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Sezione A A Dagli organismi alle cellule

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Page 1: SezioneA Dagli organismi alle cellule

Sezione

AADagliorganismialle cellule

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A2

L’Universo si è originato circa 13 miliardi di anni faIn una serata in cui il cielo è limpido, allontaniamoci dalle fonti luminose e al-ziamo gli occhi al cielo. Potremo vedere una striscia luminosa che attraversa lavolta celeste da una parte all’altra: questo spettacolo incredibile è la Via Lattea, lagalassia in cui si trova il nostro Sistema solare e nella quale sono presenti miliar-di di stelle distribuite in uno spazio di circa 100 000 anni luce di diametro. I ritro-vamenti di graffiti rupestri nelle grotte di Lascaux, in Francia, hanno dimostratoche già 15 000 anni fa l’uomo osservava il cielo e cercava di interpretarlo, ma è neimillenni successivi che questo studio è diventato sistematico.

La scienza che studia le stelle, i pianeti e tutti i diversi fenomeni che avvengononel cielo è l’astronomia, mentre la branca che si occupa dell’Universo nel suo insie-me è la cosmologia. Le scoperte congiunte di queste due discipline hanno permes-so di ricostruire l’origine e l’evoluzione dello spazio che circonda il nostro pianeta.

Tra il 1925 e il 1930 l’astronomo statunitense Edwin Hubble scoprì che le ga-lassie si allontanavano le une dalle altre come se avessero avuto origine da ununico ammasso centrale. Partendo dalle osservazioni di Hubble, si capì che l’U-niverso ha avuto inizio da un evento catastrofico, un’enorme esplosione inizialechiamata Big Bang che ha liberato tutta l’energia e tutta la materia che eranocompresse all’interno di un punto infinitamente piccolo e denso. Secondo calcolirecenti, il Big Bang sarebbe avvenuto 13,8 miliardi di anni fa e avrebbe provocatoun’espansione progressiva dell’Universo che ancora continua e che lo porterà araggiungere dimensioni maggiori di quelle attuali.

Al momento dell’esplosione la temperatura era di circa 100 miliardi di gradiCelsius (1011 °C); a tale temperatura non poteva esistere la materia come la inten-diamo oggi, ma essa si trovava sotto forma di minuscole particelle (i protoni, ineutroni e gli elettroni). Quando l’Universo raggiunse i 2500 °C queste particelle co-minciarono ad aggregarsi e a formare gli atomi (vedi capitolo A6) ed è a partire daquesti atomi che si sono originate prima le stelle e i pianeti e poi gli esseri viventi.

Il Sistema solare ha avuto origine da un ammasso di polvere e gasSpesso si confonde il significato dei termini Universo e Sistema solare: il Sistema so-lare si è formato solo dopo che è nato e si è evoluto l’Universo e comprende una por-zione di spazio molto piccola se paragonata alle dimensioni dell’Universo stesso.La stella al centro del Sistema solare è il Sole, che si è formato 4,6 miliardi di anni

Le paroleUn anno luce corrisponde allo spaziopercorso dalla luce nel vuoto in un annoed equivale a circa 9461 ⋅ 109 kilometri.

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Origine ed evoluzionedelle cellule

A1Capitolo

La nascita dell’Universoe la storia della Terra

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capitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellule

fa e, come le altre stelle, ha avuto origine da un ammasso di polveri cosmiche edi gas (idrogeno ed elio) che ruotavano nello spazio tra le stelle più vecchie. L’im-mensa nube che sarebbe diventata il Sole si condensò gradualmente, a mano amano che gli atomi di idrogeno e di elio venivano attirati verso il suo centro dallaforza di gravità.

Più la nube diventava densa, più gli atomi al suo interno si muovevano rapi-damente, entrando sempre più in collisione tra loro. I gas della nube diventaronopiù caldi e con l’aumento della temperatura le collisioni si fecero più violente,fino a che gli atomi di idrogeno cominciarono a scontrarsi con tale forza da fonde-re i loro nuclei, formando nuovi atomi di elio e liberando energia. Queste reazioni

di fusione termonucleari permisero al Sole di «accendersi» e tuttora rappresentanola fonte di energia che si irradia dalla sua superficie.

Una volta formatosi il Sole, i gas e le polveri che gli ruotavano attorno si am-massarono dando origine ai pianeti. Nell’orbita più vicina al Sole si trova Mercu-rio, in quella successiva Venere, nella terza la Terra, quindi Marte, Giove, Saturno,Urano e Nettuno (figura 1).

7 Figura 1Sequenza dei pianetidel Sistema solarein una scala chene rispetta le realiproporzioni.

Durante il periodo di formazione della Terra, l’energia liberata dai materiali ra-dioattivi imprigionati al suo interno causò un consistente aumento della suatemperatura. Col passare del tempo, tuttavia, la superficie del nostro pianeta co-minciò a raffreddarsi a causa della dispersione di calore, dando così luogo allacrosta esterna solida. Le rocce più antiche di questo strato hanno, infatti, un’etàdi circa 4,1 miliardi di anni.

È probabile che sulla Terra primitiva l’atmosfera fosse costituita da idrogeno edelio, ma questi elementi si dispersero nello spazio perché sono due gas molto leg-geri, in grado di sfuggire alla forza di gravità terrestre. Grazie alle emissioni deivulcani, però, si formò un secondo tipo di atmosfera, differente sia dalla atmosferaprimitiva sia da quella attuale. Non siamo certi della precisa composizione di que-sta atmosfera, ma di certo era priva di ossigeno. Tuttavia, essa conteneva il vaporeacqueo emesso dai geyser, che formava nubi di vapore in quota e poi ricadeva a terrasottoforma di pioggia. Grazie al ripetersi di questo fenomeno, ebbero origine i pri-mi oceani, caldi e poco profondi, ma ideali per la formazione della vita (figura 2).

7 Figura 2L’atmosfera primordiale della Terra eraricca di gas che provenivano dalle eruzionivulcaniche e di vapore acqueo provenientedai geyser, ma era molto sottile e non facevada scudo contro il bombardamentodi meteoriti proveniente dallo spazio.

Mercurio

Venere

Terra

MarteGiove Saturno

Urano Nettuno

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A4

La storia della Terra e la comparsa delle prime forme di vitaNel primo miliardo di anni dalla sua formazione non abbiamo testimonianzedella presenza di esseri viventi sulla superficie della Terra. Nella scala dei tem-pi geologici questo periodo di tempo è compreso nel Precambriano, un eoneche va dalla formazione della Terra – circa 4,6 miliardi di anni fa, quando ilpianeta era ancora formato da materiali incandescenti – fino a 541 milioni dianni fa (figura 3).

Intorno a 3,8 miliardi di anni fa comparvero nei bacini oceanici i primi orga-nismi unicellulari e nel giro di un altro miliardo di anni gli organismi autotrofiiniziarono a liberare ossigeno nell’atmosfera. Le tracce fossili di questo periodosono però molto scarse, per cui non è semplice ricostruire le varie fasi dell’evolu-zione biologica più antica. Tale carenza risulta comprensibile se si pensa ai nume-rosi sconvolgimenti geologici, che nel corso del tempo hanno interessato la Terra,come la formazione delle catene montuose e di nuovi oceani.

Con il passaggio al periodo Cambriano, però, la storia del nostro pianeta si èfatta più chiara, grazie al ritrovamento di molti reperti fossili. Questo eone, dettoFanerozoico, è stato suddiviso in tre ere geologiche: Paleozoico, Mesozoico e Ce-nozoico. A questo periodo risale un evento fondamentale nella storia della vitasulla Terra, l’esplosione cambriana, avvenuta circa 530 milioni di anni fa, chetestimonia la rapida comparsa di tutti quegli organismi che possiamo considera-re i diretti antenati delle odierne forme di vita.

Negli ultimi 10 000 anni le conoscenze che abbiamo a disposizione sulla storiapassata sono diventate sempre più numerose e precise, anche grazie alle nozionigeologiche e all’elevato numero di reperti fossili che ci sono pervenuti.

Nel Paleozoico è avvenuta l’estinzione di quasi tutti i viventiLe più antiche testimonianze di vita animale oggi conosciute risalgono alla finedel Precambriano (650 milioni di anni fa) e provengono da reperti fossili trova-ti in abbondanza presso le Ediacaran Hills in Australia. Reperti più recenti, che

Le paroleLa storia del nostro pianeta vienesuddivisa in intervalli di tempo chehanno un nome diverso a seconda delladurata: un eone comprende miliardidi anni, un’era geologica centinaia dimilioni, un periodo decine di milioni,un’epoca milioni e col termine età siindicano migliaia di anni.

Le paroleIl termine fossile deriva dal participiopassato del verbo latino fodĕre, chesignifica «scavare», in relazione al fattoche i fossili sono quasi sempre ritrovatinegli strati rocciosi più profondi.

5 Figura 3Se rappresentiamo la storia dellaTerra come un calendario e unorologio, ogni giorno corrisponde a unintervallo di 150 milioni di anni.

Primi ominidi

Originedella vita

Compaionole celluleeucariotiche

Compare lafotosintesi

Fossilipiù antichi

Organismipluricellulari

1 2 3 4 5

9 10 11 12

16 17 18 19

23 24 25 26

30

8

15

22

29

7

14

21

28

6

13

20

2727 28 29 30

30292827Abbondantiresti fossilidi forme viventiacquatiche

Prime pianteterrestri

Primi animaliterrestri

Foreste cheformerannoi giacimentidi carbone

Abbondanti insetti

Primi mammiferi

Dominano idinosauri

Primi uccelli

Prime piantecon i fiori

Grande diffusionedei mammiferi

4,6 → 3,8 miliardi di anni faLa Terra si forma, passa allostato fuso e poi si solidificala crosta. L’atmosferaprimordiale viene persa esostituita dai gas esalatidal sottosuolo, ma non c’èossigeno nell’aria. Si formal’idrosfera per condensazionedel vapore acqueo.

3,8 → 2,8 miliardi di anni faCompaiono i primi organismiunicellulari, che vivononelle acque calde dei mariprimordiali. Si sviluppano leprime forme di vita capacidi liberare ossigeno, chesi accumula lentamentenell’aria.

700 → 600 milioni di anni faC’è una rapida diversificazionedi forme di vita complesse,che popolano le acquemarine e raggiungono grandidimensioni. Compaiono iprimi vertebrati, cioè i pesci.

300 milioni di anni faAvviene la conquistadella terraferma daparte di vegetali eanimali. Vaste forestecoprono i continenti,popolati da forme di vitadi ogni genere.

3-1 milioni di anni faCompaiono i primiominidi, ovvero gliantenati dell’uomo.

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capitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellule

risalgono all’inizio dell’era paleozoica (530 milioni di anni fa), sono stati inveceindividuati in una formazione rocciosa detta Burgess Shale, sulle montagne delCanada occidentale, e comprendono animali sia a corpo molle sia dotati di con-chiglia in eccellente stato di conservazione.

Durante il Paleozoico, inoltre, si moltiplicarono le forme di vita marine, com-parvero un gran numero di piante terrestri e i primi vertebrati; in questa era ebbeanche inizio la colonizzazione delle terre emerse da parte degli insetti e degli an-fibi (come le rane che hanno una parte iniziale di vita acquatica e una vita adultada animali terrestri, in cui respirano aria) e comparvero i primi rettili.

L’era paleozoica terminò circa 245 milioni di anni fa con un avvenimento ca-tastrofico le cui cause sono ancora oggi materia di discussione tra gli scienziati.Un’ipotesi molto accreditata è quella che si sia verificato un drastico e improv-viso cambiamento climatico, dovuto forse a una glaciazione che ha abbassatoil livello degli oceani, o all’enorme esplosione di un vulcano in Siberia, oppureancora alla caduta di un meteorite nell’attuale Cina meridionale. Di fatto, questoevento è considerato il più catastrofico di tutta la storia del nostro pianeta e hadato luogo alla cosiddetta estinzione permiana, che ha provocato la scomparsadell’85-90% delle specie allora viventi, soprattutto di quelle marine.

Il Mesozoico è l’era dei dinosauriL’era mesozoica (245-65 milioni di anni fa) viene suddivisa in tre periodi: Triassi-

co, Giurassico e Cretaceo. Il clima tipico di questa era geologica era piuttosto caldoe secco e le terre emerse erano popolate soprattutto da conifere e rettili. In par-ticolare, a partire dal Giurassico il vasto e diversificato gruppo dei dinosauri fudominante insieme a quello dei rettili volanti (per esempio, gli pterosauri) e ac-quatici (come gli ittiosauri). Comparvero e iniziarono a diffondersi anche piccolimammiferi e i primi uccelli: il passaggio evolutivo dai dinosauri agli uccelli ètestimoniato dai fossili di Archaeopteryx (figura 4), che presenta le caratteristichedi entrambi i gruppi.

Anche il Mesozoico terminò con una catastrofe planetaria, forse meno scon-volgente di quella che pose fine al Paleozoico, ma più conosciuta; questa catastro-fe provocò, infatti, l’estinzione di tutti i dinosauri a causa di una significativamodificazione climatica che portò a un importante abbassamento della tempe-ratura globale per un lungo periodo. Gran parte dei ricercatori concorda nell’af-fermare che tale catastrofe sia stata causata da due eventi: la caduta del meteoriteche ha formato il cratere Chicxulub, nello Yucatan (Messico), e le eccezionali eru-zioni vulcaniche avvenute nella regione del Deccan (India).

Il Cenozoico arriva fino a oggiL’era cenozoica comprende gli ultimi 65 milioni di anni ed è caratterizzata dauna grande quantità di reperti fossili e informazioni di tipo geologico, perciò vie-ne suddivisa non solo in periodi (Paleogene e Neogene), ma anche in epoche (dal piùantico Paleocene al più recente Olocene).

Il clima del Cenozoico era mediamente più freddo rispetto all’era precedente,perciò si vennero a formare nuovi ambienti naturali in cui avvenne un’enormediffusione delle angiosperme (le piante provviste di fiori), che diventarono benpresto le piante dominanti. Tra gli animali comparvero nuove forme di pesci, uc-celli e insetti e si diversificarono molto i mammiferi. Le attuali forme viventi dipiante e animali sono solo una piccola parte delle specie che comparvero duranteil Cenozoico; molti mammiferi di grandi dimensioni si estinsero nel corso di que-sta era geologica, probabilmente a causa delle ripetute glaciazioni.

1 Figura 4Il fossile di Archaeopteryx conservato alMuseum für Naturkunde di Berlino.

1. Che cosa indica l’espressione«Big Bang»?

2. Che differenza c’è traUniverso e Sistema solare?

3. Come ha avuto originel’atmosfera?

4. Che cosa indica l’espressione«esplosione cambriana»?

5. Quali forme di vita eranopresenti nel Giurassico?

6. Che cosa avvenne nelCenozoico?

Facciamoil punto

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A6

L’ipotesi di Oparin sulla comparsa della vita sulla TerraLa prima ipotesi scientificamente fondata sull’origine della vita fu elaborata dalbiochimico russo Aleksandr Oparin (1894-1980) e venne ripresa dal genetistascozzese John Burdon Haldane (1892-1964). Secondo questi scienziati, la compar-sa della vita sulla Terra fu preceduta da una lunga serie di eventi che prende ilnome di evoluzione chimica.

Non sappiamo ancora con certezza quali gas fossero presenti nell’atmosferaprimitiva e nei mari durante questo periodo di tempo, ma grazie all’analisi diminerali e rocce possiamo tuttavia affermare che:

1. l’ossigeno libero era quasi del tutto assente nell’atmosfera, mentre eranoabbondanti l’azoto e il diossido di carbonio;

2. i quattro elementi che oggi costituiscono più del 95% della struttura degliorganismi viventi (H, O, C, N) erano già presenti nell’atmosfera e nelle acque,sotto forma di elementi isolati o di composti (figura 5). L’ossigeno non erapresente come molecola libera di O2, ma era legato all’idrogeno per formarel’acqua, al carbonio per formare diossido di carbonio e ad altri elementichimici, come il silicio, presenti all’interno delle rocce.

Oltre a questi elementi e composti, sul nostro pianeta era disponibile anche mol-tissima energia che si manifestava sotto forma di scariche elettriche, fenomeniradioattivi, radiazioni luminose provenienti dal Sole e calore, generato dai prece-denti processi e in gran parte proveniente dal centro della Terra. Oparin ipotizzòche, in tali condizioni, dai gas dell’atmosfera si sarebbero potute formare grandiquantità di molecole organiche che in seguito si sarebbero raccolte nei mari enei laghi del pianeta, dando origine a un «brodo primitivo». In questi ambienti,piccole molecole contenenti carbonio avrebbero reagito tra loro per formare mo-lecole più grandi, le biomolecole.

Oparin diede così forma a un’intuizione di Charles Darwin (1809-1882), che inuna lettera del 1871 sosteneva che la vita avrebbe potuto originarsi «in una pozzad’acqua calda» in cui fossero disponibili dei sali minerali insieme a luce, caloreed elettricità.

L’esperimento di Miller-Urey conferma l’ipotesi di OparinOparin pubblicò le sue ipotesi nel 1922, ma la comunità scientifica non diede loromolto credito. Verso la metà del secolo scorso, però, si ebbe la prima confermasperimentale dell’ipotesi di Oparin grazie al lavoro di Stanley Miller e di HaroldUrey, due ricercatori dell’Università di Chicago.

Miller e Urey simularono in laboratorio le condizioni ambientali ritenute pro-babili sulla Terra primitiva (figura 6); fecero circolare alcuni gas come l’idrogeno, ilvapore acqueo, il metano e l’ammoniaca fra un «oceano» posto in basso (una fiascadi vetro contenente acqua riscaldata) e una sovrastante «atmosfera» (un altro con-tenitore di vetro posto in alto). In questo sistema chiuso, l’«oceano» veniva riscalda-to per far evaporare l’acqua, che saliva nell’«atmosfera» dove erano presenti moltescariche elettriche che simulavano l’azione dei fulmini. A questo punto i gas «tor-navano al suolo» scendendo in un tubo raffreddato per far condensare il vapore efarlo tornare allo stato liquido: le gocce contenevano tracce di molecole organicheche si accumulavano in basso, nella porzione di tubo che si ricollegava all’oceano.

Dopo una settimana di attività, Miller e Urey analizzarono la soluzione e sco-prirono che conteneva diversi tipi di amminoacidi e altre molecole organiche.Con questo esperimento i due ricercatori dimostrarono in laboratorio che le bio-molecole possono essersi formate spontaneamente a partire da composti chimicipiù semplici. Attraverso altri esperimenti simili, sono stati successivamente pro-

1 Figura 5Gli elementi chimici all’originedella vita (H, O, C, N) formanoil diossido di carbonio (CO2), ilmetano (CH4), l’ammoniaca (NH3)e l’acqua (H2O).

2Le diverse ipotesisull’origine della vita

CO2

CH4

NH3

H2O

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capitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellule

dotti quasi tutti gli amminoacidi e anche i nucleotidi, i componenti strutturalidel materiale ereditario, il DNA e l’RNA.

In seguito, altri ricercatori hanno preso in considerazione nuove ipotesi sul-la composizione dell’atmosfera, soprattutto per quanto riguarda l’apporto disostanze che giunge dalle eruzioni vulcaniche; anche attualmente sono infattipresenti camini idrotermali, piccoli crateri che si trovano sul fondo degli oceani, dacui esce acqua calda proveniente dall’interno della Terra (figura 7). Questo fattoha condotto alcuni ricercatori, tra cui il tedesco Günter Wächtershäuser, a ipo-tizzare che la vita si sia originata in questi ambienti, sfruttando la disponibilitàdi calore e di composti contenenti ferro e zolfo. Nel settembre del 2016, però, unarticolo apparso sulla rivista Scientific Reports ha messo in discussione le deduzio-ni di Wächtershäuser, sostenendo che le biomolecole sarebbero state danneggiatedalle temperature fin troppo alte di queste zone dell’oceano.

In disaccordo con le ipotesi sull’origine della vita formulate da Oparin, alcu-ni scienziati hanno ipotizzato che le forme di vita più semplici attualmente esi-stenti siano comunque troppo complesse per avere avuto origine sulla Terra. Essihanno quindi spostato la ricerca dell’origine della vita nello spazio interstellaree formulato una serie di ipotesi che va sotto il nome di teoria della panspermia.Qualunque sia stata la loro origine, oggi è possibile sostenere che le biomolecolee gli aggregati presenti nelle acque primordiali siano state quelle avvantaggiatedal punto di vista chimico-fisico e pertanto favorite da un processo di selezione

prebiologica, si è infatti diffuso nell’ambiente il sistema in grado di duplicarsi conmaggiore efficienza.

Le prime cellule si sono formate assemblando biomolecoleIl lavoro dei primi studiosi sull’origine della vita diede risultati tanto soddisfa-centi che sembrò imminente una spiegazione completa sul modo in cui si fossegiunti alla comparsa delle cellule. Ma le cose non andarono così, perché la spiega-zione del passaggio dalle biomolecole alle cellule risultò molto più complessa diquanto ci si potesse attendere.

Secondo Oparin, una volta avviata la loro sintesi, col passare del tempo le bio-molecole sarebbero diventate via via più numerose nei mari, per cui si sarebberotrovate sempre più vicine a causa della maggiore concentrazione. Ciò avrebbe fa-vorito la loro combinazione, dando luogo a piccoli sistemi. A questo punto, all’e-voluzione chimica avrebbe fatto seguito una nuova fase del processo, che Oparinchiamò evoluzione prebiologica.

d

Scaricheelettriche

Sistemadi raffreddamento

Condensazionedel vapore

Acquariscaldata

Circolazionedei gas

7 Figura 6L’esperimento di Miller e Urey riuscì adimostrare che le molecole organichepotevano formarsi spontaneamentepartendo dalla materia inorganica.

1 Figura 7I camini idrotermali sottomarini sonosorgenti poste sul fondo dell’oceanoattraverso cui fuoriesce acqua a 400 °C,ricca di minerali sulfurei e ferrosi provenientidall’interno della Terra.

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A8

Oparin immaginava dei sistemi complessi non ancora pienamente viventi,detti coacervati, formati da sostanze oleose che in acqua non si disperdevano.Nel 1956, lo statunitense Sidney W. Fox propose l’ipotesi dei proteinoidi, aggre-gati proteici che si formano spontaneamente in seguito a riscaldamento e cheavrebbero potuto mostrare una versione primitiva e abbozzata del modernometabolismo. Fox proponeva una soluzione a uno dei due aspetti problematicisu cui poggia l’origine della vita, quello di come i primi organismi viventi otte-nessero energia e materiali per crescere e riprodursi. Fox, tuttavia, non riuscì achiarire il secondo problema fondamentale per i viventi, quello della capacitàdi riprodursi.

Le proteine sono i «mattoni» del metabolismo, ma le cellule hanno bisognoanche del «libretto di istruzioni» che guidi la loro riproduzione e questa infor-mazione è rappresentata dal DNA. Questi due componenti sono indissolubili: allecellule servono le proteine per produrre il DNA, ma serve il DNA per produrre leproteine. La soluzione a questo dilemma è stata proposta inizialmente tra il 1967e il 1968 da diversi biologi ed è stata elaborata e completata nel corso dei trent’an-ni successivi, portando a quello che è chiamato lo scenario del mondo a RNA(figura 8). Questa ipotesi prevede che i sistemi chimici dai quali ha preso avvio lavita fossero basati interamente sull’RNA, uno dei due acidi nucleici presenti nellecellule (l’altro è il DNA). La molecola di RNA avrebbe potuto formarsi anche pervia non biologica nelle condizioni della Terra primordiale e avrebbe svolto sia ilruolo di catalizzatore sia quello di memoria genetica. Proteine e DNA, che svol-gono queste funzioni nelle cellule attuali, avrebbero avuto origine in una fasesuccessiva dell’evoluzione biochimica.

A partire dal mondo a RNA, si sono susseguiti diversi cambiamenti evolutividi grande importanza; primo fra tutti è stata la comparsa di una membrana lipi-dica in grado di avvolgere i primi organismi senza però isolarli completamentedall’ambiente. Circa 3,5 miliardi di anni fa sono comparse le prime cellule foto-sintetiche che ricavavano energia dalla luce solare: le cellule procariotiche. Risale,invece, a 1,5 miliardi di anni fa la comparsa delle cellule eucariotiche, che sono piùgrandi e più complesse di quelle procariotiche e sono caratterizzate da suddivi-sioni interne specializzate, tra cui il nucleo e gli organuli.

Le paroleIl termine metabolismo derivadal greco metabolé che significa«cambiamento» e indica l’insieme ditutte le reazioni che si svolgono in unacellula.

A colpo d'occhio

EVOLUZIONECHIMICA

EVOLUZIONEPREBIOLOGICA

EVOLUZIONEBIOCHIMICA

MONDOA DNA(CELLULE)

MONDOA RNA

VITASULLA TERRA

RNAa singolofilamento

Membranalipidica DNA

Enzima

Catena diamminoacidi

Proteina

Ribosoma

Ribozima RNAa doppiofilamento

1 Figura 8L’ipotesi di un «mondo a RNA» prevedeche prima della comparsa del DNA, l’RNAagisse sia da programmatore della sintesiproteica sia da catalizzatore per la propriaduplicazione (ribozima). Le molecole diDNA, deputate a conservare le informazionigenetiche, potrebbero essersi evolute inseguito, a partire dall’RNA.

Tutti i viventi hanno alcune caratteristiche in comuneA prescindere da come si siano originate, oggi esistono molte forme di vita sullaTerra e ogni giorno ne vengono scoperte di nuove. Può essere complesso dare unadefinizione del termine «vivente», per cui è forse meglio considerare analogie edifferenze con ciò che consideriamo «non vivente». Esistono infatti alcuni aspet-ti che permettono di classificare le rocce come non viventi e i coralli o i lichenicome viventi; vediamo i più importanti (figura 9).

Tutti gli esseri viventi sulla Terra sono formati da cellule: alcuni sono formatida una sola cellula (organismi unicellulari), altri sono organismi pluricellulari, mapossono essere grandi come uno squalo balena o piccoli come le spugne. Ogni

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capitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellule

organismo preleva energia dall’ambiente per costruire le proprie molecole es-senziali e svolgere i processi chimici. Queste molecole sono chiamate biomolecole

e sono composti «organici», cioè composti del carbonio che non possono essereprodotti senza la presenza di almeno una cellula. Appartengono a questo gruppole proteine, i carboidrati, i lipidi e gli acidi nucleici.

Oltre a ciò, tutti i viventi si riproducono, sono cioè in grado di trasmettere ilproprio materiale genetico alla propria discendenza che, pertanto, saranno simi-li a chi li ha generati. Gli organismi sono anche adattati all’ambiente in cui vi-vono: in seguito a un lungo processo, chiamato evoluzione, ogni vivente è in gradodi sopravvivere nel suo ambiente. Inoltre, rispondono agli stimoli provenientidall’ambiente esterno, come nel caso dei cactus che vivono nel deserto, che apro-no i loro fiori solo di notte per proteggerli dal caldo diurno.

Attualmente tutta la vita esistente sulla Terra è presente in una fascia denomi-nata biosfera, che comprende tutta la superficie terrestre e si estende per 8-10 kmnell’atmosfera e nelle profondità marine.

Tutti gli organismi che vivono sulla Terra sono fatti da due soli tipi di cellule:alcuni sono unicellulari, vivono in quasi tutti gli ambienti terrestri e sono co-stituiti da cellule piccole e non suddivise in compartimenti interni; questo tipodi cellula si chiama cellula procariotica e questi organismi sono detti procarioti.Invece gli eucarioti comprendono sia organismi unicellulari, sia organismi pluri-cellulari e le cellule che li costituiscono, chiamate cellule eucariotiche, sono piùgrandi e più complesse di quelle procariotiche: il loro citoplasma è suddiviso incompartimenti, il più importante dei quali è il nucleo, che contiene il DNA.

A colpo d'occhio

FORMATO DA CELLULE

SI RIPRODUCE

RISPONDE AGLI STIMOLI

È ADATTATOALL’AMBIENTE

ASSORBE E CONSUMAENERGIA

ESSEREVIVENTE

Le paroleIl termine eucariote deriva dal greco econtiene le parole eu-, «vero» e karion,«nucleo»; significa quindi «con un veronucleo»; procariote significa invece«prima del nucleo». L’etimologia èlegata alla possibilità di vedere o menoil nucleo durante le osservazioni almicroscopio.

7 Figura 9I viventi sono formati dacellule (A), estraggonoenergia dall’ambiente (B),si riproducono (C), si sonoadattati all’ambiente in cuivivono (D) e rispondono aglistimoli (E).

A BUna foglia vista almicroscopio mostra tantepiccole celle collegate tra

loro, le cellule.

Gli animali assorbono energiadal cibo, mentre le piante la

ricavano dalla luce solare.

1. Che cosa prevede l’ipotesidi Oparin sulla sintesi delleprime molecole organiche?

2. Descrivi brevementel’esperimento di Miller-Urey.

3. Che cosa si intende per«evoluzione prebiologica»?

4. Quali aspetti differenziano gliesseri viventi dai non viventi?

5. Che cosa distingue iprecarioti dagli eucarioti?

Facciamoil punto

C D E

Le stelle alpine sisono adattate alfreddo mediantepeli sulle foglie, suipetali e sul fusto.

Gli uccellimigratoririspondono allostimolo del freddoinvernale mediantemigrazioni versole zone tropicali.

Gli organismisi riproducono egenerano individuisimili a loro, acui trasmettonole propriecaratteristiche.

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Il microscopio ha rivelato un mondo sconosciutoL’osservazione e lo studio dei viventi è antica quanto l’uomo, ma soltanto nel Sei-cento ci si è resi conto dell’esistenza di microrganismi invisibili a occhio nudo.Tale scoperta è stata resa possibile dall’invenzione del microscopio.

I primi microscopi di cui si ha notizia possono essere attribuiti a Galileo e aCartesio. Tuttavia, le prime osservazioni sistematiche vennero effettuate dall’o-landese Antony van Leeuwenhoek (1632-1723) e dall’inglese Robert Hooke (1635-1703). A Hooke, fisico, matematico e naturalista si devono molte intuizioni, tracui la teoria ondulatoria della luce e l’idea di poter determinare l’accelerazionedi gravità. Hooke fu anche autore, nel 1665, del primo trattato di microscopia,Micrographia, che illustra con splendide tavole molti tipi di cellule diverse; traesse le prime che destarono la sua curiosità furono quelle del sughero (figura 10).I primi microscopi, tuttavia, causavano alterazioni molto pronunciate nell’im-magine che fornivano all’occhio, il che li rendeva poco affidabili e difficili dausare. Le prime lenti con prestazioni abbastanza elevate, tanto da trasformare ilmicroscopio in un vero e proprio strumento per osservazioni scientifiche, risal-gono alla fine del Settecento.

Senza l’aiuto di uno strumento ottico, l’occhio umano è in grado di distingue-re oggetti distanti tra loro non meno di 1/10 di millimetro, pari a 100 µm (micro-metri); la capacità di mostrare come distinti, o separati, due punti vicini è dettapotere di risoluzione (tabella 1). Per esempio, se si osservano due linee distantifra loro meno di 0,1 mm, esse appariranno come un’unica linea spessa; analoga-mente, due puntini distanti meno di 0,1 mm appaiono come un unico puntinosfumato. Al contrario, se si osservano a occhio nudo due linee (o due puntini) chedistano 120 mm, esse appariranno ben distinguibili l’una dall’altra.

La maggior parte delle cellule eucariotiche ha un diametro compreso tra i 10e i 30 µm, circa 3-10 volte al di sotto del potere di risoluzione dell’occhio umano;le cellule procariotiche sono ancora più piccole. Per distinguere le singole cellulee osservare la loro struttura interna, quindi, dobbiamo utilizzare strumenti cheaumentino il potere di risoluzione del nostro occhio.

1 Figura 10Alcune pagine dell’opera Micrographia diRobert Hooke, nella quale lo scienziatoriporta immagini e descrizioni delle sueosservazioni: un tappo di sughero, parti diinsetti, foglie e semi.

centimetro 1 cm = 1/100 m

millimetro 1 mm = 1/1000 m = 1/10 cm

micrometro 1 µm = 1/1 000 000 m = 1/10 000 cm

nanometro 1 nm = 1/1 000 000 000 m = 1/10 000 000 cm

angstrom 1 Å = 1/10 000 000 000 m = 1/100 000 000 cm

notazione esponenziale 1 m = 102 cm = 103 mm = 106 µm = 109 nm = 1010 Å

3 Tabella 1La conversione delle unitàdi misura utilizzate nelleosservazioni al microscopio.

La cellula è l’unità di base di tutti gli esseri viventiDall’osservazione del sughero Hooke inventò il termine «cellula» per definire lepiccole cellule che vedeva al microscopio, ma lo stesso termine acquisì un’im-portanza molto maggiore nell’Ottocento, grazie agli studi di Matthias Schleiden,Theodor Schwann e Rudolf Virchow.

Uno dei principi fondamentali della biologia è che tutti gli organismi viventisono formati da una o più cellule tra loro molto simili. Questo concetto è d’impor-tanza capitale per la biologia in quanto mette in evidenza l’unitarietà di base ditutti i sistemi viventi e anche la loro origine comune.

Le caratteristiche generali che contraddistinguono una cellula da altri sistemichimici sono:

• la presenza di quattro tipi di composti organici chiamati biomolecole(le proteine, gli zuccheri, i grassi e gli acidi nucleici);

CuriositàNel 1838 il botanico tedesco Schleidengiunse alla conclusione che tutti itessuti vegetali sono costituiti dainsiemi organizzati di cellule. L’annoseguente lo zoologo Theodor Schwannestese le osservazioni di Schleiden aitessuti animali e propose una basecellulare comune a tutti gli organismiviventi. Nel 1858, infine, l’idea che tuttigli organismi fossero formati da una opiù cellule assunse un significato ancorapiù ampio, quando l’anatomopatologoRudolf Virchow affermò che le cellulepossono essere originate solo da altrecellule preesistenti.

3Le caratteristichedelle cellule

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A11

capitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellule

• l’esistenza di una membrana plasmatica, che separa la celluladall’ambiente circostante e le permette di mantenere una propria identitàchimica;

• la presenza di citoplasma all’interno della membrana plasmatica,un materiale semifluido in cui avvengono tutte le reazioni cellulari(metabolismo);

• la presenza di enzimi, un tipo di proteine indispensabili per il controllo el’attivazione delle reazioni chimiche da cui dipende la vita;

• la capacità di dividersi e dare origine a nuove cellule;• la possibilità di evolversi grazie a piccole variazioni che compaiono nel

corso delle generazioni; l’evoluzione è il processo che ha prodotto tutti gliorganismi attuali a partire dalle prime cellule comparse sulla Terra.

Le cellule hanno tutte piccole dimensioniLa cellula di un batterio come Escherichia coli ha un diametro di circa 1 µm e unvolume di circa 1 µm3; in generale questo è l’ordine di grandezza dei procarioti. Lecellule eucariotiche, invece, sono 10 volte più grandi come diametro e fino a 1000volte più grandi come volume. Nella gran parte dei casi, quindi, le cellule sonopiccole e invisibili a occhio nudo (figura 11).

Il limite principale alle dimensioni della cellula è stabilito dal rapporto trasuperficie e volume. Il volume corrisponde alla quantità di citoplasma e puòessere preso come stima della quantità di attività chimica svolta dalla cellula.Invece la superficie corrisponde all’estensione della membrana e influisce sullaquantità di sostanze che la cellula può scambiare con l’esterno, poiché è graziealla membrana che i nutrienti sono prelevati dall’ambiente e i prodotti di scartosono riversati all’esterno.

5 Figura 11La scala delle dimensioni degli oggetti,da 0,1 nm a 1 km, con indicati glistrumenti più adeguati per osservarli.

Il diametro della maggior parte delle celluleè compreso nell’intervallo da 1 a 100 µm.

Questa scala è logaritmica: ogni unità è 10volte maggiore di quella che la precede.

Canarino

Balenottera azzurra

Sequoiacaliforniana

Proteine

Celluleprocariotiche Uova di rana

Bambino di un anno

Lipide

Fago T4(virus)

Atomo

Piccolemolecole

0,1 nm 1 nm 10 nm 100 nm 1 µm 10 µm 100 µm 1 mm 10 mm 100 mm 1 m 1 km10 m 100 m

Mitocondrio

Cellule animalie vegetali

Occhio umanoMicroscopio elettronico

Microscopio ottico

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A12

fontedi luce

immagine vistadirettamente

lentedell’oculare

lentedell’obiettivo

campione

microscopio ottico

fascio di luce

lente delcondensatore

immagine su schermofluorescente

TEM

lentedi proiezione

lentedell’obiettivo

campione

fascio dielettroni

lente delcondensatore

fontedi elettroni

campione

immaginesu schermo

SEM

lente magneticadi proiezione rivelatore

deflettoredel fascio

fascio dielettroni

lente magneticadel condensatore

fontedi elettroni

3 FiguraConfronto tra ilmicroscopio ottico(A), il microscopioelettronico atrasmissione (B)e il microscopioelettronico ascansione (C).

C

I microscopi possono essere ottici, elettronici o al laser

Oggi un microscopio ottico (figura A)ha potere di risoluzione di 200 nm;

utilizzando obiettivi adatti, come quelli aimmersione in olio, si possono ottenereingrandimenti di circa 1000-1200 volterispetto alle dimensioni originarie delcampione, sufficienti a distinguere leprincipali strutture cellulari e gli organuli piùgrandi.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia,una cellula osservata al microscopio apparedi un colore uniforme e semitrasparente.Per rendere visibili le diverse strutture ènecessario trattare i campioni da osservarecon speciali coloranti (come l’eosina o il bludi metilene), in grado di colorare in mododiverso, per esempio, i nuclei e il citoplasma.

È praticamente impossibile costruireun microscopio ottico più efficace perchéquesto è il massimo livello di risoluzioneottenibile dalla lunghezza d’onda dellaluce; per visualizzare strutture più piccole ènecessario ricorrere ad altre fonti di energia.

Il microscopio elettronico a trasmissione(TEM) ha un potere di risoluzione di circa1000 volte quello del microscopio ottico(figura B).

Esso sfrutta una sorgente con lunghezzad’onda molto più corta, costituita da fascidi elettroni invece che da raggi luminosi.Gli elettroni sono componenti degli atomi,ma hanno un comportamento ondulatorioe possono essere utilizzati al postodella radiazione luminosa. I microscopielettronici a trasmissione offrono oggiun potere di risoluzione di circa 0,2 nm,approssimativamente 500 000 voltemaggiore di quello dell’occhio umano, masono meno agevoli da usare: il preparatodeve essere una sezione estremamentesottile per far passare gli elettroni – siricorre per questo a uno strumentochiamato microtomo – e deve trovarsi in unambiente privo di aria. L’immagine ottenutaal TEM permette di vedere particolaristrutturali che altrimenti sarebbero invisibili,ma è in bianco e nero e deve essere colorataper migliorarne la visione.

Il microscopio elettronico a scansione(SEM) utilizza un fascio di elettroni cheviene fatto scorrere su tutta la superficiedel campione (figura C). Questo consentedi ottenere rappresentazioni tridimensionalidi cellule e di strutture cellulari. Il suo potererisolutivo va da 1 a 5 nm.

Una tecnica molto recente è lacriomicroscopia elettronica, in cui ilcampione da osservare viene congelato inetano liquido ed è poi osservato per pochiistanti prima che si deteriori. La risoluzionedelle immagini così ottenute è molto alta epermette di decifrare la forma di strutturesconosciute: un esempio è l’involucro esternodel virus Zika.

Esiste, poi, il microscopio a forzaatomica, che non usa lenti e non necessita dialcun trattamento del campione; in questostrumento, una microsonda del diametrodi circa 20-30 nm viene fatta scorrere sulcampione mentre è illuminata da un raggiolaser. Le oscillazioni dovute alla forma delcampione (sporgenze, cavità), causano lospostamento della luce laser riflessa dallasonda. Questi spostamenti sono registratidalla macchina che costruisce un’immaginetridimensionale della superficie del campioneanalizzato. Questo strumento ha un potererisolutivo nell’ordine di 0,1 nm e si usa perstudiare singole macromolecole. In molticasi è interessante osservare uno stessopreparato con i diversi tipi di microscopi,poiché ognuno è in grado di fornire diverse especifiche informazioni.

2 - Per saperne di pi•

BA

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A13

capitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellule

La figura 12 mostra come in un solido geometrico il rapporto tra superficie e vo-lume aumenti rapidamente a mano a mano che il volume diminuisce. Analoga-mente, le cellule più piccole hanno un rapporto maggiore tra area superficiale evolume rispetto a quelle grandi, se si considera che abbiano la stessa forma. Seper semplicità consideriamo modelli cellulari di forma cubica aventi spigolo l, nederiva che la superficie sarà s = 6 · l 2 e il volume V = l 3. Pertanto al diminuire di l ilvolume diminuirà più rapidamente della superficie e il rapporto s/V aumenterà.Tale rapporto ha influenza sulla sopravvivenza della cellula, in quanto è di vitaleimportanza che essa comunichi costantemente con l’ambiente circostante per ef-fettuare uno scambio di materiali, infatti sia le sostanze che sono introdotte nellacellula sia quelle di rifiuto che vengono espulse devono attraversare la membra-na plasmatica. Queste sostanze sono i materiali di partenza e i prodotti finali delmetabolismo cellulare: quanto più è attivo il metabolismo della cellula, tanto piùrapidamente devono avvenire gli scambi con l’ambiente, affinché la cellula possacontinuare a svolgere le sue funzioni.

4 cm 2 cm 1 cm

Volume 64 cm3 64 cm3 64 cm3

Superficie 96 cm2 192 cm2 384 cm2

Superficie 96 1,5 64

= 192 3 64

= 384 6 64

=Volume

Nelle cellule più piccole il rapporto tra area superficiale e volume è maggioreche nelle cellule più grandi; per questo, in un dato periodo di tempo, la quantitàdi sostanze che possono entrare o uscire da esse è proporzionalmente maggio-re, perciò le cellule più piccole sono in genere metabolicamente più attive.

Un’altra possibilità di rendere più efficienti gli scambi con l’esterno e aumen-tare la velocità del metabolismo può giungere dalla modifica della forma dellacellula. Una cellula di forma appiattita e con una superficie frastagliata avrà unrapporto s/V molto superiore a una cellula sferica con lo stesso volume. Per que-sto, sebbene le cellule poste singolarmente in un ambiente liquido tendano adavere un aspetto sferico, in un contesto differente possono mostrare una grandevarietà di forme. Per esempio, le cellule delle piante, dei funghi e di molti organi-smi unicellulari sono quasi sempre circondate da una parete cellulare rigida chene determina la forma, mentre cellule che si muovono nell’acqua e devono cattu-rare le molecole di cibo (come le amebe) tendono a cambiare la propria forma dicontinuo (figura 13).

Un altro limite alle dimensioni cellulari riguarda la capacità del nucleo diregolare i processi che si svolgono in una cellula grande e metabolicamente at-tiva; è per questo il motivo che alcuni tipi di cellule di grosse dimensioni, comele cellule muscolari umane e le cellule di alcuni funghi, dispongono di due opiù nuclei.

1. Quali sono i vantaggi offertidal microscopio ottico?

2. Quali altri tipi di microscopioesistono?

3. Che cosa distingue unacellula da un altro sistemachimico?

4. Perché una cellula piccola èfavorita rispetto a una cellulagrande?

Facciamoil punto

7 Figura 12Un cubo di 4 cm di lato, ottocubi con il lato di 2 cm esessantaquattro cubi di 1 cmhanno nel complesso lo stessovolume; tuttavia, dividendoil volume in unità più piccole,aumenta il rapporto tra areasuperficiale e volume.

1 Figura 13Forma rigida e forma variabile di dueeucarioti: una diatomea e un’ameba.

Una diatomea è un’algaprovvista di paretecellulare rigida, cheprotegge la cellula, mala confina in una formainvariata.

Questi tresolidi hanno lostesso volume,ma superficiemoltodiversa.

Un’ameba èun protozooacquaticoche puòcambiarea secondadellenecessitàmetaboliche.

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I procarioti sono piccoli e privi di nucleoI procarioti e gli eucarioti hanno in comune due caratteristiche fondamentali:una membrana esterna che separa la cellula dall’ambiente esterno, detta mem-

brana plasmatica, e il materiale genetico che dirige le attività di una cellula e le con-sente di riprodursi, trasmettendo i suoi caratteri ereditari alle cellule di nuovaformazione e ai discendenti.

I procarioti sono comparsi prima sulla Terra e hanno una struttura più sempli-ce degli eucarioti. Ciò nonostante, comprendono una grande varietà di organismiche si differenziano sia per il tipo di metabolismo che effettuano sia per l’ambientein cui vivono: esistono forme patogene (che provocano malattie), forme che non en-trano in contatto con altri organismi (pur vivendo nello stesso ambiente) e anchetipologie utili all’ambiente. I procarioti hanno tutti la stessa struttura di base, allaquale si aggiungono strutture specializzate presenti solo in alcune specie.La struttura di base delle cellule procariotiche (figura 14A) comprende:

• la membrana plasmatica, che consente alla cellula di restare distintadall’ambiente circostante;

• il citoplasma, nel quale avvengono le reazioni del metabolismo;• il cromosoma batterico, che conserva le informazioni ereditarie e consente

alla cellula di riprodursi.

La membrana plasmatica rappresenta il confine tra l’ambiente cellulare e quelloesterno e agisce come una barriera semipermeabile e selettiva; alcune sostanze posso-no attraversarla liberamente, mentre altre sono bloccate all’esterno o all’interno.

All’interno della membrana plasmatica si trova il citoplasma, una soluzioneacquosa formata da una parte più fluida, chiamata citosol, e diversi tipi di aggre-gati insolubili, tra cui i ribosomi, i siti in cui avviene la sintesi delle proteine.

Una zona particolare del citoplasma, il nucleoide, contiene il cromosoma bat-terico costituito da una molecola circolare di DNA: questa molecola fornisce leinformazioni per la sintesi delle proteine, che ha luogo sui ribosomi.

Alcuni procarioti possiedono strutture specializzateNel corso dell’evoluzione, alcune specie di procarioti hanno sviluppato struttureper adattarsi a condizioni di vita particolari. Le strutture specializzate dei batterisono la parete cellulare, la capsula, i ripiegamenti della membrana plasmatica, i fla-

gelli, i pili e il citoscheletro (figura 14B).

A colpo d'occhio

PARETE CELLULARE

CAPSULA

RIPIEGAMENTIDI MEMBRANA

PILI

FLAGELLI

CITOSCHELETRO

STRUTTURESPECIALIZZATE

Membranaplasmatica

Pili

Ribosominel citoplasma

DNA

Flagelli

Parete cellulare

5 Figura 14(A) Fotografia al microscopio elettronicoa trasmissione di un gruppo di batteriNeisseria meningitidis, con evidenziatiil nucleoide e il citoplasma. (B) Lestrutture specializzate di un batterio,come la capsula, i pili e il flagello.

4Cellule procariotichee cellule eucariotiche

Nucleotide CitoplasmaMembranaplasmatica

A B

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capitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellule

La parete cellulare è esterna alla membrana plasmatica, ha funzione di sostegno edetermina la forma della cellula. Nei batteri la parete è costituita da un complessodi zuccheri e proteine, ma la composizione chimica dei due gruppi è molto diversa.

In molti batteri, attorno alla parete è presente un ulteriore rivestimento chia-mato capsula, che aiuta la cellula ad aderire al substrato e la protegge dall’essic-camento; a differenza della parete, però, la capsula non è indispensabile alla vitadel batterio. Un tipo particolare di batteri, chiamati batteri Gram– (vedi scheda 3),possiedono una seconda membrana cellulare all’esterno della parete che li rendemaggiormente resistenti ad alcuni antibiotici.

Un’altra specializzazione riguarda i cianobatteri, un gruppo di batteri fotosin-tetici chiamati anche «alghe azzurre» (figura 15); in queste cellule la membra-na plasmatica si ripiega verso l’interno del citoplasma formando un sistema dimembrane che ospita il pigmento clorofilla e le altre sostanze responsabili dellafotosintesi. Questo stratagemma permette al batterio di ampliare la propria su-perficie fotosintetica, rendendo più efficiente il processo di produzione di zuc-cheri. Riparleremo più nel dettaglio della fotosintesi nelle prossime pagine diquesto capitolo.

1 Figura 16Il batterio Pseudomonas aeruginosa è dotatodi pili sulla superficie cellulare e di flagellinella parte terminale che ne facilitanoil movimento.

Molte specie di procarioti si muovono nell’acqua usando appendici denominateflagelli costituiti da proteine contrattili. Il flagello ha la forma di un piccolocavatappi che ruota sul proprio asse come un’elica, spingendo avanti la cellula(figura 16); senza i flagelli, la cellula non è più in grado di spostarsi.

Come vedremo, anche le cellule eucariotiche possono avere i flagelli, ma iflagelli eucariotici sono completamente diversi per struttura e funzionamento.Altri procarioti possiedono strutture più corte e più numerose chiamate pili; ipili servono a far aderire i batteri al substrato su cui vivono o alle cellule animalida cui ricavano cibo e protezione. Un tipo particolare di pili (i pili sessuali) è coin-volto nel processo di coniugazione, grazie al quale alcune specie di batteri possonoscambiarsi materiale genetico.

Infine, con il nome di citoscheletro si indica l’insieme dei filamenti attivi nel-la divisione cellulare o nel mantenimento della forma delle cellule. In passato sipensava che soltanto le cellule eucariotiche possedessero un citoscheletro, marecentemente i biologi hanno verificato che questa struttura è diffusa anche trai procarioti.

Le cellule eucariotiche presentano numerosi organuliCome le cellule procariotiche, anche quelle eucariotiche sono delimitate dauna membrana plasmatica e contengono citoplasma, ribosomi e DNA. Le cel-lule eucariotiche hanno tuttavia dimensioni maggiori, fino a dieci volte di più,e possiedono una struttura interna più complessa. Il citoplasma delle celluleeucariotiche è suddiviso in compartimenti interni delimitati da membranachiamati organuli.

5 Figura 15Fotografie al microscopio elettronico atrasmissione di cianobatteri, con evidenziatiin verde i ripiegamenti della membrana cheospitano la clorofilla e gli enzimi responsabilidella fotosintesi.

BA

Enzimi

Membranafotosintetiche

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I due tipi fondamentali di cellule eucariotiche sono la cellula animale e la cel-lula vegetale (figura 17) che, se osservate al microscopio ottico, mostrano ungrande organulo, il nucleo. Utilizzando microscopi più potenti emergono altriorganuli, come il reticolo endoplasmatico, l’apparato di Golgi, i mitocondri, i cloropla-

sti e i lisosomi.Ognuna di queste strutture costituisce un compartimento specializzato che

svolge specifiche funzioni: il nucleo contiene le informazioni ereditarie, il retico-lo endoplasmatico sintetizza le sostanze che vengono rielaborate dall’apparato diGolgi, i cloroplasti producono zuccheri e i mitocondri energia, i lisosomi degra-dano le sostanze di rifiuto. Come la membrana plasmatica, anche le membraneinterne che delimitano gli organuli sono selettivamente permeabili e contribui-scono a creare un ambiente interno diverso dal resto del citoplasma.

Nelle cellule eucariotiche si osservano anche grandi complessi di molecoleche non sono delimitati da membrane, ma che svolgono anch’essi funzioni spe-cifiche: ne sono un esempio le fibre del citoscheletro, che sostengono la cellula, nemantengono la forma e sono alla base del movimento cellulare.

Nella seconda metà dell’Ottocento imicrobiologi hanno messo a punto un

metodo di colorazione per distinguere ibatteri in base alla composizione chimicadella parete. Nel 1884 il batteriologodanese Hans Christian Gram mise apunto un sistema che prevede l’uso di uncolorante violetto, una decolorazione conalcol e una successiva colorazione con uncolorante rosso.

La tecnica, chiamata in suo onorecolorazione di Gram, permette di dividerei batteri in due categorie: i batteri Grampositivi e i batteri Gram negativi (figura).La differenza si percepisce al microscopioottico, perché i due gruppi assumono coloridiversi dopo il trattamento.

I batteri Gram positivi (Gram+), lacui parete è più spessa, assorbonoe trattengono il colorante violetto,assumendo una tinta dal blu al porpora. Nei

batteri Gram negativi (Gram-), invece, laparete è sottile e non trattiene il coloranteviola, che viene asportato dall’alcol, mentreassorbe il secondo colorante rosso; questibatteri assumono quindi una tinta dal rosaal rosso vivo.

Le differenze biochimiche e strutturalinella parete cellulare sono collegate allacapacità dei batteri di causare malattie:i batteri Gram-, per esempio, sono piùresistenti agli antibiotici che agisconoalterando la parete batterica.

La colorazione di Gram

3 FiguraBacillus antracis (A) èun esempio di batterioGram+, mentre Escherichia

coli (B) è un Gram-.

A

B

3 - Per saperne di più

5 Figura 17Rappresentazione delleprincipali componenti di unagenerica cellula animale (A)e di una cellula vegetale (B).

BA Cellula eucariote animale Cellula eucariote vegetale

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capitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellule

Le cellule vegetali e quelle dei funghi si distinguono da quelle degli animali per-ché possiedono una parete cellulare posta esternamente alla membrana plasmati-ca. La parete cellulare sostiene la cellula, la protegge dai patogeni e contribuiscea determinare la forma dell’intero organismo.

Le cellule eucariotiche derivano dall’interazionetra cellule procarioticheIl passaggio dalla cellula procariotica a quella eucariotica è stato un evento dienorme importanza biologica nel corso della storia del pianeta, secondo solo allacomparsa delle prime forme di vita. L’evoluzione degli eucarioti si è verificatacirca 1,5 miliardi di anni fa, ma non è chiaro come sia avvenuta. Attualmenteesistono diverse teorie.

Una delle più accreditate è la teoria endosimbiontica, basata sul pioneristicolavoro del biologo russo Konstantin Mereschkowski e ripresa, a partire dai primianni Settanta del secolo scorso, dalla genetista Lynn Margulis; secondo questomodello, i mitocondri e i cloroplasti, organuli che forniscono l’energia necessaria acompiere tutte le funzioni vitali della cellula, deriverebbero da antichi procariotientrati all’interno di altre cellule di dimensioni superiori (figura 18A). I due pro-carioti avrebbero dato origine a un rapporto di simbiosi, cioè a uno scambio reci-proco di favori: la cellula più grande avrebbe fornito molecole inorganiche e saliminerali, mentre i procarioti avrebbero fornito energia e, in taluni casi, anchemolecole organiche. L’ipotesi che i mitocondri e i cloroplasti possano discende-re da semplici organismi procarioti che, in precedenza, avevano avuto una vitaindipendente è confermata dal fatto che entrambi questi organuli conservanoancora oggi una certa quantità di DNA e di RNA. Lo studio comparato del DNAindica che i batteri da cui derivarono i cloroplasti dovevano essere molto similiai moderni cianobatteri, gli unici batteri che operano la fotosintesi producendoossigeno come prodotto secondario. Gli antenati dei mitocondri erano invecesimili a un particolare gruppo di batteri attuali, noti come alfaproteobatteri econosciuti per il loro metabolismo versatile.Questi organuli, inoltre, sono in grado di avere un’autonomia chimica perché

Le paroleIl termine simbiosi indica «vitainsieme» e si riferisce a due organismidi specie diverse che vivono in strettae continua interazione. Se questarelazione comporta un reciprocovantaggio, si parla più precisamente dimutualismo. Una endosimbiosi è unasimbiosi «interna» a una cellula.

DNA sotto formadi nucleoide

Membranacellulare

Nucleo

Mitocondrio

Cianobatterio

Cloroplasto

5 Figura 18La formazione degli organuli puòessere avvenuta per endosimbiosi (A)o per invaginazione della membranaplasmatica (B).

La cellulaprocarioticaancestrale non hamembrane interne.

La membranaplasmatica siintroflette.

Ulteriori introflessionicominciano a formareil RE, creando uncompartimentoseparato. Il RE circondail nucleotide e formal’involucro nulceare.

Una cellulaeucarioticaancestrale inglobaper endocitosiun cianobatteriofotosintetico.

Il cianobatterioinglobato cede granparte del suo materialegenetico al nucleoospite, ma mantienela capacità di fare lafotosintesi. Ora è unplastidio.

A B

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A18

possono sintetizzare alcune semplici proteine e ogni volta che la cellula ospite sidivide per dare origine a due nuove cellule, i mitocondri e i cloroplasti possonoduplicarsi indipendentemente, con meccanismi simili a quelli della riproduzio-ne dei procarioti.

Alcuni modelli non prevedono nemmeno una cellula ospite di maggiori di-mensioni e descrivono invece la fusione di due cellule procariotiche, in genereun batterio e un archeobatterio, dotati di caratteristiche metaboliche tali da ren-dere vantaggiosa per entrambe la fusione. Il grado di complessità delle celluleaumentò ulteriormente grazie a più eventi di simbiosi. Questi antichi simbiontiavrebbero perso progressivamente la propria autonomia, mantenendo le funzio-ni specializzate che avvantaggiavano le loro cellule ospiti: fornire energia.

Esiste, però, un’altra ipotesi. Oggi sappiamo che alcuni batteri contengono del-le membrane interne che al microscopio elettronico appaiono come ripiegamentidella membrana plasmatica: nel 2014 lo scienziato David Baum ha proposto cheil reticolo endoplasmatico e l’apparato di Golgi si siano formati a partire da intro-flessioni della membrana plasmatica (figura 18B nella pagina precedente).

La comparsa del nucleo, in qualche modo l’evento centrale di questo passag-gio evolutivo, non è ancora chiara. Secondo alcuni ricercatori la cellula ospitesarebbe già stata provvista di nucleo, secondo altri il nucleo si sarebbe formato inseguito alla simbiosi.

La respirazione cellulare estrae energia dal glucosio,la fotosintesi produce glucosioI mitocondri sono gli organuli cellulari coinvolti nella produzione di energia, inessi avviene la respirazione cellulare, un processo con cui vengono demolite lemolecole organiche mediante la rottura dei legami chimici che tengono uniti iloro atomi. La rottura di questi legami libera energia che viene immagazzinataall’interno di una molecola chiamata ATP o adenosina trifosfato.

La respirazione cellulare fornisce alle cellule l’energia indispensabile per laloro sopravvivenza; essa avviene in tutte le cellule che vivono in ambienti in cuisia presente ossigeno allo stato gassoso (ovvero in tutte le cellule eucariotiche ein gran parte di quelle procariotiche). Possiamo sintetizzare questa serie di pro-cessi chimici nella seguente reazione:Il glucosio, uno zucchero formato da 6 atomi di carbonio, è la principale fonte dienergia per le cellule. Questa molecola viene trasformata in sostanze più sempli-

C6H12O6 + 6 O2 → 6 CO2 + 6 H2O + 32 ATP

GlucosioOssigeno Acqua

EnergiaDiossidodi carbonio

6 CO2 + 6 H2O + energia solare → C6H12O6 + 6 O2

GlucosioAcquaDiossido di carbonio

ci come diossido di carbonio e acqua attraverso una serie di reazioni che liberacirca 32 molecole di ATP e consuma l’ossigeno presente nell’atmosfera.

Oltre alla respirazione cellulare, le cellule vegetali possono svolgere anche unaltro processo. I cloroplasti, organuli che non sono presenti nelle cellule animali,catturano l’energia solare e la sfruttano per la sintesi di molecole organiche comegli zuccheri, attraverso una serie di reazioni che nell’insieme formano la fotosin-tesi clorofilliana. I composti iniziali di questo processo sono acqua e diossido dicarbonio, mentre quelli finali sono molecole di carboidrati e ossigeno. La reazio-ne che riassume tutto il processo è la seguente:A prima vista questa reazione può sembrare l’inverso di quella della respirazione

Ossigeno

cellulare; in realtà i due processi avvengono seguendo percorsi ben differenziati.

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A19

capitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellule

7 Figura 19Gli animali erbivori come l’alpaca(A) e quelli carnivori come losqualo (B) sono eterotrofi,mentre le ninfee (C), cometutte le piante, sono autotrofe;Nitrobacter (D) è un batterioautotrofo chemiosintetico chetrasforma i nitriti in nitrati.

BA

C D

1. Descrivi la strutturagenerale dei batteri.

2. In che cosa consiste la teoriaendosimbiontica?

3. Quale aspetto funzionaleaccomuna tutti gli organismiautotrofi?

4. Quali sono le differenze traautotrofi ed eterotrofi?

5. Descrivi il processo chimicodella fotosintesi e dellarespirazione cellulare.

6. Che cosa distingue unorganismo fotosintetico dauno chemiosintetico?

Facciamoil punto

Gli organismi si dividono in autotrofi ed eterotrofiFotosintesi e respirazione cellulare sono i due meccanismi più diffusi tra i viven-ti per produrre energia e ricavare molecole utili. In base alla capacità di sfruttaresoltanto uno o entrambi questi processi, gli organismi sono divisi in due gruppi:gli eterotrofi e gli autotrofi.

Gli organismi eterotrofi dipendono da fonti esterne di molecole organiche perquanto riguarda sia l’energia sia le molecole che servono come materiale da co-struzione per le proprie cellule e comprendono tutti gli animali (figure 19A e B),i funghi e molti organismi unicellulari.

Gli organismi autotrofi, invece, non hanno bisogno di molecole organicheprovenienti da fonti esterne per ricavare energia o da usare come materiali dacostruzione; infatti, essi sono in grado di produrre le proprie molecole organi-che a partire da sostanze inorganiche semplici, come il diossido di carbonio el’acqua. Molti autotrofi, tra cui le piante e parecchi organismi unicellulari, sonofotosintetici, cioè sfruttano il Sole come fonte di energia per le reazioni di sintesi(figura 19C); altri organismi sono invece chemiosintetici perché catturano l’energialiberata da reazioni inorganiche dello zolfo o dell’azoto per attivare i loro processivitali (figura 19D).

Le paroleIl termine eterotrofo deriva dal grecoeteros, «altro», e trophé, «nutrirsi», eindica un organismo che deve nutrirsidi sostanze esterne, mentre autotrofo,dal greco autos, «da se stesso»,indica un organismo che produceautonomamente le sostanze di cui ècomposto.

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La pluricellularità offre vantaggi e svantaggiNonostante gli organismi unicellulari eucarioti abbiano una struttura organiz-zata e siano dotati di una notevole complessità, ci sono dei limiti alle dimensioniche una singola cellula può raggiungere senza ridurre la propria efficienza fun-zionale. La soluzione evolutivamente più efficiente per oltrepassare questi limitidi dimensione è la pluricellularità, cioè la ripetizione di singole unità, le cellule,ognuna con un rapporto superficie/volume ottimale e ognuna con il suo nucleo;è la pluricellularità a rendere possibile il notevole aumento delle potenziali di-mensioni di un organismo.

Tali vantaggi, tuttavia, sono accompagnati da nuovi problemi, infatti l’organi-smo deve procurarsi una maggiore quantità di cibo per rifornire di energia le suenumerose cellule. Inoltre maggiori quantità di sostanze devono passare dentro efuori dall’organismo ed essere trasportate alle singole cellule e un corpo più gran-de ha bisogno di un maggiore sostegno fisico. Le attività di tutte le cellule devonoessere coordinate per un efficace funzionamento di tutto l’organismo e, infine, ènecessario un periodo di tempo più lungo per il completo sviluppo corporeo, chespesso nei primi stadi necessita di protezione e nutrimento.

Per queste ragioni, il passaggio alla pluricellularità implica la differenziazio-ne tra le cellule, cosicché ciascun tipo possa sviluppare la sua specializzazione,vale a dire la capacità di svolgere una particolare funzione o una serie particolaredi funzioni. Perché l’organismo funzioni è necessaria una continua comunica-zione tra le cellule, che può avvenire attraverso gli scambi di segnali molecolario, negli organismi più complessi, di segnali nervosi. Tale comunicazione consen-te l’integrazione e la coordinazione delle attività di tutti i tipi di cellule.

Le colonie sono insiemi di cellule indipendentiIl passaggio da procarioti a eucarioti ha richiesto circa due miliardi di anni, neiquali molti organismi sono comparsi, si sono evoluti ed estinti. Un fenomeno si-mile si è verificato nel passaggio dagli organismi unicellulari a quelli pluricellu-lari, ma ciò ha richiesto tempi geologici inferiori. Per quanto è possibile dedurredai fossili, infatti, i primi organismi pluricellulari fecero la loro comparsa 750milioni di anni fa. Il passaggio non fu, però, immediato: una forma intermediaè rappresentata da singole cellule riunite in colonie, nelle quali ciascuna cellulaconserva un alto grado di autonomia funzionale, che invece si perde con l’avven-to della pluricellularità. Nelle colonie, tuttavia, le cellule sono spesso collegatetra loro da filamenti citoplasmatici che conferiscono all’aggregato una tale uni-tarietà da farlo assomigliare a un singolo organismo (figura 20).

Le cellule degli organismi pluricellulari, invece, differiscono dagli eucariotiunicellulari e dalle colonie perché ogni tipo di cellula è specializzato nel com-piere una funzione specifica nella vita dell’organismo. Le cellule, tuttavia, nonsi snaturano del tutto e mantengono le caratteristiche di base che garantivano lavita unicellulare. A dimostrarlo è la somiglianza tra la cellula di una pianta erba-

A colpo d'occhio

COMUNICAZIONE

INTEGRAZIONE ECOORDINAZIONE

DIFFERENZIAZIONE

SPECIALIZZAZIONE

PLURICELLULARITÀ

3 Figura 20Una colonia di Volvox, un’alga verde formatada tante cellule unite insieme da filamentiche ne limitano i movimenti; le sfere verdipiù grandi sono nuove colonie di Volvox informazione, che si staccheranno dalla coloniaoriginale per colonizzare nuovi territori.

5Origine degliorganismi pluricellulari

Page 21: SezioneA Dagli organismi alle cellule

A21

capitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellule

cea e quella di un’alga (figura 21): la cellula della pianta è fotosintetica e utilizzala luce del Sole per le sue richieste energetiche. Tuttavia, a differenza dell’alga, lacellula vegetale fa parte di un organismo pluricellulare e dipende da altre celluleper quanto riguarda l’approvvigionamento di acqua e sali minerali, oltre che perla protezione dalla disidratazione e dai patogeni.

Discorso analogo vale per le cellule animali: il corpo umano comprende al-meno duecento tipi differenti di cellule, ognuno dei quali specializzato in unaparticolare funzione, ma tutti funzionanti come un insieme coordinato.

A B

1. Quali problemi risolve lapluricellularità?

2. Che cos’è una colonia? 3. Quando comparvero sullaTerra i primi organismipluricellulari?

Facciamoil punto

Le prime cellule erano autotrofe oeterotrofe? Potrebbe sembrare una

domanda filosofica priva di senso, ma inrealtà è una questione su cui gli scienziatihanno a lungo ragionato. Nonostante laloro relativa semplicità, infatti, le primecellule avevano anch’esse bisogno diun rifornimento continuo di energia pervivere, crescere e riprodursi. Un’ipotesiè che queste cellule fossero eterotrofe:per nutrirsi esse avrebbero assimilato lemolecole organiche presenti nel «brodoprimordiale», le stesse utilizzate dalle celluleper autoassemblarsi.

Secondo questa ipotesi, a mano amano che le cellule primitive aumentaronodi numero, cominciarono a esaurire lemolecole complesse da cui dipendeva la loroesistenza e che avevano impiegato milionidi anni per accumularsi. Una volta ridotta lariserva di queste molecole, iniziò una formadi competizione: le cellule che erano in gradodi fare un uso efficiente delle limitate fontidi energia allora disponibili avevano piùprobabilità di sopravvivere e di riprodursirispetto alle cellule prive di tali capacità.Col passare del tempo comparvero celluleche erano capaci di sintetizzare molecoleorganiche a partire da semplici sostanzeinorganiche.

Le scoperte più recenti, tuttavia,sono più orientate verso l’ipotesi che le

prime cellule potessero essere autotrofe,chemiosintetiche o fotosintetiche.Innanzitutto, sono stati trovati parecchigruppi differenti di batteri chemiosinteticiche avrebbero potuto essere molto adattialle condizioni ambientali predominanti sulgiovane pianeta. In secondo luogo, in alcuniesperimenti che simulano le condizioniambientali della Terra miliardi di anni fasono state prodotte molecole organicheche sono i precursori chimici della clorofilladelle piante; quando queste molecole sonomescolate a molecole organiche semplici inun ambiente privo di ossigeno e illuminato,avvengono reazioni fotosintetiche primitive.Queste reazioni somigliano a quelle che sisvolgono in alcuni tipi di batteri fotosintetici.

I biologi, quindi, non sono in grado dirisolvere il problema se i primi organismifossero eterotrofi o autotrofi, ma è certoche, senza l’evoluzione degli autotrofi, lavita sulla Terra sarebbe presto cessata.In più di 3,5 miliardi di anni dall’originedella vita sulla Terra a oggi, gli autotrofi dimaggiore successo sono stati quelli chehanno sviluppato un sistema per utilizzaredirettamente l’energia del Sole nel processodi fotosintesi. L’alga Chlamydomonas, peresempio, ha origini molto antiche, ma viveancora oggi negli stagni di acqua dolce(figura). Questi organismi unicellulari sonopiccoli, hanno un colore verde brillante

(grazie alla clorofilla) e si muovono moltorapidamente per mezzo di un lungo flagello;sono fotosintetici e per questa ragionesi trovano di solito vicino alla superficiedell’acqua, dove è maggiore l’intensitàluminosa e spesso, se sono numerosi,tingono tutta l’acqua di verde.

In principio furono eterotrofe… o no?

1 FiguraAlcune alghe del genere Chlamydomonas

fotosintetiche, che possono colorare diverde l’acqua di uno stagno quando sonopresenti in gran quantità.

4 - Per saperne di più

7 Figura 21Un’alga unicellulare comeChlamydomonas asymmetrica (A)e la cellula di una pianta comeChenopodium album (B) presentanocaratteristiche comuni, anche sesi sono differenziate perché unadeve rispondere alle esigenze di unorganismo unicellulare e l’altra no.

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SINTESIDI FINE CAPITOLO

La nascita dell’UniversoL’Universo si è originato 13 miliardi dianni fa da un’enorme esplosione chiamataBig Bang che ha liberato energia e materia.

Il nostro Sistema solare ha avutoorigine da un ammasso di polvere e gas;la stella che si trova al centro è il Sole. Lanostra stella si è originata 4,6 miliardi dianni fa e, in seguito, i gas e le polveri chele ruotavano attorno diedero origine aipianeti (Mercurio, Venere, Terra, Marte,Giove, Saturno, Urano e Nettuno).

La storia della vita sulla TerraLe prime forme di vita sulla Terracomparvero circa 530 milioni di anni fa(esplosione cambriana).

Nell’era Paleozoica è avvenuta l’es-tinzione di quasi tutti i viventi (estinzionepermiana) che ha provocato la scomparsadell’85-90% delle specie allora viventi.

Il Mesozoico (245-265 milioni di annifa) è l’era dei dinosauri ed è suddiviso in treperiodi: Triassico, Giurassico e Cretaceo.

Il Cenozoico è l’era dei viventi attualie comprende gli ultimi 65 milioni di anni.Con la formazione di nuovi ambientinaturali si diffusero le piante con fiorie nuove forme di insetti, pesci, uccelli emammiferi.

Le diverse ipotesisull’origine della vitaOparin ipotizzò la comparsa della vitasulla Terra come una lunga serie di eventi(evoluzione chimica). Dai gas dell’atmos-fera si sarebbero potute formare grandiquantità di molecole organiche e in segui-to si sarebbero raccolte nei mari del piane-ta, dando origine a un «brodo primitivo» incui si formarono le prime biomolecole.

Miller e Urey confermarono questaipotesi grazie alla simulazione in labora-torio delle condizioni ambientali ritenuteprobabili sulla Terra primitiva; otten-nero diversi tipi di amminoacidi e altremolecole organiche. Le prime cellulesi sono formate per assemblaggio dellebiomolecole. Col tempo le biomolecolesarebbero diventate più numerose equindi più vicine così da favorire la for-mazione di piccoli sistemi. All’evoluzionechimica avrebbe fatto seguito una nuovafase: l’evoluzione prebiologica.

Un’ipotesi alternativa è chiamatateoria della panspermia, che spostal’origine delle biomolecole nell’Universo.

Le caratteristiche delle celluleTutti gli esseri viventi hanno alcune carat-teristiche in comune:• sono formati da una o più cellule;• assorbono energia;• si riproducono;• sono adattati all’ambiente;• rispondono agli stimoli.

La cellula è l’unità di base di tutti i viventie ha piccole dimensioni: un batterio (E.coli) ha un diametro di circa 1 μm, mentreuna cellula eucariotica è 10 volte piùgrande.

Le cellule procarioticheLe cellule procariotiche sono piccole,prive di nucleo e hanno una struttura dibase che comprende:• la membrana plasmatica, che consente

alla cellula di restare distintadall’ambiente circostante;

• il citoplasma, dove avvengonole reazioni del metabolismo;

• il cromosoma batterico, che conservale informazioni ereditarie e consentealla cellula di riprodursi.

Il metabolismo cellulareI mitocondri sono gli organuli cellularicoinvolti nella produzione di energia;al loro interno avviene la respirazionecellulare:

I cloroplasti, organuli presenti nelle cel-lule vegetali, catturano l’energia solaree la sfruttano per la sintesi di molecoleorganiche come gli zuccheri, attraversola fotosintesi clorofilliana:

Organismi autotrofi ed eterotrofiGli organismi eterotrofi dipendono dafonti esterne di molecole organiche perl’energia e le molecole che servono comemateriale da costruzione per le propriestrutture. Sono eterotrofi tutti gli animali,i funghi e molti organismi unicellulari.

Gli organismi autotrofi non hannobisogno di molecole organiche provenien-ti da fonti esterne per ricavare energia oda usare come materiali da costruzioneperché attuano la fotosintesi.

Colonie e pluricellularitàLa pluricellularità è la ripetizione disingole cellule ognuna con un rapportosuperficie/volume ottimale e ognuna conil suo nucleo. La pluricellularità permetteun notevole aumento delle dimensioni diun organismo.

Le colonie sono insiemi di celluleindipendenti. Invece, le cellule degliorganismi pluricellulari differisconodagli unicellulari e dalle colonie perchéogni tipo di cellula è specializzato nelcompiere una funzione specifica nellavita dell’organismo.

Le cellule eucarioticheLe cellule eucariotiche (animali e vege-tali) sono delimitate da una membranaplasmatica e contengono citoplasma, ribo-somi, organuli e DNA dentro un nucleo.Queste cellule hanno dimensioni maggio-ri e possiedono una struttura interna piùcomplessa. Il loro citoplasma è suddivisoin compartimenti interni delimitati damembrana chiamati organuli (reticoloendoplasmatico, apparato di Golgi, mito-condri, cloroplasti e lisosomi).

C6H12O6 + 6 O2 → 6 CO2 + 6 H2O + ATP

GlucosioOssigeno

Diossidodi carbonio Acqua

Energiachimica

CO2 + H2O + energia → C6H12O6 + O2

Glucosio

Acqua

Diossidodi carbonio Ossigeno

solare

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capitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellulecapitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellule

VERIFICALE TUE CONOSCENZE

1. Scrivi sul quaderno la definizionedei seguenti termini.

a) Organismi eterotrofi e autotrofib) Organismi procarioti ed eucariotic) Nucleo e nucleoided) Flagelli e pilie) Microscopio ottico, elettronico

a scansione e a trasmissione,microscopio a forza atomica.

f) Evoluzione chimica ed evoluzioneprebiologica

g) Era paleozoica, mesozoica e cenozoica

Barra il completamento esatto.2. Secondo l’ipotesi di Oparin

A la comparsa della vita vennepreceduta da un lungo processodenominato evoluzione chimica.

B le prime cellule instaurarono unrapporto di simbiosi coi mitocondrie i cloroplasti.

C la sintesi delle prime molecoleorganiche fu favorita dall’impatto dimeteoriti sulla superficie terrestre.

D le prime cellule comparvero sullaTerra grazie anche alla totale assenzadi fenomeni atmosferici.

3. Nell’atmosfera della Terra appenaformata era quasi del tutto assenteil gas

A idrogeno.B metano.C ossigeno.D ammoniaca.

Barra i due completamenti esatti.4. Miller e Urey con i loro esperimenti

hanno capito che

A l’atmosfera primitiva non contenevaossigeno libero legato a carbonio,azoto o idrogeno.

B in particolari condizioni ambientali,e partendo da specifici elementichimici, si possono spontaneamenteformare amminoacidi.

C solo con la presenza di ossigenonell’atmosfera si sono formatele prime molecole organiche.

D sono state le prime cellule eterotrofe aliberare nell’atmosfera il biossidodi carbonio.

E nelle condizioni ambientali dellaTerra primitiva si sono verificatifenomeni chimici diversi da quelliattuali.

Barra i due completamenti esatti.5. Durante l’era mesozoica

A si ha un enorme diffusione delleangiosperme.

B i primi anfibi colonizzano le terreemerse.

C la vita è ancora limitata all’ambienteacquatico.

D incominciano a diffondersi i primimammiferi.

E la vegetazione sulla terraferma ècostituita soprattutto da conifere.

Barra le due risposte esatte.6. Quali di queste caratteristiche

contraddistinguono gli organismieucarioti?

A La presenza nel citoplasma diapparati di Golgi e di altri organuli.

B La presenza di un nucleo delimitatoda una membrana.

C Potere svolgere la fotosintesiclorofilliana e non la respirazionecellulare.

D Possedere le informazioni genetichesotto forma di acidi nucleici.

E Essere gli organismi viventi didimensioni più ridotte.

7. Completa la tabella mettendo inrelazione le modalità di elaborazionedell’energia (lettere) con i rispettivi tipidi organismi (numeri).

A. autotrofiB. eterotrofiC. fotosinteticiD. chemiosintetici

1. dipendono da fonti esternedi molecole biologiche

2. per ottenere energia dipendonoda altre reazioni chimiche

3. la loro fonte di energia per le reazionidi sintesi è il Sole

4. sintetizzano molecole biologichea partire da altre più semplici

A B C D

8. Di fianco a ogni affermazione scrivila lettera A se essa si riferisce agliorganismi procarioti, la lettera B se siriferisce agli eucarioti, la lettera C se siriferisce a entrambi i tipi di cellule o lalettera D se non è valida per nessunodei due tipi di cellule.

a) Sono costituiti da cellule chepossiedono una membranacellulare esterna. (. . . . . )

b) Nella loro cellula si distingueuna zona del citoplasmachiamata nucleoide. (. . . . . )

c) Comprendono ancheorganismi pluricellularicome i batteri. (. . . . . )

d) Hanno cellule contenentiun gran numero di organuli. (. . . . . )

9. Completa il seguente brano scegliendotra i termini elencati in fondo.

Secondo il modello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

le prime cellule . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

si sarebbero formate in seguitoall’ingresso di piccole cellule privedi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . all’interno di altrecellule di dimensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Il vantaggio che queste ultime celluletrassero da tale ingresso fu, in base aquesta teoria, soprattutto di carattere. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .(energetico, materiale genetico,procariotiche, endosimbiotico, minori,morfologico, nucleo, chemiosintetiche,membrana, riproduttivo, analoghe,cellulare, eucariotiche, maggiori)

10. In che modo gli organismi autotrofied eterotrofi si procurano l’energianecessaria ai loro processi vitali?

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11. Quali sono le caratteristiche checontraddistinguono una cellula da altrisistemi chimici?

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ONLINE

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VERIFICALE TUE ABILITÀ

Barra il completamento esatto.12. Se non si fossero evoluti gli

organismi autotrofi terrestri

A si sarebbero comunque evolute,nell’ambiente acquatico, le celluleeucariotiche a partire dalle celluleprocariotiche.

B sulla Terra oggi l’ossigeno sarebbepresente in forma non gassosa,ma liquida e solida.

C l’atmosfera sarebbe ancora inospitaleper tutti gli organismi eterotrofi.

D gli organismi eterotrofi terrestrirespirerebbero idrogeno e azoto,ma non ossigeno.

13. Gli organismi chemiosinteticinon sono

A costituiti da una o più cellule.B autotrofi.C dipendenti dall’assunzione

di sostanze organiche esterne.D in grado di produrre sostanze

complesse.

14. Di fianco a ogni affermazione scrivila lettera A se essa si riferisce a unacellula animale, la lettera B se siriferisce a una cellula vegetale, lalettera C se si riferisce a una cellulaprocariote o la lettera D se nonsi riferisce a nessuno di questi tipidi cellule.

a) Può essere autotrofa, anchese incapace di svolgerealcun processo fotosintetico. (. . . . . )

b) Contiene clorofilla ed èquindi in grado disintetizzare glucosio. (. . . . . )

c) È eterotrofa e il suo materialegenetico è circondato da unamembrana nucleare. (. . . . . )

15. Nei seguenti brani, barra fra i terminiin neretto quelli errati.

a) Secondo la teoria proposta dallagenetista Margulis, ossia la teoriacellulare / endosimbiontica, lecellule procariotiche / eucariotichesi sono originate in seguito alrapporto di simbiosi avvenutotra cellule più grandi / piccolee primitive forme di vita dotate /prive di nucleo simili ai batteri.Alcune di queste forme di vita capacidi produrre energia / idrogeno sitrasformarono all’interno delle altrecellule in cloroplasti / mitocondri ingrado di utilizzare l’energia solare.

b) Oparin sostenne che nelle primitivecondizioni terrestri, caratterizzate damari caldi / freddi e da un’atmosferaricca di ossigeno / idrogeno, sisarebbero formati i primi semplicisistemi molecolari, ossia i batteri /coacervati, che permisero in seguitola nascita della vita; si ipotizza peròche siano passate alcune centinaiadi milioni / miliardi di anni primadella comparsa di quella forma di vitache chiamiamo cellula.

Barra le due risposte esatte.16. Quali di queste caratteristiche

contraddistinguono gli organismiprocarioti?

A Il fatto di non essere veri organismiviventi.

B La relativa semplicità delle strutture.C Il fatto di svolgere la fotosintesi.D Il fatto di non possedere acidi

nucleici.E L’assenza di un nucleo ben definito.

17. Quale attività è in grado di svolgereun organismo chemiosintetico?Che cosa ha in comune con unorganismo fotosintetico e per qualeaspetto si differenzia?

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18. Spiega perché le cellule, anche deglianimali o delle piante più grandi, sonotutte di piccole dimensioni.

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19. Se si immettono alcuni pesci in unavasca piena d’acqua, chiusa da uncoperchio e dotata di un distributoredi cibo, dopo alcuni giorni moriranno.Sai dare una spiegazione all’accaduto?Come si potrebbe modificare il sistemaper farli sopravvivere?

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VERSO L'UNIVERSITÀ

Preparati ai test di ammissionesul sito Unitutor.

20. Le cellule procariote ed eucariotepossono entrambe avere

1) guanina2) ribosomi3) flagelliA solo 1 e 2B solo 1 e 3C solo 2 e 3D solo 2E tutte[dal test di ammissione a Medicina 2015-16]

HANDS-ON GLOSSARY

21. Fill in the table matching each term(letters) with its definition (numbers).A. eukaryoteB. prokaryoteC. autotrophD. heterotroph

1. any organism that usesinorganic materials as a sourceof nutrients and photosynthesisas a source of energy

2. an organism that needs organiccompounds for its principalsource of food

3. a single-celled organism withouta membrane around its mucleusor any other organelle

4. any organism whose cellscontain a nucleus and otherorganelles enclosed withinmembranes

A B C D

Page 25: SezioneA Dagli organismi alle cellule

A25

capitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellulecapitolo A1 Origine ed evoluzione delle cellule

VERSO L'ESAME:LE TUE COMPETENZE

SCHEMATIZZA22. Costruisci una mappa concettuale in cui siano evidenziati i

passaggi fondamentali che hanno portato alla comparsa dellavita sulla Terra e alla successiva affermazione degli organismipluricellulari.

RICERCA23. I ricercatori sono concordi nell’affermare che la sesta

estinzione di massa non sia ancora in corso, ma si stiaavvicinando progressivamente.Dopo avere ricercato che cosa si intende per sesta estinzionedi massa, prova a individuarne le cause e fai un sintetico filePowerPoint che illustri il tuo lavoro.

INTERPRETA24. Il codice genetico è detto universale, ma in realtà i cloroplasti

e i mitocondri non condividono esattamente lo stesso codicegenetico della cellula in cui si trovano.Spiega per quale motivo ci sono queste differenze.

IPOTIZZA25. Nel campo della fantascienza è stato più volte ipotizzato un

mondo che si basi sulla biochimica del silicio anziché suquella del carbonio.Aiutandoti con la tavola periodica degli elementi, prova aspiegare perché il silicio potrebbe essere un buon sostitutodel carbonio.

SCHEMATIZZA26. Descrivi gli eventi che, a partire dal Big Bang, hanno portato alla

formazione degli esseri viventi aiutandoti con una lineadel tempo.

RAGIONA27. Nel nostro organismo esistono cellule, come i globuli rossi,

che durante la maturazione perdono gli organuli cellulari,nucleo compreso.Dopo aver ipotizzato per quali ragioni ciò possa accadere,spiega le conseguenze di una simile trasformazione.

IPOTIZZA28. I batteri sono stati i primi esseri viventi comparsi sulla

Terra e da allora si sono diffusi colonizzando praticamenteogni ambiente, infatti oggi rappresentano gli organismi piùdiffusi in assoluto.Ipotizza quali sono le motivazioni dell’enorme successoevolutivo delle cellule procariotiche a partire dalle lorocaratteristiche.

CONFRONTA29. Osserva le seguenti fotografie ottenute con il microscopio

elettronico a trasmissione: indica a quale tipo di cellule possonoappartenere e specifica le strutture che riconosci al lorointerno.

CALCOLA30. Il campo di un microscopio ottico può essere calcolato

empiricamente misurando i millimetri di un foglio di cartamillimetrata che si possono contare con l’ingrandimentominore. Per gli ingrandimenti successivi l’osservazionediretta è più difficoltosa o addirittura impossibile; si devequindi ricorrere alla seguente relazione matematica:I1/I2 = D2/D1, dove I1 e I2 sono gli ingrandimenti e D1 e D2 irelativi campi microscopici.Se con l’ingrandimento 40X si è misurato un campo di 4 mm, aquanti micrometri corrisponde quello relativo all’ingrandimento1000X?

RICERCA31. Il 12 novembre 2014 il lander spaziale Philae, trasportato

dalla sonda Rosetta, è atterrato sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Lo scopo della missione era quello di studiare lecaratteristiche della superficie e del nucleo della cometa, alfine di capire se questi corpi celesti possono essere ricollegatialla teoria della panspermia.Fai una ricerca in Rete e per trovare le informazioni riguardantiil rapporto tra le comete e la comparsa della vita sulla Terra.In secondo luogo, cerca i risultati della missione condotta daPhilae e metti in luce le scoperte più importanti.

A B

Page 26: SezioneA Dagli organismi alle cellule

1

Sezione

B

ABiologia molecolare, genetica, evoluzione

Page 27: SezioneA Dagli organismi alle cellule

B2

Gli sviluppi della genetica

B1Capitolo

Esiste una relazione tra le teorie di Mendel e la meiosiSoltanto all’inizio del secolo scorso, i biologi furono in grado di capire l’importan-za degli esperimenti di Gregor Mendel. Durante i decenni in cui gli studi dell’aba-te agostiniano erano rimasti ignorati, erano stati fatti molti progressi nel campo della microscopia e, quindi, anche nello studio della struttura della cellula (o cito-logia). Fu in questo periodo, per esempio, che vennero individuati i cromosomi e furono osservati per la prima volta i loro movimenti durante la mitosi e la meiosi.

Nel 1902, il biologo statunitense Walter Sutton stava studiando la produzione di gameti nei maschi di cavalletta quando, osservando il processo meiotico, notò che i cromosomi risultavano appaiati sin dall’inizio della prima divisione me-iotica e i due cromosomi che costituivano ogni coppia erano quasi identici. Con gli strumenti di allora l’appaiamento era evidente soltanto all’inizio della prima divisione meiotica (figura 1), ma un occhio esperto poteva individuare gli omolo-ghi non appaiati anche durante la metafase della mitosi.

Ti ricordi?Durante gran parte del ciclo cellulare, il DNA è presente nel nucleo sotto forma di filamenti di cromatina, ma prima di ogni divisione cellulare (mitosi o meiosi) si condensa in cromosomi, ben visibili nella metafase.

1Gli studi sui cromosomi sessuali

3 Figura 1Il cariotipo umano è formato da 46 cromosomi che si appaiano all’inizio della meiosi.

1

13

19

14

20

15

21 22

16 17 18

2 3 4 5

1211109876

Autosomi (22 paia)La coppia numero 23 comprende 2 cromosomi sessuali. In questo esempio si tratta di quelli del maschio, XY, la femmina invece ha due cromosomi X.

Page 28: SezioneA Dagli organismi alle cellule

B3

capitolo B1 Gli sviluppi della genetica

7 Figura 2Secondo l’ipotesi di Sutton, i cromosomi si distribuiscono secondo un incrocio di tipo mendeliano, illustrato dal quadrato di Punnett.

Sutton fu colpito dal parallelismo fra le sue osservazioni e la legge della segre-gazione di Mendel. Da questo confronto emerse con chiarezza l’ipotesi che i cro-mosomi fossero i portatori dei geni e che i due alleli di ogni gene si trovassero sui cromosomi omologhi. Sutton suppose inoltre che gli alleli rimanessero sem-pre indipendenti e venissero separati durante la meiosi I, quando si separano i cromosomi omologhi; da ciò dedusse che, al momento della fecondazione, con la fusione dei gameti si potessero formare nuove combinazioni di alleli. In questo modo Sutton spiegava la legge di Mendel della segregazione degli alleli in base alla separazione dei cromosomi omologhi durante la meiosi.

La legge di Mendel sull’assortimento indipendente, infatti, afferma che gli al-leli di geni differenti segregano indipendentemente gli uni dagli altri (figura 2). Sutton ritenne che anche questa affermazione potesse essere giusta, ammesso però che rispettasse l’importante condizione che i geni non fossero situati sullo stesso cromosoma. Infatti, se due geni diversi si trovano sullo stesso cromosoma, durante la meiosi finiscono inevitabilmente nello stesso gamete, a meno di essere stati in precedenza separati da un crossing over. In base a queste considerazioni Sutton ritenne che i geni, ovvero i fattori descritti da Mendel, fossero portati dai cromosomi.

Nello stesso anno, il biologo tedesco Theodor Boveri, che stava studiando il modo in cui si sviluppano i tumori, giunse alla conclusione che il cancro era una patologia dovuta a errori avvenuti nel corso della mitosi, con conseguente forma-zione di cariotipi anomali. Sebbene inizialmente trascurata, anche questa ricerca forniva una convincente conferma della teoria cromosomica, secondo la quale i geni si trovavano sui cromosomi.

Autoimpollinazione

P

F1

Gameti femminilidella generazione F1

Gameti maschilidella generazione F1

L

Liscio (L)Giallo (G)

Rugoso ( l )Verde (g)

G l g

×

F2

Ti ricordi?Per illustrare le leggi di Mendel si usa il quadrato di Punnett, una tabella utile per determinare gli incroci tra alleli dominanti (lettera maiuscola) o recessivi (lettera minuscola).

Dall’autoimpollinazione si ottengono quindi quattro tipi diversi di gameti femminili e maschili che possono combinarsi in 16 (4 × 4) modi diversi.

Dei quattro cromosomi presi in esame, due portano gli alleli per il seme liscio o rugoso e due per il colore verde o giallo del seme. In questo esempio, un genitore è omozigote dominante e l’altro è omozigote recessivo, perciò i gameti prodotti saranno LG e lg.

Page 29: SezioneA Dagli organismi alle cellule

B4

La presenza di specifici cromosomi determina il sesso di un individuoAlcuni anni dopo la pubblicazione degli studi di Sutton e di altri citologi, gran parte dei ricercatori pensava ancora che i geni non avessero una consistenza fisica e che la teoria cromosomica fosse poco attinente agli studi sull’eredita-rietà. Il contributo decisivo per dimostrare la localizzazione dei geni sui cro-mosomi venne soprattutto dalle ricerche effettuate sul moscerino della frutta Drosophila melanogaster; gli esperimenti sugli incroci condotti su questo insetto dimostrarono che certi caratteri ereditari dipendono dal sesso, cioè che i geni che li determinano si trovano senza dubbio sui cromosomi sessuali.

Come osservato da Sutton e dai suoi colleghi, i cromosomi di un organismo diploide sono presenti in coppie. I cromosomi di tutte le coppie, tranne una, sono simili tra loro nei maschi e nelle femmine e sono detti autosomi (vedi fi-gura 1), mentre i cromosomi della coppia che fa eccezione sono uguali solo in uno dei due sessi e sono chiamati cromosomi sessuali.

Nei mammiferi (compresa la specie umana), e in molti altri gruppi di animali, è la femmina ad avere i due cromosomi sessuali uguali, chamati per convenzione cromosomi X e la femmina risulta perciò XX. I cromosomi sessuali del maschio sono costituiti da un cromosoma X (uguale al cromosoma X della femmina) e da un cromosoma Y, molto più piccolo (figura 3A), perciò i maschi di queste specie sono indicati con XY.

Quando per meiosi si formano i gameti, nei maschi metà degli spermatozoi possiede un cromosoma X e metà un cromosoma Y, mentre tutti i gameti prodotti dalla femmina presentano il cromosoma X. Il sesso della prole, quindi, dipende dal fatto che il gamete femminile venga fecondato dal gamete maschile portatore del cromosoma X oppure da quello portatore del cromosoma Y (figura 3B). Dal momento che gli spermatozoi X e Y sono prodotti in numero uguale, c’è esatta-mente la stessa probabilità di avere figli maschi o femmine.

Le parole Il nome generico Drosophila deriva dalla latinizzazione di termini greci che significano «amante della rugiada»; l’attributo specifico melanogaster significa «ventre nero».

1 Figura 3(A) I cromosomi sessuali X e Y umani fotografati al microscopio elettronico a scansione. (B) Il quadrato di Punnett evidenzia che ci sono le stesse probabilità per gli zigoti di essere maschili o femminili.

Meiosi

X

X

X X

X Y

Femmina

Maschio

Spermatozoo

Cellula uovo

X

X Y

X X Y

X X X Y

Zigotifemmine

Zigotimaschi

Meiosi

A B

La proporzione relativa al sesso dei figli è del 50% di maschi e 50% di femmine.

Page 30: SezioneA Dagli organismi alle cellule

B5

capitolo B1 Gli sviluppi della genetica

Gametifemminili

Gametifemminili

Gametifemminili

F1

XB XB

P

Femmina omozigoteocchi rossi

Femminaocchi rossi

Maschio occhi rossi

Femmina (F1) occhi rossi

Maschiodi partenzaocchi bianchi

Maschioocchi bianchi

YGametimaschili

Xb Y

Gametimaschili

GametiMaschili

F2

Xb YXB YXb

XB

XB

XB Xb XB Y

XB Xb XB Y

XB

Xb

XB XB XB Y

XB Xb Xb Y

XB

Xb

XB Xb XB Y

Xb Xb Xb Y

XB Xb XB Y XB Xb Xb Y

Testcross

F1X X X

femmina

X X

maschio

X Y

Morgan condusse i suoi studi sui geni portati dai cromosomi sessualiI geni che si trovano sui cromosomi sessuali portano informazioni ereditarie che sembrano non seguire le leggi mendeliane; in questo caso si parla di caratteri legati al sesso. Il primo scienziato che si accorse dell’anomalia nella trasmissione di questi caratteri fu il biologo statunitense Thomas Hunt Morgan. Con una com-binazione eccezionale d’intuito e di fortuna, Morgan scelse il moscerino della frutta Drosophila melanogaster come organismo modello; tra i numerosi vantaggi dell’utilizzare questi insetti ci sono la possibilità di allevarli in semplici bottiglie e la facilità con cui si riproducono, ma anche il fatto che la drosofila ha solo quat-tro paia di cromosomi (2n = 8) (figura 4).

7 Figura 4I cromosomi di drosofila sono costituiti da tre coppie di autosomi (una coppia è poco visibile perché i cromosomi sono piccoli e quasi rotondi) e una coppia di cromosomi sessuali.

5 Figura 5Negli incroci eseguiti da Morgan l’allele per il carattere «occhi rossi» è indicato con B; quello per il carattere «occhi bianchi» è indicato con b. Quando il gene è localizzato nel cromosoma X agli alleli viene aggiunto l’apice B o b.

A B C

Come primo obiettivo, i ricercatori del laboratorio di Morgan tentarono d’indivi-duare eventuali differenze genetiche presenti tra i vari moscerini impiegati per gli esperimenti d’incrocio, simili a quelli condotti da Mendel sulle piante di pisel-lo. Una delle più evidenti e importanti caratteristiche dei moscerini della frutta è il colore rosso brillante degli occhi.

Una femmina con occhi rossi fu incrociata con un maschio che aveva invece occhi bianchi e tutta la generazione F1 nacque con gli occhi rossi (figura 5A); il colore bianco degli occhi era dunque recessivo. Morgan incrociò poi tra loro gli individui della generazione F1 e ottenne gli stessi risultati di Mendel, ma con una particolarità: gli esemplari con occhi bianchi erano sempre e soltanto maschi (fi-gura 5B).

Sulla base di questi esperimenti (vedi figura 5), Morgan e i suoi collaboratori formularono l’ipotesi che il gene per il colore degli occhi fosse presente solo sul cromosoma X. Infatti, come fu dimostrato in seguito, il cromosoma Y del mosce-rino maschio porta pochissime informazioni genetiche. L’allele per il carattere

Ti ricordi?Mendel aveva diviso le varie generazioni di piante di pisello in questo modo: la generazione parentale (P), da cui si ottiene la prima generazione filiale (F1) seguita dalla seconda generazione filiale (F2).

Page 31: SezioneA Dagli organismi alle cellule

B6

«occhi bianchi» doveva essere recessivo, dato che tutti i moscerini della F1 aveva-no gli occhi rossi. Una femmina eterozigote, perciò, ha sempre occhi rossi: questa è la ragione per cui non comparivano femmine con occhi bianchi nella genera-zione F2. Invece, un maschio con un cromosoma X che possiede l’allele «occhi bianchi» dovrà sempre avere gli occhi bianchi dal momento che non è presente nessun allele sul cromosoma Y. Il maschio si dice emizigote per il carattere in questione, poiché ha la metà delle informazioni genetiche rispetto alla femmina.

Facciamo il punto

1. Quali furono i progressi in citologia che permisero a Sutton di giungere alle sue conclusioni?

2. Perché i caratteri legati al sesso non seguono in modo regolare le leggi mendeliane?

3. Perché il fatto di usare Drosophila come organismo modello è stato una buona scelta?

4. A quale conclusione giunse Morgan al termine dei suoi esperimenti con i moscerini della frutta?

Le malattie autosomiche possono essere dominanti o recessiveGregor Mendel aveva elaborato le sue leggi eseguendo molti incroci e calcoli stati-stici su diverse generazioni, ma nessuna delle due procedure può essere applicata agli esseri umani, perciò la genetica umana può contare solo sullo studio delle genealogie.

Dato che la nostra specie produce una prole molto meno numerosa delle pian-te di pisello, i rapporti numerici fra i fenotipi della prole non sono così netti come quelli osservati da Mendel. Per esempio, quando due individui eterozigoti (Aa) hanno dei figli, ognuno di essi ha una probabilità del 25% di essere omozigote recessivo (aa). Se questa coppia dovesse avere dozzine di figli, un quarto sarebbe omozigote recessivo (aa), ma la prole di un’unica coppia molto probabilmente è troppo scarsa per mostrare la proporzione esatta. In una famiglia con due figli, per esempio, ciascuno di essi potrebbe essere aa oppure Aa o AA.

Chi studia la genetica umana ha bisogno di sapere se un allele raro, responsa-bile di un fenotipo anomalo, sia dominante o recessivo. Per capirlo si può usare un albero genealogico, un albero familiare che mostra la comparsa di un fenoti-po (e i relativi alleli) in molte generazioni di individui.

La figura 6A mostra un albero genealogico con la trasmissione ereditaria di un allele dominante. Da una simile genealogia si nota che:

• ogni persona malata ha un genitore malato;• circa metà dei figli di un genitore malato è malata;• il fenotipo compare con la stessa frequenza nei due sessi.

La figura 6B mostra invece la trasmissione ereditaria di un allele recessivo, in que-sto schema si nota che:

• le persone malate hanno di solito due genitori sani;• nelle famiglie colpite dalla malattia, circa un quarto dei figli di genitori sani

è malato;• il fenotipo compare con la stessa frequenza nei due sessi.

Negli alberi genealogici che mostrano la trasmissione ereditaria di un fenoti-po recessivo non è raro trovare un matrimonio fra consanguinei. Questo fatto è una conseguenza della rarità degli alleli recessivi che originano fenotipi ano-mali. Perché due genitori fenotipicamente normali abbiano un figlio malato (aa)

Ti ricordi?Un gene codifica per un certo carattere e si trova in un punto preciso di un cromosoma ma, poiché ci sono 2 copie di ciascun cromosoma, sono 2 anche le copie (alleli) di ciascun gene: una copia viene dal padre e una dalla madre. Se i due alleli sono uguali, l’individuo è omozigote per quel gene, se invece i due alleli sono diversi è eterozigote. Un allele può essere dominante, se determina il carattere che si impone sull’altro, o recessivo, se il suo carattere viene «coperto» dall’altro.

2Malattie genetiche e alberi genealogici

Page 32: SezioneA Dagli organismi alle cellule

B7

capitolo B1 Gli sviluppi della genetica

è necessario che siano entrambi eterozigoti (Aa). Se un certo allele recessivo è raro nella popolazione in generale, la probabilità che entrambi i genitori siano portatori di quell’allele è molto bassa. Se, però, quell’allele è presente in una fa-miglia, due cugini potrebbero condividerlo. Gli studi su popolazioni isolate per motivi geografici o culturali (come gli Amish negli Stati Uniti) hanno portato un contributo importante alla genetica umana, poiché gli individui di questi gruppi tendono a sposarsi fra loro.

Entrambe le genealogie, sia quella che mostra la trasmissione di una malattia a fenotipo dominante sia quella a fenotipo recessivo, sono relative a malattie defi-nite autosomiche, poiché i geni responsabili si trovano su uno dei 22 cromosomi non sessuali. Le patologie genetiche che non seguono nessuno dei due schemi appena descritti sono di solito legate a geni presenti sui cromosomi X o Y.

L’ereditarietà legata al sesso si manifesta anche in alcune malattie Nella specie umana il cromosoma X porta un numero maggiore di geni rispetto al cromosoma Y, anche per le dimensioni molto diverse. Un esempio di carat-tere legato al sesso è la presenza di peli sulle orecchie: il gene responsabile si trova sul cromosoma Y ed è assente sul cromosoma X, per cui solo i maschi possono manifestare questo carattere. Tuttavia, è più facile che si verifichi la situazione opposta, ossia che un gene sia presente sul cromosoma X e assente sul cromosoma Y.

L’ereditarietà dei caratteri recessivi legati al cromosoma X è particolarmente studiata per alcune malattie umane. La peculiarità di questa ereditarietà, rispet-to a quella dei caratteri studiati da Mendel (ovvero quelli portati dagli autosomi), si manifesta in diversi modi:

• le femmine eterozigoti, dette portatrici sane, sono in genere fenotipicamente sane in quanto la presenza dell’allele sano dominante, posto su uno dei due cromosomi X, permette alle cellule di svolgere normalmente le proprie funzioni;

• i maschi, invece, se sono portatori dell’allele recessivo, manifestano il fenotipo della malattia perché il cromosoma Y è privo dell’allele per quel carattere e quindi essi possiedono un allele solo;

A colpo d'occhio

AUTOSOMICHE LEGATE AI CROMOSOSMI SESSUALI (X/Y)DOMINANTI

RECESSIVE

MALATTIE GENETICHE UMANE

A B

1 Figura 6(A) Albero genealogico di una famiglia in cui alcuni individui sono affetti dalla malattia di Huntington, dovuta a un allele dominante; chi eredita l’allele è malato. (B) Albero genealogico di una famiglia portatrice dell’allele recessivo per l’albinismo: gli eterozigoti non manifestano il fenotipo albino, ma possono trasmettere l’allele ai propri figli.

Generazione I(genitori)

Generazione II

Generazione III

Generazione IV

Generazione I (genitori)

Generazione II

Generazione III

Eterozigote(portatore sano)

Unione fraconsanguinei

Unione

Sano MalatoFemmina

Maschio

Circa metà dei figli (di entrambi i sessi) di un genitore affetto dalla malattia è a sua volta malato.

Entrambi questi cugini sono eterozigoti.

L’unione di individui eterozigoti recessivi può dare origine a figli omozigoti recessivi di fenotipo albino.

... e l’allele recessivo viene trasmesso a metà della progenie fenotipicamente sana.

Uno dei genitori è eterozigote…

Malattia autosomica dominante Malattia autosomica recessiva

Ogni individuo affetto dalla malattia di Huntington possiede un genitore malato.

Page 33: SezioneA Dagli organismi alle cellule

B8

• se un uomo sano e una donna portatrice sana hanno dei figli, le figlie femmine hanno 50% delle probabilità di essere sane e il 50% di essere portatrici sane; invece, i figli maschi hanno il 50% delle probabilità di essere sani e il 50% di essere malati (figura 7);

• una donna può manifestare la malattia solo se il suo genotipo è nella forma omozigote recessiva (figura 8), condizione possibile nel caso in cui essa erediti un cromosoma X portatore del gene recessivo sia dalla madre sia dal padre.

3 Figura 7Albero genealogico in cui la madre è eterozigote per il daltonismo: uno dei due figli maschi è malato e una delle tre figlie femmine è portatrice sana. Nella generazione III, la figlia dell’uomo malato è portatrice sana, mentre il figlio è sano in quanto non eredita il cromosoma X del padre.

3 Figura 8Quadrato di Punnett che illustra come una donna può manifestare la malattia; ciò può avvenire solo se essa è omozigote per quel carattere, cioè se eredita sia dalla madre sia dal padre il cromosoma X difettoso.

Meiosi

X

X

X Y

Femminaportatrice

Maschiomalato

Spermatozoo

Cellulauovo

X

X Y

XX

Y

XX X Y

Meiosi

Portatrice Sano

Daltonica Daltonico

X X

Cromosoma Xnormale

Cromosoma Xcon l’allele peril daltonismo

Cromosoma Y

Generazione I (genitori)

Generazione II

Generazione III

Generazione IV

Femmina portatrice di un gene per il daltonismo su uno dei cromosomi X

Maschio malato

Femmina sana

Maschio sano

Questa donna è portatrice per l’allele mutato, ma è un eterozigote fenotipicamente sano.

Questa donna ha ereditato un cromosoma X mutato dalla madre e un cromosoma X sano dal padre.

Quest’uomo è malato perché ha ereditato il cromosoma X mutato dalla madre e un cromosoma Y sano dal padre. Egli ha trasmesso il cromosoma X mutato a sua figlia (portatrice sana), che a sua volta lo ha passato al proprio figlio (malato).

Due fratelli hanno ereditato il cromosoma X mutato dalla madre. Il maschio esprime la mutazione, la femmina è portatrice sana.

Page 34: SezioneA Dagli organismi alle cellule

B9

capitolo B1 Gli sviluppi della genetica

Alcune malattie umane legate al sesso sono il daltonismo e l’emofiliaIl daltonismo consiste nell’incapacità di percepire in modo corretto alcuni colori, come il rosso e il verde (figura 9). I geni che codificano per i pigmenti sensibili alla luce rossa e verde sono entrambi posti sul cromosoma X. Se una persona di sesso maschile ha un gene difettoso per il riconoscimento del colore verde, non potrà distinguere il verde dal rosso; viceversa, un difetto del gene per il riconoscimento del colore rosso genera l’incapacità opposta. Le femmine eterozigoti hanno una visione normale, mentre quelle omozigoti recessive per il daltonismo, avendo entrambi i cromosomi X portatori di alleli difettosi, ma-nifestano la malattia.

7 Figura 9Un test per il daltonismo: i daltonici, non distinguendo il rosso dal blu, non riescono a leggere il numero che compare in questo disegno.

Un altro esempio di eredità legata al sesso è quello dell’emofilia, che consiste in un gruppo di malattie in cui il sangue non coagula normalmente. La coagulazio-ne del sangue avviene in seguito a complesse reazioni che richiedono la presenza nel plasma di specifici fattori proteici; l’incapacità di produrre una particolare proteina, nota come Fattore VIII, dà origine alla forma di emofilia più comune. Per gli individui affetti da questo tipo di emofilia, anche le ferite più superficiali comportano un alto rischio di emorragia. Oggi è disponibile un tipo di Fattore VIII, sintetizzato grazie alle tecniche dell’ingegneria genetica, che può essere somministrato agli individui malati per ridurre gli effetti della malattia. Come per il daltonismo, le femmine eterozigoti sono portatrici sane: la coagulazione del loro sangue è normale dato che l’allele sano è dominante, ma possono tra-smettere la malattia ai figli maschi.

La distrofia muscolare di Duchenne provoca una grave insufficienza dei muscoli volontari, che indebolisce progressivamente i pazienti e li costringe su una sedia a rotelle. La malattia è prevalentemente maschile in quanto è difficile trovare femmine omozigoti; in genere la malattia si manifesta nei primi anni d’e-tà, i maschi che ne soffrono non riescono a riprodursi e quindi non trasmettono alle figlie il cromosoma X con l’allele malato. Oggi in Italia soffrono di distrofia di Duchenne circa 20000 persone, con un’incidenza di un bambino malato su 3500 circa.

Nel 1987, il genetista statunitense Louis M. Kunkel ha identificato e isolato una proteina fibrillare nelle cellule muscolari: la distrofina (figura 10). Questa proteina, che costituisce un collegamento tra citoscheletro e matrice extracellu-lare, è difettosa (o addirittura assente) nei pazienti colpiti da distrofia muscolare e ciò si traduce in una progressiva perdita di forza muscolare.

Alcune ricerche recenti prevedono per questa malattia l’impianto di cellule sta-minali in grado di promuovere la rigenerazione del tessuto muscolare, mentre al-tre si basano sulla sperimentazione di farmaci contenenti una proteina (l’utrofina), normalmente presente nei feti e nei muscoli danneggiati, in quanto favorisce la loro ricostruzione, che potrebbe compensare in qualche modo l’assenza di distro-fina (vedi capitolo B4).

CuriositàFin dal diciannovesimo secolo l’emofilia ha afflitto alcune famiglie reali europee, che erano imparentate fra loro perché erano d’uso i matrimoni fra consanguinei. Per esempio, la regina Vittoria d’Inghilterra era probabilmente portatrice sana di questa malattia; suo figlio Leopoldo, malato di emofilia, morì a 31 anni e almeno due delle sue figlie, Alice e Beatrice, erano portatrici sane e trasmisero la malattia ai reali di Russia, Prussia e Spagna.

1 Figura 10La distrofina, una proteina presente nelle cellule dei muscoli, causa gravi malattie se non funziona correttamente.

Page 35: SezioneA Dagli organismi alle cellule

B10

Oltre alla distrofia di Duchenne, che prende il nome dal neurologo francese che la descrisse nel 1861, esiste anche un’altra forma meno grave e più rara: la distro-fia muscolare di Becker (dal nome del medico tedesco che la studiò nel 1955). Anche questa malattia è legata a una mutazione di un gene presente sul cromo-soma X che codifica la distrofina, determinando una struttura anomala e perciò poco funzionale.

Un’altra patologia legata a sesso è la sindrome dell’X fragile, il cui nome de-riva dall’osservazione del cariotipo: in metafase, il cromosoma X sembra avere un punto di rottura (zona fragile) a livello del braccio lungo (figura 11). Dopo la sindrome di Down, la sindrome dell’X fragile è la causa più frequente di ritardo mentale nei maschi. Le donne sono difficilmente omozigoti, ma la sindrome del-l’X fragile colpisce in forma leggera anche 1/3 delle femmine eterozigoti e, perciò, è da considerarsi parzialmente dominante. In media la frequenza di questa ma-lattia nella popolazione è di 1 caso su 4000 maschi e 1 su 7000 femmine, per cui rientra nell’elenco delle malattie rare stilato dal Ministero della Salute.

3 Figura 11Un cromosoma X fragile fotografato al microscopio elettronico a scansione (A) e rappresentato con uno schema (B).

3 Figura 12Non esiste un legame netto tra la quantità di fave ingerita e il manifestarsi dell’emolisi, perché subentrano anche fattori legati alla costituzione dell’individuo colpito.

Anche la carenza congenita di un enzima presente nei globuli rossi, la glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, è una malattia legata al cromosoma X. Questa carenza, in genere, non crea particolari problemi, ma quando un individuo affetto dalla ma-lattia assume farmaci come i sulfamidici o l’acido salicilico, che inibiscono l’at-tività dell’enzima, questa diventa così grave da generare un’improvvisa distru-zione dei globuli rossi, o emolisi e, quindi, la comparsa di una forte anemia con segni di collasso cardiocircolatorio. Il termine usato per indicare questa malattia è favismo, ma è improprio dal momento che non tutte le persone a cui manca questo enzima manifesteranno sintomi mangiando fave o altri tipi di legumi. Il legame tra fave ed emolisi è dato dalla presenza di alcuni composti presenti al’interno del legume (figura 12). Il favismo è particolarmente diffuso nel bacino del Mediterraneo dove, in alcune zone come la Sardegna o Rodi, può avere una frequenza molto alta (fino al 30% degli individui); probabilmente ciò dipende dai fenomeni di selezione che avvengono nelle isole, dove popolazioni poco numero-se si incrociano molto spesso fra loro.

A B

Facciamo il punto

1. Perché è difficile applicare le leggi di Mendel alla genetica umana?

2. Che cos’è e a che cosa serve un albero genealogico?

3. Quali sono le cause e le conseguenze del daltonismo?

4. Quale contromisura si può adottare per ridurre le conseguenze dell’emofilia?

5. In che cosa consiste la sindrome dell’X fragile?

Nella parte bassa del cromosoma X è visibile la zona di «rottura» o fragilità che comporta nel maschio un grave ritardo mentale.

A colpo d'occhio

MALATTIE LEGATE AL SESSO

DALTONISMO

EMOFILIA

DISTROFIA DI DUCHENNE

SINDORME DELL’X FRAGILE

FAVISMO

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B11

capitolo B1 Gli sviluppi della genetica

Geni posti sullo stesso cromosoma appartengono a un gruppo di associazioneUn nuovo contributo allo studio della localizzazione dei geni arrivò dagli esperi-menti fatti da un collaboratore di Morgan, lo statunitense J. H. Muller (per i quali lo scienziato vinse il premio Nobel per la Medicina nel 1946). Mediante tali espe-rimenti, Muller scoprì che esporre le drosofile ai raggi X aumentava notevolmen-te la velocità con cui avvenivano le mutazioni. Anche altre forme di radiazioni, come la luce ultravioletta e alcuni prodotti chimici, agivano da mutageni, cioè da agenti in grado di produrre mutazioni. A mano a mano che nel ceppo di mosceri-ni studiato da Muller si produceva un numero sempre più alto di mutanti, diven-ne possibile effettuare esperimenti di incrocio in cui le drosofile differivano per più di una caratteristica.

Mendel aveva dimostrato che le coppie di alleli, come quella per i piselli lisci e rugosi, segregano indipendentemente dalle altre coppie, per esempio da quella per i piselli gialli e verdi. In realtà, gli alleli di due geni differenti possono segre-gare in maniera indipendente solo se i geni sono posti su cromosomi diversi; se, invece, gli alleli dei due geni si trovano abbastanza vicini sullo stesso cromosoma, allora la segregazione degli alleli di un gene non potrà essere indipendente dalla segregazione degli alleli dell’altro gene. In altre parole, se gli alleli di due geni dif-ferenti sono sullo stesso cromosoma, durante la meiosi finiranno entrambi nello stesso gamete. I geni che vengono ereditati insieme perché sono posti sullo stesso cromosoma si dicono associati, o concatenati, in quanto appartengono allo stesso gruppo di associazione (in inglese, linkage).

A mano a mano che procedevano gli esperimenti di incrocio con Drosophila, le mutazioni cominciarono a essere suddivise in quattro gruppi di associazione, in relazione alle quattro coppie di cromosomi visibili nelle cellule. In effetti, in tutti gli organismi studiati, il numero dei gruppi di associazione risultò coincidere con il numero di coppie cromosomiche, ciò rappresentava un ulteriore sostegno all’ipotesi di Sutton, secondo la quale i geni si trovano sui cromosomi.

Alcune ricombinazioni geniche si spiegano con il crossing overGli studi sui gruppi di associazione, condotti su vasta scala, rivelarono alcuni aspetti sorprendenti. Per esempio, la maggior parte delle drosofile ha il corpo di colore marrone chiaro e le ali lunghe, entrambi caratteri dominanti. Quando in-dividui omozigoti per queste caratteristiche furono incrociati con moscerini mu-tanti con corpo nero e ali corte (entrambi caratteri recessivi), tutti gli individui della F1 mostrarono corpo marrone e ali lunghe, come ci si aspettava. Poi, quando gli individui della generazione F1 furono incrociati tra loro, si ipotizzarono due soluzioni possibili:

1. i geni per il colore del corpo e la lunghezza delle ali potevano segregare indipendentemente e dare origine al rapporto mendeliano 9:3:3:1 nei fenotipi della generazione F2, indicando così che i geni per questi due caratteri si trovavano su coppie differenti di cromosomi omologhi;

2. i geni per i due caratteri potevano essere associati (figura 13) e il 75% dei moscerini della F2 sarebbe stato marrone con ali lunghe e il 25%, omozigote per i due caratteri recessivi, sarebbe stato nero con ali corte, determinando un rapporto fenotipico di 3:1.

I risultati sperimentali si avvicinavano molto alla seconda ipotesi, ma non in modo perfetto. In qualche discendente i geni per questi caratteri sembravano segregare indipendentemente, infatti nella F2 comparvero alcuni moscerini con corpo marrone e ali corte e alcuni con corpo nero e ali lunghe. Come si poteva

3Le mappe cromosomiche

F2

B

B

BBVV BbVv

bbvvBbVv

BBVV

Gameti

Gametimaschili

BbVv

bbvv

×

b

b

Gametifemminili

b

V

BV

V

v

v

v

P

F1

1 Figura 13Risultati dell’incrocio di geni associati tra un moscerino omozigote per il colore marrone (indicato con BB) e le ali lunghe (Indicato con VV), e un moscerino omozigote per il corpo nero (bb) e le ali corte (vv).

Page 37: SezioneA Dagli organismi alle cellule

B12

spiegare questo fatto? Per quale ragione alleli che presumibilmente erano localiz-zati sullo stesso cromosoma si erano separati? Morgan riteneva che l’unico modo per spiegare i risultati ottenuti era supporre che, a volte, ci potesse essere uno scambio di alleli tra cromosomi omologhi, cioè che gli alleli si potessero ricom-binare.

Oggi sappiamo che lo scambio di parti di cromosomi omologhi, ovvero il cros-sing over, avviene nella profase della meiosi I (figura 14). Se il crossing over avve-nisse tra i segmenti omologhi su cui sono localizzati gli alleli di uno solo dei due geni, gli alleli dei due differenti geni risulterebbero separati nel momento in cui i cromatidi dei due omologhi si spezzano e si ricombinano tra loro; in altre parole, se uno solo dei due geni andasse incontro a ricombinazione, il fenotipo risultante corrisponderebbe a quello che ci si aspetterebbe se i due geni si trovassero su due cromosomi diversi.

Ti ricordi?Il crossing over è lo scambio di tratti tra cromosomi omologhi, che comporta una ricombinazione del patrimonio genetico dei genitori: di conseguenza, i cromatidi di ciascuno dei due cromosomi omologhi non sono più identici al cromosoma di partenza, ma un cromatidio di origine materna conterrà analoghe porzioni del cromatidio omologo di origine paterna, e viceversa.

Coppia di cromosomi omologhi

Centromero

Cromatidi fratelli

Mediante studi sulle ricombinazioni si possono costruire le mappe cromosomicheCon la scoperta del crossing over divenne chiaro non solo che i geni sono porta-ti dai cromosomi, ma anche che devono essere localizzati in punti particolari o loci (singolare locus) dei cromosomi. Inoltre, risultò evidente che gli alleli di ogni gene devono occupare loci corrispondenti su cromosomi omologhi, altrimenti lo scambio di parti di cromosomi darebbe luogo a un caos genetico e non a uno scambio preciso fra alleli corrispondenti.

Via via che venivano studiati altri caratteri, appariva chiaro che la percentua-le di ricombinazione tra due geni qualunque, per esempio quelli per il colore del corpo e la lunghezza delle ali, era differente dalla percentuale di ricombinazione tra altri due geni, come quelli per il colore del corpo e la lunghezza delle zampe. Inoltre, come dimostrato dagli esperimenti di Morgan, queste percentuali erano fisse e prevedibili. Alfred Sturtevant, studente nel laboratorio di Morgan, intuì che la percentuale di ricombinazione potesse avere a che fare con la distanza fisi-ca fra i geni che ricombinano: questo concetto diede il via alla costruzione delle prime mappe cromosomiche (figura 15).

I presupposti di Sturtevant erano che:

• i geni fossero disposti sui cromosomi in una serie lineare;• i geni vicini tra loro fossero separati da crossing over meno frequentemente

dei geni più lontani;• determinando la frequenza di ricombinazione, dovesse essere possibile

tracciare la sequenza dei geni lungo i cromosomi e conoscerne la distanza relativa tra essi.

Supponiamo che dall’unione di due organismi, per esempio due moscerini, na-scano 1000 discendenti e prendiamo in considerazione due caratteri che si tro-vano sullo stesso cromosoma, come il colore del corpo e la lunghezza delle ali che abbiamo esaminato prima; tali caratteri sono pertanto associati e dovrebbero segregare insieme. Abbiamo visto però che i risultati reali nel genotipo dei di-

1 Figura 14Meccanismo del crossing over tra due cromosomi omologhi.

I due cromosomi omologhi si appaiano.

Le estremità di due dei cromatidi della stessa coppia di cromosomi omologhi si sovrappongono e si staccano.

È avvenuto uno scambio di materiale genetico; il cromosoma materno contiene parte di quello paterno e viceversa.

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B13

capitolo B1 Gli sviluppi della genetica

scendenti si discostano da quelli attesi perché si deve tener conto del fenomeno del crossing over, che ricombina i geni tanto più frequentemente quanto essi si trovano lontani tra loro.

Per sapere quanto i geni che portano i due caratteri siano tra loro lontani, è sufficiente conoscere il numero dei discendenti ricombinanti. Se tali discendenti fossero, per esempio, 300 su 1000 individui nati, i geni disterebbero 30 mu (unità di mappa) o centiMorgan (cM).

Studi successivi hanno evidenziato che la frequenza del crossing-over non è uguale in tutte le regioni del cromosoma. Ciò implica che dalla frequenza di ricom-binazione non è possibile ricavare una reale stima della distanza fisica tra due geni.

I cromosomi giganti furono scoperti nella saliva di drosofilaAlcuni cromosomi di grandi dimensioni furono scoperti per la prima volta dal biologo francese Edouard-Gérard Balbiani nelle ghiandole salivari dei ditteri, insetti simili alle mosche e alle zanzare con due sole ali, invece di quattro. Nel 1933, i cromosomi giganti vennero trovati anche nelle ghiandole delle larve di Drosophila e si vide che erano caratterizzati da evidenti bande trasversali chiare e scure ben visibili (figura 16). Questa configurazione a bande divenne un altro utile strumento per i genetisti, poiché li mise in grado di rilevare variazioni nella struttura dei cromosomi stessi.

Osservando le diverse configurazioni a bande dei cromosomi giganti, i ricer-catori riuscirono a localizzare i punti in cui erano avvenute determinate varia-zioni della struttura cromosomica. La correlazione tra le diverse configurazioni delle bande nei cromosomi giganti e le conseguenze delle variazioni genetiche (come le rotture cromosomiche) osservate nei singoli moscerini della frutta, for-nì la definitiva conferma dell’ipotesi di Sturtevant, ossia che i geni sono presenti sui cromosomi in una sequenza lineare.

7 Figura 15Porzione della mappa cromosomica di drosofila che evidenzia la posizione e la distanza fra alcuni geni nel cromosoma 2. Più di un gene può influire per un singolo carattere.

1 Figura 16Fotografia al microscopio ottico di cromosomi giganti di Drosophila busckii, in cui sono ben visibili le tipiche bande chiare e scure.

13,0

31,0

54,5

67,0

104,5

31

36

37,5

% di ricombinazione per 100 ovuli fecondati

Normale Mutante

LUNGHEZZADELLE

ANTENNE

FORMADELLE ALI

LUNGHEZZADELLE ZAMPE

COLORE DEGLI OCCHI

FORMA DELLE ALI

COLOREDEGLI OCCHI

0

Posizione relativadi alcuni geni

CorteLunghe

RidotteLunghe

CorteLunghe

Porpora

VestigialiLunghe

Rossi

Rossi Marroni

Facciamo il punto

1. Che cosa sono i gruppi di associazione?

2. Descrivi il fenomeno della ricombinazione citando alcuni esperimenti.

3. Che cosa s’intende per agenti mutageni?

4. Quali erano i presupposti delle ricerche di Sturtevant?

5. Quali informazioni vengono fornite dalle mappe cromosomiche?

6. Che cosa sono i cromosomi giganti?

Nel 1913 Sturtevant cominciò a costruire mappe cromosomiche usando i dati ottenuti dagli studi sul crossing over nei moscerini della frutta. Come unità di misura standard egli scelse arbitrariamente la distanza sulla mappa che avrebbe dato, in media, una ricombinazione ogni 100 uova fecondate.

Page 39: SezioneA Dagli organismi alle cellule

Darwin e l’Origine delle specieCharles Darwin pubblica L’origine delle specie per mezzo della selezione naturale, in cui espone la teoria alla base dell’interpretazione della variabilità e dell’evoluzione degli esseri viventi.

Ipotesi dell’ereditarietà dei caratteri acquisitiNel saggio Filosofia zoologica, il naturalista francese Jean-Baptiste de Lamarck sostiene la variabilità delle specie e la spiega con l’uso e il disuso degli organi e la trasmissione alle generazioni successive dei caratteri acquisiti.

LA LINEA DEL TEMPO

B14

La teoria della mescolanzaPur non trattandosi di una vera e propria teoria scientifica, per tutto il secolo una parte della comunità scientifica pensa che nelle cellule uovo e negli spermatozoi siano presenti dei fattori ereditari e che dopo la fecondazione questi fattori si fondessero. Gli elementi ereditari, una volta fusi, non si sarebbero più potuti separare, come due inchiostri di colore diversi. Ne parla anche Charles Darwin, sebbene sia dubbioso, perché la teoria della mescolanza non si accordo con la sua teoria dell’evoluzione.

I primi studi di «genetica»Gregor Mendel, un monaco agostiniano, inizia i suoi studi sulle piante di pisello odoroso nel giardino dell’abbazia di San Tommaso a Brno (nell’attuale Repubblica Ceca).

Balbiani e i cromosomi politeniciIl biologo francese Eduard-Gérard Balbiani osserva per la prima volta i cromosomi politenici nelle ghiandole salivari delle larve del dittero Chironomus. La natura ereditaria di queste strutture non è però stata confermata fino agli anni Trenta del Novecento dagli studi su Drosophila melanogaster condotti da Emil Heitz e Hans Bauer.

La riscoperta delle leggi di MendelSenza essere al corrente dei risultati ottenuti sui piselli, il botanico tedesco Carl Correns esegue una serie di esperimenti sulle piante del genere Hieracium all’Università di Tubinga, riscoprendo le stesse leggi individuate da Mendel trent’anni prima. I risultati sono pubblicati l’anno successivo e citano sia Mendel che Darwin.

Scoperta dei raggi XWilhelm Roentgen scopre la radiazione elettromagnetica di lunghezza d’onda compresa tra 0,01 e 10 nanometri, in grado di penetrare corpi impermeabili alla luce e li battezza raggi «X», per via della loro natura ignota. L’anno dopo viene eseguita la prima radiografia per uso clinico.

I cromosomi sono portatori dei caratteri ereditariCon esperimenti sulle cavallette e sui ricci di mare, Walter Sutton e Theodor Boveri sviluppano indipendentemente la teoria secondo cui i cromosomi ospitano in specifici loci i caratteri ereditari di Mendel. Osservano nei gameti il dimezzamento dei cromosomi e il ritorno al numero completo dopo la fecondazione e confermano a livello cellulare le leggi di Mendel.

Il principio di funzionamento del radarChristian Hülsmeyer, in inventore tedesco, ottiene il brevetto per il suo «telemobiloscopio», una macchina che è in grado di individuare a distanza gli oggetti metallici. È il principio di funzionamento del moderno radar (RAdio Detection And Ranging) che viene messo a punto nei decenni successivi.

Einstein elabora la teoria della relativitàSecondo Albert Einstein, il tempo costituisce una quarta dimensione accanto alle tre dello spazio (lunghezza, larghezza, altezza); spazio e tempo variano col variare delle circostanze secondo cui li si osserva e li si misura. La teoria della relatività demolisce le basi stesse della fisica classica, fondata sulle leggi di Newton.

Negli stessi anni in cui Darwin pubblica l’Origine delle specie, Gregor Mendel getta le basi di una nuova disciplina scientifica: la genetica, che però viene così

battezzata solamente quarant’anni più tardi da William Bateson. Si tratta di mezzo secolo di grande trasformazione e fermento per la scienza, che va dall’unificazione delle leggi dell’elettrodinamica fino alla nascita della fisica moderna, passando per grandi innovazioni tecniche come le radiografie e il radar. La biologia, e la genetica in particolare, si sta trasformando in una disciplina più specializzata: il filosofo naturale, o naturalista, viene progressivamente sostituito da specialisti che si avvalgono degli ultimi ritrovati tecnologici per studiare fenomeni microscopici e la struttura interna delle cellule. Su questo sfondo di innovazione, la riscoperta dell’opera di Mendel costituisce un sostegno sperimentale determinante per il successo della teoria dell’evoluzione.

L’eredità dei caratteri prima e dopo Mendel

1809

1881 1892 1895

190519041903

18591800 - 1900 1854

Esplora nell’ebook la timeline interattiva

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Maxwell formula le sue equazioni Unificando e perfezionando il lavoro di Gauss, Faraday e Ampère, James Clerk Maxwell definisce le quattro equazioni che regolano il comportamento dei campi magnetici ed elettrici.

Mendel e gli esperimenti sull’ibridazione delle pianteCon due incontri alla Società di Storia Naturale di Brno, Mendel presenta i risultati dei suoi esperimenti: dimostra il rapporto di dominanza e recessività tra coppie di caratteri ereditari, stabilendo le leggi matematiche alla base del fenomeno e smentendo la teoria della mescolanza in voga al tempo. Mendel pubblica i risultati nel Saggio sugli ibridi vegetali l’anno seguente, ma tali risultati non si diffondono.

Scoperta della mitosi e della meiosiO. Butschli (1873), W. Mayzel (1875) e W. Flemming (1882) descrivono indipendentemente il processo di mitosi nelle cellule somatiche, Eduard Strasburger scopre lo stesso processo nei vegetali (1876). Con i suoi studi sui vermi Ascaris, Edouard van Beneden descrive la meiosi da cui si ottengono le cellule germinali, o gameti (1883).

Gli esperimenti di Pierre e Marie Curie Nel loro laboratorio parigino i coniugi Curie analizzano il fenomeno della radioattività e scoprono due nuovi elementi, il radio e il polonio. La scoperta vale loro nel 1903 il premio Nobel per la fisica. Successive ricerche portano Marie Curie a isolare il radio metallico e a conquistare nel 1911 il Nobel per la chimica.

Gli studi di de Vries sull’ereditarietàDopo 10 anni di esperimenti di ibridazione, ignaro dei risultati di Mendel, Hugo de Vries riscopre le leggi dell’ereditarietà identificando dominanza e recessività, segregazione e assortimento indipendente dei caratteri. Conia il termine «pangene», poi abbreviato in «gene», per le unità discrete di trasmissione dei caratteri. Egli teorizza anche il ruolo delle mutazioni.

Invenzione del quadrato di PunnettIl biologo inglese Reginald Punnett ha ideato questa soluzione schematica per determinare la probabilità con cui si manifestano i diversi fenotipi derivati dall’incrocio di diversi genotipi. Punnett è stato uno dei primi scienziati a riconoscere e valorizzare i risultati delle ricerche condotte da Mendel.

Conio del termine geneticaWilliam Bateson tiene conferenze e corsi accademici a Cambridge in cui usa per la rpima volta il termine «genetica» per la ricerca sui meccanismi dell’ereditarietà. Contribuisce alla diffusione delle scoperte di Mendel, de Vries e Correns.

Si testa la teoria cromosomica dell’ereditarietàThomas Hunt Morgan descrive l’intero processo riproduttivo e dimostra la segregazione e la ricombinazione dei cromosomi, chiarendo i rapporti tra le posizioni dei geni sui cromosomi e l’ereditarietà. Il moscerino della frutta (Drosophila melanogaster) diventa il modello animale di riferimento in genetica.

La prova dell’organizzazione lineare dei geniIl genetista statunitense Alfred Henry Sturtevant pubblica uno studio sull’ereditarietà legata al sesso in cui costruisce la prima mappa di un cromosoma. L’organizzazione lineare dei geni sui cromosomi è provata sperimentalmente dall’analisi quantitativa delle frequenze di crossing over fra due caratteri legati al cromosoma X di drosofila.

1898

1906 1910 1913

1900

1861 1865 1873 - 1883

1900 - 1910

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B16

SINTESI DI FINE CAPITOLO

I primi studi sui cromosomi Sutton, studiando la produzione di gameti nei maschi di cavalletta, noto che i cromosomi erano appaiati sin dall’inizio della prima divisione meiotica e i due cromosomi che costituivano ogni coppia erano quasi identici. Fu colpito dal parallelismo fra le sue osservazioni e la legge di Mendel sulla segregazione, e ipotizzo che i cromosomi fossero i portatori dei geni e che i due alleli di ogni gene si trovassero sui cromosomi omologhi.

I cromosomi sessualiLa localizzazione dei geni sui cromosomi venne dagli studi sul moscerino della frutta (Drosophila melanogaster); infatti essi dimostrarono che certi caratteri ereditari dipendono dal sesso, cioe che i geni che li determinano si trovano senza dubbio sui cromosomi sessuali.

I cromosomi di un organismo diploide sono presenti in coppie. I cromosomi di ogni coppia sono uguali tra loro sia nei maschi sia nelle femmine e sono detti autosomi, invece i cromosomi sessuali (X o Y) sono uguali fra loro solo in uno dei due sessi.

I geni che si trovano sui cromosomi sessuali portano informazioni ereditarie che sembrano non seguire le leggi mendeliane; si parla in questo caso di caratteri legati al sesso.

Morgan fu il primo a notare l’anomalia nella trasmissione di questi caratteri studiando le drosofile come organismo modello. Egli formulo l’ipotesi che il gene per il colore degli occhi fosse presente solo sul cromosoma X.

Le malattie genetichePer studiare le malattie genetiche e necessario sapere se un particolare allele raro, responsabile di un fenotipo anomalo, e dominante o recessivo. Per capirlo si puo usare l’albero genealogico: un albero familiare che mostra la comparsa di un fenotipo in molte generazioni di individui imparentati tra loro.

Le malattie genetiche umane possono essere: autosomiche, se i geni responsabili si trovano su uno dei 22 cromosomi non sessuali, o legate ai cromosomi sessuali.

Esempi di malattie legate al sesso sono:• il daltonismo, l’incapacita di percepire

in modo corretto alcuni colori (come il rosso e il verde);

• l’emofilia, che consiste in un gruppo di malattie in cui il sangue non coagula normalmente;

• la distrofia muscolare di Duchenne, che provoca una grave insufficienza dei muscoli volontari;

• la sindrome dell’X fragile, in cui il cromosoma X sembra avere un punto di rottura (zona fragile) a livello del braccio lungo.

I gruppi di associazioneMuller scopri che esporre le drosofile ai raggi X e a prodotti chimici aumentava notevolmente la velocita con cui avvenivano le mutazioni, cioe agivano da mutageni. Se gli alleli di due geni differenti sono sullo stesso cromosoma, durante la meiosi finiranno entrambi nello stesso gamete. I geni che tendono a rimanere insieme si dicono associati, in quanto appartengono allo stesso gruppo di associazione.

Attraverso lo studio di gruppi di associazioni condotti su larga scala si ottennero risultati spiegabili con uno scambio di alleli tra cromosomi omologhi (ricombinazione): alcune ricombinazioni geniche si spiegano con il crossing over. Con la scoperta del crossing over fu chiaro che i geni sono portati dai cromosomi e che devono essere localizzati in punti particolari o loci dei cromosomi.

Le mappe cromosomiche La percentuale di ricombinazione ha a che fare con la distanza fisica fra i geni che ricombinano: questo concetto diede il via alla costruzione delle prime mappe cromosomiche.

Sturtevant comincio a costruire mappe cromosomiche con i dati ottenuti dagli studi sul crossing over nei moscerini della frutta e capendo che piu di un gene puo influire per un singolo carattere.

Studi successivi hanno evidenziato che la frequenza del crossing over non e uguale in tutte le regioni del cromosoma. Cio implica che dalla frequenza di ricombinazione non e possibile ricavare una stima della distanza fisica tra due geni. Con la scoperta dei cromosomi giganti nella saliva di drosofila divenne chiaro che geni si presentano sui cromosomi in una sequenza lineare.

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B17

capitolo B1 Gli sviluppi della genetica

VERIFICA LE TUE CONOSCENZE

1. Scrivi sul quaderno la definizione dei seguenti termini.

a) Autosomi e cromosomi sessualib) Omozigote, eterozigote ed emizigotec) Agenti mutageni e mutazionid) Mappa cromosomica e gruppo

di associazione

Barra il completamento esatto.2. Grazie ai suoi studi sperimentali,

SuttonA contraddisse la legge della

segregazione.B scopri che le cavallette non hanno

cromosomi sessuali.C individuo i cromosomi omologhi.D colloco due alleli su uno stesso

cromosoma.

3. Morgan nei suoi esperimenti su Drosophila

A preferi utilizzare moscerini con occhi rossi perché piu resistenti.

B vide che il colore dei loro occhi dipendeva da un gene portato su uno degli autosomi.

C utilizzo un moscerino che aveva gli occhi bianchi a causa di una mutazione genetica.

D ottenne nella seconda generazione solo moscerini con gli occhi rossi.

4. Il sesso di un figlio può essere determinato solo

A dal padre perché la madre puo trasmettere patrimonio genetico ridotto.

B dal padre perché solo il maschio puo fornire il cromosoma Y.

C dalla madre perché possiede due cromosomi X che puo trasmettere tramite i gameti.

D dalla madre perché il cromosoma Y paterno deve accoppiarsi con X materno.

5. Le forme alleliche di un determinato gene occupano loci

A corrispondenti su cromosomi omologhi.

B corrispondenti solo dopo il crossing over.

C diversi su cromosomi che sono pero appaiati.

D diversi se si trovano sullo stesso cromosoma.

6. La scoperta dei gruppi di associazione

A e in disaccordo con la teoria della segregazione indipendente.

B riguarda geni che sono posti su cromosomi omologhi.

C ha portato alla definizione del concetto di mutazione.

D e stata un’anticipazione della scoperta del crossing over.

7. La femmina di drosofila possiede cromosomi sessuali

A tra loro uguali e indicati con XX.B tra loro uguali e indicati con YY.C loro diversi e indicati con ZW.D tra loro diversi e indicati con XY.

8. Nel seguente brano, barra tra i termini in neretto quelli errati.Nelle donne la distrofia muscolare di Duchenne e una forma rara / frequente in quanto questa malattia e dominate / recessiva; percio, le donne perdono la capacita di camminare e muoversi solo se il loro genotipo e omozigote / eterozigote. Nei maschi, invece, la distrofia muscolare non compare / si manifesta perché possiedono due alleli / un unico allele per quel carattere.

Barra i due completamenti esatti.9. I cromosomi giganti A sono presenti solo nei mammiferi,

nei rettili e negli uccelli.B sono caratterizzati dalla presenza

di bande chiare e scure.C non presentano alcun gruppo genico

di associazione.D vennero utilizzati dagli scienziati

per individuare anomalie geniche.E furono individuati solo nei moscerini

mutanti con occhi bianchi.

10. Una mappa cromosomica èA l’analisi della sovrapposizione

dei loci, per alleli tra loro diversi, su uno stesso cromosoma.

B un assetto cromosomico, costruito accoppiando gli omologhi, per individuare cromosomi soprannumerari.

C la definizione dell’esatta localizzazione sui cromosomi sessuali dei geni materni e paterni.

D la definizione della localizzazione dei diversi loci di alleli corrispondenti su cromosomi omologhi.

E un dato reale in quanto i geni hanno una disposizione fissa e lineare.

11. Di fianco a ogni affermazione scrivi la lettera A se essa si riferisce all’emofilia, B se si riferisce alla distrofia muscolare di Duchenne, C se si riferisce a entrambe le malattie o la lettera D se non si riferisce a nessuna delle due malattie genetiche

a) È provocata a un errore genico che si traduce in una molecola proteica non funzionante. (. . . . . )

b) Dipende da un’anomalia cromosomica che non ha alcun effetto sulle normali attivita cellulari (. . . . . )

c) Non influisce sull’aspettativa di vita dell’individuo malato. (. . . . . )

d) Si puo manifestare nell’individuo colpito gia nell’infanzia. (. . . . . )

12. In base all’osservazione dei cromosomi di cavalletta, quale collegamento fece Sutton tra la meiosi e la teoria di Mendel?

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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13. Quali sono e come vengono trasmesse le malattie genetiche umane dominanti?

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14. Che cosa si intende per «determinazione del sesso»? Come viene geneticamente effettuata tale determinazione in una certa specie di animali?

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B18

VERIFICA LE TUE ABILITÀ

Barra il completamento esatto.15. Se un gene fosse legato al

cromosoma X paterno, sarebbe trasmesso a

A meta dei suoi figli maschi.B meta delle sue figlie femmine.C tutti i suoi figli maschi.D tutte le sue figlie femmine.

16. Poiché la gran parte dei caratteri legati al sesso è presente sul cromosoma

A Y, le femmine non possono mai essere ammalate.

B Y, le patologie si manifestano esclusivamente nei maschi.

C X, le patologie si manifestano nei maschi oppure nelle femmine omozigoti per quel carattere.

D X, le patologie si manifestano in entrambi i sessi perché entrambi hanno un cromosoma X.

17. Nel seguente brano, barra tra i termini in neretto quelli errati. Una donna portatrice sana di emofilia ha dei figli con un uomo sano: le figlie hanno il 75 / 50 % di probabilita di essere sane / malate e il 50 / 25 % di probabilita di essere portatrici sane; i figli maschi hanno il 75 / 50 % di probabilita di essere sani e il 50 / 25% di probabilita di essere malati. Se la donna avesse dei figli con un uomo malato di emofilia: le figlie avrebbero il 50 / 0 % di probabilita di essere malate di emofilia e il 50 / 100 % di probabilita di essere portatrici sane.

Barra i due completamenti esatti.18. Morgan prese in considerazione

proprio i rari casi in cui comparivano nuovi moscerini con corpo marrone e ali corte e alcuni con corpo nero e ali lunghe, perché

A solo questi erano i caratteri tra loro associati, cioe presenti su uno stesso cromosoma.

B erano la dimostrazione che caratteri associati potevano segregare indipendentemente.

C questi caratteri, ereditati separatamente da cromosomi omologhi, erano finiti su altri cromosomi.

D questi caratteri presenti sui cromosomi sessuali venivano ereditati diversamente nei maschi e nelle femmine.

E i caratteri corpo marrone e ali lunghe oppure corpo nero e ali corte, erano generalmente associati.

19. Se i geni (A e B) di due caratteri eterozigoti fossero portati dallo stesso cromosoma,

A verrebbero considerati associati, ma solo il carattere di uno dei due potrebbe comparire nei gameti al termine della meiosi.

B nei discendenti apparirebbe un carattere intermedio a quelli presenti nel genitore poiché i geni fanno parte dello stesso gruppo di associazione.

C le due forme alleliche (A1 e B1) presenti su un cromosoma all’inizio della meiosi tenderebbero a ritrovarsi insieme nello stesso gamete.

D potrebbero segregare secondo la legge di Mendel sull’assortimento indipendente purché i geni si trovassero in due loci opposti rispetto al centromero.

E tutti i gameti porterebbero gli alleli A1 e B1 oppure A2 e B2 a meno che ci sia stato un crossing over che abbia favorito una ricombinazione.

20. Che cosa significa che gli alleli di due geni differenti fanno parte dello stesso gruppo di associazione? In quale caso questi due alleli possono essere ereditati separatamente?

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21. Un ragazzo è emofiliaco, ma né i suoi genitori né i nonni sono affetti da tale malattia: come si spiega? Quali devono essere i genotipi dei suoi genitori e dei suoi nonni ?

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VERSO L'UNIVERSITÀ

Preparati ai test di ammissione sul sito Unitutor .

22. Negli esseri umani, una specifica malattia è causata da un allele recessivo posto sul cromosoma X. In uno stato, in un anno, nascono 5000 bambini e tutti hanno una coppia normale di cromosomi sessuali. Tra questi bambini, 80 maschi e 15 femmine manifestano la malattia, mentre 1920 sono maschi sani. 2085 femmine nascono senza l’allele recessivo e 900 sono portatrici sane della malattia. Se da ogni bambino nato in questo anno si prelevasse una sola cellula della guancia, quale sarebbe il numero totale di copie dell’allele recessivo presente?

A 1090B 110C 995D 95E 1010[dal test di ammissione a Medicina 2015-16]

HANDS-ON GLOSSARY

23. Fill in the table matching each term (letters) with its definition (numbers).

A. hemizygoteB. fruit flyC. mutationD. sex linkageE. family tree

1. a species in the family Drosophilidae, it is one of the best model organism used by geneticists.

2. a permanent alteration in the nucleotide sequence of the genome of an organism or cell.

3. an organism or cell that has only one allele for a specific characteristic.

4. a chart representing family relationships in a conventional branched structure, it is also called pedigree chart.

5. the phenotypic expression of an allele related to the sex chromosome of the individual.

A B C D E

Page 44: SezioneA Dagli organismi alle cellule

B19

capitolo B1 Gli sviluppi della genetica

SCHEMATIZZA

24. Costruisci una mappa concettuale che spieghi che cosa sono le mappe cromosomiche e come sia stato possibile definirle (citando esperimenti e scienziati).

CALCOLA

25. Questo albero genealogico rappresenta una malattia genetica trasmessa sui cromosomi sessuali: deduci i fenotipi di tutti gli individui della famiglia. Infine calcola quale sarà la probabilità che l’ultima coppia dia alla luce un figlio maschio malato?

RICERCA

26. Fai una ricerca in Rete su almeno due malattie genetiche umane (escluse quelle già indicate nel testo) che abbiano ciascuno dei seguenti schemi di trasmissione ereditaria: recessiva, dominante e legata ai cromosomi sessuali. Poi descrivi sinteticamente quali sono le manifestazioni cliniche e le possibili terapie associate a queste 6 malattie.

IPOTIZZA

27. Se la distanza tra due geni presenti su uno stesso cromosoma aumenta, come pensi che varierà la frequenza di ricombinazione? Motiva la tua risposta.

SPIEGA

28. Scrivi un breve articolo di carattere divulgativo (massimo 1000 battute, spazi inclusi) che spieghi in cosa consistettero gli esperimenti di Morgan e a quali conclusioni hanno portato. Inserisci anche un titolo e un’immagine a corredo del testo.

CONFRONTA

29. Metti a confronto le leggi di Mendel con le conoscenze acquisite grazie agli studi di Morgan e Sutton, ed evidenzia ciò che si sapeva prima di Mendel sull’ereditarietà dei caratteri, dopo Mendel e dopo Morgan e Sutton.

RIFLETTI

30. Sapendo che due geni umani sono associati, come ti aspetti che siano trasmessi di generazione in generazione? Dai risultati sperimentali si osserva però che il rapporto fenotipico non è esattamente quello previsto, per quale motivo?

CALCOLA

31. Per determinare la distanza tra due loci si calcola la percentuale di ricombinazione tra i loci stessi: se in un incrocio si ha una situazione come questa, quale sarà la distanza tra i geni pr e vg?

IPOTIZZA

32. Supponi venga scoperta una nuova malattia umana che si manifesta solo negli uomini e in tutti i loro figli maschi, ma che è assente nelle donne, nelle figlie femmine di uomini affetti e anche nei nipoti maschi nati dalle figlie di uomini malati; di che tipo di trasmissione potrebbe trattarsi? Spiega come potrebbero essere i genotipi degli individui malati e dei loro parenti più stretti..

?parentali

ricombinanti

pr – vg – / pr + vg + x pr – vg – / pr – vg –

pr – vg – / pr – vg – 165

pr + vg + / pr – vg – 191

pr – vg + / pr – vg – 23

pr + vg – / pr – vg – 21

400

VERSO L'ESAME: LE TUE COMPETENZE