territoriale, devono ricorrere precisi parametri di

valutazione della ragionevolezza e della liceità delle singole spese (attività

finanziate dalla Provincia tramite contributi e conferimenti di incarichi),

da rinvenirsi nella stringente aderenza delle stesse al fine pubblico da

perseguire, come delineato e delimitato dall’organo politico (la giunta

provinciale), per le relative tipologie di intervento: talché le spese che non

rispondono a tali requisiti costituiscono danno erariale.

La sentenza n° 52 del 15 dicembre 2017 ha riguardato una

fattispecie di danno erariale determinato dal pagamento delle indennità

dirigenziali e di coordinamento in favore di funzionari provinciali anche

dopo la cessazione del relativo incarico.

Mette conto precisare che la Provincia di Bolzano non ha, ad oggi,

istituito il ruolo della dirigenza, ma le funzioni dirigenziali vengono

attribuite, temporaneamente, a funzionari che, successivamente alla

scadenza dell’incarico, tornano a svolgere le mansioni (non dirigenziali)

proprie del livello di appartenenza.

In questo peculiare contesto, attraverso disposizioni della

contrattazione collettiva a livello intercompartimentale e

compartimentale, era stata prevista la graduale trasformazione, su base

annua, delle indennità di funzione e di coordinamento, in elemento fisso e

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continuativo della retribuzione, erogate anche successivamente alla

cessazione dell’incarico.

Tale situazione era emersa durante la fase istruttoria del giudizio di

parificazione del rendiconto della Provincia e aveva inciso sulla pronuncia

delle Sezioni riunite le quali avevano, altresì, provveduto a formulare

specifica segnalazione alla competente Procura.

Il giudizio che ne è scaturito ha offerto l’opportunità di affrontare

numerose e interessanti questioni.

E’ stata dichiarata l’inammissibilità dell’intervento della Provincia

Autonoma di Bolzano, finalizzato a contrastare la richiesta formulata

dalla Procura regionale di sollevare questione di legittimità costituzionale

di alcune norme provinciali. Al riguardo è stata fatta applicazione dell’art.

85 c.g.c. che, recependo un pregresso, consolidato orientamento

giurisprudenziale, nel processo contabile consente il solo intervento

adesivo all’azione del P.M. E’ stato, inoltre, specificato che l’interesse ad

loquendum della Provincia, nell’eventuale giudizio incidentale di

legittimità delle norme (che la Provincia, a differenza della Procura,

ritiene perfettamente coerenti col vigente sistema costituzionale), è

consentito e pienamente tutelato dall’art. 23, u. c., della legge 11 marzo

1953, n° 87.

Sono state dichiarate non rilevanti le dedotte questioni di

legittimità costituzionale, in un primo caso (art. 7, comma 1, l.p. 18

ottobre 2016), nella considerazione che la norma, la cui legittimità è stata

posta in discussione, si compone di una prima parte, a carattere

meramente programmatico, e dunque, per definizione, non direttamente

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lesiva, e di una seconda parte, esclusivamente ricognitiva del sistema delle

fonti che disciplinano la materia contrattuale delineato dopo la

privatizzazione del pubblico impiego, anch’essa priva di lesività.

Del pari è stata esclusa la rilevanza della asserita illegittimità delle

altre disposizioni in contestazione (artt. 1 e 2 della l.p. 6 luglio 2017, n° 9);

infatti, alla luce di quanto chiarito dalla relazione accompagnatoria al

testo di legge, la normativa stabilisce un termine finale per la vigente

organizzazione del personale provinciale (come auspicato dallo stesso

P.M.) e fa salvi, in ossequio al rispetto del regime dei diritti acquisiti, gli

effetti giuridici ed economici dei percettori delle indennità di cui si tratta,

tenendosi debitamente al di fuori della questione inerente alla dedotta

illegittima erogazione automatica degli assegni personali per cui è causa.

Nel respingere l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalle

difese dei convenuti sul presupposto che la Sezione sarebbe stata chiamata

a dichiarare la nullità delle clausole negoziali asseritamente causa del

danno oggetto dell’azione di responsabilità, è stato rilevato come

l’invalidità delle clausole contrattuali nel giudizio dinanzi alla Corte dei

conti sia valutata ai soli fini dell’accertamento della sussistenza degli

elementi costitutivi della responsabilità amministrativa, con specifico

riferimento alla illiceità della condotta, in quanto, l’eventuale contrarietà

delle clausole a norme di legge imperative, renderebbe illecito e privo di

utilità il correlato pagamento degli emolumenti a carico

dell’amministrazione, che li ha erogati in assenza della corrispondente

prestazione (Cass. SS.UU. n. 21291/2005; Corte conti, Sez. Sardegna n.

203/2014; Sez. Lombardia, nn. 592/2009 e 627/2010).

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Si è poi osservato che l’eccezione di inammissibilità della citazione

per la dedotta violazione del termine di cui al comma 5 dell’art. 67 c.g.c.

(deposito della citazione entro 120 giorni dalla scadenza del termine per la

presentazione delle deduzioni), deve essere valutata tenendo conto dei

successivi commi 6 (nel caso di contestuale emissione dell’invito a dedurre

per una pluralità di convenuti, il termine di cui al comma 5 decorre dal

perfezionamento della notificazione per l’ultimo invitato) e 9 (sospensione

dei termini dal 1°al 31 agosto), dello stesso articolo, nonché dell’art. 155

c.p.c. (proroga dei termini per gli atti che si svolgono fuori udienza che

scadono nella giornata di sabato).

Di particolare interesse appare l’eccezione di nullità della citazione

per violazione dell’art. 51 c.g.c. dedotta sul presupposto che l’azione di

responsabilità, scaturita dal giudizio di parificazione e oggetto di

segnalazione alla Procura da parte del Presidente delle SS.RR. del

Trentino-Alto Adige, successiva all’inizio dell’istruttoria, sarebbe stata

avviata in assenza di specifica e concreta notizia di danno. Sulla base di

una ricostruzione delle modalità di svolgimento del giudizio di

parificazione, effettuata anche alla luce delle delibere di orientamento

emanate dalla Sezioni Riunite in sede di controllo (n.

7/SSRRCO2013/QMIG) e dalla Sezione delle Autonomie

(n.9/SEZAUT/2013/INPR e n. 14/SEZAUT/2014/INPR), è stato

osservato come risulti valorizzato il ruolo di garanzia del rappresentante

dell’Ufficio del Pubblico ministero, prevedendo un costruttivo raccordo

tra Sezioni di controllo e Procure regionali durante l’intero iter

procedurale propedeutico all’udienza di parificazione al fine, tra l’altro, di

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evitare duplicazione di attività istruttoria e inutile sovraccarico per le

strutture regionali. Nel giudizio di parificazione l’ordinamento ammette a

pieno titolo l’accesso del Pubblico ministero agli atti istruttori acquisiti

dalle Sezioni regionali di controllo, affinché la presenza del medesimo

organo all’udienza possa assumere una valenza sostanziale e non

meramente formale. Ne consegue che l’apertura dell’istruttoria da parte

del Procuratore non necessitava di una specifica segnalazione, ma

scaturiva dall’evidenza di un possibile danno all’erario che emergeva dagli

atti dei quali era venuto a conoscenza in ragione delle proprie funzioni e

del proprio ruolo nell’ambito del giudizio di parifica.

E’ stato, poi, rilevato che non sussiste l’asserito difetto di

legittimazione passiva, e conseguentemente è stata rigettata l’eccezione di

nullità della citazione, nei riguardi dei sottoscrittori dei contratti

collettivi per conto degli enti locali associati nel Consorzio del comuni

della Provincia Autonoma di Bolzano, risultando pacifico che essi sono

stati convenuti in giudizio in qualità di componenti della parte pubblica

firmataria delle clausole negoziali poste a base del contestato danno

erariale.

E’ stato, altresì, osservato che non può ritenersi fondata l’eccezione

di nullità della citazione, formulata con riferimento all’art. 87 c.g.c.

(mancata corrispondenza tra i fatti di cui all’art. 86, comma 2, lett. c, e gli

elementi essenziali del fatto esplicitati nell’invito a dedurre), allorché,

come nel caso in esame, il quadro generale della fattispecie dannosa risulti

rispettato nella sua essenza tipica. E’, cioè, necessario che la citazione sia

ricollegabile alla fattispecie contestata e non decampi totalmente anche

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dal nucleo centrale della causa petendi e del petitum riferibili a quanto

ipotizzato nell’invito a dedurre: in quest’ultimo caso, infatti, mancata

corrispondenza e mancanza dell’atto verrebbero ad equivalersi e non

potrebbe che sortirne lo stesso effetto paralizzante per il prosieguo del

processo (cfr.: SS.RR. sentenze nn. 14 e 7/1998).

E’ stato, inoltre, affermato che non sussiste, in capo al Procuratore

regionale, l’obbligo di esplicitare in citazione le ragioni per le quali ha

disatteso le deduzioni fornite; un ipotetico obbligo di motivazione,

peraltro non previsto normativamente e non di possibile creazione

giurisprudenziale, finirebbe per trasformare la fase istruttoria, di cui egli è

dominus, in un anomalo, diretto contraddittorio con l’invitato, imponendo

contemporaneamente al procuratore obblighi propri del giudicante,

travalicandosi in tal modo la funzione istituzionale di acquisizione degli

elementi probatori da sottoporre alla valutazione del giudice.

Si è considerato che non ricorre una ipotesi di indeterminatezza

dell’atto di citazione (e, quindi, non è fondata la dedotta eccezione di

violazione dell’art. 51, comma 2, c.g.c.) in ordine alla esatta

quantificazione del danno, bensì di indeterminabilità, qualora la Procura

abbia svolto accuratamente le proprie indagini e la puntuale

determinazione del quantum sia impedita dalla evidente mancanza di

meticolosità e precisione nella formazione di cedolini dello stipendio dei

destinatari delle indennità oggetto di contestazione e nella modalità di

tenuta della correlata documentazione contabile da parte della Provincia,

con conseguente magmatica fusione dei diversi “strati” dei benefici

conseguiti in base alla contrattazione collettiva, maturati nell’arco

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temporale in considerazione e in quello precedente coperto da prescrizione.

Si è ancora osservato che, a fronte del divieto di prevedere

meccanismi automatici di incremento delle retribuzioni – in piena

coerenza con l’assetto ordinamentale ai principi costituzionali

dell’imparzialità, e del buon andamento, declinato come economicità,

efficienza ed efficacia (art. 97, comma 2, Cost.), nonché a quello della

proporzionalità della retribuzione rispetto alla quantità e qualità

dell’attività prestata (art. 36, comma 1, Cost.) – introdotto nella disciplina

legislativa provinciale (art.5, comma 6, l.p. 10 agosto 1995, n° 16), in

attuazione di una norma fondamentale di riforma economico-sociale della

Repubblica (art. 2, comma 1, lett. o, della legge 421/1992) – l’indebita

autorizzazione alla corresponsione di emolumenti retributivi, ad opera

della contrattazione collettiva, sulla base di un mero meccanismo

automatico, risulta confliggere frontalmente col chiaro divieto normativo.

Essa, inoltre, è fonte di danno per la Provincia e di responsabilità a carico

dei soggetti di parte pubblica che sottoscrissero le relative clausole

negoziali. Sotto diverso profilo si é rimarcato il fatto che la trasformazione

di frazioni percentuali della retribuzione accessoria in assegno personale

fisso e continuativo, e cioè in retribuzione fissa, integra uno dei principali

fattori genetici della crescita della spesa per il personale, laddove, in

occasione della formazione del bilancio, non si tenga debitamente conto

della progressiva riduzione delle disponibilità allocate per le retribuzioni

accessorie, per effetto di meccanismi automatici di trasformazione di dette

disponibilità a sostegno della componente di spesa costituita dalle

retribuzioni fisse e continuative.

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Devo anche dare conto di sei giudizi, nei confronti di direttori di

ripartizione ed altri funzionari provinciali, definiti con sentenza

pronunciata ai sensi dell’art. 51, comma 1, c.g.c., vale a dire per nullità

della citazione, prevista allorché l’iniziativa della Procura non sia

scaturita da una specifica e concreta notizia di danno.

Nei casi trattati il Collegio é giunto alla conclusione che l’indagine

istruttoria si fosse trasformata in una verifica di tutti gli atti

amministrativi di una certa tipologia, prescindendo dalla notizia di uno o

più fatti ragionevolmente individuati nei loro tratti essenziali e non

meramente ipotetici, che abbiano verosimilmente causato pregiudizio per gli

interessi finanziari pubblici (cfr. SS.RR. n. 12/2011/QM).

In un’altra fattispecie, riguardante la contestazione del danno

all’immagine rivolta nei confronti di un sindaco, condannato in sede

penale con sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per una

imputazione di abuso d’ufficio, la Sezione, a fronte di una richiesta attorea

quantificata in euro 30.000,00, è pervenuta a condanna nel minore

importo di euro 5.042,88, sulla base degli elementi probatori risultanti in

atti e in applicazione dei criteri normativamente previsti, che collegano

l’esistenza e la quantificazione del danno all’immagine al vantaggio

conseguito dal responsabile. Il caso si segnala anche per il percorso

processuale che lo ha caratterizzato: infatti, la sentenza di cui ho riferito è

intervenuta nel giudizio di rinvio disposto dalla Sezione centrale d’appello

(Sez. III, n.289 del 4 luglio 2016), che aveva accolto il gravame proposto

dalla Procura avverso la pronuncia di nullità della citazione, che questa

Sezione aveva emesso, e successivamente all’ordinanza (n. 1/2017 del 17

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gennaio 2017) di rigetto dell’istanza di ricusazione presentata dalla stessa

Procura.

*****

Sul versante dei conti giudiziali una particolare attenzione è stata

rivolta dalla Sezione ad implementare l’attività di raccolta dei dati

identificativi degli agenti contabili tenuti alla resa del conto giudiziale, al

fine di dare effettività al disposto di cui all’art. 138, comma 1, del codice

di giustizia contabile, in collaborazione con le amministrazioni e mediante

l’utilizzo del sistema informativo dedicato (SIRECO).

Il completamento dell’anagrafe degli agenti contabili, infatti, è

anche presupposto necessario per gli adempimenti previsti dall’art. 140,

comma 4, c.g.c., che intesta alla Segreteria della Sezione la verifica

annuale del tempestivo deposito del conto e, nel caso di mancato deposito,

la successiva comunicazione dell’omissione al Pubblico ministero per la

formulazione dell’istanza per resa di conto.

Tale attività verrà proseguita nell’anno in corso, con l’obiettivo di

pervenire ad un aggiornamento del quadro complessivo delle varie

categorie di soggetti tenuti a rendere conto della loro gestione nella forma

della presentazione del conto giudiziale, nelle diverse amministrazioni

presenti sul territorio.

*****

La materia pensionistica è stata caratterizzata dal numero esiguo

dei ricorsi proposti, a conferma di una tendenza al contenimento del

contenzioso previdenziale nella Provincia Autonoma di Bolzano.

Tra le tematiche affrontate è stata ancora presente quella

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concernente la ripetibilità, da parte dell’amministrazione, delle somme

indebitamente corrisposte al pensionato.

Tra i casi trattati rientranti in questa fattispecie, alcuni hanno

riguardato la percezione del trattamento di quiescenza da parte del

coniuge superstite, successivamente alla contrazione di nuovo

matrimonio, cui consegue, per legge, la decadenza dal diritto alla

reversibilità.

Nell’ambito di questi giudizi definiti nell’anno merita di essere

segnalato quello originato dal ricorso presentato dal coniuge superstite di

una dipendente della Provincia, il quale non aveva adempiuto all’obbligo

(previsto dall’art. 86, comma 4, del DPR 1092/1973) che impone di

comunicare alla competente Direzione Provinciale del Tesoro la cessazione

delle condizioni che hanno dato luogo all’attribuzione della pensione,

nonché il verificarsi di qualsiasi evento che comporti variazione della

pensione stessa.

La singolarità sta nella circostanza che la perdita del diritto si era

verificata venticinque anni prima che l’amministrazione lo contestasse al

percettore, talché l’accertamento dell’indebito ha riguardato un importo

assai rilevante (euro 276.078,69).

La formazione di tale indebito era ascrivibile al beneficiario che non

aveva ottemperato ad un preciso obbligo di comunicazione. Peraltro, sia

per l’esistenza di una normativa che regola la collaborazione tra gli uffici

anagrafe comunali e le altre amministrazioni, sia per l’evoluzione dei

sistemi di informatizzazione che permettono un sempre più veloce

scambio di dati, nonostante il riconoscimento del diritto alla ripetizione in

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capo all’ente previdenziale, in accoglimento della formulata eccezione di

prescrizione, il ricorso è stato ritenuto meritevole di parziale accoglimento,

per intervenuta prescrizione del credito relativamente al periodo

antecedente il decennio precedente alla data di comunicazione del

provvedimento amministrativo di recupero.

La riduzione del contenzioso relativo alla ripetizione di indebiti

pensionistici, spesso in passato riconducibili ad errori di calcolo o di

valutazione da parte dell’amministrazione, è la chiara espressione di una

maggiore attenzione posta dagli istituti previdenziali nel calcolo dei

trattamenti di quiescenza.

Pochi anche i ricorsi riferiti all’accertamento del diritto alla

rivalutazione automatica del trattamento pensionistico sulla base della

disciplina di cui all’art. 69, comma 1, della legge 23 dicembre 2000,n. 388

(finanziaria 2001), presumibilmente in conseguenza dell’orientamento

giurisprudenziale espresso anche da questa Sezione e, da ultimo, della

recente pronuncia della Consulta del 1° dicembre 2017, n. 250.

Le domande dei ricorrenti, proposte anche in forma collettiva,

hanno riguardato, prevalentemente, solo la rivalutazione automatica dei

trattamenti di quiescenza relativamente agli anni 2012 e 2013, con

prospettazione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 24,

commi 25 e 25 bis del d.l. 16 dicembre 2011, n. 201 (disposizioni urgenti

per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), come

sostituito dall’art. 1 del d.l. 21 maggio 2015, n. 65 (disposizioni urgenti in

materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzie TFR),

convertito dalla legge 17 luglio 2015, n. 109, che detta una nuova

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disciplina – meno favorevole rispetto alla precedente (nonché

asseritamente adottata in violazione del giudicato costituzionale di cui

alla sentenza n. 70/2015) – della rivalutazione automatica dei trattamenti

pensionistici per gli anni 2012 e 2013.

Ad avviso dei ricorrenti, i denunciati commi 25 e 25 bis del d.l.

201/2011 violerebbero i principi di eguaglianza e di ragionevolezza, nonché

quelli di adeguatezza e di proporzionalità.

La Corte costituzionale, nel pronunciarsi sulla dedotta questione

(sottoposta al suo vaglio dalla Sez. Giur. Emilia-Romagna con ordinanza

del 10 marzo 2016, oltre che da giudici ordinari), l’ha dichiarata non

fondata, talché è risultato confermato l’orientamento espresso da questa

Sezione (cfr. sentenze nn. 40 e 41 del 2016), come da altre Sezioni

giurisdizionali regionali (cfr. Sez. T.-A.A. sede di Trento, n. 49/2016 e n.

3/2017; Sez. Friuli V.G., n. 86/2016; Sez. Calabria, n. 127/2016; Sez.

Lombardia, n. 104/2016) che, quanto alla sospensione del meccanismo

perequativo affidata a scelte discrezionali del Legislatore, avevano seguito

l’evoluzione della disciplina della normativa e le pronunce del Giudice

delle Leggi, che delineano un percorso volto a perseguire il bilanciamento

tra le attese dei pensionati e le variabili esigenze di contenimento della

spesa pubblica, non trascurando la tutela delle fasce economicamente più

deboli dei pensionati dall’erosione indotta dalle dinamiche inflazionistiche o,

in generale, dal ridotto potere di acquisto delle pensioni (cfr. sentenza Corte

costituzionale n. 70/2015).

L’ultima pronuncia della Consulta ha indotto alcuni ricorrenti a

rinunciare agli atti (con conseguente estinzione del giudizio); negli altri

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casi la decisione potrà essere assunta a norma dell’art. 167, comma 4,

c.g.c., ai sensi del quale nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza ovvero

la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del

ricorso, il giudice decide con sentenza in forma semplificata…in ogni caso, il

giudice provvede anche sulle spese di giudizio.

*****

Al termine della breve rassegna del lavoro svolto nell’anno e dei

risultati raggiunti nei vari settori di competenza, è interessante volgere

uno sguardo anche all’esito dei gravami, proposti avverso le pronunce

oggetto di impugnazione, venuti a decisione nel corso del 2017 dinanzi alle

Sezioni centrali d’Appello.

In disparte i diversi giudizi che si sono conclusi con pronuncia di

inammissibilità dell’appello – del P.M. o di parte convenuta o ricorrente,

per tardività o per genericità dei motivi – negli altri casi le sentenze

emesse da questa Sezione sono state confermate dai Giudici di II grado,

nel loro impianto e nei principi giuridici enunciati.

Questo positivo riscontro è motivo di grande soddisfazione, in

quanto costituisce la riprova di un lavoro svolto con professionalità e

dedizione e, nel contempo, il miglior incoraggiamento a proseguire, con

sempre maggiore impegno, nell’assolvimento delle funzioni intestate.

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Allegato – Dati relativi all’attività della Sezione

giudizi di responsabilità e di conto

giudizi pendenti al 1° gennaio 2017 23

giudizi introdotti nell'anno 79

totale 102

giudizi definiti con sentenza 57

giudizi definiti con ordinanza 8

totale giudizi definiti 65

giudizi pendenti al 31 dicembre 2017 37(*)

conti giudiziali definiti con decreto ex art. 2 L.20/94 129

giudizi pensionistici

ricorsi in carico al 1° gennaio 2017 2

ricorsi introdotti nell’anno 12

totale 14

ricorsi definiti 8

ricorsi pendenti al 31 dicembre 2017 6

(*) Si tratta in larga maggioranza di atti introduttivi pervenuti

nella seconda metà del 2017 – per i quali, in relazione ai tempi connessi

alle norme in vigore e alle esigenze di notifica degli atti, non è stata

tecnicamente praticabile la trattazione nel corso dello stesso 2017.